lunedì 3 marzo 2025

IL GRANDE BOB Georges Simenon



 IL GRANDE BOB

Georges Simenon 


«Negli ultimi tempi aveva un modo particolare di guardarsi allo specchio dietro le bottiglie. Quando un uomo come lui comincia a scrutarsi negli specchi, mi creda, non è un buon segno». Una riflessione, questa del padrone del bistrot dove il suo amico Bob, morto da pochi giorni, andava a giocare a carte. Quella di Bob non è stata una morte accidentale, come sulle prime si credeva, bensì un suicidio.

L'amico  ha deciso di condurre una sorta di indagine, e di interrogare chiunque l’abbia conosciuto, a cominciare dalla moglie e dall’ultima delle numerose amanti. Perché lui, come tutti, ma più di tutti gli altri, si arrovella sul motivo che ha indotto a togliersi la vita uno come Bob: sempre allegro, e allegramente sfaccendato, sempre pronto alla battuta, gran giocatore di belote e gran consumatore di «bianchini» a qualunque ora del giorno – non per caso lo avevano soprannominato il Grande Bob. Nella casa di Montmartre dove abitava insieme alla sua polposa, esuberante, forse un po’ volgare ma radiosa moglie Lulu, la porta era sempre aperta, e vi si potevano incontrare persone di ogni estrazione sociale, e «ognuno era libero di comportarsi o di parlare a suo piacimento, con la certezza di non scandalizzare nessuno». Così come nessuno si scandalizzava del fatto che Lulu accettasse i tradimenti di Bob: le bastava che lui fosse felice. Scavando nel passato dell’amico, immergendosi nei lati oscuri di un uomo che a tutti sembrava l’immagine stessa della gioia di vivere, e persino, a volte, sovrapponendosi a lui, Coindreau finirà per scoprire la verità sulla morte di Bob – ma soprattutto qualcosa su sé stesso.



IL GRANDE BOB

Capitolo 1

Quella domenica non ero a Tilly, perché approfittando del fatto che i bambini erano dalla nonna, mia moglie ed io avevamo accettato un invito a passare il weekend in casa di amici che possedevano una proprietà al limite della foresta di Rambouillet. La giornata era stata calda e pesante con minaccia di temporale e anche qualche grossa goccia di pioggia verso la fine del pomeriggio.

Non me ne ricordo di preciso, ma devo aver scorso il giornale a casa mia il lunedì mattina, e se non ho letto l'informazione riguardante Dandurand, è stato perché era composta di sole tre o quattro righe nella rubrica degli avvenimenti vari.

Erano le dieci passate e stavo visitando una paziente nel mio gabinetto medico quando Lulu mi ha telefonato.

- Siete voi, Charles?

Non ho subito riconosciuto la voce, che eppure mi è familiare. Lulu non ha aspettato la mia risposta per aggiungere:

- Bob è morto.

Adesso sapevo chi parlava. Tuttavia la notizia mi prendeva talmente alla sprovvista, era talmente inaspettata che aggrottai la fronte e mormorai come per guadagnare tempo:

- Siete voi, Lulu?

E subito aggiunsi:

- Quando è successo?

- Ieri mattina a Tilly. Loro dicono che si tratta di un incidente.

- Dov'è?

- Qui.

Guardavo la paziente di cui avevo interrotto l'auscultazione e che si teneva un asciugamano sul seno nudo.

- Verrò appena potrò assentarmi.

- Non è per questo che vi ho telefonato. Ho pensato che forse non avreste letto il giornale.

Non riesco a spiegare che cosa mi metteva a disagio. Una donna il cui marito è morto all'improvviso quando niente lasciava prevedere la sua fine non ha necessariamente la sua voce normale. Quella di Lulu di solito era insieme sonora e un po' rauca, e lei aveva sempre l'aria di scherzare, di essere sul punto di scoppiare a ridere. Era una voce volgare, ma così piena di vitalità che era difficile resistere al suo buonumore.


Ora, la voce che avevo sentito era impersonale e neutra, senza nessuna traccia di emozione, come se Lulu compisse un dovere o un lavoro ingrato annunciando la notizia. Tolse la comunicazione senza lasciarmi trovare il tempo di comunicare prole di condoglianza.


Seppi più tardi che aveva passato parte della mattina telefonando in tal modo a tutti gli amici, ripetendo con tono monotono:


- Bob è morto.


Constatava un fatto, niente di più; come se la presenza del corpo, a pochi metri da lei, non bastasse a convincerla della realtà di quel fatto.


Sono andato spesso a Tilly con mia moglie e i due bambini. E ci andavamo già, benché saltuariamente, quando erano ancora in fasce. Perciò mi è facile ricostruire la serata di sabato e la giornata di domenica.


Conoscevo nei minimi dettagli il bief, come dicono i frequentatori, cioè la parte di Senna compresa fra la chiusa della Citanguette, a valle, e quella di Vives-Eaux, a sei chilomentri a monte. Sulle rive non ci sono né città né paesi importanti, e l'albergo Baeu Dimanche, condotto dai coniugi Fradin, è più o meno l'unico luogo animato.


I Dandurand ci sono arrivati il sabato, alle sette e mezzo di sera, come quasi ogni sabato, perché Lulu non ha mai accettato di chiudere il suo negozio prima della sei. A volte, durante la settimana, lascia aperto fino alle otto, e poiché i clienti lo sanno, ho visto spesso Lulu alzarsi da tavola durante la cena sentendo suonare la suoneria della porta.


- È la piccola Bovy che viene a prendere il suo cappello, diceva.


Ne parlava come se fossero della buone amiche, e non era raro che le facesse entrare nella stanza che era dietro il negozio per prendere il caffè o la frutta con noi.


La signorina Berthe, la prima lavorante, era presente al momento della chiusura. È sempre a tavola, anche quando non ceniamo dai Dandurand, e viene considerata come una della famiglia. Deve avere dai quarantacinque ai cinquant'anni, più vicina ai cinquanta che ai quarantacinque. È magra e bruna, con un naso lungo e stretto, così freddolosa che porta estate e inverno la maglia di lana che le dà un odore particolare.


Suppongo che in mente sua si consideri un po' l'angelo custode della casa. L'angelo custode di Bob o di Lulu?


A pochi giorni dalla disgrazia, rispondendo alle mie domande, ha mormorato:


- Non posso dire di aver notato qualcosa di speciale. Il signor Bob ha passato quasi tutto il pomeriggio fuori. Credo che sia andato a giocare alla belote da Justin.


È un piccolo caffè, all'angolo di place Constantin-Pecqueur, a due passi dal negozio, dove Bob aveva l'abitudine di giocare a carte con gente del quartiere.


- A che ora è tornato a casa?


- Verso le cinque e mezzo. La padrona era in camera sua e stava preparando la valigia.


Le due donne si danno del tu, ma quando la signorina Berthe parla di Lulu, anche con gli intimi, dice sempre la padrona.


- Appariva preoccupato?


- Fischiettava.


Bob tornava sempre a casa fischiando, fischiettava anche quando camminava solo per la strada.


- Che cosa è successo?


- Niente. La padrona si è cambiata di abito e gli ha chiesto se voleva mettersi una camicia pulita. Lui ha risposto che si sarebbe cambiato arrivando a Tilly.


Gli amici dei Dandurand conoscevano l'alloggio altrettanto bene che la propria casa. Dietro il negozio c'è una grande stanza che viene chiamata atelier e serve anche da sala da pranzo e da living-room. Durante il giorno vi lavorano da tre a cinque ragazze secondo la stagione, e tre lunghi tavoli sono sempre occupati da cappelli, pezze di stoffa, nastri e fiori artificiali. Quando viene l'ora di mangiare, si sgombra l'estremità di uno dei tavoli che viene ricoperta da una tovaglia a quadri. La cucina, male illuminata, è da una parte, la camera da letto dall'altra e non ricordo di aver mai visto le due porte chiuse.


Il sabato pomeriggio lavora soltanto la signorina Berthe. Le altre lavoranti fanno vacanza. Poiché quel sabato faceva caldo, scommetterei che Lulu era in sottoveste, perché, grassa com'è, soffre il caldo, e sui suoi vestiti si sono sempre cerchi di sudore. La parola grassa potrebbe dare un'idea sbagliata. Dato che è molto piccola, sembra molto più grossa di quanto non sia in realtà. Farei meglio a dire paffuta, e ho sentito degli amici paragonarla a una bambola. Di una bambola ha la freschezza. Una volta Bob mi ha domandato, quando non ci conoscevamo che da poche settimane: «Non trovate che mia moglie sembra commestibile?»


Non si capiva mai se scherzava o no.


- Cosa ha fatto dalle cinque e mezzo alle sei?


- Niente che mi abbia colpito. Deve avermi punzecchiato per non perdere l'abitudine. Ricordo che si è versato un bicchiere di vino bianco domandandomi se ne volevo uno anch'io.


Era uno dei suoi soliti scherzi. La signorina Berthe non beveva, odiava l'odore del vino, e da anni Bob non mancava mai, quando si versava da bere, di offrirle un bicchiere. Lei non gli portava rancore. Se fosse stato un giorno senza punzecchiarla ne avrebbe sentito la mancanza.


- Voi sapete com'era e l'abitudine che aveva di trascinare il suo grande corpo da una stanza all'altra senza mai sistemarsi in nessun posto.


» - Hai tirato fuori la macchina? gli ha domandato la padrona.


» - Lui ha risposto di sì, e in quel momento era occupato a fissare un pesciolino di legno o non so di che altro, a un filo metallico.


- Non sapete se l'aveva comprato quel giorno?


- Ma come potrei saperlo?


- Avevate già visto quel pesce in casa?


Non è stata in grado di rispondermi, come del resto Lulu quando le ho rivolto la stessa domanda. Per quanto possa sembrare strano, ciò ha importanza, almeno ai miei occhi.


Per quindici anni, per quanto ne so, e anche più perché è cominciato prima della guerra, i Dandurand hanno frequentato più o meno regolarmente il Beau Dimanche a Tilly e, prima ancora, andavano sulla sponda della Marna dalla parte di Nogent.


La clientela dei due posti è molto diversa. A Nogent, vicino a Parigi, ci sono soprattutto coppie di innamorati che vanno a divertirsi in riva all'acqua, e in una grande balera volgare e rumorosa si balla fino a notte tarda.


A Tilly invece si incontra soltanto gente tranquilla. Molti sono sposati e portano con sé i figli. C'è quasi sempre qualche mamma intenta a lavorare a maglia sotto gli olmi in riva all'acqua, mentre i mariti sono alla pesca.


In principio l'albergo dei Fradin non ospitava che pescatori che affittavano una barca o lasciavano la loro in custodia a Léon Fradin. Quando le canoe hanno fatto la loro comparsa sulla Senna, delle coppie più giovani hanno scoperto il bief, e qualche piccola vela non ha tardato a bordeggiarlo.


Fino alla domenica precedente il 27 giugno, i Dandurand appartenevano a quello che si può chiamare il gruppo delle canoe, il che significa che passavano delle ore la domenica scivolando sul filo dell'acqua nella loro imbarcazione di mogano verniciato. Ciò era perfettamente in armonia col temperamento di Bob, che ripeteva in tutte le salse il motto di Alphonse Allais:


«L'uomo non è fatto per lavorare. La prova è che si stanca.»


Al Beau Dimanche si sono alcuni che si alzano prima dell'alba per andare a pesca e si accaniscono nella semioscurità sui motori che si rifiutano di avviarsi, e altri che non escono dalla loro stanza prima delle dieci per ordinare un bicchiere di vino bianco secco come prima colazione.


I Dandurand appartenevano risolutamente alla seconda categoria, si può perfino dire che ne erano i campioni, mettevano una certa ostentazione nella scendere per ultimi.


Tutto ciò fu vero fino alla domenica precedente, che era la domenica deN'apertura della pesca. Il giorno prima, invece di giocare a carte sotto gli alberi, mentre i moscerini volavano intorno alle lampade attaccate ai rami e alcune coppie ballavano al suono del grammofono, Bob, aiutato dal signor Métenier, aveva montato una canna per la pesca del luccio, e dalle cinque del mattino andava lentamente con la sua barca da una chiusa all'altra.


Domenica, stavo leggendo sulla terrazza, e lo vidi passare cinque o sei volte a torso nudo, con un fazzoletto legato intorno alla testa come cappello. Mia moglie, non lontano di lì, chiacchierava con Lulu, e mi sembra ancora di sentire quest'ultima spiegare:


- Gli è successo a N'improvviso. Mi stupirei che durasse. Anzitutto è incapace di alzarsi presto. Poi non sta mai a lungo senza provare quella che chiama una sete preoccupante e senza chiedere un bicchiere di vino bianco fresco.


Mi affretto a dichiarare che non ho mai visto Bob veramente ubriaco. Non l'ho mai visto nemmeno stare molto tempo senza versarsi un «bicchierino», secondo la sua espressione. Lulu non ci trovava niente a ridire, anzi, beveva anche lei volentieri, il che le dava ogni tanto una divertente insolenza.


Che cosa ha deciso Bob da un giorno all'altro a passare dal clan degli alza-tardi al clan dei pescatori? Era questo che cercavo di stabilire rivolgendo domande a destra e a manca. La prima domenica, naturalmente non aveva preso nessun pesce, ed era tornato un po' prima di mezzogiorno con la schiena e la nuca rosso fuoco per il sole preso, proclamando che aveva una sete preoccupante.


Quando interrogai il signor Métenier, egli si mise a riflettere, perché non era tipo da parlare alla leggera.


- M'è sembrato realmente interessato alla pesca al luccio. Ne ho visti altri come lui appassionarsi alla pesca nell'età matura ed essere anche più smaniosi dei giovani. Gli ho fatto vedere come calare la lenza in modo che il pesce artificiale non navighi né troppo vicino al fondo né troppo vicino alla superficie. In realtà la profondità favorevole varia secondo l'ora, il luogo, la temperatura, lo stato del cielo, e secondo molti altri fattori, ma in una lezione non ho potuto dargli che un ragguaglio elementare della questione.


- Non sapete se tra una domenica e l'altra ha comprato un altro pesce artificiale?


Il signor Métenier, che dirige un'importante ditta di macchine utensili vicino al boulevard Richard-Lenoir, purtroppo non è stato in grado di rispondermi.


- Ricordo soltanto di avergli detto che il suo non era male, era un buon modello corrente, ma che più tardi, una volta superato lo stadio di debuttante, gliene sarebbe occorsa una grande varietà.


Ho parlato anche a John Lenauer, che non è un pescatore, ma un alza-tardi, e che come Bob fa parte del gruppo dei giocatori di belote.


I Dandurand, come credo di aver detto, hanno lasciato il negozio di rue Lamarck, a poche case da rue Caulaincourt, sabato alla sei. È stata Lulu a girare la chiave nella toppa e ad assicurarsi che la porta fosse ben chiusa. La signorina Berthe è rimasta sull'orlo del marciapiede, guardandoli partire nella loro auto scoperta.


Hanno attraversato tutta la città per prendere la via di Fontainebleau, e girare a sinistra subito dopo Pringy. John Lenauer li ha visti arrivare al Beau Dimanche verso le sette e mezzo, e dato che anche lui ha sempre una sete preoccupante, ha trascinato Bob verso il banco mentre Lulu saliva in camera per disfare la valigia.


- Non l'ho trovato diverso dagli altri sabati, mi ha detto John che è un inglese di madre francese, e lavora a Parigi negli uffici della Cunard. Abbiamo vuotato due o tre boccali.


- O quattro o cinque?


- Forse quattro.


Mi hanno dato per certo che nei giorni feriali John non tocca mai un bicchiere prima delle sei di sera. A Tilly comincia a bere vino bianco dal momento in cui si sveglia, e l'ho sempre visto con gli occhi lucidi, l'aria vaga, e un sorriso canzonatorio agli angoli della labbra.


- Bob era un fratello!


Al Beau Dimanche si mangia e si cena sulla terrazza vicino alla sponda. Non ci sono ombrelloni, ma dei begli olmi che fanno ombra e tra i quali la sera si accendono le lampade. Quando si mette a piovere aN'improvviso è una rovina, oltre che una corsa generale verso la casa, perché la sala da pranzo non è abbastanza spaziosa per contenere tutti.


Quel sabato non ha piovuto. L'aria era dolce. Bob ha stretto della mani a destra e a sinistra, ha lanciato qualcuno dei suoi motti di spirito favoriti e si è diretto verso il primo piano dove lui e sua moglie occupano la stessa stanza da anni. Non vi si gode molta intimità. In qualche modo vi si vive sotto gli occhi di tutti. La scala è all'esterno e le camere danno porte e finestre su una specie di balcone che fa le veci del corridoio.


Come aveva annunciato a Parigi, Bob si è cambiato, ha indossato un paio di pantaloni di tela cachi, e la camicia rosso vivo riservata ai week-end, mentre Lulu infilava dei pantaloni di gabardine nero che disegnano esageratamente le sue natiche tondeggianti.


Ho domandato a Lulu cosa si erano detti. Mi ha risposto:


- Niente che ricordi. Credo che fischiettasse. Poi Olga, dal pian terreno, ci ha gridato che era il nostro turno.


Olga è una delle cameriere. Voleva dire che era il loro turno per avere un tavolo per la cena, perché il sabato sera si mangiava a scaglioni.


- Ci siamo seduti con i Millot e Mado.


Sono anche loro dei frequentatori del Beau Dimanche. Millot è dentista nel quartiere della Bastiglia. Sono ambedue giovani, molto innamorati. Mi domando se si fossero conosciuti al Beau Dimanche, dove andavano già prima di sposarsi. Adesso la loro figlia, Mado, ha nove anni. Hanno comprato una stella a bordo della quale passano la loro domenica, e sebbene siano amici con tutti li si vede poco nei vari gruppi.


Millot mi ha detto:


- Bob era allegro, come sempre.


- Ha parlato di pesca?


- Ci ha ripetuto per scherzo, imitandolo, la lezione che il signor Méteniergli aveva dato la settimana precedente.


Il signor Métenier è originario del Cantal, di cui ha conservato l'accento.


- Bob ha aggiunto:


» - Se domani, per combinazione, prendessi un luccio, ne farebbe un malattia, perché, come dimostra con numerosi argomenti, sarebbe contro tutte le regole. Secondo lui ci vogliono prima alcuni mesi di tirocinio per saper calare una lenza, poi un'altra stagione per giudicare a che punto sia il pesce, e infine, se si ha disposizione...


Con ogni probabilità aveva terminato il suo monologo con una delle sue espressioni favorite:


- Cose da pazzi\


La pronunciava spesso, quasi quanto la sua famose sete preoccupante, con la stessa serietà.


- Cose da pazzi\


Se mia moglie ed io non fossimo andati a Rambouillet, i Dandurand avrebbero certamente cenato con noi quella sera, perché la piccola signora Millot aveva sempre un po' paura che Bob si lasciasse sfuggire davanti a Mado uno scherzo audace o una parola cruda. Non è successo mai. Aveva una maniera ironica di fermarsi di colpo nel momento in cui gli altri pensavano che avesse dimenticato la presenza della bambina. E allora guardava la madre con occhi maliziosi, tutto contento di averle fatto paura.


- Accidenti! concludeva.


Poiché apparteneva ormai al clan dei pescatori, secondo la loro abitudine avrebbe dovuto andare a letto presto. Al Beau Dimanche ciò è soggetto a una piccola guerra che si invelenisce di anno in anno, e che è stata sul punto di provocare parecchie volte l'esodo di una parte della clientela. I pescatori si lamentano perché la sera si impedisce loro di dormire suonando il grammofono e parlando ad alta voce sulla terrazza, nel giardino, poi facendo scorrere l'acqua dai rubinetti fino a tarda notte. Gli altri, a loro volta, si lamentano dei motori che si mettono a ronzare già prima del levar del sole.


Quel sabato Bob non è andato a chiedere consiglio al signor Métenier. Nessuno l'ha visto preparare la lenza o pulire il motore come facevano altri lungo il pontile. È stato lui a proporre dopo cena a John Lenauer:


- Facciamo una partita?


Hanno chiamato Riri, che lavora in una compagnia di assicurazioni di rue Laffitte e che a Tilly porta una maglia da marinaio, e sull'orecchio un berretto bianco della marina americana. In mancanza di un quarto disponibile, Lulu ha giocato con loro in un angolo della terrazza, e la partita durava ancora quando, a mezzanotte, la signora Fradin è andata a chiudere il grammofono al suono del quale due o tre coppie si ostinavano a ballare.


C'è un particolare che mi colpisce, parlando di Riri. Costui, magro e rinsecchito come un cane da strada, non deve avere più di ventiquattro o venticinque anni. È ancora un ragazzo. John Lenauer ha passato la trentina, ma, benché sia sposato, vive come uno scapolo. Sua moglie abita a Londra, dove lavora, sempre alla Canard, e si vedono solo pochi giorni all'anno durante le vacanze.


Quando è morto, Bob stava per compiere quarantanove anni e Lulu, non l'ha mai nascosto, ha esattamente tre anni meno di lui. Sono tutti e due del 27 luglio, e li divertiva molto farsi scambievolmente gli auguri.


Quello che mi sorprende è che la differenza di età fra i Dandurand e una parte dei loro amici fino ad ora non mi abbia mai colpito. A Tilly erano in buoni rapporti con tutti i vari gruppi, ma li ricordo più spesso in compagnia di giovani che di gente della loro età. In rue Lamarck, dove era raro trovarli soli, e dove a volte alle undici di sera, quindici persone e più si agitavano e bevevano nell'atelier-living room, si vedevano coppie di meno di trent'anni, ragazzi che non erano maggiorenni, mescolarsi a gente come il pittore Gaillard che ha abbondantemente passato la sessantina, e che è un pilastro della casa, o come Rosalie Quéven, una vecchia vicina che fa le carte e legge l'avvenire nei fondi del caffè.


Ho domandato a John:


- Ha vinto?


- Come sempre.


Raramente ho visto Danduran perdere alla belote. Dato che vi si applicava tutti i giorni per almeno due o tre ore, era fatalmente un giocatore di prima forza. Tuttavia il gioco è in buona parte affidato alla sorte. Ora le carte, fra le sue lunghe dita molto articolate, sembravano incantate. A volte, in tono di sfida, soprattutto con degli avversari sgarbati, gli capitava di annunciare senza guardare il suo gioco:


- Prendo!


E il momento dopo si trovava in mano le carte necessarie per giocare il colore della briscola. Non arriverò a dire che ciò faceva arrabbiare Lulu. Che io sappia non si è mai veramente arrabbiata con lui. Però in quei momento lo guardava aggrottando la fronte. Non so che cosa pensasse di preciso. Doveva essere un po' seccata della sua maniera quasi infantile di sfidare la sorte e, forse, della sua fortuna persistente. Ho l'impressione che se egli avesse potuto voltare delle carte cattive e farsi battere completamente, ne sarebbe stata sollevata.


Ammetto che Bob aveva l'aria di burlarsi della gente. Diceva in tono negligente al suo vicino di sinistra, come se le carte per lui fossero trasparenti:


- Il tuo re di picche, per piacere.


Ed era vero che quell'altro era costretto a farsi prendere il re.


Non giocava forte, quasi sempre il prezzo delle consumazioni. Se avesse voluto avrebbe potuto guadagnarsi la vita giorno pergiorno alla belote, diventare una specie di professionista come ne esistono nei piccoli bar di Montmartre o altrove. Gli bastava di vincere tutti gli anni o quasi non so quale campionato del XVIII° Distretto.


- Avete bevuto molto? ho domandato anche a Lenauer.


- Due bottiglie di bianco.


Era poco per quattro, dato soprattutto che tra i quattro si trovavano Bob e Lenauer.


- È salito subito in camera dopo la partita?


- Lulu è salita per prima e ha acceso la luce. La vedo ancora controluce sfilarsi dalla testa il maglione.


- Non vi ha detto niente in quel momento?


Dopo aver riflettuto, John mi ha risposto con una certa sorpresa:


- Per la verità, sì. Me ne ero dimenticato. Mi ha detto salutandomi:


» - Sei una brava persona.


» Sono quasi sicuro che ha aggiunto mentre aveva già voltato le spalle:


» - Accidenti! Ci sono tante brave persone!


Ho insistito:


- Non hanno litigato durante la partita?


No. La domanda era stupida.


Le lampade sulla terrazza erano spente. C'era la luna quella sera. Lo so, perché a Rambouillet siamo rimasti fono a tardi nel parco a chiacchierare con i nostri amici ascoltando i grilli. La Senna scorreva pigramente e la luce brillava nella stanza in cui Lulu si stava spogliando.


- Ha raggiunto Lulu di sopra.


John occupa la stanza proprio di sotto, al pian terreno, e si sente tutto da un piano all'altro.


- Hanno chiacchierato a lungo?


- Il tempo di andare a letto. Ho sentito Lulu che diceva:


» - Shhh! Sveglierai il signor Métenier.


» Non ho rivisto Bob. Il mattino non ho sentito nulla.


Non ha sentito niente nemmeno Riri che è andato a dormire come al solito a bordo dell'autobotte di Yvonne Simart, ormeggiato a un centinaio di metri dall'albergo. Nessuno ne parla mai. Davanti agli altri lui e Yvonne, che gli è maggiore di otto anni, non fanno niente che possa rivelare la loro intimità. Non si danno nemmeno del tu come accade facilmente a Tilly. Lei gli dice buonanotte come agli altri lasciando il Beau Dimanche dove prende i pasti. E Riri resta quasi sempre in piedi per ultimo, giudicando evidentemente che è suo dovere di gentiluomo ad agire così. Soltanto allora, nella sua maglia da marinaio, che ne sottolinea l'andatura dinoccolata, si dirige verso la passerella del battello.


È in realtà un'imbarcazione piuttosto piccola su cui è stata costruita una specie di casetta di legno, due cabine strette, una terza che serve da salotto e da sala da pranzo e una piattaforma.


Yvonne Simart, che è figlia dell'ammiraglio Simart, dorme a bordo con la sua amica Laurence, una ragazza della sua età; sono tutte e due commesse nella stessa casa di alta moda dell'avenue Matignon.


Laurence deve sapere, come tutti. Basta fare il conto delle stanze e dei clienti fissi per constatare con facilità che non c'è posto per Riri nell'albergo.


Tuttavia Riri aspetta invariabilmente che la luce sia spenta a bordo, prima di superare l'asse che serve da passerella e, poiché Laurence si alza presto, fin dall'alba lo si vede girellare all'aperto. Il solo, al mattino, con Léon Fradin, a guardare partire i pescatori, e a dar loro una mano ogni tanto quando un motore non vuol partire.


Lulu ha sentito vagamente il marito alzarsi, ma non si è svegliata del tutto.


- Mi sembra che mi abbia baciato in fronte e di avere sfiorato la sua guancia non rasata.


Riri l'ha visto scendere la scale con una maglia annodata intorno al collo sopra la camicia rossa. In quel momento solo un battello era partito e il sole non si era levato.


- Ho notato che aveva i pomelli rossi come un bambino tirato fuori dal letto. Ha osservato che faceva freddo, ha rabbrividito, e ha dovuto tirare cinque o sei volte la corda prima di mettere in moro il motore.


Era uno di quei motori da un cavallo e mezzo, in duralluminio, che si fissano dietro l'imbarcazione.


- Ha descritto due cerchi di fronte all'albergo.


- Guardando la finestra della sua stanza?


- Non so che cosa guardasse. L'acqua era coperta da una nebbia che sembrava fumo. S'è diretto a gran velocità verso la parte a monte con la metà deN'imbarcazione che spuntava dall'acqua.


- Ha preparato la lenza?


- Non credo. Non l'ho notato. Stava immobile, con una mano sul timone. Se si è messo a pescare l'ha fotto solo più in là, quando non lo guardavo più. Il signor Métenier, che stava sistemando il suo battello, ha borbottato:


» - Capita ogni tanto che egli prenderà qualcosa!


Ho già detto che conosco il bief. Quasi tutta la riva destra è coperta di boschi, la collina è piuttosto alta, e vi si nota qua e là in mezzo al verde la macchia rossa di un tetto. La riva sinistra invece è bassa, piena di canneti, tra i quali gli innamorati spingono la loro barca.


I pescatori di lucci che trascinano la lenza da una chiusa all'altra col motore al minimo sono una minoranza. Più numerosi sono i pescatori di lasche e di cavedani che ormeggiano la loro barca a degli arpioni piantati a pochi metri dalla riva e che seduti su un seggiolino stanno immobili per delle ore, a volte per l'intera giornata. È uno degli incarichi di Léon Fradin, che ha il portamento di un cacciatore di frodo e porta tutto l'anno un abito di velluto da guardia caccia, andare durante la settimana a mettere le esche in quei posti per i suoi clienti.


Fradin, con i baffi sempre umidi perché ha l'abitudine di mordicchiarli, mi ha detto:


- Quando se ne è andato c'erano almeno cinque pescatori sistemati al loro posto, tra cui il signor Raismes, che si è alzato alla quattro per andare a ormeggiare tra una chiusa e l'altra.


Il signor Raismes, un uomo di una cinquantina d'anni, è direttore al Ministero dei Lavori Pubblici, e a Tilly è considerato il miglior pescatore di cavedani. Egli ha visto passare la canoa. Ha anche fatto segno a Bob di andare più al largo per non spaventare il pesce. No, non aveva l'impressione che Dandurand avesse la lenza nell'acqua. D'altronde se avesse pescato avrebbe navigato più lentamente. In quel momento si trovava a due chilometri circa dallo sbarramento verso il quale sembrava dirigersi, e una chiatta scarica che risaliva la Senna ha lanciato due colpi di corno per annunciarsi alla chiusa. Di domenica, quelle che fanno parte di un convoglio appartengono a una grande compagnia e restano quasi sempre immobili lungo la sponda. Ma c'è sempre qualche barca a motore portata dal proprietario che naviga anche in quel giorno.


Il marinaio deve aver visto Bob quando gli è passato vicino. Sembra che si siano scambiati un cenno di saluto con la mano. E Bob, per quanto se ne può sapere, viveva i suoi ultimi dieci minuti.


Non ho potuto interrogare il marinaio, che a quest'ora deve essere lontano, o sulla Saòne o sui canali dell'Est. È stato il signor Raismes a parlarmi dei saluti scambiati.


Per il resto non esiste quasi nessuna testimonianza. L'uomo della chiusa di Vives-Eaux crede di ricordarsi del rumore di un piccolo motore mentre faceva manovra. Non vi ha prestato attenzione perché è abituato.


- Avevo freddo alla mani. Sembrava incredibile che avesse fatto tanto caldo il giorno prima e che il caldo si sarebbe fatto sentire anche quel giorno. Ho lasciato la chiusa un momento per andare a bere la tazza di caffè che stavo preparando, quando si è annunciato lo svuotamento. Ho anche chiesto al marinaio se ne voleva e mi ha risposto che l'aveva appena bevuto.


- Avete guardato dalla parte dello sbarramento?


Anche se avesse guardato non avrebbe visto niente. Al di sotto dello sbarramento, di fatti, a una decina di metri, proprio in mezzo al fiume si stende un isolotto coperto di cespugli che nasconde in parte la vista.


Il rumore veniva dall'altra parte.


- Il motore si è fermato?


- Probabilmente. Quando il battello si è allontanato non ho sentito più niente.


Henry, l'uomo della chiusa è tornato a casa.


È stato un pescatore che non è cliente di Beau Dimanche, che possiede una sua capanna nel bief, a scorgere, pochi minuti dopo, una canoa vuota non lontano dall'isolotto, nel risucchio dello sbarramento.


- Qualcosa gli impediva di seguire il filo dell'acqua, come se fosse agganciata al fondo. In un primo momento ho pensato che fosse un'imbarcazione che si era staccata dalla riva nella parte superiore del fiume, e aveva saltato lo sbarramento. È una cosa che capita, ogni tanto. Avevo la lenza nell'acqua e lì per lì non mi sono preoccupato. A un certo punto, virando di bordo in prossimità della canoa, ho avuto, non so perché, l'impressione che stesse succedendo qualcosa di anormale. Ho ritirato la lenza, poi ho afferrato la canoa per una delle punte, e così, per un momento, ha scivolato sull'acqua insieme alla mia, a sbalzi, come se qualcosa la trattenesse. Un uomo che non conosco e che pescava sulla riva ha gridato per chiedermi se avevo bisogno di aiuto. Ho fatto segno di no.


- Quanto tempo è passato facendo tutto questo?


- Forse cinque minuti? È difficile giudicare. Una corda tesa è immersa nell'acqua. Gli amatori della canoa usano queste corde con una grossa pietra in fondo per immobilizzare l'imbarcazione in mezzo alla corrente. Ho tirato e la corda si è allentata. Ho cominciato ad andare alla deriva, e tirando sempre la corda non ho tardato a veder emergere un braccio che sembrava farmi dei gesti.


L'uomo, impressionato, ha lasciato andare tutto. Il suo nome non ha importanza. È un ebanista di Puteaux, padre di quattro figli. Non ha più pensato al pescatore che gesticolava sulla riva e che facendosi portavoce con le mani gli gridava Dio sa che cosa. Si è diretto verso la chiusa, evidentemente perché il guardiano della chiusa è qualcosa di ufficiale e porta un berretto di uniforme.


- Laggiù... Vicino alla canoa... Un annegato...


Se tutto si fosse svolto rapidamente, Bob sarebbe morto? Dal momento in cui l'ebanista ha visto la canoa per la prima volta, sembra che non siano passati più di cinque minuti al momento in cui era passato sotto bordo.

Non bisogna fissarsi sui movimenti del braccio, perché la corrente dà spesso agli annegati l'aria di gesticolare.

Il guardiano della chiusa ha portato una pertica munita di uncino e, stranamente, certamente senza riflettere, un salvagente.

Sull'altra riva, il pescatore, impotente, continuava a gridare delle parole che nessuno sentiva.

Hanno tirato la corda e apparve il corpo di Bob, col maglione ancora legato attorno al collo, la camicia rossa incollata al busto, la corda girata due volte attorno alla caviglia destra.

All'estremità della corda era attaccato un peso di cinque chilogrammi, uno di quei pesi esagonali di cui ci si serve nella botteghe.

Il guardiano della chiusa che mi ha detto di avere ripescato una buona dozzina di annegati vivi o morti durante la sua carriera, e con l'aria di sentirsi a disagio, come se fosse un argomento che non amava toccare, mi ha confidato:

- Lo conoscevo bene. Veniva spesso alla chiusa a chiedere un bicchiere di vino.

- Credete che la corda si sia avvolta alla sua gamba nel momento in cui lanciava il peso nell'acqua?

Anzitutto per Bob Dandurand non c'era nessuna ragione per fermarsi in piena corrente. La sua lenza era in fondo alla canoa e sembrava che non fosse stata messa in acqua. Anche se il motore si fosse fermato contro la sua volontà egli avrebbe aspettato per esaminarlo di essere portato un po' più in basso, in acque più tranquille.

- Che una corda si avvolga una volta, è già successo, mi ha detto gravemente il guardiano. Ho visto una donna trascinata in questo modo nell'acqua nel momento in cui lanciava a un ormeggio... Ma due giri...

Questa conversazione si svolgeva in casa sua. La moglie aveva preso il suo posto alla chiusa. Aprì una credenza di quercia con gli sportelli ornati di vetri colorati per prendervi una bottiglia di grappa e riempirne due bicchierini dal grosso fondo.

- Alla sua salute! disse alzando il suo fino agli occhi e fissando il liquore incolore.

E dopo essersi asciugati le labbra, aggiunse:

- Gli piaceva tanto anche la grappa.

Capitolo 2


Stavo per lasciare il mio studio per andare in rue Lamarck, quando sono stato trattenuto da una chiamata urgente, un bambino del vicinato che si era tagliato la mano con un coltello da cucina, e a cui ho dovuto dare tre punti di sutura, mentre la madre piangeva perché gli rimarrà la cicatrice per tutta la vita.


Stavo terminando la fasciatura, quando mia moglie bussò discretamente alla porta che comunica con la parte privata deN'appartamento.


- Sei solo? domandò sottovoce come al solito.


- Fra due minuti ho finito.


Sapevo che sarebbe rimasta dietro la porta. Avrei potuto sentire il suo respiro. Qiuando andai ad aprirle, aveva in mano i giornali del mattino.


- Sai la notizia?


Avrei dovuto lasciarle l'incarico di dirmelo.


- Bob Dandurand è morto, risposi mettendo in ordine il mio astuccio, perché contavo di fare una visita o due tornando da Montmartre.


- È annegato ieri mattina a Tilly, l'ho letto nel giornale.


- Lulu mi ha telefonato.


- Come sta?


- Difficile a dire. Mi è sembrata calma. Vado da lei.


- Non credi che dovrei accompagnarti?


- Non stamattina, a mio giudizio. È meglio che tu ci vada nel pomeriggio o domani.


La mia piccola 6 CV nera, la più sporca del quartiere, perché non trovo mai il tempo di mandarla a lavare, era vicino al marciapiede dove passa la maggior parte delle notti. Abitiamo da quindici anni in rue Notre-Dame-de-Lorette all'altezza di place Saint-Georges. Qualche commerciante che abita in fondo alla via in rue des Martyrs viene a consultarmi, ma la maggior parte della mia clientela viene da place Bianche e place Pigalle, ballerine, entraineuses, anche qualche prostituta di professione, e sono quasi tutte buone figliole. Ciò spiega come mai nella mia anticamera si trovi più gente il pomeriggio del mattino. E adesso, che i nostri figli hanno nove anni e mezzo e undici anni, mia moglie cerca di convincermi a cambiare quartiere.


- Devi pensare, Charles, che sono nell'età in cui si comincia a veder chiaro.


Io faccio orecchi da mercante. Prevedo che un giorno o l'altro avverrà tra di noi una seria discussione in proposito.


Era circa mezzogiorno quando sono sceso dalla macchina di fronte al negozio azzurro pallido di Lulu, e mi sono reso veramente conto che Bob era morto solo vedendo le imposte abbassate, e su una delle due un biglietto listato di nero che non ho letto. La porta era accostata e ho dovuto solo spingerla. Non so dire quante persone ci fossero tra i due banchi del negozio, sei o sette almeno, vicini, commercianti dei dintorni, per quanto potei giudicare.


Nell'atelier-sala da pranzo trovai ancora più gente, e la mia impressione fu che parlassero tutti insieme; ho cercato con gli occhi Lulu, che come sempre era la più piccola del gruppo e che, appena mi ha visto, si è gettata tra le mie braccia.


Abbiamo parlato tutti e due nello stesso tempo pronunciando parole di una tale banalità che ne siamo rimasti entrambi imbarazzati e ci siamo guardati.


Ho detto:


- Sono in ritardo...


Mentre lei diceva a sua volta:


- Sei stato gentile a venire...


Ha pensato, come me, che se Bob fosse stato vivo ci avrebbe guardato con i suoi occhi sfavillanti di malizia, lasciando cadere da un angolo del labbro, perché nell'altro pendeva un'eterna sigaretta:


- Cose da pazzi\


Lulu ha aggiunto:


- Volete vederlo, Charles?


La porta della stanza da letto questa volta era chiusa. Lulu ha aperto silenziosamente. Gli uomini delle pompe funebri non erano ancora andati a sistemare la camera ardente, ma l'atmosfera era già funebre lo stesso, con le tende tirate, i ceri che bruciavano ai due lati del letto, e ai piedi di quest'ultimo, dei mazzi di fiori, i primi che i vicini avevano comprato sui carrettini.


Mi sono domandato dove mai Lulu avesse potuto procurarsi un inginocchiatoio su cui era curva la signorina Berthe, con un rosario avvolto alle dita magre. Le era stato certamente prestato da qualche vecchia bigotta che abitava nel casamento.


- Come lo trovate, Charles?


Il corpo non era stato abbastanza a lungo nell'acqua per prendere l'aspetto sinistro che ha la maggior parte degli annegati.


- Sembra che sorrida, vero?


C'era dell'ulivo e dell'acqua benedetta su un tavolo coperto da una tovaglia bianca. Feci i gesti rituali. Un'altra donna vecchissima, in piedi, in un angolo, mormorava delle preghiere.


Quando siamo usciti in punta di piedi, la signorina Berthe ci ha seguito sospirando, come se lasciasse a malincuore la salma di Bob. Era strano, una volta varcata la porta, trovare così vicino al morto un buono e familiare odore di cucina. Una delle lavoranti, di fatti, stava preparando un intingolo. Erano in due davanti al fornello e, sulla tavola, c'erano due bicchieri e due bottiglie incominciate.


Il pittore Gaillard era seduto in un angolo, rosso come sempre, gli occhi lacrimosi, le mani tremanti. Non gli ho parlato subito. E non ricordo cosa gli ho detto in un secondo tempo. Non ha importanza e non credo che egli abbia molti momenti di lucidità. Medicamente parlando è un esemplare quasi perfetto di alcolizzato all'ultimo stadio, quello a cui non si prova più il bisogno di mangiare, e la cosa straordinaria è che l'uomo resista così a lungo. D'altronde non sono tanto sicuro, riflettendovi, di ciò che ho detto a proposito della sua lucidità. Spesso, quando qualcuno, non credendolo in grado di intendere, gli lanciava frasi ironiche o crudeli, ho visto le pupille di Gaillard indurirsi, i suoi occhi stringersi.


Uno sconosciuto ha allontanato Lulu da me, qualcuno che era appena entrato e a cui essa voleva far vedere il morto. È stato in quel momento che la signorina Berthe mi ha toccato il braccio.


- Non vi ha ancora detto niente? mi ha domandato bisbigliando come si fa in chiesa. Eravamo in un angolo in disparte dietro a un tavolo su cui avevano ammucchiato tutti i cappelli che erano in giro.


- A che proposito?


- Non avrebbero dovuto parlarle come hanno fatto. Che importanza aveva per loro lasciarle credere in un incidente?


Non sapevo ancora niente di ciò che era successo a Tilly.


- Non è un incidente?


La donna ha scosso la testa guardandomi negli occhi. Era più disfatta di Lulu, con le labbra esangui, il colorito giallastro e, macchinalmente, le presi il polso.


- È soltanto stanchezza, mormorò, non abbiamo dormito né Tuna né l'altra. I gendarmi hanno parlato troppo. Troppo o troppo poco. Adesso lei si tormenta perché ha capito cosa c'è dietro le loro domande.


- Suicidio?


La signorina Berthe fece cenno di sì, mentre il mento le si metteva a tremare. Non so come sia il suo polso di solito, suppongo sotto la media. In quel momento batteva appena più di cinquantacinque.


- Dovreste bere un sorso di liquore.


Era inutile insistere. Qualunque cosa avessi detto non sarebbe servita a niente. Era meglio interrogarla per darle l'occasione di tirar fuori quello che aveva sul cuore.


- Non si sa perché?


- Non si sa niente. Sembra talmente inaudito!


Come tutti, ho replicato:


- Lui, che era sempre così allegro!


È una di quelle frasi che si dicono senza riflettere. Ho notato che mi guardava con una certa sorpresa, come per rimproverarmela. Se dovessi tradurre quello sguardo, direi che significava:


- Anche voi?


Quindi non era d'accordo con gli amici di Bob e con tutti quelli che lo conoscevano? Ovunque si trovasse era l'animatore di ogni riunione, e bastava che si avvicinasse a un gruppo per vedere i visi di tutti illuminarsi.


- Non sapete se era malato? mi chiedeva adesso la vecchia signorina.


No, non lo sapevo. Mi era capitato durante una serata o un week-end di consigliare a Bob un rimedio qualunque per un mal di gola o un malessere banale, ma non aveva mai messo piede nel mio gabinetto di consultazione. È il caso di molti miei amici e capisco che una sorta di pudore li trattiene dal mettere a nudo le loro piccole miserie davanti a un uomo che poi incontreranno su un altro terreno.


Lulu non aveva quei pudori. È venuta spesso a consultarmi. Altre volte, mentre in casa sua c'erano cinque o sei vicine, diceva sottovoce:


- Volete venire un momento, Charles?


Bob ci seguiva con gli occhi sapendo di che si trattava. In quelle occasioni ella chiudeva la porta della stanza da letto, si sedeva sull'orlo del letto, la gonna rialzata fin sopra i fianchi.


- È di nuovo il ventre, Charles. Ho paura che un giorno dovranno levarmi tutto.


Non aveva ancora vent'anni quando aveva cominciato a soffrire di male al ventre e ciò la impressionava, aveva più paura di un'operazione che di una malattia grave, come per esempio, la tubercolosi.


A mio giudizio Bob, come salute, stava come può stare un uomo della sua età che faccia la vita che lui faceva. Solo da due o tre anni si era reso conto di avere uno stomaco che il vino bianco metteva a dura prova. Dopo ogni pasto, spesso tra i pasti, prendeva una dose massiccia di bicarbonato. Avevo tentato di dissuaderlo, senza insistere troppo. Gli avevo portato un rimedio gastrico a base di caolino, ma lui preferiva il bicarbonato che gli procurava un sollievo più immediato.


Ho domandato alla signorina Berthe:


- Era in cura da un medico?


- Non ne sono sicura. Credo di sì.


- Che cosa ve lo fa pensare?


- Non saprei dire. Dei piccoli particolari...


Girò la testa. Forse si rendeva conto di confessare in tal modo di avere osservato Bob con maggiore attenzione di sua moglie.


Ho stretto la mano a Riri che era appena arrivato e che ci si meraviglia sempre a vedere in abiti cittadini. Poi è entrato un macellaio in tenuta di lavoro e, come tutti, ha baciato Lulu sulle due guance. Una delle lavoranti mi ha detto:


- È vero dottore che bisogna assolutamente che la signora mangi?


Ho risposto di sì. Stavo per uscire senza aver trovato il modo di parlare di nuovo a Lulu, quando me la sono trovata davanti. Al l'improvviso si è messa a stringermi il braccio così forte che sentivo le sue unghie attraverso la camicia.


- Ditemi Charles, voi che lo conoscevate bene, che motivo poteva avere di farlo?


E, mentre cercavo una risposta:


- Credete che sia per colpa mia?


Non piangeva. Viveva sui nervi, così tesa da sembrare incosciente.


- E io, che per tutta la vita ho creduto di renderlo felice. Se le avessero piantato un ago nel braccio probabilmente non avrebbe sentito niente. Questo pensiero mi ricordò che avevo con me la mia borsa.


- C'è un posto in cui potervi fare un'iniezione, Lulu?


- Un'iniezione per che cosa?


- Solo un sedativo.


- Non voglio dormire.


- Vi prometto che non dormirete.


- Sicuro?


Si guardò intorno, poi si diresse verso la cucina.


- Passate di qui.


C'erano ancora due lavoranti. Lulu chiuse la porta, mi guardò preparare la siringa, tirò su il vestito da una parte. Una delle ragazze, quella che si fa chiamare Adeline perché trova che questo nome è più poetico di quello di Jeanne che è il suo, si mise a piangere.


- Povera bambina! mormorò Lulu sempre con l'aria di sognare essendo sveglia. Anche per lei è stato un colpo. Non volete fare anche a lei un'iniezione?


- Non credo sia necessario. Sarebbe necessario invece che ci fosse meno gente, meno andirivieni in casa.


- È colpa mia se la gente viene?


In fondo, forse avevo torto. Quell'animazione le impediva di trovarsi faccia a faccia con la cruda realtà.


Uscendo dalla cucina, Lulu mi disse sottovoce indicando Adeline con un leggero cenno del capo:


- Sapete che Bob e lei?...


Feci segno di sì.


- Non sono mai stata gelosa. Dal momento che era felice...


Mentre stavo per scomparire dalla folla dell'atelier, mi sembrò che Adeline mi guardasse come per trasmettermi un messaggio. Non ne sono sicuro. Mi sono ripromesso di parlarle alla prossima occasione.


Lulu continuava:


- La sorella di Bob ha telefonato che verrà nel pomeriggio.


Mentre parlava si strofinava il braccio nel punto dove avevo fatto l'iniezione.


- La sorella di Bob?


- Non sapevate che aveva una sorella? Ha sposato un avvocato del quartiere Pereire e andava a trovarlo una o due volte all'anno. È in vacanza a Dieppe con i figli. Il marito, che è rimasto a Parigi, le ha telefonato la notizia, e lei mi ha chiamato subito. È in viaggio in auto.


Stavo per uscire quando ho incontrato di nuovo la signorina Berthe, che credo si sia messas apposta sulla mia strada.


- Le avete dato un calmante?


- Sì. Quando siete stata messa al corrente dell'accaduto?


- Ieri sera, verso le sette. In casa mia.


La signorina Berthe occupa un appartamento in una casa poco lontana a proposito del quale si scherzava volentieri. Bob sosteneva che se era così magra era perché passava le notti a lucidare il pavimento. Davanti alla porta, diceva, c'erano due paia di pattini di feltro che ci si doveva portare dietro sotto le suole della scarpe per non sporcare il pavimento.


- Un paio per lei e un paio per l'eventuale visitatore!


- E se i visitatori sono due?


- Possono camminare con una gamba sola.


La signorina Berthe mi raccontò, sempre sussurrando, ciò che era successo la sera prima. Lei non aveva visto l'ambulanza che trasportava il corpo, perché le sue finestre danno sul cortile. Era stata la sua portiera a vederla e a salire ad avvertirla.


Per circa un'ora c'era stato un andirivieni confuso, ma non eccessivo perché era domenica e la maggior parte dei vicini non era ancora tornata dalla campagna.


- Siamo state sole con lui tutta la notte.


Volsi lo sguardo verso la stanza da letto.


- Siete state voi due che...


Disse di sì, e aggiunse, chiudendo gli occhi:


- L'ho vestito per l'ultima volta.


C'è una domanda che avrei voluto farle, che forse le farò un giorno, a meno che non la rivolga a Lulu per semplificare. Perché è vero che Lulu non è gelosa, non lo è mai stata, almeno da quando conosco la famiglia. A Tilly, Bob ha avuto un certo numero di avventure, sempre facili, di quelle che non hanno conseguenze e non durano. Lo sapevano tutti gli amici della coppia, e sapevano anche che gli capitava di andare a trovare, nella sua stanza, l'una o l'altra delle lavoranti. Adeline, l'ultima venuta, aveva appena vent'anni ed era nel numero. Non era particolarmente bella, ma aveva un viso attraente.


Come erano andate le cose per la signorina Berthe, con i suoi quarantacinque o cinquant'anni, il suo naso lungo e magro, le sue maglie di lana? Era evidente che si consumava per Bob di un amore che cercava appena di nascondere. Che specie di amore? È più difficile a dirsi. E non sarei sorpreso di venire a sapere che Dandurand, per carità o perché era una cosa stramba, era andato ogni tanto a farle una breve visita nell'appartamento dai pattini di feltro.


Ma ciò non spiegherebbe niente. È solo uno dei tratti della fisionomia di Dandurand. Se è così, Lulu lo sa e risponderà alla mia domanda.


Quello che mi impressionava di più in quel momento era il pensiero delle due donne che passavano la notte rivestendo il morto, e sistemando nella stanza e intorno a lui le candele, il tavolo con la tovaglia, l'olivo e l'acqua benedetta.


Solo più tardi seppi quello che era successo prima, nella giornata di domenica.


Il guardiano della chiusa, aiutato dall'ebanista che l'aveva chiamato, ha issato il corpo sulla sponda, e per un quarto d'ora ha praticato la respirazione artificiale, mentre l'altro telefonava alla gendarmeria.


Poco dopo sono arrivati due gendarmi e l'uno dei due ha riconosciuto Bob, che aveva visto spesso da quelle parti, di cui ignorava il nome.


- Non è lui che andava sempre i giro in canoa con una donna piccola e rotondetta?


- Si chiama Dandurand, disse l'uomo della chiusa.


- Vanno nell'albergo dei Fradin, no?


Non hanno trasportato il corpo dentro casa, ma l'hanno steso sulle pietre della chiusa coprendolo con un pezzo di telone.


Alle otto il telefono squillava al Beau Dimanche e la signora Fradin andava a rispondere.


- Pronto, signora Bianche? Parla il brigadiere Jovis. È vostra ospite una certa signora Dandurand?


- Dorme ancora. Perché?


- È suo marito l'uomo che è uscito stamattina in canoa?


- Il signor Bob, sì. Gli è successo qualcosa?


- È annegato. Sarà meglio che andiate voi stessa a svegliare sua moglie perché lo venga a riconoscere. Nel frattempo telefonerò a Melun.


John Lenauer non era ancora alzato. Due o tre coppie, tra cui i Millot, accompagnati dalla figlia, facevano la prima colazione sulla terrazza. Riri, con le mani in tasca, il berretto bianco sull'orecchio, girellava per la sala anteriore dove si trova il bar.


- Volete venire con me, Riri? Devo annunciare alla povera signora Dandurand che suo marito è morto.


Riri l'ha seguita senza riflettere. È stata lei che ha cambiato parere.


- Dato che è ancora a letto, forse è meglio che non entri con un uomo.


Ho parlato in un secondo tempo con la signora Fradin che la gente del luogo e i clienti abituali chiamano signora Bianche. Per quanto sembri strano, trattandosi della moglie di Léon Fradin che è invece una specie di bruto, lei è stata allevata in convento, e anche dietro il banco dell'albergo ne ha conservato le maniere e perfino il modo di vestire. D'altronde anche la loro figliuola è in convento, e d'estate la mandano presso dei parenti nello Cher per evitarle un contatto con la vita turbolenta del Beau Di manche.


- La porta non era chiusa a chiave. Il cuore mi batteva così forte che sono rimasta un po'ferma prima di aprirla. La signora non mi ha sentito entrare. Dormiva con un braccio steso nel posto in cui si vedeva ancora il vuoto lasciato dal marito. L'ho chiamata:


» - Signora Lulu! Signora Lulu!


» Lei ha fatto prima un movimento come per cacciare una mosca. Contrariamente alla maggior parte delle donne, sembra più giovane quando dorme e ha un broncio da ragazzina. S'è messa bruscamente a sedere sul letto nuda, e vedendomi, ha incrociato le mani sul seno domandandomi:


» - Che ora è?


» - Le otto.


» Ho visto che non capiva perché fossi in camera sua, e non sapevo come comportarmi. Ha certamente letto sul mio viso che portavo una cattiva notizia, perché ha gridato, balzando dal letto, e precipitandosi su di me:


» - È Bob, vero?


» Ho accennato di sì col capo.


» - Si è ferito?


» Non ho avuto il tempo di aprire la bocca. Lei ha gridato così forte che l'hanno sentita in quasi tutte le stanze fin sulla terrazza:


» - È morto!


» Potevo rispondere di no? Allora si è aggrappata a me affondandomi le unghie nei polsi e urlando:


» - Non è vero! Ditemi che non è vero! Dov'è? Voglio vederlo!


» Credo che se non l'avessi fermata si sarebbe precipitata fuori così com'era senza niente addosso. Le ho dato un paio di pantaloni neri e un maglione che ho trovato su una sedia. Macchinalmente ha cercato con gli occhi il reggiseno, e l'ha messo. Si è data anche un colpo di pettine mentre le spiegavo:


» - È alla chiusa di Vives-Eaux. Non so come sia successo. Il brigadiere non me l'ha detto.


» Riri ci aspettava ai piedi della scala.


» - Vorrei accompagnarvi, ha detto. Avete le chiavi della macchina?


» - Non so dove l'ha messa Bob.


» - Non importa. Prenderò l'auto di John. Lui lascia sempre la chiave infilata.


» Sono riuscita anche a farle bere una tazza di caffè prima di andare. I clienti la guardavano senza osare avvicinarsi. Li capisco. In quei casi non si sa che fare. È stato Riri che ha pensato di prendere dallo scaffale una bottiglia di rum e gliene ha versato un bicchierino. Non si è resa conto di quello che beveva e tossendo ne ha rovesciato un po' sul maglione.


» In mattinata non li ho più visti, né lei né Riri. Il signor John, quando finalmente si è svegliato - è l'unico che non ha sentito niente - è andato via con un'auto presa a prestito.


» Sono tornati tutti e tre verso le due per fare colazione. Sembra cha abbiano dovuto andare fino a Melun dove hanno trasportato il corpo.


- Hanno fatto colazione qui?


La signora Bianche ha risposto di sì. Non sapeva altro. Dopo mangiato, Lulu ha fatto la valigia e John l'ha accompagnata a Melun. Non ha potuto servirsi della sua auto, perché non sa guidare.


Riri mi ha detto ben poco. Nonostante il suo viso e la sua andatura da giovane guappo, quando si tratta delle donne ha delle delicatezze inattese.


- Lulu è una donna in gamba! si è limitato a dichiarare. Quanto al tenente avevo voglia di strozzarlo.


- Perché?


- A causa delle domande che faceva.


Il tenente della gendarmeria, che non conosco, ha pensato subito a un suicidio piuttosto che a un incidente. Sembra che uno dei suoi uomini, nel pomeriggio, usando la canoa di Bob, la corda e il peso di cinque chili, abbia lanciato quest'ultimo nell'acqua più di cinquanta volte, in tutte le maniere possibili, senza che nemmeno una volta la corda si impigliasse alla caviglia nello stesso modo in cui era avvenuto per Dandurand.


Fin dalle dieci del mattino il tenente aveva fatto trasportare il corpo alla caserma di Melun, dove aveva chiamato il medico legale. Aveva un'idea in testa? Intravvedeva la possibilità di un delitto? In tal caso le testimonianze di quelli che hanno visto Bob lasciare il Beau Dimanche e di quelli che l'hanno visto passare nel bief devono averlo fatto ricredere.


Io non penso, come Riri, che sia una specie di sadico, ma piuttosto un pignolo, uno di quegli uomini che vogliono la perfezione nei minimi particolari. È quotidianamente a contatto con ogni sorta di gente. Lulu puzzava di alcol. Coi suoi pantaloni neri aderenti, il maglione poco pulito, i capelli mezzo arruffati, più scuri alla radice poiché se li tinge, ha dovuto prenderla per quello che non è.


John Lenauer ha sentito una parte della sue domande nell'ufficio della gendarmeria dove il tenente si è seduto senza invitare gli altri a fare altrettanto. Per due volte John, furioso si è interposto, e hanno finito per farlo uscire dalla stanza, il gendarme ha perfino domandato a Lulu:


- È il vostro amante?


Prima aveva voluto sapere se aveva litigato il giorno prima con Bob, se lui aveva un'amante, quanto guadagnava come agente pubblicitario di una ditta poco nota, per la quale lavorava da due anni.


- Cosa faceva prima?


- È stato rappresentante di commercio per un fabbrica di calzature.


- A Parigi?


- Sì.


- L'hanno messo alla porta?


- No.


- Perché ha cambiato mestiere?


- Perché ne aveva abbastanza.


- Gli è capitato spesso di cambiare lavoro?


- Ogni volta che ne ha avuto voglia.


- Insomma, se capisco bene eravate voi, con i vostri cappelli a mandare avanti la barca.


- Davo la mia parte.


- La più grossa?


- Non sempre.


La domanda era resa più crudele dal fatto che il tenente sbagliava di poco. In tredici o quattordici anni ho visto Bob Dandurand in venti impieghi diversi, e non sempre di buon grado li lasciava. Non riusciva a prendere sul serio i compiti che gli imponeva la necessità di guadagnarsi la vita.


- Non glielo avete mai rimproverato?


- Cosa avrei dovuto rimproverare? Non ho mai avuto nessun rimprovero da fargli.


Una donna in gamba, aveva detto Riri parlando di lei, e in bocca sua il complimento aveva il suo pieno valore. S'era difesa coraggiosamente, o meglio, aveva difeso coraggiosamente il suo Bob contro le insinuazioni del gendarme. L'aveva convinto? Questa è un'altra storia.


- Cosa ha bevuto durante la serata di ieri?


- Vino.


- Quanti bicchieri?


- Non li ho contati.


- Beveva molto?


Cercava anche lui a suo modo una ragione per una morte che nessuno era in grado di spiegare. Quello che voleva era una verità semplice, nero su bianco.


- Era ubriaco andando a letto?


Lulu rispose a denti stretti, lo sguardi fisso:


- Non l'ho mai visto ubriaco.


- Frequentava i bar?


Il medico legale, dopo avere esaminato il corpo doveva avergli detto che Dandurand era un alcolizzato, il che nel senso medico della parola era la verità.


- Aveva dei debiti? Gli conoscevate dei nemici?


Poi, una volta di più, aveva insistito per sapere se Bob aveva delle amanti, se lei aveva degli amanti.


Quando finalmente si era stancato di porre delle domande senza risultato, Lulu aveva chiesto il permesso di portar via il corpo.


- Venite a trovarmi oggi pomeriggio. Devo prima di tutto fare il mio rapporto al procuratore.


Costui passava la giornata in casa di amici dalle parti di Corbeil, e c'era voluto un certo tempo a raggiungerlo per telefono. Quando infine, verso le quattro, e le formalità erano giunte a termine, il tenente aveva dichiarato:


- Ora dovete trovare un'ambulanza per trasportarlo, a meno che non preferiate il furgone mortuario.


C'era voluta quasi un'altra ora, perché non c'era un'ambulanza disponibile immediatamente. Lulu c'era salita col corpo del marito, rifiutando la compagnia di Riri e di John. I Parigini cominciavano a tornare dal week-end e, sulla strada di Fontainebleu le macchine procedevano in corteo, poiché la circolazione era stata bloccata per più di un quarto d'ora a causa di un incidente d'auto avvenuto dalle parti di Juvisy. Un agente in motocicletta aveva perfino parlato di requisire l'autoambulanza per un ferito, e ci aveva rinunciato solo alla vista del morto.


Nessuno me ne ha mai parlato, ma sono sicuro che non si è ballato quella sera sulla terrazza del Beau Dimanche.


- Cosa dice? mi ha chiesto mia moglie quando sono tornato a casa per il pranzo il lunedì, al ritorno da casa di Lulu.


- Cosa vuoi che dica? Sembra che Bob si sia suicidato.


- Lui? Tu ci credi?


- Per forza. Sembra che sia evidente.


- Perché l'avrebbe fatto?


- Non si sa.


Che cosa si sa degli altri in definitiva quando non si sa granché di se stessi? Ricordo che, mangiando la mia cotoletta, guardai mia moglie così fissamente che lei, un po' imbarazzata, mi domandò:


- A che pensi?


Non potendo risponderle ho mormorato:


- A niente. A tutto.


In realtà avevo avuto un pensiero ben preciso. Supponendo che fosse stato il mio corpo, invece di quello di Bob Dandurand, a essere ripescato dalla Senna, sotto lo sbarramento di Vives-Eaux, cosa avrebbe risposta Madeleine alla domanda che poco prima mi aveva rivolto:

- Perché l'avrebbe fatto?

Ho cercato di immaginare le sue risposte, quelle dei miei amici, dei miei clienti, di tutti quelli che mi avvicinano più o meno regolarmente, e sono convinti di conoscermi. Ho sentito un brivido nella schiena, perché d'un tratto mi sono reso conto di essere solo al mondo.

Capitolo 3


È stata la portiera, con la complicità della vecchia beghina proprietaria dell'inginocchiatoio che ha architettato tutto. L'una e l'altra sembra che vadano pazze per il vicario della parrocchia, che avvertono appena qualcuno nel casamento si ammala, di modo che un inquilino non può essere costretto a letto senza vedere al suo capezzale il prete.


Non ho mai discusso di religione con Dandurand. Ma so che non andava a messa e altrettanto faceva Lulu.


Quando mia moglie lunedì pomeriggio si è recata in rue Lamarck vi ha trovato l'abate Doncoeur, più alto e robusto di tutti quelli che lo circondavano, che discuteva con Lulu mentre un tipografo aspettava il testo definitivo delle partecipazioni. Ho ricevuto la mia martedì a mezzogiorno. Le quattro lavoranti si erano messe d'impegno a scrivere gli indirizzi. La partecipazione annunciava il funerale per mercoledì alle 10, con assoluzione nella chiesa Saint-Pierre de Montmartre. L'abate Doncoeur ha chiesto una dispensa al suo vescovo, oppure il fatto che il suicidio non fosse formalmente provato è bastato ad aprire le porte della chiesa alla spoglia di Dandurand?


Una frase che Lulu mi ha detto più tardi mi ha fatto pensare che si sia lasciata forzare la mano senza troppa difficoltà.


- Credo che anche lui avrebbe preferito che tutto si svolga secondo la norma, se non altro perla sua famiglia.


Quando l'indomani mattina, alle dieci meno un quarto, sono andato in rue Lamarck con mia moglie, non sapevo quasi niente della famiglia Dandurand. Bob non vi alludeva mai, come non parlava mai della maniera in cui era stato portato a stabilirsi a Montmartre. Tuttalpiù ogni tanto ricordava di esserci cimentato come cantante senza il minimo successo in un locale vicino a place Bianche.


Raramente ho visto una giornata estiva più gloriosa di quella. Il sole era accecante come nei giorni precedenti, con una brezza paradisiaca che comunicava al fogliame degli alberi lo stesso fremito voluttuoso che dava ai vestiti leggeri delle donne. Molta gente era ferma davanti alla casa dei Dandurand, la cui porta era addobbata di nero, e la camera ardente era stata sistemata nel negozio che non si riconosceva più.


Molti visi mi erano familiari. C'erano i vicini, alcuni clienti di Lulu e gli uomini che Bob era solito incontrare nei bistrot, quelli con cui giocava a carte. Justin, il padrone del caffè di place Constantin-Pecqueur, indossava un abito nero e una camicia inamidata; era così in ordine, così importante, stringeva tante mani che sembrava il personaggio principale della cerimonia.


Il lunedì mi ero chiesto dove avrebbe dormito Lulu nelle due notti che la separavano dal funerale, perché il corpo di Bob era ancora nella stanza da letto. C'era un divano contro un muro dell'atelier, ma era duro, stretto, e sapevo che non l'avrebbero lasciata sola in casa.


Quando ne ho parlato a mia moglie, lei ha detto:


- È tutto sistemato. Andrà in casa della signorina Berthe.


Senza riflettere ho risposto:


- Ma non c'è che un letto.


- Due donne possono dormire nello stesso letto, no?


La cosa mi dava comunque un senso di disagio. Ho cercato di immaginarle nel l'apparta mento troppo lucido della zitella, mentre Bob restava solo nella stanza dietro il negozio. Non riuscivo a vedere Lulu, abituata a dormire con suo marito, urtare la notte contro il corpo magro della signorina Berthe. Ho provato un malessere simile al funerale, qualcosa di indefinibile mi ha colpito, non so cosa di preciso, uno strano miscuglio di rispetto per la tradizione e di non conformismo.


Le partecipazioni, la camera ardente, l'assoluzione in chiesa, tutto ciò fa parte delle convenzioni. Non il corpo abbandonato per due notti dietro le imposte chiuse, e altri particolari che non è possibile citare perché ognuno in sé è insignificante. Per esempio, quando sono entrato in casa per inginocchiarmi l'ultima volta davanti alla bara, Lulu non era nella camera ardente. Ho socchiuso la porta dell'atelier e l'ho sorpresa in piedi davanti a uno specchio, con una delle sue lavoranti che le appuntava in testa un cappellino nero e bianco. Appariva stanca, ma meno di quanto avrei immaginato, e ciò non le impediva di avere occhi per tutto.


- Il carro funebre è arrivato? mi ha domandato inquieta.


- Non ancora.


- Arriverà tra poco. Avete visto la folla per strada, Charles?


Ho visto quasi sempre Lulu vestita di chiaro sia d'inverno che d'estate, tranne che con i pantaloni che, non so perché, aveva adottato a Tilly. Per la prima volta la vedevo tutta in nero. La sua sarta deve averle fatto il vestito per la circostanza, e, col pretesto del caldo, aveva scelto una seta opaca leggerissima.


- Sei sicura, Louise, che non ci voglia qualcosa di bianco intorno al collo?


Louise, la seconda lavorante, rispose reggendo degli spilli tra le labbra:


- Stonerebbe col bianco del cappello.


Anche la pettinatrice era andata da Lulu, o Lulu era andata da lei. I suoi capelli erano di un rosso più acceso del solito. Di natura era castano chiaro, ma da quando la conoscevo si tingeva in biondo ramato. Poiché di anno in anno accentuava sempre di più il colore, adesso era arrivata a un rosso fiamma.


Un bicchiere di liquore era posato sul tavolo a portata di mano. Probabilmente non era stata lei a chiederlo. Dovevano averle detto:


- Tirati su. Ne avrai bisogno tra poco.


Mi ha domandato:


- Sua sorella è ancora di là?


Così io ho saputo che la signora alta e distinta che avevo visto nella penombra della camera ardente, era la sorella di Bob. Mi ha fatto meno impressione lei dei figli che l'accompagnavano, soprattutto del ragazzo di una ventina d'anni, talmente somigliante a Bob che durante l'assoluzione non ho potuto staccarne lo sguardo. Mi aspettavo senza ragione di vedere dei bambini dell'età dei miei, e invece erano già un ragazzone e una ragazza che sembravano un po' sconcertati di scoprire un mondo nuovo.


L'avvocato Pétrel, il marito, non era in rue Lamarck. Ha raggiunto il corteo lungo la strada e si è infilato vicino alla moglie in prima fila. È un uomo piccolo, magro, brizzolato, che porta la rosetta della Legion d'onore e ha un certo tono.


Tuttavia meno di sua moglie e dei suoi figli. Anche la sorella di Bob era in nero, ma il suo vestito era di una classe talmente diversa da quella di Lulu, che questa diventava di una volgarità imbarazzante.


Ho osservato poco la figlia, che ha la banalità di quella che si chiama una ragazza bene educata.


Il mio pensiero torna al ragazzo, Jean-Paul, come ho saputo più tardi. Ha avuto occasione di incontrare lo zio durante le rare visite che questo faceva in boulevard Pereire? Dandurand non faceva in modo da trovarsi a quattr'occhi con la sorella. Nel primo caso doveva essere emozionante per ambedue trovarsi di fronte l'uno all'altro, più somiglianti della maggior parte dei padri e dei figli. Un'altra cosa sarebbe stata interessante, confrontare il loro modo di fare. Bob si era assimilato a Montmartre al punto che ne aveva i minimi tic e ne affettava il gergo insieme a una cinica disinvoltura che in boulevard Pereire poteva essere giudicata soltanto di cattiva lega.


Jean-Paul, invece, possedeva un'elegante disinvoltura temperata appena da un'ombra di timidezza. Era alto come sua madre e per tutto il tempo della cerimonia si occupò di lei con attenzioni da innamorato.


La maggior parte dei clienti abituali di Tilly era presente, compreso Léon Fradin, in nero, cravatta nera sulla camicia bianca, la faccia e le mani color di terracotta.


Al momento di formare il corteo ci fu, come sempre, un certo ondeggiamento. Lulu, naturalmente, è andata a mettersi dietro il carro funebre, mentre il maestro di cerimonia, a cui non aveva dato il tempo di accompagnarla, guidava al loro posto la signora Pétrel e i suoi figli.


Le due donne si erano parlate in casa? Non ne so ancora niente. In realtà il lunedì pomeriggio, quando era arrivata da Dieppe, mentre il disordine era al colmo, la signora Pétrel si era subito avvicinata a Lulu, che aveva riconosciuto sia per le fotografia che Bob le aveva fatto vedere, sia per la descrizione che egli gliene aveva fatto.


- Sono sua sorella, aveva detto.


Una volta entrata nella stanza, era rimasta una decina di minuti in raccoglimento, senza piangere, senza dire una parola, mentre Lulu non sapeva come darsi un contegno. Andandosene, si era limitata a mormorare:


- Mi farete sapere la data e l'ora della cerimonia.


Quella mattina non aveva rivolto la parola a nessuno, tranne a tre signori che Lulu non conosceva. Due di una certa età e uno molto vecchio che gli altri salutavano con rispetto.


Proprio nel momento in cui il carro funebre si muoveva, Lulu si era voltata, forse imbarazzata per trovarsi sola in prima fila con la famiglia del marito. Aveva rivolto un segno a qualcuno che si trovava dietro di me, e non avendo risposta, era andata a prendere la signorina Berthe, costringendola a prendere posto vicino a sé.


Formavamo un piccolo gruppo, con John Lenauer, Riri e la piccola signora Millot, il cui marito non aveva potuto venire, e Léon Fradin ha finito per unirsi a noi.


Non so quante persone ci fossero nel corteo; ne valuto il numero ad almeno trecento, perché voltandomi, ho visto la strada nera per più di cento metri.


Abbiamo superato lentamente l'avenue Junot e la gente salutava al passaggio del carro funebre, che poi è entrato nella stradina della Butte raggiungendo poco dopo place du Tertre.


La piazza, nonostante l'ora mattutina, era già coperta di tavoli con le tovaglie e quadri rossi e di parasoli. Un autobus gremito di stranieri era fermo davanti alla sfilata di tavoli di un caffè, e una ragazza alta con pantaloncini corti scattò delle fotografie.


La guardia campestre del comune era presente, con la camicia azzurro chiaro, il tamburo e il képi. Conosceva bene Bob. Devono essere andati spesso a bere insieme un bicchiere. Non so se si fosse messo in uniforme per l'occasione. Fatto sta che nel momento in cui il feretro entrava in chiesa, si è irrigidito come un soldato in parata, e ha fatto rullare il tamburo.


Mentre le donne entravano tutte in chiesa, molti uomini restavano fuori, la maggior parte certamente per precipitarsi verso i bar dei dintorni.


Lulu e la signorina Berthe si sono trovate sole in prima fila a un lato del catafalco, mentre i Pétrel stavano al lato opposto. Lulu aveva avuto veramente torto farsi tingere i capelli alla vigilia del funerale. Anche la sarta aveva avuto una cattiva ispirazione nello scegliere quel modello aderente come i pantaloni di Tilly. Era il contrasto della seta nera col sole? Non so, ma Lulu non mi è mai sembrata così nuda: dava l'impressione di non avere altro addosso oltre il vestito.


Avevano lasciate aperte le porte della chiesa, di modo che i rumori esterni si mescolavano alla musica dell'organo e ai canti liturgici. L'abate Doncoeur officiava, alto, muscoloso, talmente robusto che su di lui la sottana e la cotta facevano l'effetto di un travestimento. Per strada, poco prima, dietro la croce portata da un chierichetto, camminava a gran passi come un giocatore di football, declamava versetti con voce forte e guardava i passanti negli occhi, come per sfida.


Il sole fuori e la penombra della chiesa formavano un gustoso contrasto, e nella frescura che regnava sotto le volte vagavano dei soffi d'aria tiepida che avevano l'odore della città.


Gli uomini rimasti fuori sulla place du Tertre entrarono in chiesa per l'Offertorio.


Soltanto la famiglia si recò al cimitero nel carro funebre motorizzato, con l'abate Doncoeure il suo accolito, perché in mancanza di posto al cimitero di Montmartre, Bob Dandurand sarebbe stato sepolto a Thiais.


Quei carri funebri mi fanno sempre pensare a dei carri a panche. Lulu ha voluto che la signorina Berthe salisse con lei. Aveva l'aria di cercare qualcuno con gli occhi e sono certo che, se ci fosse stato posto, avrebbe chiamato le sue altre tre lavoranti.


Avvenne la stessa confusione di quando ci eravamo mossi da rue Lamarck. Si riformavano dei gruppi. Alcuni si dirigevano apertamente verso i tavolini dei caffè all'aperto e una fioraia offriva i suoi mazzetti. Ci ritrovammo insieme, mia moglie, John Lenauer, Riri e la signora Millot, e John parlava di offrirci un aperitivo quando vidi Adeline sola sull'orlo del marciapiede, che guardava nella mia direzione.


Avevo lasciato la mia auto un rue Caulaincourt, dovevo fare due visite prima di tornare a casa. Dissi a mia moglie e agli altri:


- Vi saluto.


- Non bevete qualcosa in piedi?


Feci segno di no. Adeline si era incamminata verso le scale di rue du Mont-Cenis, e la raggiunsi in quattro salti. Se aveva qualcosa da dirmi gliene fornivo così l'occasione.


- Tornate in rue Lamarck? le domandai.


- No. Oggi pomeriggio non si lavora. Torno a casa in rue Championnet.


- Vivete con i vostri genitori?


Mi guardò sorpresa, quasi con aria di rimprovero.


- Anche se volessi, sarebbe difficile. Abitano nel Finistère.


Sembrava meno giovane quando parlava, come se la sua voce fosse troppo matura per il suo corpo e il suo viso.


- È finita, sospirò, col tono di chi constata un fatto, dopo qualche passo in silenzio.


Le gente ci superava. Non camminavamo in fretta e lei dondolava la sua borsetta aN'estremità del braccio come le ragazze che passeggiano con l'innamorato. Fui sul punto di chiedere:


- Che cosa è finito?


Ma capivo il suo stato d'animo. Col viso serio inseguiva la sua idea:


- È sicuro che si sia suicidato?


- Sicuro quanto si può esserlo in un caso simile.


- È strano, mormorò allora.


Sentivo che aveva voglia di continuare e esitava. Per aiutarla feci una domanda.


- Quando l'avete visto per l'ultima volta?


Dando alle parole un peso particolare, rispose:


- Sabato pomeriggio.


Stava qui il suo segreto. Mi ero domandato spesso come Bob aveva impiegato quel pomeriggio che era l'ultimo della sua vita. La signorina Berthe mi aveva risposto che probabilmente aveva giocato a carte da Justin.


Allora chiesi ad Adeline:


- Era da voi Bob, quel pomeriggio?


Fece segno di sì, e dopo un silenzio, aggiunse:


- Abito in camera ammobiliata e ricevo chi mi pare. Veniva spesso a trovarmi, specialmente il sabato pomeriggio. La padrona lo sa. Non è mai stata gelosa.


- Ha saputo anche di sabato scorso?


- Non me ne ha parlato. A causa di quello che è successo l'indomani a Tilly, ho creduto bene non dirglielo.


- Si è fermato molto con voi?


- Non si fermava mai molto.


- Era innamorato?


Alzò le spalle, sorpresa che le facessi quella domanda che non si aspettava da me.


- Non contavo più delle altre. Faceva l'amore, accendeva una sigaretta e tutto finiva lì. Non gli serbo rancore. Preferisco che vada così, senza complicazioni.


C'era qualcosa, ne ero certo, che non mi aveva ancora detto, e che aveva voglia di dirmi.


- Si è comportato come le altre volte?


- Più o meno. In principio la differenza non mi ha colpito. Arrivando, cominciava a scherzare, e scherzava di nuovo al momento di andarsene.


- Sabato scorso non lo ha fatto?


- Non nello stesso modo. Mi è sembrato più appassionato del solito. Proprio nel momento in cui si alzava dal letto ha detto:


» - È idiota!


» - Che cosa è idiota? gli ho chiesto. Fare l'amore con me?


» Lui ha riso in modo strano.


» - No, non ci far caso. Sei una brava ragazza. E, in fondo, meritavi di meglio.


» - Qualcuno meglio di te?


» - Parlo da solo, come i vecchi.


» Si è rivestito fischiettando. È una mania che mi ha sempre urtato i nervi. Poi ha acceso una sigaretta e me ne ha offerta una. Ero rimasta sdraiata perché contavo di dormire quando fossi rimasta sola. Sembrava che prima di andarsene avesse voglia di dire qualcosa ma non trovasse le parole.


» - In definitiva, ha cominciato, il mondo è pieno di gente che...


» Poiché si era fermato ho insistito:


» - Che?


» - Niente. È troppo complicato. Non serve a niente pensare.


» Si è avvicinato al letto, e prima di baciarmi mi ha guardato a lungo dalla testa ai piedi. La sua espressione era così diversa dal solito che ne ho avuto un po' paura.


» - Anche Lulu è una brava ragazza, ha sospirato. Tu sei ancora così giovane...


» Ho risposto scherzando:


» - Giovane e appassita.


» Mi è sembrato dispiaciuto. Vedeva che prendevo in giro lui e me stessa. Di solito era il primo a ridere di tutto, soprattutto di ciò che non fa ridere gli altri, di ciò che la maggior parte della gente rispetta. Quando incontrava un prete per strada, l'ho sentito esclamare con una scappellata:


» - Salve, curato!


» Ora, a causa della mia battuta ho visto i suoi occhi incupirsi. Aveva le pupille chiare, ve lo ricorderete, di un grigio azzurro che si trova raramente negli uomini, ma che a volte potevano diventare grigio cupo, come una nuvola temporalesca.


» È durato poco. Invece di baciarmi sulla bocca, mi ha posato le labbra sulla fronte. Adesso mi dispiace che ciò mi abbia fatto ridere. Se avessi saputo, non avrei detto per via di quel bacio:


» - Arrivederci, papà!


» Era veramente seccato o no? L'ho visto solo di schiena mentre si dirigeva verso la porta. La aperta per uscire e non si è voltato, poi si è fermato per le scale per riaccendete la sigaretta che aveva lascito spegnere.


» Avevo bisogno di parlarne a qualcuno. Adesso è fatta. Già lunedì, quando siete venuti in rue Lamarck, ho avuto l'impressione che cercaste di capire. Sono quasi sicura che avesse un'idea in testa, e che quando è entrato nella mia stanza la sua decisione fosse già presa.


Si è voltata verso di me e mi ha guardato con insistenza.


- Capite l'effetto che mi ha fatto?


Credevo di capire, benché non si spiegasse molto. Era l'ultima donna che Bob aveva tenuto tra le braccia. Egli non ignorava, entrando nella sua stanza, che era l'ultima volta che avrebbe fatto l'amore. Anch'io giurerei che abbia messo a punto ogni particolare. La domenica mattina non ha agito in un momento di scoraggiamento o per un impulso improvviso.


Avendo deciso di morire, ha deciso di farlo decentemente. Faceva parte del suo carattere. Deve aver considerato tutte le forme di suicidio, cercando quella che avrebbe fatto passare la sua morte per un incidente.


Si preoccupava del giudizio di sua sorella e della gente del boulevard Pereire? Non so, ma non credo. È per Lulu che ha organizzato la sua messa in scena, perché non sapesse.


La pesca non gli è mai piaciuta, e non era uomo di alzarsi allegramente alle quattro o alle cinque del mattino. La pesca al luccio gli forniva una scusa plausibile per trovarsi solo nella canoa quando il bief era quasi deserto. Se avesse girato la corda attorno alla caviglia una volta sola invece di due, sono convinto che nessuno, nemmeno il tenente della gendarmeria avrebbe sollevato la questione del suicidio.


Eravamo all'angolo di rue Caulaincourt con rue du Mont-Cenis, Adeline ed io, e la maggior parte della gente che passava era quella che aveva preso parte al funerale.


- Lui sapeva, disse la ragazza guardando il marciapiede, eppure era nel mio letto. Credo che dovrà passare un po' di tempo prima che permetta a un uomo di prendermi tra le braccia.


Il labbro inferiore le si gonfiava come se stesse per piangere. Le ho preso il braccio.


- Finirete per non pensarci più, le ho detto senza troppa convinzione.


Probabilmente alcune immagini di Bob le sarebbero tornate alla mente più di una volta, rovinandole dei momenti che avrebbero potuto essere piacevoli.


Solo nel momento in cui stavo per salutarla si decise a vuotare il sacco, correggendo con un sorriso ironico ciò che la sua frase poteva avere di sentimentale.


- Se si fosse mostrato così com'era invece di far sempre il clown avrei potuto innamorarmene.


Quella frase mi ha colpito. Mi torna spesso alla memoria quando penso a Bob Dandurand. In fondo l'atteggiamento di Adeline ha alcune analogie con le mie reazioni.


Non ho mai pensato in particolare a un clown ma, finché Bob ha vissuto non l'ho mai preso molto sul serio. Di tutti quelli che frequentavano i Dandurand a Tilly o dietro il negozio di rue Lamarck ce n'erano molti che lo prendevano sul serio? Si era tentati di dare peso alle parole e alle opinioni di Lulu piuttosto che alle sue.


In una città come Parigi, dove quattro milioni di esseri umani vivono a fianco a fianco, continuamente a contatto, la parola amico non ha lo stesso senso che altrove.


Per me Bob era un amico come lo è John Lenauer, come Gaillard, quasi come lo sono i Millot perché ci hanno invitato due o tre volte a cena e a fare un bridge. Ma al di fuori di ciò che vogliono lasciarci vedere di intimo, non sappiamo quasi niente di loro.


Poca gente ha tanti amici di questo genere, quanti ne hanno i Dandurand, per molte ragioni, in particolare perché la loro casa era sempre aperta e si era sicuri, in qualunque giorno o in qualunque ora di trovarvi della compagnia. È più raro di quanto sembrerebbe a prima vista, quando si ha un'ora libera, poter dire:


- Si va dagli Untel.


Non erano quasi mai fuori, praticamente mai. Non si aveva l'impressione di disturbare. Non c'era niente da sporcare, da macchiare. Non si disturbava né il lavoro né la pace di nessuno. La prima frase di Bob era invariabilmente:


- Un bicchiere di bianco?


A volte, quando c'erano molte consegne da fare, le operaie lavoravano fino a tardi, senza trovare e ridire che si chiacchierasse attorno a loro o che le si punzecchiasse.


Era un po' un terreno neutro, come un caffè, ma un caffè in cui ognuno era libero di agire e di parlare a modo suo con la certezza di non urtare nessuno.


Io ho incontrato gente appartenente a classi sociali molto diverse, un giudice di pace, tra l'altro, piccolo e tondo, calvo che si sedeva timidamente in un angolo e stava immobile tutta la sera, contento di poter stare lì in un'atmosfera di pigra trascuratezza. Forse era proprio per creare quel l'atmosfera che Bob lanciava ogni tanto un paradosso sbalorditivo, una frase che in qualunque altro luogo sarebbe sembrata sacrilega, o una parola cruda che, detta da lui in casa sua, non faceva arrossire.


Non è molto che mi domandavo com'è successo che mia moglie ed io abbiamo cominciato a frequentare rue Lamarck, e ho dovuto fare uno sforzo di memoria per ricordarmene. Un po' prima della guerra ci eravamo fermati per caso al Beau Dimanche, e avevamo preso l'abitudine di andarci quasi regolarmente quando il tempo era buono. Se la signora Bianche non ci considerava ancora suoi clienti e non mi chiamava ancora signor Charles, cominciava tuttavia a guardarci con occhio favorevole. Certo, non ci riservava la stessa stanza ogni sabato, favore di cui godevano solo i vecchi clienti, ma trovava sempre modo di alloggiarci aN'ultimo momento.


I nostri figli a quell'epoca non erano nati. Mi ricordo le occhiate che mia moglie mi lanciava la sera sulla terrazza, quando per caso eravamo seduti non lontano dal tavolo che riuniva i Dandurand, John, Riri, Yvonne Simart e altri che in seguito hanno cessato di venire a Tilly.


Le bottiglie di vino bianco sfilavano a una velocità impressionante, e Bob e John facevano a gara a inventare gli scherzi più pazzi e stravaganti.


Dormivamo, un sabato sera, quando hanno bussato timidamente alla nostra porta. In pigiama, senza accendere la luce, sono andato ad aprire, e ho visto Bob, a sua volta in pigiama, illuminato solo dalla luna.


- Mi hanno detto che siete medico, mormorò con imbarazzo.


Non l'avevo mai visto imbarazzato fino ad allora, e non credevo che potesse esserlo.


- Mia moglie non si sente bene. Ha dei terribili dolori che l'hanno colta un'ora fa e adesso non ne può più.


Occupavano già la stanza in cui sabato ha passato la sua ultima notte.


- So che non è corretto disturbare un medico in vacanza, ma mi sono detto...


Non avevo con me la mia borsa. Mi sono limitato a infilare la vestaglia e l'ho seguito. Lulu, nuda sotto il lenzuolo, aveva le labbra bianche e il viso molle di sudore e teneva le mani stratte sul basso ventre.


- Vi è già capitato di avere di questi dolori?


Mi fece segno di sì e il suo sguardo mi supplicava di porre fine al suo martirio. Ho tastato l'addome per assicurarmi che non si trattasse di appendicite e cominciavo a cercare i contorni del fegato, quando lei mi disse, quasi a denti stretti :


- Non è lì.


Dunque l'avevano visitata in uguali circostanze, e sapeva cosa significavano i miei gesti.


- Sto abortendo, finì per dire, lanciando uno sguardo di angoscia al marito.


Ho pregato quest'ultimo di andare a prendere una borsa di acqua calda, e credo che abbia svegliato la signora Fradin. Poi l'ho mandato a Corbeil in macchina con una ricetta. I dolori non erano continui, venivano a ondate più o meno come i dolori del parto, ma più violenti. Nelle pause, Lulu mi parlava, come avrebbe parlato a chiunque per farsi coraggio e distrarsi.


- È la quinta volta, dottore. L'ultima il dottore mi ha avvertito che se mi fosse successo ancora, rischiavo di morirne.


- Questa volta non morirete, ve lo prometto.


- Siete sicuro?


- Chi è il medico che ve l'ha detto?


Mi citò il nome di un mio collega che ha lo studio in rue Lepic.


- Voleva che avvertissi mio marito perché facesse in modo che non avvenisse più.


- Vostro marito ha rifiutato di prendere le dovute precauzioni?


- Non gliel'ho detto.


- Perché?


Nuovi spasimi l'hanno scossa. Quando si è calmata, ho domandato:


- Desiderate un figlio?


Ha risposto di sì, ma non era un sì categorico. Se era una delle ragioni del suo comportamento non doveva essere Tunica.


- Vostro marito ne desidera?


- Non me ne ha mai parlato.


Ho creduto di capire e non ho avuto il coraggio di insistere. Lulu guardava intensamente, spiando le mie reazioni. Sono convinto che aveva capito che avevo indovinato, e mi è stata riconoscente di non parlarne.


Dopo quella notte ha sempre avuto una completa fiducia in me. Bob è tornato con le medicine prescritte, che mi hanno permesso almeno di attenuare i dolori. È sembrato contento di trovarmi al capezzale della moglie con una sua mano nella mia e di vederla sorridermi.


Due settimane dopo facevamo parte del gruppo che avevamo giudicato tanto rumoroso e in autunno andavamo a cena per la prima volta in rue Lamarck insieme al pittore Gaillard.


Nella primavera seguente Lulu ha avuto un altro aborto, meno pericoloso, ed è andata di nuovo a farsi visitare dal medico di rue Lepic.


Bob Dandurand mi ha domandato:


- È un buon dottore?


- Non posso dirne niente di male.


Mi ha guardato con gran serietà e ha mormorato:


- Grazie.


Un anno dopo Lulu venne nel mio studio perannunciarmi che era di nuovo incinta.


- Non vi dispiace prendermi come paziente?


Sono stato costretto a dirle, dopo averla visitata che con ogni probabilità la sua gravidanza sarebbe andata a finire come le altre.


- Adesso ci sono abituata. Ogni volta è un brutto momento da superare, ma dopo non ci penso più.


- È anche un grosso rischio.


- Lo so.


Dopo, per quanto ne so, Lulu ha avuto altri quattro aborti. Per il secondo, a causa di alcune complicazioni, ho dovuto farla entrare in una clinica dove è rimasta tre settimane, e quando è uscita pesava meno di quaranta chili. Era così magra che con la sua statura al di sotto della media, aveva l'aria di una ragazzina.


- Non importa, Charles, mangerò il doppio per tornare come prima. Farò presto.


Quando ho cercato di parlarle come il suo medico di rue Lepic, mi ha risposto alzando le spalle:


- Non varrebbe la pena di essere sua moglie!


Mia moglie non ha mai conosciuto questa parte professionale dei nostri rapporti. Sa soltanto che, come molte donne, Lulu ha dei disturbi che richiedono ogni tanto delle cure mediche.


Forse, se l'avessi ascoltata avremmo diradato le visite ai Dandurand. Da quando abbiamo dei figli soprattutto, si offende facilmente, e tende a un genere di vita più convenzionale. Gli stessi scherzi che qualche anno fa la facevano ridere, provocano in lei soltanto un aggrottare di sopracciglia, e Montmartre che in principio le piaceva, comincia a spaventarla.


Adesso che Bob è morto, mi aspetto che mi esponga delle buone ragioni per diradare le visite in rue Lamarck e perfino per non andarci più.


Quando sono tornato a prendere la macchina, il marciapiede di rue Lamarck era deserto.


I tappezzieri avevano finito di togliere i tendaggi neri e argento. Le imposte del negozio dipinte in azzurro cielo erano chiuse, e su quella di sinistra c'era ancora l'annuncio mortuario.


Sono entrato da Justin perché avevo sete. Justin non si era cambiato, si era limitato a togliersi la giacca e rimboccarsi le maniche della camicia così bianca. Portava bretelle violette.


- Cosa bevete? mi ha chiesto con la stessa voce con cui al mattino doveva aver presentato le sue condoglianze.


Ho chiesto un vermut. Non so perché non ho chiesto un bicchiere di vino bianco di cui avevo voglia. In piedi, davanti al banco, c'era qualche operaio in tenuta da lavoro.


- Quello che mi fa piacere è che abbia avuto un bel funerale. Avete sentito il tamburo?


II carro funebre doveva essere arrivato a Thiais, dove le tombe si stendono a perdita d'occhio sotto il sole, mentre nel cielo, senza una nuvola, rombano gli aerei di Orly.


- Sarà duro per lei! sospirò Justin brindando con me. Uomini come lui non ce n'è dieci in tutto Montmartre.


- È venuto qui, sabato scorso?


- Verso le quattro. Ha avuto il tempo di fare una partita con Hubert, il fattorino e me, in quell'angolo dietro alla porta.


C'era andato uscendo dalla casa di Adeline.


- Non ha detto niente di particolare?


- Era come il solito. Solo che, nonostante abbia vinto, come succedeva quasi sempre, ha voluto pagare da bere.


- Perché?


- Non l'ha detto. Nessuno ha insistito.


Mi rendevo conto, d'un tratto, che nei piccoli caffè che frequentava, si aveva per Bob, il gran Bob, come lo chiamavano, un rispetto di cui di solito quella gente è avara.


- Nessuno mi toglie dalla testa che era malato. E lo sapeva, e che non ha voluto condannare sua moglie a curarlo per degli anni.


- Andava da un medico?


- Non me ne ha parlato. Da qualche tempo aveva una maniera particolare di guardarsi nello specchio che è dietro le bottiglie. Quando un uomo del suo tipo comincia a guardarsi negli specchi, credetemi, non è un buon segno.


La verità di quanto aveva notata mi colpiva. Mi sorpresi a guardarmi nella stesso specchio, che era vecchio, appannato e rifletteva un'immagine poco lusinghiera.


- Gli capitava spesso?


- Perché me ne sia accorto, bisogna che sia avvenuto molte volte. Aveva raggiunto l'età in cui si comincia ad avere della noie. Sostengo che gli uomini attraversano gli stessi periodi difficili delle donne, verso i quarantacinque o i cinquantanni e se giudico da quello che ho dovuto subire dalla padrona...


Riempì il mio bicchiere senza domandarmi niente.


- Penso che andranno a mangiare in un albergo che è vicino al cimitero. Ce n'è uno in cui non si mangia male. Ci sono andato due o tre volte accompagnando dei clienti...


Brindò di nuovo con me.


- Alla salute di Bob!


Poi, chinandosi sul banco bagnato:


- Avete visto la sorella?


Feci segno di sì.


La signora Pétrel aveva fatto una grande impressione, e tutto il quartiere l'aveva notata.


- Ho sempre sospettato che non fosse un uomo qualunque. Un pomeriggio c'era qui un noto avvocato che si ferma ogni tanto a bere un bicchiere. Si sono messi a discutere di cose che non capisco, e ho visto che il signor Bob ne sapeva quanto l'altro.


La moglie uscì dalla cucina, i capelli grigi arrotolati a crocchia, il ventre sporgente.


- È ora che tu ti vada a cambiare, Justin. Dove hai messo i tuoi gemelli?


Li aveva messi in un bicchiere, dietro il banco, e mi salutò strizzandomi l'occhio.


Capitolo 4