giovedì 16 ottobre 2025

LA LIQUEFAZIONE DEL PENSIERO: ANATOMIA DI UNA CIVILTÀ SMARRITA Alessandro Tedesco

 


LA LIQUEFAZIONE DEL  PENSIERO: ANATOMIA DI UNA CIVILTÀ SMARRITA

 Alessandro Tedesco 

 16/10/2025  

Quando è accaduto? In quale preciso momento della nostra storia il pensiero ha iniziato a perdere consistenza, a liquefarsi in quel “brodo primordiale” della mediocrità da cui Pessoa era fuggito nel passato millennio e dove oggi galleggiano frammenti di idee e slogan senza corpo? La domanda non è accademica. È il tentativo di datare l’origine di una pandemia silenziosa, una sorta di Blob gelatinoso – ricordate il film degli anni ’80 “Blob, il fluido che uccide”, che diede poi il titolo a una rubrica televisiva – che scivola nelle fessure della nostra civiltà, nutrendosi di ogni complessità, inghiottendo la ragione un abitante alla volta.


Molti, per comodità, tracciano la linea d’inizio con l’epopea berlusconiana. Ma è un errore di prospettiva. Berlusconi non è stato la causa della malattia, ma il suo più acuto diagnostico. Lui ha avuto il genio di capire che si stava affermando una domanda di rassicurazione attraverso la piattezza del consumo e l’illusione del successo. Ha costruito il suo impero non su un’idea, ma su un vuoto che aveva già iniziato a formarsi.


Per trovare il vero punto di rottura, bisogna tornare indietro, all’eco lungo del boom economico, tra gli anni Cinquanta e Sessanta: la sconfitta dell’analfabetismo non aveva creato un popolo, ma due mondi non comunicanti, una massa e un’élite, un’intellighenzia chiusa nei suoi licei e nelle sue università.


È qui che si consuma il dramma. Perché quell’élite, soprattutto di sinistra, invece di costruire ponti ha scavato fossati, autodichiarandosi depositaria esclusiva della cultura e del progresso. Si è creata una frattura diastratica che si è consolidata nel tempo: da un lato chi si proclamava detentore della “vera” cultura, dall’altro chi veniva bollato come massa incolta.


Il paradosso tragico è che questa élite autoreferenziale, mentre si autocelebrava e si trincerava nei propri linguaggi cifrati, ha progressivamente svuotato i propri contenuti. La forma ha sostituito la sostanza: bastava il gergo giusto, gli autori giusti, i salotti giusti per sentirsi dalla parte giusta della storia. Una maschera sempre più grottesca di superiorità intellettuale che nascondeva un vuoto crescente di idee autentiche, di capacità di lettura della realtà, di progetto vero.


Ed è in questa crepa che si inserisce la diagnosi spietata di Leonardo Sciascia, la sua linea Maginot contro la stupidità che avanzava. Nel 1979, su Nero su nero, scriveva una profezia che oggi suona come cronaca:


“Intorno al 1963 si è verificato in Italia un evento insospettabile… Nasceva e cominciava ad ascendere il cretino di sinistra: ma mimetizzato nel discorso intelligente, nel discorso problematico e capillare. Si credeva che i cretini nascessero soltanto a destra, e perciò l’evento non ha trovato registrazione. Tra non molto, forse, saremo costretti a celebrarne l’Epifania.”

Ecco il punto di origine. Il Blob ha imparato a mimetizzarsi, a indossare i panni dell’intellettuale, a usare parole complesse per veicolare un pensiero semplice o assente, sostituendo il ragionamento con l’ideologia preconfezionata.

Oggi, l’Epifania di cui parlava Sciascia è compiuta, ma con un’evoluzione che ha travalicato ogni confine. Il fenomeno ha investito l’intera popolazione, in una sorta di effetto Dunning-Kruger collettivo: meno si sa, più si è certi di sapere. Dietro quella figura mimetizzata si cela un pensiero di massa dalla semplicità sconcertante. Le parole sono ormai slogan di un’ingenuità tale che persino le filastrocche dello Zecchino d’Oro, al confronto, suonerebbero come pensieri ben più articolati.

La dinamica poi si fa particolarmente insidiosa quando alcuni individui o gruppi si auto-investono del ruolo di custodi della morale. Convinti di incarnare la “parte giusta della storia”, trasformano la loro visione etica in uno standard assoluto.

La conseguenza più immediata è la colonizzazione del linguaggio. La possibilità di un’espressione autentica viene soffocata da un rigido codice non scritto, dove la terminologia diventa un test di purezza ideologica. Sbagliare una parola, usare un sinonimo non approvato o semplicemente esitare sulla formula corretta non è più un errore, ma un atto di tradimento morale. In questo modo, l’avversario viene identificato, isolato e accusato non per la sostanza del suo pensiero, ma per la forma con cui lo esprime, neutralizzando così ogni potenziale dibattito.

Quello che percepiamo come caos – questo Blob, questo brodo primordiale – non è un effetto collaterale indesiderato. È il nuovo paradigma. È funzionale. È strumentale. Viviamo immersi in quella che ormai si chiama apertamente “guerra ibrida”, un conflitto che si combatte nelle menti, attraverso la manipolazione sistematica dell’informazione e del pensiero. E questa guerra ha bisogno esattamente di ciò che abbiamo descritto: una società liquefatta, incapace di pensiero critico, polarizzata su slogan, pronta a credere a tutto e al suo contrario.

Ma la vera degenerazione si ha quando i dispositivi sociali vengono prima svuotati e delegittimati, e poi, una volta resi gusci vuoti, vengono riempiti con la logica del nuovo paradigma. La manipolazione trionfa nel momento in cui la scuola, la cultura e l’informazione smettono di essere un argine per diventare i principali canali di diffusione del problema. Il pensiero complesso è un ostacolo per chi vuole controllare le masse. Il dubbio metodico è un nemico per chi vende certezze preconfezionate. La capacità di argomentare è una minaccia per chi governa attraverso lo slogan.

Ecco perché il Blob non è solo tollerato: è coltivato, nutrito, espanso. Ma riconoscere questo processo, capire che la liquefazione del pensiero non è un destino ineluttabile ma un progetto, ci dice qualcosa di fondamentale: ciò che è stato costruito può essere decostruito. Ciò che è stato progettato può essere fermato.

Non serve retorica sulla speranza. Serve consapevolezza lucida che siamo in guerra – anche se una guerra che pochi riconoscono come tale – e che questa guerra si combatte prima di tutto negli spazi del pensiero critico, del dubbio metodico, della capacità di argomentare. Ogni volta che rifiutiamo lo slogan per cercare l’argomentazione, ogni volta che sostituiamo la certezza dogmatica con il ragionamento, ogni volta che resistiamo alla tentazione dell’etichetta facile, stiamo opponendo resistenza.

Non è molto. Ma è quello che abbiamo. E forse è più di quanto crediamo.


Pietro Busacca

16/10/2025 alle 10:39 am

Magnifico!

Ora che sono saltati tutti i punti di riferimento, il problema è riuscire a riconoscere e distinguere verità da fake, pensatori da dispensatori, ideali da strumentalizzazione, significato da mistificazione…

claus skord

16/10/2025 alle 9:54 am

Totalmente d’accordo. Come scrivo da tempo, i cervelli con logica mentale progressista, come mi sembra in questo caso, sono una minoranza in una stragrande maggioranza di cervelli con logica mentale conservatrice. Che poi questi conservatori si dividano, tra quelli che hanno fatto scelte, che si definiscono di destra , quelli che hanno optato per ideologie di sinistra e quelli che hanno invece optato per le ideologie religiose, poco cambia in merito alla società che nei secoli hanno forgiato con i loro paradigmi.