martedì 31 gennaio 2017




INCOMPETENZA?
Ma davvero pensiamo che il decreto sulla immigrazione di Trump, sia frutto di incompetenza e confusione nella gestione. Io credo che la comunicazione e l'azione destabilizzante siano atti volontari e studiati con delle finalità precise. Anche il sembrare goffo e sprovveduto credo che sia calcolato. L'incertezza dell'azione amministrativa è fatta per dare una bella "scrollata" e cambiare la macchina che oggi rema contro. Penso che siano le prime fasi per poi stabilizzare il controllo. Vedremo se ce la farà. Berlusconi si è fatto fregare dall'apparato. Ma siamo in Italia.


NO AI MURI?
Ma a volte i muri sono un male necessario: penso a quello costruito da Israele per bloccare l’arrivo di kamikaze palestinesi durante la seconda Intifada, tra il 2000 e il 2005. Da quando fu realizzato, le vittime diminuirono dalle 400 nel 2001 alle 70 nel 2003.
Così come è bello emozionarsi aderendo a quella retorica dell'accoglienza del fratello da ovunque arrivi, delle frontiere che devono sparire, della Terra che è fatta per tutti. Meno emozionante parlare della realtà del avoro che non si trova, dell'assistenza che non ce la fa, delle risorse che sono limitate, di culture che ci vorranno generazioni per conciliarle se saranno conciliabili, di necessità di case, sostentamento, istruzione, futuro, etc.

:P
"Se alzi un muro, pensa a ciò che resta fuori."
Italo Calvino
(Dedicato a un potente a caso)


LEADERISMO
Possiamo fare a meno del leader?. L'anti-leaderismo di una certa sinistra ha senso?. L'impatto dei media sulla nostra percezione di ciò che ci circonda, degli avvenimenti quotidiani, del nostro futuro ha mutato drasticamente i modi della partecipazione e i parametri di identificazione. I partiti, i sindacati, i parlamenti hanno perso la centralità della discussione, e il controllo  della elaborazione. Il riferimento al "collettivo" come principio di identità, perde di ruolo con il prevalere  dell’io narcisistico, autoreferenziale, carismatico. Gli interpreti di ogni racconto mediatico diventano i leaders, in quanto sono quei campioni del consenso che condizionano i destini delle democrazie del pubblico sono costrette ad affidarsi. È il nuovo secolo che avanza sulle ceneri del vecchio millennio.



TEMPO
Perchè la civiltà moderna, figlia della Rivoluzione industriale (e della Rivoluzione scientifica che l'ha alimentata) ha una così grande paura del tempo, e una tale ossessione della morte?. Una risposta possiamo trovarla nel fatto che la nuova religione del Progresso non è riuscita a riempire il vuoto lasciato dall'aver voluto superare la fede in un Dio trascendente. Questo perchè non mantenendo le sue promesse, la nuova religione ha lasciato all'uomo moderno la paura dell'ignoto e una esasperata consapevolezza della morte, senza nemmeno saper offrire quel conforto spirituale che apparteneva al vecchio credo.


IRRILEVANZA DEI FATTI.
 Scrive su Il Foglio Mario Sechi: List.
Il muro di Trump? Ask Obama. In preda alle convulsioni, i leoni e le pantere da tastiera ieri chiedevano con un tono da caccia alle streghe: come mai Trump ha scelto quei sette paesi? Come mai eh? Perché non c’è l’Arabia Saudita? E chi ha deciso quella lista? Nel frastuono degli scolapasta che crollavano miseramente dalla testa degli intelligenti a prescindere, s’è levata una risposta: “Ask Obama”. I sette paesi elencati nell’ordine esecutivo del presidente Trump sono esattamente quelli usciti da una selezione fatta in due tempi dall’amministrazione Obama durante l’attuazione del Terrorist Travel Prevention Act nel 2015 e nel 2016. So, boys, ask Obama. Ma i fatti sono del tutto irrilevanti in questa storia, l’isteria liberal domina la scena, i giornali fanno la ola, le televisioni ci inzuppano il biscotto e via così in uno show dove i fatti sono del tutto secondari. Fu lo stesso Obama nel 2011 a fermare gli ingressi di rifugiati dall’Iraq in attesa di una revisione delle misure di sicurezza. Dettagli. E d’altronde il numero di rifugiati siriani accolto dall’amministrazione Obama dice tutto sulla lungimiranza con cui fu affrontato il problema dalla Casa Bianca. Ecco l’accoglienza riservata ai siriani dal 2011 al 2016 da parte del governo guidato dal premio nobel per la pace:
Obama dal 2011 al 2015 ha accolto in totale 1.883 profughi siriani, una stratosferica media di 305 all'anno. Nel 2016, dopo aver fallito la guerra in Siria e spostato la proxy war clintoniana in archivio, preso dai sensi di colpa, dopo 5 anni di guerra, 400 mila morti, 4 milioni di rifugiati, Obama alza il tetto per i siriani alla stellare cifra di 13 mila unità, il totale fa circa 15 mila. Di fronte a un impegno umanitario di così grande portata, con quel retroterra, i democratici oggi fanno piangere la statua della libertà per le decisioni dell’amministrazione Trump. Il premio faccia di bronzo è vinto a tavolino. I numeri, i fatti, le cifre, la realtà sono un incidente di percorso sulla via dello storytelling e dello spin sulle masse prive di neuroni. E’ la solita storia, quella della mostrificazione dell’avversario: durante la campagna presidenziale, quando Trump disse di voler espellere 3 milioni di clandestini dagli Stati Uniti, si sollevò la voce vibrante d’indignazione del Coro del Progresso per dire che no, non si doveva fare, e The Donald era un pericolo per l’umanità. Anche in quel caso nessuno si prese cura di dare un’occhiata alle espulsioni dell’era Obama. Le pubblicammo su List, rieccole, la fonte è la Homeland Security:
Calcolatrice: 359,795+391,438+381,962+386,423+417,268+435,498+414,481 = 2.786.865
Obama ha espulso quasi tre milioni di clandestini e manca ancora il conteggio del biennio 2015-2016 che farà schizzare il dato ben oltre le dichiarazioni roboanti dell’allora candidato repubblicano. Il programma sull’immigrazione di Trump era (è) inadeguato rispetto agli standard democratici. Trump dovrebbe mandare a casa il suo capo della comunicazione e una serie di funzionari che non hanno dato istruzioni chiare per attuare il suo provvedimento sull’immigrazione. Il suo sbarramento di ordini esecutivi è legale, coerente con il suo programma elettorale, ma l’esecuzione mostra i limiti dettati dalla fretta di plasmare da subito la sua amministrazione nei primi cento giorni di governo.


PLURALISMO
Dobbiamo difendere la democrazia perchè è sempre in pericolo. "A questa democrazia del compromesso e della permeabilità tra valori diversi, più che solo tollerante fa da presupposto quella sorta di ‘supervalore’ del pluralismo che secondo Berlin consiste nella convinzione che vi sono molti fini differenti che gli esseri umani possono ricercare, e rimanere ciononostante pienamente razionali, pienamente uomini, «capacità di reciproca comprensione e simpatia, e di darsi luce l’un l’altro» (I. Berlin, The crooked timber of humanity. Chapters in the history of ideas, ed. by H.Hardy, John Murray, London 1990, p. 11.), per quanto siano l’uno dall’altro lontani. Dunque, molti fini, diversi gusti vitali e diverse forme dell’esistenza, ma anche – e senza che alcun richiamo alla solidarietà, al cristiano dovere di amarsi si renda necessario – comune razionalità dell’intendersi, comune umanità razionale dell’essere uomini." (Elogio del romanticismo: Isaiah Berlin di Francesco Saverio Trincia)

lunedì 30 gennaio 2017



PROGRESSO?
 È illusorio pensare che il futuro sia sempre progresso. Il tempo scorre, andare avanti non è sempre semplice, ma è certo che  ogni nuovo istante lasci  il vecchio alle sue spalle. Ma la storia procede per salti improvvisi e non sempre per il bene dell'umanità, perchè l’umano è l’insieme delle sue azioni possibili o, per parafrasare un noto aforisma di Wittgenstein: i limiti del mio mondo sono i limiti delle mie azioni possibili. Quindi, al contrario,  più limitiamo le nostre azioni possibili, più l'umanità si impoverisce.  

domenica 29 gennaio 2017



TURLUPINARE
Parola desueta ma efficacie se parliamo del potere che falsifica i fatti per turlupinarci. Sono i fatti, come sostiene la Arendt, che sono più vulnerabili rispetto alla verità, perché se si negano i fatti, «nessuno sforzo razionale li potrà più riportare». Sono i fatto quelli che maggiormente vengono fatti oggetto di falsificazione da parte di chi ha potere, dato che sono proprio i fatti quelli che costituiscono il tessuto stesso dell'agire. Per questo «le probabilità che la verità di fatto sopravviva all'assalto del potere sono veramente pochissime; essa rischia sempre di essere bandita dal mondo, non solo temporaneamente, ma potenzialmente per sempre» "Verità e politica" A cura di V. Sorrentino, Bollati Boringhieri, Torino 1995, pag 35.

venerdì 27 gennaio 2017




RESPONSABILITÀ
A proposito del rapporto fra responsabilità e morale nel giorno dedicato alla Memoria, c'è un racconto per me molto illuminante di Kafka che si intitola "Due che passano correndo". Ecco il testo:"Quando di notte si passeggia per una via e, già visibile da lontano -perché la strada dinanzi a noi è in salita e c'è la luna piena-, un uomo corre verso di noi, noi non lo agguanteremo, anche se è debole e cencioso, anche se qualcuno lo rincorre urlando, bensì lo lasceremo andare.
Perché è notte, e non abbiamo colpa se dinanzi a noi la via è in salita nella luna piena, e oltre tutto quei due hanno forse inscenato la caccia per loro divertimento, forse entrambi inseguono un terzo, forse il primo viene inseguito pur essendo innocente, forse il secondo vuole uccidere, e noi diverremmo complici dell'assassinio, forse i due non sanno nulla l'uno dell'altro e corrono a letto ciascuno sotto la propria responsabilità, forse sono sonnambuli, forse il primo è armato.
E infine, non abbiamo forse il diritto di essere stanchi, e non abbiamo bevuto tanto vino? Non ci par vero che anche il secondo sia ormai scomparso dalla vista."

giovedì 26 gennaio 2017

TUTTE LE NOSTRE TRISTEZZE.
"lo credo che quasi tutte le nostre tristezze siano momenti di tensione, che noi sentiamo come paralisi, perché non udiamo più vivere i nostri sentimenti sorpresi. Perché noi siamo soli con la cosa straniera che è entrata in noi; perché quanto ci era confidente e abituale per un momento ci è tolto; perché noi siamo in un passaggio dove non possiamo fermarci."
“Forse ogni terrore è nel fondo ultimo l’inermità che vuole aiuto da noi. Così non dovete caro signor Kappus, sgomentarvi se una tristezza si leva davanti a voi, grande come ancora non ne avete viste; se un’inquietudine, come luce e ombra di nuvole, scorre sulle vostre mani e su quanto voi fate. Dovete pensare che qualcosa sta accadendo in voi, che la Vita non vi ha dimenticato, che vi tiene nella sua mano; non vi lascerà cadere.
Perché volete voi escludere alcuna inquietudine, alcuna sofferenza, alcuna amarezza dalla vostra vita, poiché non sapete ancora che cosa tali stati stiano facendo nascere in voi? Perche mi volete voi perseguitare con la domanda di dove possa venire tutto questo e dove voglia finire? Quando in verità sapete che siete in un passaggio e nulla avete tanto desiderato quanto trasformarvi. "
.......

R.M. Rilke
Lettera del 12 agosto 1904


mercoledì 25 gennaio 2017



ANGOSCIA
"Dread" è il termine usato nel 1930 da John Maynard Keynes per dire che cent'anni dopo la società avrebbe avuto una crescente angoscia (appunto dread) nell' affrontare la "grande questione del tempo libero". Keynes scriveva più o meno così: “Tra cent’anni, risolti tutti i nostri problemi economici, ci rimarrà da affrontare la grande questione del tempo libero. Sarà sufficiente lavorare tre ore al giorno e avere libero tutto il resto della giornata”. Questa previsione ottimistica di Keynes potrebbe farci sorridere, se non fosse che la crisi che stiamo vivendo, evidentemente non solo economica, è talmente grave da non consentircelo. Nessun paese al mondo sta andando verso la prospettiva immaginata da Keynes, anche se qualcosa si muove verso quel futuro. . Fatto 100 la durata della vita espressa in ore di veglia (dalle 8 alle 24), nel giro di un secolo il tempo di lavoro medio della popolazione è approssimativamente passato dal 35 per cento al 20 per cento, sostanzialmente in linea con le previsioni di Keynes, con una differenza fondamentale: il tempo libero addizionale non è avvenuto principalmente come riduzione dell'orario di lavoro, bensì come aumento degli anni in cui non si lavora, o perché si studia o perché si è andati precocemente in pensione o perché si vive più lungo che in passato, o perchè si rimane senza lavoro. Questo è stato possibile fino a oggi con lo Stato sociale che fornisce pensione e assistenza. Ma ora anche lo Stato fa sempre più fatica a mantenere il livello di protezione sociale. In questi termini la previsione di Keynes non era così sbagliata, compreso il fatto che ci troviamo a vivere con una crescente angoscia. Ma un'altra angoscia.


TUTTO VA PER IL PEGGIO, SIGNORA MIA.
 La crisi è davvero il segno di un fallimento del mercato, come pensano i critici del capitalismo?È una domanda a cui non si può rispondere con le semplificazioni correnti. La tesi del fallimento del mercato, che vede l'origine della crisi nell'esplosione delle diseguaglianze e nello strapotere della finanza, non sembra una risposta esauriente. Sul New York Times, Nicholas Kristof, ha posto un quesito cruciale al quale bisogna rispondere per capire qualcosa di più su un dramma culturale della nostra epoca, persino più grave dell’ascesa dei Donald Trump,me degli sltri populisti. Domanda: in ogni singolo giorno della nostra vita, quante persone vivono in una condizione di povertà? Kristof ha offerto tre diverse risposte. Prima risposta: crescono di cinquemila unità al giorno a causa dei cambiamenti climatici, la corruzione dilagante, la scarsità di cibo nel mondo. Seconda risposta: il numero di poveri non cambia da un giorno all’altro. Terza risposta: in ogni singolo giorno della nostra vita, le persone che in giro per il mondo esce da una condizione assoluta di povertà sono 250 mila. La teoria del "tutto va per il peggio signora mia". ci impone di pensare che la risposta giusta sia la numero uno, o al massimo la numero due. E invece, ci ricorda Kristof, ogni giorno 250 mila persone, secondo i dati della Banca mondiale, escono da condizioni di estrema povertà; dal 1990 più di 100 milioni di bambini che un tempo sarebbero morti alla nascita sono stati salvati grazie al progresso scientifico; la percentuali di adulti analfabeti è passata dal cinquanta per cento del 1960 al 15 per cento di oggi; il numero di paesi governati da una democrazia è passato dal 39 per cento del 1960 al 53 per cento dei nostri giorni. E molto altro si potrebbe dire rispetto a un mondo che grazie anche alla globalizzazione ha permesso di migliorare le condizioni di vita di gran parte delle persone che vive sul nostro pianeta.

https://www.nytimes.com/2017/01/21/opinion/sunday/why-2017-may-be-the-best-year-ever.html
Why 2017 May Be the Best Year Ever
There’s a broad consensus that the world is falling apart, with every headline reminding us that life is getting worse.
Except that it isn’t. In fact, by some important metrics, 2016 was the best year in the history of humanity. And 2017 will probably be better still.
How can this be? I’m as appalled as anyone by the election of Donald Trump, the bloodshed in Syria, and so on. But while I fear what Trump will do to America and the world, and I applaud those standing up to him, the Trump administration isn’t the most important thing going on. Here, take my quiz:
On any given day, the number of people worldwide living in extreme poverty:
A.) Rises by 5,000, because of climate change, food shortages and endemic corruption.
B.) Stays about the same.
C.) Drops by 250,000.
Polls show that about 9 out of 10 Americans believe that global poverty has worsened or stayed the same. But in fact, the correct answer is C. Every day, an average of about a quarter-million people worldwide graduate from extreme poverty, according to World Bank figures.

martedì 24 gennaio 2017



UOMO CHE DORME. 
Leggendo il passo riprodotto sotto, da "Dalla parte di Swann", mi sembra evidente che a Proust interessa mostrare quanto siano fragili le nostre reazioni, e quale sia l'enorme distanza fra i sogni e la realtà, quali siano i giochi dell'immaginazine e l'inganno che da essi derivano. Proust fa una operazione contraria rispetto a quella di Zola che, messaggero della realtà, alla fine decide di passare al sogno e alla esaltazione delle cose immaginate: paradossalmente, ma non così tanto, è Proust, a mostrarci la realtà com'è, pur non credendo in essa. P.B.
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Ecco il brano: "Un uomo che dorme tiene in cerchio intorno a sé il filo delle ore, l'ordine degli anni e dei mondi . Svegliandosi li consulta d'istinto e vi legge in un attimo il punto che occupa sulla terra, il tempo che è trascorso fino al suo risveglio; ma i loro ranghi possono spezzarsi,
confondersi. Mettiamo che il sonno l'abbia colto verso il mattino, dopo un'insonnia, mentre stava leggendo, in una positura troppo diversa da quella in cui dorme abitualmente. Basterà il suo braccio sollevato per fermare e far indietreggiare il sole, e nel primo istante del risveglio egli non saprà più che ora sia, sarà convinto di essersi appena coricato. O che si sia assopito in una posizione ancora più irregolare e divergente, per esempio seduto dopo pranzo in una poltrona, e allora il disorientamento sarà completo in quei mondi usciti dalla propria orbita.
La poltrona magica lo farà viaggiare a tutta velocità nel tempo e nello spazio, e al momento d'aprire gli occhi egli crederà di trovarsi a letto alcuni mesi prima e in un altro paese. Ma era sufficiente che, nel mio stesso letto, il mio sonno fosse profondo e tale da distendere completamente il mio spirito, ed ecco che questo abbandonava la mappa del luogo dove mi ero addormentato e, svegliandomi nel pieno della notte, io non sapevo più dove mi trovassi e, in un primissimo momento, nemmeno chi fossi; avevo nella sua semplicità primaria soltanto il sentimento dell'esistenza così come può fremere nella profondità di un animale; ero più privo di tutto dell'uomo delle caverne; ma a quel punto il ricordo - non ancora del luogo dove mi trovavo, ma di alcuni dei luoghi dove avevo abitato e avrei potuto essere - veniva a me come un soccorso dall'alto per strapparmi dal nulla al quale da solo non sarei riuscito a sfuggire; in un secondo scavalcavo secoli di civiltà e le immagini, confusamente intraviste, di qualche lampada a petrolio, poi di alcune camicie col collo piegato, ricomponevano a poco a poco i tratti originali del mio io. Forse l'immobilità delle cose che ci circondano è imposta loro dalla nostra certezza che si tratta proprio di quelle cose e non di altre, dall'immobilità del nostro pensiero nei loro confronti"

lunedì 23 gennaio 2017



RETORICA DELLA SVENTURA. 
I media hanno considerevolmente cambiato il nostro modo di vedere il mondo, alterando il nostro mondo ed il reale; anche ciò che del "reale" essi ci mostrano, denota l'incapacità di bastare a se stesso, di convincere della propria esistenza. Di questo perverso gioco siamo tutti complici in segreto, ma anche vittime, proprio come siamo vittime della nostra debolezza di fronte a chi, soffrendo e vivendo il reale, ce lo "sbatte" davanti, ce lo offre alla vista. Così l'umanitarismo, per noi che lo guardiamo, diventa tutto un meccanismo retorico di venerazione dello status di sventura e miseria, da cui traspare la nostra arroganza e mancanza di realtà e di vitalità.

LA NOSTRA IMMAGINE
Citazione da Zygmunt Bauman 'Il disagio della postmodernità'...."Come tutte le immagini, anche la nostra immagine si scompone in una serie di istantanee, ognuna in grado di evocare, esprimere e motivare il proprio senso, il più delle volte senza alcun nesso con i sensi espressi dalle altre istantanee della serie. Un tempo l'identità si costruiva come una casa: tappa per tappa, posando con fatica e pazienza i pavimenti e i soffitti dei vari piani, separando le stanze con pareti e unendole tra loro per mezzo di scale e corridoi. Al posto di questa faticosa tecnologia edilizia, oggi subentra la tecnica degli "inizi assoluti", del ricominciare sempre daccapo, dello sperimentare forme veloci da montare e facili da smontare, del dipingere nuovi quadri sopra le immagini di ieri: la tecnologia dell'"identità palinsestale". Un'identità del genere si adatta molto meglio a un mondo dove l'arte di dimenticare è un atout non inferiore, se non addirittura superiore, a quella di ricordare; dove lo svuotare la memoria, piuttosto che il riempirla, è la condizione necessaria per conservare la propria efficienza;..."
RACCONTO STORIE
 “Quando il sonno non vuole venire faccio casi. Rimango steso a letto e mi raccontò storie. Forse vorranno dire poco, ma fino a quando sono al loro interno mi impediscono di pensare alle cose che preferirei scordare. Restare concentrato, però, può essere dura, e il più delle volte la mia mente finisce per scivolare dalla storia che cerco di raccontare alle cose cui non vorrei pensare. Non posso farci nulla. Fallisco a ripetizione, sono più i fallimenti dei successi, ma questo non significa che non faccia il possibile.
Lo metto in una buca. Mi sembra buono come inizio, un modo promettente per avviare le cose. Metti un uomo che dorme in una buca e vedi che succede quando si sveglia e cerca di tirarsi fuori. Parlo di una buca nel terreno, profonda, due metri e mezzo o anche tre, scavata in modo da formare un cerchio perfetto, con pareti a novanta gradi di terra densa, compattissima, così dura che la sua superficie è liscia come ceramica o addirittura vetro. In altre parole, quando l’uomo nella buca aprirà gli occhi non sarà in grado di venirne fuori. A meno che non abbia un equipaggiamento da alpinista, per esempio un martello e dei chiodi di metallo, o una fune per prendere allaccio un albero vicino; ma quest’uomo non ha nessun attrezzo, e al risveglio capirà subito la natura della situazione problematica in cui si trova.
Bene, ora succede. L’uomo riprende i sensi e scopre di essere disteso supino, lo sguardo alzato a un cielo serale senza nuvole. Il suo nome è Owen Brick e non ha idea di come sia finito in questo posto, non ricorda di essere caduto in questa buca cilindrica del diametro - a occhio - di circa quattro metri. Si alza a sedere. Con sua sorpresa, veste una divisa militare di ruvida lana grigio-opaco. Ha un berretto in testa, ai piedi un paio di anfibi in pelle nera, decisamente usati, allacciati ben stretti sopra le caviglie con un doppio nodo. Sulle maniche della giacca ha due «baffi» di stoffa, quindi la divisa appartiene a qualcuno con il grado di caporale. Quel qualcuno potrebbe essere Owen Brick, ma l’uomo nella buca che si chiama Owen Brick non ricorda di aver fatto il soldato o combattuto una guerra in nessun momento della sua vita.”
Paul Auster, "Uomo nel buio.” Giulio Einaudi Editore, 2010

domenica 22 gennaio 2017



INSERVIBILI
Mai abbiamo, come adesso, avuto  tra le mani strumenti diventati  così inservibili. Ci confrontiamo con parole che se pronunciate ci si ritorcono contro: politicasinistra, partiti, etc. Erano parole piene di contenuti e di visione sul futuro. Ma si sono scontrate con  la realtà, svuotate dal disuso o dal cattivo uso. Poi ci sono parole che si stanno svuotando a causa della inazione, come "cambiamento" , mentre altre sembrano venire sfaldate  dai fatti, come "democrazia". È questo il lessico che ogni giorno ci sembra non servire più a niente. Ma è ora di dare significato alla parola "rincominciare".

martedì 17 gennaio 2017





CRONACA D'ITALIA: LA MEDICINA PER NON MORIRE 
 "- O Fata, o Fata mia,- cominciò allora a strillare il burattino, - datemi subito quel bicchiere." Sempre la stessa. "....entrarono dentro quattro conigli neri come l'inchiostro, che portavano sulle spalle una piccola bara da morto.- Che cosa volete da me? - gridò Pinocchio, rizzandosi tutto impaurito a sedere sul letto.- Siamo venuti a prenderti, - rispose il coniglio più grosso.- A prendermi?... Ma io non sono ancora morto!...- Ancora no: ma ti restano pochi minuti di vita avendo tu ricusato di bevere la medicina, che ti avrebbe guarito dalla febbre!...- O Fata, o Fata mia,- cominciò allora a strillare il burattino, - datemi subito quel bicchiere. Spicciatevi, per carità, perché non voglio morire no..- Oh! ma un'altra volta non mi farò tanto pregare! Mi rammenterò di quei conigli neri, colla bara sulle spalle... e allora piglierò subito il bicchiere in mano, e giù!..."


LIBERTA' NELLA SOLITUDINE
....each in the cell of himself is almost convinced of his freedom...
But in the importance and noise of to-morrow
When the brokers are roaring like beasts on the floor of the Bourse,
And the poor have the sufferings to which they are fairly accustomed,
And each in the cell of himself is almost convinced of his freedom,
A few thousand will think of this day
As one thinks of a day when one did something slightly unusual.
From Another Time by W. H. Auden

lunedì 16 gennaio 2017


GERUSALEMME.
"Da 3000 anni, la storia ebraica dice che "Gerusalemme è costruita come una città unita e compatta" (Salmi 122,3). Da allora, Gerusalemme è la capitale indivisa della patria ebraica. Né l'incessante terrorismo né le guerre multiple e nemmeno i boicottaggi cinici perpetrati nei confronti dello Stato ebraico sono riusciti a distruggere la storia di Israele. Tuttavia, con una mossa brutale, la conferenza di pace di Parigi e un successivo voto del Consiglio di Sicurezza potrebbero decretare la fine della storia ebraica nella sua patria. Sulla base dello Statuto di Hamas che nega a Israele il diritto di esistere, il voto potrebbe portare a termine l'obiettivo di eliminare la storia ebraica – e cristiana – e rimpiazzarla con l'Islam. Porrebbe fine all'esistenza di Israele, l'unico paese del Medio Oriente davvero democratico, prospero, bello e fiorente. Porrebbe fine alla libertà di culto, che Israele garantisce alle persone di ogni fede religiosa di tutto il mondo. Porrebbe fine all'ispirazione che Israele offre per la cultura giudaico-cristiana e per la fede degli ebrei, dei cristiani e anche dei musulmani."

https://it.gatestoneinstitute.org/9781/cristiani-difendano-israele

domenica 15 gennaio 2017




ISOLAMENTO E AUTODISTRUZIONE. 
Dostoevskji, Fratelli Karamazov. ."Giacché ognuno tenta di separare al massimo la propria individualità, vuole sperimentare in se stesso la pienezza della vita; ma, al contrario, tutti i suoi sforzi non raggiungono la pienezza della vita, bensí l’autodistruzione, giacché, invece di realizzare pienamente il proprio essere, l’uomo si chiude nell’isolamento più completo. Giacché tutta l’umanità nel nostro secolo è sgretolata in singole unità, ognuno si isola nella propria tana, si allontana dagli altri e si nasconde, e nasconde quello che possiede, e finisce per alienare se stesso dagli uomini ed alienare gli uomini da sé." 




ARAFAT
Arafat è stato un disastro per la causa palestinese e Abu Mazen ne è il fedele continuatore. Lo fu negli anni Settanta, quando,   dopo aver creato un mini-Stato palestinese all'interno della Giordania, costrinse di fatto l'allora re Hussein ( che gli aveva concessa una larga autonomia in alcune zone di frontiera), a reagire alle continue azioni ostili della milizia Fatah. Il risultato fu il massacro delle milizie Fatah da parte dell'esercito giordano e l'esilio dei palestinesi. Lo stesso avvenne negli anni ottanta con il suicidio del mini-Stato, questa volta nel sud Libano, per aver voluto imporre la sua autorità sui libanesi. Nacque per reazione la formazione di una milizia libanese che aiutò gli israeliani quando questi ultimi, nel 1982, invasero il Libano. L'esercito palestinese venne demolito. I superstiti dovettero cercare rifugio in Tunisia, Irak, Yemen. Quando negli anni novanta Arafat era riuscito a ricostruire la sua organizzazione (con il supporto finanziario di Kuwait, Arabia Saudita e gli Emirati del Golfo) penso bene di ringraziare i suoi benefattori schierandosi con Saddam Hussein Quando questi invase il Kuwait il 2 agosto del 1990. Il risultato fu che centinaia di migliaia di palestinesi vennero espulsi dal Kuwait quando l'Irak venne sconfitto e il Plo perse gli aiuti finanziari degli Stati del Golfo. Ma il suo capolavoro Arafat lo fece con  l'accordo di Oslo, in base al quale riottenne un suo mini-Stato a Gaza e in parte del West Bank. Nel summit di Camp David, Ehud Barak, rischiando la tenuta della sua coalizione offerse  il 90 per cento del West Bank e parte di Gerusalemme orientale. Ma ad Arafat non bastava il 90 per cento. Il summit saltò Clinton ruppe tutte le regole della diplomazia attribuendone pubblicamente il fallimento ad Arafat.




DOMANDE A PAPA FRANCESCO
A proposito del riconoscimento della Palestina.

Severina Alberti

Da una bacheca. Con rispetto.
Giovanni Bernardini
DOMANDE
Papa Francesco ha ricevuto ieri il presidente della autorità nazionale palestinese ed il Vaticano ha riconosciuto ufficialmente lo stato della Palestina.
Mi permetto di rivolgere, con il massimo rispetto, al Santo Padre e a quanti condividono la sua iniziativa le seguenti domande.
1) Quali sono i confini dello stato palestinese? I palestinesi (loro, non gli israeliani) sono in grado di indicare con precisione i confini del LORO stato? Non sembra. Dire: “questo è il confine fra Palestina ed Israele" vuol dire RICONOSCERE lo stato di Israele, e questo la stragrande maggioranza dei palestinesi non intende farlo.
2) Quale è la capitale della Palestina? Siamo nella identica situazione di prima. Dire che Gerusalemme est è capitale della Palestina vuol dire riconoscere che l'altra parte di Gerusalemme è istraeliana, e nessun palestinese accetta una cosa simile.
3) Esiste un governo palestinese riconosciuto da TUTTI i palestinesi? NO, con tutta evidenza.
4) Esistono una magistratura ed una polizia in grado di far rispettare la legge a tutti i palestinesi? Non sembra. A Gaza si linciano allegramente dei poveracci accusati di essere spie israeliane e non succede nulla.
5) Esiste un esercito regolare palestinese? Alti comandi militari palestinesi?
6) Esistono una banca centrale ed una valuta palestinesi?
7) Dove lavorano, nella loro quasi totalità, i palestinesi, in Palestina o in Israele? Se la quasi totalità degli italiani lavorasse in Francia potremmo parlare di stato italiano?
8) Esiste una rete distributiva palestinese per ciò che riguarda energia elettrica, gas, acqua?
9) Quali sarebbero in uno stato palestinese i diritti dei non musulmani, in primo luogo degli ebrei? In Israele esistono più di duecento moschee, quante sinagoghe esistono a Gaza?
10) Domanda finale, da UN MILIARDO di euro. La Palestina intende vivere pacificamene ACCANTO ad Israele o AL POSTO di Israele?
Attendo risposte. Per ora mi limito a constatare che, AD OGGI, la Palestina è uno stato senza confini, senza capitale, senza un governo unanimemente riconosciuto, senza magistratura, polizia, esercito regolare, senza valuta e senza banca centrale. Uno stato i cui cittadini lavorano quasi tutti all'estero e che non fornisce in proprio servizi essenziali ai suoi cittadini. Uno stato infine che si considera un avamposto nella lotta contro un altro stato.
Con rispetto.





L'UOMO E IL SUO AMICO.
Un uomo litigò col suo amico.
«Mi hai proprio deluso» disse l'uomo.
E l'amico gli fece una smorfia e se ne andò.
Poco passò che tutti e due morirono, e vennero insieme davanti al grande bianco Giudice di Pace. Le cose cominciavano a mettersi male per l'amico; ma intanto l'uomo pareva fosse ben giudicato, ed era di buon umore.
«Trovo qui memoria di una lite» disse il Giudice guardando le sue note. «Chi di voi due aveva torto?»
«Lui» disse l'uomo. «Sparlava di me dietro le mie spalle.»
«Ah, è così» disse il Giudice. «E dimmi, ti prego, come parlava dei vostri vicini?»
«Oh, è sempre stato una mala lingua» disse l'uomo.
«E tu l'hai scelto per amico?» esclamò il Giudice. «Amico mio, qui non sappiamo che farcene degli sciocchi.»
Così l'uomo fu scagliato nell'abisso, e l'amico rise forte nel buio e rimase per esser giudicato d'altre colpe.”
Robert Louis Stevenson. “Racconti e Favole.” Mondadori, 2012-06-16. 

sabato 14 gennaio 2017



SABAOTH.
Estratto da 
Alberto Savinio
"Narrate, uomini, la vostra storia"

“Alla finestra è affacciata una donna, i gomiti sul davanzale. Il sole cala di là dai monti della Val di Nievole, accende un’aureola in quei capelli d’oro.
Quando Mosè salì al Sinai per incontrarsi col Signore, questi di lontano gli gridò: « Entra in quella grotta, Mosè, e non guardare la mia faccia mentre passo, se non vuoi morire ». Per maggiore prudenza il Signore posò la mano sull’apertura della grotta, e non la ritrasse se non quando fu passato. Messa fuori la testa, Mosè vide le terga enormi di Sabaoth(1), che si allontanava tra le saette.
Temeva quella signora che, voltandosi, noi dietro si cadesse fulminati?”

(1) sabaoth Traslitterazione del termine ebraico ṣĕbā’ōt (plur. di ṣābā «esercito»), nelle locuzioni bibliche Yahweh ṣĕbā’ōt «Dio degli eserciti», e Yahweh Elōhē ṣĕbā’ōt «Dio Signore degli eserciti. Dalla Bibbia l’espressione è passata nella liturgia (Sanctus sanctus sanctus, Dominus Deus sabaoth, nella Messa). L’espressione biblica celebra in Dio la prerogativa di capitano degli eserciti d’Israele o di Signore delle schiere celesti, ma in ambito cristiano si preferisce interpretare l’espressione come «Signore Dio dell’universo», cioè di tutto il creato.(TRECCANI)





REDDITO DI CITTADINANZA.
Occorre capire se il "reddito di cittadinanza" possa diventare un modo per garantire agli individui ‘socialmente inutili’ il diritto alla sopravvivenza, e non uno strumento nè per integrarli né renderli eguali. Si tratterebbe di carità in buona sostanza. Il leader dei metalmeccanici della Cisl, Marco Bentivogli, fa anche un passo oltre: “Se abbandoniamo la battaglia del lavoro e della crescita sostenibile per puntare sull’assistenza, mi chiedo con quali risorse si pensa di poter pagare il reddito di cittadinanza”. Dobbiamo capirci: parliamo di dare un reddito a tutti o di dare un aiuto solo a chi ne ha bisogno? Vecchia storia che va avanti da almeno due secoli. Quello che non condivido è che si parli un reddito di cittadinanza che possa agire come disincentivo all’accumulazione di capitale umano e riduca l’etica del lavoro (come disse John Rawls, perché pagare un reddito anche ai surfisti di Malibù che hanno scelto di oziare tutto il giorno?). Inoltre bisogna anche evitare di fare fantasie irrealizzabili. Ad esempio e soprattutto ponendoci la domanda: chi paga il reddito di cittadinanza?. Attualmente in Italia l’aliquota media Irpef per una persona che guadagna 25.000 euro l’anno è circa del 20%, 36 per cento per chi ne guadagna 100.000. Nemmeno raddoppiando le aliquote dell’imposta sul reddito attuali si riuscirebbero a raccogliere entrate a sufficienza per pagare un reddito di base a tutti i cittadini che li faccia uscire dalla povertà(7000Euro). Ma allora di cosa parliamo...fantasie para-grilline. Parliamo di cose serie, cioè idi “reddito minimo”, che è previsto da tutti o quasi i sistemi di welfare per combattere la povertà estrema. Questo però non è "reddito universale" ma, per definizione, sottoposto alla verifica della condizione economica di colui che lo richiede e del suo nucleo familiare e presuppone la disponibilità a lavorare o a partecipare ad attività di reinserimento sociale e/o lavorativo.
Invece noi spendiamo senza criterio con bonus e interventi per gli esodati. Il  Presidente dell’Inps Tito Boeri ha detto al Sole 24 Ore che le salvaguardie degli esodati sono già costate più di 11 miliardi, erodendo circa il 15 per cento dei risparmi di spesa attesi dalla riforma del 2011. “Con quei soldi si potevano finanziare dieci anni di reddito minimo per chi perde il lavoro fra i 55 e i 65 anni”, dice Boeri.



STERCO DEL DEMONIO. 
Possiamo criminalizzare il denaro, come fa Papa Francesco e al tempo stesso manifestare la preoccupazione per il benessere dei poveri?. Non mi sembra basti la compassione morale, tirando fuori ogni giorno la lamentela della situazione dei meno abbienti. Per migliorare la loro condizione, almeno a un livello materiale, serve produrre ricchezza. Demonizzare il capitalismo non è di grande utilità. Forse sarebbe meglio che la Chiesa tornasse all'Enciclica Centesimus annus, al punto 42, dove Giovanni Paolo II scrive che  ‘se per capitalismo si intende’ la libera economia radicata su princìpi morali e religiosi e situata in un contesto giuridico, allora il capitalismo è positivo”.

giovedì 12 gennaio 2017



DESIDERIO E INSODDISFAZIONE

Viviamo in una società dove assistimamo al continuo progredire del desiderio. Perché i desideri, come sosteneva Gilles Deleuze, sono concatenati, attaccati gli uni agli altri proprio come i vagoni di un treno. E come un treno questa concatenazione di desiderio (agencement de désir) attraversa territori diversi, paesaggi diversi, e come gli stessi treni, cambia con le epoche e cambia le epoche e le atmosfere culturali. Per questo, non solo non riusciamo a soddisfare i nostri desideri, quando si manifestano, ma al tempo stesso siamo all'inseguimento di sempre nuovi in quanto essi cambiano, evolvono con la nostra soggettività desiderante. E in questo modo mai possono essere soddisfatti. Ed è dalla insoddisfazione che ne deriva che nascono le azioni anche le più terribili di autodistruzione e di morte

GUANTANAMO
È ora di finirla con la lista delle cose sbagliatissime che ha fatto Obama in giro per il mondo, causando danni incalcolabili. Almeno una cosa giusta l'ha fatta: NON ha chiuso Guantanamo. Oltre ad aver sposato Michelle, naturalmente.

mercoledì 11 gennaio 2017


RICORDI. COSA DIMENTICHIAMO?

Dimentichiamo le cose che contano poco o quelle che contano troppo?.. “E poiché non dimentichiamo le cose solo perché non contano, ma le dimentichiamo anche perché contano troppo (perché ciascuno di noi ricorda e dimentica secondo uno schema labirintico che rappresenta un segno di riconoscimento non meno caratteristico di un’impronta digitale), non c’è da meravigliarsi se le schegge di realtà che una persona terrà in gran conto come parti della propria biografia potranno sembrare a qualcun altro, che, diciamo, ha per caso consumato diecimila cene allo stesso tavolo di cucina, una deliberata escursione nella mitomania.” Philip Roth “Pastorale Americana.”

DOMANDE

DOMANDE
Ingmar Bergman, Il settimo sigillo, 1957 Morte: Non smetterai mai di fare domande?
Cavaliere: No, non smetterò mai.
Morte: Tanto non avrai mai risposta.
Cavaliere: A volte credo che le domande
siano più importanti delle risposte.


sabato 7 gennaio 2017

RICORDI. LA BICICLETTA.



RICORDI. LA BICICLETTA.
Avevo sette anni. Andavo a scuola ogni mattina a piedi facendo circa 1,5 km nella campagna. D'inverno non avevo i pantaloni lunghi. Non si usavano allora. Vedo ancora le mie ginocchia rosso/blu dal freddo. Avevo una paura tremenda ad andare in bicicletta. Nessuno me lo aveva insegnato. I miei fratelli se ne guardavano bene dal farlo. A primavera di quell'anno mi feci coraggio e un giorno, nel primo pomeriggio mentre tutti riposavano, andai in cantina e portai fuori la bicicletta di mia madre. Ogni mattina la usava per andare a messa. Dopo alcuni tentativi e relative cadute, con sbucciature di ginocchia, riuscii ad andare. A zig zag, incerto. Ma poi mi accorsi che potevo pedalare con scioltezza e non mi volli più fermare. Ebrezza di poter fare ciò che fino a qualche momento prima mi sembrava impossibile. E andai in strada verso il paese. Pedalavo e mi guardavo intorno felice ed eccitato. I prati di quel giorno di primavera mi sembravano più belli , l'erba mi sembrava luccicasse al sole. Per arrivare in paese però bisognava salire sull'argine del Po, subito dopo attraversata la ferrovia. Una salita che mi spaventava. Non potevo fermarmi. Girai e imboccai il viottolo che fiancheggiavs i binari. Rischiai molte volte di finire nel fosso, che costeggiava il viottolo. Ero sudato ed eccitato. Avevo paura che arrivasse il treno: la Littorina che veniva da Suzzara e andavs a Ferrara. Finalmente fui alla stazione. Mi fermai per tirare fiato. Oramai era fatta. Proseguii per il centro del paese. Dovevo andare a trovare gli amici, per dimostrare la mia prodezza. Dopo un paio d'ore ritornai. Mentre mi avvicinavo a casa vidi in lontananza il segno del dramma incombente. Realizzai che ero scomparso senza dire niente a nessuno. Mia madre mi aspettava con "il frustino" (intreccio a nodi di quattro rametti di salice). Nessuna parola salvo: " a tsé an sgracià" e due belle frustate sul retro delle gambe nude. Nessun lamento da parte mia. Guai dire qualcosa per difendere l'indefindibile.