lunedì 3 settembre 2018


MI RIFIUTO DI DIVENTARE TRISTE
Estratto da Clarice Lispector, “Acqua viva” (Adelphi)
 "....Adesso è il dominio di adesso...."
Mi rifiuto di diventare triste. Siamo allegri. Chi non ha paura di essere allegro e provare almeno una volta l’allegria folle e profonda otterrà il meglio della nostra verità. Io mi sento – nonostante tutto, oh, nonostante tutto – mi sento allegra in questo istante-adesso che se ne va se non lo fisso con parole. Mi sento allegra anche in questo istante perché mi rifiuto di essere vinta: allora amo. Come risposta. Amore impersonale, amore it, è allegria: anche l’amore che non funziona, anche l’amore che finisce. E la mia stessa morte e quella di chi amiamo deve essere allegra, non so ancora in che modo, ma deve esserlo. Vivere è questo: l’allegria dell’it. E accettarlo non come una resa ma in un allegro con brio.
Anzi, non voglio morire. Mi rifiuto contro «Dio». Facciamo che non moriamo, come sfida?
Non morirò, hai sentito, Dio? Non ho il coraggio, hai sentito? Non mi uccidere, hai sentito? Perché è un’infamia nascere per morire non si sa quando né dove. Sarò molto allegra, hai sentito? Come risposta, come insulto. Una cosa la garantisco: noi non siamo colpevoli. E ho bisogno di capire adesso che sono viva, hai sentito? Perché poi sarà troppo tardi.
Ah questo flash di istanti non finisce mai. Il mio canto dell’it non finisce mai? Vi porrò fine deliberatamente con un atto volontario. Ma quello va avanti in una continua improvvisazione, creando sempre e sempre il presente che è futuro.
Questa improvvisazione è.
Vuoi vedere come va avanti? Stanotte – è difficile spiegarti – stanotte ho sognato che stavo sognando. Che sia forse così dopo la morte? Il sogno di un sogno di un sogno di un sogno?
Sono eretica. No, non è vero. Oppure sì? Ma qualcosa esiste.
Ah vivere è così scomodo. Tutto ti stringe: il corpo esige, lo spirito non si ferma, vivere sembra come aver sonno e non poter dormire... vivere non è confortevole. Non si può andare in giro nudi né nel corpo né nello spirito.
Non te l’avevo detto che vivere sta stretto? Allora sono andata a dormire e ho sognato che ti scrivevo un largo maestoso ed era ancora più vero di quel che ti scrivo: era senza paura. Mi sono dimenticata di quanto ho scritto nel sogno, tutto è tornato al nulla, è tornato alla Forza di ciò che Esiste e che a volte si chiama Dio.
Tutto finisce ma ciò che ti scrivo va avanti. Il che va bene, molto bene. Il meglio non è ancora stato scritto. Il meglio si trova fra le righe.
Oggi è sabato ed è fatto dell’aria più pura, soltanto aria. Ti parlo come esercizio profondo, e dipingo come esercizio profondo di me. Adesso cosa voglio scrivere? Voglio qualcosa di tranquillo e senza fronzoli. Qualcosa come il ricordo di un monumento alto che sembra ancora più alto perché è un ricordo. Ma voglio fra l’altro aver davvero toccato il monumento. Mi fermo perché è sabato.
Sempre sabato.
Ciò che sarà ancora dopo... è adesso. Adesso è il dominio di adesso. E fintanto che dura l’improvvisazione io nasco.
Ed ecco che dopo una sera di «chi sono io» e dopo essermi svegliata all’una del mattino ancora disperata ... ecco che alle tre del mattino mi sono svegliata e mi sono trovata. Mi sono venuta incontro. Calma, allegra, pienezza senza folgorazione. Semplicemente io sono io. E tu sei tu. È vasto, durerà.
Quel che ti scrivo è un «questo». Non si fermerà: va avanti.
Guardami e amami. No: tu guardi te stesso e ti ami. È quello che è giusto.
Ciò che ti scrivo va avanti e io sono stregata.