La Democrazia a volte va difesa anche da sé stessa
Joze Jechich J.J
Dico la mia partendo con una frase che può apparire ad effetto: la Democrazia a volte va difesa anche da sé stessa.
Questo perché la Democrazia è baricentro, stato di equilibrio tra due estremi: da un lato lo “stato brado” (una società atomistica lasciata a sé stessa, abbandonata al degrado laddove il degrado è assenza dello Stato e di regole condivise e quindi impunità morale e penale), e dall’altro lo stato di negazione dei diritti dell’altra (una società irreggimentata e totalitaristica in senso politico, etnico o religioso).
Il problema è che, trattandosi di una sovrastruttura sociale la Democrazia è soggetta a spinte e controspinte in un senso o nell’altro, con conseguente tendenza a perdere la propria centralità sull’asse immaginario che la divide dai due estremi.
Per tale ragione credo che, quando tali movimenti avvengono, sia necessario apporre dei correttivi in senso opposto, tali da ristabilire l’entropia precedente.
E tanto più è accentuato lo scivolamento verso un estremo, tanto più deve essere energico il correttivo: anche a costo di “tradire” ideologicamente i principi assoluti, ontologici della Democrazia.
Anche a costo di punire i danneggiatori della Democrazia con la proporzionale severità di un buon padre di famiglia. Ad esempio non è pensabile che una società democratica per essere considerata tale dai demiurghi del Pensiero, debba per forza introiettare dentro di sé, nei tempi della cronaca, ogni istanza massimalista di qualsiasi minoranza etnica o sociale, perché in tal modo si farebbe torto alla maggioranza più prudente e moderata che rivendica invece altre priorità.
Allo stesso modo, i modelli più conservatori, spesso percepiti come rassicuranti, non devono essere considerati inviolabili solo perché tradizionali, in quanto in questo caso si finirebbe per negare legittimità anche al progressismo illuminato, ovvero a quelle istanze migliorative più ragionevoli, sovente osteggiate da ambedue gli estremi (per eccesso o per difetto).
Questo non significa che la Democrazia debba essere qualcosa di perennemente immobile ed immutabile, cristallizzato all’interno di un corpus di regole intoccabili e quasi totemiche.
Al contrario. Proprio in quanto sovrastruttura sociale di un sistema umano in perenne evoluzione (nel bene e nel male), la Democrazia deve fare in modo di percepire i mutamenti in corso nella società ed accompagnarli armoniosamente, gradualmente, in modo da provocare meno traumi possibile.
Accompagnarli, non precederli: quello è compito delle avanguardie.
Accompagnarli, non resistere: quello è tipico della reazione che si arrocca in retroguardia.
Quindi un movimento di rinnovamento scalare ma costante: né le corse in avanti che disorientano e producono l’effetto contrario favorendo paradossalmente le retroguardie, né l’arroccamento su posizioni di principio oramai obsolete e non più al passo coi tempi.
Questo in teoria e nel migliore dei mondi possibile.
Ma d’altra parte, quale è l’alternativa?