sabato 4 novembre 2017



IL GRANDE INQUISITORE
da “I fratelli Karamazov” di F. Dostoevskij (vol. I, pagg. 263-282, edizioni Garzanti febbraio 1974) 
"…Il cardinale grande inquisitore così si rivolge al Cristo tornato in terra spiegandogli le ragioni dei crimini commessi dalla Chiesa in nome del Vangelo: “ Sei tu, sei tu?”, ma, non ricevendo risposta, aggiunge rapidamente: “Non rispondere, taci. E che potresti dire?. Del resto, non hai il diritto di aggiungere nulla a quello che Tu già dicesti una volta. Perché sei venuto a disturbarci, lo sai anche Tu. Ma sai che cosa succederà domani? Io non so chi tu sia, e non voglio sapere se Tu sia Lui o soltanto una Sua apparenza, ma domani stesso io Ti condannerò e Ti farò ardere sul rogo, come il peggiore degli eretici, e quello stesso popolo che oggi  baciava i Tuoi piedi si slancerà domani, a un mio cenno, ad attizzare il Tuo rogo, lo sai? Hai Tu il diritto di rilevarci anche un solo segreto del mondo da cui sei venuto? No, Tu non l’hai, se non vuoi aggiungere qualcosa a quello che già fu detto e togliere agli uomini quella libertà che tanto difendesti quando eri sulla terra. Tutto ciò che di nuovo Tu ci rivelassi attenterebbe alla libertà della fede umana, giacchè apparirebbe come un miracolo, mentre la libertà della fede già allora, millecinquecento anni orsono, Ti era più cara di tutto. Non dicevi Tu allora spesso: “Voglio rendervi liberi?”. Ebbene, adesso Tu li hai veduti, questi uomini “liberi”, aggiunge il vecchio con un pensoso sorriso. Sì, questa faccenda ci è costata cara, ma noi l’abbiamo finalmente condotta a termine, in nome Tuo. Per quindici secoli ci siamo tormentati con questa libertà, ma adesso l’opera è compiuta.  Tu mi guardi con dolcezza e non mi degni neppure della Tua indignazione? Ma sappi che adesso questi uomini sono più che mai convinti di essere profondamente liberi, e tuttavia ci hanno essi stessi recato la propria libertà, e l’hanno deposta umilmente ai nostri piedi. Questo siamo stati noi a ottenerlo, ma è questo che tu desideravi, è una simile libertà? (l’inquisitore, cioè, si regala il merito di avere soppresso la libertà e di averlo fatto per rendere felici gli uomini). Infatti, così continua il cardinale inquisitore: “Tu eri stato avvertito che l’uomo, nato ribelle, non può essere felice se rimane tale, ma Tu non ascoltasti gli avvertimenti. Tu ricusasti l’unica via per la quale si potevano rendere felici gli uomini, ma per fortuna, andandotene, rimettesti la cosa nelle nostre mani. Perché dunque sei venuto a disturbarci?……Tu vuoi andare a vai al mondo con le mani vuote, con non so quale promessa di una libertà che gli uomini, nella semplicità e nella innata intemperanza loro, non possono neppure  concepire, che essi temono e fuggono, giacché nulla mai è stato per l’uomo e per la società umana più intollerabile della libertà! Vedi Tu invece queste pietre in questo nudo e infuocato deserto? Mutale in pani e l’umanità sorgerà dietro a Te come un riconoscente e docile gregge, con l’eterna paura di vederti ritirare la Tua mano e di rimanere senza i tuoi pani. Ma Tu non volesti privare l’uomo della libertà e respingesti l’invito, perché, così ragionasti, che libertà può mai esserci, se la obbedienza è comprata coi pani? Tu obiettasti che l’uomo non vive di solo pane, ma sai Tu che nel nome di questo stesso pane terreno insorgerà contro di Te lo spirito della terra e lotterà con te e Ti vincerà ... Nessuna scienza darà loro il pane, finché rimarranno liberi, ma essi finiranno per deporre la loro libertà ai nostri piedi e per dirci: riduceteci piuttosto in schiavitù, ma sfamateci!. Comprenderanno infine essi stessi che libertà e pane terreno sono fra loro inconciliabili, giacchè mai, mai essi sapranno ripartirlo fra loro!  Si convinceranno pure che non potranno mai neppure essere liberi, perché sono deboli, viziosi, inetti e ribelli. Tu promettevi loro il pane celeste, ma, lo ripeto ancora, può esso, agli occhi dei deboli umani, eternamente viziosi e abietti, paragonarsi a quello terreno? E se migliaia e decine di migliaia di esseri Ti seguiranno in nome del pane celeste, che sarà dei milioni e miliardi di esseri che non avranno la forza di posporre il pane terreno a quello celeste? O forse Ti sono cari soltanto le decine di migliaia di uomini grandi e forti, mentre i restanti milioni di esseri deboli, che però Ti amano, non devono servire che da materiale per i grandi e per i forti? No, a noi sono cari anche i deboli. Essi sono viziosi e ribelli, ma finiranno per essere docili. Essi ci ammireranno per avere acconsentito, mettendoci alla loro testa, ad assumerci il carico di quella libertà che li aveva sbigottiti e a dominare su loro, tanta paura avranno infine di essere liberi! Ma noi diremo che obbediamo a Te e che dominiamo in nome Tuo. Li inganneremo di nuovo, e in questo inganno sarà la nostra sofferenza, poiché saremo costretti a mentire.
Non c’è per l’uomo rimasto libero più assidua e più tormentosa cura che quella di cercare un essere dinnanzi a cui inchinarsi.  La preoccupazione di queste misere creature non è soltanto di trovare un essere a cui questo o quell’uomo si inchini, ma di trovarne uno tale che tutti credano in lui o lo adorino tutti insieme. E’ per ottenere questa adorazione universale che si sono con la spada sterminati a vicenda. Essi hanno creato degli dèi e si sono sfidati l’un l’altro. E così sarà fino alla fine del mondo, anche quando gli dèi saranno scomparsi dalla terra: non importa, cadranno allora in ginocchio davanti agli idoli. Tu conoscevi, Tu non potevi non conoscere questo fondamentale segreto della natura umana, ma Tu rifiutasti l’unica bandiera che Ti si offrisse per indurre tutti a inchinarsi senza discussione davanti a Te: la bandiera del pane terreno, e la rifiutasti  in nome della libertà e del pane celeste! Guarda poi quel che hai fatto in seguito. E sempre in nome della libertà! Io Ti dico che non c’è  per l’uomo pensiero più angoscioso che quello di trovare al più presto a chi rimettere il dono della libertà con cui nasce questa infelice creatura. Col pane Ti si dava una bandiera indiscutibile: l’uomo si inchina a chi gli dà il pane; ma se c’è qualcun altro accanto a te si impadronirà nello stesso tempo della sua coscienza, oh, allora egli butterà anche il Tuo pane e seguirà colui che avrà lusingato la sua coscienza. In questi Tu avevi ragione. Il segreto dell’esistenza umana infatti non sta solo nel vivere, ma in ciò per cui si vive. Senza un concetto sicuro del fine per cui deve vivere, l’uomo non acconsentirà  a vivere e si sopprimerà piuttosto che restare sulla terra, anche se attorno a lui non ci fossero che pani. Questo è giusto, ma che cosa è avvenuto’ Invece di impadronirti della libertà degli uomini, Tu l’hai ancora accresciuta!  Avevi forse dimenticato che la tranquillità e persino la morte è all’uomo più cara della libera scelta fra il bene e il male? Nulla è per l’uomo più seducente che la libertà che la libertà della sua coscienza, ma nulla è anche più tormentoso. Ed ecco che, in luogo di più saldi principi, per acquetare la coscienza umana una volta per sempre, Tu hai scelto tutto quello che c’è di più inconsueto, enigmatico e impreciso, hai scelto tutto quello che superava le forze degli uomini, e hai perciò agito come se Tu non li amassi per nulla, e chi mai ha fatto questo? Colui che era venuto a dare per essi la Sua vita! Invece di impadronirti della libertà umana, Tu l’hai moltiplicata e hai per sempre gravato col peso dei suoi tormenti la vita morale dell’uomo. Tu volesti il libero amore dell’uomo, perché Ti seguisse liberamente, attratto e conquistato da Te. Ma non avevi Tu pensato che, se lo si fosse oppresso con un così terribile fardello come la libertà di scelta, egli avrebbe finito per respingere e contestare perfino la Tua immagine e la Tua verità? In tal modo preparasti Tu stesso la rovina del Tuo regno, e non darne più la colpa a nessuno……L’uomo cerca non tanto dio quanto i miracoli. E siccome l’uomo non ha la forza di rinunciare al miracolo, così si creerà dei nuovi miracoli, suoi propri, e si inchinerà al prodigio di un mago, ai sortilegi di una fattucchiera, fosse egli anche cento volte ribelle, eretico ed ateo. Tu non scendesti dalla croce quando Ti si gridava, deridendoti: “Discendi dalla croce e crederemo che sei Tu”. Tu non scendesti, perché una volta di più non volesti asservire l’uomo col miracolo, e avevi sete di fede libera, non fondata sul prodigio. Avevi sete di un amore libero, e non dei servili entusiasmi dello schiavo davanti alla potenza che l’ha sempre riempito di terrore. Ma, anche qui, Tu giudicavi troppo altamente degli uomini, giacché, per quanto creati ribelli, essi sono certo degli schiavi. L’uomo è stato creato più debole e più vile che Tu non credessi! Stimandolo tanto, Tu agisti come se avessi cessato di averne pietà, perché troppo pretendesti da lui, e chi ha fatto questo? Colui che lo amava più di se stesso...Noi abbiamo predicato e insegnato agli uomini che non è la libera decisione dei loro cuori quello che importa, né l’amore, ma un mistero, a cui essi debbono ciecamente inchinarsi, anche contro la loro coscienza. E così abbiamo fatto. Abbiamo corretto l’opera Tua e l’abbiamo fondata sul miracolo, sul mistero e sull’autorità. E gli uomini si sono rallegrati di essere nuovamente condotti come un gregge e di vedersi infine tolto dal cuore un dono così terribile, che aveva loro procurato tormenti. Parla! Forse non amavamo l’umanità, riconoscendone così umilmente l’impotenza, alleggerendo con amore il suo fardello e concedendo alla sua debole natura magari anche di peccare, ma col consenso nostro? Perché mi guardi in silenzio? Io non voglio il Tuo amore, perché io stesso non Ti amo. Noi non siamo con Te, ma con lui (Cesare). Sono esattamente otto secoli che accettammo da lui ciò che Tu avevi rifiutato con sdegno, quell’ultimo dono che egli ti offriva. Noi accettammo da lui Roma e la spada di Cesare e ci proclamammo re della terra. Penseremo così all’universale felicità degli uomini.  Accettando Tu il mondo e la porpora di Cesare, Tu avresti fondato il regno universale e dato la pace universale. Chi mai infatti deve dominare gli uomini se non quelli che dominano la loro coscienza e nelle cui mani è il loro pane? E noi abbiamo preso la spada di Cesare, ma naturalmente, prendendola, ripudiammo te e andammo dietro a lui.
……………………Noi daremo agli uomini la tranquilla, umile felicità degli esseri deboli, quali essi furono creati. Essi diventeranno mansueti, guarderanno a noi e a noi si stringeranno, nella paura, come i pulcini alla chioccia. Ci ammireranno e avranno paura di noi, e saranno fieri che noi siamo così potenti da aver potuto pacificare un così tumultuoso gregge. Noi consentiremo anche il peccato, perché sono deboli e inetti,, ed essi ci ameranno come bambini, perché permetteremo loro di peccare. Diremo che ogni peccato, se commesso col nostro consenso, sarà riscattato. Tutti, tutti i più tormentosi segreti della loro coscienza, li porteranno a noi, e noi risolveremo ogni caso, ed essi avranno nella nostra decisione una fede gioiosa, perché li libererà dal grave fastidio e dal terribile tormento odierno di dovere personalmente e liberamente decidere.
...Ciò che Ti dico si compirà e sorgerà il regno nostro. Ti ripeto che domani stesso Tu vedrai questo docile gregge gettarsi al mio primo cenno ad attizzare i carboni ardenti del rogo sul quale Ti brucerò per essere venuto a disturbarci. Dixi.”