sabato 29 marzo 2025

 


I "volenterosi" fanno bene a non fidarsi di Putin. Ma anche di Trump | InOltre

Filippo Piperno

Si è concluso ieri a Parigi il vertice dei “volenterosi” tra i quali, com’è sempre più evidente, non figura l’Italia di Giorgia Meloni. Il presidente francese Emanuel Macron, padrone di casa, è stato molto netto nelle sue dichiarazioni conclusive: “La nostra leva su Mosca è aiutare Kiev a resistere”, aggiungendo che “dobbiamo accelerare noi per proporre una forza di rassicurazione, i nostri capi di Stato maggiore francese e britannico intensificano il loro lavoro assieme in questo senso”.


Dunque, almeno a parole, la coalizione dei paesi intenzionati a proseguire nel supporto agli ucraini e contenere le mire della Russia di Putin, sembra convinta nel voler andare avanti anche senza la collaborazione degli americani.


Personalmente non ho motivo di dubitare di ciò che illustri esperti di analisi strategica, tra i quali Fabio Aversa e Mario Greco, vanno dicendo circa l’estrema difficoltà che questi paesi incontrerebbero nel difendere l’integrità dell’Ucraina senza il supporto degli Stati Uniti.


Ma poniamo il caso che la coalizione dei volenterosi decidesse comunque di assumersi questo rischio (così sembrerebbe), a me pare evidente che tutta l’impalcatura sottostante gli obiettivi della coalizione sarebbe in netta contrapposizione con il negoziato gestito dagli Stati Uniti.


Sono in primis i russi a ribadire e a chiare note che non accetteranno mai la presenza di forze militari straniere sul suolo ucraino. E d’altra parte, a rigor di logica, se la Russia ha sostenuto una conclamata menzogna, a più riprese rimbalzata dai propri megafoni occidentali, circa l’aggressività della NATO ai propri confini, come potrebbe mai accettare la realtà (questa sì) di forze militari, sostanzialmente ostili, dislocate sul territorio ucraino a pochi chilometri dai propri confini?


Ora, grazie al voltafaccia dell’amministrazione del presidente Trump, si è dunque aperta una voragine tra la valutazione del conflitto russo-ucraino data dalla coalizione internazionale e quella degli americani. Per gli europei la Russia è rimasta una pericolosa minaccia, non solo per l’Ucraina ma per tutta l’Europa e tale minaccia va contenuta e ostacolata attraverso il meccanismo delle sanzioni economiche e soprattutto l’utilizzo della deterrenza militare, unica leva che i russi sembrano davvero considerare.


Per Trump, Russia e Ucraina sono entrambi corresponsabili di un inutile e fastidioso conflitto ma tra i due è la Russia, una potenza nucleare ricca di materie prime, a risultare più consona alle strategie e agli interessi americani (e alla concezione muscolare della politica internazionale del presidente americano). Tra i due litiganti, che gli USA considerano sullo stesso piano, è la Russia il boccone più appetitoso e degno di riguardo. D’altronde quando la politica e la diplomazia vengono spogliate di valori etici, questo è quello che accade.


Nonostante il riguardo che saggiamente Zelensky affetta nei confronti dell’amministrazione Trump, “la Russia non vuole la pace e vuole dividere l’Europa dagli gli Stati Uniti” – ha detto ieri il presidente ucraino – se è certamente vera la prima parte della frase non altrimenti si può dire della seconda. Dall’invasione dell’Ucraina in poi, la Russia e l’Europa non hanno modificato le loro posizioni. Vicendevolmente ostili erano e tali sono rimaste.


Viceversa, la divaricazione tra le posizioni degli USA e quelle dell’Europa è tutta da intestare solo ed esclusivamente a Donald Trump e alla sua grottesca amministrazione. E, detto tra noi, siamo certi che anche Zelensky ne sia perfettamente edotto.


Tutto ciò sembra dimostrare, al di là delle dichiarazioni di circostanza, che l’Europa e i suoi alleati volenterosi non si fidano né dei buoni propositi della Russia né del negoziato americano. E fanno bene.


Non è molto complicato comprendere (talk show televisivi italiani a parte) l’obiettivo che la Russia sta perseguendo dai primi mesi del 2014, a seguito della rivolta di piazza Maidan a Kiev e la conseguente fuga del presidente filorusso Janukovyč. Putin considera l’Ucraina una provincia dell’Impero russo che non ha diritto ad una propria autonoma sovranità. Lo pensa anche della Georgia, della Moldavia e delle tre repubbliche baltiche. Da questo obiettivo la Russia non ha mai derogato e mai lo farà. Se non costretta, come nel caso dell’inaspettata efficacia della resistenza ucraina.


L’unica vera garanzia per il mantenimento dell’integrità e dell’autonomia dell’Ucraina è dunque la deterrenza militare o nel caso più estremo un vero conflitto con la Russia. La storia ed il buonsenso ci insegnano che negoziati al compromesso con i dittatori non sono mai realizzabili. Il compromesso non ha mai placato l’appetito dei dittatori, come pensano i cultori dell’appeasement.


Quanto a Trump, non è difficile intuire che né l’autonomia dell’Ucraina né la difesa europea siano tra le sue priorità, preso com’è dalla volontà di chiudere il conflitto purchessia, lui che aveva detto di poterlo fare in un giorno.


Per cui, almeno ad oggi, i fatti ci raccontano che il solco tra la coalizione dei “volenterosi” e gli Stati Uniti di Trump si fa ogni giorno più profondo. Con buona pace di Giorgia Meloni, l’ennesima acrobata italiana.