IL BIMBO-STELLA
Oscar Wilde
Una volta, tanto tempo fa, due poveri taglialegna stavano tornando a casa attraverso una grande foresta di pini. Era una notte d’inverno molto fredda. Uno spesso strato di neve ricopriva ilsuolo e i rami degli alberi; il gelo schiantava di continuo ramoscelli al loro passare; e quando essi giunsero alla Cascata della Montagna, la trovarono sospesa immobile nell’aria perché il Re del Ghiaccio l’aveva baciata.
Faceva così freddo che nemmeno gli animali e gli uccelli del bosco sapevano come porvi rimedio.
«Ughi», mugolava il Lupo, andando zoppicante fra i cespugli, la coda fra le gambe. «Questo è un tempo assolutamente mostruoso. Com’è possibile che il Governo non prenda dei provvedimenti?»
«Viti! Viti!Viti!», cinguettavano i Fanelli verdi. «La vecchia Terra è morta, e l’hanno adagiata nel suo bianco sudario».
«La Terra sta per sposarsi, e ha indossato la sua veste nuziale», si sussurravano le Tortore fra loro. Le loro zampine rosse erano assiderate, ma si sentivano in dovere di considerare la questione da un punto di vista romantico.
«Sciocchezze», berciò il Lupo. «Vi dico che è tutta colpa del Governo, e se non mi credete vi sbranerò». Il Lupo aveva una mentalità estremamente pratica, e non difettava mai di argomenti validi.
«Bene, dal mio punto di vista», disse il Picchio Verde, che era un filosofo nato, «in certi casi le spiegazioni non hanno nessuna importanza. Se una cosa è così, è così, e al presente fa spaventosamente freddo».
Faceva spaventosamente freddo davvero. Gli Scoiattoli, che vivevano dentro l’alto abete, continuavano a strofinarsi il muso l’un l’altro per riscaldarsi, e i Conigli si raggomitolavano nelle loro tane, senza arrischiare neppure di guardar fuori. A godere del freddo sembravano solamente i grossi Gufi con le corna. Le loro piume erano tutte irrigidite dalla brina, ma ciò non li disturbava, e si chiamavano l’un l’altro attraverso la foresta roteando i grandi occhi gialli.
«Tu-uit! Tu-uit! Tu-uit! Che tempo delizioso!».
I due taglialegna camminavano camminavano, soffiandosi con veemenza sulle dita e calpestando con gli stivali di ferro la neve indurita. Una volta sprofondarono in una buca e ne riemersero bianchi come mugnai alla fine della macina; una volta scivolarono sul ghiaccio liscio e duro, dove l’acqua della palude era gelata, e la legna delle fascine si sparpagliò, e dovettero raccattarla e legarla di nuovo; e un’altra volta ancora pensarono di aver smarrito la strada, e un gran terrore li invase, perché sapevano bene quant’è crudele la Neve con chi dorme fra le sue braccia. Ma si affidarono al buon San Martino, che veglia su tutti i viandanti, e ritornati sui propri passi procedettero cauti, e finalmente giunsero ai margini della foresta e videro lontano, nella valle distesa ai loro piedi, la luce del villaggio dove abitavano.
Nel vedersi salvi, si sentirono invasi da una tale gioia che scoppiarono in alte risa, e la Terra apparve loro come un fiore d’argento, e la Luna come un fiore d’oro.
Ma dopo aver riso tanto, ritornarono tristi, perché si rammentarono della loro povertà, e l’uno disse all’altro: «Che senso ha esserci rallegrati, se la vita è per i ricchi, e non per gente come noi? Sarebbe stato meglio morire di freddo nella foresta, o essere sbranati da qualche belva».
«È vero»,vrispose il suo compagno, «alcuni hanno molto, altri ben poco. È l’Ingiustizia a decidere le parti, in questo mondo, e non c’è nulla che venga diviso equamente se non il dolore».
Così, mentre si lamentavano della propria sorte miserabile, avvenne una strana cosa. Dal firmamento cadde all’improvviso una luminosissima, splendida stella. Scivolò giù da un lato del cielo, passando accanto alle altre stelle, e sparì alla vista dei due attonitispettatori sprofondando, o così parve, dietro una macchia di salici nei pressi di un piccolo ovile lì vicino.
«Oh, c’è un vaso d’oro per chi la trova!», gridarono, e si misero a correre, tanto avidi erano dell’oro.
E uno dei due correva più veloce del compagno, e lo superò, spingendosi nel fitto dei salici e sbucando poi dalla parte opposta, e - oh! - c’era veramente una cosa d’oro che giaceva sulla nevebianca. Ed egli s’affrettò verso quella cosa, e chinandosi vi pose sopra le mani, ed era un manto di tessuto aureo, curiosamente variegato di stelle e arrotolato in molte pieghe. Ed egli gridò al suo compagno che aveva trovato il tesoro caduto dal cielo, e quando il compagno lo raggiunse, sedettero entrambi nella neve, e aprirono le pieghe del mantello, per potersi spartire le monete d’oro. Ma, ahimè, all’interno non v’era né oro né argento né tesoro di sorta: solo un piccolo bambino addormentato.
E uno dei due disse all’altro: «Questa è proprio una fine amara per la nostra speranza, e la fortuna ci è davvero nemica; quale vantaggio, infatti, può portare un bambino a un uomo? Lasciamolo qui, e proseguiamo per il nostro cammino, dato che siamo povera gente e abbiamo già i nostri figli, a cui non possiamo togliere il pane per darlo a un altro».
Ma il suo compagno gli rispose: «No, sarebbe un atto crudele lasciar qui il bambino a morire nella neve, e sebbene io sia povero come te e abbia molte bocche da sfamare e ben poco che bolle in pentola, pure lo porterò con me a casa mia, e mia moglie avrà cura di lui».
Così sollevò il bimbo con molta tenerezza, e lo ravvolse ben bene nel manto per proteggerlo dal freddo crudele, e si avviò giù per la collina verso il villaggio, mentre il compagno si stupiva di tanta follia e debolezza di cuore.
E quando giunsero al villaggio, gli disse: «Tu hai il bambino, quindi lascia a me il mantello, perché è giusto che si divida tra noi ciò che abbiamo trovato».
Ma quello gli rispose: «No, il mantello non appartiene né a te né a me, ma solo al bambino», e disse al compagno di andarsene con Dio, e si avviò verso casa e bussò.
E quando sua moglie aprì la porta e vide che egli era ritornato a casa sano e salvo, gli gettò le braccia al collo e lo baciò, e gli tolse il carico di fascine dalle spalle, e gli spazzò via la neve dagliscarponi, e lo invitò a entrare.
Ma egli le disse: «Ho trovato una cosa nella foresta, e l’ho portata a te perché tu ne abbia cura». Disse queste parole senza muoversi dalla soglia.
«Che cos’è?», domandò lei. «Fammela vedere, la nostra casa è tanto povera, e bisognosa di tante cose». Ed egli scostò il lembo del mantello, e le mostrò il bimbo addormentato.
«O povera me, marito mio!», si lagnò lei. «Abbiamo già i nostri figli a cui badare, ci mancava proprio che mi portassi a casa un trovatello ! E se ci porterà disgrazia? Se non riusciremo a curarcene?». Ed era adirata con lui.
«Sai, è un Bimbo-Stella», la informò il marito, e le narrò lo strano modo in cui l’aveva trovato.
Ma lei non voleva darsi pace, e lo scherniva, parlando irosamente contro di lui: «Ai nostri bambini manca il pane, e dovremmo dar da mangiare a un bambino d’altri? Chi si dà pensiero di noi? E chi ci procurerà il cibo?»
«Dio si dà pensiero anche dei passeri, e procura loro il cibo», rispose lui.
«Forse che i passeri, in inverno, non muoiono di fame?», ribatté lei. «E adesso non è inverno?». Ma l’uomo non rispose nulla, e non si mosse dalla soglia.
E una folata di vento gelido che veniva dalla foresta fece tremare la donna, che con un brivido disse al marito: «Perché non chiudi la porta? Entra in casa un vento gelido, e ho freddo».
«In una casa dove c’è un cuore duro non entra sempre un vento gelido?», chiese lui. E la donna non gli rispose nulla, ma si fece più vicina al fuoco.
E dopo pochi minuti si volse a guardarlo, e aveva gli occhi pieni di lacrime. Ed egli entrò in fretta, e le pose il bimbo fra le braccia, e lei lo baciò, e lo mise a giacere nel lettino in cui giaceva il più piccolo dei loro bambini. E l’indomani il taglialegna prese lostrano mantello d’oro e lo ripose entro un ampio baule, e sua moglie prese una collana d’ambra che cingeva il collo del bimbo e ripose anche quella nel baule.
Così il Bimbo-Stella fu allevato insieme ai figli del taglialegna, e sedeva alla stessa tavola, ed era loro compagno di giochi. E ogni anno diventava più bello, tanto che tutti gli abitanti del villaggio erano invasi dalla più grande meraviglia, poiché egli era, anziché bruno di pelle e nero di capelli come loro, delicato e candido come avorio, e i suoi riccioli erano simili agli anelli della giunchiglia. Le sue labbra erano anch’esse simili ai petali di un fiore vermiglio, e i suoi occhi alle mammole che sbocciano in riva a un limpido ruscello, e il suo corpo al narciso del campo dove non passa il mietitore.
Ma la sua bellezza si rivelò un male per lui. Infatti egli divenne presto superbo, crudele ed egoista. Disprezzava i figli del taglialegna e gli altri bambini del villaggio, dicendo che erano di origini volgari, mentre lui era nobile, essendo nato da una Stella, e litrattava da padrone, chiamandoli suoi servi. Non aveva alcuna pietà per i poveri, o per quelli che erano ciechi o storpi o afflitti da qualche infermità, e scagliava pietre contro di loro, e li scacciava sulla via maestra, gridando loro di andare a mendicare altrove, sicché nessuno, eccetto i fuorilegge, ritornava mai due volte in quel villaggio a chiedere l’elemosina. In verità, egli era curiosamente innamorato della bellezza, e i deboli e i deformi suscitavano in lui un sommo disgusto, e il desiderio di schernirli;amava solo se stesso, e d’estate, quando i venti tacevano immobili, aveva l’abitudine di sdraiarsi presso la fontana nell’orto della sacrestia e osservava a lungo il suo splendido volto riflesso nell’acqua, ridendo per la gioia che la sua bellezza gli procurava.
Spesso il taglialegna e sua moglie lo rimproveravano, dicendogli: «Noi non ti abbiamo trattato come tu tratti quelli che sono abbandonati e indifesi, senza nessuno che li aiuti nella loro miseria.Perché sei così crudele con chi ha bisogno di compassione?».
Spesso il vecchio prete lo mandava a chiamare, e gli parlava cercando di insegnargli l’amore per gli esseri viventi. «La mosca è tua sorella», gli diceva. «Non farle del male. Gli uccelli selvatici che volano nella foresta hanno diritto alla loro libertà. Non tender loro insidie per tuo piacere. Dio ha creato il lombrico cieco e la talpa, e ciascuno ha il suo posto. Chi sei tu per portare la sofferenza nel mondo di Dio? Anche gli armenti nei campi levano lodi a Lui».Ma il Bimbo-Stella non dava il minimo peso a quelle parole, e si accigliava e si faceva beffa di tutto ciò che gli veniva detto, e tornava dai suoi compagni e li tiranneggiava. E i suoi compagni loseguivano, perché era bello, e veloce nella corsa, e impareggiabile a ballare, cantare e suonare. E ovunque il Bimbo-Stella li guidava essi lo seguivano, e qualunque cosa il Bimbo-Stella dicesse loro di fare la facevano. E quando, con una cannuccia appuntita, egli trafiggeva gli occhi torpidi della talpa, essi ridevano, e quando egli scagliava sassi contro il lebbroso, anche allora ridevano. In tutto egli li dominava, ed essi diventavano duri di cuore come lui.
Ora avvenne che un giorno passò dal villaggio una povera mendicante. Lacere e cenciose erano le sue vesti, e i piedi sanguinanti per l’ardua via che avevano battuto, e il suo aspetto era in tutto miserabile. Sentendosi sfinita, s’era seduta sotto un castagno a riposare.
Ma quando il Bimbo-Stella la vide, disse ai suoi compagni: «Guardate! C’è un’orrenda mendicante seduta sotto quella bella pianta dalle foglie verdi. Andiamo a cacciarla via, che è troppobrutta e storpia».
E le si avvicinò, le gettò dei sassi e la schernì, mentre lei lo guardava con occhi terrorizzati senza staccare lo sguardo da lui. E quando il taglialegna, che stava spaccando dei ceppi in un recinto poco distante, vide ciò che il Bimbo-Stella stava facendo, accorse per rimproverarlo, e gli disse: «Sei proprio senza cuore e senza pietà? Che ti ha fatto di male questa povera donna perché tu la tratti così?».
E il Bimbo-Stella si fece rosso di collera, e pestando i piedi per terra ribadì: «Chi sei tu per giudicare ciò che faccio? Non sei mio padre e io non ti devo ubbidienza».
«Tu dici il vero», rispose il taglialegna, «ma quando ti trovai nel bosco ebbi compassione di te».
Nell’udire queste ultime parole, la donna lanciò un grido acuto, e cadde al suolo priva di sensi. E il taglialegna la portò a casa, e sua moglie si prese cura di lei, e quando rinvenne, le furono offerti cibo e bevande e fu esortata a farsi coraggio.
Ma la donna non volle né mangiare né bere, e domandò al taglialegna: «Davvero quel bambino, come hai detto, è stato trovato nel bosco? È forse accaduto dieci anni fa?».
E il taglialegna rispose: «Sì, è stato nel bosco che l’ho trovato, e fanno esattamente oggi dieci anni».
«E che segni gli hai trovato indosso?», chiese di nuovo lei. «Non aveva al collo una collana d’ambra? Non era avvolto da un mantello di tessuto d’oro ricamato a stelle?»
«Infatti», rispose il taglialegna. «È proprio come tu dici». E andò a prendere mantello e collana dalla cassapanca in cui erano stati riposti, e glieli mostrò.
E al vederli la donna scoppiò in lacrime, tanta fu la sua gioia. «Quello è il mio bambino, che ho perduto nella foresta. Ti prego, chiamalo, perché ho vagato per tutto il mondo in cerca di lui».
Allora il taglialegna e sua moglie uscirono e chiamarono il Bimbo-Stella, e gli dissero: «Entra in casa, e lì troverai tua madre, che ti sta aspettando».
Ed egli corse all’interno, raggiante di gioia e di meraviglia. Ma quando vide chi era la donna seduta ad aspettarlo, si mise a ridere sprezzante e disse: «Ebbene, dov’è mia madre? Non vedo nessuno qui fuorché questa miserabile mendicante».
E la donna gli disse: «Sono io la tua mamma».
«Tu devi essere pazza», gridò pieno d’ira il Bimbo-Stella. «Io non sono tuo figlio, perché tu sei una mendicante, orribile e cenciosa. Vattene di qui, che non ti veda mai più».
«Oh sì, tu sei proprio il mio bambino, il figlio cui diedi la luce nel bosco», esclamò lei, cadendo in ginocchio e tendendogli le mani. «I briganti ti rapirono, e ti lasciarono lì a morire, ma io ti ho riconosciuto appena ti ho visto, e ho riconosciuto il mantello dorato e la collana d’ambra. Perciò ti prego, vieni con me, perché ho vagato per tutto il mondo in cerca di te. Vieni con me, figlio mio, perché ho bisogno del tuo amore».
Ma il Bimbo-Stella non si mosse, e tenne ben chiuse le porte del suo cuore, e non altro suono si udiva fuorché il singhiozzare della donna che piangeva disperata.
E alla fine le parlò, e la sua voce era dura e amara: «Se davvero sei mia madre, avresti fatto meglio a restartene lontana, e a non venire qui per farmi vergognare, visto che io ero convinto d’essere il figlio di una Stella, e non il figlio di una pezzente, come mi dici che sono. Perciò vattene di qui, che io non ti veda mai più».
«Ahimè, figlio mio!», implorò lei. «Mi darai almeno un bacio prima che me ne vada? Ho sofferto tanto per poterti ritrovare!».
«No», rispose il Bimbo-Stella, «sei troppo orribile, preferirei baciare una biscia, o un rospo, piuttosto che te».
Così la donna se ne andò, e s’inoltrò nella foresta gemendo amaramente, e il Bimbo-Stella nel vederla andarsene esultò, e fece ritorno fra i suoi compagni per continuare a giocare con loro.
Ma essi lo schernirono, e gli dissero: «Sei orribile come il rospo, e ripugnante come la biscia. Vattene via, non ti vogliamo a giocare con noi», e lo scacciarono fuori dal giardino.
E il Bimbo-Stella si accigliò e si disse: «Che mi stanno dicendo? Ora andrò alla fonte, a specchiarmi nell’acqua, ed essa mi rivelerà la mia bellezza».
Così andò alla fonte, e vi si specchiò e - oh! - orribile era il suo viso come il muso di un rospo, e tutto squamoso il suo corpo come quello di una vipera. Ed egli si gettò sull’erba e pianse, e si disse: «Sicuramente questo mi accade per il mio peccato. Perché ho rinnegato mia madre, e l’ho cacciata via, e sono stato crudele e superbo, e non ho avuto pietà di lei. Perciò me ne andrò e la cercheròper tutto il mondo, e non avrò pace finché non l’avrò ritrovata».
E la piccola figlia del taglialegna gli si accostò, e gli mise la mano sulla spalla e gli disse: «Che cosa importa se hai perduto la tua bellezza? Resta con noi, e io non ti disprezzerò».
Ed egli le rispose: «No, sono stato crudele con mia madre, e questa sciagura è la punizione che mi sono meritato. Perciò me ne andrò via di qua, e vagherò per il mondo finché la ritroverò e otterrò il suo perdono».
Così corse via nella foresta, e chiamò a gran voce sua madre perché venisse da lui, ma non ricevette alcuna risposta. Tutto il giorno la chiamò, e al tramonto del sole si distese su un giaciglio di foglie, e gli uccelli e gli animali fuggirono via da lui, perché ricordavano la sua crudeltà, ed egli rimase solo col rospo che lo fissava e la biscia che gli strisciava lenta al fianco.
E al mattino s’alzò, e colse dalle piante delle bacche acidule e le mangiò, poi riprese il cammino per il bosco immenso, gemendo amaramente. E a tutti quelli che incontrava chiedeva se avessero visto sua madre.
Chiese alla Talpa: «Tu puoi andare sotto terra. Dimmi, la mia mamma è laggiù?».
E la Talpa rispose: «Tu mi hai trafitto gli occhi e mi hai resa cieca. Come potrei saperlo?».
Chiese al Fanello: «Tu puoi volare sulle cime degli alti alberi, e vedere il mondo intero. Dimmi, non vedi dov’è la mia mamma?».
E il Fanello rispose: «Tu mi hai tarpato le ali per tuo divertimento. Come potrei volare?».
E al piccolo Scoiattolo che viveva sull’abete tutto solo, chiese ancora: «Dov’è la mia mamma?».
E lo Scoiattolo rispose: «Tu mi hai ucciso la mia. Vuoi forse uccidere anche la tua?».
E il Bimbo-Stella pianse e chinò la testa, e pregò le creature di Dio che lo perdonassero, e riprese il cammino per la foresta, in cerca della mendicante. E il terzo giorno giunse all’altra parte della foresta e scese verso la pianura.
E quando passava per i villaggi i ragazzi lo deridevano, e gli scagliavano pietre, e i fattori non lo lasciavano nemmeno dormire nei granai per timore che contaminasse il grano, tanto orribile era a vedersi, e i servi lo cacciavano via, e non c’era nessuno che avesse pietà di lui. E in nessun luogo riusciva ad avere notizie della mendicante che era sua madre, sebbene vagasse per il mondo per tre anni di seguito, e spesso avesse l’impressione di vederla per via, e la chiamasse, rincorrendola a volte finché i sassi non gli facevano sanguinare i piedi. Ma non riusciva mai a trovarla, e gli abitanti di ogni villaggio negavano d’averla mai vista, o d’aver visto qualcuno che le assomigliasse, e si facevano beffe del suo dolore.
Per tre anni di seguito egli vagò per il mondo, e nel mondo non c’era né amore, né tenerezza, né carità per lui, ma era né più né meno il mondo che egli si era forgiato negli anni della sua grande superbia.
E una sera il Bimbo-Stella giunse alle porte di una città dalle mura massicce, che sorgeva nei pressi di un fiume, e, benché sfinito e coi piedi piagati, vi si diresse per entrarvi. Ma le sentinelle spianarono le loro alabarde attraverso l’ingresso, domandandogli in tono aspro: «Che vieni a fare in questa città?»
«Cerco mia madre», rispose lui, «e vi prego di lasciarmi entrare, perché può darsi che si trovi in questa città».
Ma essi si fecero beffe di lui, e uno di loro scosse la gran barba nera e posò a terra lo scudo esclamando: «Quando tua madre ti vedrà, non avrà certo di che rallegrarsi, poiché sei più brutto delrospo dello stagno, e della biscia della palude. Vattene! Tua madre non abita in questa città».
E un altro, che teneva in mano uno stendardo giallo, gli domandò: «Chi ètua madre, e perché la stai cercando?».
Ed egli rispose: «Mia madre è una mendicante come me, e io sono stato crudele con lei, e vi prego di lasciarmi entrare perché io possa ottenere il suo perdono, se per caso fosse in questa città».
Ma le sentinelle non vollero lasciarlo passare, e lo respinsero con le lance tese. E mentre egli se ne andava piangendo, ecco un uomo dall’armatura cesellata a fiori d’oro, sul cui elmo era dipinto un leone alato, che avanzò e chiese alle sentinelle chi era colui che voleva entrare. «E un mendicante, figlio di una mendicante»,gli fu risposto, «e lo abbiamo cacciato via».
«Ma no», esclamò il nuovo venuto, ridendo, «vendiamo quel sudicio essere come schiavo, e ce lo compreranno al prezzo di un boccale di vin dolce».
E un vecchio dalla faccia malevola, che passava di lì, lo chiamò e gli disse: «Lo compro io a questo prezzo», e, pagata appunto quella somma, prese per mano il Bimbo-Stella e lo condusse in città.
E dopo aver camminato per molte strade giunsero a una piccola porta intagliata in un muro sormontato da un albero di melograno. E il vecchio toccò la porta con un anello di diaspro e quella si aprì, e scesero per cinque gradini d’ottone finché giunsero in un giardino folto di papaveri neri e di giare verdi d’argilla bruciata. E il vecchio si tolse dal turbante una sciarpa di seta variegata, e con questa bendò gli occhi del Bimbo-Stella, e lo spinse innanzi. E quando la sciarpa gli fu tolta dagli occhi, il Bimbo-Stella si trovò in una cella sotterranea, illuminata da una lanterna di corno.
E il vecchio gli mise dinnanzi una crosta di pane ammuffito su di un tagliere e disse: «Mangia», e un po’ d’acqua salmastra in una ciotola e disse: «Bevi», e quando il Bimbo-Stella ebbe mangiato e bevuto, uscì, chiudendo a chiave l’uscio dietro di sé e assicurandolo con una spranga di ferro.
E l’indomani il vecchio, che in verità era il più astuto dei maghi di Libia e aveva appreso la sua arte da un uomo che dimorava presso le bocche del Nilo, si ripresentò al piccolo prigioniero e glidisse: «In un bosco non lontano dalle porte di questa città dei Giauri ci sono tre monete d’oro. Una è d’oro bianco, un’altra d’oro giallo, e l’oro della terza è rosso. Oggi tu devi portarmi la moneta d’oro bianco, e se non me la porterai ti darò cento staffilate. Vattene via in fretta, ti aspetto al tramonto alla porta del giardino. Bada di portare con te l’oro bianco, altrimenti la pagherai cara, giacché sei il mio schiavo, e ti ho comprato al prezzo di un boccale di vin dolce». E gli bendò gli occhi con la sciarpa di seta dipinta, e lo guidò oltre la casa e il giardino di papaveri su per i cinque gradini d’ottone. E dopo aver aperto con l’anello la piccola porta, gli tolse la sciarpa e lo spinse sulla strada.
E il Bimbo-Stella uscì dalle porte della città, e giunse al bosco di cui il Mago gli aveva parlato.
Era questo bosco molto bello a vedersi, da fuori, e sembrava pieno di uccelli canori e di fiori profumati, e il Bimbo-Stella vi entrò con animo lieto. Ma quella bellezza gli giovò ben poco,perché dovunque andasse spuntavano dal suolo aspri rovi e spine a intralciargli il passo, e perfide ortiche lo pungevano, e il cardo coi suoi aculei lo trafiggeva, sicché era in preda al più penoso sgomento. Né riusciva a trovare in alcun luogo la moneta d’oro bianco di cui il Mago gli aveva parlato, benché la cercasse dal mattino a mezzogiorno e da mezzogiorno al tramonto. E al tramonto fece ritorno a casa gemendo amaramente, poiché sapeva quale sorte lo attendeva.
Ma giunto al margine del bosco, udì il grido di qualcuno in pena dal folto di una macchia. E dimenticandosi del proprio dolore, corse verso quel punto, e vide una piccola Lepre presa in unatrappola preparatale da qualche cacciatore.
E il Bimbo-Stella ebbe pietà di lei, e la liberò, dicendole: «Anch’io non sono che uno schiavo, ma posso dare a te la libertà».
E la Lepre gli rispose: «Tu mi hai dato la libertà, io che posso darti in cambio?».
E il Bimbo-Stella le disse: «Sto cercando una moneta d’oro bianco, e non la trovo in alcun luogo, e se non la porto a casa al mio padrone, mi picchierà».
«Seguimi», disse la Lepre, «io so dov’è nascosta quella moneta, e so anche a che scopo».
Così il Bimbo-Stella seguì la Lepre, e vide la moneta che cercava nel cavo di un’enorme quercia. E si rallegrò molto, e la chiuse nel palmo della mano, e disse alla Lepre: «Il beneficio che mirechi è cento volte più prezioso di quello che ti ho recato io, e la cortesia che ti ho usata me la ripaghi mille volte».
«Non è vero», rispose la Lepre, «mi sono comportata con te come tu ti sei comportato con me», e corse via in fretta, e il Bimbo-Stella si diresse verso la città.
Alle porte della città stava seduto un lebbroso. Il suo viso era coperto da un cappuccio di tela grigia, e gli occhi brillavano come carboni ardenti attraverso due fori. E quando egli vide avvicinarsi il Bimbo-Stella, batté su una ciotola di legno, e fece tintinnare il suo campanello, e lo chiamò dicendogli: «Dammi una moneta, o morirò di fame. Mi han cacciato fuori dalla città, e non c’è nessuno che abbia pietà di me».
«Ahinoi!», gemette il Bimbo-Stella.«Non ho che una moneta nella mia bisaccia, e se non la porto al mio padrone, mi picchierà, perché sono il suo schiavo».
Ma il lebbroso lo supplicò nuovamente, e il Bimbo-Stella ebbepietà, e gli diede la moneta d’oro bianco.
E quando giunse alla casa del Mago, questi gli aprì, lo fece entrare, e gli chiese: «Hai la moneta d’oro bianco?».
E il Bimbo-Stella rispose: «No, non l’ho».
E il Mago si avventò su di lui, e lo picchiò, e gli mise dinnanzi un tagliere vuoto, e gli disse: «Mangia», e una ciotola vuota, e gli disse: «Bevi», e lo rinchiuse nella cella sotterranea.
E l’indomani il Mago si ripresentò a lui, e disse: «Se oggi non mi porterai la moneta d’oro giallo, non ti libererò dalla tua prigionia e ti darò duecento staffilate».
Così il Bimbo-Stella andò al bosco, e tutto il giorno cercò la moneta d’oro giallo, ma non riuscì a trovarla in alcun luogo. E al tramonto si lasciò cadere al suolo e si mise a piangere, e mentrepiangeva gli si avvicinò la piccola Lepre che aveva liberato dalla trappola.
E la Lepre gli disse: «Perché piangi? Che stai cercando nel bosco?».
E il Bimbo-Stella rispose: «Cerco una moneta d’oro giallo che sta nascosta qui, e se non la trovo il mio padrone mi picchiere e non mi libererà mai più».
«Seguimi», gridò la Lepre, e corse via nel bosco finché giunse a uno stagno. E in fondo allo stagno giaceva la moneta d’oro giallo.
«Come potrò mai ringraziarti?», disse il Bimbo-Stella. «È già la seconda volta che mi aiuti».
«Sì, ma tu hai avuto pietà di me per primo», rispose la Lepre, e corse via in fretta.
E il Bimbo-Stella prese la moneta d’oro giallo, e se la mise nella bisaccia, e si affrettò verso la città. Ma il lebbroso, quando lo vide giungere, gli si fece incontro, e si inginocchiò gridando: «Dammi una moneta, o morirò di fame».
E il Bimbo-Stella gli disse: «Non ho che una moneta nella mia bisaccia, e se non la porto al mio padrone, mi picchierà, perché sono il suo schiavo».
Ma il lebbroso lo implorò nuovamente, e il Bimbo-Stella ebbe pietà, e gli diede la moneta d’oro giallo.
E quando giunse alla casa del Mago, questi gli aprì, lo fece entrare, e gli chiese: «Hai la moneta d’oro giallo?».
E il Bimbo-Stella rispose: «No, non l’ho».
E il Mago si avventò su di lui, e lo picchiò e lo avvinse in catene, e lo rinchiuse nella cella sotterranea.
E l’indomani il Mago si ripresentò a lui, e disse: «Se oggi mi porterai la moneta d’oro rosso, ti libererò, ma se non me la porterai, sta’ certo che ti toglierò la vita».
Così il Bimbo-Stella andò al bosco, e tutto il giorno cercò la moneta d’oro rosso, ma non riuscì a trovarla in alcun luogo. E al tramonto si lasciò cadere al suolo, e si mise a piangere, e mentrepiangeva gli si avvicinò la piccola Lepre.
E la Lepre gli disse: «La moneta d’oro rosso che cerchi è nella caverna alle tue spalle. Perciò non disperarti e anzi rallegrati».
«Come potrò mai ricompensarti?», disse il Bimbo-Stella. «È la terza volta che mi aiuti».
«Sì, ma tu hai avuto pietà di me per primo», rispose la Lepre, e corse via in fretta.
E il Bimbo-Stella entrò nella caverna, e nell’angolo più nascosto trovò la moneta d’oro rosso. Se la mise nella bisaccia, e si affrettò verso la città. E il lebbroso, quando lo vide giungere, si piantò nel mezzo della strada e gli gridò:
«Dammi la moneta d’oro rosso, altrimenti morirò», e il Bimbo-Stella ebbe ancora una volta pietà di lui, e gli diede la moneta d’oro rosso, dicendo: «La tua miseria è più grande della mia». Ma il suo cuore era greve d’afflizione, poiché sapeva quale sorte l’attendeva.
Ma - incredibile! - al suo passaggio attraverso le porte della città, le sentinelle si inchinarono in atto di obbedienza, dicendo: «Com’è bello il nostro signore!».
E una moltitudine di cittadini lo seguì, gridando: «Certo non può esserci nessuno più bello in tutto il mondo!».
E il Bimbo-Stella piangeva, e si diceva: “Si fanno beffe di me, e deridono la mia infelicità”.
E tanto fitta era la folla che perse la strada, e si trovò alfine in una grande piazza in cui sorgeva il palazzo di un re.
E la porta del palazzo si aprì, e i sacerdoti e gli alti ministri della città gli corsero incontro e si prostrarono dinnanzi a lui, e dissero: «Tu sei il nostro signore, colui che attendevamo, il figlio del nostro Re».
E il Bimbo-Stella rispose loro: «Non sono il figlio di un re, ma il figlio di una povera mendicante. E come fate a dire che sono bello, se so benissimo di avere un aspetto orribile?».
E l’uomo con l’armatura cesellata a fiori d’oro, sul cui elmo era dipinto un leone alato, gli mise dinnanzi uno scudo, e gridò: «Come può dire il mio signore di non essere bello?».
E il Bimbo-Stella guardò e - oh! - il suo viso era quello di un tempo, la sua bellezza era tornata a lui, ed egli vide nei suoi occhi ciò che prima non c’era.
E i sacerdoti e i ministri si inginocchiarono e gli dissero: «Unaprofezia antica di molti anni affermava che oggi sarebbe arrivato colui che doveva regnare su di noi. Dunque accetta questa corona e questo scettro, e sii con animo nobile e retto il nostro Re».
Ma egli disse loro: «Non ne sono degno, perché ho rinnegato la madre che mi ha dato la vita, e non potrò aver pace finché non l’avrò trovata e non avrò ottenuto il suo perdono. Quindi lasciatemi andare, perché devo vagare ancora per il mondo e non possoindugiare qui, benché voi mi offriate scettro e corona». E mentre così parlava volse indietro il viso, verso la strada che conduceva alle porte della città, e - oh! - tra la folla che si accalcava intornoalle sentinelle vide la mendicante che era sua madre, e al suo fianco il lebbroso che soleva sedere sul margine della via.
E un grido di gioia proruppe dalle labbra del Bimbo-Stella, ed egli corse verso di loro, e inginocchiatosi baciò le piaghe sui piedi di sua madre, e le bagnò di lacrime. Chinò il capo giù nella polvere, e singhiozzando come uno a cui stia per spezzarsi il cuore, le disse: «Mamma, ti ho rinnegato nell’ora della mia superbia. Accettami nell’ora della mia umiltà. Mamma, ti ho datoodio. Tu dammi amore. Mamma, ti ho respinta. Ora tu accogli tuo figlio».
Ma la mendicante non gli rispose nemmeno una parola.
Egli tese allora le mani, e afferrò il piede bianco del lebbroso, e disse: «Tre volte ti ho fatto la carità. Prega tu mia madre di parlarmi almeno una volta». Ma il lebbroso non gli rispose nemmeno una parola.
Di nuovo singhiozzante, egli disse: «Mamma, il mio dolore è più grande di quanto posso sopportare. Concedimi il tuo perdono, e lasciami ritornare nella foresta». E la mendicante gli posò lamano sul capo, e gli disse: «Alzati».
E il lebbroso gli pose la mano sul capo, e gli disse: «Alzati».
Ed egli si alzò, e li guardò e - oh! - erano un Re e una Regina.
E la Regina gli disse: «Questo è tuo padre, di cui hai avuto pietà».
E il Re gli disse: «Questa è tua madre, i cui piedi hai lavato con le tue lacrime».
Ed essi gli gettarono le braccia al collo e lo baciarono, e lo condussero al palazzo, e lo vestirono di un abito bellissimo, e gli posero la corona sul capo, e lo scettro nella mano, ed egli governò sulla città che sorgeva in riva al fiume, e fu il suo signore. Molta giustizia e pietà mostrò per tutti, e bandì in esilio il perfido Mago, e al taglialegna e a sua moglie mandò ricchi doni in gran quantità, e ai loro figli conferì alte cariche. E non permetteva che alcuno si comportasse in modo crudele con gli uccelli e le altre bestie, ma insegnava l’amore e l’affetto e la carità, e ai poveri dava pane, e ai bisognosi dava vestiti, e nel paese regnavano la pace e l’abbondanza.
Ma egli non regnò a lungo: tanto grande era stata la sua pena, e tanto amaro il fuoco della sua esperienza, che in capo a tre anni morì. E quello che regnò dopo di lui fu un re malvagio.
Once upon a time two poor Woodcutters were making their way home through a great pine-forest. It was winter, and a night of bitter cold. The snow lay thick upon the ground, and upon the branches of the trees: the frost kept snapping the little twigs on either side of them, as they passed: and when they came to the Mountain-Torrent she was hanging motionless in air, for the Ice-King had kissed her.
So cold was it that even the animals and the birds did not know what to make of it.
'Ugh!' snarled the Wolf as he limped through the brushwood with his tail between his legs, 'this is perfectly monstrous weather. Why doesn't the Government look to it?'
'Weet! weet! weet! twittered the green Linnets, 'the old Earth is dead, and they have laid her out in her white shroud.'
'The Earth is going to be married, and this is her bridal dress,' whispered the Turtle-doves to each other. Their little pink feet were quite frost-bitten, but they felt that it was their duty to take a romantic view of the situation.
'Nonsense!' growled the Wolf. 'I tell you that it is all the fault of the Government, and if you don't believe me I shall eat you.' The Wolf had a thoroughly practical mind, and was never at a loss for a good argument.
'Well, for my own part, said the Woodpecker, who was a born philosopher, 'I don't care an atomic theory for explanations. If a thing is so, it is so, and at present it is terribly cold.'
Terribly cold it certainly was. The little Squirrels, who lived inside the tall fir-tree, kept rubbing each other's noses to keep themselves warm, and the Rabbits curled themselves up in their holes, and did not venture even to look out of doors. The only people who seemed to enjoy it were the great horned Owls. Their feathers were quite stiff with rime, but they did not mind, and they rolled their large yellow eyes, and called out to each other across the forest, 'Tu-whit! Tu-whoo! Tu-whit! Tu-whoo! what delightful weather we are having!'
On and on went the two Woodcutters, blowing lustily upon their fingers, and stamping with their huge iron-shod boots upon the caked snow. Once they sank into a deep drift, and came out as white as millers are, when the stones are grinding; and once they slipped on the hard smooth ice where the marsh-water was frozen, and their faggots tell out of their bundles, and they had to pick them up and bind them together again; and once they thought that they had lost their way, and a great terror seized on them, for they knew that the Snow is cruel to those who sleep in her arms. But they put their trust in the good Saint Martin, who watches over all travellers, and retraced their steps, and went warily, and at last they reached the outskirts of the forest, and saw, far down in the valley beneath them, the lights of the village in which they dwelt.
So overjoyed were they at their deliverance that they laughed aloud, and the Earth seemed to them like a flower of silver, and the Moon like a flower of gold.
Yet, after that they had laughed they became sad, for they remembered their poverty, and one of them said to the other, 'Why did we make merry, seeing that life is for the rich, and not for such as we are? Better that we had died of cold in the forest, or that some wild beast had fallen upon us and slain us.'
'Truly,' answered his companion, much is given to some, and little is given to others. Injustice has parcelled out the world, nor is there equal division of aught save of sorrow.'
But as they were bewailing their misery to each other this strange thing happened. There fell from heaven a very bright and beautiful star. It slipped down the side of the sky, passing by the other stars in its course, and, as they watched it wondering, it seemed to them to sink behind a clump of willow-trees that stood hard by a little sheep-fold no more than a stone's throw away.
'Why! there is a crock of gold for whoever finds it,' they cried, and they set to and ran, so eager were they for the gold.
And one of them ran taster than his mate, and outstripped him, and forced his way through the willows, and came out on the other side, and lo! there was indeed a thing of gold lying on the white snow. So he hastened towards it, and stooping down placed his hands upon it, and it was a cloak of golden tissue, curiously wrought with stars, and wrapped in many folds. And he cried out to his comrade that he had found the treasure that had fallen from the sky, and when his comrade had come up, they sat them down in the snow, and loosened the folds of the cloak that they might divide the pieces of gold. But, alas! no gold was in it, nor silver, nor, indeed, treasure of any kind, but only a little child who was asleep.
And one of them said to the other: 'This is a bitter ending to our hope, nor have we any good fortune, for what doth a child profit to a man? Let us leave it here, and go our way, seeing that we are poor men, and have children of our own whose bread we may not give to another.'
But his companion answered him: 'Nay, but it were an evil thing to leave the child to perish here in the snow, and though I am as poor as thou art, and have many mouths to feed, and but little in the pot, yet will I bring it home with me, and my wife shall have care of it.'
So very tenderly he took up the child, and wrapped the cloak around it to shield it from the harsh cold, and made his way down the hill to the village, his comrade marvelling much at his foolishness and softness of heart.
And when they came to the village, his comrade said to him, 'Thou hast the child, therefore give me the cloak, for it is meet that we should share.'
But he answered him: 'Nay, for the cloak is neither mine nor thine, but the child's only,' and he bade him Godspeed, and went to his own house and knocked.
And when his wife opened the door and saw that her husband had returned safe to her, she put her arms round his neck and kissed him, and took front his back the bundle of faggots, and brushed the snow off his boots, and bade him come in.
But he said to her, 'I have found something in the forest, and I have brought it to thee to have care of it,' and he stirred not from the threshold.
'What is it?' she cried. 'Show it to me, for the house is bare, and we have need of many things.' And he drew the cloak back, and showed her the sleeping child.
'Alack, goodman!' she murmured, 'have we not children enough of our own, that thou must needs bring a changeling to sit by the hearth? And who knows if it will not bring us bad fortune? And how shall we tend it?' And she was wroth against him.
'Nay, but it is a Star-Child,' he answered; and he told her the strange manner of the finding of it.
But she would not be appeased, but mocked at him, and spoke angrily, and cried: 'Our children lack bread, and shall we feed the child of another? Who is there who careth for us? And who giveth us food?'
'Nay, but God careth for the sparrows even, and feedeth them,' he answered.
'Do not the sparrows die of hunger in the winter?' she asked. And is it not winter now?' And the man answered nothing, but stirred not from the threshold.
And a bitter wind from the forest came in through the open door, and made her tremble, and she shivered, and said to him: 'Wilt thou not close the door? There cometh a bitter wind into the house, and I am cold.'
'Into a house where a heart is hard cometh there not always a bitter wind?' he asked. And the woman answered him nothing, but crept closer to the fire.
And after a time she turned round and looked at him, and her eyes were full of tears. And he came in swiftly, and placed the child in her arms, and she kissed it, and laid it in a little bed where the youngest of their own children was lying. And on the morrow the Woodcutter took the curious cloak of gold and placed it in a great chest, and a chain of amber that was round the child's neck his wife took and set it in the chest also.
So the Star-Child was brought up with the children of the Woodcutter, and sat at the same board with them, and was their playmate. And every year he became more beautiful to look at, so that all those who dwelt in the village were filled with wonder, for, while they were swarthy and black-haired, he was white and delicate as sawn ivory, and his curls were like the rings of the daffodil. His lips, also, were like the petals of a red flower, and his eyes were like violets by a river of pure water, and his body like the narcissus of a field where the mower comes not.
Yet did his beauty work him evil. For he grew proud, and cruel, and selfish. The children of the Woodcutter, and the other children of the village, he despised, saying that they were of mean parentage, while he was noble, being sprung from a Star, and he made himself master over them, and called them his servants. No pity had he for the poor, or for those who were blind or maimed or in any way afflicted, but would cast stones at them and drive them forth on to the highway, and bid them beg their bread elsewhere, so that none save the outlaws came twice to that village to ask for aims. Indeed, he was as one enamoured of beauty, and would mock at the weakly and ill-favoured, and make jest of them; and himself he loved, and in summer, when the winds were still, he would lie by the well in the priest's orchard and look down at the marvel of his own face, and laugh for the pleasure he had in his fairness.
Often did the Woodcutter and his wife chide him, and say: 'We did not deal with thee as thou dealest with those who are left desolate, and have none to succour them. Wherefore art thou so cruel to all who need pity?'
Often did the old priest send for him, and seek to teach him the love of living things, saying to him: 'The fly is thy brother. Do it no harm. The wild birds that roam through the forest have their freedom. Snare them not for thy pleasure. God made the blind-worm and the mole, and each has its place. Who art thou to bring pain into God's world? Even the cattle of the field praise Him.'
But the Star-Child heeded not their words, but would frown and flout, and go back to his companions, and lead them. And his companions followed him, for he was fair, and fleet of foot, and could dance, and pipe, and make music. And wherever the Star-Child led them they followed, and whatever the Star-Child bade them do, that did they. And when he pierced with a sharp reed the dim eyes of the mole, they laughed, and when he cast stones at the leper they laughed also. And in all things he ruled them, and they became hard of heart, even as he was.
Now there passed one day through the village a poor beggar-woman. Her garments were torn and ragged, and her feet were bleeding from the rough road on which she had travelled, and she was in very evil plight. And being weary she sat her down under a chestnut-tree to rest.
But when the Star-Child saw her, he said to his companions, 'See! There sitteth a foul beggar-woman under that fair and green-leaved tree. Come, let us drive her hence, for she is ugly and ill-favoured.'
So he came near and threw stones at her, and mocked her, and she looked at him with terror in her eyes, nor did she move her gaze from him. And when the Woodcutter, who was cleaving logs in a haggard hard by, saw what the Star-Child was doing, he ran up and rebuked him, and said to him: 'Surely thou art hard of heart and knowest not mercy, for what evil has this poor woman done to thee that thou should'st treat her in this wise?'
And the Star-Child grew red with anger, and stamped his foot upon the ground, and said, 'Who art thou to question me what I do? I am no son of thine to do thy bidding.'
'Thou speakest truly,' answered the Woodcutter, 'yet did I show thee pity when I found thee in the forest.'
And when the woman heard these words she gave a loud cry, and fell into a swoon. And the Woodcutter carried her to his own house, and his wife had care of her, and when she rose up from the swoon into which she had fallen, they set meat and drink before her, and bade her have comfort.
But she would neither eat nor drink, but said to the Woodcutter, 'Didst thou not say that the child was found in the forest? And was it not ten years from this day?'
And the Woodcutter answered, 'Yea, it was in the forest that I found him, and it is ten years from this day.'
'And what signs didst thou find with him?' she cried. 'Bare he not upon his neck a chain of amber? Was not round him a cloak of gold tissue broidered with stars?'
'Truly,' answered the Woodcutter, 'it was even as thou sayest.' And he took the cloak and the amber chain from the chest where they lay, and showed them to her.
And when she saw them she wept for joy, and said, 'He is my little son whom I lost in the forest. I pray thee send for him quickly, for in search of him have I wandered over the whole world.'
So the Woodcutter and his wife went out and called to the Star-Child, and said to him, 'Go into the house, and there shalt thou find thy mother, who is waiting for thee.'
So he ran in, filled with wonder and great gladness. But when he saw her who was waiting there, he laughed scornfully and said, 'Why, where is my mother? For I see none here but this vile beggar-woman.'
And the woman answered him, 'I am thy mother.'
'Thou art mad to say so,' cried the Star-Child angrily. 'I am no son of thine, for thou art a beggar, and ugly, and in rags. Therefore get thee hence, and let me see thy foul face no more.'
'Nay, but thou art indeed my little son, whom I bare in the forest,' she cried, and she fell on her knees, and held out her arms to him. 'The robbers stole thee from me, and left thee to die,' she murmured, 'but I recognized thee when I saw thee, and the signs also have I recognized, the cloak of golden tissue and the amber-chain. Therefore I pray thee come with me, for over the whole world have I wandered in search of thee. Come with me, my son, for I have need of thy love.'
But the Star-Child stirred not from his place, but shut the doors of his heart against her, nor was there any sound heard save the sound of the woman weeping for pain.
And at last he spoke to her, and his voice was hard and bitter. 'If in very truth thou art my mother,' he said, 'it had been better hadst thou stayed away, and not come here to bring me to shame, seeing that I thought I was the child of some Star and not a beggar's child, as thou tellest me that I am. Therefore get thee hence, and let me see thee no more.'
'Alas! my son,' she cried, 'wilt thou not kiss me before I go? For I have suffered much to find thee.'
'Nay,' said the Star-Child, 'but thou art too foul to look at and rather would I kiss the adder or the toad than thee.'
So the woman rose up, and went away into the forest weeping bitterly, and when the Star-Child saw that she had gone, he was glad, and ran back to his playmates that he might play with them.
But when they beheld him coming, they mocked him and said, 'Why, thou art as foul as the toad, and as loathsome as the adder. Get thee hence, for we will not suffer thee to play with us,' and they drave him out of the garden.
And the Star-Child frowned and said to himself, 'What is this that they say to me? I will go to the well of water and look into it, and it shall tell me of my beauty.'
So he went to the well of water and looked into it, and lo! his face was as the face of a toad, and his body was scaled like an adder. And he flung himself down on the grass and wept, and said to himself, 'Surely this has come upon me by reason of my sin. For I have denied my mother, and driven her away, and been proud, and cruel to her. Wherefore I will go and seek her through the whole world, nor will I rest till I have found her.'
And there came to him the little daughter of the Woodcutter, and she put her hand upon his shoulder and said, 'What doth it matter if thou hast lost thy comeliness? Stay with us, and I will not mock at thee.'
And he said to her, 'Nay, but I have been cruel to my mother, and as a punishment has this evil been sent to me. Wherefore I must go hence, and wander through the world till I find her, and she give me her forgiveness.'
So he ran away into the forest and called out to his mother to come to him, but there was no answer. All day long he called to her, and when the sun set he lay down to sleep on a bed of leaves, and the birds and the animals fled from him, as they remembered his cruelty, and he was alone save for the toad that watched him, and the slow adder that crawled past.
And in the morning he rose up, and plucked some bitter berries from the trees and ate them, and took his way through the great wood, weeping sorely. And of everything that he met he made enquiry if perchance they had seen his mother.
He said to the Mole, 'Thou canst go beneath the earth. Tell me, is my mother there?'
And the Mole answered, 'Thou hast blinded mine eyes. How should I know?'
He said to the Linnet, 'Thou canst fly over the tops of the tall trees, and canst see the whole world. Tell me, canst thou see my mother?'
And the Linnet answered, 'Thou hast clipt my wings for thy pleasure. How should I fly?'
And to the little Squirrel who lived in the fir-tree, and was lonely, he said, 'Where is my mother?'
And the Squirrel answered, 'Thou hast slain mine. Dost thou seek to slay thine also?'
And the Star-Child wept and bowed his head, and prayed forgiveness of God's things, and went on through the forest, seeking for the beggar-woman. And on the third day he came to the other side of the forest and went down into the plain.
And when he passed through the villages the children mocked him, and threw stones at him, and the carlots would not suffer him even to sleep in the byres lest he might bring mildew on the stored corn, so foul was he to look at, and their hired men drave him away, and there was none who had pity on him. Nor could he hear anywhere of the beggar-woman who was his mother, though for the space of three years he wandered over the world, and often seemed to see her on the road in front of him, and would call to her, and run after her till the sharp flints made his feet to bleed. But overtake her he could not, and those who dwelt by the way did ever deny that they had seen her, or any like to her, and they made sport of his sorrow.
For the space of three years he wandered over the world, and in the world there was neither love nor loving-kindness nor charity for him, but it was even such a world as he had made for himself in the days of his great pride.
And one evening he came to the gate of a strong-walled city that stood by a river, and, weary and footsore though he was, he made to enter in. But the soldiers who stood on guard dropped their halberts across the entrance, and said roughly to him, 'What is thy business in the city?'
'I am seeking for my mother,' he answered, 'and I pray ye to suffer me to pass, for it may be that she is in this city.'
But they mocked at him, and one of them wagged a black beard, and set down his shield and cried, 'Of a truth, thy mother will not be merry when she sees thee, for thou art more ill-favoured than the toad of the marsh, or the adder that crawls in the fen. Get thee gone. Get thee gone. Thy mother dwells not in this city.'
And another, who held a yellow banner in his hand, said to him, 'Who is thy mother, and wherefore art thou seeking for her?'
And he answered, 'My mother is a beggar even as I am, and I have treated her evilly, and I pray ye to suffer me to pass that she may give me her forgiveness, if it be that she tarrieth in this city.' But they would not, and pricked him with their spears.
And, as he turned away weeping, one whose armour was inlaid with gilt flowers, and on whose helmet couched a lion that had wings, came up and made enquiry of the soldiers who it was who had sought entrance. And they said to him, 'It is a beggar and the child of a beggar, and we have driven him away.'
'Nay,' he cried, laughing, 'but we will sell the foul thing for a slave, and his price shall be the price of a bowl of sweet wine.'
And an old and evil-visaged man who was passing by called out, and said, 'I will buy him for that price,' and, when he had paid the price, he took the Star-Child by the hand and led him into the city.
And after that they had gone through many streets they came to a little door that was set in a wall that was covered with a pomegranate tree. And the old man touched the door with a ring of graved jasper and it opened, and they went down five steps of brass into a garden filled with black poppies and green jars of burnt clay. And the old man took then from his turban a scarf of figured silk, and bound with it the eyes of the Star-Child, and drave him in front of him. And when the scarf was taken off his eyes, the Star-Child found himself in a dungeon, that was lit by a lantern of horn.
And the old man set before him some mouldy bread on a trencher and said, 'Eat,' and some brackish water in a cup and said, 'Drink,' and when he had eaten and drunk, the old man went out, locking the door behind him and fastening it with an iron chain.
And on the morrow the old man, who was indeed the subtlest of the magicians of Libya and had learned his art from one who dwelt in the tombs of the Nile, came in to him and frowned at him, and said, 'In a wood that is nigh to the gate of this city of Giaours there are three pieces of gold. One is of white gold, and another is of yellow gold, and the gold of the third one is red. To-day thou shalt bring me the piece of white gold, and if thou bringest it not back, I will beat thee with a hundred stripes. Get thee away quickly, and at sunset I will be waiting for thee at the door of the garden. See that thou bringest the white gold, or it shall go in with thee, for thou art my slave, and I have bought thee for the price of a bowl of sweet wine.' And he bound the eyes of the Star-Child with the scarf of figured silk, and led him through the house, and through the garden of poppies, and up the five steps of brass. And having opened the little door with his ring he set him in the street.
And the Star-Child went out of the gate of the city, and came to the wood of which the Magician had spoken to him.
Now this wood was very fair to look at from without, and seemed full of singing birds and of sweet-scented flowers, and the Star-Child entered it gladly. Yet did its beauty profit him little, for wherever he went harsh briars and thorns shot up from the ground and encompassed him, and evil nettles stung him, and the thistle pierced him with her daggers, so that he was in sore distress. Nor could he anywhere find the piece of white gold of which the Magician had spoken, though he sought for it from morn to noon, and from noon to sunset. And at sunset he set his face towards home, weeping bitterly, for he knew what fate was in store for him.
But when he had reached the outskirts of the wood, he heard front a thicket a cry as of someone in pain. And forgetting his own sorrow he ran back to the place, and saw there a little Hare caught in a trap that some hunter had set for it.
And the Star-Child had pity on it, and released it, and said to it, 'I am myself but a slave, yet may I give thee thy freedom.'
And the Hare answered him, and said: 'Surely thou hast given me freedom, and what shall I give thee in return?'
And the Star-Child said to it, 'I am seeking for a piece of white gold, nor can I anywhere find it, and if I bring it not to my master he will beat me.'
'Come thou with me,' said the Hare, 'and I will lead thee to it, for I know where it is hidden, and for what purpose.'
So the Star-Child went with the Hare, and lo! in the cleft of a great oak-tree he saw the piece of white gold that he was seeking. And he was filled with joy, and seized it, and said to the Hare, 'The service that I did to thee thou hast rendered back again many times over and the kindness that I showed thee thou hast repaid a hundredfold.'
'Nay,' answered the Hare, 'but as thou dealt with me, so I did deal with thee,' and it ran away swiftly, and the Star-Child went towards the city.
Now at the gate of the city there was seated one who was a leper. Over his face hung a cowl of grey linen, and through the eyelets his eyes gleamed like red coals. And when he saw the Star-Child coming, he struck upon a wooden bowl, and clattered his bell, and called out to him, and said, 'Give me a piece of money, or I must die of hunger. For they have thrust me out of the city, and there is no one who has pity on rite.'
'Alas! cried the Star-Child, 'I have but one piece of money in my wallet, and if I bring it not to my master he will beat me for I am his slave.'
But the leper entreated him, and prayed of him, till the Star-Child had pity, and gave him the piece of white gold.
And when he came to the Magician's house, the Magician opened to him, and brought him in, and said to him, 'Hast thou the piece of white gold?' And the Star-Child answered, 'I have it not.' So the Magician fell upon him, and beat him, and set before him an empty trencher, and said 'Eat,' and an empty cup, and said, 'Drink,' and flung him again into the dungeon.
And on the morrow the Magician came to him, and said, 'If to-day thou bringest me not the piece of yellow gold, I will surely keep thee as my slave, and give thee three hundred stripes.'
So the Star-Child went to the wood, and all day long he searched for the piece of yellow gold, but nowhere could he find it. And at sunset he sat him down and began to weep, and as he was weeping there came to him the little Hare that he had rescued from the trap.
And the Hare said to him, 'Why art thou weeping? And what dost thou seek in the wood?'
And the Star-Child answered, 'I am seeking for a piece of yellow gold that is hidden here, and if I find it not my master will beat me, and keep me as a slave.'
'Follow me,' cried the Hare, and it ran through the wood till it came to a pool of water. And at the bottom of the pool the piece of yellow gold was lying.
'How shall I thank thee?' said the Star-Child, 'for lo! this is the second time that you have succoured me.'
'Nay, but thou hadst pity on me first,' said the Hare, and it ran away swiftly.
And the Star-Child took the piece of yellow gold, and put it in his wallet, and hurried to the city. But the leper saw him coming, and ran to meet him and knelt down and cried, 'Give me a piece of money or I shall die of hunger.'
And the Star-Child said to him, 'I have in my wallet but one piece of yellow gold, and if I bring it not to my master he will beat me and keep me as his slave.'
But the leper entreated him sore, so that the Star-Child had pity on him, and gave him the piece of yellow gold.
And when he came to the Magician's house, the Magician opened to him, and brought him in, and said to him, 'Hast thou the piece of yellow gold?' And the Star-Child said to him, 'I have it not.' So the Magician fell upon him, and beat him, and loaded him with chains, and cast him again into the dungeon.
And on the morrow the Magician came to him, and said, 'If to-day thou bringest me the piece of red gold I will set thee free, but if thou bringest it not I will surely slay thee.'
So the Star-Child went to the wood, and all day long he searched for the piece of red gold, but nowhere could he find it. And at evening he sat him down, and wept, and as he was weeping there came to him the little Hare.
And the Hare said to him, 'The piece of red gold that thou seekest is in the cavern that is behind thee. Therefore weep no more but be glad.'
'How shall I reward thee,' cried the Star-Child, 'for lo! this is the third time thou hast succoured me.'
'Nay, but thou hadst pity on me first,' said the Hare, and it ran away swiftly.
And the Star-Child entered the cavern, and in its farthest corner he found the piece of red gold. So he put it in his wallet, and hurried to the city. And the leper seeing him coming, stood in the centre of the road, and cried out, and said to him, 'Give me the piece of red money, or I must die,' and the Star-Child had pity on him again, and gave him the piece of red gold, saying, 'Thy need is greater than mine.' Yet was his heart heavy, for he knew what evil fate awaited him.
But lo! as he passed through the gate of the city, the guards bowed down and made obeisance to him, saying, 'How beautiful is our lord!' and a crowd of citizens followed him, and cried out, 'Surely there is none so beautiful in the whole world!' so that the Star-Child wept, and said to himself, 'They are mocking me, and making light of my misery.' And so large was the concourse of the people, that he lost the threads of his way, and found himself at last in a great square, in which there was a palace of a King.
And the gate of the palace opened, and the priests and the high officers of the city ran forth to meet him, and they abased themselves before him, and said, 'Thou art our lord for whom we have been waiting, and the sort of our King.'
And the Star-Child answered them and said, 'I am no king's son, but the child of a poor beggar-woman. And how say ye that I am beautiful, for I know that I am evil to look at?'
Then he, whose armour was inlaid with gilt flowers, and on whose helmet couched a lion that had wings, held up a shield, and cried, 'How saith my lord that he is not beautiful?'
And the Star-Child looked, and lo! his face was even as it had been, and his comeliness had come back to him, and he saw that in his eyes which he had not seen there before.
And the priests and the high officers knelt down and said to him, 'It was prophesied of old that on this day should come he who was to rule over us. Therefore, let our lord take this crown and this sceptre, and be in his justice and mercy our King over us.'
But he said to them, 'I am not worthy, for I have denied the mother who bare me, nor may I rest till I have found her, and known her forgiveness. Therefore, let me go, for I must wander again over the world, and may not tarry here, though ye bring me the crown and the sceptre.' And as he spake he turned his face from them towards the street that led to the gate of the city, and lo! amongst the crowd that pressed round the soldiers, he saw the beggar-woman who wqs his mother, and at her side stood the leper, who had sat by the road.
And a cry of joy broke from his lips, and he ran over, and kneeling down he kissed the wounds on his mother's feet, and wet them with his tears. He bowed his head in the dust, and sobbing, as one whose heart might break, he said to her: 'Mother, I denied thee in the hour of my pride. Accept me in the hour of my humility. Mother, I gave thee hatred. Do thou give me love. Mother, I rejected thee. Receive thy child now.' But the beggar-woman answered him not a word.
And he reached out his hands, and clasped the white feet of the leper, and said to him: 'Thrice did I give thee of my mercy. Bid my mother speak to me once.' But the leper answered him not a word.
And he sobbed again, and said: 'Mother, my suffering is greater than I can bear. Give me thy forgiveness, and let me go back to the forest.' And the beggar-woman put her hand on his head, and said to him, 'Rise,' and the leper put his hand on his head, and said to him 'Rise,' also.
And he rose up from his feet, and looked at them, and lo! they were a King and a Queen.
And the Queen said to him, 'This is thy father whom thou hast succoured.'
And the King said, 'This is thy mother, whose feet thou hast washed with thy tears.'
And they fell on his neck and kissed him, and brought him into the palace, and clothed him in fair raiment, and set the crown upon his head, and the sceptre in his hand, and over the city that stood by the river he ruled, and was its lord. 'Much justice and mercy did he show to all, and the evil Magician he banished, and to the Woodcutter and his wife he sent many rich gifts, and to their children he gave high honour. Nor would he suffer any to be cruel to bird or beast, but taught love and loving-kindness and charity, and to the poor he gave bread, and to the naked he gave raiment, and there was peace and plenty in the land.
Yet ruled he not long, so great had been his suffering, and so bitter the fire of his testing, for after the space of three years he died. And he who came after him ruled evilly.