RICORDI: INVIDIA
Loredana Canderle
Premetto che sono cresciuta in un piccolo paese di montagna, a contatto diretto con gli animali, con i prati, i boschi, il torrente e che le mie compagnie preferite erano i maschietti.
Non amavo le bambole, amavo le bande, la pesca, la bici, amavo, soprattutto, scandalizzare le monache del paese, ero un maschiaccio.
Fu così che, dopo aver toccato con mano che i maschi erano più liberi di me ( liberi di arrampicarsi, di tirare con la fionda, di portare i pantaloni con le tasche laterali piene di biglie, di figurine, di coperchietti, di portare un coltellino legato alla cintura con una catenella, cose che a me erano proibite) decisi di riporre la mia fiducia in Gesù, che fra i tre, era il più simpatico.
Tutte le sere, per mesi, pregavo che mi facesse diventare maschio. Non volevo più la "cestina di fiori" come la chiamavamo in famiglia.
Naturalmente, al mattino, grande era la mia delusione...
Invidiavo la libertà dei maschi, noi femmine dovevamo comportarci bene, ma io ero una ribelle e per fortuna, durante il giorno, ero libera di esplicarmi in tutte le mie monellerie, lontana dagli occhi dei "grandi".
Da adolescente, poi, Fui ben felice di abbracciare la mia femminilità in toto, felice di essere una donna... Sempre un po' ribelle.