sabato 11 aprile 2020


LA MORTE NEL VILLAGGIO
Agatha Christie
AGATHA CHRISTIE LA MORTE NEL VILLAGGIO (Murder At The Vicarage, 1930) 


È difficile per me decidere da quale momento cominciare il racconto degli avvenimenti di quell'estate, ma penso che la conversazione, avvenuta un mercoledì, al vicariato, durante il pasto di mezzogiorno, possa costituire un buon inizio, poiché alcune frasi pronunciate allora si rivelarono, più tardi, importanti. 
Avevo appena finito di tagliare il lesso (parecchio filaccioso, a dire la verità), quando nel rimettermi a sedere osservai, con una disposizione di spirito poco in carattere col mio abito, che chiunque si fosse preso la briga di eliminare il colonnello Protheroe avrebbe reso un gran servigio all'umanità. 
Il mio giovane nipote, Dennis, non mancò di ribattere subito: 
«Queste tue parole, caro zio Leo, saranno ricordate contro di te, il giorno in cui quel brav'uomo verrà trovato immerso nel proprio sangue. Mary potrà fornire la testimonianza, non è vero, Mary? E descriverà anche il modo truce con il quale impugnavi il coltello.» 
Mary Hill, che considera il suo servizio presso di noi come un gradino per giungere più in alto, si contentò di mettere davanti al ragazzo un vassoio incrinato, mentre diceva con voce truculenta: 
«Verdura.» 
«Il colonnello è stato molto noioso, Leo?» mi domandò mia moglie in tono di simpatia. 
Non risposi subito, perché Mary, dopo aver posato il vassoio della verdura, me ne aveva messo davanti uno di mele cotte così poco invitante che lo rifiutai. Allora lei posò il vassoio sul tavolo con un tonfo e uscì dal tinello con aria di dignità offesa. 
«Mi dispiace di essere una massaia così poco esperta» mormorò Griselda e io non seppi darle torto. 
Mia moglie ha un nome molto adatto per la compagna di un pastore di anime, ma la sua idoneità finisce lì; nel suo carattere non c'è proprio nulla di mansueto. Per tanti anni sono stato del parere che un ecclesiastico debba rimanere celibe, quindi non mi spiego proprio perché, a un certo punto, abbia fatto fuoco e fiamme perché Griselda mi accettasse per marito. Lei ha vent'anni meno di me ed è così bella che fa perdere la testa a tutti gli uomini che la incontrano. Oltre a tutto è incapace di prendere la vita sul serio e, quando la rimprovero per il suo modo di fare, mi risponde con una risata. 
«Forse, se sorvegliassi di più Mary» suggerii, e Griselda protestò: 
«Ma lo faccio, caro. Solo che le cose vanno ancora peggio, quando la sorveglio. Si vede che non sono nata per fare la massaia... Ma raccontami come è andata col colonnello, Leo. Beati i primi cristiani! Loro, almeno, non avevano alle costole un fabbriciere.» 
«Vecchio asino pomposo» rincarò Dennis. «Non mi stupisco che la sua prima moglie lo abbia piantato.» 
«Non avrà potuto farne a meno» annuì mia moglie. 
«Griselda! Non voglio sentirti parlare così» la rimproverai. 
«Sì, caro» rispose lei con un sorriso affettuoso. «Ma dimmi, con chi ce l'aveva il colonnello, stamattina? Con Hawes, come al solito?» 
«Questa volta, no. Il chiasso è nato per quel biglietto da una sterlina della signora Price.» 
La Price, una delle mie parrocchiane più devote, l'anniversario della morte di suo figlio era venuta alla funzione del mattino e aveva messo un biglietto da una sterlina nel vassoio delle elemosine. Più tardi, leggendo la lista delle offerte affissa alla porta della chiesa, era rimasta penosamente sorpresa, nel vedervi incluso un solo biglietto da dieci scellini. Era venuta a lagnarsene con me e io, con abbastanza buon senso, le avevo fatto capire che poteva essersi sbagliata, nel prendere dalla borsetta la banconota. Ma le mie parole la fecero stizzire anche di più e si dichiarò stupita che anche io non trovassi strano il fatto; in seguito era andata a lagnarsi col colonnello Protheroe, il quale è uno di quegli uomini che godono un mondo, quando possono fare chiasso per nulla. E infatti quella mattina, mercoledì, era venuto a fare "chiasso" da me, durante la lezione di catechismo. 
I ragazzi del catechismo mi mettono di malumore per tutta la giornata e il colonnello peggiorò la situazione. 
«Pover'uomo» mormorò Griselda in tono compassionevole. «Anche lui ha bisogno di trovare qualche diversivo, nella vita. Sua moglie e sua figlia ne hanno fin sopra gli occhi di lui e immagino che gli faccia bene darsi importanza, ogni tanto.» 
«Però potrebbe fare a meno di offendere me» borbottai. «Credo che non si sia reso conto di ciò che le sue parole potevano implicare. E adesso vuole riguardare tutti i conti per trovare qualche altra defalcazione. Già, ha detto proprio "defalcazione". Mi sospetta di appropriazione indebita dei fondi della chiesa, quel somaro.» 
«Ma no, nessuno può sospettare di te, mio caro» mi consolò Griselda. «Sei al di sopra di ogni sospetto, tu.» 
«In ogni modo verrà domani sera, a riguardare i conti con me» ripresi io «e così il mio discorso per l'Associazione Giovanile mi toccherà finirlo oggi. E tu cosa farai nel pomeriggio, Griselda?» 
«Il mio dovere di moglie» rispose lei con voce severa. «Per le quattro e mezzo ho invitato a prendere il tè le pettegole del villaggio. Verranno la signora Price, la signorina Wetherby, la signorina Hartnell e la terribile Jane Marple.» 
«La signorina Marple mi è simpatica» dissi. «Per lo meno ha un certo senso dell'umorismo.» 
«È la più pettegola di tutte» protestò Griselda. «Sa tutto di tutti e ne trae sempre le peggiori conclusioni.» 
Griselda è molto più giovane di me, come ho già detto, quindi non c'è da meravigliarsi se non capisce ancora che il peggio corrisponde quasi sempre alla verità. 
«Non aspettarmi al tuo tè, Griselda» disse Dennis. 
«Antipatico!» esclamò mia moglie e Dennis batté in ritirata a precipizio. Griselda mi guardò e diede un sospiro. «A proposito, caro, ieri sono andata a far visita alla signora Lestrange, ma non era in casa. Senti, non ti pare misteriosa l'apparizione di quella donna qui in paese? Ha preso una casa e ci si è chiusa dentro, e non è quasi più uscita. Mi fa pensare a un romanzo poliziesco, del genere: "Chi era la donna misteriosa, così pallida in volto? Qual era il suo passato? Nessuno lo sapeva". Secondo la mia opinione, il dottor Haydock dovrebbe conoscerla bene.» 
«Leggi troppi romanzi gialli, Griselda» osservai io. 
«E tu, allora?» rise mia moglie. «L'altro giorno non ti ho pescato con 
"La macchia sulle scale", in mano?» 
«Leggevo una frase che mi aveva colpito» mi difesi e arrossii. 
«La conosco, quella frase» annuì Griselda, e citò: «"Accadde allora un fatto curioso. Griselda si alzò e diede al suo vecchio marito un bel bacio".» E fece seguire l'atto alle parole. 
«E ti pare che questo sia un fatto curioso?» sorrisi io, stringendola a me. 
«Certo. Leo, non ti rendi conto che avrei potuto sposare un baronetto, un ministro, un ufficiale, oppure quell'affascinante scapestrato che mi girava intorno da due anni? Non rimanesti stupito, quando scelsi te?» 
«Ne sono stupito ancora. Anzi, perché mi sposasti, Griselda?» 
«Per la sensazione di potere che provai» affermò mia moglie. «Tutti gli altri uomini mi giudicavano bella e smaniavano dalla voglia di avermi, perché ero perfettamente adatta alla loro vita. Mentre per te... Oh, Leo, per te sono proprio tutto ciò che disapprovi e che ti urta i nervi; pure non potesti fare a meno di cedere alle mie attrattive. Capisci? La mia vanità non seppe resistere davanti a un simile omaggio. » 
Ridemmo tutti e due, poi Griselda mi baciò ancora e scappò dalla portafinestra che dà nel giardino. 

II 

  

Mi alzai da tavola e me ne andai in biblioteca, per finire il mio discorso per l'Associazione Giovanile, ma mi ero appena seduto alla scrivania, quando Letizia Protheroe fu "spinta" nella stanza. Non uso questa parola a caso. 
Letizia era più eterea del solito, quel giorno: entrò come spinta da una folata di vento da una porta-finestra, si levò il berrettino giallo con aria distratta e mormorò in tono stupito: 
«Oh, siete qui?» 
Letizia è una bella ragazza di diciassette anni, alta e bionda. Da casa sua, la "Great House", si può arrivare al vicariato per un sentiero che taglia il bosco fino al cancello del mio giardino e siccome le porte-finestre di casa mia sono sempre aperte, la gente non si cura di bussare alla porta. 
Perciò non fui meravigliato di vedere arrivare Letizia da quella parte, ma mi risentii, perché chi entra nel vicariato dovrebbe immaginare di trovarci il vicario e non stupirsi se vede il pastore seduto alla sua scrivania. 
Dunque Letizia entrò, si lasciò cadere con aria spossata sulla più morbida delle mie poltrone e alzò lo sguardo al soffitto. 
«Potreste dirmi dove trovare Dennis?» mi chiese. 
«Non doveva venire a giocare a tennis da te?» ribattei io. 
«Oh, spero che non ci sia andato!» esclamò Letizia. «Non troverebbe nessuno.» 
«Dennis mi ha detto di essere stato invitato.» 
«Può darsi. Forse glielo dissi venerdì, e oggi è martedì.» 
«È mercoledì, figliola.» 
«Davvero? Oh, Dio! Questo significa che per la terza volta ho dimenticato di andare a colazione da certe amiche mie.» Dal suo tono di voce arguii che il fatto non doveva turbarla molto. «Griselda non c'è?» mi chiese ancora. 
«Credo che potrai trovarla nello studio, in fondo al giardino. È andata a posare per Larry Redding.» 
«Sapete che c'è stata una scenata, fra papà e Larry?» mi disse Letizia tutta infervorata. «Papà è impossibile. Larry mi fa un ritratto e papà è venuto a saperlo.» 
«Non capisco che cosa ci sia di male» obiettai. 
«Oh, perché ho posato in costume da bagno» sospirò la ragazza. «Non capisco perché possa mettere il costume per andare sulla spiaggia, e non per farmici fare il ritratto. È una vera assurdità, quella di proibire a Larry di venire ancora in casa nostra. Ma io sapete che farò? Verrò qui, a posare nello studio.» 
«No, se tuo padre non vuole» dissi io con voce severa. 
«Uffa! Siete tutti noiosi. Se avessi qualche cosa di mio, me ne andrei subito da questo paese infame: ma senza un soldo non è possibile. Se almeno papà avesse la buona idea di crepare, si accomoderebbe tutto.» 
«Letizia!» 
«Be'? Se papà non vuole che gli auguri la morte, si mostri un po' più generoso, in fatto di denaro. Non mi stupisce affatto che la mamma lo abbia piantato. Sapete, vicario? Per molti anni papà ha voluto farmi credere che la mamma fosse morta... Ditemi, com'era l'uomo con cui fuggì? Bello?» 
«Non posso saperlo, Letizia» risposi con un sospiro paziente. «Il fatto accadde prima che veniste ad abitare da queste parti.» 
«Sapete che vi dico, vicario?» scattò la ragazza all'improvviso. «Ann mi odia. Comincia a invecchiare e questo le secca. È giunta all'età adatta per commettere delle pazzie... Mi capite, vero?» 
«Non ti capisco e non ti voglio capire» ribattei con voce brusca. «Hai intenzione di rimanere nella mia biblioteca per tutto il pomeriggio?» 
«Oh, scusate. Ero venuta per vedere se avevo lasciato qui i miei dischi. Non li trovo più. E ho perso anche il cane e l'orologio da polso... ma di quest'ultimo non m'importa, tanto andava per conto suo. Ho tanto sonno eppure non mi sono alzata prima delle undici. Ma la vita è faticosa, anche se non si fa nulla, vero? Bene, adesso me ne vado, perché ho promesso al 
dottor Stone che sarei andata al suo tumulo verso le tre.» 
«Mancano venticinque minuti alle quattro» le feci osservare. 
«Ah, sì? Che orrore! Forse mi avranno aspettata e sarà meglio che vada a vedere.» Si alzò con mossa languida e attese di lasciarsi spingere dallo stesso vento che l'aveva fatta entrare. «A Dennis, lo dite voi, vero?» 
Risposi di sì, meccanicamente, e solo quando Letizia fu uscita, mi domandai che cosa avrei dovuto riferire a Dennis. Ma siccome la cosa, con tutta probabilità, non aveva nessuna importanza, mi misi a pensare al dottor Stone, il conosciutissimo archeologo che aveva preso alloggio alla locanda del "Cinghiale", ed aveva iniziato degli scavi di un tumulo, situato nella tenuta del colonnello Protheroe. Fra i due uomini, anzi, erano già sorte delle discussioni: trovai perciò divertente l'idea che Stone avesse invitato Letizia a visitare gli scavi. 
Sapevo che Letizia era una pettegolina e mi domandavo se sarebbe andata d'accordo con la signorina Cram, la segretaria dell'archeologo. Gladys Cram è una bella ragazza di venticinque anni, robusta, rumorosa, sempre allegra e sorridente. Le opinioni del villaggio sul suo conto erano discordanti. Alcuni dicevano che non era una ragazza per bene e altri la proclamavano di una virtù a tutta prova; altri, infine, asserivano che l'intenzione della ragazza fosse quella di divenire la signora Stone, entro poco tempo. 
Certo, alla "Great House" le cose non dovevano andare troppo bene. Da circa cinque anni il colonnello aveva ripreso moglie e la nuova signora Protheroe era giovane e bella. Mi ero già accorto che fra Letizia e la matrigna non correva buon sangue, ma in quella casa non andava niente per il verso giusto. 
Ripresi la penna in mano, per finire il famoso discorso, ma anche questa volta fui interrotto dall'arrivo di un'altra visita. Era Hawes, il mio coadiutore, il quale desiderava qualche particolare sul mio colloquio con Protheroe. 
Gli dissi che il colonnello aveva deplorato le sue tendenze "papistiche", ma che il vero scopo della sua visita era stato tutt'altro. Approfittai della presenza di Hawes per rimproverarlo per conto mio e gl'ingiunsi di conformarsi di più alle mie direttive. Lui prese le mie osservazioni con filosofia e, quando se ne fu andato, provai un po' di rimorso per averlo trattato male. Non ho simpatia per Hawes e trovo che un vero cristiano non dovrebbe lasciarsi influenzare dalle simpatie o antipatie che prova. 
Guardai l'orologio posto sulla mia scrivania, e vidi che segnava un quarto alle cinque, il che significava che erano le quattro e mezzo. Perciò mi alzai e mi diressi verso il salotto. 
Trovai quattro delle mie parrocchiane riunite davanti alla tavola del tè. Griselda presiedeva, cercando di sembrare a suo agio, ma non riusciva ad apparire altro che quello che era: una bella ragazza cittadina, smaniosa di correre a giocare a tennis. 
Strinsi la mano a tutte e mi andai a sedere fra la signorina Wetherby e la signorina Marple. La Wetherby è un misto di miele e aceto, ma la Marple, con i suoi modi timidi e mansueti, è di certo la più pericolosa delle due. 
«Parlavamo del dottor Stone e della signorina Cram» m'informò Griselda. 
«Nessuna ragazza per bene lo farebbe» sentenziò la signorina Wetherby con voce asciutta e strinse le labbra con aria di disapprovazione. 
«Non farebbe che cosa?» domandai. 
«La segretaria a uno scapolo» rispose la Wetherby con aria scandalizzata. 
«Ma oggi non si fa più caso a queste cose e una ragazza può accettare qualunque lavoro, anche presso uno scapolo» obiettai. 
«E venirsene in campagna con lui? E alloggiare nella stessa locanda?» intervenne la signora Price. 
«E con le camere sullo stesso piano?» rincarò la signorina Wetherby. 
«Quel pover'uomo si troverà preso al laccio senza nemmeno accorgersene» disse la signorina Hartnell, una vecchietta tutta rughe, allegra e temuta da tutti. «Si vede benissimo che Stone è ingenuo come un bimbo in fasce. È una cosa disgustosa, se si pensa che avrà almeno venticinque anni più di lei.» 
La frase mancava di tatto, data la presenza mia e di Griselda, perciò le altre tre signore si misero a parlare contemporaneamente del coro dei ragazzi, e degli spifferi d'aria che si sentivano in chiesa. 
«Forse la signorina Cram trova il lavoro interessante!» disse mia moglie, che non voleva lasciar cadere l'argomento. 
Seguì un silenzio. Era evidente che nessuna delle quattro donne presenti era d'accordo con mia moglie. La signorina Marple batté una mano sul braccio di Griselda e disse: 
«Voi siete molto giovane, mia cara, e tutti i giovani sono ingenui. È naturale che vediate il bene dappertutto. Bene, non ci troverei nulla di strano se quei due si sposassero. Dicono che lui sia ricco e quindi... Però è un tipo collerico, sapete. Lui e Protheroe litigarono seriamente, l'altro ieri. Il colonnello accusò il dottor Stone di essere un ignorante, in fatto d'archeologia.» 
«Protheroe è un presuntuoso» osservò la signora Price molto interessata 
«e l'accusa è degna di lui.» 
«Sì, certo» annuì Jane Marple. «Ma forse quell'accusa non era tanto assurda. Vi ricordate di quella donna che arrivò nel villaggio e disse di essere stata mandata da non so che Opera Pia? E dopo aver raccolto le sottoscrizioni se la squagliò? Più tardi si venne a sapere che era un'imbrogliona. È inutile, diamo la nostra fiducia con troppa faciloneria e accettiamo tutti per quello che dichiarano di essere.» 
Veramente, non mi sarei mai sognato di includere la signorina Marple fra le persone fiduciose nel prossimo. 
«Ho sentito dire che il colonnello ha fatto del chiasso anche col giovane Redding, il pittore; è vero?» chiese la signorina Wetherby. 
«Il colonnello Protheroe l'ha messo alla porta» annuì Jane Marple. 
«Sembra che Redding facesse il ritratto a Letizia in costume da bagno.» La notizia destò una grande sensazione. 
«L'ho sempre detto che fra quei due doveva esserci qualche cosa» sentenziò la signora Price. «Una ragazza senza mamma... Eh, una matrigna non è la stessa cosa! E le ragazze sono molto furbe.» 
«Ma allora il romanzetto c'è?» s'interessò la signorina Wetherby, la sentimentale del gruppo. «Lui è un così bel giovane!» 
«Ma sempre un artista» ribatté la signorina Hartnell. «Parigi, le modelle, voi capite.» 
«Certo, in costume da bagno, non è una bella cosa» rincarò la Price. 
«Redding fa il ritratto anche a me» intervenne Griselda con un sorriso. 
«Ma non in costume da bagno, spero» sorrise la signorina Marple. 
«Forse peggio» disse Griselda con aria solenne. 
Trattenni il fiato, ma per fortuna le nostre ospiti presero l'affermazione come uno scherzo. Jane Marple si rivolse a me: 
«Letizia vi ha raccontato qualche cosa? L'ho vista entrare nel giardino e venire verso la finestra della vostra biblioteca.» 
La signorina Marple vede sempre tutto. Il giardinaggio le serve da pretesto, e l'abitudine di studiare il volo degli uccelli col binocolo può riuscire sempre utile. 
«Me ne ha accennato» ammisi. 
«Il signor Hawes aveva l'aria preoccupata» riprese la terribile vecchietta. «Ha l'aria malata, quel giovane. Spero che non si strapazzi troppo.» 
«Oh!» gridò la signorina Wetherby, tutta eccitata. «Mi sono ricordata una cosa importante. Oggi ho visto il dottor Haydock che usciva dalla villetta della nuova arrivata, la signora Lestrange.» «Sarà malata» arrischiò la signora Price. 
«In tal caso la malattia è scoppiata all'improvviso, perché stamattina ho visto la Lestrange che passeggiava nel suo giardino, e stava benissimo» intervenne la signorina Hartnell. 
«Oh, quella donna e il dottore devono conoscersi da un pezzo, secondo me» disse la Price. 
«E allora, perché non avrebbe mai detto di conoscerla?» osservò la signorina Wetherby. 
«Mi domando se ci sia davvero qualche cosa, fra Larry Redding e Letizia» mormorò la Hartnell. «Voi che ne dite, Jane?» domandò alla signorina Marple. 
Questa rifletté un momento, prima di rispondere: 
«Non direi. Non fra Larry e Letizia; piuttosto fra Larry e "una persona del tutto diversa".» 
«Ma il colonnello deve aver creduto...» 
«Ho sempre giudicato il colonnello uno stupido» interruppe Jane Marple. «È uno di quegli uomini che vogliono sempre aver ragione. Vi ricordate di Joe Bucknell, il locandiere del "Cinghiale"? Fece un gran chiasso, perché credeva che il giovane Bayley corteggiasse la figlia, invece quello se l'intendeva con la madre.» 
Nel dire così, la signorina Marple fissò intensamente Griselda e io provai un violento impeto di collera. 
«Signorina Marple, non vi pare che abbiamo tutti la brutta abitudine di muovere troppo la lingua?» dissi. «La carità cristiana dovrebbe insegnarci a non pensar male di nessuno, perché non si può mai sapere quanto male possa nascere dai pettegolezzi.» 
«Caro reverendo» sorrise la signorina Marple. «Non siete proprio un uomo di mondo, voi. Quando si è osservata la natura umana per molto tempo, come ho fatto io, si arriva a non fidarsi più di nessuno. Ammetto che i pettegolezzi possano essere nocivi, ma molto spesso sono anche veri, non trovate?» 
E quest'ultima frecciata colse proprio nel segno. 

III 

  

«Vecchia strega!» disse Griselda, quando l'uscio si fu richiuso dietro alle nostre visitatrici. Tirò fuori la lingua, con aria da monella, poi si voltò a guardarmi con una risata. 
«Leo, davvero sospetti che ci sia qualcosa tra me e Larry Redding?» mi chiese. 
«Nemmeno per sogno, mia cara.» 
«Però hai pensato che la signorina Marple alludesse a me e sei insorto in mia difesa come un cavaliere medioevale, o come una tigre inferocita.» 
Fui colto da un momentaneo senso d'inquietudine. Un pastore di anime non dovrebbe mai ridursi al punto da sembrare una tigre inferocita; ma mi confortai pensando che forse Griselda esagerava. 
«Mi è sembrato che fosse mio dovere protestare» dissi. «Però, Griselda, vorrei proprio che tu usassi più prudenza, quando parli.» 
«Perché ho detto che Redding fa il ritratto anche a me?» 
«Vedi, tesoro, se quel ragazzo è davvero innamorato di Letizia...» 
«La signorina Marple dice di no.» «Potrebbe anche sbagliarsi.» 
«Sarebbe la prima volta in vita sua. Una vecchia strega come lei ha sempre ragione.» Griselda tacque un momento, poi mi gettò le braccia al collo. «Tu mi credi, quando affermo che fra me e Redding non c'è proprio nulla, vero?» 
«Ma sì, certo» la rassicurai e Griselda mi baciò. 
«Vorrei proprio che non fosse tanto facile ingannarti, Leo» sospirò. «Tu crederesti qualunque cosa ti dicessi.» 
«Lo spero bene» sorrisi. «Soltanto, mia cara, stai più attenta a come parli. Ricordati che quelle benedette donne mancano di senso umoristico e prendono tutto alla lettera.» 
Quel pomeriggio, dopo la funzione, quando attraversai la chiesa, dopo essermi spogliato dei paramenti in sacrestia, vi trovai una signora intenta ad ammirare uno dei finestroni istoriati. Riconobbi in lei la signora Lestrange, quando si voltò al rumore dei miei passi. 
«Spero che la nostra chiesetta vi piaccia» le sorrisi. 
«Stavo ammirandola, infatti» mi rispose la signora con una bella voce, bassa e chiara. «Volevo scusarmi con vostra moglie, che non mi trovò in casa, ieri.» 
Uscimmo insieme e l'accompagnai. Davanti al suo villino, la signora Lestrange m'invitò a entrare. 
«Ho modificato un po' la casa. Volete entrare a vederla?» mi domandò. 
Accettai. La villetta, che era stata l'abitazione di un colonnello angloindiano in pensione, mi aveva dato sempre un senso d'incubo, con i suoi mobili indiani e i ninnoli esotici. Con soddisfazione notai subito che la signora Lestrange aveva dei gusti molto riposanti e distinti. Ancora una volta mi domandai che cosa potesse aver spinto una donna raffinata come quella a ritirarsi a St. Mary Meadow, un piccolo villaggio sperduto, o quasi. 
Alla luce chiara del salotto, osservai bene la donna. Non era giovanissima, e certo dimostrava meno degli anni che doveva avere. Era alta, snella, con i capelli dorati e le ciglia più scure dei capelli. Forse era truccata, ma se lo era, sapeva farlo bene, perché non si notava. Vestiva con eleganza disinvolta e anche i suoi gesti erano sciolti e perfetti. Pure, in lei c'era qualche cosa d'incongruo, assolutamente indefinibile e mi tornarono in mente le osservazioni di mia moglie; per conto mio ci aggiunsi una frase che mi balenò d'improvviso alla mente: "Questa donna non arretrerebbe di fronte a nulla". 
La conversazione che seguì fu banale: libri, quadri, chiese antiche; pure, e non so perché, provai l'impressione che la signora Lestrange mi avesse fatto entrare per dirmi qualche cosa d'importante. Ogni tanto mi guardava in un modo strano, esitante, come se non sapesse decidersi a parlare. Osservai che manteneva la conversazione su un piano astratto, senza accennare mai a parenti, o ad amici. 
Quando mi alzai per congedarmi, un impulso irresistibile mi spinse a dire: 
«Se posso esservi utile...» 
«Grazie» mormorò, e abbassò gli occhi. «Ma è troppo difficile a dire e credo che nessuno possa aiutarmi.» 
C'era qualche cosa di definitivo, nella sua voce: perciò non insistei, ma continuai a lambiccarmi il cervello, mentre uscivo dal giardino. Non siamo abituati ai misteri a St. Mary Meadow, perciò non mi stupii di venire assalito dalla signorina Hartnell, che stava di guardia fuori del cancello. 
«Questa volta vi ho sorpreso!» mi disse con un sorriso malizioso. «Almeno adesso ci racconterete qualche cosa.» «Qualche cosa... di che?» dissi io. 
«Ma della donna del mistero, naturalmente» continuò la Hartnell. «È vedova o ha un marito, da qualche parte?» 
«Non lo so. Non me l'ha detto.» 
«Possibile? Pensate che nel suo silenzio ci sia una ragione riposta? E ditemi, di che cosa avete parlato?» 
«Di quadri, musica, libri» risposi, nel modo più veritiero. 
La signorina Hartnell mi guardò, sbalordita; lei non sa parlare altro che di fatti personali, e quindi la cosa doveva sembrarle enorme. Io approfittai della sua momentanea indecisione, le augurai la buona sera e mi affrettai a rientrare in casa mia. 
Appena oltrepassato il cancello del giardino, mi venne l'idea di fare una capatina nello stanzone, di cui Larry Redding aveva fatto il suo studio, per vedere come progredisse il ritratto di Griselda. 
A questo punto unisco un piccolo schizzo che potrebbe essere utile a comprendere quello che avvenne in seguito. Nella pianta ho segnato i particolari che mi sembrano necessari. 
Non sapevo affatto che nello studio di Larry ci fosse qualcuno, perché non udii né voci, né rumore di passi. Aprii la porta e subito mi arrestai sulla soglia, imbarazzato. In mezzo alla stanza c'erano due persone: Larry e Ann Protheroe, strettamente allacciati. I due avevano dimenticato il mondo in un bacio appassionato. Battei in ritirata nella mia biblioteca, andai a sedermi su una poltrona e tirai fuori la mia pipa, per poter riflettere con comodo sulla situazione. 
La scoperta fatta mi aveva procurato un bel colpo; specie dopo la conversazione avuta con Letizia. Allora mi ero sentito sicuro che fra Larry e la giovinetta ci fosse qualche cosa; e anche Letizia lo credeva, a giudicare da come aveva parlato. La matassa era imbrogliata e pagai di malavoglia il mio tributo alla perspicacia della signorina Marple, la quale, adesso ne ero sicuro, non aveva voluto affatto alludere a Griselda, quando aveva raccontato la storia del giovane Bayley e della moglie di Joe. 
A me, invece, l'idea che la signora Protheroe potesse avere una tresca col giovane pittore, non era passata nemmeno per la mente. Giudicavo Ann una donna piena di buon senso, di temperamento riservato e tranquillo, incapace di una grande profondità di sentimenti. 
Ero giunto a questo punto delle mie meditazioni, quando fui Interrotto da un colpetto leggero battuto contro il vetro della finestra e subito dopo Ann entrò nella biblioteca. La donna era rossa, affannata e, senza una parola, andò a sedersi sul divano. 
Non l'avevo mai vista così e, forse per la prima volta, notai quanto fosse bella. Poteva avere trentacinque anni, ma ne dimostrava meno. Aveva i capelli castani folti, gli occhi grigi, la bocca larga e carnosa. Il respiro affannoso metteva in risalto il suo busto scultoreo: sembrava una statua a cui un incantesimo avesse dato vita. 
«Ho creduto opportuno venire» balbettò Ann. «Poco fa, voi... avete visto, vero? Immagino che mi giudicherete severamente.» 
«Come potrebbe essere diversamente?» risposi. «Siete una donna sposata, signora Protheroe.» 
«Oh, lo so! Credete che non me lo sia ripetuto mille volte? Non sono una donnaccia, credetemi, e le cose non stanno come voi immaginate.» 
«Ne sono contento.» 
«Sapeste come sono infelice! Non posso andare avanti così e non so che cosa fare. Sono stata sempre così infelice con Lucius e vi assicuro che nessuna donna potrebbe essere felice, con lui. Vorrei che morisse. Oh, lo so, è orribile quello che dico, ma mi sento tanto disperata... Chi c'è, vicario? Ho sentito rumore in giardino.» 
L'avevo sentito anch'io. Andai alla finestra e guardai fuori. Non c'era nessuno. Quando rientrai nella stanza trovai Ann piegata in avanti, con la testa china. Disse ancora: 
«Non so come fare.» 
Sedetti al suo fianco e le dissi quello che mi sembrava opportuno in un momento simile. Cercavo di parlare con convinzione, ma ero turbato dal pensiero che, non più tardi di quella mattina, anch'io avevo espresso l'idea che un mondo senza il colonnello Protheroe sarebbe stato migliore. Soprattutto la supplicai di non fare nulla d'impulsivo, perché lasciare il marito e la casa sarebbe stato un passo troppo grave. 
Non m'illusi di averla convinta. Ho vissuto abbastanza per sapere che tentare di discutere con gl'innamorati è inutile; però pensai che le mie parole l'avessero un po' confortata, perché mentre se ne andava, mi ringraziò e mi disse che avrebbe riflettuto a quanto le avevo detto. 
Anche quando se ne fu andata, continuai a sentirmi inquieto. Avevo visto bene quanto Ann fosse innamorata di Redding, e pensando al giovane, che aveva alcuni anni meno di lei, mi sentivo sempre più turbato. 

IV 

Avevo dimenticato che quella sera avevamo invitato a pranzo proprio Larry e quando Griselda irruppe nella biblioteca per avvertirmi che era tardi, mi sentii sconcertato. 
«Spero che andrà tutto bene» mi disse mia moglie. «Ho riflettuto a quello che hai detto e ho sorvegliato Mary, perché preparasse un buon pranzetto.» 
Devo convenire che il pranzo diede pienamente ragione a Griselda, quando asserisce che le cose vanno meglio se Mary non viene sorvegliata. La lista delle vivande era ambiziosa nella sua concezione, ma sembrava che Mary avesse provato un piacere perverso nell'alternare cibi troppo cotti ad altri mezzo crudi. Griselda aveva ordinato delle ostriche, e dato che questi molluschi vanno mangiati crudi, c'era da sperare che almeno quella vivanda potesse darci delle soddisfazioni; ma non fu così, perché ci accorgemmo, troppo tardi, che in casa non esisteva nessun arnese atto ad aprire le valve. 
Devo dire che avevo molti dubbi che Larry, quella sera, venisse, invece arrivò puntuale e ci mettemmo a tavola. 
Redding possiede una personalità affascinante. È un uomo sulla trentina, bruno, con degli occhi di un azzurro luminoso. Appartiene a quel genere di individui che sanno fare di tutto: gioca a tennis da campione, eccelle nel tiro, è un buon attore filodrammatico e un piacevole narratore. È anche un bravo pittore nel suo genere tutto moderno. 
Non mi meravigliai che apparisse un poco distratto, ma nel complesso ammirai la sua imperturbabilità. 
Griselda e Dennis furono molto allegri e scherzarono parecchio sul dottor Stone e Gladys Cram, il nostro scandalo locale. 
A un certo punto mi venne in mente, con una stretta al cuore, che l'età di Dennis è molto più vicina a quella di Griselda della mia. Dennis mi chiama zio, mentre chiama per nome mia moglie. Questo pensiero mi diede un senso di desolazione, forse perché ero ancora turbato dal colloquio avuto con Ann Protheroe. 
Dopo pranzo Larry manovrò in modo da condurmi nella biblioteca e appena fummo soli, la sua espressione allegra cambiò. 
«Avete sorpreso il nostro segreto, reverendo» cominciò. «Che intendete fare, ora?» 
Era per me molto più facile parlare con Redding, che con la signora Protheroe, e non mancai di farlo. Rimproverai Larry con voce aspra e il giovane non se ne risentì. 
«È giusto che parliate così, voi» mi rispose alla fine del mio fervorino. «Non crediate che io vi dia torto, anzi. Ma quello che c'è fra me e Ann non ha nulla in comune con gli amori peccaminosi e l'adulterio. No, reverendo, lasciatemi finire. Dovete credermi, quando vi dico che fra Ann e me non è accaduto niente di più di quanto avete visto voi stesso. Ann è una donna onesta e non so proprio che cosa accadrà di noi. Inutile dire che in un qualsiasi romanzo, il vecchio morirebbe, per sbarazzarci della sua presenza.» 
«Ma possibile che tutti desideriate la morte di quel disgraziato?» scattai io con rabbia. 
«Non abbiate paura, non intendo affondargli un coltello nella schiena» sorrise Larry con espressione amara. «Però sarei disposto a ringraziare chi togliesse il colonnello di torno. È un aguzzino. Sapete che picchia Ann molto spesso? Se non fossi un povero diavolo senza mezzi, non esiterei un momento a prendermi Ann e a portarla via.» 
«Sentite, Larry, ho simpatia per voi e lo sapete» sospirai. «L'unica cosa da fare, al punto in cui sono giunte le cose, è di fare le valigie e andarvene. Dovete andarvene, Larry, e presto, per non peggiorare la situazione di Ann. Il paese è pettegolo e presto la vostra tresca potrebbe giungere alle orecchie del colonnello. Voi non considerate la scaltrezza delle zitelle di qui. Non c'è agente investigativo, in tutta l'Inghilterra, che potrebbe stare alla pari con loro.» 
«Ma tutti mi credono innamorato di Letizia» protestò Redding. 
«E non vi è venuto in mente che anche Letizia potrebbe crederlo e farsi delle illusioni?» ribattei. 
«Non credo che Letizia s'interessi a me» mi rispose il giovane. «Sembra un tipo distratto, ma non lo è. E odia Ann, mentre Ann ha fatto di tutto per farsi amare.» 
Dovemmo a questo punto interrompere la nostra conversazione, per l'arrivo di Griselda e Dennis. Mia moglie si lasciò cadere su una poltrona ed esclamò: 
«Mio Dio! Non succede mai niente in questo posto? Vorrei che avvenisse un bel furto, o qualche cosa di simile.» 
«A St. Mary Meadow non c'è niente da rubare» disse Larry, assecondando lo scherzo. «A meno di non prender di mira la dentiera della signorina Hartnell.» 
«Scricchiola troppo» obiettò Griselda e arricciò il nasino. «Ma voi v'ingannate, caro Larry, se credete che in paese non ci sia nulla da rubare. Alla "Great House" hanno delle magnifiche saliere, una tazza di Carlo II e vari pezzi d'argenteria antica che valgono migliaia di sterline.» 
«Il vecchio si farebbe un dovere di spararci addosso con la sua pistola d'ordinanza se ci si azzardasse ad andare a prendere i suoi tesori» osservò Dennis. 
«Ma noi lo preverremmo, puntandogli addosso la nostra "berta". A proposito» chiese Griselda «chi ha una pistola?» «Io ho una Mauser» rispose Larry. 
«Davvero? E che ve ne fate?» 
«È un ricordo di guerra.» 
«Il vecchio Protheroe ha mostrato l'argenteria al dottor Stone, oggi» c'informò Dennis. «Stone ha fatto finta d'interessarsene moltissimo.» «Ma non avevano litigato quei due?» domandò mia moglie. 
«Oh, hanno rifatto la pace. Per parte mia non so proprio che gusto si provi, a scavar delle vecchie tombe.» 
«Quello Stone mi stupisce» disse Larry. «È così distratto che a volte si direbbe completamente ignorante della sua materia.» 
«È innamorato» sentenziò Dennis, poi si mise a scimmiottare la voce di Stone. «"Bella Gladys, come sei carina. Con quella boccuccia! Vieni con me, fuggiamo. E se all'albergo..."» «Basta, Dennis» intervenni io. 
«È ora che me ne vada» disse Larry e si alzò dalla poltrona. «Signora Clement, vi ringrazio della deliziosa serata.» 
Dennis e Griselda accompagnarono l'ospite alla porta, poi Dennis tornò, solo, nella biblioteca. Capii subito che doveva essergli accaduto qualche cosa: vagava per la stanza, dando calci ai mobili. La nostra mobilia è così vecchia, ormai, da non temere i calci di nessuno, pure ritenni mio dovere protestare. 
«Scusami» mormorò Dennis. Tacque un momento, poi riprese: «C'è qualcosa di più abominevole dei pettegolezzi, zio Leo?». 
«Che ti è successo?» 
«Non so se faccio bene a dirtelo, è troppo abominevole» ripeté Dennis. «Far delle chiacchiere, senza dire le cose chiaramente, ma lasciandole capire... No, non te lo dico.» 
Ero curioso, ma non insistetti, tanto più che Griselda rientrò nella biblioteca in quel momento. 
«Mi ha telefonato la signorina Wetherby» ci disse. «La signora Lestrange è uscita alle otto meno un quarto e non è ancora rientrata. Nessuno sa dove sia andata.» 
«E perché dovrebbero saperlo?» chiesi io. 
«Non è andata dal dottor Haydock» riprese Griselda con aria annoiata. «La signorina Wetherby lo sa di sicuro, perché ha telefonato alla signorina Hartnell, che sta di casa vicino al dottore, e l'avrebbe vista di certo.» 
«Ma a che ora mangiano, in questo paese?» scattai. «Scommetto che si nutrono di panini imbottiti, vicino alla finestra, per non perdere niente di quanto può accadere.» 
«E questo non è tutto» rise Griselda. «Le vecchie zitelle hanno saputo tutto. Il dottor Stone e Gladys occupano due camere contigue, alla locanda, ma "non comunicanti".» 
«Questa notizia avrà arrecato una grande delusione» dissi io. 

Il giovedì cominciò malissimo. Due delle mie parrocchiane ebbero la cattiva idea di bisticciarsi, a proposito della decorazione della chiesa, e io dovetti calmarle. Poi dovetti rimproverare due ragazzini del coro che avevano succhiato caramelle durante le funzioni; quindi dovetti pacificare l'organista, che si era offeso, perché uno dei ragazzi era suo figlio. Per completare l'opera quattro dei miei parrocchiani più poveri vennero a lamentarsi con me della signorina Hartnell, che, con la scusa della beneficenza, andava ficcando il naso in tutte le case dei dintorni. 
Stavo tornando a casa, quando incontrai il colonnello Protheroe, che era di buonissimo umore, visto che quella stessa mattina, in tribunale, aveva potuto condannare tre bracconieri, nella sua qualità di magistrato. 
«Fermezza, ci vuole!» gridò con la sua voce stentorea. «Oggi più di ieri. 
Occorre dare degli esempi. Sapete, vicario, quell'Archer, che feci condannare l'anno scorso? È uscito da pochi giorni, e va dicendo a tutti che me la farà pagare. Ma io non ho paura e la prima volta che lo colgo a sparare a uno dei miei fagiani, lo rimando dentro a tutta velocità. Siamo troppo molli, e invece ci vuole giustizia. Per me chiunque sia: dottore, avvocato, bracconiere, ecclesiastico o fannullone, se pecca, deve pagare e subire la pena che la legge prevede. Spero che sarete d'accordo con me, almeno in questo.» 
«Dimenticate che il mio abito m'impone una virtù, sopra a tutte le altre: la misericordia» mormorai. 
«Capisco, ma io sono un uomo giusto, nessuno lo può negare. Perché non dite nulla, vicario? Scommetto che indovino i vostri pensieri.» Esitai un attimo, poi risposi: 
«Pensavo che quando sarò chiamato alla resa finale dei conti, mi sentirei molto impensierito, se non avessi altro merito da far valere oltre a quello della giustizia. Temerei che, in questo caso, solo la giustizia mi sarebbe dispensata.» 
«Be', lasciamo correre» strillò Protheroe. «Verrò da voi stasera, come siamo rimasti d'accordo; ma, se non vi dispiace, verrò alle sei e un quarto, invece che alle sei, perché prima devo vedere un tale, qui al villaggio.» «Per me è lo stesso» gli risposi. 
Mentre il colonnello si allontanava, mi girai e andai a urtare contro Hawes, che quella mattina aveva proprio l'aria di un malato grave. Avrei voluto rimproverarlo, per la sua assenza dalle funzioni del mattino, ma quando vidi la sua espressione sofferente, non ne fui capace. «Non vi sentite bene, Hawes?» gli chiesi. 
«No, no; sto benissimo» mi rispose con voce alterata. 
«Mentite, Hawes» ribattei. «Tornate a casa e mettetevi a letto, ve lo consiglio.» 
Il mio coadiutore annuì e si allontanò. 
Feci colazione solo con Dennis, perché Griselda era andata a Londra col biglietto a riduzione del giovedì e sarebbe tornata tardi. Nel pomeriggio andai a fare una visita, poi tornai a casa per cominciare a preparare il mio sermone domenicale, ma Mary mi avvertì che c'era Larry Redding, ad aspettarmi. Erano le quattro e mezzo. 
Trovai Larry che passeggiava nella mia biblioteca con aria preoccupata. 
«Ascoltatemi, reverendo» mi disse dopo i saluti. «Ho riflettuto alle vostre parole e ho deciso di andarmene.» 
«Mio caro ragazzo!» esclamai, sollevato. 
«Avete ragione, non farei altro che procurare a Ann dei dispiaceri più grossi, se rimanessi. Lei è troppo buona e leale verso il marito, per fuggire con me, quindi non mi rimane che far fagotto.» 
«Avete preso l'unica risoluzione possibile. Sono sicuro che vi sarà costata molto, ma vedrete che presto anche voi penserete che era la migliore soluzione.» 
«Grazie, reverendo. Sarete così gentile da occuparvi un poco di Ann, quando non ci sarò più?» mormorò Larry. «Avrà bisogno di un amico.» 
«State tranquillo; farò per Ann quello che posso.» 
«Grazie» disse Larry e mi strinse la mano con forza. «Vedrò Ann stasera per l'ultima volta e domani me ne andrò, perché non serve a nulla prolungare ancora questa agonia. Vi ringrazio di avermi concesso lo stanzone in fondo al giardino come studio e mi dispiace molto di non aver potuto terminare il ritratto di vostra moglie.» 
«Non vi preoccupate per così poco» sorrisi. «Arrivederci e che Dio vi benedica.» 
Quando Larry se ne fu andato, cercai di continuare il mio sermone, ma l'impresa fu coronata da un completo insuccesso. Ero troppo preoccupato. 
Alle cinque Mary venne a portarmi il tè, che, manco a dirlo, era più cattivo del solito. Alle cinque e mezzo squillò il telefono e una voce di donna, bassa e confusa, mi disse di correre subito dal signor Abbott, della "Down House", che stava per morire. 
Telefonai subito alla "Great House", per avvertire il colonnello che avrei tardato un po' all'appuntamento, perché il signor Abbott abita a due miglia dal paese, ma il domestico di Protheroe mi disse che il signor Protheroe era già uscito in automobile. Non mi rimase che avvertire Mary di riferire al colonnello, quando fosse venuto, di attendere qualche minuto. Se mi fossi sbrigato sarei stato di ritorno non più tardi delle sei e mezzo. 


Ritornai al vicariato che erano quasi le sette. Ero quasi al cancello, quando questo fu spalancato con violenza da Larry che ne usciva. Vedendomi, si fermò di scatto. Rimasi colpito dalla sua espressione. Pareva spaventato; aveva gli occhi sbarrati, era pallidissimo e la sua persona era scossa da un tremito. Per un attimo supposi che avesse bevuto, ma cacciai subito l'idea. 
«Buona sera» lo salutai. «Siete stato da me? Mi dispiace che non mi abbiate trovato in casa, ma adesso entrate con me; c'è anche il colonnello Protheroe, che mi attende, per rivedere insieme certi conti.» 
«Protheroe? Ah, Protheroe, vero?» esclamò Larry e scoppiò in una risata nervosa. «Protheroe vi attende, eh? Certo, vi attende, statene certo.» 
Lo guardai stupito, poi tesi una mano verso Larry, ma il giovane si scostò con una mossa brusca. 
«No, me ne vado» gridò. «Devo pensare, pensare...» 
Si mise a correre e scomparve lungo la strada che conduce alla via principale del villaggio. Questa volta pensai proprio che Larry si fosse ubriacato. Mi avviai alla porta di casa e suonai il campanello, anche se le nostre porte, a St. Mary Meadow, sono sempre aperte. Mi venne ad aprire Mary, con le mani bagnate avvolte nel grembiule. 
«Eccovi, finalmente» mi accolse. «Il colonnello è in biblioteca dalle sei e un quarto.» 
«C'è stato anche il signor Redding, vero?» le chiesi. 
«È venuto pochi minuti fa» mi rispose Mary. «C'è ancora.» 
«No, non c'è. L'ho incontrato adesso al cancello.» 
«Allora se n'è andato senza che lo sentissi. La signora non è ancora rientrata.» 
Annuii, con aria distratta entrai nell'atrio, per avviarmi alla biblioteca. Dalla semioscurità del corridoio passai al riflesso del sole, che inondava la stanza, e, per un attimo, rimasi come accecato. Feci pochi passi, poi mi fermai di colpo. Il colonnello era seduto alla scrivania, col corpo riverso in avanti, in una posa niente affatto naturale. Una pozza di liquido scuro macchiava la cartella e gocciolava sul pavimento, con un rumore che faceva agghiacciare. 
Mi feci forza e mi avvicinai al corpo immoto. Sentii che il colonnello era già freddo e la mano che gli sollevai ricadde inerte sulla tavola. Il disgraziato era già morto, ucciso da una rivoltellata alla testa. 
Chiamai Mary dalla soglia e la mandai a chiamare il dottore Haydock, che per fortuna abita proprio accanto a me; poi rientrai nella biblioteca e richiusi l'uscio. 
Haydock era in casa e due minuti dopo entrava nella stanza dove lo attendevo. Senza parlare, gli accennai la scrivania. Da bravo medico non diede nessun altro segno di emozione. Si chinò sul cadavere per esaminarlo con rapidità, poi si volse a me. 
«È morto da almeno mezz'ora» mi disse. 
«Suicidio?» 
«No, certo, amico caro. Guardate la ferita. E poi, dove è l'arma? Sarà meglio non toccare nulla, fino all'arrivo della polizia.» Andò al telefono e parlò con il nostro ufficio di polizia, poi riagganciò. «È un affaraccio, Clement. Quando lo avete trovato?» mi chiese e glielo dissi. 
«È un affaraccio» ripeté. «Qui si tratta di un omicidio, senza dubbio. Ammetto che Protheroe non era molto popolare, ma chi poteva aver motivo per ucciderlo?» 
«Ascoltate, dottore» dissi io. «Oggi mi hanno telefonato per chiamarmi al capezzale di un morente, ma quando sono giunto là, i parenti sono rimasti stupiti di vedermi, perché il malato stava meglio e nessuno mi aveva telefonato.» 
«Questo significa che l'assassino voleva allontanarvi da casa, allora» osservò Haydock. «Vostra moglie dov'è?» 
«È andata a Londra, come tutti i giovedì.» 
«E la cameriera?» 
«Mary è in cucina.» 
«Cioè dall'altra parte della casa, dove è difficile che possa udire quanto succede qui. Ditemi, chi sapeva che Protheroe sarebbe venuto da voi, oggi?» 
«Il colonnello lo ha detto stamattina, in mezzo alla strada principale, e siccome urlava, come al solito, praticamente potevano saperlo tutti.» 
«Già, sanno sempre tutto, qui» brontolò il medico. «Conoscete nessuno, che nutrisse un particolare rancore contro questo disgraziato?» 
Mi balenò nella mente il ricordo del viso pallido di Larry, ma un rumore di passi che proveniva dal corridoio mi dispensò dal rispondere. 
«Ecco la polizia» disse Haydock. 
La polizia era rappresentata dall'agente Hurst, che appariva preoccupato. 
«Buona sera» ci salutò. «L'ispettore viene subito. Cos'è successo?» 
Haydock gli indicò il cadavere e l'agente mi lanciò un'occhiata sospettosa. 
«Non dobbiamo toccar nulla» disse poi e si avvicinò alla scrivania. 
Tirò fuori il suo taccuino e ci guardò con espressione di attesa. Io ripetei come avevo scoperto il cadavere e Hurst scrisse tutto, rapidamente, poi si volse al medico. 
«E secondo voi dottore, quale sarebbe la causa della morte?» gli chiese. 
«Una pallottola di rivoltella nella testa, sparata da breve distanza. Suppongo che l'arma sia piccola, forse una Mauser "25".» 
Sussultai, ricordando la conversazione di Griselda e Larry, la sera prima. 
L'agente si girò di scatto. 
«Dicevate qualcosa, reverendo?» domandò. 
Scossi la testa. Dopo tutto i miei erano soltanto dei sospetti ed era meglio che li tenessi per me. 

  

«A che ora sarebbe accaduto il delitto, dottore?» riprese Hurst. 
«Circa mezz'ora fa» rispose Haydock. 
«La vostra domestica, reverendo, non ha udito nulla?» 
«Per quanto ne sappia io, no; ma sarà meglio domandarlo a lei.» 
In quel momento giunse l'ispettore Slack e sospettai che volesse mangiarci, a giudicare dalla sua aria severa e rude. Rispose al nostro saluto con un cenno altezzoso del capo, lesse quello che Hurst aveva annotato nel suo taccuino, poi si avvicinò al cadavere. 
«Naturalmente avrete messo tutto sossopra» furono le sue prime parole. 
«Non abbiamo toccato nulla» dissi con impazienza. 
Slack si chinò ancora sulla scrivania, ed esclamò: 
«Ah, ecco quello che ci occorreva! L'orologio si è rovesciato, quando il colonnello è caduto in avanti, e si è fermato. Così abbiamo l'ora esatta del delitto. Le sei e ventidue minuti. L'ora torna, vero dottore? Ora sono le sette e cinque; io sono stato informato circa dieci minuti fa, vale a dire alle sette meno cinque. Il cadavere è stato trovato verso le sette meno un quarto; supponiamo che voi, dottore, lo abbiate esaminato dieci minuti prima delle sette e si arriva all'ora esatta. Avete detto che era morto da una mezz'ora, quando l'avete trovato, vero?» 
«Sì, ma naturalmente non posso essere preciso al minuto» rispose Haydock. 
«Scusate, ispettore, quell'orologio» intervenni io, ma Slack mi tolse la parola di bocca. 
«V'interrogherò dopo, reverendo; ora non abbiamo tempo da perdere.» 
«Capisco, ma vorrei dirvi che...» 
«Silenzio assoluto, prego» ripeté l'ispettore e io lo accontentai. Lui continuò a guardare gli oggetti sparsi sulla scrivania. «Chissà perché si era messo seduto qui?» borbottò fra sé. «Forse voleva scrivere un biglietto... Oh, e qui che cosa c'è?» 
Sollevò un foglio di carta da lettera con aria trionfante ed era così felice della sua scoperta da permetterci di avvicinarci per esaminare il foglietto insieme a lui. Era uno dei fogli del vicariato e portava in cima l'indicazione: ore 6,20. 
"Caro Clement, mi dispiace di non potervi attendere oltre, ma..." Qui lo scritto terminava con uno sgorbio. 
«È chiaro come il sole» disse Slack. «Il colonnello si era seduto alla scrivania per scrivere un biglietto, quando l'assassino gli è sopraggiunto alle spalle e gli ha sparato. Il colonnello era notoriamente sordo, poveretto. 
Nessun dubbio, vero?» 
«Vorrei dirvi che...» ricominciai, ma anche questa volta non ebbi fortuna. 
«Toglietevi di lì, reverendo, per favore» mi disse Slack. «Voglio vedere se l'assassino ha lasciato le sue orme.» Si inginocchiò per avvicinarsi carponi alla finestra aperta. 
«Credo necessario farvi sapere che...» ripresi io, ostinato. 
«Ne parleremo poi, reverendo. Ora, signori, vi prego di uscire da questa stanza, perché Hurst e io abbiamo da fare.» 
Ci lasciammo mettere alla porta come due ragazzi. Mi pareva che fossero trascorse delle ore, da quando ero tornato a casa, eppure non erano ancora le sette e un quarto. 
«Se quell'asino presuntuoso non ha bisogno di me» disse Haydock «me ne torno in ambulatorio. Mi manderà a chiamare, se mi vuole. Arrivederci, Clement.» 
«La signora è tornata» mi disse Mary. «Vi attende in salotto.» 
Trovai Griselda seduta in una poltrona, ancora vestita e col cappellino in testa, che sorbiva una tazza di tè. Era un po' spaurita, ma anche eccitata. Ascoltò con attenzione il mio racconto, poi osservò: 
«Ma se la lettera è stata cominciata alle sei e venti, l'orologio non poteva fermarsi alle sei e ventidue. Quell'orologio va avanti di un quarto d'ora. Gliel'hai detto, all'ispettore?» 
«Non gliel'ho detto, perché non ha voluto starmi a sentire» risposi con amarezza. 
Griselda corrugò la fronte. 
«Ma, Leo, il fatto diventa incomprensibile, in questo modo. Quando l'orologio segnava le sei e venti, in realtà non erano che le sei e cinque e il colonnello non era ancora arrivato.» 
Le parole di mia moglie erano piene di buon senso e proprio questo avevo cercato di far capire all'ispettore per ben quattro volte, prima che mi mettesse fuori della porta. 

VI 

Discutemmo un poco, Griselda e io, perché mia moglie pretendeva che andassi a parlare con Slack della faccenda dell'orologio. Ma su questo punto mi dimostrai ostinato. L'ispettore mi aveva trattato con una scortesia assolutamente gratuita e io mi preparavo a godere del mio trionfo, quando avessi potuto infliggergli una mortificazione, col mio indizio prezioso. Allora gli avrei detto, in tono di mite rimprovero: "Se aveste voluto ascoltarmi prima, ispettore...". 
Immaginavo che Slack avrebbe parlato ancora con me, prima di andar via, invece Mary ci venne ad annunciare che Slack se n'era andato e aveva chiuso a chiave la nostra biblioteca. 
«Credo che sarebbe bene andare da Ann» disse Griselda. «Immagino che sarà in uno stato compassionevole, poveretta. Forse potrei esserle utile.» 
Approvai la sua iniziativa e le raccomandai di telefonarmi subito, se le fosse sembrato che la mia presenza alla "Great House" potesse essere opportuna. 
Rimasto solo pensai per prima cosa a telefonare ai maestri della scuola domenicale, che dovevano venire da me alle sette e quarantacinque per la riunione settimanale. Date le circostanze, giudicai opportuno rimandare la conferenza. 
Dennis, che era stato a giocare a tennis, fu il primo a comparire sulla scena. Il fatto che il vicariato fosse stato teatro di un omicidio, parve procurargli una grande soddisfazione. 
«Pensa un po', zio Leo! Trovarsi in prima fila» mi disse. «Ho sempre desiderato fare l'investigatore e adesso... perché la polizia ha chiuso la biblioteca a chiave? Non credi che potrei provare ad aprirla con un'altra chiave?» 
Gli proibii di provarci e Dennis cedette, ma di malavoglia. Volle sapere da me tutti i particolari, poi usci in giardino, alla caccia di eventuali impronte e indizi, mentre si rallegrava del fatto che la vittima fosse proprio il colonnello Protheroe, così antipatico a tutti. 
La sua spensierata indifferenza m'indispose, ma riflettei che Dennis era ancora un ragazzo e a quell'età un'avventura poliziesca è la cosa più bella che possa capitare. Dopo tutto, per un ragazzo di diciassette anni, la morte non ha un gran significato. 
Griselda tornò a casa dopo un'ora. L'ispettore aveva dato a Ann la ferale notizia, e lei aveva dichiarato di aver lasciato il marito sulla strada principale del villaggio alle sei meno un quarto e di non saper niente che potesse gettare uno sprazzo di luce sia pur minimo sul delitto. 
«Slack si è mostrato abbastanza cortese» finì di raccontarmi Griselda. 
«E Ann come ha accolto la notizia?» 
«Con molta calma; ma lei non si agita mai.» 
«È vero» mormorai, ma pensavo all'eccitazione di Ann della sera avanti, quando era venuta da me, nella biblioteca. «E Letizia?» domandai. 
«Non era in casa» mi rispose Griselda. «Doveva essere al tennis, insieme a Dennis. Sai, Leo? Ann era calma, ma mi è sembrata strana lo stesso; come se fosse terrorizzata e cercasse di nasconderlo. Stava in guardia, insomma, come se sapesse chi può essere l'assassino. A me avrà domandato dieci volte, se c'erano dei sospetti su qualcuno. Sa padroneggiarsi, quella donna, non c'è che dire, ma era sconvolta, ti ripeto. Forse era affezionata al marito più di quanto non mostrasse.» 
Fummo interrotti da Dennis, che rientrò nel salotto tutto eccitato. Aveva scoperto una impronta sull'erba del giardino ed era sicuro che, in base a quella, la polizia avrebbe scoperto tutto. 
Passai una notte agitata. Per di più Dennis si alzò presto e cominciò a girellare dappertutto "per indagare sugli ultimi avvenimenti" diceva lui. Però non fu Dennis a portarci la notizia sensazionale, bensì Mary. 
Ci eravamo appena seduti a tavola per la prima colazione, quando la nostra cameriera irruppe nel tinello con le guance rosse e ci rivolse la parola senza cerimonie, come era sua abitudine. 
«Lo credereste? L'ho saputo adesso dal fornaio. Hanno arrestato Larry Redding!» 
«Ma è impossibile!» gridò Griselda. «Deve esserci un equivoco.» 
«Nessun equivoco, signora» asserì Mary con forza. «Il signor Redding è andato a costituirsi da sé, ieri sera tardi. Ha buttato sul tavolo dell'ispettore la rivoltella e ha detto: "Sono stato io". Niente altro.» 
Griselda mi guardò costernata, poi ripeté: 
«Non può essere.» Si accorse che non parlavo e mi chiese: «Tu non ci credi, Leo, vero? A meno che lui e il colonnello non esaminassero insieme la rivoltella e il colpo sia partito fortuitamente». 
«Non mi sembra probabile» mormorai. 
«Ma "deve" trattarsi di una disgrazia, caro, perché Larry non aveva nessun motivo per uccidere Protheroe.» 
Io sapevo che non era così, ma desideravo proteggere Ann e perciò tacqui. 
«Ricordati che si erano bisticciati, di recente» dissi. 
«Sì, a proposito di Letizia e del suo costume da bagno» annuì Griselda. «Ma la ragione mi sembra assurda. Se anche lui e Letizia si fossero fidanzati in segreto, non credo che Larry sarebbe andato ad ammazzare il padre della sua ragazza.» 
«Non possiamo sapere quale possa essere il vero motivo, tesoro.» 
«Allora tu ci credi, Leo?» sussurrò mia moglie e mi guardò come se fossi un estraneo. 
«Ricordati che l'ho incontrato al cancello, ed era stravolto.» 
«Sì, ma... Oh, è impossibile!» 
«Poi c'è la questione dell'orologio» proseguii. «In questo modo si spiega tutto. Larry deve averlo rimesso sulle sei e ventidue, con l'idea di crearsi un alibi. Pensa a come Slack è caduto subito nella trappola.» 
«Sbagli, Leo. Larry sapeva benissimo che quell'orologio andava avanti. Non avrebbe mai commesso lo sbaglio di rimetterlo alle sei e ventidue, ma a un'ora più possibile; le sette meno un quarto, per esempio.» 
«Forse non sapeva a che ora Protheroe fosse arrivato qui. O forse si è dimenticato che l'orologio andava avanti.» 
«No, chi vuole commettere un omicidio è molto meticoloso nella preparazione dei particolari» disse Griselda con ostinazione. 
«Come fai a saperlo, mia cara, dal momento che non hai mai commesso un omicidio?» sorrisi. 
Prima che Griselda potesse rispondermi la voce dolce della signorina Marple disse: 
«Scusate se entro così, senza farmi annunciare, ma date le tristissime circostanze...» 
Facemmo accomodare la nostra vicina, che aveva il viso leggermente colorito e l'aria molto eccitata. 
«È una cosa orribile, povero colonnello» riprese la vecchietta. «Non era un uomo simpatico, è vero, ma la notizia mi ha reso triste. È stato ucciso proprio nella vostra biblioteca, vicario?» 
Le risposi che le cose erano andate proprio così. 
«Ma il vicario non c'era, vero?» chiese Jane Marple a Griselda. 
Le raccontai dov'ero stato nel pomeriggio precedente. 
«E Dennis non c'è, stamattina?» s'informò la nostra ospite, dopo aver guardato in giro per la stanza. 
«Dennis si è messo a fare il poliziotto dilettante» sorrise mia moglie. «Va in cerca d'impronte e ne ha trovata una, che lui crede possa essere utilissima alla polizia.» 
«Senti, senti» fece la signorina Marple. «E Dennis crede di sapere chi sia l'assassino? Ma d'altra parte, tutti noi crediamo di saperlo.» 
«Volete dire che per voi la cosa è chiara?» balbettò Griselda, mentre guardava la vecchietta con espressione stupita. 
«Forse lo credo soltanto» sorrise la Marple. «Forse ognuno di noi ha in mente una persona diversa. Ecco perché è tanto importante avere delle prove. Io sono convinta di sapere chi è stato, ma devo ammettere di non possedere l'ombra di una prova. Per questo avevo deciso di essere molto cauta, con l'ispettore Slack, quando fosse venuto a interrogarmi. Mi aveva telefonato che sarebbe venuto stamattina, invece, poco fa mi ha chiamato di nuovo, per dirmi che la mia testimonianza non è più necessaria.» 
«Immagino che dopo l'arresto avrà considerato inutile venirvi a disturbare» dissi io. 
«L'arresto?» La signorina Marple si piegò in avanti, costernata. «Non sapevo che avessero arrestato qualcuno» disse. 
Avviene così di rado che la signorina Marple non sappia le cose prima di noi, che io non avevo pensato affatto a una simile eventualità. 
«Sì, signorina; la polizia ha operato un arresto» l'informai. «Larry Redding.» 
«Larry?» La signorina Marple apparve molto stupita. «Non avrei mai pensato...» 
«Io non ci credo» la interruppe Griselda con veemenza. «Sì, anche se ha confessato, io non ci credo.» 
«Ha confessato? Oh, povera me!» si lamentò la signorina Marple. 
«Secondo la mia idea, non può essere stata che una disgrazia» riprese mia moglie. «Il fatto di essersi andato a costituire lo conferma, secondo me.» 
«Ah, si è costituito!» esclamò Jane Marple. «Questo" mi fa piacere.» «Infatti, dimostra che è stato preso dal rimorso» confermai io. 
«Rimorso?» La signorina Marple mi guardò con occhi più stupiti che mai. «Ma come, caro vicario, voi lo ritenete colpevole?» 
«Be', dal momento che ha confessato...» 
«Appunto. È proprio questo che prova la sua innocenza.» 
«Forse sarò uno sciocco» ribattei, piccato «ma non capisco proprio il vostro ragionamento. Se uno non ha commesso un delitto, perché dovrebbe andare a costituirsi?» 
«Avrà i suoi motivi, si capisce» sorrise la signorina Marple. «In simili casi il motivo non manca mai. I giovanotti hanno la testa calda e sono sempre disposti a pensare al peggio.» Si voltò verso Griselda: «Dico bene, mia cara?». 
«Non saprei» rispose mia moglie. «Non capisco quale ragione abbia Larry per comportarsi da perfetto idiota.» 
«Se aveste visto il suo viso, ieri sera!» dissi io e descrissi alla signorina Marple il mio ritorno a casa. 
«Sarò sciocca» mi disse quando ebbi finito «ma non capisco perché una persona, se si decide ad ucciderne un'altra, dopo aver commesso il fatto, non cerchi di mascherare in qualche modo la propria espressione. Da quanto ho saputo, l'omicidio è stato compiuto a sangue freddo, dunque è stato premeditato. Anche se l'assassino può sentirsi un po' agitato, dopo aver compiuto il suo misfatto, non credo verosimile che cada nello stato di agitazione che mi avete descritto, caro vicario. Non è facile immaginarsi in una situazione simile, ma per conto mio non credo che mi agiterei tanto.» 
«Non conosciamo le circostanze» insistei. «Se i due uomini avessero litigato, il colpo potrebbe essere stato sparato in un impeto di collera e Larry si sarebbe sentito sgomento per le conseguenze del suo atto. Anzi, preferisco credere che le cose si siano svolte proprio così.» 
«Tutti noi preferiremmo credere che le cose accadano come ci conviene di più» disse la signorina Marple. «Ma bisogna accettare i fatti proprio come stanno, non vi pare? E non mi sembra che i fatti corrispondano alla vostra versione. Mary ha dichiarato che Redding era entrato in casa da non più di due minuti, quando l'avete incontrato al cancello. Questo c'induce a pensare che Larry abbia avuto appena il tempo di entrare nella biblioteca dalla porta e di uscirne dalla finestra. Oltre a ciò il colonnello è stato ucciso da un colpo sparatogli alla nuca, mentre era intento a scrivere, seduto alla vostra scrivania. Così almeno mi ha raccontato la mia cameriera.» 
«Sì, è così» affermò Griselda. «Il colonnello stava scrivendo un biglietto per mio marito, per dirgli che non poteva più aspettarlo. Il biglietto recava l'indicazione dell'ora: le sei e venti e l'orologio, che è stato trovato rovesciato sul tavolo, segnava le sei e ventidue. È proprio questo che riesce così inesplicabile a Leo' e a me. Perché, vedete, il nostro orologio va avanti un quarto d'ora; lo teniamo così per non essere mai in ritardo.» 
«È curioso davvero» convenne la signorina Marple, ma non proseguì, perché sulla soglia della porta-finestra apparve Letizia Protheroe, un po' più animata del solito. Entrò, mormorò un buongiorno affrettato e si lasciò cadere su una sedia. 
«Hanno arrestato Larry, vero?» domandò. «E pensare che non ho mai creduto sul serio che qualcuno volesse uccidere il babbo.» «Prendi qualche cosa, Letizia?» domandò mia moglie. 
«No, grazie. Ho già fatto colazione. Sono venuta a riprendermi un berretto, che avevo lasciato in biblioteca l'altro giorno. L'avete visto, signora 
Clement? È giallo, un po' originale...» 
«Se ce lo hai lasciato, ci sarà ancora» rispose Griselda. «Mary non rimette mai in ordine.» 
«Andrò a vedere» disse Letizia e si alzò. «Scusate se vi ho disturbati, ma i miei capelli sono in disordine e...» 
«Temo che non potrai entrare nella biblioteca, Letizia» dissi io. «La polizia ha chiuso e si è portata via la chiave. E poi, mia cara, a cosa può servirti un berretto giallo in questo momento?» 
«Volete dire per il lutto? Ma non si usa più, dovreste saperlo anche voi. Piuttosto mi dispiace per Larry. Immagino che sarà stato per colpa mia e del mio costume da bagno.» 
Griselda aprì la bocca per dire qualche cosa, ma non so perché, la richiuse senza parlare. Letizia sorrise, stranamente. 
«Voglio andare a casa, per dire a Ann che hanno arrestato Larry» disse e uscì senza salutare. Griselda si volse alla signorina Marple. 
«Perché mi avete pestato un piede, poco fa?» le chiese. 
«Perché mi era sembrato che voleste fare un'osservazione, mia cara» sorrise la vecchietta «ed è sempre meglio lasciare che le cose vadano per il loro verso. Secondo me, quella ragazza non è così distratta come vuol sembrare. Credo che abbia in testa un'idea e agirà in conseguenza.» 
«C'è il colonnello Melchett che vorrebbe vedere il vicario» urlò Mary dalla soglia. 
Melchett è il sovrintendente di polizia della contea. Mi alzai subito e andai a ricevere il colonnello nel salotto. 

VII 

Melchett è un ometto grasso che ha la sconcertante abitudine di sogghignare, quando uno meno se lo aspetta. È rosso di capelli e possiede due occhietti azzurri, vivi e penetranti. 
«Buon giorno, vicario» mi salutò. «Brutta faccenda. Non che Protheroe mi fosse simpatico, ma è una brutta faccenda ugualmente. Spero che vostra moglie non sia troppo scombussolata.» 
Risposi che Griselda aveva dimostrato una non comune forza d'animo. 
«Meglio così» approvò Melchett. «Non so proprio capire come Redding possa aver fatto una cosa simile, senza un briciolo di considerazione per nessuno.» 
Fui preso da una irresistibile voglia di ridere, ma il colonnello Melchett non trovava nulla di straordinario, nell'idea che un omicida dovesse dimostrare un po' di considerazione per gli altri. 
«Confesso di essere rimasto stupito» continuò il colonnello «quando mi hanno riferito che Redding era andato a costituirsi.» 
«Come è andata?» chiesi io, dopo averlo fatto accomodare. 
«Si presentò ieri sera, verso le dieci. Buttò la rivoltella sul tavolo e disse: 
"Eccomi; sono stato io".» 
«Raccontò quello che era successo?» 
«Disse ben poco. L'ispettore Slack lo avvertì subito di riflettere bene a quanto stava per dire e Redding si mise a ridere. Raccontò di essere venuto qui per parlare con voi e di aver trovato Protheroe, di aver bisticciato con lui e di avergli sparato. Però non volle spiegare il motivo del litigio. E ora, parlando fra noi, Clement, che cosa sapete di questa storia? Ho udito delle chiacchiere... sembra che Protheroe avesse proibito a Redding di frequentare la sua casa per via della figlia. Cercheremo di far comparire il nome della ragazza il meno possibile, nella faccenda, ma era lei la causa della discordia?» 
«No» risposi con forza. «Potete credere alla mia parola, quando vi assicuro che si trattava di una cosa del tutto diversa. Per il momento mi è impossibile dirvi di più, colonnello.» 
Melchett annuì e si alzò per andarsene. 
«Si fanno troppe chiacchiere, in questo paese» disse. «Ci sono troppe donne, questo è il male. Adesso vado da Haydock. E vi assicuro che mi dispiace proprio tanto per Redding. Lo consideravo un bravo ragazzo. Forse i suoi avvocati riusciranno a tirar fuori un buon motivo di difesa. Conseguenze della guerra, sistema nervoso scosso, o che so io. Specialmente se non viene a galla nessun movente serio. E ora vado. Volete venire con me, Clement?» 
Accettai volentieri l'offerta e uscimmo insieme. 
La casa di Haydock è accanto alla mia. Trovammo il medico seduto a colazione. 
«Sono stato alzato tutta la notte per estrarre la pallottola» disse Haydock a Melchett e spinse verso di lui una scatolina che conteneva il proiettile. «Calibro due cinque, come vedete. I particolari tecnici li serbo per l'inchiesta. Quello che interessa a voi, per il momento, è che la morte fu istantanea. Mi stupisco solo che nessuno abbia udito il colpo.» «Già, il fatto ha stupito anche me» annuì Melchett. 
«La finestra della cucina guarda dalla parte opposta» intervenni io «e Mary, con le porte della biblioteca, della dispensa e della cucina chiuse, non poteva udire. In casa non c'era che lei.» 
«Capisco, ma il fatto rimane misterioso lo stesso» dichiarò il colonnello. «Almeno quella vecchietta, la signorina Marple, doveva udire qualche cosa; la porta-finestra della biblioteca era aperta.» 
«Forse la signorina Marple ha sentito» osservò Haydock. 
«Non credo» dissi io. «Era al vicariato, poco fa, e non ha detto nulla, in proposito. Se avesse udito lo sparo, sono sicuro che ce l'avrebbe detto.» 
«Ma potrebbe averlo udito senza farci caso» insisté Haydock. «Con tutte queste automobili che passano con lo scappamento aperto...» 
Fui colpito dal fatto che il medico, quella mattina, sembrava gioviale e di buon umore, contrariamente al solito. 
«E se il colpo fosse stato sparato con un silenziatore?» riprese. «È più che probabile, anzi. Così nessuno avrebbe udito nulla.» Melchett scosse la testa. 
«Slack non ha trovato nulla di simile e Redding, interrogato, ha avuto l'aria di non capire la domanda. Maledetto imbecille! È quasi impossibile crederlo un omicida.» 
«Nessun movente?» chiese Haydock. 
«Dice che bisticciarono, che perse il lume della ragione e sparò.» 
«Ah, ma questa storiella non regge» protestò il medico. «Il colonnello fu ucciso da qualcuno che gli si era avvicinato silenziosamente, mentre lui scriveva, e che gli sparò un colpo alla testa. Non capisco come faccia quel giovanotto a parlare di litigio.» 
«Non fecero in tempo a litigare» dissi io. «Per avvicinarsi furtivamente al colonnello, sparargli un colpo, rimettere indietro l'orologio e uscire, a Larry dovette occorrere tutto il tempo che rimase in casa mia. Non riuscirò mai a dimenticare lo sguardo di Larry, quando lo incontrai al cancello, mentre usciva dal mio giardino.» Haydock mi guardò, stupito. 
«Ma Clement, secondo voi quel ragazzo avrebbe ucciso il colonnello pochi istanti prima che voi rientraste a casa?» mi domandò. «Impossibile, assolutamente impossibile. La morte di Protheroe non risaliva a pochi minuti, quando esaminai il cadavere.» 
«Ma, dottore, diceste voi stesso che il calcolo di mezz'ora era solo approssimativo» esclamò Melchett. 
«Mezz'ora, trentacinque minuti, venticinque, venti, può darsi; ma meno no. Il cadavere era quasi freddo, quando lo esaminai.» 
Haydock era diventato pallido e pareva invecchiato. Melchett riprese: 
«Vediamo, dottore. Dal momento che Larry stesso ammette di essere l'assassino e di aver ucciso il colonnello alle sette meno un quarto...» Haydock balzò in piedi. 
«Vi dico che è impossibile» urlò. «Se Larry dice di aver ucciso Protheroe alle sette meno un quarto, vuol dire che mente. Per tutti i diavoli, sono un medico, dopo tutto, e so quello che dico. Il sangue aveva già cominciato a coagularsi.» 
«Se Redding mente...» cominciò il colonnello. S'interruppe per un attimo poi decise: «Sarà meglio andare alla polizia per interrogarlo». 

VIII 

All'ufficio di polizia trovammo Slack, che diede ordine di condurre Larry nel suo ufficio. 
Il giovane era pallido, alterato, ma in tutto il resto dimostrava una compostezza perfetta. Melchett cominciò: 
«Vediamo, Redding. Mi è stata riferita la vostra dichiarazione di colpevolezza. Voi dite di essere andato al vicariato verso le sette meno un quarto, di avervi trovato Protheroe, di aver bisticciato con lui e di averlo ucciso con un colpo di rivoltella. È vero?» 
«Sì.» 
«Bene, ora vorrei farvi qualche domanda. Ditemi, perché eravate armato?» 
«Mi trovai la rivoltella in tasca» disse Larry esitante. «La porto sempre con me» dichiarò poi. 
«Perché rimetteste indietro l'orologio sulla scrivania?» 
«L'orologio?» 
«Si, le lancette segnavano le sei e ventidue.» 
Sul viso di Larry comparve un'espressione spaventata. «Oh, volevo dire... sì, lo rimisi indietro io.» 
«Dove sparaste?» intervenne Haydock all'improvviso. 
«Nella biblioteca del vicariato.» 
«No, voglio dire: in quale parte del corpo?» 
«Oh... alla testa, credo. Sì, alla testa.» 
«Non ne siete sicuro?» 
«Dal momento che voi lo sapete, mi sembra inutile domandarlo a me.» 
Evidentemente voleva fare il gradasso, ma ci riusciva male. In quel momento entrò un agente per consegnarmi una busta. 
«L'hanno portata per voi, reverendo» disse. 
Aprii la lettera e lessi: 

Vi prego, venite da me. Non so che cosa fare e ho bisogno di parlare con qualcuno. Venite subito, vi prego, e conducete con voi chi più vi aggrada. 
Ann Protheroe 

Lanciai a Melchett un'occhiata d'intesa e tutti e due lasciammo l'ufficio di Slack. Sulla porta mi volsi un attimo e vidi Larry che teneva lo sguardo fisso sul foglio che tenevo in mano. Aveva un'espressione disperata e angosciata. Rammentai Ann Protheroe, seduta sul mio divano, che diceva: "Sono disperata" e mi sentii il cuore oppresso. Cominciavo a intravedere un motivo possibile all'eroica confessione di Larry. 
Nel corridoio porsi a Melchett la lettera di Ann e lui la lesse, poi mi guardò con aria interrogativa. 
«Era a questo che volevate alludere, poco fa?» mi chiese. 
«Sì, ma non sapevo se fosse giusto dirvelo. Ora, invece, credo di sì.» 
Mentre l'automobile del colonnello ci portava verso la "Great House"; raccontai a Melchett quello che avevo visto nello studio di Redding, due sere prima. Il dottor Haydock, che era con noi, non mostrò nessuna meraviglia. 
La porta della villa ci venne aperta da un cameriere correttissimo, che andò subito ad avvertire la cameriera della signora del nostro arrivo. 
«Tornate qui» gli disse Melchett, «vorrei domandarvi qualche cosa, intanto che la cameriera va ad avvertire la signora Protheroe. Ditemi, ieri il vostro padrone fece colazione in casa?» 
«Sì, signore.» 
«Era del suo solito umore?» 
«Per quanto posso giudicare io, sì, signore.» 
«In seguito che cosa accadde?» 
«Dopo colazione la signora salì in camera sua per riposare, il signore andò nel suo studio e la signorina Letizia uscì, per andare al tennis. Alle quattro e mezzo la signora e il colonnello presero il tè insieme e alle cinque e mezzo uscirono in automobile, per andare al villaggio. Erano appena partiti, quando il reverendo telefonò, chiedendo del colonnello.» 
«E il signor Redding in che giorno venne qui, per l'ultima volta?» 
«Martedì, nel pomeriggio.» 
«Mi hanno detto che il colonnello e Redding si erano bisticciati.» 
«Credo, signore» rispose il domestico. «Il colonnello aveva l'abitudine di parlare sempre a voce alta, e così non potei fare a meno di udire qualche cosa. Mi pare che il bisticcio vertesse sulla signorina Letizia, e su un ritratto che il signor Redding le stava facendo.» 
«E quando il signor Redding se ne andò, vi parve incollerito?» 
«Al contrario, signore. Sembrava divertito.» 
«E ieri non venne?» 
«No, signore.» 
«Non venne nessuno?» 
«Ieri no, signore.» 
«E il giorno prima?» 
«Venne il signor Dennis, nel pomeriggio. Poi venne il dottor Stone e alla sera una signora che non conosco.» 
«Una signora?» si meravigliò Melchett. «E chi era?» 
Il cameriere non ricordava il nome della signora. Aveva detto chi era e aveva atteso nel salottino, perché i signori erano a tavola. La donna aveva chiesto del colonnello, non della signora Protheroe; il cameriere aveva avvertito il signore e questi, appena finito di pranzare, era andato a riceverla. 
Quanto si era trattenuta, quella signora? Il cameriere giudicò che la sua visita fosse durata una mezz'ora, ma non poteva dirlo con certezza, perché il colonnello stesso l'aveva riaccompagnata alla porta. Ora il cameriere ricordava anche il nome della signora: si chiamava Lestrange. 
L'informazione destò lo stupore in tutti noi e in quel momento la cameriera di Ann venne a dirci che la signora ci attendeva in camera sua. 
Ann era a letto; aveva il viso pallido e gli occhi febbricitanti. Tentò di sorridermi e mi tese la mano. 
«Vi ringrazio di essere venuto così presto, vicario» mormorò. «Vedo che avete portato con voi la persona più adatta, il colonnello Melchett. Perché, vedete, è meglio che mi levi questo peso dal cuore una volta per tutte. Colonnello, mi rivolgo a voi, perché mio marito l'ho ucciso io.» 
«Mia cara signora» cominciò Melchett, commosso, e non poté continuare. 
«Scusatemi se vi dico le cose così, senza emozione» riprese Ann con voce patetica «ma la verità è che odiavo mio marito da tanto tempo e ieri l'uccisi. Immagino che adesso mi arresterete; mi vestirò alla svelta e vi seguirò dovunque.» 
«Signora, sapete che Larry Redding si è già confessato autore del delitto?» 
Ann annui con vivacità. 
«Sì, lo so. È un ragazzo molto sciocco, vero?» 
«Larry sapeva che eravate stata voi, a uccidere il colonnello?» 
«Sì, glielo avevo detto io,» Ann scosse la testa con un moto d'impazienza. «Non potreste lasciarmi sola, ora? Ho già detto quello che dovevo e vorrei tacere, per un po'.» 
«Dove vi procuraste la rivoltella, signora?» domandò Melchett, senza far caso alle parole della donna. 
«La rivoltella?... Era quella di mio marito. La presi dal cassetto del suo comodino e la portai con me al vicariato, perché sapevo che mio marito doveva recarvisi.» 
«A che ora?» 
«Dopo le sei, credo. Le sei e un quarto, o giù di lì. Ma non volevo uccidere mio marito, bensì volevo suicidarmi, dopo avergli detto quello che pensavo di lui. Però quando mi affacciai alla porta della biblioteca del vicariato e vidi Lucius, fui presa dalla tentazione di ucciderlo. E sparai.» 
«Poi?» 
«Poi venni via.» 
«E diceste a Redding quello che avevate fatto. Vi vide nessuno, mentre entravate o uscivate dal vicariato?» 
«No... o meglio, sì. La signorina Marple era in giardino e mi fermai un momento a parlare con lei.» 
Haydock si avvicinò a Ann, le prese il polso e fece un cenno a Melchett. 
«Rimango io, con lei» disse. «Non è prudente lasciarla sola, in questo momento.» 
Melchett annuì e uscimmo. Nel corridoio vidi un ometto magro, dal viso cadaverico, che usciva dalla stanza vicina a quella di Ann. Mosso dall'impulso del momento lo interrogai. «Siete il cameriere del colonnello?» «Sì, signore» mi rispose l'uomo. 
«Sapete se il vostro padrone possedeva una rivoltella?» 
«Che io sappia, no, signore.» 
«Non la teneva in uno dei cassetti del suo comodino? Pensateci bene.» Il cameriere scosse la testa con aria risoluta. 
«Sono proprio sicuro di no, reverendo. Se ci fosse stata, l'avrei vista, una volta o l'altra.» 
Raggiunsi Melchett in fondo alle scale. 
Ann Protheroe aveva mentito a proposito della rivoltella. Perché? 

IX 

Quando fummo tornati al villaggio, Melchett manifestò la sua intenzione di andare a far visita alla signorina Marple. 
«Venite anche voi, vicario» mi disse. «Non ho nessuna voglia di vedere una vostra pecorella in preda alle convulsioni.» 
Non potei fare a meno di sorridere, perché, malgrado la fragilità del suo aspetto, la signorina Marple è capacissima di tener testa a tutti i poliziotti del mondo. 
«Che tipo è?» mi domandò Melchett. «Potremo fidarci di quanto ci dirà?» 
«Credo di sì» risposi «almeno finché si limita a parlare di quanto ha realmente visto. Se usciamo da questo campo ed entriamo a parlare di quello che la signorina Marple pensa, allora è un'altra faccenda. La Marple ha per sistema di pensare sempre male di tutti.» 
«Le conosco queste vecchie zitelle» brontolò il colonnello. «Pensate a quanti tè sono stato invitato da queste parti.» 
Fummo ricevuti da una minuscola camerierina, che ci fece passare in un salotto di proporzioni ridotte, come lei e la signorina Marple. 
La signorina Marple fece il suo ingresso nella stanza e ci sorrise. 
«Mi dispiace molto di dovervi disturbare, signorina» disse Melchett «pe-
rò sono costretto a compiere il mio dovere.» 
«Certo, certo, lo capisco benissimo» rispose la vecchietta. «Volete accomodarvi? Potrei offrirvi un bicchierino di rosolio fatto da me, con la ricetta della nonna.» 
«Troppo gentile, signorina» si affrettò a scansare il pericolo il colonnello. «Non prendo mai nulla fuori pasto. Vorrei parlarvi di questa triste vicenda che ha scombussolato tutti. Ci sembra possibile, data la posizione della vostra casa e del giardino, che voi possiate dirci qualche cosa di nuovo, sugli avvenimenti di ieri sera.» 
«Infatti, mi trattenni in giardino dalle cinque in poi» annuì la signorina Marple «e così mi era quasi impossibile non vedere quanto succedeva nel giardino accanto.» 
«Giusto» approvò il colonnello. «A quanto ho saputo, la signora Protheroe passò di qui, ieri sera.» 
«Sì. La chiamai e si fermò a parlare un momento con me.» 
«Potreste dirci l'ora esatta?» 
«Un minuto o due dopo le sei e un quarto» rispose la zitella con prontezza. «L'orologio della chiesa aveva appena suonato il quarto.» 
«Benissimo. E che cosa accadde, poi?» 
«La signora Protheroe mi disse che andava al vicariato a prendere suo marito per tornare a casa insieme a lui. Veniva dal viottolo, perciò entrò nel giardino del vicariato dal cancello posteriore. La vidi svoltare l'angolo della casa, diretta alla biblioteca, ma immagino che il colonnello non fosse ancora arrivato, perché la signora tornò subito indietro e attraversò il prato, per andare nello studio... quello stanzone in fondo al giardino del vicariato, sapete, dove Larry Redding ha fatto il suo studio da pittore.» 
«Bene. E non udiste nessuno sparo, signorina?» 
«In quel momento, no. Più tardi, sì; ma la detonazione proveniva dal bosco, non dal giardino del vicariato.» 
«Di questo parleremo dopo, signorina» si affrettò a interromperla Melchett. «Adesso continuate a raccontare ciò che fece la signora Protheroe.» 
«Andò nello studio, come vi dicevo» riprese la zitella «e attese. Poco dopo Larry Redding arrivò al cancello del rettorato e si guardò intorno.» 
«Vi vide?» 
«No» disse la signorina Marple, e arrossì un poco. «Proprio in quel momento ero china a strappare delle erbacce. Comunque vidi il signor Redding andare diritto nel suo studio.» 
«Senza entrare in casa Clement?» 
«Diritto nello studio» ripeté Jane Marple con un'ombra di risentimento nella voce; poi tacque e la sua pausa fu molto eloquente. 
«Forse la signora Protheroe era andata a posare» suggerii io. 
«Forse» annuì lei. 
«E quando uscirono, i due?» domandò Melchett. 
«Una diecina di minuti più tardi. L'orologio della chiesa aveva appena suonato la mezza. Uscirono dal giardino e presero il viottolo che porta alla strada principale del villaggio. Proprio in quel momento il dottor Stone uscì dal sentiero del bosco e si unì a loro. Non ne sono ben sicura, ma mi sembra che poco dopo anche la signorina Cram si unisse alla compagnia.» 
«Dovete avere degli occhi molto buoni, signorina» la complimentò il colonnello. «Il viottolo è piuttosto lungo.» 
«Il fatto è che stavo osservando un uccello col binocolo» spiegò la signorina. «Uno di quei trogloditi con la testa dorata, tanto carini.» 
«Capisco. Visto che siete tanto osservatrice, signorina, non potreste dirmi che espressione avessero Larry Redding e la signora Protheroe, quando uscirono dal cancello del vicariato?» 
«Chiacchieravano e sorridevano» rispose subito la vecchietta. «Sembravano felici di essere insieme, insomma.» 
«Non erano turbati o sconvolti?» 
«Per niente. Proprio il contrario.» 
«È strano, molto strano» mormorò il colonnello. 
«Perché?» domandò Jane Marple e le parole che seguirono ci colsero di sorpresa. «Forse Ann si accusa del delitto?» 
«Parola d'onore, non capisco come abbiate fatto a indovinarlo» sorrise Melchett. 
«Avevo il presentimento che le cose sarebbero andate in questo modo. Anche la nostra cara Letizia deve averlo creduto. Letizia è una ragazza intelligente, anche se non troppo scrupolosa. E ditemi, secondo Ann a che ora avrebbe ucciso il marito?» 
«Alle sei e venti, subito dopo aver parlato con voi.» 
La signorina Marple scosse la testa con aria dubbiosa e ci guardò con compassione. 
«E come l'avrebbe ucciso, secondo voi?» 
«Con un colpo di rivoltella.» 
«E dove avrebbe trovato, la rivoltella?» 
«L'aveva portata con sé.» 
«Ah, questo non è vero» dichiarò la signorina Marple con forza. «Sono pronta a giurare che Ann non aveva niente di simile, con sé, quando si è fermata a parlare. Vedete, non aveva la borsetta e indossava uno di quei vestiti senza tasche e così aderente da non poter nascondere nemmeno un fazzoletto.» 
«Ma dovete ammettere che tutto quadra benissimo» si ostinò Melchett. 
«L'ora, l'orologio che indica le sei e ventidue...» La signorina Marple si rivolse a me. 
«Non gli avete detto ancora niente, del vostro orologio?» mi chiese. 
«Che cosa avreste dovuto dirmi, Clement?» domandò il colonnello. 
Gli spiegai come stavano le cose e lui si mostrò molto seccato. 
«Ma perché non diceste tutto a Slack, ieri sera?» volle sapere. 
«Perché Slack non mi lasciò parlare.» 
«Sciocchezze! Avreste dovuto insistere.» 
«È probabile che l'ispettore si comporti con voi ben diversamente da come si comportò con me» mi difesi. «Ieri sera non mi riuscì nemmeno di aprir bocca.» 
«È una faccenda straordinaria, questa» borbottò Melchett. «Se viene qualche altro a dirci di essere l'assassino, finirò al manicomio.» 
«Se mi fosse permesso un suggerimento...» intervenne la signorina Marple con timidezza. «Bene, sentiamo» sospirò il colonnello. 
«Se voi diceste a Redding che la signora Protheroe ha confessato, ma che voi non ci credete; poi diceste la stessa cosa alla signora Protheroe, forse tanto l'uno che l'altra si deciderebbero a dire la verità. E la verità aiuta sempre, anche se quei due non sapessero gran che.» 
«Accetto il suggerimento» sorrise Melchett. «Però dovete convenire che Redding e Ann sono le due uniche persone che avevano un motivo per uccidere Protheroe.» 
«Non direi, colonnello. Vediamo un po'.» Jane si mise a contare sulle dita: «Uno, due, tre... quattro, cinque... sei... sette; sì, forse sette. Colonnello, so di sicuro che almeno sette persone potrebbero aver desiderato di togliere di mezzo il colonnello Protheroe.» 
«Sette persone? A St. Mary Meadow?» si stupì Melchett. 
La signorina Marple annuì con vivacità. 
«Non faccio nomi, perché non sarebbe giusto; ma temo che il mondo sia molto cattivo. Un soldato onesto e retto come voi, colonnello, certe cose non può saperle.» 
Temetti che il colonnello Melchett venisse fulminato da un colpo apoplettico, alle ultime parole della terribile zitella. 


I commenti di Melchett sulla signorina Marple, dopo che fummo usciti dalla villetta, furono tutt'altro che complimentosi. 
«Quella vecchia incartapecorita crede di saperla più lunga di tutti noi» borbottò. «E pensare che in vita sua non ha mai messo piede fuori del villaggio. Che cosa può conoscere, del mondo, lei?» 
«Non dico che conosca la Vita, quella con la maiuscola» sorrisi io «ma sono sicuro che conosce benissimo tutto ciò che succede a St. Mary Meadow.» 
Melchett lo ammise, di malavoglia. Dopo tutto la signorina Marple si era dimostrata una testimone preziosa, specie per quanto riguardava Ann Protheroe. 
«Immagino che non possa esserci dubbio, su quanto ha dichiarato, eh?» mi chiese il colonnello. 
«Se la signorina Marple assicura che Ann non poteva avere con sé una rivoltella, bisogna crederle» risposi. «Se ci fosse la più piccola possibilità del contrario, la nostra cara vecchietta se ne sarebbe accorta.» 
«Questo è vero. Vogliamo andare nello studio di Redding, vicario?» 
Lo stanzone in fondo al giardino non aveva finestre e prendeva luce dal tetto. L'unica via d'uscita era la porta e quando Melchett si fu ben convinto di questo, decise di ritornare all'ufficio di polizia. 
«Verrò più tardi a farvi visita, insieme all'ispettore Slack» mi disse e se ne andò. 
Appena rientrato in casa, dalla porta principale, udii un mormorio di voci che proveniva dal salotto. Aprii l'uscio e mi trovai davanti la signorina Cram, seduta sul divano con le gambe accavallate, in modo da offrirmi la vista di un paio di mutandine rosa. Gladys era impegnata in un'animata conversazione con Griselda. 
«Ciao, Leo» mi salutò mia moglie. 
«Buon giorno, signor Clement» disse Gladys. «Che morte orribile, povero colonnello! Ne sono ancora tutta sconvolta.» 
«La signorina Cram è venuta a offrirci il suo aiuto per le Giovani Esploratrici», spiegò Griselda. «Ricordi? Domenica avevi chiesto l'aiuto di qualche persona volenterosa.» 
Me ne ricordavo benissimo, ma ero convinto, e doveva esserlo anche mia moglie, che Gladys non si sarebbe mai arruolata fra le nostre collaboratrici, senza l'emozionante avvenimento accaduto al vicariato. 
«Stavo dicendo alla signora Clement» riprese Gladys «che sono caduta dalle nuvole, quando ho appreso la notizia. "Un omicidio?" ho detto subito. "In un villaggio così tranquillo e per bene?" E quando ho saputo che la vittima era il colonnello Protheroe, vi assicuro che ho fatto fatica a crederlo. Non sembrava tipo da farsi ammazzare, vero?» 
Non so quali fossero, secondo la signorina Cram, i requisiti necessari per essere assassinati. Non mi sono mai accorto che le vittime degli omicidi appartengano a una determinata categoria, ma non dubito che lei avesse un'idea precisa, nella sua testolina dorata. 
«E così la signorina è venuta qui per sapere bene tutto» disse Griselda. 
Ebbi paura che quella franchezza offendesse Gladys, ma la ragazza scoppiò a ridere, mettendo in mostra due file di denti forti come quelli di un lupacchiotto. 
«Siete molto maliziosa, signora Clement» disse. «Ma è naturale, voler conoscere qualche cosa di più su un fatto tanto straordinario, non vi sembra? E sono anche pronta a prestare il mio aiuto per le Giovani Esploratrici, nel modo che crederete migliore. La verità è che mi annoio, dopo le ore di lavoro, e all'infuori di voi, signora Clement, chi c'è in questo paese, per scambiare quattro chiacchiere? Solo un branco di vecchie streghe.» «C'è Letizia Protheroe» suggerii. 
«È troppo orgogliosa e superba, per frequentare una ragazza come me» dichiarò Gladys. «S'illude di essere la regina della contea e non si abbasserebbe a stringere amicizia con una ragazza che deve lavorare per vivere. A proposito, ho sentito dire che Letizia cerca lavoro anche lei. Ma chi le affiderebbe un posto? È così scriteriata. A meno che non voglia fare l'indossatrice; quella è una professione adatta per lei perché ha un bel personale snello e un portamento altero.» 
«È vero, sarebbe un'indossatrice perfetta» ammise Griselda. «E quando ha detto di volersi guadagnare da vivere?» 
«Vorreste spingermi al pettegolezzo?» rise Gladys e continuò: «Ritengo che Letizia non sia felice, in casa sua, e io non vorrei essere nei suoi panni. Non andrei mai d'accordo, con una matrigna». 
«Ah, ma voi siete così coraggiosa e indipendente» esclamò Griselda con gravità. La guardai, insospettito; ma Gladys fu felice del complimento. 
«È vero, io sono fatta così» disse. «Con il dottor Stone vado d'accordo perché lui non s'impiccia della mia vita privata. Questi benedetti scienziati!» sospirò. «Non si accorgono di nulla, all'infuori dei loro studi prediletti.» 
«Trovate piacevole lavorare per il dottor Stone?» chiese Griselda. «Deve essere interessante, per chi sia appassionato di archeologia.» 
«Ma io non me ne intendo affatto» osservò la ragazza. «Il lavoro che il dottor Stone mi fa svolgere, è quello comune di una stenodattilografa. Inoltre gli ricordo quando è ora di mangiare e di dormire, altrimenti non penserebbe neppure a nutrirsi.» 
«Il dottore è agli scavi anche stamani?» domandò Griselda. 
«No, è un po' indisposto, e così ho qualche ora di libertà.» 
«Mi dispiace che il dottore non stia bene.» 
«Oh, niente di grave, state tranquilla; non ci sarà il pericolo di dover assistere a un secondo funerale. Ma ditemi, signor Clement, ho saputo che 
siete stato tutta la mattina alla polizia: che ne pensano, quelli là?» «Sembrano ancora un poco incerti» risposi. 
«Allora non credono che il colpevole sia il signor Redding? Meno male! Un così bel giovane... Sembra un divo del cinema. Non posso credere che sia stato lui, a uccidere il colonnello.» 
«Eppure ha confessato spontaneamente senza esserne invitato» ribattei. 
«Come? Mio Dio! Dico la verità, se io ammazzassi qualcuno, mi guarderei bene dal correre a costituirmi. E allora, perché Redding avrebbe ucciso il colonnello?» 
«Vi ho detto che, alla polizia, sono ancora incerti se sia davvero lui, l'assassino.» 
«Un momento, non capisco più niente» confessò Gladys. «Se Redding è andato a costituirsi, deve averlo ucciso, no? E se lo ha confessato, nessuno può saperlo meglio di lui.» 
Questo era un lato della questione che non intendevo discutere con la signorina Cram, perciò la mia risposta fu piuttosto vaga: 
«Sembra che accada spesso, nei casi d'omicidio, che degli esaltati si accusino del delitto, senza averlo commesso.» 
«Ma per far questo bisogna essere dei pazzi, dei maniaci... Bene, credo di aver dato troppo disturbo, signora Clement, e me ne vado. Il dottor Stone sarà molto stupito di sapere che il signor Redding ha confessato di essere l'autore del delitto.» 
«Anche il dottore s'interessa a questa faccenda?» domandò mia moglie. 
«Mah!» Gladys aggrottò le sopracciglia. «Con quel benedetto uomo non c'è da stupirsi di nulla.» 
Non aggiunse altro e si congedò. 
«Non deve essere una cattiva ragazza, in fondo» disse Griselda, quando Gladys fu uscita. «È una ragazza semplice, naturale, sempre allegra e coraggiosa. Mi domando quale sia stato il vero motivo della sua visita.» «La curiosità» risposi. 
«Sì, certo. E ora sentiamo, Leo. Muoio dalla voglia di conoscere gli ultimi sviluppi del caso.» 
Raccontai a Griselda ogni cosa e mia moglie mi ascoltò con attenzione. 
«E così Larry faceva la corte a Ann, non a Letizia» mormorò, quando ebbi finito. «Ecco a che cosa voleva alludere la signorina Marple.» 
«Già.» 
Mary entrò nella stanza. 
«Ci sono di là due signori che vengono da parte di un giornale» mi annunciò. «Volete riceverli?» 
«No di certo» mi scandalizzai. «Mandali all'ufficio di polizia, perché qui non c'è niente da vedere. E quando li avrai spediti via, ritorna qui, perché voglio domandarti qualche cosa.» 
Passarono parecchi minuti, prima che Mary ricomparisse. 
«Non volevano andarsene» brontolò. 
«È probabile che torneranno» l'avvertii «ma tu non farli mai entrare, capito? E adesso sentiamo: sei proprio sicura di non aver udito lo sparo, ieri sera?» 
«Ma certo, che non lo udii. Altrimenti sarei corsa a vedere quello che era successo, no?» 
«E non udisti nemmeno un altro sparo, proveniente dal bosco?» 
«Ah, sì, dal bosco sì! Una specie di tonfo.» 
«A che ora?» 
«Non lo so davvero. L'ora del tè era passata da un pezzo. Con tutto il lavoro che ho da fare, come posso stare a guardare l'orologio ogni minuto? Senza contare che non servirebbe a nulla, perché l'orologio di cucina perde tre quarti d'ora al giorno e fra rimetterlo e lasciarlo come sta, non so mai l'ora esatta.» 
Sospirai. Questo, forse, spiega il perché della poca puntualità dei pasti, a casa nostra. 
«Udisti lo sparo molto tempo prima dell'arrivo del signor Redding?» ripresi, senza perdermi di coraggio. 
«No, non molto. Un quarto d'ora, forse.» 
«Bene, vai pure e grazie.» Mary se ne andò e io mi volsi a Griselda: «È proprio impossibile indurre Mary a rispondere: sissignore e nossignore?». «Impossibilissimo» mi rispose mia moglie. «Glielo avrò detto mille volte, ma non se ne ricorda mai. È molto rozza, povera figliola.» 
«Lo so, ma potrebbe dirozzarsi, non ti pare? Potrebbe imparare da te.» 
«Non sono d'accordo» dichiarò Griselda. «Sai che non possiamo pagare un salario molto alto alle nostre domestiche; perciò, se riuscissimo a educarla, Mary penserebbe subito di lasciarci, per cercare un posto migliore. Invece, se non sa cucinare ed è maleducata, nessuno penserà a portarcela via.» 
Mi accorsi che, dopo tutto, i metodi di Griselda nel dirigere la casa non sono poi così caotici come sembrano. Anzi, seguono una certa linea di ragionamento. Restava da vedere se valesse la pena di tenere una donna di servizio, per mangiare male, vedere disordine e sporcizia in giro e per ricevere, per soprappiù, osservazioni brusche e risposte maleducate. 
«E devi compatirla, se si mostra peggiore del solito» riprese Griselda. «Non puoi pretendere che senta compassione per il colonnello Protheroe, 
dopo che lui le aveva fatto andare in prigione il fidanzato.» «Il fidanzato?» ripetei, sconcertato. 
«Sì, per caccia di frodo. Non conosci Archer? Mary e lui sono fidanzati da due anni.» 
«Non lo sapevo.» 
«Tu non sai mai nulla.» 
«È curioso che tutti dicano di aver udito uno sparo proveniente dal bosco» osservai dopo qualche minuto di silenzio. 
«E perché? Sparano tanto spesso, che tutti avranno pensato che lo sparo venisse dal bosco. Forse l'avranno percepito più forte del solito, ma non avranno dato molto peso alla cosa.» 
La porta si riaprì e Mary fece capolino. 
«È tornato il colonnello Melchett» annunciò. «C'è anche l'ispettore 
Slack. Vi aspettano in biblioteca.» 

XI 

Mi accorsi che l'ispettore Slack e il colonnello Melchett non vedevano le cose nella stessa maniera. Slack era imbronciato e Melchett indispettito. 
«L'ispettore non è d'accordo con me nel ritenere innocente Larry Redding» mi annunciò infatti il colonnello. 
«Se non fosse stato lui, perché lo direbbe?» osservò Slack. 
«Anche la signora Protheroe ha fatto la stessa dichiarazione.» 
«La cosa è diversa. Le donne sono capacissime di fare sciocchezze. Ha sentito dire che il giovanotto era stato accusato, e subito si è precipitata a inventare una storiella per salvarlo. Sono abituato a questi giochetti delle donne. Ma Redding è un'altra cosa; è un uomo, ha la testa sul collo, e se dice di essere stato lui, bisogna credergli. La rivoltella è sua, di qui non si scappa e adesso, grazie alla signora Protheroe, sappiamo anche quale può essere stato il motivo del delitto. Il nostro punto debole era questo.» 
«Allora credete che l'omicidio possa essere stato commesso all'ora indicata da Larry?» chiesi io. «Dopo le sei e mezzo?» 
«Sì. Prima non avrebbe potuto commetterlo, perché ho controllato tutti i suoi movimenti. Alle sei e dieci era al bar del "Cinghiale". Alle sei e venti, circa, fu visto dalla signorina Marple che entrava nel giardino del vicariato e si recava subito nello studio, senza passare dalla casa. Alle sei e mezzo uscì dallo studio, in compagnia di Ann Protheroe e insieme a lei si avviò al villaggio. Sulla strada i due furono raggiunti dal dottor Stone, come il dottore stesso mi ha confermato. Tutti e tre si fermarono davanti all'ufficio postale per qualche minuto, poi la signora Protheroe andò dalla signorina Hartnell, per farsi prestare una rivista di giardinaggio; la signorina Hartnell conferma che Ann si è trattenuta da lei fin verso le sette.» 
«E la signorina Hartnell come trovò la signora?» domandai. 
«Calmissima e piena d'amabilità, come al solito. Redding, invece, accompagnò il dottor Stone al "Cinghiale" dove bevvero insieme una birra. Alle sette meno venti uscì dalla locanda, attraversò il villaggio e si diresse al vicariato, senza fare il giro del viottolo. Entrò dalla porta principale, chiese del vicario, poi andò in biblioteca, dove c'era il colonnello Protheroe e l'uccise, proprio come ha raccontato. La verità è questa, ed è inutile lambiccarsi per cercarne un'altra.» Melchett scosse il capo. 
«Dimenticate il rapporto del dottore, Slack» disse. «Haydock asserisce che Protheroe deve essere stato ucciso non più tardi delle sei e mezzo.» 
«Se stiamo a credere ai medici...» ribatté Slack con aria di sufficienza. 
«Qui non si tratta di una diagnosi, ispettore» scattò il colonnello «ma di un dato di fatto fisiologico.» 
«Anch'io posso testimoniare che il cadavere del colonnello Protheroe era appena tiepido, quando lo toccai» intervenni. 
Slack si morse le labbra. 
«Quando è così» mormorò. «Pure avevamo delle prove eccellenti e Redding sembrava ansioso di farsi impiccare.» 
«Basterebbe solo questo, per farmi dubitare della sua confessione» osservò Melchett. 
«Tutti i gusti son gusti» brontolò Slack. «C'è un sacco di gente che ha perso la testa, dopo la guerra.» Si voltò a guardarmi con severità. «Però, reverendo, non capisco proprio perché abbiate voluto confondermi le idee, con quell'orologio.» 
«Provai a dirvelo, non so più quante volte» scattai, punto sul vivo «ma voi m'imponeste di tacere.» 
«Avreste potuto dirmelo benissimo, se aveste voluto. L'orologio e il biglietto collimavano, almeno in apparenza; mentre, secondo voi, l'orologio andava un quarto d'ora avanti: vero? Domando e dico che gusto ci si provi, a tenere gli orologi avanti.» 
«Si pensa che l'anticipo debba indurre alla puntualità» ribattei e Slack sogghignò. 
«Lasciamo perdere» concluse con aria di superiorità. «Colonnello Melchett, ho telefonato al dottor Haydock e mi ha assicurato che arriverà presto qui, con la signora Protheroe, come è vostro desiderio.» 
«Chiamate anche l'ufficio di polizia, e fate venire Redding» ordinò Melchett. «Voglio metterli a confronto qui, nella stanza del loro delitto.» «Devo andare?» domandai. 
«Sarà meglio» disse subito Slack. «Ma tornate, quando arriva Redding.» 
In salotto trovai mia moglie e la signorina Marple che discutevano con animazione. 
«Abbiamo vagliato tutte le possibilità» mi disse Griselda, poi si rivolse alla visitatrice: «Vorrei proprio che voi riusciste a sbrogliare questa matassa, signorina Marple, come faceste quella volta che alla signorina Wetherby sparì un vaso di gamberi in conserva. Mi pare che riusciste a spiegare il mistero riferendovi a un altro fatto accaduto... mi pare che c'entrasse un sacco di carbone, vero?». 
«Vedo che mi canzonate, mia cara» sorrise la vecchietta «ma, dopo tutto, questo è proprio il sistema migliore per arrivare alla verità. La famosa intuizione, di cui si parla tanto, significa che si sa leggere una parola, senza bisogno di compitarla. I bambini non ci riescono, ma i grandi sì, perché nella loro vita hanno visto quella parola tante volte. Capite quello che intendo dire?» 
«Sì, credo di sì» mormorai. «Volete dire che se un fatto ve ne ricorda un altro, significa che fra i due casi c'è un nesso.» 
«Proprio così» esclamò la signorina Marple, trionfante. 
«E potrei sapere quale ricordo ha suscitato in voi la morte del colonnello 
Protheroe?» 
«Me ne ha ricordati parecchi» sospirò la vecchietta. «Per esempio, mi ricordo del maggiore Hasgrave, fabbriciere della chiesa, stimato da tutti, ma che pure aveva un'altra famiglia. Un'unione illegittima, coronata dalla nascita di ben cinque figli. Fu un colpo, per la moglie e per la figlia, quando seppero il retroscena. Poi c'è quella faccenda della lavandaia» continuò la signorina Marple. «La signorina Hartnell aveva lasciato la sua spilla d'oro, appuntata su una camicetta mandata a lavare. E la lavandaia se ne appropriò, pur non essendo né una ladra, né una donna povera. La nascose in casa di un'altra donna, poi andò a dire alla polizia che aveva visto quella donna mentre rubava la spilla. Per malignità, s'intende; ma c'era di mezzo anche un uomo, in quella faccenda; l'uomo non manca mai.» 
Malgrado i miei sforzi, non riuscivo a vedere la connessione d'idee fra i casi che la signorina ci aveva illustrato e la morte di Protheroe. La signorina continuò, con voce sognante: 
«Non bisogna dimenticare nemmeno il caso della figlia della povera Elwell: una ragazzina così bella e delicata, che pure cercò di strangolare il fratellino. Poi c'è la faccenda dei ragazzi del coro che mettevano insieme i soldi per una gita. (Questo avvenne prima del vostro arrivo fra noi, caro vicario.) Il denaro dei ragazzi fu rubato dall'organista, il quale aveva una moglie piena di debiti. Sì, questo caso me ne richiama alla mente molti altri; troppi, per giungere alla verità.» 
«Vorrei che mi diceste chi sono i vostri sette sospettabili» dissi. «Ricordate? Diceste che c'erano almeno sette persone che desideravano la morte di Protheroe.» 
«Ah, sì; me ne ricordo. Ma non devo far nomi.» 
«Io non saprei proprio chi sospettare» ripresi. «Si potrebbe pensare a Letizia, che con la morte del padre erediterà una bella somma, ma è una ragazzina e mi sembra mostruoso accusarla di un simile delitto.» «E voi, mia cara?» chiese la signorina a mia moglie. 
Con mio grande stupore, Griselda arrossì e gli occhi le si riempirono di lacrime. 
«Come è odiosa la gente!» sussurrò e strinse i pugni. «È incredibile ciò che osa dire.» 
La guardai. Non avviene spesso che Griselda si riscaldi. Lei si sforzò di sorridermi. 
«Non mi fissare come se fossi una bestia rara, Leo» protestò. «E non perdiamo di vista l'argomento principale. Per conto mio non credo né alla colpevolezza di Ann, né a quella di Larry, né a quella di Letizia. Deve pur esserci un indizio, da qualche parte, capace di mettere la polizia sulla strada giusta.» 
«Il biglietto, naturalmente» annuì la signorina Marple. «Quel biglietto lo trovo molto strano.» 
«Sembra che il biglietto serva a stabilire l'ora della morte con esattezza» dissi io «eppure questo non è possibile. Se la morte fosse avvenuta realmente a quell'ora, la signora Protheroe avrebbe avuto appena appena il tempo di uscire dalla biblioteca, ma non di raggiungere lo studio, prima che il colpo partisse. L'unica spiegazione plausibile è che lei avesse guardato il proprio orologio e che questo andasse indietro.» 
«Ho un'altra idea» dichiarò Griselda. «Non potrebbe darsi che il nostro orologio fosse stato già rimesso indietro?... No, sarebbe la stessa cosa.» 
«Quando me ne andai, l'orologio della scrivania era un quarto d'ora avanti, come di solito» dissi. «Ricordo di averlo confrontato col mio; e inoltre, come hai detto, il fatto non avrebbe importanza. E voi, signorina Marple, che cosa ne pensate?» 
«Confesso di non aver pensato al biglietto sotto questo punto di vista» dichiarò la zitella. «Quello che trovo curioso, è l'argomento della lettera.» 
«Perché?» chiesi. «Il colonnello Protheroe mi scriveva soltanto di non potermi attendere oltre.» 
«Alle sei e venti? Cinque minuti soltanto dopo essere entrato? Sapeva già, perché glielo aveva detto Mary, che voi non sareste rincasato che alle sei e mezzo, al più presto. Perché, allora, alle sei e venti si mette seduto e scrive quel biglietto idiota?» 
Guardai la signorina con crescente rispetto. Con la sua acuta intelligenza aveva osservato subito ciò che a nessuno di noi era venuto in mente. E aveva ragione. La cosa era curiosa; "molto" curiosa, anzi. 
«Se almeno il biglietto non avesse dato l'indicazione dell'ora» cominciai. 
«Precisamente» m'interruppe Jane Marple. 
«E se invece la lettera non avesse portato l'ora?» chiesi. «Se invece che alle sei e venti, il colonnello avesse cominciato a scrivermi più tardi e se in quel momento qualcuno fosse entrato dalla finestra...» «O dalla porta» suggerì Griselda. 
«In questo caso il colonnello avrebbe sentito il rumore» obiettai. 
«Dimenticate che il povero colonnello era piuttosto sordo» intervenne la signorina Marple. 
«Già, dobbiamo tener conto anche di questo, allora» approvai. «Dunque, supponiamo che l'assassino sia entrato nella stanza, da una parte o dall'altra; si sia avvicinato in punta di piedi a Protheroe, che era chino sulla scrivania e gli abbia sparato. Dopo vede la lettera cominciata e pensa di scrivere in cima al foglio l'ora: le 6,20. E regola l'orologio e poi lo rovescia sul piano della scrivania. Si tratta di un orologio a pendolo, che non funziona se non è centrato. Così l'assassino si è fabbricato l'alibi.» 
«Dobbiamo trovare qualcuno che ha un alibi perfetto per le sei e venti» si entusiasmò Griselda «ma che non ne ha per... Già, per che ora?» 
«Possiamo stabilirlo entro certi limiti» risposi. «Haydock sostiene che la morte del colonnello deve essere avvenuta una mezz'ora prima di quando lui ha esaminato il cadavere. È vero che così non si va oltre le sei e mezzo, ma noi possiamo allargare il tempo alle sei e trentacinque, perché il colonnello non può aver cominciato a impazientirsi che dopo le sei e mezzo.» 
«Quel colpo che udii...» mormorò la signorina Marple, che non ci ascoltava affatto. «Adesso che ci penso, capisco che fu diverso dai soliti, che si odono.» 
«Più forte?» suggerii. 
«No, non più forte. In realtà non saprei analizzare la differenza, pure una differenza c'era. Bene, adesso dovrò tornare a casa.» 
La vecchietta si alzò e io l'accompagnai fino al muro che separa i nostri due giardini. Quando tornai indietro, trovai Griselda immersa in profonde riflessioni. 
«Pensi ancora a quel biglietto?» le chiesi. 
«No.» Mia moglie rabbrividì. «Leo, pensavo che qualcuno deve odiare 
Ann Protheroe in maniera terribile.» 
«Perché?» 
«Non lo capisci? Non ci sono prove vere e proprie contro Larry: tutti gli indizi contro di lui si possono considerare accidentali. Se non gli fosse venuto in mente di venire qui, nessun rapporto ci sarebbe fra lui e il delitto. Ma per Ann la cosa è diversa. Qualcuno può aver saputo che lei sarebbe venuta qui, alle sei e venti. L'orologio, l'ora scritta sulla lettera, tutti indizi contro di lei, che infatti alle sei e venti era al vicariato. Non credo che l'orologio sia stato rimesso indietro per creare un alibi all'assassino, ma per implicare Ann. Se la signorina Marple non avesse sostenuto con fermezza che Ann non poteva avere con sé una rivoltella e che tornò indietro subito dalla biblioteca... Leo, capisci, adesso? Qualcuno deve odiare a morte Ann Protheroe.» 

XII 

Quando Larry Redding arrivò al vicariato, il sovrintendente di polizia mi fece richiamare. Trovai Larry abbattuto e sospettoso. Melchett lo accolse quasi con cordialità. 
«Vorremmo farvi qualche domanda qui, sul posto» gli comunicò. 
«Per la ricostruzione del delitto?» sogghignò Larry. 
«Non prendete questo tono, caro ragazzo» lo ammonì il colonnello. «Sapete che un'altra persona si è accusata del delitto che voi pretendete di aver commesso?» 
Larry divenne pallido. 
«Un'altra persona? E chi è?» domandò con un filo di voce. «La signora Protheroe.» Larry riprese vita. 
«Che assurdità!» esclamò con forza. «Non può essere stata lei, non credetele.» 
«Infatti, non le crediamo» sorrise Melchett. «Potrei aggiungere che non crediamo nemmeno a voi, mio caro. Il dottor Haydock sostiene che il delitto non può essere stato commesso all'ora indicata da voi. Così rimanete sciolto da ogni imputazione. E ora vorrei che ci aiutaste davvero, raccontandoci con precisione come stanno le cose.» 
Larry esitava a credere alle parole del colonnello. 
«Non m'ingannate sul conto della signora Protheroe?» chiese alla fine. 
«È proprio vero che non la sospettate?» «Parola d'onore» disse Melchett. 
Larry si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. 
«Sono stato uno sciocco, proprio uno sciocco» mormorò. «Come ho potuto credere che lei...» 
«Perché non ci raccontate tutto?» lo sollecitò il colonnello. 
«C'è poco da raccontare. Io... avevo visto la signora Protheroe, nel pomeriggio.» 
«Questo lo sappiamo» annui Melchett. «Credete che il vostro affetto per la signora e quello della signora per voi sia rimasto un profondo segreto? No, in realtà la cosa è a conoscenza di molti e perciò occorre che parliate e spieghiate tutto.» 
«Forse avete ragione» mormorò il giovane. «Avevo promesso al vicario che me ne sarei andato via al più presto. Vidi la signora Protheroe nel mio studio, quella sera, alle sei e un quarto, o press'a poco. Anche lei convenne che era meglio così e ci dicemmo addio. Uscimmo quasi subito e incontrammo il dottor Stone, col quale ci accompagnammo. Ann riuscì a conservare la sua naturalezza e anch'io mi sforzai di apparire indifferente, ma non so come possa esserci riuscito. Dopo aver bevuto una birra col dottor Stone, alla locanda, mi diressi verso casa, quando all'angolo della casa pensai che dovevo salutare il vicario ancora una volta e così venni qui e bussai alla porta. La domestica mi disse che il vicario doveva rientrare dopo poco e anche il colonnello Protheroe lo aspettava. Non volli far vedere che non intendevo incontrarmi col colonnello, perciò entrai in biblioteca.» Larry tacque e il sovrintendente chiese: 
«E allora?» 
«Protheroe era seduto alla scrivania. Mi avvicinai, lo toccai... era morto. Allora guardai in terra e vidi la rivoltella che gli era caduta ai piedi. La presi, così, macchinalmente e vidi che era la mia. Fui colto dal panico. Chissà perché pensai subito che doveva avermela presa Ann, per uccidersi. Forse l'aveva con sé, quel giorno, e aveva rivolto l'arma contro il marito, che odiava. Dopo che ci eravamo separati sulla strada principale del villaggio, forse era tornata indietro... Insomma, ero pazzo, ma questi furono i miei pensieri. Così presi la rivoltella e uscii dalla porta-finestra e di qui nel viottolo. Sul cancello incontrai il vicario che rientrava e che mi disse di esser atteso dal colonnello Protheroe. Mi prese una irresistibile voglia di ridere. I modi del vicario erano così tranquilli e normali, mentre io avevo i nervi sossopra. Ricordo di avergli gridato qualche cosa di assurdo e di avergli visto cambiar colore. Poi scappai. Girai per i boschi per ore, poi pensai che se Ann era arrivata al delitto, la colpa era mia... perciò venni a costituirmi.» 
Nella stanza subentrò un profondo silenzio; poi il colonnello disse con voce ferma: 
«Vorrei farvi due o tre domande, se non vi dispiace. Prima di tutto ditemi se avete spostato il cadavere.» 
«No, affatto. Si vedeva benissimo che era morto, anche senza toccarlo.» 
«Vi accorgeste del biglietto che era sulla scrivania, mezzo nascosto dal corpo riverso?» 
«No.» 
«Non toccaste nemmeno l'orologio?» 
«L'orologio era rovesciato sul tavolo; me ne accorsi, ma non lo toccai.» 
«E adesso veniamo alla vostra rivoltella. In che giorno la vedeste per l'ultima volta?» 
«Non è facile rispondere a questa domanda» mormorò Larry. «La tenevo su una scansia, in mezzo a tante cianfrusaglie.» 
«E la lasciavate in giro così, alla portata di chiunque? E non ricordate proprio quando l'avete vista per l'ultima volta?» 
«Sono quasi sicuro che l'altro ieri c'era» rispose Larry, dopo aver riflettuto un momento. «Ricordo di averla spinta da parte, per prendere una pipa. Mi sembra che sia stato l'altro ieri, ma potrebbe anche essere stato il giorno prima.» 
«Chi è venuto da voi, in questi ultimi giorni?» 
«Oh, tanta gente! L'altro ieri diedi un piccolo ricevimento. Vennero Letizia Protheroe, Dennis e tutta la loro giovane brigata. Poi l'una o l'altra delle vecchie zitelle viene spesso in casa mia.» 
«Chiudete a chiave, quando uscite?» 
«No, perché? Non si usa, a St. Mary Meadow, e poi in casa mia non c'è nulla che valga la pena di rubare.» 
«Avete una donna che vi fa le pulizie?» 
«Sì; una vecchietta, che viene tutte le mattine. Si chiama Archer.» 
«E pensate che la Archer possa ricordare quando ha visto la vostra rivoltella per l'ultima volta?» 
«Può darsi, ma non ci giurerei; credo che una delle sue particolari idiosincrasie sia quella di spolverare.» 
«In conclusione, chiunque avrebbe potuto prendere la vostra rivoltella, vero?» 
«Sì; credo proprio che sia così.» 
A questo punto la porta della biblioteca si aprì e il dottor Haydock scortò nella stanza la signora Protheroe, la quale trasalì, vedendo Larry. Il giovane aveva mosso qualche passo verso di lei e mormorò: 
«Dovete perdonarmi, Ann, per aver sospettato di voi.» 
«Io...» la voce di Ann mancò all'improvviso, poi la donna si riprese e si rivolse al colonnello Melchett: «È vero quello che mi ha detto il dottor Haydock?». 
«Cioè che Redding è sciolto da qualsiasi imputazione?» disse Melchett. «Sì, signora. E ora parliamo un poco del racconto che ci avete fatto, mia cara. Che cosa dobbiamo pensarne?» 
«Immagino che saprete tutto» mormorò Ann e si lasciò cadere su una poltrona. «Dovevo vedere Larry, giovedì sera, nello studio, alle sei e un quarto. Lucius e io venimmo al villaggio in automobile e quando ci separammo, lui mi disse che doveva venire dal vicario, proprio all'ora dell'appuntamento mio e di Larry. Non potevo avvertire Larry e mi sentivo inquieta. Però feci le mie compere, che caricai sull'automobile, poi mi avviai per il viottolo, verso il cancello posteriore del vicariato. Speravo che nessuno mi vedesse, ma la signorina Marple era nel suo giardino e mi chiamò. Scambiammo qualche frase, poi ci salutammo. Sentivo di dover dare qualche spiegazione a mio marito, perciò, invece di traversare subito il prato per andare nello studio, girai intorno alla casa e mi affacciai alla soglia della porta-finestra, qui. Pensavo che avrei udito le voci del vicario e di Lucius, ma nella stanza non c'era nessuno. Allora corsi nello studio e Larry arrivò quasi subito.» 
«Avete detto che questa stanza era vuota, signora?» si stupì il sovrintendente. 
«Sì; mio marito non c'era.» 
«Strano.» 
«Forse vorrete dire che non l'avete visto, signora» intervenne Slack. 
«Appunto, non lo vidi.» 
«Vi dispiacerebbe andare vicino a quel cancello e tornare indietro, signora?» propose Slack. «Per favore, dovreste rifare i movimenti di quella sera.» 
Ann annui e uscì dalla porta-finestra. Slack mi fece cenno di andarmi a sedere davanti alla scrivania e, benché la cosa non mi piacesse, ubbidii. Dopo un attimo la signora Protheroe tornò indietro, si affacciò sulla soglia e subito retrocesse. Dopo un attimo rientrò. 
«Avete fatto gli stessi movimenti, signora?» chiese Slack. 
«Sì, ispettore, proprio gli stessi.» 
«Bene. E sapete dirmi dov'era seduto il vicario, quando vi siete affacciata, pochi secondi fa?» 
«Il vicario?» Ann mi cercò con lo sguardo. «Scusatemi, temo proprio di non averlo veduto.» 
«Ecco perché non vedeste nemmeno vostro marito» annuì l'ispettore. 
«Era in quell'angolo, davanti alla scrivania.» 
«Oh!» La donna spalancò gli occhi grigi. «Volete dire che fu lì che...» «Sì, signora. Vostro marito fu ucciso mentre era seduto alla scrivania.» Il colonnello riprese l'interrogatorio. 
«Signora, voi sapevate che Redding possedeva una rivoltella?» 
«Sì; me l'aveva detto, una volta.» 
«E voi non siete mai stata in possesso di quella rivoltella?» 
«No.» 
«Sapete dove Larry la teneva?» 
«Mi sembra di averla vista su uno scaffale, in casa sua.» 
«E quando foste al villino di Redding, l'ultima volta, signora?» 
«Circa tre settimane fa. Ci andai con mio marito, a prendere il tè.» 
«E da allora non ci siete stata più?» 
«No, non ci andavo mai, da sola. Per evitare le chiacchiere.» 
«Ah! E allora, dove vi vedevate, voi e Larry?» 
«Veniva spesso a casa nostra. Faceva il ritratto a Letizia. Poi ci vedevamo nel bosco... Ma non basta? È così penoso dover dire tutte queste cose; tanto più che non facevamo nulla di male. Ci contentavamo di volerci bene.» 
«Credo davvero che basti, Melchett» intervenne il dottor Haydock, che fino a quel momento non aveva mai aperto bocca. 
«Va bene. Non ho più nulla da domandarvi, signora. Vi ringrazio per aver risposto alle mie domande con tanta franchezza.» 
«Allora... posso andare? E potrei vedere Griselda, prima di tornare a casa?» 
«Griselda è in salotto, signora Protheroe» risposi. 
Ann uscì, accompagnata da Haydock e Larry andò con loro. 
Il colonnello Melchett giocherellava con un tagliacarte e appariva pensieroso. Slack guardava il biglietto trovato sotto il corpo di Protheroe e allora gli riferii le osservazioni della signorina Marple. 
«Perbacco! Quella vecchia potrebbe aver ragione» esclamò l'ispettore, dopo aver guardato ancora una volta il foglio. «Guardate, colonnello; i numeri dell'ora sono scritti con un inchiostro diverso. Scommetto che l'ora fu scritta con una stilografica.» 
«Avete esaminato il foglio, ispettore, per rilevarvi eventuali impronte?» chiese Melchett. 
«E come! Pensate, sovrintendente; nemmeno la più piccola impronta. Sulla rivoltella, sì; quelle di Larry, il quale ha maneggiato l'arma per parecchie ore, prima di venire alla polizia. La signorina Marple ha detto di aver udito uno sparo, ma che questo proveniva dal bosco. Voglio andare a domandare alla vostra donna di servizio, vicario.» 
«Bene. Infatti Mary dice di averlo sentito anche lei, il colpo, e pure lei dice che veniva dal bosco.» 
«Naturalmente potrebbe essere uno sparo che non aveva niente a che fare col delitto» continuò Slack. «E credo che sia così, perché la signorina dice di averlo udito più tardi. Se mi riuscisse di farla essere più precisa su questo punto... Basta, adesso vado a interrogare Mary.» 
Quando rimanemmo soli, il colonnello Melchett si sedette su una poltrona e mi fissò. 
«Ho un presentimento, Clement» disse. «Credo che questo caso sia più serio di quanto sembri a prima vista. Qualcosa di importante si nasconde dietro ai fatti conosciuti. L'orologio, il biglietto, la rivoltella, presi così come stanno non significano nulla. Ma andrò in fondo a questa storia, e senza chiamare Scotland Yard. Slack è un uomo abile, un vero furetto e riuscirà a scoprire tutto.» 
«Lo spero» sospirai. Cercai d'infondere nella mia voce un po' d'entusiasmo, ma l'ispettore risvegliava in me tanta antipatia che la prospettiva di un suo successo non mi sorrideva affatto. Pensavo che uno Slack fortunato sarebbe stato più insopportabile di uno Slack sconfitto. 
«Chi sta di casa qui accanto?» mi domandò il colonnello all'improvviso. 
«Il dottor Haydock, la signorina Marple e la signora Price, in fondo alla strada.» 
«Andremo da lei, non appena Slack avrà finito con la domestica. Potrebbe aver udito qualche cosa. Non è mica sorda, eh?» 
«Al contrario; ha un udito molto fine, se devo giudicare dal numero di pettegolezzi che ha suscitato, ripetendo discorsi sentiti per caso.» 
«Allora è la donna che fa per noi» decise Melchett. «Oh, ecco Slack.» 
L'ispettore aveva tutta l'aria di essere appena uscito da un fiero combattimento. 
«Puah!» fece con disgusto. «Come fate, vicario, a sopportare in casa una gatta arrabbiata come Mary?» 
«Mary ha un carattere molto risoluto» annuii. 
«Quella ragazza non mi può vedere e non ha paura della legge. Mi ha tenuto testa e non si è mossa di un millimetro dalla sua dichiarazione. Lo sparo veniva dal bosco e più che uno sparo sembrava un tonfo. Abbiamo stabilito anche l'ora, in base al pesce.» 
«Come?» domandò Melchett, stupito. «Che cosa c'entra il pesce?» 
«C'entra, perché il ragazzo del pescivendolo lo portò tardi e Mary lo rimproverò. Il ragazzo disse che, dopo tutto, non era tanto tardi, perché erano appena le sei e mezzo. Questo accadde dopo che Mary aveva udito lo sparo.» 
«Uhm!» brontolò Melchett, poco convinto. 
«E così anche la signora Protheroe può essere esclusa, perché non avrebbe fatto a tempo a uccidere il marito. Senza contare che le donne maneggiano malvolentieri le armi da fuoco. È un peccato, ma credo proprio che possiamo escluderla.» 
«Adesso andiamo dalla signora Price, qui in fondo alla strada» disse il colonnello e Slack approvò l'idea. 
«Potrei venire anch'io?» chiesi. «Questa faccenda comincia a interessarmi.» 
Il permesso mi fu accordato e così ci muovemmo. Nell'uscire dal vicariato c'imbattemmo in Dennis, che arrivava di corsa. 
«Dite un po'» domandò il ragazzo all'ispettore «e quella orma di cui vi ho parlato?» 
«Del giardiniere» rispose Slack laconico. 
«Non credete che possa essere di qualcun altro, che aveva messo le scarpe del giardiniere per sviare le indagini?» 
«No» ribatté Slack, con un tono di voce che avrebbe dovuto scoraggiare qualunque insistenza. Ma ci vuole altro, per scoraggiare Dennis, il quale tirò fuori di tasca un paio di fiammiferi bruciati. 
«Li ho trovati vicino al cancello del vicariato» disse. 
«Grazie» rispose Slack; prese i fiammiferi e se li mise in tasca. 
«Non arrestate mica lo zio Leo, vero?» chiese il ragazzo con voce allegra. 
«E perché dovrei arrestarlo?» 
«C'è un mucchio di indizi contro di lui» spiegò Dennis, sempre ridendo. «Domandatelo a Mary. Proprio il giorno prima del delitto si fece udire da tutti noi, mentre augurava la morte al colonnello. È vero, zio?» 
Rimasi male. Slack si girò tutto d'un pezzo per fissarmi e la sua occhiata sospettosa mi fece arrossire. Dennis è proprio noioso, a volte. Dovrebbe capire che un poliziotto, generalmente, manca del più leggero senso dell'umorismo. 
«Non essere sciocco» dissi a mio nipote con voce molto irritata e Dennis spalancò gli occhi per la meraviglia. 
«Ma come; non avete capito che scherzavo? Lo zio Leo disse soltanto che chiunque avesse levato di mezzo il colonnello Protheroe, avrebbe reso un servigio all'umanità.» 
«Ah!» fece l'ispettore. «Questo spiega la frase della domestica.» Anche Mary è priva di umorismo. 
«Andiamo, Clement, non stiamo a perder tempo» intervenne Melchett con voce brusca. 
«Dove andate? Potrei venire anch'io?» chiese Dennis. 
«No, non puoi» risposi. 
Lo lasciammo a tenerci dietro con lo sguardo, l'espressione offesa e imbronciata. 
La porta della signora Price ci venne aperta da una bella ragazza, in grembiule e crestina. Sospirai. Chi viene a casa mia non può aspettarsi tanto lusso. 
«Vorremmo vedere la signora» disse Melchett. 
«Mi dispiace, signore, ma la signora è uscita, per andare alla polizia.» 
Non sapemmo che dire e tornammo indietro. Sulla strada il colonnello mi prese a braccetto e mi mormorò all'orecchio: 
«Se anche lei si proclama autrice del delitto, do le dimissioni.» 

XIII 

Non ritenevo probabile che la signora Price avesse uno scopo così drammatico, ma ero curioso di sapere perché fosse andata alla polizia. Aveva da raccontare qualche cosa d'importante, oppure immaginava soltanto? 
Trovammo la grassa signora alle prese con un disgraziato agente, il quale la guardava con sgomento. Capii subito che la Price era indignata, dal tremolio del fiocco del suo cappello. 
Quando ci vide entrare, la signora mise un argine al suo travolgente fiume di parole, per voltarsi verso di noi. 
«La signora Price?» chiese il sovrintendente. 
«Permettetemi di presentarvi il colonnello Melchett, signora» dissi io. 
La donna mi guardò con freddezza, ma riuscì a metter fuori un mezzo sorriso per Melchett. 
«Siamo stati a casa vostra, signora» riprese il colonnello «e così abbiamo saputo che eravate venuta qui.» 
«Ah, sono contenta di vedere che qualcuno si occupa finalmente di questa faccenda» scattò la Price. «Vergognosa, ecco che cos'è: una cosa vergognosa.» 
Non si può negare che il delitto sia una cosa vergognosa, ma io non avrei scelto questa parola. Mi accorsi che anche il colonnello la pensava come me. 
«Avete qualcosa da dirmi, capace di gettare un po' di luce sulla vicenda?» domandò Melchett. 
«È la polizia che deve indagare» ribatté la signora Price con una certa arroganza. «Per che cosa pagheremmo le tasse, altrimenti?» 
Mi domandai quante volte questa stessa frase venisse ripetuta, in un anno. 
«Facciamo del nostro meglio, signora Price» balbettò il sovrintendente. 
«Ma quest'uomo qui non ne sapeva niente, finché non gliel'ho detto io» protestò la donna. Tutti noi ci voltammo a guardare l'agente. 
«La signora ha ricevuto una telefonata anonima» ci spiegò il poveretto. «Dice che l'hanno ingiuriata.» 
«Ah, ora capisco!» il volto di Melchett si rasserenò. «Non ci eravamo capiti, signora. Siete venuta per presentare una lagnanza, vero?» 
Melchett è un saggio. Sa bene che è un'ottima cosa lasciar sfogare una vecchia signora irata: quando lei ha detto tutto ciò che vuole, è più facile che vi presti ascolto. 
«Certi fatti vergognosi non dovrebbero accadere» sentenziò la Price. «Essere chiamati al telefono per essere insultati, sì, proprio insultati. Da quando c'è stata la guerra, il senso morale delle persone è diventato depravato. Nessuno bada a come parla e in quanto al modo in cui le donne si vestono...» 
«Dite benissimo» approvò il colonnello. «Ma che cosa è accaduto, in particolare?» 
«Ieri pomeriggio mi telefonarono. Dovevano essere le sei e mezzo. Mi rifiuto di ripetere le parole che mi furono rivolte.» 
«Usarono parolacce?» 
«Dipende da quello che intendete per parolacce.» 
«Ma voi capiste quello che dicevano?» 
«Certo.» 
«Allora non possono aver adoperato un linguaggio scurrile» intervenni io. 
La signora Price mi guardò con sospetto e io continuai: 
«Una signora distinta come voi, non può comprendere un linguaggio volgare.» 
«Non volevo dir questo» spiegò la Price. «Anzi, sul principio la telefonata sembrava normale, ma a un tratto, la persona che mi aveva chiamato cominciò a mostrarsi offensiva, tanto che ebbi paura.» 
«Perché? la persona vi minacciò? d'ingiurie corporali, forse?» 
«No, questo no. Poi quel birbaccione si mise a ridere.» «Ah, era un uomo!» 
«Di questo non sono sicura, perché la voce era alterata. Ora bassa, ora squillante. Una voce curiosa, insomma.» 
«Avranno voluto farvi uno scherzo» disse Melchett, tentando di calmarla. 
«Uno scherzo di pessimo gusto! Vi chiedo d'indagare sulla provenienza di quella telefonata.» 
«Indagheremo» annuì il colonnello. «Ispettore, prendete nota, per favore. Signora, proprio non volete riferirmi che cosa vi fu detto?» 
La signora Price arrossì e un duro combattimento si svolse sotto l'ampio petto. Il desiderio della reticenza, alla fine, fu sopraffatto da quello della vendetta. 
«La cosa non uscirà di qui, vero?» domandò e alla risposta affermativa del sovrintendente riprese: «Quel delinquente disse: "Siete una vecchia maligna e pettegola"... capite, colonnello? A me, della vecchia pettegola! Poi continuò: "Ma questa volta siete andata troppo in là e Scotland Yard vi ricerca per calunnia".» 
«Ecco perché v'impauriste» annuì Melchett, con aria di comprensione, e intanto rideva sotto i baffi. 
«Allora io domandai chi fosse al telefono, e quello mi rispose: "Il Giustiziere", poi si mise a ridere e riattaccò. Naturalmente chiamai subito il centralino per domandare da dove provenisse la telefonata, ma sapete come sono le centraliniste, vero? Così cortesi da farmi venire il voltastomaco. Mi sentivo svenire, vi assicuro. Avevo i nervi così sottosopra che quando dal bosco venne il rumore di una fucilata, per poco non caddi in convulsioni. Claire, la mia cameriera, mi portò perfino un bicchierino di whisky, per farmi rimettere.» 
«Capisco benissimo il vostro turbamento, signora» disse Melchett. «E quello sparo, era davvero così forte?» 
«Forse fu lo stato dei miei nervi, a farmelo sembrare così forte e così vicino» spiegò la signora. «In quel momento mi parve una cannonata.» 
«E a che ora accadde questo?» 
«Verso le sei e mezzo.» 
«Non potreste stabilire l'ora con più esattezza? Per le ricerche della telefonata, capite?» 
«Il fatto è che l'orologio del caminetto va sempre un po' avanti. Aveva suonato la mezza, e io, per essere certa dell'ora, guardai il mio orologio da polso il quale segnava le sei e dieci, non perché non sia preciso, ma perché mi ero dimenticata di caricarlo, ieri sera, e così si era fermato. Dissi fra me: "Rimetterò i due orologi fra poco, quando suonerà la mezza alla chiesa". Ma poi ricevetti la telefonata, e dimenticai tutto.» 
«Bene, l'ora corrisponde» annuì Melchett con aria pensierosa. «Ci occuperemo subito di questa faccenda, signora Price, non dubitate.» 
«Prendetelo per uno scherzo e non ci pensate più» consigliai io. 
La donna mi guardò con freddezza. Evidentemente non aveva ancora dimenticato la faccenda della sterlina. 
«Sono accadute cose strane, nel nostro villaggio» disse. «Il povero colonnello Protheroe aveva voluto sincerarsi su alcuni fatti, ed è morto. Forse la prossima volta toccherà a me.» 
Con queste lugubri profezie, la signora si congedò e Melchett tirò un sospiro di sollievo. 
«Non c'è da sperarlo» disse, poi si rivolse all'ispettore con aria interrogativa. Slack accennò di sì col capo. 
«Ci si comincia a veder chiaro, colonnello. Ben tre persone hanno udito la detonazione alla stessa ora. Ora bisogna cercare chi sia stato a far fuoco nel bosco. La confessione di Redding ci ha fatto perdere del tempo, ma adesso cominceremo a lavorare sul serio. Una delle prime cose che farò, sarà di rintracciare quella telefonata.» «Quella della signora Price?» mi stupii. 
L'ispettore sorrise con aria maliziosa. 
«No; quella fatta per allontanarvi dal vicariato, reverendo. In seguito mi occuperò anche di quella fatta alla signora. Un'altra cosa importante è stabilire come passarono il tempo fra le sei e le sette diverse persone.» «Possedete un'energia meravigliosa, ispettore» sospirai. 
«Sono partigiano del lavoro tenace» mi spiegò Slack. «Cominceremo proprio da voi, reverendo. Volete dirmi come passaste il tempo fra le sei e le sette, ieri sera?» 
«Volentieri. Ricevetti la telefonata verso le cinque e mezzo. Doveva essere una donna e io credetti di parlare con la signora Abbott.» 
«Non la riconosceste con certezza?» 
«No, non ci feci caso. Se il marito stava morendo, la sua voce non poteva avere il solito timbro. Andai subito, a piedi, perché non ho mai imparato ad andare in bicicletta. Sono quasi tre chilometri di strada.» 
«È più breve, se si passa attraverso il bosco, verso la "Great House"» osservò Slack. 
«Forse» ribattei «ma è una stradaccia e io non ci passo mai.» 
«Bene, il vostro tempo è giustificato. E vostra moglie?» 
«Era a Londra. Tornò col treno delle sei e cinquanta.» 
«Bene. Ora vado a casa Protheroe, per interrogare tutti, poi voglio vedere anche la signora Lestrange. È strano che sia andata da Protheroe proprio la sera prima del delitto.» 
Era ormai ora di colazione e io invitai Melchett a dividere con me ciò che passava il convento, ma il colonnello si scusò, dicendo che doveva andare al "Cinghiale", per parlare con una persona. Non seppi dargli torto, per aver rifiutato l'invito. Dopo l'interrogatorio al quale era stata sottoposta da parte di Slack, la cucina di Mary sarebbe stata più disastrosa che mai. 

XIV 

Mentre tornavo a casa, m'imbattei nella signorina Hartnell, che mi trattenne dieci minuti buoni per declamare con la sua voce di basso profondo contro l'ingratitudine e l'imprevidenza del popolino. Il nocciolo della questione sta nel fatto che i poveri della mia parrocchia non gradiscono la signorina Hartnell in casa propria. Inutile dire che la mia simpatia va tutta ai poveri, ma la mia posizione sociale m'impedisce di manifestare il mio pensiero con il vigore impiegato da loro. Calmai la zitella nel modo migliore e finalmente riuscii a sfuggirle. 
All'angolo della strada incontrai Haydock, che tornava in automobile. Si fermò un momento e io mi avvicinai. 
«Ho riaccompagnato a casa la signora Protheroe» mi disse il medico. «Per favore, Clement, volete entrare un momento in casa mia?» 
Lo contentai e lo precedetti, mentre lui sistemava la macchina vicino al cancello. 
«Questo è un caso molto strano» borbottò, quando mi raggiunse nell'ambulatorio. 
Gli raccontai che la polizia era riuscita a stabilire con molta approssimazione l'ora in cui si era udito lo sparo proveniente dal bosco, ma lui mi ascoltò con aria distratta. 
«Mi fa piacere che i sospetti su Ann si siano dileguati» disse quando ebbi finito la mia esposizione. «Voglio bene a Larry e a Ann e sarò felice se riusciranno a uscire da questo pasticcio.» 
Gli credetti, ma mi parve strano che le mie novità lo avessero reso tanto malinconico. La mattina mi era parso sollevato da un peso; ora, invece, sembrava invecchiato e smarrito. Pure sapevo che era vero il suo attaccamento per Larry e Ann. Perché, dunque, quell'aria turbata? 
Haydock si riscosse con uno sforzo. 
«Volevo parlarvi di Hawes, Clement» mi disse. «Quel ragazzo è malato.» 
«Me ne ero accorto. Qualche cosa di grave?» domandai. 
«Ora no, ma ha sofferto d'encefalite letargica, come voi saprete.» 
«Non ne sapevo nulla» affermai, costernato. «Quando l'ha avuta?» 
«Circa un anno fa. È guarito benissimo, per quanto si può guarire da quella malattia. È un male strano, che ha dei curiosi riflessi morali. Può trasformare completamente il carattere di un individuo. Vedete, Clement, adesso pensiamo con orrore ai tempi in cui le streghe venivano bruciate vive. Credo che un giorno proveremo lo stesso raccapriccio, pensando di aver impiccato tanti disgraziati.» 
«Siete contro la pena capitale?» domandai. 
«Non si tratta proprio di questo» rispose Haydock. «Io sono medico e so che tanti criminali sono tali solo perché malati. Basta una ghiandola troppo grossa, o troppo piccola, ed ecco pronto un criminale in potenza. Per conto mio, credo che i delinquenti andrebbero curati come malati comuni, senza l'intervento della polizia e del clero. In avvenire forse il delitto non esisterà più. Avete mai studiato le statistiche, Clement? No? Pochi le studiano. Ma io, sì. Vi stupireste se conosceste il numero di reati commessi da adolescenti. Sempre questione di ghiandole, naturalmente. Sapete a quale età sono più frequenti i suicidi? Fra i quindici e i sedici anni. Dalla soppressione di sé, a quella dei propri simili, il passo è breve. Non si tratta di una tara morale, ma fisica.» 
«Mi state dicendo delle cose terribili, dottore» mormorai, sconvolto. 
«No. Vi dico soltanto delle cose che vi sono nuove. Le verità nuove vanno affrontate, anche se ciò rende più difficile vivere.» Guardai il mio amico. Era pallido e accigliato. 
«Haydock» gli dissi «se voi sapeste chi è l'autore del delitto di cui ci occupiamo, lo denuncereste o sareste tentato di proteggerlo?» 
Non ero preparato all'effetto della mia domanda sul medico. Haydock mi si rivoltò contro, irato e sospettoso. 
«Perché mi dite questo, Clement?» sibilò. «Che cosa avete in mente?» 
«Nulla di speciale» risposi. «Siccome c'interessiamo un po' tutti del delitto, mi domandavo che cosa ne pensaste voi.» 
Il lampo di collera passò e Haydock fissò di nuovo lo sguardo davanti a sé, come un uomo che non vede niente. 
«Se sospettassi... se sapessi... Ebbene, farei il mio dovere di cittadino, caro Clement. Almeno lo spero. Questa è una questione che sorge almeno una volta nella vita di ognuno e dobbiamo decidere da noi stessi.» «Volete dire che adesso non lo sapete, ciò che fareste?» 
«No, non lo so.» 
Credetti meglio cambiar discorso. 
«Quel ragazzaccio di mio nipote si trova proprio a suo agio in questa faccenda. Passa il suo tempo a cercar indizi e a raccogliere mozziconi di sigarette.» 
«Quanti anni ha?» sorrise Haydock. 
«Quasi diciassette, e a quell'età non è possibile prendere una tragedia sul serio. Tutto diventa Sherlock Holmes, o Arsenio Lupin.» 
«È un bel ragazzo. Che volete farne?» mi chiese il medico. 
«Non sono abbastanza ricco per mandarlo all'Università, purtroppo» sospirai. «Dennis ha manifestato l'intenzione di entrare nella marina mercantile e così...» 
«È una carriera dura» osservò Haydock «ma avrebbe potuto sceglierne una peggiore.» 
Diedi un'occhiata alla pendola e mi alzai. 
«Devo andar via, ora» dissi. «Sono già in ritardo per la colazione.» 
Griselda e Dennis stavano mettendosi a tavola, quando arrivai. I due giovani mi chiesero a gran voce il resoconto della mia mattinata e li accontentai. Man mano che parlavo, mi accorgevo che ogni indizio scoperto presentava dei dati assolutamente negativi. Dennis si divertì moltissimo, specialmente per la telefonata alla signora Price. 
«Le sta bene, a quella vecchia strega» disse a un certo punto. «In tutto il villaggio non c'è lingua più malefica della sua. Mi dispiace di non essere stato io, a pensare alla telefonata. Se le dessimo una seconda dose? Che ne dici, zio Leo?» 
Mi affrettai a pregarlo di non farne nulla, perché non c'è niente di più pericoloso degli sforzi bene intenzionati della giovane generazione per aiutarci e dimostrarci la loro simpatia. 
Dennis cambiò improvvisamente di umore e prese a parlare con l'aria di un navigato uomo di mondo. 
«Sono stato tutta la mattina con Letizia» disse. «Sai che quella ragazza è molto afflitta, Griselda? Non vuole darlo a vedere, ma è addolorata.» «Voglio sperarlo» rispose mia moglie. 
«Tu non sei giusta, verso Letizia» si lamentò Dennis. 
Griselda non rispose e così feci io, ma Dennis continuò: 
«Letizia non parla con nessuno di ciò che sente, ma con me, sì. Mi ha detto che bisognerebbe fare qualche cosa.» 
«Presto si accorgerà che l'ispettore Slack è della stessa opinione» sorrisi. «Nel pomeriggio andrà alla "Great House" e scommetto che renderà la vita 
dura a tutti, anche a Letizia, per giungere alla verità.» «E quale credi che sia la verità, Leo?» domandò Griselda. 
«Non è facile dirlo, cara» risposi. 
«Hai detto che Slack intende rintracciare la telefonata che ti fece correre dagli Abbott? Ma non sarà una cosa difficile?» 
«Non credo. Alla centrale telefonica tengono nota di tutte le chiamate.» «Ah!» mia moglie tornò a immergersi nei suoi pensieri. 
«Zio Leo» attaccò Dennis «perché ti sei tanto irritato, stamattina, quando ho scherzato con l'ispettore sul tuo desiderio di voler vedere morto il colonnello Protheroe?» 
«Perché ogni cosa deve essere detta a suo tempo» replicai stizzito. «L'ispettore Slack non possiede il minimo senso dell'umorismo e ha preso le tue parole molto sul serio. È probabile che torni a interrogare Mary, poi si farà rilasciare un mandato d'arresto contro di me.» 
«Ma non capisce, quando si scherza?» 
«No, non lo capisce. Slack è giunto al grado che occupa a forza di lavoro duro e non gli è rimasto il tempo per le piccole amenità della vita.» 
«Ti è simpatico, zio Leo?» 
«No. Però non dubito della sua capacità professionale.» 
«Credi che finirà con lo scoprire l'assassino del vecchio Protheroe?» «Se non ci riesce, non sarà certo per mancanza di buona volontà.» Mary entrò nel tinello per dire: 
«C'è di là il signor Hawes, vicario. E hanno portato adesso un biglietto per voi.» 
Aprii la busta. Dentro c'era un foglietto minuscolo che diceva: 

Caro signor Clement, vi sarei grata se poteste passare da me, nel pomeriggio. Mi sento turbata e ho bisogno di un consiglio. Devotissima 
Estella Lestrange. 

XV 

Hawes aveva un aspetto pietoso. Gli tremavano le mani e i lineamenti gli si contraevano di tanto in tanto, in una smorfia spasmodica. Gli dissi che avrebbe dovuto andare a letto, ma lui mi dichiarò che si sentiva benissimo. La cosa era così lontana dalla verità, che non seppi replicare e provai una certa ammirazione per la forza del mio coadiutore. 
«Sono venuto per dirvi quanto mi dispiace di ciò che è accaduto al vicariato» mi disse. «A quanto ho udito, l'arresto del signor Redding non è stato mantenuto, vero?» 
«È vero. Si trattava di uno sbaglio, e adesso la polizia è convinta dell'innocenza di Larry.» 
«E perché? Forse i sospetti gravano su qualcun altro, adesso?» 
Non avrei mai creduto che Hawes s'interessasse tanto ai particolari di un delitto, ma attribuii la sua curiosità al fatto che il delitto era avvenuto al vicariato. 
«Non posso vantarmi di essere in confidenza con Slack» gli risposi «ma a quanto mi è sembrato di capire, per il momento non sospetta di nessuno.» 
«Capisco, e in fondo è difficile sospettare che qualcuno del villaggio abbia potuto macchiarsi di un delitto così orribile» balbettò Hawes. «Ammetto che il colonnello Protheroe non fosse simpatico a nessuno, ma da questo a ucciderlo, ce ne corre. Chi poteva avere un motivo? La polizia non ne sa nulla?» 
«Non saprei dirvelo.» 
«Potrebbe essersi creato dei nemici» riprese il giovane. «Al tribunale aveva fama di uomo severo. Ricordate, vicario? Proprio ieri mattina vi diceva di essere stato minacciato da Archer.» 
«Già, ora che ci penso, me lo disse. Voi eravate vicino a noi, in quel momento, vero?» osservai. 
«Sì, e udii benissimo quello che il colonnello diceva, tanto più che il poveretto urlava sempre. Mi ricordo anche della vostra risposta, vicario, e quelle parole mi fecero impressione. Gli diceste che quando anche per lui fosse giunto il momento di essere giudicato, forse gli sarebbe stata usata la giustizia, invece della misericordia.» 
«Gli dissi così?» mi meravigliai io; mi pareva che le mie parole fossero state diverse. 
«Lo diceste molto energicamente, vicario. La giustizia è una cosa terribile. E pensare che il colonnello doveva morire poche ore dopo. Sembrerebbe che voi aveste avuto come una premonizione.» 
«Non avevo avuto proprio nulla» ribattei con voce seccata. «Non avete parlato all'ispettore Slack di quell'Archer?» mi chiese Hawes. 
«E perché avrei dovuto? Quasi non lo conosco.» 
«Ma il colonnello disse che Archer lo aveva minacciato. Lo direte?» 
Non risposi. Detesto di accanirmi contro le persone che sono già in disgrazia. Non avevo nulla contro Archer, che è un bracconiere inveterato, uno di quegli allegri scapestrati, come se ne trovano in tutti i villaggi. Qualunque cosa potesse aver detto In un momento di collera, non me la sentivo di andarlo a denunciare, quando era appena uscito di prigione. 
«Voi avete sentito la nostra conversazione» mi decisi infine a dire. «Se lo ritenete opportuno, potete andare voi, a denunciare il fatto.» 
«Sarebbe meglio che la cosa venisse da voi, vicario.» 
«Può darsi, ma per dirvi la verità, non mi sento di fare una canagliata simile, anche perché sono convinto che Archer non è il tipo che va sparacchiando alla gente. Si contenta della selvaggina, lui.» 
«Ma se aveva minacciato il colonnello Protheroe...» 
«Un momento» lo interruppi. «Se vogliamo dire proprio la verità, noi non abbiamo sentito Archer minacciare il colonnello, ma il colonnello minacciare Archer di mandarlo nuovamente in galera, la prima volta che lo avesse colto a cacciare di frodo.» 
Hawes abbassò lo sguardo e mormorò: 
«Non capisco il vostro atteggiamento, vicario.» 
«Perché siete giovane» ribattei. «Vi sentite pieno di sacro zelo perché sia fatta giustizia; alla mia età si concede di più il beneficio del dubbio.» 
«Non è perché...» esitò un attimo, poi riprese tutto d'un fiato: «Forse avete dei sospetti personali?» 
«Per l'amor di Dio! No, davvero» esclamai. 
«Nemmeno sul movente del delitto?» 
«No; e voi?» 
«Io? No di certo. Ero solo curioso di sapere se il colonnello Protheroe si fosse confidato con voi.» 
«Le sue confidenze, se si possono chiamare così» risposi «le ha potute udire tutto il villaggio, ieri mattina. E non datevi pensiero per Archer. Se ha davvero minacciato il colonnello, mezzo paese lo deve sapere; a quest'ora o domani al più tardi lo saprà anche Slack.» 
Hawes si congedò di malavoglia e io lo compatii, poveraccio, dopo quello che mi aveva detto Haydock sulla malattia di cui aveva sofferto. 

La cameriera della signora Lestrange mi fece accomodare nel salotto e la signora si alzò da una poltrona per venirmi incontro. Rimasi colpito di nuovo dall'atmosfera che circondava quella bella donna. Indossava un abito nero, che metteva in risalto la sua capigliatura bionda e il candore della sua pelle. Era pallidissima e gli occhi le brillavano ardenti. La signora era gentile e compassata, come al solito, ma nel suo sguardo mi parve di scorgere una scintilla di animazione. 
«Vi ringrazio di essere venuto, signor Clement» mi accolse. «Avrei voluto confidarmi con voi l'altro giorno ed ebbi torto a non farlo.» 
«Come vi dissi anche quella sera, sarò felice di fare per voi quanto posso» risposi. 
«Sì, lo so» mormorò Estella. «In questo mondo c'è poca gente che ha un vero desiderio di aiutarmi.» 
«Stento a crederlo, signora» sorrisi con gentilezza. 
«Pure è così. Di solito gli uomini si curano solo del loro benessere» osservò la signora con voce amara. «Accomodatevi, prego.» 
Sedemmo nelle due poltrone poste ai lati del caminetto e Estella cominciò a parlare lentamente, come se pesasse ogni parola, prima di pronunciarla. 
«Mi trovo in una situazione strana, signor Clement e vorrei un consiglio. Il passato è morto e sepolto, ormai, e non si può cambiare. Mi comprendete, vero?» 
Prima che potessi risponderle, la cameriera apparve sulla soglia tutta turbata. 
«Scusate, signora; c'è l'ispettore di polizia che vorrebbe parlarvi.» 
La signora Lestrange rimase immobile, il suo bel viso non si alterò: solo chiuse e riaprì gli occhi con lentezza. Poi con voce pacata e tranquilla disse: 
«Fallo passare, Hilda.» 
Mi alzai, ma la signora mi fece cenno di rimanere e così sedetti di nuovo. «Preferirei che rimaneste» mormorò. 
«Certo; se lo desiderate.» 
Slack entrò nel salotto col suo passo marziale. 
«Buon giorno, signora» salutò. 
«Buon giorno, ispettore.» 
In quel momento Slack notò la mia presenza e aggrottò la fronte. Evidentemente l'antipatia fra noi era reciproca. 
«Spero che non avrete nulla da obiettare, se il signor Clement rimane» disse con voce carezzevole la signora Lestrange. 
«No, benché avrei preferito...» Non disse quello che avrebbe preferito, perciò restai. 
«Che cosa desiderate da me, ispettore?» domandò la padrona di casa. 
«Si tratta di questo, signora. Io sono incaricato di svolgere le indagini sulla morte del colonnello Protheroe, e per formalità, devo domandare a tutti gli abitanti del villaggio, dove si trovassero ieri sera, fra le sei e le sette. Voi, per esempio, dove eravate?» 
«Ero qui, in casa» rispose la signora. 
«Immagino che la vostra domestica possa confermare la vostra dichiarazione.» 
«No. Era la sua mezza giornata di libertà e io ero sola.» 
«Ieri non usciste?» 
«Sì, nelle prime ore del pomeriggio, ma alle cinque ero già di ritorno.» 
«Allora, se la signorina Hartnell, per esempio, dicesse di essere stata qui verso le sei, di aver suonato e di non aver ricevuto risposta, voi direste che s'inganna, vero?» osservò Slack con voce severa. 
«Oh, no» rispose la donna con calma. «Vedete, ispettore, se la cameriera è in casa può dire che io non ci sono; ma quando sono sola e non voglio ricevere nessuno, che cosa faccio? Se suonano non vado ad aprire. Chiaro? Le vecchie zitelle non sono la mia passione e la signorina Hartnell, in particolare, desta in me istinti cattivi. Venne, ieri sera, è vero, e suonò una mezza dozzina di volte, prima di desistere.» 
«E se qualcuno dicesse di avervi vista per la strada?» cominciò Slack, ma la signora Lestrange lo interruppe subito. 
«Ma nessuno può dirlo, perché ero in casa.» 
«Giusto» sibilò l'ispettore fra i denti. «E adesso un'altra cosa. Ho saputo che voi faceste una visita al colonnello Protheroe, la sera prima della sua morte.» 
«È vero» confermò Estella. 
«Potreste dirmi il motivo di quella visita?» 
«Si tratta di un motivo strettamente personale, ispettore.» 
«Mi dispiace, ma devo insistere per sapere questo motivo personale.» 
«E a me dispiace di non potervelo dire. Posso assicurarvi, però, che quanto dicemmo in quel colloquio, non ha nulla a che fare col delitto avvenuto il giorno dopo.» 
«Non credo che voi possiate essere un giudice competente, signora.» «Mi dispiace, ma dovrete stare alla mia parola, ispettore.» 
«Insomma, devo sempre fidarmi di voi, vero?» esplose Slack. 
«Pare di sì» sorrise la signora Lestrange. 
Slack picchiò un pugno sul tavolo e divenne rosso. 
«Ma non capite che aggravate la vostra posizione, signora?» gridò. «Dovrete venire a deporre all'inchiesta.» 
«Verrò» annuì Estella. Disse quella sola parola, senza enfasi e senza calore. L'ispettore cambiò tattica. 
«Conoscevate il colonnello Protheroe?» 
«Sì.» 
«Bene?» 
«Erano parecchi anni che non lo vedevo» rispose la donna, senza compromettersi. 
«Conoscevate anche la signora Protheroe?» 
«No.» 
«Non vi pare che l'ora della visita fosse abbastanza insolita?» 
«Non dal mio punto di vista.» 
«Come sarebbe a dire?» 
«Volevo vedere il colonnello, e nessun altro» spiegò la donna con voce chiara. «Pensai che, andando a quell'ora, non avrei incontrato né la signora, né la signorina.» 
«E perché non volevate vedere la signora e la signorina?» 
«Questo è affar mio, ispettore.» 
«Vi rifiutate di dire altro?» 
«Sì.» 
L'ispettore si alzò e puntò verso la signora Lestrange un dito minaccioso. 
«Finirete per trovarvi nei pasticci, signora» le predisse. «Il vostro atteggiamento può dare adito a sospetti.» 
La signora Lestrange si limitò a ridere. Slack non aveva ancora capito che quella non era una donna che si impaurisse facilmente. 
«Bene» concluse. «Almeno non venite a dirmi che non vi ho avvertita. Buon giorno, signora, e non dimenticate che lavorerò sodo per arrivare alla verità.» 
L'ispettore uscì, e la signora si alzò, per stendermi la mano. 
«Scusatemi, ma mando via anche voi, vicario» mi disse. «Come vedete, ormai ho fatto la mia scelta ed è troppo tardi per chiedere un consiglio.» 

XVI 

Mentre uscivo entrò il dottor Haydock, che diede una rapida occhiata a Slack che varcava in quel momento il cancello; poi si voltò verso di me. 
«È venuto per interrogare Estella?» mi chiese. «Spero che abbia usato dei modi civili.» 
A parer mio la civiltà non è un'arte che l'ispettore coltivi molto, ma assicurai Haydock che, date le circostanze, Slack si era comportato bene. 
Haydock mi salutò e varcò la soglia, mentre io infilavo la strada del villaggio, dove raggiunsi l'ispettore. Credo che camminasse così adagio proprio per farsi raggiungere da me. Per quanto io possa essergli antipatico, l'ispettore non è un uomo che si lasci sfuggire la più piccola occasione per informarsi. 
«Che cosa sapete di quella donna?» mi chiese. 
A malincuore dovetti rispondere che non ne sapevo nulla. 
«Non vi ha detto le ragioni per cui si è decisa a venire a stabilirsi qui?» 
«No.» 
«Però voi andate a trovarla» constatò Slack. 
«Fra i miei doveri» risposi «c'è anche quello di visitare i miei parrocchiani.» 
«Già» rammentò Slack con voce asciutta. «A mio parere, in quella signora c'è qualche cosa di oscuro.» 
«Davvero credete questo?» 
«Volete che sia più esplicito?» disse l'ispettore. «Credo che qui si tratti di un caso di ricatto. Sembra strano, se si pensa alla fama di onestà di cui godeva Protheroe, ma non si può mai sapere. Non sarebbe la prima volta 
che un fabbriciere stimato conduce una doppia vita.» L'ombra della signorina Marple sorse davanti ai miei occhi. 
«Lo credete probabile?» chiesi. 
«Collimerebbe con quello che sappiamo» annui Slack. «Perché una bella signora elegante viene a seppellirsi in questo buco? Perché sceglie un'ora tanto strana, per far visita alla gente? Perché evita di vedere la signora e la signorina Protheroe? Il ricatto spiegherebbe tutto, vero? E il ricatto è un reato punibile per legge. Riuscirò a farle dire la verità, a quella donna. Se nella vita del colonnello c'era un segreto colpevole, capite anche voi che le piste da seguire si moltiplicano.» 
Dovetti convenire con Slack che le cose stavano così. 
«Ho interrogato il cameriere» riprese l'ispettore. «Pensavo che potesse aver udito qualche parola della conversazione del colonnello con la Lestrange, ma lui giura di non aver udito nulla. A proposito, sembra che il colonnello avesse licenziato il cameriere, proprio Per aver lasciato entrare la signora.» 
«Davvero?» 
«E così abbiamo un altro motivo di rancore contro il colonnello.» «Sospettate di quell'uomo? A proposito, come si chiama?» domandai. 
«Reeves, e non dico di sospettare di lui; però non si può mai sapere. Ora vado a interrogare l'autista.» 
«Allora non vi dispiacerà di darmi un passaggio? Devo vedere la signora Protheroe, per prendere con lei le disposizioni per i funerali. Domani c'è l'inchiesta e immagino che per martedì si potrà procedere all'inumazione.» 
Arrivati alla "Great House", Slack m'invitò ad assistere all'interrogatorio di Manning, l'autista. Manning era un bel ragazzo, sui venticinque anni, e sembrava disposto a lasciarsi intimorire dall'ispettore. 
«Volevo sapere se accompagnaste il vostro padrone al villaggio, ieri pomeriggio» cominciò Slack. 
«Sissignore, alle cinque e mezzo. Venne anche la signora.» 
«Andaste direttamente al villaggio?» continuò l'ispettore con severità, e Manning si allarmò, come se l'assassino fosse lui. 
«Sì... sissignore.» 
«Senza fermarvi per la strada?» 
«No, signore. Mi fermai solo sulla strada del villaggio. Il colonnello scese e mi disse che sarebbe tornato a casa a piedi. La signora doveva fare degli acquisti e mise i pacchi nella macchina, poi mi disse che potevo tornare a casa.» 
«La lasciaste nel villaggio?» 
«Sissignore.» 
«A che ora?» 
«Alle sei e un quarto circa. Eravamo vicino alla chiesa.» 
«E il colonnello non disse dove si sarebbe recato?» 
«Parlò di fermarsi dal veterinario, per uno dei cavalli che non sta bene.» 
«E voi tornaste subito qui?» 
«Sissignore.» 
«Ci sono due cancelli, nella tenuta. Passaste da nord, o da sud?» 
«Da nord, signore. È la strada più breve.» 
«Bene, mi sembra di non aver altro da domandarvi... Ah, ecco la signorina Letizia.» 
La ragazza veniva verso di noi con la sua solita aria svagata. 
«Ho bisogno della macchina piccola, Manning» disse all'autista. «Volete portarmela fuori?» 
«Subito, signorina.» 
L'ispettore si avvicinò a Letizia, mentre Manning andava a prendere l'auto. 
«Scusate, signorina. Devo interrogare tutti sull'impiego del loro tempo nel pomeriggio di ieri. Spero che non vi offenderete.» 
Letizia piantò sull'ispettore due occhi azzurri, innocenti e languidi. 
«Non so mai l'ora di niente, io.» 
«Ma ricordate di essere uscita subito dopo colazione, ieri, vero? Dove andaste?» 
«A giocare a tennis dagli Hartley Napier.» 
«A Much Benham?» 
«Sì.» 
«E quando ritornaste?» 
«Non lo so. Vi ho già detto che non so mai che ora sia.» «Tornasti verso le sette e mezzo» intervenni io. 
«Già, forse è vero.» Letizia mi guardò con riconoscenza. «Strano, ma tutti questi interrogatori mi sembrano poco interessanti. Ecco la mia auto. Arrivederci a tutti.» 
Ci piantò in asso e saltò sulla macchina. Un attimo dopo usciva dal viale a tutta velocità. L'ispettore si toccò la fronte. 
«È un po' picchiatella?» mi domandò. 
«No, ma si diverte a farlo credere.» 
Ci separammo: Slack andò a interrogare le cameriere e io chiesi a Reeves se poteva annunciarmi alla signora Protheroe. 
«La signora è andata a riposare, reverendo» mi rispose il domestico «ma se volete attendere un poco, so che la signora desidera vedervi.» 
Accennai di sì, e Reeves mi precedette nel salotto. Ammirai la sua compostezza, ma mi domandai che cosa celasse, quell'uomo, dietro la maschera del perfetto servitore. 
Non dovetti attendere molto. Ann mi raggiunse un quarto d'ora dopo e discutemmo insieme sui particolari del funerale. Poi lei esclamò: «Che brav'uomo, il dottor Haydock!» «È l'uomo migliore che io conosca» annuii. 
«È stato di una bontà squisita, con me» riprese Ann. «Ma ha l'aria triste, non vi sembra?» 
Purtroppo anch'io avevo notato la cosa, ma risposi: 
«Non credo di essermene accorto.» 
«Nemmeno io, fino a oggi.» 
«Forse perché le disgrazie ci acuiscono la vista» osservai. 
«Sì, è vero» ammise Ann, poi, dopo una pausa continuò: «C'è una cosa che non riesco a spiegarmi, vicario. Se mio marito fu ucciso subito dopo che io lasciai la biblioteca, come mai non udii la detonazione?» 
«La polizia ritiene che vostro marito sia stato ucciso più tardi» risposi. 
«Ma sul biglietto era segnata l'ora: le sei e venti.» 
«Forse l'ora fu aggiunta da un'altra mano» replicai. «Non è sembrato anche a voi, che quelle cifre non fossero scritte con la calligrafia di vostro marito?» 
«La calligrafia non sembrava sua neppure nel resto.» 
L'osservazione di Ann era esatta. Il biglietto, quasi illeggibile, era ben diverso da quelli che ricevevo di solito dal colonnello, chiari e precisi. 
«Vicario, chi può essere stato?» domandò Ann con voce angosciata. «So bene che Lucius non era simpatico, ma non credo che avesse dei veri e propri nemici.» 
Fra me pensai ai sette sospetti della signorina Marple. Chi potevano essere? 
Dopo che mi fui congedato da Ann, misi in esecuzione un mio progetto. Per tornare al vicariato, presi il sentiero privato e giunto al viottolo che portava al cancello posteriore di casa mia retrocessi fino a un punto in cui le foglie dei cespugli sembravano smosse. Allora lasciai il sentiero e m'inoltrai nel bosco, che in quel punto era fitto e intricato di vegetazione bassa. Non potevo procedere con molta sveltezza e dopo un poco mi accorsi che qualcuno mi precedeva, a poca distanza. Mi fermai, senza sapere che fare, quando vidi Larry Redding che camminava davanti a me, reggendo un grosso sasso. Lui si voltò e mi vide. Forse ero buffo con la mia espressione stupita sul viso, perché il giovane scoppiò a ridere. 
«State tranquillo, vicario» mi gridò. «Questo sasso non è un indizio, ma un'offerta di pace. Vedete, devo aprire dei negoziati con la vostra vicina, la signorina Marple, e mi hanno detto che alla cara vecchietta nulla farebbe piacere quanto un sasso o una pietra per il giardino giapponese che sta costruendo.» 
«È verissimo» risposi. «Ma che cosa volete sapere, dalla signorina?» 
«Non lo so bene, ma ritengo che lei debba aver visto qualche particolare insolito, a cui non ha dato importanza, tanto da non riferirlo nemmeno alla polizia. Merita conto di provare, vicario, non vi sembra? E io mi sento in dovere verso Ann, di andare a fondo della cosa. Non ho gran fiducia nella perspicacia dell'ispettore Slack.» 
«Vedo che voi siete un personaggio assai caro ai romanzieri» risi. «Il poliziotto dilettante. Però non saprei dirvi se nella vita reale i dilettanti valgano più dei professionisti.» 
Larry si mise a ridere e mi guardò con malizia. 
«E voi, vicario, che cosa fate nel bosco? Scommetto che avete ragionato come me: "Come fece l'assassino a entrare nella vostra biblioteca?". Può essere passato dal viottolo ed essere entrato dal cancello posteriore, come Ann e me; oppure dalla porta sulla strada... ma esiste un terzo modo? Per questo ho avuto l'idea di vedere se i cespugli non fossero smossi e spezzati, vicino al muro di cinta.» 
«Avete indovinato; anch'io pensavo qualche cosa del genere» ammisi. 
«Non ho proseguito nell'impresa, però» riprese Larry. «Ho pensato che era meglio prendere questo sasso e portarlo alla signorina Marple, per indagare da quel lato. Può darsi che la vecchietta abbia visto passare qualcuno.» 
«Nega recisamente, su questo punto» osservai. 
«La Marple dice che non passò nessuno, ma forse intende dire che non passò nessuno che lei chiami qualcuno. Sembra un gioco di parole, ma voi mi avete capito, vero? Potrebbe aver visto passare il portalettere, il lattaio, il garzone del macellaio... qualcuno, la cui presenza, insomma, fosse normale.» 
«Vedo che leggete molti romanzi gialli» sorrisi. 
«Ma non vi sembra che potrebbe esserci del buono nella mia idea?» «Forse» ammisi. 
Quando arrivammo, la signorina Marple lavorava nel suo giardino e ci salutò con un bel sorriso. Gradì molto il sasso che Larry le aveva portato e il giovane, reso ardito dal successo, si gettò a capofitto nell'interrogatorio. 
La signorina Marple ascoltò con molta attenzione. 
«Sì, capisco ciò che intendete dire» annuì, quando Larry tacque «e convengo con voi che di solito non si parla di certe piccolezze. Ma vi assicuro che ieri sera non passò proprio nessuno, nemmeno i fornitori.» 
«Ne siete certa, signorina?» 
«Certissima.» 
«E dal sentiero del bosco» intervenni io «non uscì nessuno?» 
«Ah, sì. Parecchia gente. Il dottor Stone e la signorina Cram entrarono nel sentiero verso le due, per andare al tumulo, credo. E uscirono di lì, come voi sapete benissimo, signor Redding, perché il dottor Stone si unì a voi e alla signora Protheroe, verso le sei e trentacinque, quando usciste dal vicariato.» 
«A proposito, signorina Marple» dissi io «quello sparo che udiste provenire dal bosco, dovrebbero averlo udito anche Larry e Ann.» 
«Sì, mi pare di aver udito degli spari» disse Larry, dopo un minuto di riflessione. «Furono uno o due, signorina?» 
«Uno solo» precisò la zitella con sicurezza. 
«Mi è rimasta una vaga impressione» continuò Larry. «In quel momento ero troppo occupato nel... nel...» 
Tacque imbarazzato e io tossii. La signorina Marple cambiò discorso: «L'ispettore Slack mi ha domandato se avevo udito lo sparo prima o dopo che voi, signor Redding, e la signora Protheroe usciste dallo studio. Ho dovuto confessare che non me lo ricordo, ma mi sembra che fosse dopo». 
«Allora bisogna scartare il celebre dottor Stone dalla lista dei sospetti» sorrise Larry. «Benché non ci sia il minimo sospetto su di lui.» 
«Per conto mio trovo che sia più prudente sospettare di tutti» dichiarò la signorina Marple. «Non si può mai sapere, vi pare?» 
«E voi, Larry» domandai al giovane «avete l'impressione di aver udito lo sparo quando eravate nello studio, o quando ne eravate già uscito?» 
«Penso di averlo udito mentre ero nello studio. In questo caso sarebbe giunto al mio orecchio molto più attutito. Domanderò a Ann, può darsi che lei se ne ricordi. Esiste anche un altro fatto che meriterebbe una spiegazione. La signora Lestrange, la misteriosa donna di St. Mary Meadow, andò a far visita al vecchio Protheroe il giorno prima del delitto. A quanto pare nessuno sa il motivo della visita, perché il colonnello non ne parlò in famiglia.» 
«Forse il vicario ne sa qualche cosa» intervenne la signorina Marple. 
Come faceva quella benedetta donna a sapere che nelle prime ore del pomeriggio ero stato dalla signora Lestrange? La sua abilità nel saper tutto è davvero soprannaturale. 
Scossi la testa, per dire che non ne sapevo nulla. 
«E l'ispettore Slack che cosa ne pensa?» chiese ancora la zitella. 
«Ha fatto di tutto per far parlare il cameriere» risposi «ma a quanto pare, quel tipo non è curioso.» 
«Però ci sarà qualcuno che avrà udito, non credete? Penso che il signor Redding sia il tipo adatto per investigare sulla cosa. Di solito le cameriere non resistono al fascino di un bel giovanotto.» 
«Pensate che farei bene a interrogare quelle ragazze?» disse Larry. «Bene, stasera mi ci proverò.» 
Salutammo la signorina e c'inoltrammo ancora nel bosco, alla ricerca di indizi. Seguimmo il sentiero, finché non giungemmo al punto in cui i cespugli erano smossi. C'inoltrammo nel folto, ma dopo una ventina di metri ogni traccia di passaggio si perdeva. Era da lì che Larry era tomato indietro, una mezz'ora prima, quando mi aveva incontrato. Tornammo sul sentiero per cercare un altro varco e infatti lo trovammo. I segni del passaggio di qualcuno erano leggeri, ma non lasciavano dubbi. Questa traccia sembrava promettente, perché seguiva un giro tortuoso e giungeva ai piedi del muro del vicariato, il quale è alto e cosparso in cima di cocci di bottiglie. Se qualcuno avesse appoggiato una scala contro la parete, se ne sarebbero dovute trovare le tracce. 
Camminavamo lungo il muro, quando udimmo un rumore secco, come di ramoscelli che si spezzano, e presto c'imbattemmo nell'ispettore Slack. 
«Ah, siete voi?» ci chiese con voce severa. «Che cosa fate?» Glielo spiegammo e Slack sorrise ironico. 
«E pensavate che i funzionari di polizia fossero così stupidi da non pensare a una simile eventualità?» ci disse. «Sono nel bosco da un'ora, e sapete che vi dico? L'assassino del colonnello non è passato di qua. Chiunque sia, passò dalla porta della strada.» «Impossibile!» esclamai. 
«E perché? La vostra porta è sempre aperta e basta spingerla, per entrare senza esser visti dalla domestica. L'assassino sapeva che voi non c'eravate, che la signora Clement era a Londra e che Dennis era a giocare a tennis a Much Benham. Semplice come l'abbiccì, no? E non è neppure necessario attraversare il villaggio, per giungere al vostro cancello principale. Basta uscire dal bosco vicino alla casa della signora Price, e se la signora non sceglie proprio quel momento per guardare fuori, si può arrivare al vicariato senza esser visti da nessuno.» 
Più ci pensavo, e più mi pareva che l'ispettore avesse ragione. 

XVII 

La mattina seguente l'ispettore Slack venne a casa mia. Era più benigno del solito e immagino che con l'andar del tempo finirò per dimenticare la faccenda dell'orologio. 
«Ho rintracciato la telefonata che vi allontanò da casa» mi annunciò. «La chiamata parti dalla portineria nord della "Great House". In questo momento la portineria nord è vuota, perché i vecchi portinai sono andati in pensione e ancora non sono arrivati i nuovi. La casa è vuota e facilmente accessibile, perché una finestra sul retro è rimasta aperta. Sull'apparecchio non è stata trovata nessuna impronta, e questo vuol dire che la persona che telefonò, riputi accuratamente l'apparecchio; la circostanza ci dice che il delitto fu preparato accuratamente, perché se si fosse trattato di uno scherzo innocente, il burlone non avrebbe pensato a cancellare le impronte. La signora Protheroe possiamo escluderla, perché uscì da casa alle cinque e mezzo, insieme al colonnello e, dal momento che arrivò al villaggio, i suoi movimenti sono controllati. Un particolare, vicario: tutti i negozianti visitati dalla signora Protheroe quel pomeriggio, sono concordi nel dire che la donna non aveva la borsetta, proprio come ha detto la Marple.» «La signorina Marple ha quasi sempre ragione» ammisi. 
«Possiamo escludere anche Letizia, che a quell'ora era a Much Benham, a giocare a tennis.» 
«Esatto. C'era anche mio nipote.» 
«Le cameriere sembrano ragazze per bene; un po' sconvolte, si capisce, ma c'era da aspettarselo. Io tengo d'occhio il cameriere, però non mi sembra che Reeves debba sapere molto.» 
«Insomma, ispettore, mi sembra che tutti i vostri interrogatori abbiano avuto esito negativo» osservai. 
«Sì e no, vicario» rispose Slack. «Ho scoperto qualche cosa di strano. Ricordate la signora Price e la sua telefonata misteriosa? Bene, abbiamo rintracciato anche quella e sapete da dove veniva? Dal villino di Larry 
Redding.» 
«Come?» esclamai, stupito. 
«Proprio così. Redding non c'entra affatto, naturalmente, perché in quel momento era col dottor Stone, vicino al "Cinghiale". Dunque dobbiamo pensare che qualcuno sia entrato nel villino, abbia telefonato e sia andato via. Chi può essere stato? Quel giorno si erano messi tutti d'accordo per fare telefonate inesplicabili. Per conto mio, però, scommetto che si tratta della stessa persona. E il motivo è chiaro. La telefonata alla signora Price è partita dal villino di Redding, la rivoltella è di Redding... Tutti indizi per far cadere la colpa su quel povero diavolo.» 
«Ma allora avrebbero telefonato anche a me da casa sua» obiettai. 
«Già, ma ho pensato anche a questo» sorrise Slack con aria misteriosa. «Che cosa faceva Redding il pomeriggio, di solito? Andava da Letizia Protheroe, per farle il ritratto. E ci andava in motocicletta, passando dal cancello nord. Ecco perché la telefonata è partita dalla portineria. E la conclusione è ovvia: l'assassino non sapeva del litigio di Redding e Protheroe, e non sapeva che il giovane non andava più alla "Great House".» 
Riflettei un momento e il ragionamento dell'ispettore mi parve logico e inevitabile. 
«Non c'erano impronte nemmeno sul telefono del signor Redding?» chiesi. 
«Nemmeno una. Ma questo non si può attribuire alla persona che telefonò alla Price, perché la donna di servizio di Redding, ieri mattina pulì e spolverò dappertutto. È una vecchia mezzo scema. Non mi ha saputo dire nemmeno quando ha visto la rivoltella l'ultima volta.» Slack scosse la testa con deplorazione, poi riprese: «Sono stato anche da Stone, stamattina, per formalità. Sia lui che la signorina Cram andarono al tumulo verso le due e mezzo del pomeriggio, giovedì, e ci rimasero fino a tardi. Dicono di non aver udito lo sparo». 
«Avete accertato un mucchio di cose» osservai io «ma la principale, cioè chi sia l'assassino, ancora non l'avete scoperta.» 
«Se la detonazione non avesse seguito tanto da vicino la seconda telefonata» brontolò Slack «saprei io dove cercare. Voi avete udito una voce di donna, leggermente alterata e immagino che anche la signora Price abbia udito la stessa voce. Vicario, a voi posso dirlo, sicuro che non andrete in giro a far pettegolezzi. La signora Lestrange!» «Come?» gridai quasi. 
«Piano, vicario, per carità» mormorò Slack. «La signora Lestrange è proprio la persona che tengo d'occhio. La sua visita al colonnello è piuttosto sospetta, non trovate? Vi ricordate le mie parole di ieri? Ricatto!» 
«Il ricatto non è una ragione sufficiente per commettere un delitto» osservai. «Sarebbe come uccidere la gallina che fa le uova d'oro.» Slack strizzò un occhio. 
«La Lestrange è una di quelle donne che trovano sempre un difensore, vedo» sorrise con malizia. «Ascoltatemi. Supponiamo che avesse ricattato il vecchio con successo, qualche anno fa e supponiamo che sia tornata qui per ripetere il giochetto. E se in questo frattempo le cose fossero cambiate? Se il colonnello non avesse avuto più paura del ricatto, e l'avesse minacciata di denunciarla alla polizia? Non potete negare che in questo caso la Lestrange si sarebbe trovata in una brutta situazione e l'unica cosa possibile, per lei, era levare di mezzo il colonnello.» 
Dovevo ammettere che i fatti ricostruiti dall'ispettore presentavano una certa verosimiglianza, ma la personalità della signora Lestrange me li rendeva inammissibili. 
«Non posso crederci, ispettore» dissi infatti. «Quella donna è troppo signora, per abbassarsi al ricatto. È raffinata, distinta...» 
«Per carità, vicario» scoppiò a ridere Slack. «Voi non sapete quanti delinquenti hanno i modi e la faccia da baronetti. Io vi dico che la signora 
Lestrange sarebbe capacissima di accoltellare qualcuno.» 
«Una coltellata non è un ricatto» obiettai io. «E poi, non può aver telefonato alla vecchia Price e nello stesso momento aver sparato al colonnello.» 
Slack si batté un pugno sul ginocchio e balzò in piedi. 
«Ci sono!» esclamò con voce trionfante. «La Lestrange sapeva che quella telefonata e lo sparo avrebbero messo in imbarazzo le autorità inquirenti. Bisogna che indaghi se ha regalato qualche soldo a una ragazza per farle fare la telefonata. Una ragazza non troverebbe mai il nesso fra uno scherzo per telefono e il delitto.» 
Slack non mi salutò nemmeno, tanto era eccitato dalla sua nuova scoperta. Corse via dalla porta-finestra. Griselda mise la testa dentro e mi gettò un bacio con le dita. 
«La signorina Marple vorrebbe vederti» mi disse. «Ha mandato un bigliettino, in cui dice di non potersi muovere di casa. Corri a vedere che cosa vuole, Leo.» 
Non me lo feci dire due volte. Ero curioso anch'io. Trovai la signorina Marple in grande agitazione. 
«Mio nipote, lo scrittore Raymond West, arriva stasera» mi annunciò «e io ho un daffare da matti.» 
«Se posso aiutarvi in qualche modo» mi offrii. 
«Oh, no, non volevo questo» sorrise lei; poi si mise a chiamare: «Emily, Emily, non questi lenzuoli, cara. Quelli col merletto e il monogramma. E non metterli troppo vicino al fuoco, mi raccomando.» Finalmente si ricordò di me e mi fece accomodare nel suo minuscolo salottino. «Devo dirvi una cosa, vicario» mormorò in gran segretezza. «Ieri sera accadde un fatto curioso. Ero agitata e finii per alzarmi dal letto e andare alla finestra. E sapete che cosa vidi?» 
«No, non lo so» risposi. 
«Gladys Cram che entrava nel bosco con una valigia in mano.» «Una valigia?» ripetei. 
«Non vi pare una cosa strana? Che cosa poteva farsene di una valigia, a mezzanotte e nel bosco, per giunta? Forse questa cosa non ha nulla a che vedere col delitto, ma è un fatto singolare e dopo l'assassinio del colonnello, siamo tutti in dovere di prender nota di qualunque "fatto singolare".» 
«Non capisco» balbettai. «Che cosa poteva fare con una valigia? Voleva dormire nel tumulo, per caso?» 
«Non ci dormì» asserì la signorina Marple con grande serietà «perché dopo poco tempo tornò indietro e non aveva più la valigia.» Ci guardammo, senza parlare. 

XVIII 

L'inchiesta fu tenuta quel pomeriggio di sabato, alle due, nella locanda del "Cinghiale". Inutile dire che l'eccitazione del villaggio era al colmo. A St. Mary Meadow non accadeva un omicidio almeno da quindici anni e l'uccisione di una persona in vista come il colonnello Protheroe, e per di più avvenuta nel vicariato, causò un'emozione indicibile. 
Qua e là carpii anche delle frasi che m'indispettirono. 
"Ecco il vicario. È un po' pallido, non trovi? Chissà che anche lui non sia immischiato nell'affare. Il fatto è avvenuto in casa sua, dopo tutto. Ecco Mary Hill. Guarda che arie, si dà." E altre piacevolezze del genere. 
Larry Redding raccontò di aver trovato il cadavere e di aver preso la rivoltella. La signora Protheroe disse di aver visto suo marito per l'ultima volta alle sei meno un quarto, sulla strada del villaggio. Alle sei e un quarto era andata al vicariato per incontrarsi col marito e non l'aveva visto. Non conosceva nessun nemico che il marito potesse avere. 
Poi toccò a me narrare come avevo trovato il cadavere e fatto chiamare il dottor Haydock. 
«In quanti erano a sapere che il colonnello sarebbe venuto da voi, quella sera?» mi domandò il magistrato. 
«Parecchi. Lo sapevano mia moglie, mio nipote e in più il colonnello Protheroe me ne parlò la stessa mattina, nella strada del villaggio. Era un po' sordo, quindi parlava a voce alta e possono averlo udito in molti.» 
Dopo di me salì sulla pedana dei testimoni il dottor Haydock, che descrisse tecnicamente l'aspetto del cadavere e della ferita. Giudicò che la morte fosse sopravvenuta subito dopo lo sparo, cioè fra le sei e venti e le sei e mezzo; certamente non dopo le sei e trentacinque. Su questo punto si dimostrò intransigente. Non si poteva pensare a un suicidio, perché nessuno avrebbe potuto prodursi da sé una ferita di quel genere. 
L'ispettore Slack fece un resoconto sobrio e abbreviato. Disse di essere stato chiamato al vicariato e di aver trovato il cadavere. Esibì il biglietto non terminato e fece notare l'ora scritta in cima. Mostrò anche l'orologio e fu tacitamente ammesso che l'ora della morte risalisse alle sei e ventidue. 
Mary salì al banco dei testimoni con aria truce. Dichiarò che non sapeva nulla e che preferiva così. Fu anche abbastanza sardonica, quando disse che, di solito, i visitatori che venivano al vicariato, non rimanevano uccisi. Aveva sentito uno sparo, ma veniva dal bosco e sembrava una fucilata, non un colpo di rivoltella. 
La signora Lestrange era stata citata, ma in sua vece comparve sul tavolo del magistrato un certificato medico del dottor Haydock. L'ultima testimone fu la vecchia cameriera di Larry. Il magistrato le fece vedere la rivoltella e la donna la riconobbe per quella del suo padrone. Dichiarò che l'aveva vista per l'ultima volta il giorno del delitto, sul ripiano della libreria. Soggiunse che era proprio sicura di averla vista all'ora di colazione del giovedì, poco prima di andar via dalla casa di Redding, all'una meno un quarto. 
Io mi stupii delle sue risposte, perché ricordavo che l'ispettore mi aveva accennato alla Archer, come a una donna mezzo rimbambita, che non ricordava niente. Perciò pensai che la vecchia avesse ricevuto l'imbeccata proprio dalla polizia. 
Il verdetto fu quello che ci si aspettava: il colonnello Protheroe era stato ucciso da una o più persone sconosciute. 
Mentre uscivo dalla sala, mi vidi venire incontro una masnada di giovanotti scamiciati, con taccuino e penna in mano. Battei in ritirata senza tante cerimonie e mi rifugiai nel bar, dove per fortuna incontrai il dottor Stone. 
«Giornalisti» gli comunicai con aria da cospiratore. «Potete salvarmi?» 
«Senz'altro, vicario. Venite con me» m'invitò l'archeologo e mi precedette su per la scaletta, fino al suo salottino privato, dove trovammo la signorina Cram che batteva a macchina con molta energia. La ragazza approfittò subito dell'occasione per interrompere il lavoro e mi rivolse un bel sorriso. 
«È orribile non sapere chi sia stato» ci disse. «Confesso che sono rimasta delusa dall'udienza. Mi aspettavo qualche colpo di scena.» «C'eravate anche voi, signorina?» domandai. 
«Sì. Non mi avete visto?» 
«Siete venuto anche voi?» domandai al dottor Stone. 
«No. Per dire la verità m'interesso pochissimo a certe cose» mi rispose lo scienziato. «Sono un uomo troppo assorto nei miei studi.» «Deve essere un lavoro interessante, il vostro» osservai. 
«Ve ne intendete?» mi domandò lui. 
«No, affatto, ma penso che sia interessante.» 
Il dottor Stone raccolse subito il mio tacito invito e si dilungò a parlare di tumuli lunghi, tumuli rotondi, età della pietra, età del bronzo, paleolitico, neolitico eccetera. Io non dovetti far altro che prendere un'espressione intelligente e annuire, di tanto in tanto. Poi il dottor Stone prese a raccontarmi la sua divergenza d'opinioni col colonnello Protheroe e concluse: 
«Era un villano presuntuoso. Ora è morto e non si dovrebbe parlar male dei morti, ma la scomparsa di una persona non altera i fatti. Per aver letto qualche libro di archeologia si dava le arie di saperne più di me, che ho passato la vita in questi studi.» 
Era fremente per l'indignazione e Gladys Cram dovette richiamarlo alla ragione con una frase secca: 
«Dottore, perderete il treno, se non vi affrettate.» 
«Oh!» L'ometto si fermò a mezzo del suo discorso e guardò l'orologio. «Per l'amor di Dio! manca appena un quarto d'ora. Per fortuna, ho una segretaria così in gamba» continuò. «È una perla di ragazza, signor Clement, ve la raccomando. Mi reputo molto fortunato di averla trovata.» 
«Via, dottore, mi adulate» gorgheggiò Gladys. «Avviatevi, ora.» 
«Sì, sì, vado.» Stone passò nella camera attigua, per ricomparire subito dopo con una valigia. «Torno a Londra per un paio di giorni» mi spiegò. «Domani vado a trovare la mia vecchia mamma e lunedì devo fare una corsa dai miei avvocati. Martedì sarò di ritorno. A proposito, la morte del colonnello non influirà sull'accordo che avevamo preso per la prosecuzione degli scavi? Pensate che la signora Protheroe mi lascerà continuare il lavoro?» 
«Immagino di sì» risposi e intanto mi domandavo chi sarebbe stata la nuova padrona della "Great. House". Poteva anche darsi che Protheroe avesse lasciato la tenuta a Letizia. 
«Causa sempre molte storie, una morte in famiglia» sussurrò la signorina Cram, con aria pensierosa. «Non si può immaginare quanti rancori risvegli, a volte.» 
«Ora bisogna proprio che me ne vada» annunciò Stone. Afferrò la valigia con una mano, una coperta da viaggio e un ombrello con l'altra. Mi mossi in suo aiuto. «Lasciate, non fa niente» si affrettò a dire, ma senza insistere troppo. Mi cedette la coperta e l'ombrello e con la mano rimasta libera prese una borsa di cuoio. Salutammo la signorina e scendemmo di corsa. Stone trotterellava per la strada, verso la stazione e io gli tenevo dietro a lunghi passi. 
«Siete stato molto gentile» mi disse col fiato grosso. «Spero di non perdere il treno... Gladys è una ragazza di carattere molto dolce, sapete? Malgrado la differenza di età che c'è fra noi, abbiamo molte cose in comune.» 
Pensai che se la signorina Marple fosse stata con noi in quel momento, chissà quante analogie con fatti già accaduti avrebbe trovato. 
Nel girare l'angolo della via che conduce alla stazione, passammo davanti al villino di Larry, e vedemmo due o tre giornalisti davanti alla porta. La stampa era molto affaccendata, quel giorno. 
«È un simpatico giovanotto, quel Redding» dissi, per vedere che cosa mi avrebbe risposto Stone. Questi era così affannato per la corsa, che quasi non riusciva a parlare. Articolò a stento: 
«Pericoloso.» 
«Come?» domandai, stupito. 
«Pericolosissimo. Le ragazze ingenue... non hanno giudizio... si lasciano ingannare da un tipo come quello... sempre intorno a qualche sottana... Un poco di buono.» 
Dal che dedussi che l'unico giovanotto disponibile del villaggio non dovesse essere passato inosservato agli occhi della bella Gladys. 
«Povero me! Il treno» esclamò il dottor Stone e spiccò la corsa. Il treno proveniente da Londra era già in stazione e quello per Londra arrivava in quel momento. Sulla porta urtammo in un elegantissimo giovanotto, nel quale riconobbi il nipote della signorina Marple. Credo che non gli piaccia essere urtato. È un giovanotto molto orgoglioso delle sue pose da uomo distaccato e non c'è dubbio che un volgare contatto va a detrimento di una posa di qualsiasi genere. Traballò all'indietro e io mi affrettai a chiedergli scusa. Il dottor Stone si arrampicò su un vagone, io gli porsi il bagaglio, poi il treno si mise in moto con uno strattone. 
Agitai la mano in cenno di saluto, e tornai indietro. Raymond West se n'era già andato, ma il farmacista del paese, che si chiama Lovely, s'incamminava proprio allora verso il villaggio e io mi affiancai a lui. 
«Il dottor Stone ha appena fatto in tempo» osservò Lovely. «Bene, signor Clement, com'è andata l'inchiesta? Oggi sono dovuto andare a Londra e non ho potuto assistervi.» 
Gli riferii il verdetto e il farmacista ci rimase male, quasi quanto Gladys Cram. 
«E il dottor Stone è andato a Londra?» mi domandò ancora Lovely. «È una fortuna che abbia fatto in tempo a prendere il treno. È una vergogna questa linea. Il treno da Londra è arrivato con dieci minuti di ritardo, mentre giovedì, il giorno del delitto, ebbe un ritardo di ben mezz'ora. Mezz'ora, capite? Se il treno arriva alle sette e venti, non si può chiamarlo il treno delle sei e cinquanta, dico bene?» 
«Avete perfettamente ragione» approvai, lontano col pensiero dai treni e dagli orari. Vidi Larry davanti al cancello di casa sua e salutai Lovely, per andare incontro al giovane. 

XIX 

«Sono contento di vedervi, vicario» mi disse Larry. «Entrate in casa e accomodatevi. Sapete che in questo delitto c'è un'aria di famiglia che non mi piace?» soggiunse, quando fummo entrati nel salottino. «L'assassino doveva sapere che io possedevo una rivoltella e che la tenevo nella libreria. Chissà, forse avrò offerto da bere a quel delinquente, qui, in casa mia.» 
«Non è necessario» sorrisi. «È probabile che tutta St. Mary Meadow sappia dove tenete lo spazzolino da denti e che dentifricio adoperate. Le donne di servizio chiacchierano.» 
«Ma perché la gente dovrebbe interessarsi a certe cose?» 
«Questo non lo so; però se ne interessa.» 
«Si vede proprio che non sa di che cosa parlare.» 
«Forse perché in un villaggio gli argomenti di conversazione sono scarsi. Non accade mai nulla d'interessante.» 
«Adesso è accaduta, la cosa interessante. Ma non posso immaginare che quella mezzo scema della Archer vada raccontando i fatti miei.» 
«Ricordatevi che la difesa del povero è l'aria stupida» risposi. «Sapeste che cervelli acuti si nascondono, dietro quelle maschere sceme! A proposito, mi è sembrato che oggi, all'inchiesta, la Archer fosse molto sicura di aver visto la rivoltella giovedì mattina. Come mai tanta sicurezza, così di colpo? Credete che possa aver ragione?» 
«Come faccio a saperlo? Non faccio l'inventario delle mie proprietà tutti i giorni» mi rispose Larry, e guardò in giro al pittoresco disordine del salottino. «Qualche volta ci vuole un po' di tempo, prima di trovare quello che occorre.» 
«Ditemi, Larry» domandai a un certo punto. «La vostra rivoltella era carica, quando la tenevate sul ripiano?» 
«Non sono sventato fino a questo punto» sorrise il giovane. «Era scarica, ma lì accanto tenevo la scatola dei proiettili. Caro vicario, mi sento preoccupato, perché se non sarà scoperto l'assassino, mi sentirò sospettato fino alla fine dei miei giorni... Ma lasciamo andare questo ragionamento, adesso. Sapete che la signorina Marple è furba?» 
«È proprio per questo che non gode di molta simpatia, nei dintorni.» 
«Ho seguito il suo consiglio, e sono andato alla "Great House", dove ho ottenuto un colloquio con Rose, la cameriera di Ann. Rose è una bella ragazza sui vent'anni; io mi sentivo imbarazzato e non sapevo da dove cominciare, ma lei mi guardava con cortesia, serena e indifferente. Vi assicuro che quella ragazza mi ha sconcertato.» 
«Che cosa avete saputo?» 
«Lasciate che vi racconti a modo mio» sorrise il giovane. «Ho cominciato col dirle: "Vorrei parlarvi a proposito... a proposito della morte del colonnello. Penso che potrebbe essere accaduto qualche piccolo incidente, magari insignificante...". A questo punto mi sono accorto di non riuscire a fare l'investigatore, come avrebbe voluto la signorina Marple, e mi sono deciso a parlar chiaro. Così ho detto a Rose che non avevo nessuna intenzione di farmi impiccare per un omicidio che non avevo commesso, e che desideravo l'aiuto suo e di tutta la servitù. La ragazza mi ha assicurato che tutte le simpatie della servitù erano per me e che la polizia poteva anche andare a farsi benedire. Ho ripreso coraggio e così ho portato il discorso sulla strana visita della signora Lestrange e Rose ha convenuto con me che l'ora di cena è molto insolita, per fare visite. Anche loro, fra camerieri, avevano parlato della cosa e la consideravano perlomeno eccentrica. Però, dopo aver parlato con Gay, l'aiuto-cuoca, Rose si era ancor più meravigliata.» 
«E perché?» chiesi io, interessato. 
«Sembra che Gay sia uscita di casa, quella sera, per andare a far due chiacchiere col suo innamorato» mi spiegò Larry. «La cuoca non sapeva che la ragazza fosse uscita ed è molto severa, in proposito; così Gay si confidò solo con Rose, della quale è amica. La ragazza e il suo innamorato si fermarono proprio sotto la finestra del salottino e così udirono qualche parola.» 
«Rose vi ha detto quali?» 
«No; non ha voluto. Ha detto che mi avrebbe fissato un appuntamento con Gay e infatti, più tardi, la ragazza di cucina è venuta nel boschetto dove l'aspettavo. Era impaurita, ma Rose le faceva animo e alla fine ha parlato. Prima, però, ho dovuto promettere che non avrei detto niente a nessuno, e in special modo alla padrona e alla cuoca, che è severissima e non vuole che le cameriere diano appuntamento ai loro amici nelle vicinanze della casa padronale. Io l'ho blandita come meglio ho potuto e, infine, si è decisa, quando le ho detto che le sue parole, forse, mi avrebbero salvato dalla forca. 
«Sembra che Protheroe abbia detto: "Come osi, venire qui, dopo tanti anni? È un oltraggio!". Le parole della signora non si capivano, ma dopo poco la voce del colonnello riprese: «Mai! Rifiuto; rifiuto assolutamente". La sua voce sembrava quella di una belva infuriata, mi ha detto Gay; e non stentò a crederlo, perché quando Protheroe si arrabbiava, faceva paura a tutti, meno che a me. "Non la vedrai mai" disse a un certo punto, "almeno finché io avrò vita." Gay pensò che la signora volesse andare a parlare alla moglie del colonnello e che fosse, o fosse stata, l'amante di Protheroe, anni prima. Poi il colonnello disse: "Non lo credo, anche se lo dice Haydock".» «La ragazza vi ha riferito proprio queste parole?» volli sapere. 
«Proprio queste» annuì Larry. «Ma adesso viene il bello. Le ultime parole della signora Lestrange, Gay le capì. "Domani a quest'ora potresti essere morto." Perciò, quando appresero la morte del padrone, Gay e Rose non poterono far altro che guardarsi in faccia, costernate. Per dirvi la verità, vicario, ho l'impressione che dal giorno del delitto, i ricordi di Gay siano diventati più belli e ampi. Sapete com'è, a furia di ripensarci, le parole ascoltate cambiano un po' di forma e di significato.» 
«Sono disposto a crederlo» ammisi «però deve essere vero, che la discussione di Protheroe e della signora Lestrange non sia stata amichevole e credo che il colonnello non volesse far sapere alla moglie di quella visita.» 
Mentre tornavo a casa pensavo al fabbriciere della signorina Marple e alle sue due famiglie. Ci trovavamo davanti a un fatto simile? E mi domandavo anche che cosa c'entrasse Haydock, nella faccenda. Il medico aveva salvato la signora Lestrange dalla necessità di comparire all'inchiesta e aveva fatto di tutto per proteggerla dalla polizia. 
Fino a che punto avrebbe esteso la sua protezione? 
Se l'avesse sospettata di un delitto, si sarebbe prestato a salvarla? Estella era una donna strana, con un potente fascino magnetico. Io stesso detestavo l'idea di sospettarla, anche come semplice complice dell'assassino. 
Una voce dentro di me proclamava: "Non può essere stata lei." Perché? 
E un diavoletto chiuso nel mio cervello mi sussurrava: 
"Perché è una bellissima donna e ti è simpatica. Ecco perché." 
C'è molta debolezza umana, in ciascuno di noi, come direbbe la signori-
na Marple. 

XX 

Quando tornai a casa, trovai che eravamo in piena crisi domestica. 
Griselda mi venne incontro nel vestibolo con le lacrime agli occhi e mi trascinò in salotto. 
«Se ne va» mi comunicò in tono drammatico. 
«Chi?» domandai, senza capire. 
«Mary; si è licenziata.» 
Malgrado ci mettessi la migliore buona volontà, non mi riuscì di prendere quell'annuncio troppo sul tragico. 
«Allora dovremo cercare un'altra domestica» osservai. La cosa mi sembrava ragionevole, perché quando una donna di servizio se ne va, se ne cerca un'altra; quindi, non capii il perché dello sguardo di rimprovero che mi lanciò mia moglie. 
«Leo, non hai proprio cuore. Possibile che non te ne importi nulla?» 
Era proprio così. Dentro di me mi rallegravo già, al pensiero di non dover mangiare più budini bruciati e legumi mezzo crudi. 
«Mi toccherà cercare un'altra ragazza, e istruirla. Perderò un mucchio di tempo» si lamentò Griselda. 
«Hai forse insegnato qualche cosa, a Mary?» mi stupii. 
«Certo» s'indignò mia moglie. 
«Immagino che qualche nostro conoscente, ammirato del modo in cui ci rispetta e ci serve, le abbia offerto chissà che salario, per portarcela via» dissi in tono ironico. «Però avrà presto una bella delusione.» 
«Ma non c'è nessuno che la voglia, povera Mary» ribatté Griselda. «Chi potrebbe volerla? È lei che si è impermalita, perché Letizia Protheroe le ha detto non so che cosa sul suo modo di spolverare.» 
Griselda dice spesso le cose più sorprendenti, ma questa mi parve così incredibile che non potei fare a meno di rimanere dubbioso. Mi sembrava troppo inverosimile che Letizia si fosse presa la briga di ficcare il naso nelle nostre pulizie domestiche e di rimproverare la nostra cameriera per la sua sciatteria. 
«Letizia è incapace di una simile impertinenza» dissi. «E d'altra parte che c'entra lei col modo di spolverare di Mary?» 
«Infatti, non c'entra» annuì mia moglie. «È per questo che la cosa è tanto irragionevole. Leo, perché non vai a parlare tu, con Mary? La troverai in cucina.» 
Non ero entusiasta di intavolare una discussione con la nostra domestica, ma Griselda si dimostrò molto energica. Mi spinse dentro la bussola coperta di panno verde che immette in cucina, prima che io avessi avuto il tempo di ribellarmi. 
Trovai Mary che sbucciava le patate davanti all'acquaio. 
«Buon giorno» dissi. 
Per tutta risposta Mary alzò il capo e fece una specie di grugnito. 
«La signora mi ha detto che vuoi lasciarci» continuai. 
Questa volta Mary accondiscese a rispondere. 
«Domando e dico, quale ragazza potrebbe sopportare certe cose?» disse con voce cupa. 
«Ti dispiacerebbe essere più esplicita?» chiesi. 
«Eh?» 
«Vuoi spiegarmi perché ti sei impermalita?» dissi, cambiando la frase incomprensibile per Mary. 
«Ve lo posso dire in due parole» cominciò Mary e in questo fece certo male i suoi conti. «Non posso soffrire la gente che viene qui a ficcare il naso, appena io volto le spalle. E che cosa gliene importa, agli altri, di come spolvero e se lo faccio tutti i giorni, o una volta alla settimana? Se voi e la signora non vi lamentate, perché dovrei rendere conto agli altri di come pulisco la biblioteca? Se voi siete contenti, basta, dico io.» 
Non posso dire che Mary mi abbia mai contentato. Ho una debolezza per le stanze ripulite e messe in ordine tutte le mattine. L'abitudine di Mary di far volare via la polvere più grossa dalla superficie delle tavole basse, mi appare inadeguata. Però compresi che non era quello il momento di rimproverare la ragazza per la sua scarsa solerzia. 
«Sono dovuta andare all'inchiesta, no?» continuò Mary. «E domando io se è una bella cosa, che una ragazza per bene si trovi in mezzo a una dozzina di uomini, senza sapere che razza di domande le faranno. Per conto mio vi dico questo: non sono mai stata in una casa dove si ammazza la gente, e spero di non capitarci più.» 
«Lo spero anch'io» sospirai. «Secondo la legge delle probabilità, direi che puoi starne certa.» 
«Non so che farmene, della legge» insorse Mary, che non aveva capito il senso delle mie parole. «Anche "lui" era un magistrato e non sono pochi i poveri diavoli che ha mandato al fresco per aver ammazzato una lepre, quando "lui" ne aveva tanti, di animali, da non sapere che farsene. E adesso, prima ancora che sia seppellito, la sua figliuola viene qui a curiosare e a rimproverare "me" di non saper spolverare.» 
«Dunque la signorina Protheroe è stata qui?» domandai. 
«Ce l'ho trovata al mio ritorno dal "Cinghiale"» annuì Mary con foga. «Era in biblioteca e mi dice: "Cerco il mio berretto giallo". "Qui non ci sono berretti" dico io. "Quando ho fatto la stanza l'ultima volta, giovedì mattina, il berretto giallo non c'era." Allora lei si mette a ridere e mi fa: "Non credo che vediate molte cose, voi. Col modo che avete di fare le faccende". Passa un dito sulla mensola del caminetto e se lo guarda in maniera significativa. Come se io avessi avuto il tempo di spolverare in biblioteca, stamattina, con tutto quello che c'è stato da fare e con la polizia che ha levato i sigilli solo ieri sera. Allora ho voluto dare una stoccata a quella smorfiosa e ho detto: "Mi basta contentare la signora e il vicario". Lei fa un'altra risata e mi dice: "E siete proprio sicura di contentarli?".» «Capisco» dissi io con un sospiro. 
«E questo è tutto. Anche una ragazza della mia condizione sociale ha il suo amor proprio. Io mi consumerei le dita, a furia di lavorare per voi e per la signora; e se la signora vuol provare qualche nuovo piatto complicato, son sempre pronta a contentarla.» 
«Lo so benissimo» annuii con un brivido. 
«Ma quella lì deve aver sentito qualche cosa, o non avrebbe parlato così. E se non contento più, preferisco andarmene. Non che mi curi di quanto dice la signorina Protheroe, una smorfiosa che nessuno può vedere, nemmeno in casa sua, che non dice mai una parola buona a nessuno e che lascia tutto in giro. Non mi curo proprio affatto della signorina Protheroe, benché il signor Dennis ne sia tanto fanatico. Ma già, quella è una di quelle ragazze che sanno rigirare i giovanotti come vogliono.» 
Mentre parlava, Mary continuava a estrarre "occhi" dalle patate, con la punta del coltellino, e li faceva volare per la cucina con tanta energia, da farli sembrare chicchi di grandine. A un certo momento uno di quei proiettili mi colpì in un occhio e provocò una breve pausa nella conversazione. 
«Non ti pare di esserti impermalita proprio senza nessuna ragione?» domandai, mentre mi fregavo la parte offesa col fazzoletto. «Sai bene che alla signora dispiacerà di perderti.» 
«Non ho nulla, contro la signora» rispose Mary, intenerita. «E nemmeno contro di voi, per dire la verità.» 
«Allora, concludiamo che sei stata un po' scioccherella?» Mary si mise a piagnucolare. 
«Il fatto è che ero sconvolta per l'inchiesta e tutto il resto. Una ragazza per bene ha il suo amor proprio. Ma non vorrei procurare noie alla signora, se fosse possibile.» 
«Allora non ne parliamo più» conclusi. 
Quando uscii dalla cucina, trovai Griselda e Dennis che mi attendevano ansiosi nell'ingresso. 
«Come è andata?» domandò mia moglie. 
«Rimane» risposi e sospirai. 
«Leo, sei stato proprio bravo» dichiarò Griselda. 
Mi sentii disposto a darle torto. Non mi pareva di essere stato bravo. Ho la ferma convinzione che nessuna domestica possa essere peggiore della nostra; perciò qualunque cambiamento non può essere che per il meglio. 
Però, siccome sono sempre contento di far piacere a mia moglie, feci finta di sorridere. 
Andammo in salotto e qui raccontai a Griselda e a Dennis come si era svolta la disputa fra Letizia e Mary. 
«Una tempesta in un bicchiere d'acqua» aggiunsi alla fine. 
«Che testa, quella Letizia!» commentò Dennis. «Non poteva aver lasciato il suo berretto giallo qui, mercoledì, perché l'aveva in testa giovedì, 
quando andammo a giocare a tennis a Much Benham.» «Mi sembra molto probabile» approvai. 
«Quella benedetta ragazza non sa mai dove lascia la sua roba» continuò mio nipote, con una specie di orgoglio e affettuosa ammirazione, che giudicai pochissimo meritata. «Perde una mezza dozzina di cose al giorno.» «È uno dei tratti più simpatici di Letizia» ammisi con evidente sarcasmo. 
Ma con Dennis il sarcasmo riesce inutile, a volte. 
«È simpatica davvero» annuì con gravità e diede un sospirone. «Sai, zio? Riceve continue proposte di matrimonio; me lo ha confidato proprio lei.» 
«Pure, Larry è rimasto insensibile al fascino di Letizia» obiettai. Griselda spiegò l'arcano con l'aria di chi la sa lunga. 
«Gli uomini come Larry preferiscono sempre il tipo... come dire? Il tipo quacchero, ecco. Così contegnoso e diffidente. Il tipo di donna che tutti giudicano fredda. Credo che Ann sia l'unica donna capace di tenere avvinto a sé un individuo come Larry. Sono sicura che non si stancherebbero mai l'uno dell'altra. Però, trovo che non sia stata una bella azione, quella di servirsi di Letizia come di un paravento. Ma può darsi che Larry non si sia mai sognato che lei potesse volergli bene, mentre la ragazza è innamorata cotta.» 
«Non è vero» protestò Dennis con foga. «Letizia non lo può vedere, anzi. Me l'ha detto più volte.» 
Griselda accolse la protesta di Dennis con uno sguardo compassionevole, che mi diede da pensare. Non m'aspettavo proprio che l'amicizia di Dennis per Letizia potesse degenerare in una cotta vera e propria. 
Me ne andai in biblioteca, dove provai l'impressione che qualche cosa di soprannaturale aleggiasse ancora. Capivo di dovermi sforzare e vincere, se volevo continuare a servirmi della stanza. Mi avvicinai alla scrivania e mi fermai pensieroso. Proprio lì Protheroe si era seduto, robusto, sicuro di sé e proprio lì era stato colpito a morte. In quel punto dove mi ero fermato, l'assassino aveva compiuto il suo terribile gesto... E ora Protheroe non c'era più, a gridare, a vantarsi, a farsi prendere in giro da tutti. 
Sul pavimento c'era una macchia scura. Il tappeto era stato mandato dallo smacchiatore, ma il sangue era colato attraverso. Rabbrividii. 
«Non posso stare in questa stanza» dissi forte. «Non posso, non posso.» 
Fu allora che qualcosa attrasse la mia attenzione: un piccolo oggetto azzurro, caduto in terra vicino alla scrivania. Mi chinai e lo raccolsi. 
Ero sempre lì, ritto, col piccolo oggetto in mano, quando Griselda entrò nella biblioteca. 
«Mi ero dimenticata di dirti che la signorina Marple ci ha invitati da lei, dopo cena» mi disse mia moglie. «Vuole che andiamo a divertire il suo celebre nipote. Ho accettato l'invito, caro. Ho fatto male?» 
«Benissimo, tesoro» mormorai, senza comprendere bene il significato delle sue parole. 
«Che cosa guardi?» domandò Griselda, incuriosita. 
«Nulla» risposi, e richiusi la mano. Fissai lo sguardo su mia moglie e seguitai: «Se non riuscirai nemmeno tu, a divertire il signor Raymond West, bisognerà dire che quel giovanotto è proprio difficile. Sei imbattibile, nel mantenere una conversazione su un piano allegro». 
«Non dire sciocchezze, Leo» protestò Griselda con calore. Si sporse verso di me con le labbra riunite, e io mi chinai a baciarla. 
Griselda se ne andò ed io riaprii la mano, nella quale brillava un orecchino di lapislazzuli, montato in madreperla. 
Era un gioiello di forma bizzarra e io sapevo benissimo dove l'avevo visto un'altra volta. Devo ammettere di non aver mai professato una ardente ammirazione per Raymond West. So che è un celebre romanziere e che gode fama di ottimo poeta, ma i suoi versi cominciano tutti senza maiuscola, e io detesto la poesia moderna. 
Ray dimostra una specie di affetto tollerante per la zia Jane, che tratta, anche in sua presenza, da vecchio rudere. Lei ascolta tutti i suoi discorsi con attenzione lusinghiera e, se qualche volta un lampo di malizia le brilla nello sguardo, sono sicuro che il nipote non se ne accorge. 
Quella sera Raymond si appiccicò subito a Griselda, con un modo così brusco, che non mancò di essere lusinghiero. I due giovani discussero insieme di drammi moderni e da questi passarono ai motivi di decorazione. Griselda si vanta di prendere in giro Raymond West, ma credo che apprezzi il suo modo di parlare e di esporre le idee. 
Durante la mia conversazione (noiosa) con la signorina Marple, gli sentii dire più volte: "Seppellita come siete in questo luogo...". La cosa finì per irritarmi. 
«Probabilmente ci giudicate esseri di un altro mondo» proruppi, quando non ne potei più. 
«Considero St. Mary Meadow come una morta gora» rispose Ray in tono autoritario. 
Mi guardò, preparato a sostenere il mio risentimento, ma, con suo gran dispiacere, non mi risentii affatto della sua osservazione. 
«La similitudine non è molto felice, caro Ray» intervenne la signorina Marple in tono vivace. «Se non sbaglio, non c'è nulla che brulichi più di vita della goccia d'acqua di una gora stagnante. Almeno, quelli che usano il microscopio, dicono così.» 
«Vita di un genere particolare, però» replicò il giovane. 
«In fondo, la vita è sempre la stessa» ribatté la signorina. 
«Vorresti confrontarmi a un abitante di una morta gora, zia Jane?» domandò Ray con un po' d'ironia nella voce. 
«Mio caro, anche tu dici qualche cosa di simile, nel tuo ultimo libro, se ricordo bene.» 
Nessun giovanotto intelligente ama sentir citare contro se stesso le proprie osservazioni. Raymond non fece eccezione alla regola. 
«È una cosa del tutto diversa» ribatté in tono secco. 
«La vita è press'a poco la stessa, in qualsiasi sfera» riprese la signorina Marple con la sua voce placida. «Si nasce, si cresce, si viene a contatto con altri esseri viventi, dopo di che il matrimonio, altre nascite...» 
«E infine la morte» concluse West. «E non sempre la morte col suo bravo certificato medico; la morte nella vita, se capite ciò che intendo dire.» 
«A proposito di morte» intervenne Griselda. «Sapete che abbiamo avuto un omicidio anche qui?» 
Raymond West respinse l'idea dell'omicidio con un gesto della mano in cui teneva la sigaretta. 
«Gli omicidi sono una cosa troppo cruda, e non m'interessano» disse. 
Non mi lasciai ingannare neppure per un momento dalla sua dichiarazione. Si dice che tutti s'interessino degli innamoramenti e degli assassinii. Nessuno può fare a meno d'interessarsi di un omicidio, e per di più accaduto alle porte di casa. La gente semplice, come Griselda e me, non esita ad ammetterlo; i superuomini come Raymond West devono fingere di annoiarsene... almeno per i cinque primi minuti. Ma la signorina Marple fece sfigurare il nipote con la seguente osservazione: 
«Ma Ray, se non abbiamo parlato d'altro, da quando sei arrivato.» 
«M'interesso a tutte le notizie locali» si difese il giovane, mentre rivolgeva alla zia un sorriso benigno e indulgente. 
«Avete formulato una teoria sull'accaduto, signor West?» chiese Griselda in tono mondano. 
«Una sola persona può aver ucciso il colonnello Protheroe» dichiarò lo scrittore e agitò in aria la sigaretta. 
Trattenni il fiato. 
«Naturalmente, so che non siete stato voi» si affrettò a precisare il giovane. «Purtroppo la vita non è mai come dovrebbe essere. Ma pensate al dramma, alla verosimiglianza dell'accaduto. "Un vicario che uccide un fabbriciere nella propria biblioteca." Un titolo da rendere felice un buon cronista, non vi pare?» 
«E il movente?» domandai. 
«Oh, questo è interessante!» Raymond si raddrizzò sulla sedia, spense il mozzicone nel portacenere, poi sentenziò: «Complesso d'inferiorità. Forse troppe inibizioni. Mi piacerebbe scriver sull'argomento un romanzo complesso, stupendo come concezione e come svolgimento. Per settimane, per mesi, forse per anni, voi avete visto quell'uomo alle adunanze, alle feste dei ragazzi, durante la colletta in chiesa, ai piedi dell'altare. E ogni volta avete sentito di provare per lui un impeto di avversione, ma siete sempre riuscito a soffocarlo. Il sentimento che provavate, era indegno di un uomo di Dio e volevate estirparvelo dal cuore. Ma nel vostro interno la corruzione continuava a lavorare, finché un bel giorno...» 
Raymond concluse la sua esposizione con un elegante gesto della mano. 
Griselda si voltò verso di me. 
«Hai mai provato nulla di simile, Leo?» mi domandò con grazia. 
«Mai» negai con tutta sincerità. 
«Pure ho saputo che pochi giorni fa, voi vi auguraste che qualcuno togliesse dal mondo il povero colonnello» intervenne la signorina Marple con una punta di malignità. 
Quel benedetto Dennis! Ma la colpa era mia, naturalmente, per aver fatto quello stupido discorso. 
«Devo confessare che è vero» ammisi. «Fu un discorso idiota, ma quel giorno il colonnello aveva messo a dura prova il mio spirito di sopportazione.» 
«Questo è un indizio della vostra innocenza, caro vicario» disse Raymond West. «E sapete perché? Perché se il vostro subcosciente si fosse andato preparando a compiere il misfatto, dalla vostra bocca non sarebbe mai uscito un discorso simile. La mia teoria cade in rovina, a causa di alcune parole sconsiderate del presunto assassino.» «È un peccato davvero» dissi in tono asciutto. 
«Parlando seriamente, vicario» riprese Raymond West «ritengo che il delitto sia opera di un bracconiere vendicativo.» 
Nessuno voleva lasciare in pace quel povero Archer. 
«Oggi è venuta la signorina Cram, a farmi visita» disse la signorina Marple. «L'ho incontrata nel villaggio e l'ho invitata a prendere il tè, per farle visitare il mio giardino.» 
«Gladys ha la passione dei fiori?» domandò Griselda. 
«Non credo.» Negli occhi della vecchietta passò un lampo di malizia. «Ma il giardino serve benissimo come scusa per far due chiacchiere, non vi pare?» 
«Che ve ne sembra, di quella ragazza?» domandò mia moglie. «Non deve essere cattiva, vero?» 
«Mi ha dato un mucchio di informazioni, e spontaneamente, per di più» sorrise la signorina Marple. «Su lei stessa, sulla sua famiglia... A quanto pare, tutti i suoi sono morti in India, povera figliola. A proposito, sapete che è andata alla "Great House", per passarvi la fine settimana?» 
«Come?» Griselda spalancò gli occhi e io feci altrettanto, almeno metaforicamente. 
«Sì, pare che sia stata invitata dalla signora Protheroe... o si è fatta invitare» continuò la signorina Marple, «questo non lo so bene. È andata là per aiutare nel disbrigo della corrispondenza, per rispondere alle numerose lettere arrivate in questi giorni. È un bene, che il dottor Stone non ci sia, così Gladys si può rendere utile alla Protheroe.» 
«Di chi parlate?» chiese Raymond. «Di Stone, l'archeologo?» 
«Sì, è qui per eseguire degli scavi nella tenuta del colonnello Protheroe. C'è un tumulo molto interessante» dissi io. 
«Stone è un brav'uomo» osservò Raymond West. «Molto appassionato al suo lavoro. L'ho conosciuto a un pranzo, poco tempo fa e conversammo insieme di varie cose. Andrò a fargli una visita, per rinnovare la conoscenza.» 
«Disgraziatamente ora non c'è» mi rammaricai. «È andato a Londra per un paio di giorni. Anzi, ora che mi ricordo, era lui che vi ha dato un urtone sulla porta della stazione, oggi pomeriggio.» 
«Lo spintone me l'avete dato voi» corresse Raymond. «Eravate con un ometto grasso, con gli occhiali, vero?» «Sì, col dottor Stone» annuii. 
«Ma, caro amico, quello non era il dottor Stone.» «Non era Stone?» ripetei, meravigliato e turbato. 
«Per lo meno non era l'archeologo che tutti conoscono. L'uomo di oggi non assomiglia al dottor Stone nemmeno lontanamente.» 
Ci guardammo tutti in viso e i miei occhi si appuntarono sulla signorina Marple. 
«È straordinario» mormorai. 
«La valigia!» esclamò la signorina Marple. 
«Come dicevate, signorina?» domandò Griselda, stupita da tanta animazione. 
«Mi rammenta quell'uomo che andava in giro con una borsa, fingendo di essere l'ispettore del gas» continuò la zitella. «Fece un bottino cospicuo.» 
«Un impostore!» esclamò Raymond West. «Ecco qualcosa davvero interessante.» 
«Dovremmo scoprire se l'inganno dello pseudo dottor Stone abbia nessun rapporto con l'omicidio» disse Griselda, con la sua solita praticità. 
«Forse no» risposi «ma...» Guardai la signorina Marple, come per chiederle aiuto. 
«... è anche questo un fatto singolare» finì lei, per me. «Un altro fatto singolare.» 
«Sì» annuii, mentre mi alzavo dalla poltrona. «E trovo che l'ispettore 
Slack deve esserne subito informato.» 

XXII 

Gli ordini dell'ispettore Slack, quando comunicai con lui per telefono, furono brevi e perentori. Non si dovevano far chiacchiere, nel villaggio, quindi acqua in bocca, noi che sapevamo. Soprattutto non bisognava dare l'allarme alla signorina Cram, e intanto la polizia avrebbe svolto ricerche della valigia presso gli scavi del tumulo. 
Griselda e io tornammo a casa molto eccitati per la nuova scoperta, ma non potemmo parlarne in presenza di Dennis, perché l'ispettore ci aveva ordinato di tacere con tutti. 
Dennis era già preoccupato per conto suo. Venne in biblioteca e cominciò a strusciare i piedi sul pavimento e a toccare tutti gli oggetti, per rimetterli subito a posto. Aveva l'aria imbarazzata di chi non sa come cominciare il discorso. 
«Volevi dirmi qualche cosa, Dennis?» finii per chiedergli. 
«Zio Leo, non ho voglia di entrare in marina» rispose il ragazzo, tutto d'un fiato. 
Rimasi stupito, perché fin da bambino mio nipote ha sempre dimostrato una gran passione per la vita di mare. 
«Ma se fino a pochi giorni fa, lo desideravi tanto» ribattei. 
«È vero, ma adesso ho cambiato idea.» 
«E che cosa vorresti fare, allora?» 
«Vorrei entrare nella finanza.» 
Mi appoggiai allo schienale della poltrona e guardai bene in faccia mio nipote. 
«Che cosa intendi dire, con "entrare nella finanza"?» chiesi. 
«Voglio andare nella City, insomma.» 
«Senti, Dennis, se anche mi riuscisse di farti entrare in una banca, non potresti mai fare una grande carriera, lo sai» gli feci osservare con dolcezza. 
Il ragazzo scosse il capo con forza. 
«Ma io non voglio andare a fare l'impiegato di banca» protestò. 
«E allora, che cosa vuoi fare, figliolo?» 
«Ascolta, zio Leo; non lo so bene neppure io, ma forse tu puoi aiutarmi con i tuoi consigli.» 
«Sono qui per questo» annuii. 
Il risultato del discorso di Dennis fu questo: lui voleva entrare nella finanza, perché aveva sentito dire che i finanzieri guadagnano un sacco di soldi. Secondo lui, seguendo quella carriera ci si arricchisce in breve tempo e lui, con l'ottimismo della gioventù, immaginava di poter diventare finanziere, senza possedere il becco di un centesimo. 
Dovetti dissuaderlo con dolcezza e alla fine gli domandai: 
«Ma chi è stato a metterti in testa quest'idea, figliolo? Mi sembravi così contento, di entrare nella marina.» 
«Sì, zio, è vero, e ti assicuro che la carriera del mare mi piace ancora» annuì Dennis. «Solo che, vedi, un giorno o l'altro dovrò prendere moglie e bisogna essere ricchi, per sposarsi.» 
«Questo non è vero» sorrisi. «Guardati intorno e vedrai quanta gente si sposa, pur non essendo ricca.» 
«Sì, lo so... ma una vera ragazza... voglio dire una ragazza che sia abituata al lusso...» 
Dennis s'interruppe, ma io capii benissimo dove voleva andare a parare. 
«Sai, caro» gli feci osservare «non tutte le ragazze sono come Letizia 
Protheroe.» 
Dennis divenne rosso e la sua voce prese un tono stizzoso. 
«Ecco come siete, voialtre persone anziane» si ribellò. «A te Letizia non piace, e nemmeno a Griselda.» 
Accolsi il rimprovero con serietà, ma dentro di me ridevo divertito. Non sono un giovanotto di primo pelo, ma nemmeno una persona anziana, perbacco. E in quanto a Griselda, è poco più di una bambina. 
«Come mai a Griselda non piace Letizia?» domandai. 
«La trova noiosa.» 
Dal punto di vista femminile, Letizia è veramente noiosa, e non mi stupii che Griselda la giudicasse in tal modo. 
«La gente dovrebbe essere un po' più caritatevole» riprese Dennis, infervorato. «Persino gli Hartley Napier mormorano contro Letizia, in una circostanza come questa. E sai perché? Perché abbandonò il tennis un po' prima del solito. E perché avrebbe dovuto rimanere, se si annoiava? Aveva già fatto abbastanza, onorando il loro tennis con la sua presenza, mi pare.» 
«Certo, il favore fu grande» ammisi ironicamente, ma Dennis non si accorse che lo prendevo in giro, preso com'era dal risentimento in difesa di Letizia. 
«È tutt'altro che egoista, invece» continuò il ragazzo. «Tanto per dimostrartelo, ti dirò che anch'io volevo venir via, insieme a lei, ma Letizia non volle, perché, diceva, sarebbe stata una scortesia troppo grave, verso i 
Napier. E così, per farle piacere, rimasi un'altra mezz'ora.» 
Pensai che i giovani si fanno un'idea molto curiosa dell'altruismo. 
«E ora ho saputo che Susan Napier va dicendo a tutti che Letizia è una maleducata» protestò ancora Dennis. 
«Se fossi in te non me la prenderei tanto» gli consigliai. 
«Tu dici bene, ma...» S'interruppe, poi mormorò: «Io... io non so che cosa non farei, per Letizia». 
«Sono pochi coloro che possono fare qualcosa per un altro» osservai. 
«Anche se lo desideriamo siamo legati dalla nostra impotenza.» «Vorrei morire» si lamentò Dennis. 
Povero ragazzo! L'amore è una malattia virulenta, a quell'età. Mi astenni dal rivolgergli una di quelle frasi banali e irritanti che vengono spontaneamente alle labbra in casi simili. Invece gli detti la buona notte e me ne andai a letto. 
La mattina seguente, dopo la riunione delle otto, tornai a casa per far colazione con Griselda. Mia moglie era già seduta a tavola e aveva in mano una lettera. Me la porse e io lessi: 

Cara Griselda, vi sarei molto grata se poteste venire a colazione da me, insieme al vicario. È accaduto un fatto molto strano, sul quale desidererei ascoltare il parere del signor Clement. Vi prego, però, di non far parola di questo fatto, perché ciò che è accaduto non l'ho raccontato a nessuno. 
Affettuosità, 
Ann Protheroe 

«Bisognerà andare, Leo» sospirò Griselda. 
«Certo, mia cara.» 
«Mi domando che cosa possa essere accaduto di nuovo.» Anch'io ero curioso di saperlo. 
«Sai, Leo?» riprese Griselda. «A mio parere non siamo ancora alla fine di questa faccenda.» 
«Hai ragione» ammisi. «Ci sono delle sottocorrenti, delle ramificazioni di cui non sappiamo nulla. Ci sono troppe cose da chiarire, prima di poter arrivare alla verità.» 
«Vuoi parlare di cose che in apparenza non hanno grande importanza, ma che persistono a intromettersi nel caso?» 
«Esattamente. Volevo dire proprio così.» 
«Mi sembra che si faccia molto chiasso per nulla» intervenne Dennis, mentre imburrava un panino. «È inutile nasconderlo: la maggior parte della gente che lo conosceva è ben lieta che il colonnello sia defunto. Non lo poteva soffrire nessuno, povero disgraziato. Oh, lo so che la polizia deve occuparsene. Deve fare il suo mestiere, ma io spero che non riescano mai a trovare il colpevole. Detesto l'idea che Slack si possa prendere una promozione per aver mandato sulla forca l'assassino di Protheroe.» 
Mi sento abbastanza umano per essere d'accordo con mio nipote sul fatto della promozione di Slack. Un individuo che non sa lisciare la gente per il verso giusto del pelo, non può sperare in una grande popolarità. 
«Il dottor Haydock la pensa come me» continuò Dennis. «Non consegnerebbe mai un assassino alla giustizia. L'ha detto proprio con la sua bocca.» 
Trovo che il pericolo delle opinioni di Haydock stia proprio in questo. Può darsi che lui abbia ragione, non spetta a me giudicare, ma nella mente spensierata dei giovani, le sue opinioni suscitano un'impressione che lo stesso Haydock non intende certo produrre. 
Griselda diede un'occhiata fuori della finestra e si accasciò con un gemito. 
«Ancora cronisti!» si lamentò. 
«La finestra della mia biblioteca è diventata la mèta favorita di tutti i fotografi dei giornali» borbottai. 
Soffrimmo molto, da questo lato. Prima per l'oziosa curiosità di tutto il villaggio, i cui abitanti vennero a frotte a guardare incantati il giardino e le finestre. Poi fu la volta dei cronisti, armati di macchine fotografiche e con un codazzo di gente dietro, che li osservava. In ultimo venne un agente, a guardia della finestra della biblioteca. 
«Domani ci saranno i funerali» dissi. «C'è da sperare che la curiosità del pubblico si calmi, dopo le esequie.» 
Quando giungemmo alla "Great House", fummo assaliti da un altro nugolo di ragazzi della stampa, che ci bersagliarono di domande, alle quali risposi che non avevo proprio niente da dichiarare. 
Il cameriere ci fece entrare in salotto, dove trovammo la signorina Cram, come al solito allegra e sorridente. 
«Scommetto che non vi aspettavate di trovarmi qui» ci disse, mentre ci stringevamo la mano. «Per la verità, non pensavo neanche io di poter abitare in questa casa, un giorno; ma la signora Protheroe è stata tanto gentile da invitarmi, per tenermi lontana dal "Cinghiale" e da quella frotta di giornalisti che vi si sono accampati. Ho potuto anche rendermi utile e questo mi fa piacere. Una segretaria è davvero indispensabile, in un momento come questo, e Letizia, da parte sua, non fa niente per rendersi utile.» 
Mi sentii divertito, osservando che l'antica animosità di Gladys per Letizia non era sfumata, e che la ragazza stava per diventare un'ardente partigiana di Ann. Mi domandai se il suo racconto dell'invito da parte della signora Protheroe fosse preciso. Secondo Gladys, l'iniziativa era partita dalla signora Protheroe, ma avrei voluto sapere se questo fosse esatto. Non era difficile che la ragazza avesse alluso per prima alla sconvenienza di trovarsi alla locanda, da sola e, pur non volendo lasciarmi influenzare dai pregiudizi, ero convinto che la Cram non diceva sempre la verità. 
In quel momento Ann entrò nella stanza. Indossava un vestito nero, semplicissimo, e aveva in mano un giornale, che mi porse con un'occhiata malinconica. 
«Non ho nessuna esperienza di queste cose» mormorò «però le trovo rivoltanti. All'inchiesta un cronista mi fece delle domande e io gli risposi soltanto di essere troppo sconvolta, per avere qualche cosa da dire. Allora mi domandò se non fossi ansiosa di trovare l'assassino di mio marito e io gli risposi di sì; e se non avessi nessun sospetto, e gli dissi di no: se non trovassi che il delitto denotava una conoscenza intima delle cose del villaggio e io risposi che questo era il parere di tutti. E ora, vicario, guardate che cosa ha scritto, quel bugiardo.» 
In mezzo alla pagina del giornale c'era una fotografia di Ann, scovata chissà dove e in testa un titolo vistoso. 

LA VEDOVA DICHIARA CHE NON AVRÀ RIPOSO FINCHÉ NON AVRÀ FATTO ARRESTARE L'ASSASSINO DI SUO MARITO. 

La signora Protheroe, vedova dell'assassinato, è sicura che l'assassino debba essere ricercato nel villaggio. Ella sospetta anche chi sia l'autore dell'efferato delitto, ma senza averne le prove. È addirittura prostrata dal dolore, ma ha ripetutamente espresso la sua risoluzione di fare di tutto, perché l'assassino di suo marito sia assicurato alla giustizia. 

«Mi vedete a fare certi discorsi, voi?» tentò di sorridere Ann. 
«Consolatevi, avrebbero potuto tirar fuori qualche cosa di peggio» le risposi, mentre le restituivo il giornale. 
Andammo in sala da pranzo e sedemmo a tavola. Letizia comparve tardi, quando noi avevamo finito di mangiare, e sgusciò al suo posto, con un sorriso per Griselda e un cenno di saluto per me. Io l'osservai con attenzione, per certe mie ragioni particolari, ma la trovai come al solito incurante e distratta. Bellina molto, questo sì; per amore della giustizia dovevo ammetterlo. Persisteva a non portare il lutto e indossava un vestito verde pallido, che faceva risaltare la sua carnagione delicata di bionda. 
Dopo il caffè, Ann chiese con la sua voce quieta: 
«Vorrei parlare un momento col vicario. Scusateci, perciò, se andremo nel salottino.» 
Finalmente avrei saputo il perché di quella chiamata. Seguii Ann al piano superiore e le passai davanti, per aprirle la porta del salottino, ma lei mi fermò, mentre mi faceva cenno di tacere. Tornò indietro, si avvicinò alla ringhiera e guardò nel vestibolo. 
«Bene, vanno in giardino» mormorò. «Allora possiamo salire direttamente.» 
Con mia sorpresa, Ann mi precedette nel corridoio, fino all'ala estrema della casa. Di lì una scaletta di legno molto ripida conduceva al piano superiore e la signora cominciò a salire, sempre seguita da me. La scala terminava in un andito polveroso, con l'impiantito di legno grezzo. Ann aprì una porta e mi fece entrare in una soffitta semibuia, che doveva venire adoperata come ripostiglio, a giudicare dai bauli, dai mobili rotti, dai quadri ammonticchiati in un canto e da tutte le cianfrusaglie che di solito trovano posto in soffitta. 
Dovevo avere un'espressione molta stupita, perché Ann sorrise malinconicamente. 
«Prima di tutto devo spiegarvi che io ho il sonno molto leggero» mi disse. «Stanotte, o meglio stamattina, perché erano già le tre, m'è parso di udire qualcuno passeggiare per la casa. Sono stata in ascolto per qualche momento, poi mi sono alzata per venire a vedere. Appena sono arrivata sul pianerottolo ho capito che il rumore sospetto non veniva dal vestibolo, ma da sopra, dalla soffitta. Allora sono venuta qui, fino ai piedi della scala e ho gridato: "Chi c'è?". Nessuno mi ha risposto e siccome non udivo più nessun rumore, ho pensato di essermi sbagliata e sono tornata a letto. Ma stamattina, per semplice curiosità, sono salita in questo solaio e guardate che cosa ho trovato.» 
Si chinò a prendere un quadro che era appoggiato in terra e lo girò verso di me. 
Trattenni il fiato per lo stupore. Il quadro, un ritratto a olio, era stato tutto tagliuzzato in viso, in modo così barbaro da renderlo addirittura irriconoscibile. E, quel che più conta, i tagli erano recenti. 
«Che stranezza!» commentai. 
«Vero?» ribatté Ann. «Ditemi, che cosa ne pensate?» Scossi la testa. 
«È stato tagliuzzato con una specie di frenesia che non mi piace» risposi. 
«Si direbbe che qualcuno lo abbia tagliato così in un impeto di pazzia.» «È quello che ho pensato anch'io» mormorò Ann. 
«Chi raffigura, quel ritratto?» domandai. 
«Non ne ho la minima idea» mi rispose la signora. «Non l'avevo mai visto. Tutta questa roba era già in soffitta, quando sposai Lucius e venni ad abitare qui. Devo confessare che non mi sono mai curata di esaminarla.» 
Annuii e mi chinai a guardare gli altri quadri. Erano tutti di quel genere che ci si può aspettare di trovare in una soffitta: paesaggi, mediocri oleografie e riproduzioni, racchiuse dentro cornici da quattro soldi. 
Lassù non c'era nulla che potesse metterci sulla buona strada per spiegare il nuovo mistero. Un vecchio baule all'antica, di quelli che chiamano "arche", aveva sul coperchio le iniziali "E.P.". provai ad aprirlo; era vuoto. 
La soffitta non conteneva proprio altro d'interessante. 
«Il fatto sembra privo di senso» mormorai. 
«È proprio questo che mi spaventa» ribatté Ann con voce ansiosa. 
Scendemmo la scaletta di legno e ci fermammo nel salottino di Ann, al primo piano. 
«Credete che dovrei avvertire la polizia?» mi chiese Ann, quando ci fummo seduti nelle poltroncine vicino alla finestra. 
«È difficile decidere di primo acchito se la cosa abbia attinenza con il delitto» risposi. 
«Già. La difficoltà è tutta qui. A prima vista sembra che non debba esserci nulla di comune, nei due fatti.» 
«No, ma questo è un altro avvenimento singolare» dissi, ripetendo, senza volerlo, le parole della signorina Marple. 
Rimanemmo in silenzio tutti e due, a riflettere sull'incidente. 
«Ann, che progetti avete, adesso?» domandai io, poco dopo. 
La donna rialzò il capo e mi guardò negli occhi. 
«Rimarrò qui per altri sei mesi» mi rispose in tono di sfida. «Non lo desidero; detesto la sola idea di continuare a vivere qui, ma credo che non mi resti altro da fare, se voglio salvare le apparenze. Altrimenti la gente direbbe che sono fuggita, che non ho la coscienza tranquilla.» «Questo no» protestai. 
«Lo diranno, state certo. Tanto più che...» Ann fece una pausa, prima di continuare: «Tanto più che tra sei mesi intendo sposare Larry. Non intendiamo attendere di più, né io né lui». 
«Immaginavo che le cose sarebbero andate così» dissi io. 
E a un tratto lei si commosse e si nascose il viso tra le mani. 
«Non potrete mai capire quanto vi siamo grati, vicario» singhiozzò. «Per un giorno Larry e io avevamo accarezzato il progetto di fuggire insieme, ma voi ci faceste capire quale sbaglio avremmo commesso e così ci dicemmo addio. Vi sono tanto grata di non aver permesso quella sciocca fuga, proprio alla vigilia della morte di Lucius.» «Sono contento anch'io» dissi. 
«Però, se il colpevole non si trova, tutti continueranno a pensare che sia stato Larry; e lo penseranno ancora di più quando ci sposeremo.» 
«Ma, cara Ann, la testimonianza del dottor Haydock rende impossibile credere alla colpevolezza di Redding» ribattei. 
«E chi si cura delle testimonianze? La gente non ne vuol nemmeno sentir parlare. I rapporti dei medici non hanno nessun valore per i profani. È anche per questo che rimango qui, signor Clement. Voglio scoprire la verità.» 
I suoi occhi mandarono un lampo d'ira, poi lei soggiunse: 
«Per questo ho fatto venire qui quella ragazza.» 
«Volete dire la signorina Cram?» 
«Sì.» 
«L'avete invitata voi, allora? Voglio dire, la prima idea è partita da voi, Ann?» 
«Certo. Oh, piagnucolò un poco, all'inchiesta; ma l'invitai proprio io, con un proposito deliberato.» 
«Credete che quella scioccherella c'entri per qualche cosa, col delitto?» domandai, un po' stupito. 
«Non c'è niente di più facile che prendere l'aria sciocca, vicario. È una cosa che sanno far tutti» ribatté Ann. 
«Allora, credete proprio...» 
«No, non lo credo» m'interruppe la signora. «Per essere sincera, non lo credo affatto. Però sono persuasa che Gladys sappia qualche cosa, e intendo sorvegliarla da vicino.» 
«E proprio la prima notte che la Cram passa qui, in casa, il quadro viene tagliuzzato» mormorai. 
«Credete che sia stata lei?» domandò Ann con vivacità. «Ma perché? 
Sembra una cosa così inverosimile e assurda.» 
«Se una settimana fa mi avessero detto che vostro marito sarebbe stato ucciso nella mia biblioteca» replicai «avrei pronunciato le vostre stesse parole: inverosimile e assurdo. Eppure il fatto è avvenuto» constatai con amarezza. 
«Lo so.» Ann mi posò una mano sul braccio. «So che è stata una cosa orribile, per voi e per Griselda. Non ne avete mai parlato, ma so che non potrete dimenticare mai più di aver visto un uomo assassinato alla vostra scrivania.» 
Sospirai, poi mi frugai in tasca e ne trassi l'orecchino di lapislazzuli che avevo trovato la sera prima nella mia biblioteca. Glielo porsi. 
«Questo è vostro, se non m'inganno» dissi. 
«Oh, sì!» Lei tese la mano per prenderlo, con un sorriso di contentezza. 
«Dove lo avete trovato?» 
Io non depositai il gioiello sulla piccola mano pronta a riceverlo. 
«Vi dispiacerebbe di lasciarmelo, per un altro po' di tempo?» chiesi. 
«Ma... no, tenetelo pure» sorrise Ann, un poco stupita. Mi guardò con curiosità, ma io non appagai il suo desiderio di sapere. Invece le domandai in quali condizioni finanziarie si veniva a trovare, con la morte del marito. 
«La domanda potrà sembrarvi impertinente» le dissi «ma vi assicuro che l'impertinenza è ben lontana dalle mie intenzioni.» 
«Voi e Griselda siete i soli veri amici che abbia avuto in questo paese» mormorò Ann. «Come potete pensare che giudichi impertinente il vostro interessamento? Sapete, mi piace anche quella buffa signorina Marple, così arguta e vivace. Volevate sapere qualche cosa sul testamento di Lucius? Come sapete già, io non sono ricca, anzi, vengo da una famiglia di condizioni più che modeste. Lucius aveva un bel patrimonio, invece, e l'ha lasciato diviso in parti uguali fra Letizia e me. Questa tenuta viene a me, però Letizia ha facoltà di scegliersi tutti i mobili che possono occorrerle per arredare una casetta. In più eredita anche una bella somma di denaro, che le permetterà di comperarsi una casa dove vorrà, in modo da pareggiare le partite.» 
«Sapete quali siano i progetti della vostra figliastra?» Ann fece un gesto comico con la bocca e gli occhi. 
«Con me non si confida di certo» rispose. «Credo che voglia andarsene di qui, appena le sarà possibile. Non ha nessuna simpatia per me, non ne ha mai avuta. Forse sarà colpa mia, anche se ho cercato in tutti i modi di mostrarmi buona e comprensiva verso di lei. Ma forse a una ragazza non può far piacere avere una matrigna giovane.» 
«E voi, Ann, le volete bene?» domandai arditamente. 
Lei non rispose subito, ciò che mi convinse ancora di più dell'onestà e sincerità di Ann. 
«In principio gliene volevo» mormorò dopo un poco. «Era tanto bellina, quando aveva undici anni e io sposai Lucius. Ora non credo di amarla, anche se non ne so il perché. Forse perché sento di esserle antipatica, mentre avrei piacere di essere sempre benvoluta dalle persone che mi circondano.» 
«Questa è una cosa che desideriamo tutti» sorrisi. 
Ann e io ci lasciammo con una cordiale stretta di mano: scesi nel vestibolo. Mi rimaneva ancora un dovere da compiere in quella casa: parlare due minuti da solo con Letizia. L'impresa non mi riuscì difficile; approfittai di un momento in cui Griselda e la signorina Cram erano in giardino e trascinai Letizia in salotto, con una scusa qualsiasi. Richiusi la porta dietro di me e fissai la ragazza. 
«Letizia, vorrei dirti una cosa.» 
La giovinetta alzò il capo con aria indifferente. 
«Dite pure, vicario» concesse. 
Avevo già riflettuto a quanto volevo dirle, perciò non persi tempo e le mostrai l'orecchino di lapislazzuli. 
«Perché lo hai lasciato cadere nella biblioteca?» domandai. 
La vidi irrigidirsi un momento, ma fu cosa di un istante. Si riprese così rapidamente da farmi credere di essermi ingannato. 
«Non ho lasciato cadere proprio nulla, nella vostra biblioteca. Quell'orecchino non è mio, ma di Ann» rispose con freddezza. 
«Lo so benissimo» ammisi. 
«E allora, perché domandate a me? Sarà caduto a Ann.» 
«Ann è stata nella mia biblioteca una sola volta, dopo il delitto» spiegai «ed era vestita di nero, senza orecchini di nessun genere.» 
«Allora lo avrà perduto la volta precedente» insisté Letizia e soggiunse: 
«È logico supporlo, vi sembra?». 
«Molto logico, infatti. Immagino che tu non sapresti dirmi in quale giorno la tua matrigna si fosse messa questi orecchini, l'ultima volta prima della morte di tuo padre.» 
«Oh!» Letizia mi fissò con i suoi occhi sereni e fiduciosi. «Sarebbe importante ricordarsene?» domandò. 
«Forse.» 
«Allora... vediamo un po'...» Aggrottò le sopracciglia e io sorrisi. Non l'avevo mai vista così carina come in quel momento: «Ah, sì, ora me ne ricordo» disse alla fine delle sue riflessioni. «Li aveva giovedì, me ne ricordo benissimo.» 
«Giovedì» annuii con calma «il giorno del delitto. Ann venne nella mia biblioteca, quel giorno, ma ha dichiarato all'inchiesta di essersi fermata sulla soglia della porta-finestra.» 
«E l'orecchino dove l'avete trovato?» mi domandò Letizia. 
«Era ruzzolato sotto la scrivania.» 
«Allora Ann non ha detto la verità all'inchiesta» dichiarò la ragazza con calma. 
I suoi occhi incontrarono i miei, serenamente. 
«E io so che tu non dici la verità, Letizia» mormorai fissandola. 
«Come sarebbe a dire?» domandò, turbata. 
«Voglio dire che io vidi quest'orecchino venerdì mattina, quando venni qui con il colonnello Melchett. Era posato con l'altro sulla toilette della tua matrigna. Ti dirò di più, li presi in mano, tutti e due, mentre il sovrintendente e Ann parlavano.» 
«Oh!» Letizia si lasciò cadere sul bracciolo della poltrona e scoppiò in un pianto dirotto. La sua posa aveva qualche cosa d'impudico, con quei capelli spioventi, il corpo snello allungato, con le gambe nude e abbronzate scoperte fin sopra il ginocchio. Letizia prometteva di diventare una donna davvero affascinante. 
La lasciai piangere per un poco, poi le dissi con dolcezza: 
«Letizia, perché hai fatto questo?» 
«Che cosa?» 
Balzò in piedi e respinse indietro i capelli con un gesto brusco della mano. Aveva l'espressione smarrita, quasi terrorizzata. 
«Perché hai fatto questo?» ripetei. «Per gelosia? Per avversione verso Ann?» 
«Sì, oh, sì!» Ancora per la frazione di un secondo il suo visetto rimase pallido, poi una vampa di rossore le salì dal collo alla fronte e col sangue che affluiva rapido alla testa, la ragazza riprese il controllo di sé. «Sì, chiamatela pure gelosia, vicario. Ho sempre provato avversione per Ann, fin da quando entrò qui, con quell'aria da regina. Sì, ce l'ho messo io, quel maledetto coso sotto la vostra scrivania, perché speravo di farle avere delle noie. E ci sarei riuscita, se voi non foste tanto ficcanaso da maneggiare gli oggetti che trovate sulle toilettes altrui. In ogni modo, non credo che spetti a un ecclesiastico darsi tanto da fare per aiutare la polizia.» 
Fu uno scoppio d'ira fanciullesco, il suo, e non vi diedi molto peso. In quel momento Letizia aveva tutta l'aria di una bambina sbigottita. Non valeva la pena di prendere troppo sul serio il suo sciocco tentativo di vendicarsi di Ann. Glielo dissi e soggiunsi che avrei restituito l'orecchino, senza dire dove l'avevo trovato. Parve commossa e con voce bassa mormorò: 
«Vi ringrazio.» Tacque un momento, poi scelse con cura le parole per avvertirmi: «Signor Clement, se fossi in voi... allontanerei Dennis di qui. 
Credo che sarebbe meglio, per lui». 
«Dennis?» domandai, divertito. 
«Sì» annuì Letizia. «Mi dispiace proprio tanto di perdere un caro compagno di giochi, ma...» Era imbarazzata oltre ogni dire. «Non avrei mai creduto, vicario, ve l'assicuro. E mi dispiace tanto.» 

XXIII 

Al ritorno proposi a Griselda di prendere la strada più lunga, per passare vicino al tumulo. Ero curioso di vedere se la polizia avesse già cominciato le sue ricerche e, nel caso, che cosa avesse trovato. Ma Griselda aveva da fare, a casa, e mi lasciò andare solo. 
Vicino al luogo degli scavi trovai l'agente Hurst, che era stato incaricato di dirigere le operazioni. 
«Non abbiamo trovato ancora nulla, vicario» mi disse il poliziotto. «Pure questo è l'unico nascondiglio possibile. Voglio dire che la signorina Cram, entrando nel bosco da quella parte, non poteva venire che qui o alla "Great House".» 
«Immagino che l'ispettore Slack avrà scartato il semplice procedimento di domandarlo direttamente alla ragazza» osservai. 
«Per carità! Non vuole che la signorina Cram si accorga di nulla. All'ufficio postale hanno l'ordine d'intercettare qualunque lettera per lei o che parta da lei. Capirete, se si accorgesse di essere sospettata, chiuderebbe la bocca e buona notte.» 
Per conto mio dubitavo che Gladys fosse capace di chiudere la sua grande e simpatica bocca. Era impossibile immaginarsela altrimenti che nell'atto di lasciarsi sfuggire dalle labbra un torrente di parole. 
«Quando uno è un impostore» riprese Hurst in tono didattico «vogliamo saperne il perché.» 
«Naturale» approvai. 
«E la risposta va cercata qui, nel tumulo; altrimenti a che scopo il degno archeologo ci frugherebbe dentro?» 
«Un pretesto per andare in giro» gli risposi, ma l'agente non apprezzò molto il mio suggerimento, perché replicò con freddezza: 
«Questo è il punto di vista di un dilettante.» 
«In ogni modo la valigia non l'avete ancora trovata» mi vendicai io. 
«Ma la troveremo, non dubitate, reverendo.» 
«Non ne sono tanto sicuro. Ho riflettuto ed ho concluso che se la signorina Cram si è trattenuta nel bosco solo per pochi minuti, come afferma la signorina Marple, non avrebbe avuto il tempo sufficiente per arrivare fin qui e poi tornare indietro.» 
«Non si può badare a quello che dicono le vecchie» sentenziò Hurst con aria d'importanza. «Vedete, vicario, quando le zitelle osservano qualche cosa di strano e aspettano con ansia di vederne la fine, non si accorgono mai che il tempo passa. E poi, lo sappiamo tutti che le donne non sanno calcolare.» 
Mi domando perche tutti, al mondo, abbiano la mania di generalizzare. Le generalizzazioni raramente corrispondono alla verità. Io, per esempio, non riesco a calcolare il tempo che passa e per questo tengo l'orologio della scrivania avanti di un quarto d'ora. Al contrario, sono sicuro che la signorina Marple non abbia mai sgarrato di un minuto, in vita sua. 
Però non avevo nessuna intenzione d'intavolare una discussione con l'agente Hurst, così lo salutai e mi rimisi in cammino. 
L'idea mi venne quando ero già vicino a casa mia. Non ci fu nulla che me la suggerisse: mi balenò semplicemente alla mente, come una possibile soluzione. Forse ricorderete che nella mia prima ricerca del passaggio di un estraneo, il giorno dopo il delitto, avevo trovato dei cespugli smossi e avevo creduto che fossero stati smossi da Larry, intento alla mia stessa ricerca per suo conto. Mi ricordai però che più tardi, quando eravamo già insieme, avevamo osservato la traccia appena visibile del passaggio di un'altra persona, che risultò poi essere l'ispettore Slack. Nel ripensare a quella faccenda mi ricordai che la traccia del primo passaggio (quello seguito da Larry) era molto più visibile, come se più di una persona fosse passata da quella parte. Forse Larry aveva visto il passaggio proprio per questa ragione. Poteva darsi che, in origine, il sentiero fosse stato praticato dal dottor Stone e dalla signorina Cram. 
Mi ricordai anche, o mi parve di ricordare, di aver visto diverse foglie appassite sui ramoscelli rotti e ciò dimostrava che il passaggio non doveva essere stato aperto il giorno stesso delle nostre ricerche. 
Mi avvicinai al sentiero in questione e lo riconobbi facilmente; per la seconda volta m'inoltrai fra le fronde. Questa volta notai dei nuovi ramoscelli spezzati, segno che qualcuno era passato di là, dopo Larry e me. 
Arrivai al punto dove avevo incontrato Redding, ma siccome il viottolino continuava, procedetti. A un tratto si allargò in una piccola radura, in cui la terra era stata smossa di fresco. Parlo di una radura, perché i cespugli erano bassi, ma i rami degli alberi d'alto fusto si toccavano sopra la mia testa e lo spazio non misurava più di un mezzo metro di diametro. Dall'altra parte le piante basse crescevano di nuovo fittissime e appariva evidente che nessuno vi si era inoltrato di recente; in un punto però i rami erano stati scostati. 
Mi avvicinai da quella parte, mi misi in ginocchio e presi a scostare le frasche con tutte e due le mani. Un leggero luccichio ricompensò le mie fatiche; pieno d'eccitazione spinsi dentro il braccio e con non poca fatica tirai fuori dall'intrico di fronde una valigetta marrone. 
Mi lasciai sfuggire un'esclamazione di trionfo. Ero riuscito nel mio intento. Rimbeccato con fredda superiorità da Hurst, vilipeso da Slack, ora avevo la prova che il mio ragionamento era giusto. Quella era di certo la valigia nascosta da Gladys Cram. Provai ad aprirla, ma la valigia era chiusa a chiave. 
Mentre mi riposavo, notai fra la terra un piccolo cristallo bruno, e quasi automaticamente me lo misi in tasca. Poi presi in mano la valigia e tornai sui miei passi. Mentre spingevo il cancello, che divide il sentiero del bosco dal viottolo che conduce sul retro del vicariato, udii una voce che diceva vicino a me: «Oh, signor Clement! Siete riuscito a trovarla? Come siete stato bravo!». 
Nell'arte di vedere senza esser vista, la signorina Marple non ha rivali. 
Posai la valigia sullo steccato del suo giardino. 
«È proprio questa» annuì la signorina Marple. «La riconoscerei fra mille.» 
L'assicurazione mi parve esagerata. Le valigie simili a quella che avevo trovato si contano a migliaia e perciò sarebbe impossibile riconoscere proprio "quella" valigia, vista per qualche secondo, in una notte di luna; ma pensai che la scoperta della valigia era quasi un trionfo per la signorina Marple e che, per conseguenza, un po' d'esagerazione da parte sua era scusabilissima. 
«È chiusa a chiave, signor Clement?» mi domandò la vecchietta. 
«Sì. Vado subito a portarla alla polizia» dissi. 
«Non credete che sarebbe meglio telefonare?» 
Era meglio, infatti; se avessi attraversato il villaggio con la valigia in mano, avrei attirato su di me un'inutile pubblicità. Perciò aprii il cancello del giardino della signorina Marple ed entrai in casa dalla porta-finestra. 
Poi, dal salottino minuscolo telefonai la novità all'ispettore. 
Slack arrivò sul posto tre minuti dopo e si mostrò di un umore Più burbero del solito. 
«E così l'avete trovata, eh?» mi assalì. «Ma lo sapete, reverendo, che non dovreste tenervi le cose per voi? Se avete il sospetto che un tale oggetto si trovi in un dato posto, dovete avvertire la polizia, non mettervi alla ricerca per conto vostro.» 
«Ma ho trovato la valigia per un caso» spiegai. «Mi è venuta un'idea, non una certezza, e ho voluto vedere se era esatta.» 
«Questa è una storiella poco credibile» asserì Slack con prosopopea. «Qui abbiamo due chilometri di bosco, e voi, pam! andate di colpo nel punto preciso.» 
Avrei comunicato all'ispettore il filo del ragionamento, che mi aveva condotto al nascondiglio, se lui, come al solito, non fosse riuscito a irritarmi. 
«Bene» sospirò Slack alla fine. «Sarà meglio aprirla.» 
Aveva portato con sé un assortimento di chiavi e di fili di ferro; la serratura era semplicissima e in pochi secondi scattò. 
Non so che cosa ci aspettassimo di trovare, ma certo qualche cosa di sensazionale... La prima cosa che vedemmo fu una sciarpa di lana a quadri, sudicia. L'ispettore la sollevò con due dita e sotto c'era un soprabito da uomo, scolorito e molto liso. Sotto il soprabito trovammo un berretto a quadretti. L'ispettore grugnì: 
«Roba buona per uno straccivendolo.» 
Insieme al berretto c'era un paio di scarpe scalcagnate e proprio in fondo un involto di giornali. 
«Camicie fantasia, immagino» brontolò Slack con amarezza e disfece il pacco. Ci lasciammo sfuggire un'esclamazione di meraviglia. Nel fagotto c'erano dei piccoli oggetti d'argento e un piatto fondo dello stesso metallo. 
«Le saliere del colonnello e la tazza di Carlo II!» gridò la signorina Marple, con voce spezzata dall'emozione. «Ispettore, si è mai vista una cosa simile? Mettere dei simili tesori in una valigia e lasciarli nel bosco?» L'ispettore era diventato rosso come un peperone. 
«Ah, era questo il suo scopo, dunque!» esclamò. «Il furto! Però, non capisco come la scomparsa di questi oggetti non sia stata ancora denunziata.» 
«Forse non se ne saranno accorti» suggerii. «È probabile che oggetti di valore come questi, il colonnello Protheroe li tenesse nella cassaforte.» 
«Allora vado subito alla "Great House"» decise Slack. «Ecco perché il dottor Stone è sparito dalla circolazione. Fra l'omicidio e tutto il resto, avrà avuto paura che venissimo a scoprire il suo gioco. Forse temeva una perquisizione nella sua stanza e ha indotto la segretaria a nascondere nel bosco questi oggetti, insieme a un vestito adatto per cambiarsi e passare inosservato. Probabilmente intendeva tornare di nascosto e portarsi via la refurtiva di notte, mentre la Cram rimaneva qui per stornare i sospetti. C'è questo di buono, però: l'assassinio non può averlo commesso lui; la sua attività era rivolta a tutt'altro oggetto. E di solito i ladri non sono assassini; la maggior parte di loro non porta armi.» 
Slack richiuse la valigia e se ne andò con essa, rifiutando il bicchierino di rosolio che la signorina Marple gli offriva con insistenza. 
«Bene, almeno uno dei misteri è stato chiarito» dissi io con un sospiro. «Slack ha perfettamente ragione: manca la base per sospettare Stone come autore dell'omicidio. Ormai si spiega tutto nel modo più soddisfacente.» 
«Sembrerebbe proprio» ammise la signorina Marple, la quale aggiunse subito: «Benché non si possa mai essere sicuri». 
«Mancherebbe il movente, capite» insistei. «Stone ha avuto quello che desiderava e se n'è andato.» 
«S... sì.» 
La vecchietta non era soddisfatta e io la guardai incuriosito. Lei si affrettò a rispondere al mio sguardo interrogativo con una specie di ansia: 
«Non dubito di avere assolutamente torto» disse. «Sono tanto stupida, in certe cose. Ma, mi domandavo, quell'argenteria ha un gran valore, vero?» 
«Una tazza come quella che abbiamo veduta poco fa» spiegai «si può vendere tranquillamente per mille sterline.» 
«Ma il valore non è dato dall'argento in se stesso, vero?» 
«No, certo; il valore viene dall'antichità dell'oggetto.» 
«Oh, proprio come intendevo io» si congratulò con se stessa la signorina Marple. «La vendita di certi oggetti non può essere immediata e se anche avvenisse, dovrebbe essere segreta. Voglio dire, che se il furto fosse denunziato e il campo fosse messo a rumore, l'oggetto rubato non potrebbe essere venduto che a qualche ricettatore e quindi senza molto guadagno.» «Non capisco a che cosa vogliate arrivare» mormorai. 
«Non mi so spiegare, lo so.» La signorina Marple si confondeva sempre di più e parlava con sempre maggior timidezza. «Insomma, mi sembra che quegli oggetti non possano essere stati sottratti così. L'unica cosa che un ladro esperto avrebbe fatto, sarebbe stata quella di sostituirli con copie; in questo caso, allora, il furto non sarebbe stato scoperto subito.» 
Dovevo riconoscere che la signorina Marple aveva un'intelligenza veramente pronta. 
«L'idea è ingegnosa» approvai. 
«Sarebbe l'unico modo di riuscire nell'intento, non vi pare? E in tal caso, come dite voi, una volta compiuta la sostituzione, non ci sarebbe stato più nessun motivo per uccidere il colonnello... al contrario, anzi.» 
«Precisamente.» 
«Sì, ma mi domandavo... Io non lo so, e il colonnello diceva di voler fare tante cose, che poi non faceva per niente. Però aveva detto che voleva far stimare tutta la sua argenteria. Voleva far venire da Londra un perito, per via dell'assicurazione. Non so chi gli avesse suggerito l'idea, ma ne parlava spesso e si dilungava sull'importanza di far fare la stima da un perito di valore. Ora, non so se avesse già preso disposizioni in proposito, ma se mai... 
«Capisco» mormorai. 
«Certo, appena il perito avesse visto l'argenteria avrebbe capito che era falsa e allora, se il colonnello si fosse ricordato di averla fatta vedere a Stone... A proposito, deve avere una mano ben leggera, quel tipo, per compiere una sostituzione del genere, vero?» 
«Immagino che sarà bene accertarsi sui vostri sospetti, signorina» le dissi. Andai al telefono e poco dopo parlavo con Ann Protheroe. 
Le mie domande furono precise e precise furono le sue risposte. 
La ringraziai, rimisi a posto il ricevitore e tornai dalla signorina Marple. 
«Non c'è più dubbio, signorina» le comunicai. «Il colonnello aveva fissato l'appuntamento al perito, che doveva venire da Londra domani, lunedì, per fare la stima di tutti gli oggetti antichi. Data la morte del colonnello, il suo arrivo è stato rimandato.» 
«Allora il movente ci sarebbe stato» mormorò la signorina Marple. 
«Il movente sì; ma niente altro» risposi. «Dimenticate che quando fu sparato il colpo, il dottor Stone aveva già raggiunto Larry e Ann sul viottolo; o per lo meno stava già attraversando il cancello per raggiungerli.» 
«Già, questo è vero» ammise la zitella pensierosa. «E così possiamo cancellare anche lui dalla lista dei sospetti.» 

XXIV 

Al vicariato trovai Hawes, che mi attendeva in biblioteca. Il giovane passeggiava per la stanza nervosamente e quando mi udì entrare si fermò di colpo, come se fosse stato colpito dal fulmine. 
«Scusatemi» mormorò, mentre si asciugava la fronte sudata. «Ho i nervi a pezzi, da un po' di tempo a questa parte.» 
«Avete proprio bisogno di un cambiamento d'aria, mio caro ragazzo» gli dissi, «altrimenti finirete per avere un esaurimento nervoso, ciò che non converrebbe né a voi né a me.» 
«Non posso disertare il mio posto» mi rispose. «No questa è una cosa che non farò mai.» 
«Non sarebbe un caso di diserzione» ribattei, seccato da quella frase melodrammatica. «Siete malato, e anche il dottor Haydock vi direbbe quello che vi dico io, se andaste a farvi visitare.» 
«Haydock, Haydock...» Hawes sembrava seccato. «E chi sarà mai questo Haydock? Un povero medico di campagna, ignorante e presuntuoso.» 
«Vi mostrate ingiusto, in questo momento, Hawes» lo rimproverai con dolcezza. «Haydock viene considerato da tutti come un bravissimo medico.» 
«Sì, forse sarà come dite voi» ammise il giovane curato «ma non mi è simpatico, ecco tutto. In ogni modo, non è questa la ragione per cui sono venuto da voi. Ero venuto per domandarvi se volete far voi la predica, stasera. Io... io non mi sento proprio in grado di farla.» 
«Ma sì, certamente» annuii. «Farò io tutta la funzione, non vi preoccupate per così poco.» 
«No, no; la funzione potrei farla io; solo l'idea di salire sul pulpito, con tutti gli occhi fissi su di me, non la sopporto.» 
Chiuse gli occhi con un movimento convulso e inghiottì due o tre volte a vuoto. Mi convinsi ancora di più che Hawes non stesse bene e lui parve leggermi nel pensiero, perché riaprì gli occhi e disse in fretta: 
«Non ho nulla di grave, in fondo. Soffro soltanto di mal di testa, un mal di testa feroce. Vi dispiacerebbe di farmi portare un bicchiere d'acqua?» 
«No, certo» assicurai e a prendere l'acqua ci andai io, perché in casa nostra suonare il campanello per chiamare la domestica è inutile. 
Gli portai l'acqua e il giovane mi ringraziò. Tirò fuori di tasca una scatolina da cui estrasse una capsula, che inghiottì con un sorso d'acqua. 
«È un rimedio contro il mal di testa» mi spiegò. 
Mi venne fatto di pensare se per caso Hawes non avesse preso l'abitudine delle droghe, dopo la sua strana malattia. Questo avrebbe spiegato parecchie delle sue eccentricità. 
«Spero che non ne abuserete» gli dissi. 
«No, no. Il dottor Haydock mi ha messo in guardia contro questo pericolo» rispose lui. «Ma l'effetto che fanno è meraviglioso; il dolore scompare quasi istantaneamente.» 
Infatti sembrava già più calmo. Si alzò per andarsene. 
«Allora farete voi la predica, stasera? Non so proprio come ringraziarvi» mi disse. 
«Non c'è di che. E insisto anche per fare la funzione. Voi andate a casa e riposatevi. No, è inutile discutere; devo ricordarvi che siete ai miei ordini?» aggiunsi con un sorriso. 
«Siete davvero gentile, vicario» rispose Hawes, poi guardò verso la porta-finestra, come per sfuggire al mio sguardo. «Siete stato alla tenuta Protheroe, oggi, vero?» 
«Sì.» 
«Scusate la domanda indiscreta, ma vi hanno mandato a chiamare?» Lo guardai, un po' stupito e lui arrossì. 
«Vi chiedo scusa, vicario. Pensavo che ci fosse qualche cosa di nuovo e che la signora Protheroe vi avesse mandato a chiamare per comunicarvelo.» 
«Dovevamo parlare delle funzioni per il funerale» risposi, perché non avevo nessuna intenzione di soddisfare la curiosità del mio coadiutore. 
«Ah, sì? Allora va bene.» 
Hawes girellò ancora per la biblioteca e io ne dedussi che stava prendendo il coraggio a due mani per tirare fuori qualche altra domanda. 
«Ieri sera venne da me il signor Redding» disse alla fine. «Non so proprio capire il perché.» 
«Non ve l'ha detto?» chiesi. 
«Mi disse solo che era venuto a farmi visita. Disse che a star soli viene la malinconia, ma è la prima volta che cerca la mia compagnia.» 
«Bene, la vostra compagnia viene considerata piacevole, generalmente» mentii per rincuorarlo. Ma Hawes non aveva intenzione di farsi rincuorare. 
«Ma che cosa è venuto a fare?» scattò a un tratto. «Questa faccenda mi piace poco. Secondo voi, che idea avrà avuta, per venire da me?» 
«Perché supporre che sia stato mosso da un secondo fine?» ribattei. 
«Non mi piace, non mi piace» ripeté lui con foga. «Io non gli sono mai stato ostile; non ho fatto chiacchiere, non ho mai detto di ritenerlo colpevole. Anche quando andò a costituirsi, continuai a dire che non mi sembrava possibile. Se anzi ho sospettato qualcuno, questi è stato Archer, che è un briccone senza timor di Dio e senza amore per il prossimo. Un mascalzone sempre ubriaco che...» 
«Non vi pare di mostrarvi troppo severo?» lo redarguii. «Dopo tutto che cosa sappiamo, sul conto di quel giovanotto?» 
«Un bracconiere che entra e esce continuamente di prigione è capace di tutto» dichiarò Hawes con foga. 
«E voi credete che Archer abbia ammazzato il colonnello?» 
Hawes ha un'invincibile avversione a rispondere sì o no, come ho notato spesso in questi ultimi tempi. 
«Non sembra anche a voi, vicario, che questa sia l'unica spiegazione possibile?» ribatté infatti, per evitare di rispondere direttamente. 
«Ma non esistono prove contro Archer» m'incaponii. 
«E le sue minacce? Dimenticate le minacce?» ribatté Hawes con vivacità. 
Cominciavo a sentirmi stufo di sentirlo parlare delle minacce di Archer, tanto più che, a parer mio, mancavano le prove che il bracconiere le avesse realmente pronunciate. 
«Era deciso a vendicarsi del colonnello; prima bevve qualche litro per darsi coraggio, poi venne qui a sparargli.» Hawes esagerava, adesso. 
«Questa è una pura e semplice supposizione» protestai. 
«Ma dovete ammettere che è verosimile.» 
«No, non lo ammetto.» 
«Che è possibile, allora.» 
«Possibile, sì.» 
Hawes mi lanciò un'occhiata di traverso. «Perché non volete ammettere che sia probabile?» mi domandò. 
«Perché un uomo come Archer non avrebbe mai avuto l'idea di adoperare la rivoltella, per uccidere un suo simile. La rivoltella non è arma per lui» risposi. 
Hawes sembrò sconcertato dalle mie parole. Evidentemente non era quello, l'argomento che si era aspettato di sentirsi opporre. 
«Credete che questa obiezione possa avere un certo valore?» mi domandò in tono dubbioso. 
«Secondo me costituisce un ostacolo insormontabile per poter credere alla colpevolezza di Archer.» 
Dinanzi alla mia fermezza, Hawes non osò replicare e dopo un poco si congedò ringraziandomi ancora. 
Lo accompagnai fino alla porta e, nel tornare indietro, vidi sul tavolino del vestibolo quattro lettere, che avevano diverse caratteristiche in comune. Erano scritte tutte con calligrafia femminile e portavano la stessa indicazione: "A mano. Urgente". Unica differenza visibile: una era molto più sudicia delle altre. 
La loro somiglianza mi causò la curiosa impressione di vedere non solo doppio, ma addirittura quadruplo. Mary, che usciva in quel momento dalla cucina, mi sorprese a fissare le quattro buste. 
«Le hanno portate a mano, poco dopo colazione» mi spiegò «meno una, che era nella cassetta.» 
Accennai di aver capito e mi portai le lettere in biblioteca. La prima di esse diceva così: 

Caro signor Clement, ho saputo una cosa che riguarda la morte del povero colonnello Protheroe e vorrei comunicarvela, per sapere da voi come comportarmi e se devo o no avvisare la polizia. Come voi sapete, dalla morte di mio marito sono sempre rifuggita da ogni genere di pubblicità, perciò vi sarei grata se voleste passare da me, in qualche ora del pomeriggio. 
Martha Price 

Aprii la seconda busta. 

Caro signor Clement, sono molto turbata e perplessa; non so bene che cosa fare. Mi è giunta all'orecchio una notizia che forse potrebbe essere importante, ma ho orrore di venire immischiata in qualsiasi modo con la polizia. Mi sento turbata e sgomenta. Sarebbe pretendere troppo, caro vicario, se vi pregassi di venire un momento da me, per aiutarmi a risolvere il problema che mi assil-
la? Scusate il disturbo e credetemi la vostra aff.ma 
Carolina Wetherby 

Ero sicuro di conoscere il contenuto della terza missiva, anche prima di averla aperta. 

Caro vicario, ho saputo una cosa importantissima e mi sembra che voi dobbiate esserne informato prima di qualsiasi altro. Per favore, venite da me, nel Pomeriggio, vi attenderò in casa. 
Amanda Hartnell 

Aprii la quarta lettera, quella sudicia. 
Nella mia vita ho avuto la fortuna di non essere mai turbato da lettere anonime. A mio parere la lettera anonima è l'arma più vile e crudele che ci possa essere. Quella che aprii in quel momento non faceva eccezione alla regola. Avrebbe dovuto creare l'impressione di essere stata scritta da una mano illetterata, ma vari piccoli segni contraddicevano questa supposizione. 

Caro vicario, credo bene farvi sapere quello che succede. La vostra signora è stata vista uscire di nascosto dal villino del signor Redding. Capirete bene quello che voglio dire. Quei due se la intendono fra loro; è giusto che voi lo sappiate. 
Un amico 

Appallottolai la lettera e la gettai nel caminetto spento con una leggera esclamazione di disgusto e proprio in quel momento Griselda entrò nella stanza, allegra e serena. 
«Che cosa getti con tanto disprezzo?» mi domandò. 
«Sudiciume» risposi. Accesi un fiammifero e mi piegai in avanti. 
Griselda fu più svelta di me, si chinò a raccattare il foglio e lo stirò con le mani, prima che io potessi strapparglielo. 
Quando lo ebbe letto lo ributtò con disgusto e mi voltò le spalle. Io lo bruciai e mi assicurai che bruciasse tutto, Griselda era andata alla finestra e guardava fuori. 
«Leo» mi chiamò senza voltarsi. 
«Che cosa vuoi, cara?» Cercai di non dare alla mia voce un'espressione dura, ma invano. 
«Ti vorrei dire una cosa. No, non me lo impedire, desidero dirtela. Quando... quando Larry Redding venne qui, ti lasciai credere di conoscerlo appena, ma non era vero. Lo conoscevo benissimo e, prima di incontrare te, ne ero stata innamorata. Credo che questo capiti alla maggior parte delle donne che lo conoscono. Avevo proprio perso la testa, per lui, un tempo. Non che gli abbia mai scritto lettere compromettenti o che abbia fatto qualcuna delle tante sciocchezze che si raccontano nei romanzi, ma gli volevo bene.» 
«Perché non me lo hai detto subito?» chiesi con amarezza. 
«Oh, perché! Non lo so, Leo, ma forse perché sei un po' sciocco, in certe cose. Soltanto perché hai parecchi anni più di me, credi che io possa innamorarmi di un altro e piantarti. No, non protestare, ti conosco bene, meglio di quanto ti conosca tu. Forse avresti fatto delle storie, non avresti voluto ricevere Larry, se avessi saputo che lui e io eravamo stati amici.» 
«Sei anche tu come tutte le donne» mormorai. «Sai nascondere bene i tuoi sentimenti» aggiunsi, ricordando quanto mi aveva detto pochi giorni prima, con naturalezza e candore. 
«Si, è vero. Sono stata sempre brava a nascondere quello che mi faceva comodo» ammise mia moglie. «Sai, qualche volta mi ci diverto proprio.» 
La sua voce ebbe un'intonazione spavalda e infantile, mentre faceva questa dichiarazione. 
«Ma quello che ti dissi qualche giorno fa è proprio vero, Leo. Non sapevo proprio nulla della relazione di Ann e Larry e anzi mi meravigliavo che Larry fosse così cambiato, nei miei confronti, come... come se non si accorgesse nemmeno che fossi al mondo. Questa è una cosa alla quale non sono abituata.» 
«Lo so» dissi. 
Griselda si voltò di scatto e mi volò nelle braccia. 
«Tu lo capisci, Leo, vero?» mi domandò con voce ansiosa. 
«Sì, lo capisco» mormorai. 
Ma era vero? 

XXV 

Mi riuscì difficile liberarmi dall'impressione prodotta in me dalla lettera anonima. La pece macchia.
Tuttavia ripresi le prime tre lettere, diedi un'occhiata all'orologio e m'incamminai. Ero curioso di sapere la circostanza giunta simultaneamente alle orecchie delle tre signore. Supponevo infatti che si trattasse di una notizia unica, ma mi sbagliavo.
Non posso affermare che per fare quelle tre visite fossi proprio costretto a passare davanti all'ufficio di polizia, ma i miei piedi mi portarono da quella parte, forse perché ero ansioso di sapere se l'ispettore Slack fosse già ritornato dalla sua visita a Ann Protheroe. Lo trovai in ufficio, insieme alla signorina Cram.
La bella Gladys era seduta davanti alla scrivania dell'ispettore e guardava tutti dall'alto in basso. Negava con convinzione degna di miglior causa, di aver portato una valigia nel bosco.
«Che colpa ne ho, io, se una di quelle vecchie zitelle pettegole e chiacchierone non ha niente di meglio da fare che mettersi alla finestra, di notte? Ricordate che quella vecchia ha già sbagliato una volta, quando disse di avermi vista in fondo al viottolo, in compagnia del dottor Stone, del signor Redding e della signora Protheroe. E se sbagliò di giorno, col sole, non può aver sbagliato anche di notte? È vergognoso ascoltare tutte le chiacchiere che quelle zitelle fanno. E dire che io ero tranquilla nel mio letto. Dovreste vergognarvi, tutti quanti.»
«E se la locandiera del "Cinghiale" riconoscesse la valigia per vostra, signorina Cram?» domandò Slack.
«Sbaglierebbe anche lei, ecco tutto. Il nome sopra non c'è, e una valigia come questa possono possederla tutti. Pensate, accusare quel povero dottor Stone di essere un ladro!» La protesta era rivolta a me. «Proprio Stone, con tutti quei titoli accademici che si è guadagnato.»
«Allora rifiutate di darci una spiegazione, signorina Cram?» domandò Slack in tono severo.
«No, non rifiuto. Dico che avete sbagliato, ecco tutto. Tanto voi che quella chiacchierona della signorina Marple. E adesso non dirò altro, finché non mi avrete permesso di parlare con il mio avvocato. Vado a telefonargli, anzi» aggiunse Gladys alzandosi in piedi. Per tutta risposta l'ispettore le andò ad aprire la porta e la signorina Cram uscì, tutta sdegnata.
«Ha scelto la via della negativa, quella là» mi disse Slack con un sospiro. «E dopo tutto la vecchia signorina potrebbe anche aver sbagliato davvero. Nessuna giuria si presterebbe a credere che possa aver riconosciuto una persona, a quella distanza e di notte, anche se c'era la luna.»
«Potrebbe essersi sbagliata» dissi io «ma non credo. La signorina Marple non sbaglia quasi mai, sapete; per questo è tanto poco popolare, da queste parti.»
«È quello che dice anche Hurst» sorrise Slack. «Oh, mio Dio, questi benedetti villaggi!»
«E l'argenteria, ispettore?»
«Sembra che non manchi nulla.» Il poliziotto si riscosse dalle sue fantasticherie. «Secondo me, questo significa che buona parte di quegli oggetti devono essere falsi. Abbiamo un conoscitore di roba antica, a Much Benham; l'ho mandato a prendere in automobile, perciò non tarderemo a sapere qual è l'argenteria autentica e quale la falsa. Insomma, una delle due: o il furto era già stato commesso e i pezzi sostituiti, e in tal caso i falsi si trovano in casa Protheroe, oppure il furto era stato soltanto progettato, e in tal caso i falsi sono quelli ritrovati nella valigia. Ma in un momento come questo, con un omicidio fra le mani, il furto passa in seconda linea. Sia Stone che la Cram non sono certo implicati nell'omicidio. Per questo ho lasciato andare la ragazza senza tante storie. C'è la possibilità che lei ci conduca dal suo amico, perciò la farò sorvegliare. Ma non perdo di vista nemmeno Archer.»
«Oh, ci avete pensato?» esclamai.
«Naturalmente, subito» annuì Slack. «Non è stata necessaria la lettera anonima per farmi pensare alla soluzione più ovvia.»
«Una lettera anonima?» ripetei con vivacità. «Ne avete ricevuta una?» «Vicario, ma in che mondo vivete?» ribatté l'ispettore con impazienza. «Qui alla polizia ne riceviamo in media una mezza dozzina al giorno. Ma, come dicevo, Archer era sospettato fin dal primo momento; però ha un alibi. Non che questo significhi molto, ma rappresenta una difficoltà da superare.»
«Perché dite che l'alibi non significa nulla?» domandai stupito.
«Vedete, vicario; Archer sostiene di essere stato con degli amici, quel pomeriggio, e tipi come gli amici di Archer sono pronti a sostenere qualunque menzogna, pur di farla in barba alla giustizia. Noi della polizia lo sappiamo, ma il pubblico no, e la giuria viene scelta fra il pubblico. E Archer continuerebbe a spergiurare di essere innocente, anche in tribunale.» «Forse è logico essere attaccati alla vita» osservai.
«Non potete credere quanto sia grande il numero di assassini che viene rimesso in libertà dal cuore tenero dei giurati.»
«Ma voi, ispettore, credete davvero che il colpevole sia Archer?»
Mi meravigliava il fatto che l'ispettore non dimostrasse una sua opinione particolare sul delitto. L'unica cosa che lo preoccupasse davvero era la facilità o la difficoltà di ottenere una condanna.
«Vorrei essere più sicuro, prima di incriminarlo» mi rispose. «Mi ci vorrebbe qualche prova, come un'impronta, oppure qualcuno che lo avesse visto nelle vicinanze del vicariato, verso l'ora del delitto. Archer va spesso nel villino di Redding, ma dice che va a trovare sua madre... No, la mia sospettata numero uno, in questo momento, è la Lestrange. Se potessi scovare una prova del ricatto sarei a cavallo.»
Salutai l'ispettore per andare a far visita alle tre parrocchiane che avevano richiesto la mia presenza. La prima fu la signorina Hartnell, che evidentemente mi attendeva alla finestra, perché aprì la porta senza darmi nemmeno il tempo di suonare. Mi afferrò per una mano e mi tirò in casa di prepotenza. La zitella doveva divertirsi un mondo, perché i suoi occhi brillavano e la bocca accennava un sorriso.
«Non ho mai avuto l'abitudine di menare il can per l'aia» mi disse con la sua voce allegra, appena appena un po' bassa, come l'occasione richiedeva. «Voi sapete meglio di me, come si spargano le notizie, in questo villaggio.»
«Lo so bene, purtroppo» sospirai.
«Sono d'accordo con voi» annuì la signorina Hartnell. «Nessuno detesta i pettegolezzi più di me, ma mi sembrò giusto, il giorno dopo il delitto, di comunicare all'ispettore Slack che il giorno avanti ero stata dalla signora Lestrange e che non l'avevo trovata in casa. Non che mi aspettassi dei ringraziamenti, per carità; ogni cittadino deve fare il proprio dovere verso la comunità, ma l'ingratitudine è una cosa che mi secca. Prendete per esempio le mie visite ai poveri...»
«Lo so, lo so» interruppi io, per riportarla in carreggiata. «Così diceste all'ispettore della signora Lestrange; e poi?»
«Non mi ringraziò neppure; anzi, mi comunicò che se avesse voluto delle informazioni sarebbe venuto a chiedermele lui stesso. Non disse proprio così, ma il significato era questo. I funzionari di polizia appartengono a una categoria sociale diversa da noi...» «È probabile. Ma dicevate...»
«Ah, sì! Ho deciso che questa volta non mi accosterò a un poliziotto nemmeno per tutto l'oro del mondo. Dopo tutto nel clero si trovano sempre dei gentiluomini.»
Capii che l'inclusione comprendeva anche me.
«Se posso esservi utile, disponete di me» mi offersi.
«Ecco. Ho saputo che la Lestrange va dicendo in giro che quel giorno era in casa, e che non mi aprì perché... perché non le faceva comodo, insomma. Che arie si dà, quella donna! Io andai a trovarla per dovere di cortesia, voi mi capite, ed essere trattata così...»
«È stata malata» spiegai in tono conciliante.
«Vi fate menare per il naso anche voi, vicario?» sbuffò la signorina Hartnell con stizza. «Quel povero dottor Haydock non so che cosa farebbe, per compiacerla. Ma dove ero rimasta? Ah, sì: dicevo di essere stata da lei, nel pomeriggio di giovedì. Bene, la cara signora inventa una storiella, quando assicura di essere rimasta a casa. Non c'era, invece; ne sono sicura.» «E come fate a saperlo?» domandai io.
La signorina Hartnell arrossì. In una persona meno truculenta di lei, il suo contegno avrebbe potuto essere definito imbarazzato.
«Suonai più volte» mi spiegò «e a un tratto mi venne in mente che il campanello potesse essere guasto.»
Fui contento di notare che la zitella fu assolutamente incapace di guardarmi in faccia, mentre diceva queste parole. Le nostre case sono state costruite tutte dallo stesso appaltatore e i campanelli, che lui mette, si sentono benissimo, anche fuori della porta. Tanto io che la signorina Hartnell lo sapevamo benissimo, ma le apparenze erano salve.
«E allora?» mormorai.
«Non volevo mettere il mio biglietto nella cassetta delle lettere, perché mi sembrava una scortesia; così pensai di fare il giro della casa per andare a bussare ai vetri della porta di cucina. Feci tutto il giro e guardai nell'interno, dalle finestre, ma in casa non c'era nessuno.»
Compresi alla perfezione; approfittando del fatto che in casa non c'era nessuno, la signorina Hartnell aveva lasciato briglia sciolta alla sua curiosità e aveva messo il viso contro tutti i vetri delle finestre, per vedere quanto le fosse stato possibile nell'interno delle stanze. Aveva preferito fare il suo racconto a me, che sarei stato più indulgente di un funzionario di polizia. Infatti si suppone che i pastori evangelici siano sempre disposti a concedere il beneficio del dubbio ai loro parrocchiani. Mi astenni dal far commenti e mi limitai a una sola domanda:
«A che ora avvenne questo fatto, signorina?»
«Verso le sei, se ricordo bene. Ero a casa da un pezzo, quando la signora Protheroe venne da me per quei bulbi; e allora erano le sei e mezzo. E intanto il povero colonnello era già morto e stecchito, nella vostra biblioteca. È un gran brutto mondo, questo, vicario.»
«Avete ragione» ammisi, mentre mi alzavo per congedarmi. «Non avete altro da dirmi, signorina Hartnell?»
«No. Dovete scusarmi, ma ho pensato che l'informazione poteva avere la sua importanza» mi rispose la zitella.
«Può darsi.»
La signorina Wetherby, dalla quale andai subito dopo, mi ricevette con grande agitazione.
«Caro vicario, siete stato proprio gentile a venire. Che cosa posso offrirvi? Una tazza di tè? Davvero non volete nulla?»
Dovetti sorbirmi parecchi di questi complimenti, prima di giungere a una conclusione.
«Si tratta di una cosa che ho saputo da una persona molto bene informata» disse alla fine la signorina Wetherby.
A St. Mary Mead, la persona molto bene informata è sempre la domestica di una vicina.
«Non potete dirmi il nome della persona?» domandai, tanto per formalità.
«Ho promesso di non dirlo, caro signor Clement» si scusò la signorina Wetherby «e ritengo che una promessa sia un dovere. Diremo perciò che un uccellino mi ha parlato; va bene?»
"Che stupidaggine!" stavo per dire, ma mi trattenni in tempo e sorrisi freddamente. La zitella riprese:
«Quest'uccellino ha raccontato di aver visto una signora che non nomineremo, la quale andava, indovinate?, verso il vicariato. Ma prima di voltare l'angolo si guardò intorno, come se desiderasse accertarsi di non essere vista.»
«E l'uccellino?» chiesi io.
«Era dal pescivendolo, in fondo alla strada. Questo accadde verso le sei» continuò la Wetherby con aria di mistero. «Ed era il giorno del delitto. Capito tutto?»
«E il nome della signora?» domandai, ma sapevo già la risposta.»
«Comincia per L. Vicario, non voglio essere interrogata dalla polizia, però, sia ben chiaro. Tremo solo all'idea di trovarmi ritta davanti a una giuria.»
«In certi casi permettono ai testimoni di mettersi a sedere» la consolai.
Mi restava da vedere ancora la signora Price. La brava donna non mancò di rimettermi subito al mio posto.
«Non voglio parlare con la polizia» cominciò «ma siccome il fatto è importante, ritengo mio dovere parlare alle autorità.»
Non sapevo di essere un'autorità, ma accettai la qualifica senza ribattere.
«È un fatto che riguarda la signora Lestrange?» chiesi.
«E perché dovrebbe riguardare quella signora?» ribatté la Price con freddezza e io capii di essermi messo in una posizione svantaggiosa. «Si tratta di questo, invece: Claire, la mia cameriera, era andata sul cancello per prendere una boccata d'aria, dice lei: per vedere passare il garzone del pescivendolo, dico io. Insomma, era al cancello, quando sentì uno starnuto.»
«E allora?» domandai, quando vidi che la signora non intendeva andare avanti col racconto.
«Non c'è altro. Vi dico che Claire udì uno starnuto.»
«E perché non avrebbe dovuto udirlo?» replicai con espressione idiota.
«Claire udì uno starnuto il giorno del delitto, in un'ora in cui a casa vostra non c'era nessuno. Non c'è dubbio che l'assassino fosse nascosto fra i cespugli, in attesa del momento buono. Dunque occorre cercare un individuo che abbia un raffreddore di testa.»
«O la febbre del fieno» sospirai. «Signora, credo che il mistero abbia una spiegazione semplice. La nostra Mary è molto raffreddata ed è probabile che lo starnuto udito da Claire fosse suo.»
«Era lo starnuto di un uomo» ribatté la Price con fermezza. «E in ogni modo non si può udire la vostra domestica che starnuta in cucina, dal mio cancello.»
«Ma nemmeno qualcuno che starnuta in biblioteca» obiettai io.
«Io non ho detto che l'uomo fosse in biblioteca, ma nei cespugli, in attesa di poter entrare in casa.»
«Sì, questo è possibile» ammisi di malavoglia. La signora se ne accorse.
«So che nessuno mi ascolta» s'infuriò «ma potrei aggiungere che una racchetta da tennis, lasciata sull'erba senza la pressa, si rovina e al giorno d'oggi le racchette costano care.»
Non seppi capire la ragione di questo attacco improvviso, che mi rese muto dallo stupore.
«Ma forse voi non ne convenite» aggiunse la Price.
«Sì, ne convengo, senza dubbio» mi affrettai a dire.
«Questo mi fa piacere. Bene, non ho altro da dire e mi lavo le mani di tutta la faccenda.»
Prima di uscire dalla villetta della vedova, volli interrogare Claire, più per contentare la signora che per altro.
«Sì, reverendo» mi rispose la ragazza. «È proprio vero, udii uno starnuto. Ma non uno dei soliti starnuti.»
Tutto ciò che ha rapporto con un delitto è sempre straordinario. Lo sparo era diventato diverso dai soliti, e così lo starnuto. Immagino che fosse lo starnuto speciale di un assassino.
Domandai a Claire a che ora lo avesse sentito, ma la sua risposta fu vaga. Fra le sei e un quarto e le sei e mezzo; prima che la padrona ricevesse quella strana telefonata che. l'aveva fatta sentir male.
Mi affrettai verso casa, ma prima volli passare un momento dal mio amico, il dottor Haydock.
Quando venne ad aprirmi notai ancora una volta il suo strano aspetto triste e abbattuto. Quella faccenda lo stava invecchiando, povero amico. «Mi fa piacere vedervi, Clement» mi disse. «Che notizie ci sono?» Gli raccontai quanto era stato scoperto su Stone.
«Un ladro di prim'ordine» commentò Haydock. «Questo spiega molte cose. Sapete, doveva aver letto molto in materia d'archeologia, ma qualche volta commetteva degli errori e Protheroe deve averlo colto in fallo, un giorno. Ricordate il litigio che ebbero? E della ragazza che cosa si dice? È una complice?»
«I pareri sono discordi» risposi. «Io credo che sia innocente. È troppo stupida.»
«In quanto a questo, non direi» ribatté Haydock. «La nostra Gladys è molto astuta, invece. E deve godere di una salute di ferro; non credo che darà molto da fare ai miei colleghi.»
«A proposito di malati» lo interruppi. «Sono in pensiero per Hawes e vorrei che mi aiutaste a convincerlo. Vorrei che si prendesse qualche giorno di riposo: sono convinto che ritornerebbe al suo lavoro rinfrancato.» «Sì, può darsi» rispose il medico in tono evasivo. «Povero ragazzo!» «Credevo che vi fosse antipatico» osservai.
«Sì, mi è antipatico» annuì Haydock. «Ma noi medici compiangiamo anche coloro che non ci sono simpatici. Compiango perfino Protheroe, povero diavolo. Era così pieno di virtù e sempre pronto a stigmatizzare le debolezze altrui, che avrebbe fatto perdere la pazienza anche a un santo. Ma era stato sempre così; anche da giovane.»
«Non sapevo che conosceste Protheroe da tanto tempo» mormorai.
«Oh, sì! Quando stava nel Westmorland io avevo una condotta poco lontana. Ma è un pezzo ormai; sono passati quasi vent'anni.»
Sospirai. Venti anni fa Griselda ne aveva appena cinque; il tempo è una cosa curiosa.
«È venuto soltanto per dirmi questo, Clement?»
Alzai il capo sussultando. Haydock teneva i suoi occhi penetranti fissi su di me.
«Era venuto anche per un'altra cosa, non è vero?» Annuii.
Ero stato incerto fino a quel momento se parlare o no, ma ora mi decisi per il sì. Haydock mi piace più di molti suoi simili, ho per lui una grandissima stima e oltre a questo avevo in mente che quello che stavo per dirgli potesse giovargli. Gli riferii quindi i colloqui avuti quel giorno con la signorina Hartnell e con la signorina Wetherby.
Rimase in silenzio, anche dopo che ebbi finito il mio racconto.
«È verissimo, Clement» mi disse alla fine. «Ho cercato di evitare qualsiasi noia alla signora Lestrange. La verità è che la signora è una mia vecchia amica, ma non l'ho fatto soltanto per questo. Il certificato medico non si riferiva a un male immaginario, come tutti avete creduto.»
Fece una pausa, poi soggiunse gravemente: «Sia detto fra noi, Clement; quella donna è condannata.»
«Come!»
«Morirà presto. Le do al massimo un altro mese di vita. Si meraviglia dunque se cerco d'impedire che venga tormentata con gli interrogatori?
Quando svoltò in questa strada quella sera» proseguì «veniva da me.»
«Non lo aveva ancora detto.»
«Non volevo far nascere dei pettegolezzi. Dalle sei alle sette non è il mio orario di ambulatorio, come tutti sanno. Ma lei può credere alla mia parola quando le assicuro che era da me.»
«Non c'era però quando io sono venuto a chiamarla; dopo la scoperta del cadavere, voglio dire.»
«No» Haydock sembrò turbato. «Se n'era andata per recarsi a un appuntamento.»
«Da che parte era l'appuntamento? Verso casa sua?» «Non lo so, Clement; parola d'onore, non lo so.» Gli credetti, ma...
«E se un innocente venisse impiccato?» gli dissi.
Lui scosse la testa.
«Nessuno sarà impiccato per l'assassinio del colonnello Protheroe; creda pure alla mia parola.»
Ma era proprio questo che mi riusciva difficile; eppure il suo tono era sincero.
«Nessuno sarà impiccato» ripeté.
«Quell'Archer...»
Ebbe un moto d'impazienza.
«Non avrebbe avuto l'intelligenza di cancellare le sue impronte dal calcio della rivoltella.»
«Forse no» replicai in tono dubbioso.
A un tratto mi ricordai di un'altra cosa e tirato fuori di tasca il pezzetto di cristallo scuro che avevo trovato nel bosco, glielo feci vedere, domandandogli che cosa fosse.
«Uhm!» esitò un momento. «Sembra acido picrico. Dove l'ha trovato?» «Questo è un segreto di Sherlock Holmes» gli risposi.
Sorrise.
«Che cos'è l'acido picrico?»
«È un esplosivo.»
«Questo lo so; ma non viene adoperato anche per altri usi?»
«Si adopera in medicina, in soluzioni per le bruciature. È una sostanza meravigliosa.»
Tesi la mano ed egli, un po' riluttante, mi rese il cristallo.
«Probabilmente non avrà nessun rapporto col delitto, ma l'ho trovato in un posto piuttosto inaspettato.»
«E non mi vuol dire dove?»
Non volli dirglielo. Lui aveva i suoi segreti e io avrei avuto i miei.
Ero un po' offeso, perché non aveva voluto confidarsi pienamente con me.

XXVI

Mi sentivo in preda a uno strano impulso quando salii sul pulpito quella sera.
La chiesa era molto più affollata del solito, ma non posso credere che fosse stata la prospettiva di sentir predicare Hawes a far radunare tanta gente. Le prediche di Hawes sono noiose e dogmatiche. E non mi posso neppure lusingare che si fosse sparsa la notizia che io avrei predicato in sua vece, perché le mie prediche sono noiose e dotte. E così pure temo di non potere attribuire la grande affluenza a un sentimento di devozione.
Finii per concludere che tutti fossero accorsi per vedere chi c'era e magari per scambiare quattro chiacchiere sul sagrato dopo la funzione.
Cosa insolita, Haydock era in chiesa e c'era anche Lawrence Redding. Con mia gran meraviglia notai accanto a Lawrence il viso pallido e tirato di Hawes. C'era anche Anne Protheroe, assiste quasi sempre alla funzione della domenica sera, ma io avevo creduto che quel giorno non sarebbe venuta. Il fatto di vederla mi stupì meno di quanto non mi stupisse la vista di Lettice. Andare in chiesa la domenica mattina era obbligatorio in casa Protheroe; il colonnello era stato inflessibile su questo punto, ma era la prima volta che vedevo Lettice alle funzioni della sera.
C'era poi Gladys Cram che appariva eccessivamente giovane e fiorente
in mezzo a un folto gruppo di vecchie zitelle avvizzite e mi parve poi di riconoscere la signora Lestrange nell'ombra scura in fondo alla chiesa.
Inutile dire, naturalmente, che la signora Price Ridley, la signorina Hartnell, la signorina Wetherby e Miss Marple erano presenti al completo. C'era insomma tutto il villaggio, quasi senza eccezioni, e da un pezzo non vedevo la chiesa tanto affollata come quella sera.
La folla possiede una potenza misteriosa. L'atmosfera di quella sera era magnetica e io fui il primo a subirne l'influsso. Di solito preparo prima i miei sermoni, ma benché ci metta coscienziosamente tutta la mia attenzione, sono il primo a riconoscere tutti i loro limiti.
Quella sera la necessità mi costrinse a fare una predica estemporanea e quando abbassai lo sguardo su quel mare di teste sollevate verso di me, mi sentii invadere da una forza misteriosa. Avevo un uditorio davanti a me e provai l'impulso di commuoverlo: quel che più conta, sentii di poterlo commuovere.
Pronunziai lentamente il testo sul quale intendevo predicare: "Non i sani han bisogno del medico, ma i malati: Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori".
Lo ripetei due volte a voce alta e squillante che risuonò alle mie stesse orecchie molto diversa dalla voce del solito Leonard Clement. Vidi che Griselda, seduta sulla prima panca, alzò il capo in atto di meraviglia, imitata da Dennis. Trattenni per un attimo il fiato, poi mi lasciai trascinare.
I fedeli riuniti in chiesa erano in uno stato di emozione repressa, pronti a farsi scuotere e io feci di tutto per scuoterli. Esortai i peccatori al pentimento, alzai ripetutamente la mano, ripetendo la frase: «Parlo a voi...»
E ogni volta un sospiro che era quasi un singhiozzo mi rispondeva da varie parti della chiesa. L'emozione della folla è qualcosa di strano e di terribile. Terminai la predica con queste belle e commoventi parole, forse le più commoventi di tutta la Bibbia: «"Stanotte la tua anima ti sarà richiesta..."»
Per un breve momento ero stato come posseduto, ma di ritorno in canonica mi ritrovai lo stesso individuo insignificante e irresoluto che ero sempre stato.
Trovai Griselda che mi attendeva col viso un po' pallido.
«Sei stato terribile, stasera, Len... Non mi sei piaciuto. Non ti avevo mai sentito predicare in quel modo.»
«E credo che non mi sentirai più predicare così» le risposi lasciandomi cadere sul divano, poiché ero piuttosto stanco.
«Ma come mai hai fatto quella predica?»
«Vi sono stato trascinato quasi da una forza misteriosa.»
«Oh! Non per... per una ragione speciale?»
«Che cosa intendi per una ragione speciale?»
«Lo domandavo così per saperlo. Ogni tanto mi vieni fuori con qualche cosa d'inaspettato, Len, e ogni volta provo l'impressione di non conoscerti ancora.»
Ci sedemmo a tavola davanti a una cena fredda, perché Mary era fuori.
«C'è una lettera per te nell'ingresso» mi disse Griselda. «Vuoi andare a prenderla, Dennis?»
La presi con un mezzo gemito. In un angolo della busta c'era scritto: "A mano. Urgente".
«Dev'essere Miss Marple» dissi forte «ormai non manca che lei.» Avevo indovinato.

Caro signor Clement,
Gradirei moltissimo discorrere un po' con lei di due o tre cose che mi sono venute in mente. Sono sicura che tutti abbiamo l'obbligo di fare del nostro meglio per chiarire questo triste mistero. Se non disturbo verrò da lei verso le nove e mezzo, e busserò alla portafinestra della sua biblioteca. Forse la cara Griselda non si rifiuterà di venire a far compagnia a mio nipote e così pure il signor Dennis, se ne ha voglia. Se non ci sono notizie in contrario li aspetto qui e poi all'ora che le ho indicata verrò io da lei. Sua aff.ma
Jane Marple

Porsi la lettera a Griselda.
«Andremo sicuro» disse lei allegramente. «Un bicchierino di rosolio casalingo è proprio quello che ci vuole la domenica sera. Credo che sia il blanc-manger di Mary ad avere un effetto tanto deprimente; sembra un lenzuolo mortuario.»
Dennis sembrò meno esilarato dalla prospettiva.
«Va bene per te che ti diverti a parlare d'arte e di letteratura» brontolò. «Ma io faccio proprio la figura dell'imbecille, stando a bocca chiusa a sentire i vostri discorsi.»
«È proprio questo il bello» ribatté Griselda serenamente.
«Hai bisogno ogni tanto di essere rimesso al posto che ti compete. E in ogni modo non credo che il signor Raymond West sia poi tanto intelligente come crede.»
«Questo è vero di molti» osservai.
Ero molto curioso di sapere quello che Miss Marple avesse da dirmi. Ritengo che fra tutte le signore della mia parrocchia la più intelligente sia proprio lei. Non soltanto vede e sa tutto quello che accade nel villaggio, ma ne trae anche delle deduzioni molto precise e accurate.
Se mai io mi decidessi a intraprendere una carriera di imbrogli, sarebbe proprio di Miss Marple che avrei paura.
Quella che Griselda chiamava "l'allegra brigata per divertire il nipote" si mosse di casa pochi minuti dopo le nove e io, rimasto solo in attesa di Miss Marple, mi divertii a buttar giù una specie di prospetto dei fatti che potevano avere una certa relazione col delitto, annotandoli, per quanto era possibile, nel loro ordine cronologico. Io non sono un uomo puntuale, ma sono preciso nelle mie cose e mi piace vederle metodicamente annotate.
Alle nove e mezzo in punto udii un leggero colpetto sui vetri della portafinestra e mi alzai per fare entrare Miss Marple.
Si era buttata sulla testa e sulle spalle un finissimo scialle di lana che accentuava ancor più il suo aspetto di vecchina delicata ed entrò piena di scuse e di complimenti.
«Non so come ringraziarla di avermi permesso di venir qui da lei e non so come ringraziare la cara Griselda che... Raymond l'ammira moltissimo... Devo mettermi qui? Non prendo il suo posto? Oh! Grazie tante...»
Io posai lo scialle su una seggiola prima di mettermi a sedere su una poltrona di fronte alla mia ospite. Ci guardammo per un momento in silenzio, mentre un sorriso sprezzante increspava le labbra della vecchia signorina.
«Capisco che lei si deve domandare perché... perché m'interessi tanto a questa cosa. Potrebbe anche trovare che dimostro poca femminilità. No, la prego, lasci prima che le spieghi.»
Miss Marple fece una pausa, mentre un leggero rossore le saliva alle guance.
«È che, vede» cominciò finalmente «vivendo così soli, in una parte del mondo quasi remota, è necessario avere un passatempo. Ci si può occupare naturalmente dei lavori a maglia, delle ragazze esploratrici, delle opere di assistenza, come ci si può divertite a dipingere dei bozzetti, ma il mio passatempo è sempre stato la Natura Umana. Così varia e così... affascinante! E naturalmente in un piccolo villaggio, senza altre distrazioni, non manca la maniera di approfondire questo studio. Si finisce per classificare le persone proprio come se fossero uccelli, fiori: gruppo così e così, genere tale, specie talaltra. Qualche volta capita, naturalmente, di sbagliare, ma col passar del tempo gli errori sono sempre meno frequenti. E poi si fanno le riprove. Si prende un problema - il vaso di gamberi in conserva che divertì tanto la cara Griselda, per esempio - un problema senza nessuna importanza, ma che riesca addirittura incomprensibile a meno di trovare la soluzione giusta. Capita poi il mistero della sostituzione delle pasticche per la tosse e quello dell'ombrello della moglie del macellaio, quest'ultimo assolutamente incomprensibile a meno di supporre che il droghiere non si comportasse bene con la moglie del farmacista... come era vero infatti. Fa molto piacere esercitare il proprio raziocinio, per poi scoprire di avere avuto ragione.»
«E lei ha quasi sempre ragione» osservai sorridendo.
«È proprio questo fatto che mi ha un po' inorgoglita» confessò Miss Marple. «Ma mi sono sempre domandata se trovandomi davanti a un mistero veramente importante avrei saputo far lo stesso; vale a dire se lo avrei saputo risolvere bene. Logicamente dovrebbe essere proprio la stessa cosa: dopo tutto un modellino di una nave è esattamente la stessa cosa di una nave vera.»
«Lei intende dire che è tutta una questione di relatività» dissi io lentamente. «Dovrebbe essere così infatti, logicamente parlando, sono pronto
ad ammetterlo, ma nella vita reale non so poi se questo sia vero.» «Eppure deve essere lo stesso» insistette Miss Marple.
«I fattori, per dire come ci insegnavano a scuola, sono gli stessi. E i fattori sono sempre il denaro, la reciproca attrazione di due persone di... ehm... di sesso diverso e la stranezza, naturalmente. C'è tanta gente strana, in questo mondo! Se si guarda bene siamo tutti un po' strani, in fondo. E la gente normale agisce spesso nel modo più stupefacente, mentre gli anormali si dimostrano pieni di buon senso. Insomma l'unico modo per studiare le persone è quello di confrontarle con altre conosciute nelle varie circostanze della vita. Le assicuro che si stupirebbe se sapesse quanti pochi tipi distinti esistano al mondo.»
«Lei mi fa paura» osservai. «Ho l'impressione di essere stato messo sotto la lente di un microscopio.»
«Naturalmente non mi sognerei neppure di parlar così col colonnello Melchett... Molto autocrate il colonnello, non le pare? E il povero ispettore Slack... ebbene, mi rammenta in modo straordinario la commessa del negozio di calzature che vuol vendervi a tutti i costi un paio di scarpe nere di pelle lucida, perché le ha della vostra misura, senza curarsi affatto della vostra richiesta di un paio di scarpe di vitello marrone.»
La descrizione che aveva applicata a Slack non faceva una grinza.
«Ma sono sicuro che lei, signor Clement, ne sa quanto l'ispettore su questo delitto, perciò ho pensato che avremmo potuto lavorare insieme...»
«Chissà» dissi io. «Forse ciascuno di noi, nel segreto del suo cuore, si illude di essere un nuovo Sherlock Holmes.»
Poi le parlai dei tre biglietti che avevo ricevuto quel giorno; le raccontai della scoperta di Anne, che aveva trovato in soffitta un ritratto tutto tagliuzzato. Le dissi anche qual era stato l'atteggiamento assunto dalla signorina Cram all'ufficio di polizia e le riferii l'identificazione fornita da Haydock del cristallo da me trovato nel bosco.
«Dato che l'ho trovato io avrei gradito che fosse stato un elemento importante» le dissi «ma è probabile che invece non abbia nulla a che fare col delitto.»
«In questi ultimi tempi ho preso a prestito un mucchio di romanzi polizieschi americani sperando di trovarci un aiuto» mi confidò Miss Marple.
«E ci ha trovato qualcosa sull'acido picrico?»
«Temo di no. Ma mi ricordo di aver letto un romanzo una volta, nel quale un tale veniva avvelenato con l'acido picrico e la lanolina, che gli venivano fregati sul corpo come un unguento.»
«Ma poiché nel nostro caso nessuno è stato avvelenato, mi pare che non se ne possa trarre nessuna conclusione» osservai.
Presi poi in mano il mio prospetto e glielo porsi.
«Ho provato a ricapitolare chiaramente i fatti» le dissi.

PROSPETTO

Giovedì 21 corr.
12,30 - Il colonnello Protheroe sposta l'ora del nostro appuntamento, dalle sei alle sei e un quarto. Molto probabilmente la metà del villaggio ha sentito questo discorso.
12,45 - La rivoltella è stata vista per l'ultima volta al suo posto. (Il fatto è però dubbio, dato che la Archer aveva asserito una prima volta di non ricordarsene.)
17,30 (circa) - Il colonnello e la signora Protheroe escono in automobile dal Palazzotto per scendere al villaggio.
17,30 - Finta chiamata telefonica fatta a me dall'apparecchio
della portineria nord del Palazzotto.
18,15 (o un paio di minuti prima) - Il colonnello arriva in canonica. Mary lo fa passare in biblioteca.
18,20 - La signora Protheroe viene dal viottolo e si affaccia alla portafinestra che dalla biblioteca mette in giardino. Il colonnello non è visibile.
18,29 - Chiamata telefonica per la signora Price Ridley, partita dal villino di Lawrence Redding (stando almeno alle notizie date dall'ufficio dei telefoni).
18,30-18,35 - Si sente uno sparo (ammesso che l'ora della chiamata telefonica corrisponda a verità). Le testimonianze di Lawrence Redding, di Anne Protheroe e del dottor Stone tenderebbero a stabilire che fosse stato udito prima, ma la signora Price Ridley ha probabilmente ragione.
18,45 - Lawrence Redding arriva in canonica e trova il cadavere.
18.48 - Io incontro Lawrence Redding.
18.49 - Trovo il cadavere nella mia biblioteca.
18,55 - Haydock lo esamina.
NOTA - Le uniche due persone che non hanno nessuna specie di alibi fra le 18,30 e le 18,35 sono la signorina Cram e la signora Lestrange. La signorina Cram dice di essere stata all'antica tomba ma nulla lo prova; la signora Lestrange uscì dalla casa del dottore un po' dopo le sei per recarsi a un appuntamento, ma con chi? Non poteva essere col colonnello, poiché egli ne aveva uno con me. È vero che la signora Lestrange era in quelle vicinanze verso l'ora in cui fu commesso il delitto, ma sembra dubbio che dovesse avere un motivo per uccidere il colonnello. Non avrebbe guadagnato nulla dalla sua morte e non so decidermi a credere all'idea del ricatto avanzata dall'ispettore. La signora Lestrange non può esserne assolutamente capace. Oltre a questo non sembra verosimile che avesse potuto impossessarsi della rivoltella di Redding.

«La sua esposizione è molto chiara» disse Miss Marple, abbassando la testa in segno di approvazione. «Molto chiara davvero; ma gli uomini sono sempre molto bravi nel prendere appunti.»
«Lei è d'accordo dunque su quello che ho scritto?»
«Oh sì!... Ha scritto benissimo.»
Le feci allora la domanda che da un pezzo avevo sulla punta della lingua.
«Di chi sospetta lei, Miss Marple? Una volta mi disse che i sospettabili erano almeno sette.»
«Non possono essere meno infatti» mi rispose con aria distratta. «M'immagino che i sospetti di ciascuno di noi cadano su una persona diversa. I fatti anzi ce lo dimostrano.»
Ma non mi domandò di chi sospettassi io.
«Il male è che per ogni cosa bisogna trovare una spiegazione plausibile. Tutti i più minuti particolari devono essere spiegati in modo soddisfacente. Se si trova una teoria che torna con tutti bisogna per forza concludere che sia la giusta. Ma è estremamente difficile riuscirvi. Se non fosse per quel biglietto...»
«Il biglietto?» ripetei stupito.
«Sì; non si ricorda che glielo avevo detto subito? Quel biglietto mi ha sempre dato noia. C'è in esso qualcosa che non va.»
«Ma quello che c'era d'incomprensibile nel biglietto è stato spiegato» osservai. «Era stato scritto alle sei e trentacinque e l'assassino ci ha scritto in cima di suo pugno quel 6,20 per imbrogliare le cose. Questo mi sembra ormai chiaramente stabilito.»
«Anche così non va.»
«Ma perché?»
«Mi ascolti bene.» Miss Marple si piegò vivacemente in avanti. «La signora Protheroe era passata davanti al mio giardino, come le ho già detto; è arrivata fino alla portafinestra della biblioteca, ha guardato dentro ed è tornata indietro, senza aver visto il colonnello.»
«Perché era seduto davanti alla scrivania.»
«Ma è proprio questo che non va. La signora Protheroe è arrivata alle sei e venti; siamo d'accordo nel ritenere che il colonnello non poteva essersi seduto a scrivere per dirle di non aver più tempo di aspettare, fin dopo le sei e mezzo... E allora che cosa ci faceva alla scrivania?» «Non ci avevo pensato» replicai lentamente.
«Vediamo un po' di ricapitolare, caro signor Clement. La signora Protheroe si affaccia dalla portafinestra e le sembra che nella stanza non ci sia nessuno... Deve proprio averlo creduto, altrimenti non sarebbe andata nello studio a parlare col signor Redding. L'imprudenza sarebbe stata troppo grossa. Nella stanza deve dunque esserci stato un gran silenzio, se lei l'ha creduta vuota. E questo ci lascia solo tre alternative, non le sembra?»
«E sarebbero?»
«La prima sarebbe che il colonnello fosse già morto, ma questo non lo credo probabile. Prima di tutto a quell'ora doveva essere arrivato da appena cinque minuti e lei o io avremmo udito il colpo di rivoltella, e in secondo luogo ci troviamo dinanzi alla stessa difficoltà di spiegarci perché fosse seduto alla scrivania. La seconda alternativa è naturalmente quella che egli fosse realmente seduto alla scrivania, ma in tal caso il suo biglietto doveva essere tutto diverso; non poteva dire che egli non poteva più aspettare. E la terza...»
«Quale sarebbe?» domandai io.
«Ebbene, la terza è quella che la signora Protheroe avesse visto bene e che la stanza fosse vuota davvero.»
«Vale a dire che dopo essere stato introdotto in biblioteca il colonnello ne fosse uscito per ritornare più tardi?»
«Sì.»
«Ma per quale ragione avrebbe dovuto andarsene?»
Miss Marple spalancò le braccia con un piccolo gesto d'impotenza.
«In tal caso bisognerebbe studiare questa faccenda da tutto un altro punto di vista» insistetti io.
«È una cosa che accade spesso per tutti gli avvenimenti della vita, non le pare?»
Non risposi. Ripassavo attentamente fra me le tre alternative suggerite da Miss Marple. La vecchietta si alzò dalla sua poltrona con un leggero sospiro.
«Bisogna che me ne vada. Sono proprio contenta di aver fatto questa chiacchieratina con lei, benché veramente non si possa dire che abbiamo fatto un gran passo avanti.»
«Per dirle la verità» risposi, mentre andavo a prenderle lo scialle «credo che non riusciremo mai a uscire da questo labirinto.»
«Ah, questo non direi! Mi pare che una teoria almeno torni con tutti i fatti che sono a nostra conoscenza. Almeno se si ammette una coincidenza.
Più d'una no, naturalmente, perché allora la cosa diventa inverosimile.»
«Lo crede davvero? A proposito della teoria, voglio dire?»
«Ammetto che c'è un bruscolo nella mia teoria... un fatto che non riesco a spiegare. Oh! Se quel biglietto avesse detto qualcosa di molto diverso!»
Sospirò e scosse la testa, avviandosi verso la portafinestra. Nel passare tese distrattamente la mano a tastare la terra della pianta mezza secca che sta in un portafiori.
«Questa pianta avrebbe bisogno di essere annaffiata, caro signor Clement» mi disse. «È quasi secca, non vede? La sua domestica la dovrebbe annaffiare tutti i giorni. È lei che se ne occupa, m'immagino.» «Almeno per quel tanto che si occupa di tutto il resto» le risposi.
«È ancora un po' rozza» suggerì Miss Marple.
«Sì, e Griselda rifiuta tenacemente di dirozzarla. Ha l'idea che soltanto una donna di servizio buona a poco possa rimanere con noi. Con tutto questo però anche Mary si era licenziata l'altro giorno.»
«Ah, sì? Eppure avevo sempre creduto che fosse molto affezionata a tutti e due!»
«Non me ne sono mai accorto» obiettai. «Ma veramente l'altro giorno era stata Lettice Protheroe a farla impermalire. Mary era tornata dall'inchiesta un po' eccitata e ha trovato qui Lettice, con la quale è venuta a parole.»
«Oh!» Miss Marple stava per oltrepassare la soglia della portafinestra, ma si fermò, cambiando due o tre volte di colore.
«Oh, povera me!» mormorò fra i denti. «Che stupida sono stata! Ecco come stanno le cose: così tutto si spiega perfettamente.» «Come dice?»
Si voltò verso di me col viso turbato.
«Nulla. Un'idea che mi è passata per la testa. Bisogna che vada a casa e che rifletta bene a tutto dal principio alla fine. Ma sa che credo di essere stata una grande stupida, fino a questo momento? Di una stupidità fenomenale.»
«Questo stento a crederlo!» esclamai con tutta la galanteria possibile.
L'accompagnai nel giardino.
«E mi potrebbe dire l'idea che le è venuta così improvvisamente in testa?» le domandai.
«Preferirei non dirgliela, almeno per il momento. Non è ancora escluso che mi possa ingannare, capisce bene. Ma non lo credo. Eccoci al mio cancello; la ringrazio di essere venuto fin qui, ma ora torni pure indietro, la prego.»
«E il biglietto non è più un ostacolo insormontabile?» le domandai, mentre richiudeva il cancello.
«Il biglietto? Oh! Quello non era il biglietto vero; non ho mai pensato che fosse quello scritto dal colonnello. Buona notte, signor Clement.» Si allontanò rapidamente, lasciandomi solo.
Non sapevo più cosa pensare.

27

Griselda e Dennis non erano ancora tornati. Mi accorsi allora che la cosa più naturale sarebbe stata quella di entrare in casa con Miss Marple per ricondurli via con me, ma tutti e due eravamo stati tanto assorti in quel terribile mistero da dimenticare l'esistenza di tutto il resto del mondo.
Ero ancora nell'ingresso, riflettendo fra me all'opportunità di andare a riprendere mia moglie, quando udii squillare il campanello di casa.
Mi mossi per andare ad aprire e vidi così una lettera nella cassetta; immaginai quindi che il campanello fosse stato suonato da chi l'aveva portata e mi affrettai a ritirarla.
Ma proprio in quel momento udii una nuova scampanellata, per cui mi ficcai la lettera in tasca e andai ad aprire.
Era il colonnello Melchett.
«Buona sera, Clement. Passavo di qui in automobile, al mio ritorno dalla città, e ho pensato di fermarmi un momento a bere un bicchierino.»
«Volentieri, venga, venga, passi in biblioteca.»
Mi seguì in biblioteca. Io andai a prendere la bottiglia del whisky e due bicchieri. Al mio ritorno trovai Melchett ritto a gambe larghe davanti al caminetto, occupato ad accarezzarsi i baffi con aria pensosa.
«Devo darle una notizia, Clement, una notizia che la stupirà certamente, ma ne parleremo poi. Come vanno le cose qui? C'è ancora qualche vecchia zitella col naso sulla buona pista?»
«Non male» gli dissi. «Una almeno di loro ritiene di aver già risolto il problema.»
«La nostra amica Marple?»
«La nostra amica Marple.»
«Le donne come lei credono sempre di sapere tutto» disse il colonnello, sorseggiando beatamente il suo whisky.
«Forse troverà che m'impiccio senza necessità di cose che non mi riguardano» dissi io «ma m'immagino che qualcuno avrà pensato a interrogare il ragazzo del pescivendolo. Voglio dire che se l'assassino si è allontanato dalla porta di casa, non è impossibile che quel ragazzo l'abbia visto.»
«Slack ci ha pensato» disse Melchett «ma il ragazzo dice di non aver incontrato nessuno. Non sarebbe stato facile infatti che avesse visto l'assassino, il quale avrà cercato naturalmente di sfuggire all'attenzione. Non manca il modo di nascondersi fra le piante vicino al cancello di casa sua. Il ragazzo doveva fermarsi in canonica, dal dottore e dalla signora Price Ridley. Sarebbe stato perciò abbastanza facile sfuggire alla sua attenzione.»
«Sì, lo credo anch'io» dovetti ammettere.
«D'altra parte se l'omicida fosse Archer non credo che il ragazzo si sarebbe lasciato sfuggire di averlo visto: Archer è suo cugino.»
«Ma lei sospetta seriamente che sia stato Archer?»
«Non bisogna dimenticare che il vecchio Protheroe lo tampinava continuamente. C'era insomma del cattivo sangue fra loro. L'indulgenza non era una delle principali virtù del colonnello.»
«Al contrario, era un uomo spietato» dissi io.
«Io sono d'opinione che in questo mondo occorra vivere e lasciar vivere» proseguì il colonnello Melchett. «La legge è la legge naturalmente, ma non è mai male concedere alla gente il beneficio del dubbio. Questa è invece una di quelle cose a cui Protheroe non si piegava mai.»
«Si vantava anzi del contrario.»
Seguì una pausa, dopo la quale io rivolsi al colonnello un'altra domanda.
«E qual è la notizia che mi ha promesso?»
«È sorprendente davvero. Si ricorda di quella lettera non finita che Protheroe stava scrivendo quando fu ucciso?»
«Sì.»
«Ebbene, l'abbiamo fatta esaminare da un perito, perché decidesse se realmente il 6,20 era stato aggiunto da un'altra persona e naturalmente gli abbiamo mandato contemporaneamente un esemplare della calligrafia di Protheroe. E sa qual è stato il suo verdetto? Quella lettera non è stata scritta da Protheroe.»
«Sarebbe quindi falsa?»
«Appunto. Il 6,20 è stato forse aggiunto da un'altra mano, ma di questo il perito non è sicuro. L'ora è stata scritta con un altro inchiostro, ma anche tutto il resto della lettera è una falsificazione, perché non è certamente la calligrafia di Protheroe.»
«Ne è sicuro?»
«Almeno per quanto si possa esserne sicuri; lei sa meglio di me come sono i periti. Oh! Ma questa volta non sbagliano.» «Strano» osservai.
E a un tratto mi ricordai di un particolare.
«Ora che ci penso, la signora Protheroe aveva detto subito che quella non le sembrava la calligrafia del marito, ma in quel momento non ci ho badato.»
«Davvero?»
«Ho ritenuto che facesse una di quelle stupide osservazioni che le donne non mancano mai di fare. Nulla sembrava tanto certo quanto il fatto che
Protheroe avesse scritto quella lettera.» Ci guardammo l'uno con l'altro.
«È, strano» dissi io lentamente. «Miss Marple diceva poco fa che quel biglietto non la persuadeva.»
«Al diavolo quella donna! Non potrebbe saperne di più su questa faccenda se il delitto l'avesse commesso lei.»
E proprio in quel momento udimmo squillare il telefono. Esiste una strana psicologia nel suono del campanello di un telefono. In quel momento squillava persistentemente, con un'intonazione quasi sinistra.
Mi avvicinai all'apparecchio e staccai il ricevitore.
«Chi parla?» domandai.
Mi arrivò all'orecchio una voce stridula, isterica.
«Voglio confessare tutto» diceva. «Mio Dio, voglio confessare!»
«Pronto, pronto» gridai. «Signorina, hanno interrotto la comunicazione. Con che numero parlavo?»
Una voce languida mi rispose di non saperlo, esprimendomi al tempo stesso il suo rincrescimento per il disturbo che avevo avuto.
Riappesi il ricevitore e mi voltai verso Melchett.
«Lei diceva l'altro giorno che sarebbe impazzito se qualcun altro si fosse presentato ad accusarsi del delitto.»
«E con questo?»
«C'è qualcuno che vuol confessare e l'ufficio telefonico ha interrotto la comunicazione.»
Melchett balzò al telefono.
«Ci penso io.»
«Sì, ci pensi lei; forse otterrà l'effetto desiderato. Io intanto mi avvio.
Credo di aver riconosciuto la voce.»

XXVIII

Imboccai quasi di corsa la strada del villaggio. Erano le undici e alle undici di una domenica sera tutta la popolazione di St. Mary Mead potrebbe essere morta. Vidi però un lume alla finestra di un primo piano e intuendo che Hawes doveva essere ancora alzato mi fermai e suonai il campanello.
Dopo un'attesa che mi parve lunghissima, la padrona di casa di Hawes ritirò due chiavistelli, sfilò la catena, girò la chiave, si presentò sulla soglia e mi guardò sospettosa.
«Ma è il signor vicario!» esclamò subito.
«Buona sera. Vorrei parlare col signor Hawes. Ho visto il lume acceso nella sua stanza e m'immagino che non sia ancora andato a letto.»
«Forse no; io non l'ho più visto da quando gli ho portato la cena. Ha passato la serata solo solo. Nessuno è stato da lui e non è uscito di casa.»
Le passai davanti, e mi avviai per le scale. Hawes occupava una camera e un salotto al primo piano.
Entrai nel salotto. Hawes era disteso su una poltrona e dormiva. Non si svegliò neppure udendomi entrare e io notai subito una scatola di pillole vuota e un bicchier d'acqua posati sulla tavola accanto a lui.
In terra ai suoi piedi c'era un pezzetto di carta tutto sgualcito. Io lo raccattai e lo stirai con le mani. Cominciava così: "Mio caro Clement".
Lo lessi da cima a fondo, soffocando il grido di sorpresa che mi era salito alle labbra, poi me lo misi in tasca, prima di chinarmi su Hawes per osservarlo meglio. Subito dopo andai al telefono e chiamai la canonica. Melchett doveva essere ancora occupato a rintracciare la telefonata, perché mi fu detto che il numero era occupato. Chiesi che mi dessero la comunicazione appena fosse stata libera e posai il ricevitore. Mentre attendevo mi misi la mano in tasca per riguardare il biglietto. Insieme a quello tirai fuori la lettera che avevo trovato nella cassetta e che non avevo ancora aperto.
Il suo aspetto mi era orribilmente familiare. La calligrafia era identica a quella della lettera anonima da me ricevuta qualche ora prima.
La lessi una volta... due volte... incapace di afferrarne il significato.
Stavo per rileggerla una terza volta, quando udii squillare il telefono. Staccai il ricevitore e risposi come in un sogno.
«Pronto.»
«Pronto.»
«Parlo con Melchett?»
«Sì; lei dov'è? Ho saputo il numero del telefono. È il numero...» «Sì, lo so.»
«Ah! Allora va bene. È di lì che parla?»
«Sì.»
«E la confessione?»
«L'ho avuta.»
«Vale a dire che ha l'assassino.»
Provai in quel momento la più forte tentazione della mia vita. Guardai Hawes, guardai la lettera sgualcita che avevo in mano, guardai il biglietto anonimo, guardai la scatola vuota delle pillole e mi ricordai di una certa conversazione avuta un giorno per puro caso.
Feci un grande sforzo su me stesso.
«Non lo so» gli risposi «sarà meglio che venga a vedere.» E gli detti l'indirizzo.
Poi mi misi a sedere su una poltrona in faccia ad Hawes per riflettere.
Avevo due minuti interi per pensare.
Fra due minuti Melchett sarebbe arrivato.
Presi in mano la lettera anonima e la rilessi per la terza volta. Poi chiusi gli occhi e pensai...

XXIX

Non so quanto tempo rimasi immerso nei miei pensieri, ma molto probabilmente non più di qualche minuto. Pure, quando sentii aprire la porta, mi parve che fosse passata un'eternità e alzato il capo mi trovai davanti il colonnello Melchett.
Egli fissò stupito Hawes che continuava a dormire sulla sua poltrona, poi si voltò verso di me.
«Che significa questa storia, Clement? Che cosa è successo?»
Scelsi una delle lettere che avevo in mano e gliela porsi. Egli la lesse a voce bassa.

Mio caro Clement,
Mi trovo costretto a dirle una cosa realmente molto spiacevole. E pensandoci meglio preferisco scrivergliela; ne potremo poi discutere insieme, con più comodo. Voglio parlare dei recenti peculati e mi dispiace di dover dire che ho potuto accertare, senza ombra di dubbio, l'identità del colpevole. Per quanto mi sia doloroso accusare un pastore consacrato, pure sento che m'incombe un preciso dovere, per quanto penoso esso possa essere. Bisogna in ogni modo dare un esempio e...

Il colonnello mi guardò con aria interrogativa. La lettera terminava con uno sgorbio illeggibile, nel punto in cui la mano dello scrivente era stata arrestata dalla morte.
Melchett sospirò profondamente, poi guardò Hawes.
«E questa è dunque la soluzione! L'individuo al quale nessuno aveva neppure lontanamente pensato. E il rimorso lo ha spinto a confessare.» «Era parso un po' strambo in questi ultimi tempi» dissi io.
A un tratto Melchett si avvicinò al dormiente con un'esclamazione soffocata sulle labbra, lo afferrò per una spalla e lo scosse, prima con dolcezza, poi con sempre maggior violenza.
«Ma non dorme! È narcotizzato! Che storia è questa?» Vide la scatoletta vuota e la prese in mano.
«Si è...»
«Credo» gli risposi. «Mi fece vedere queste pillole l'altro giorno e mi disse che era stato avvertito di non abusarne. Ha trovato questa soluzione, povero diavolo. Dopo tutto è forse la migliore per lui, non spetta a noi giudicarlo.»
Ma Melchett è prima di ogni altra cosa il capo della polizia della contea. L'argomento che valeva per me non aveva per lui nessun peso. Aveva scoperto un omicida e intendeva farlo impiccare.
In meno di un secondo era al telefono, dove continuò a sollevare e ad abbassare con impazienza il gancio, finché non ebbe risposta. Chiese il numero di Haydock e quindi attese col ricevitore all'orecchio e gli occhi fissi sulla figura che giaceva abbandonata sulla poltrona.
«Pronto, pronto! Parlo col dottor Haydock? Volete mandare subito il dottore nella High Street? Dal signor Hawes; è un caso urgente... Come dice? Ma che numero è allora?... Oh! Chiedo scusa.» Interruppe sbuffando la comunicazione.
«Sempre numeri sbagliati! E intanto la vita di un uomo è appesa appena a questo filo. Pronto! Mi ha dato un numero sbagliato, signorina... Sì, non
perda più tempo, mi dia il tre sette... sette, non otto.» Un'altra attesa impaziente, più breve questa volta.
«Pronto; è lei, Haydock? Parla con Melchett. Venga subito al n. 19 della High Street. Subito, per favore. Hawes ha preso non so quale specie di narcotico. Mi raccomando, venga subito, è un caso gravissimo.»
Posò il ricevitore e si mise a percorrere a grandi passi la stanza.
«Perché lei, Clement, non ha pensato a chiamare subito il dottore non lo so capire. Si vede proprio che in quel momento aveva perso la testa.»
Per fortuna Melchett non sospetta mai che uno possa avere delle idee differenti dalle sue. Io non dissi nulla ed egli proseguì: «E dove ha trovato questa lettera?»
«In terra, tutta accartocciata ai suoi piedi.»
«Che strana faccenda! Quella zitella aveva ragione di dire che la lettera trovata sulla scrivania non era quella scritta dal colonnello! Mi domando come avesse fatto a indovinarlo. Ma che stupido è stato Hawes a non distruggerla subito. Pensi, conservare così la prova più schiacciante della sua colpevolezza!»
«La natura umana è piena di incoerenze.»
«Se non fosse così credo che non riusciremmo mai ad arrestare un colpevole! Prima o poi commettono tutti qualche sciocchezza. Lei ha un viso molto sconvolto, Clement; credo che questa scoperta sia stata un gran colpo per lei.»
«Proprio così. Come le ho già detto Hawes si era mostrato un po' strambo in questi ultimi tempi, ma non mi sarei mai sognato...» «Chi lo avrebbe pensato? Oh! Ecco un'automobile.»
Il colonnello andò ad aprire la finestra e mise la testa fuori.
«Sì, è proprio Haydock.»
Un momento dopo il dottore entrava nella stanza.
Melchett, in poche parole, lo mise al corrente della situazione. Haydock non è tipo da far capire quello che pensa. Si contentò di alzare leggermente le sopracciglia e di annuire e subito dopo si avvicinò ad Hawes. Gli tastò il polso, gli sollevò una palpebra e gli guardò attentamente la pupilla.
Poi si voltò verso Melchett.
«Vuole che lo salvi per la forca?» domandò. «È più di là che di qua e non sono sicuro di riuscire a salvarlo.»
«Faccia il possibile.»
«Bene.»
Il dottore si affaccendò un momento intorno alla borsa che aveva portato con sé, per preparare un'iniezione che praticò nel braccio di Hawes.
«La cosa migliore sarebbe di portarlo all'ospedale di Much Benham. Mi aiuti a metterlo nell'automobile.»
Lo aiutammo in due e Haydock, salendo al suo posto di guida, voltò il capo per indirizzare un'ultima frase a Melchett.
«Non lo potrà impiccare, sa, colonnello.»
«Perché non guarirà?»
«Può darsi di sì, come può darsi di no. Voglio dire che se anche guarisce... questo povero diavolo non era responsabile delle sue azioni. Deporrò in questo senso al processo.»
«Che cosa ha voluto dire con quel discorso?» mi domandò Melchett, mentre rientravamo in casa.
Gli spiegai che Hawes aveva avuto l'encefalite letargica.
«La malattia del sonno, eh? Trovano sempre qualche scusa oggi per tutte le cattive azioni che si commettono. Non pare anche a lei?»
«La scienza ci sta insegnando molte cose.»
«Al diavolo la scienza! Le chiedo scusa, Clement, ma tutte queste storie mi danno ai nervi. Io sono un uomo all'antica. Ora però sarà meglio che dia un'occhiata quassù.»
Ma proprio in quel momento fummo interrotti e con nostro grande stupore l'interruzione fu causata dalla comparsa di Miss Marple.
Era rossa in viso e sembrava in preda a una grande agitazione. Si accorse però del nostro stupore.
«Chiedo scusa... chiedo scusa di essere venuta, senza essere invitata. Buona sera, colonnello. Come ripeto, chiedo scusa di essere venuta, ma quando ho sentito che il signor Hawes stava male ho pensato che forse avrei potuto essergli utile.»
S'interruppe. Il colonnello Melchett la guardava senza poter celare un po' di disgusto.
«Troppo buona, signorina» le disse con tono asciutto; ma non occorreva che si disturbasse. A proposito, come ha fatto a sapere che Hawes stava male?
Era proprio quella la domanda che anch'io morivo dalla voglia di rivolgerle.
«Il telefono» spiegò Miss Marple. «Sono sempre così distratte quelle benedette signorine, quando danno un numero! Lei ha parlato con me prima, credendo di parlare col dottor Haydock; il mio numero è tre otto.» «Ah! Ora capisco!» esclamai.
Avrei dovuto sapere che esiste sempre una ragione plausibilissima per l'onniscienza di Miss Marple.
«E così» proseguì lei «sono venuta a vedere se non sarei potuta essere utile a qualcosa.»
«Troppo buona davvero» replicò il colonnello Melchett con tono anche più asciutto della prima volta. «Ma non può fare proprio nulla. Haydock lo ha portato all'ospedale.»
«All'ospedale addirittura? Oh! Questo è un gran sollievo! Mi fa molto piacere saperlo, così sarà perfettamente al sicuro. Quando dice che non posso far nulla non intende mica dire che non ci sia più speranza per lui?
Non vuole mica dire che sia impossibile salvarlo?» «Non sarà facile» dissi io.
Gli occhi della signorina Marple si posarono sulla scatola delle pillole.
«Suppongo che ne abbia presa una dose troppo forte.»
Credo che Melchett propendesse per la reticenza e forse in tutt'altre circostanze avrei fatto come lui. Ma la discussione che avevo avuto con Miss Marple era ancora troppo fresca nella mia memoria perché potessi vedere le cose come le vedeva il colonnello.
«Sarà meglio che legga questa» le dissi porgendole la lettera che Protheroe aveva lasciato incompleta.
Lei la prese e la lesse senza dar segno di meraviglia.
«Lei aveva già dedotto dai fatti qualche cosa di simile, non è vero?» le dissi io.
«Sì... sì. Ma potrei domandarle, signor Clement, come mai lei è venuto qui stasera? La cosa che più mi stupisce è proprio questa. Lei e il colonnello Melchett... Non me lo sarei aspettato davvero.»
Le spiegai che avevo avuto una telefonata e che mi era parso di riconoscere la voce di Hawes. La signorina Marple piegò due o tre volte il capo con aria pensosa.
«Molto interessante. Molto provvidenziale. La chiamata l'ha fatto arrivare in tempo.»
«In tempo per che cosa?» domandai amaramente.
Miss Marple mi guardò stupita.
«Per salvare la vita del signor Hawes, naturalmente.»
«Ma non sarebbe forse meglio che Hawes non guarisse? Meglio per lui, meglio per tutti. Ormai sappiamo la verità e...»
M'interruppi perché Miss Marple annuiva con tanta veemenza da farmi perdere il filo del discorso.
«Naturalmente, naturalmente» disse. «È proprio questo che ha voluto farvi credere! Che sapeste la verità... che è meglio per tutti che le cose siano andate così. Oh, sì, tutto combina benissimo: la lettera, la dose troppo forte di sonnifero, lo stato di mente del povero signor Hawes e la sua confessione. Tutto combina... ma è tutto falso.» La fissammo stupiti.
«Ecco perché sono contenta che il signor Hawes sia al sicuro all'ospedale, dove nessuno potrà avvicinarlo. Se guarisce dirà la verità.»
«La verità?»
«Sì, vale a dire che non ha mai torto un capello al colonnello Protheroe.» «Ma la telefonata» insistetti io «la lettera, il sonnifero... tutto è chiarissimo.»
«È quello che vuol farvi credere. Oh! È intelligente, molto intelligente! Conservare quella lettera e adoperarla in questo modo è stato un lampo di genio.»
«Ma di chi vuol parlare?» esclamai.
«Dell'assassino, naturalmente» disse Miss Marple.
E con voce quieta soggiunse: «Di Lawrence Redding, ecco di chi!»

XXX

La fissammo stupiti. Credo proprio che sul primo momento sospettassimo che fosse uscita di senno. L'accusa sembrava addirittura ridicola.
Il colonnello Melchett fu il primo a ritrovare la parola e quando parlò il suo tono di voce fu pieno di una specie di compassionevole sollecitudine.
«Questo è assurdo, signorina. Il giovane Redding è stato scagionato.»
«È naturale» ribatté Miss Marple. «Ci ha pensato lui a questo!»
«Al contrario» disse il colonnello seccato «ha fatto anzi di tutto per farsi accusare.»
«Sì» disse Miss Marple «ed è riuscito a ingannare tutti; me per prima. Lei si ricorderà, caro signor Clement, che rimasi un po' sconcertata quando seppi che il signor Redding si era confessato autore del delitto. Quella confessione capovolgeva infatti tutte le mie idee e mi faceva credere che fosse innocente... mentre fino a quel momento ero stata convinta che fosse colpevole.»
«Allora aveva sospettato di Redding fin da principio?»
«So che nei libri l'autore di un delitto è sempre colui al quale meno si pensa, ma ho dovuto accorgermi che nella vita reale questa regola non corrisponde a verità. Nella vita succede invece che la verità sta in ciò che salta subito agli occhi. Per quanto la signora Protheroe mi sia sempre piaciuta moltissimo, non avevo potuto fare a meno di accorgermi che si lasciava completamente dominare dal signor Redding e che sarebbe stata pronta a fare qualunque cosa egli le dicesse; ed egli naturalmente non è tipo da fuggire con una donna senza un soldo. Dal suo punto di vista era necessario che il colonnello Protheroe fosse tolto di mezzo... e così lo ha fatto sparire. Appartiene anche lui alla categoria di quei giovani affascinanti che non possiedono neppure l'ombra di senso morale.»
Il colonnello Melchett, che da un pezzetto grugniva con impazienza, non
si poté più trattenere.
«Tutte sciocchezze senza senso! Sappiamo con esattezza matematica quello che Redding ha fatto fino alle sei e quarantacinque e Haydock sostiene che Protheroe è stato ucciso prima di quell'ora. Lei forse crederà di saperla più lunga del dottore, non è vero? O crede che Haydock menta deliberatamente, Dio sa perché!»
«Credo che la dichiarazione del dottore corrisponda a verità. Il dottor Haydock è un uomo onestissimo e naturalmente il colpo è stato sparato dalla signora Protheroe, non dal signor Redding in persona.»
La fissammo di nuovo sbalorditi. Miss Marple spinse indietro lo scialletto di lana che le copriva le spalle e cominciò con quei suoi modi calmi e tranquilli a farci esposizione di fatti incredibilmente stupefacenti, come se si trattasse invece della cosa più naturale del mondo.
«Non avevo creduto opportuno parlare fino a questo momento. La propria convinzione, anche tanto forte da equivalere a una certezza, non ha lo stesso valore di una prova. E a meno di avere una spiegazione soddisfacente anche per i minimi particolari (come dicevo poco fa al signor Clement), non è possibile presentarla in modo abbastanza persuasivo. E la mia spiegazione non era completa... mancava di un particolare. A un tratto, mentre uscivo dalla biblioteca del signor Clement, ho osservato la palma che è nel portafiori vicino alla finestra e... tutta la verità mi si è presentata davanti agli occhi, chiara e lampante come la luce del giorno.» «È pazza... proprio pazza!» mormorò il colonnello.
Ma Miss Marple continuò serenamente, con la sua voce pacata e tranquilla.
«Sono rimasta male, molto male di dover credere una cosa simile, perché ho sempre avuto molta simpatia per quei due disgraziati. Ma sapete, la natura umana è quella che è. E sul principio, quando tutti e due hanno fatto quella stupida confessione, ho provato un senso di sollievo; ero più contenta di quanto non sappia dire e ho cominciato a pensare a chi altri poteva aver desiderato la morte del colonnello Protheroe.» «I sette sospettabili» mormorai.
«Sì, appunto. Pensai prima a quell'Archer... non era probabile che fosse stato lui, ma quando uno è in preda all'alcol non si può mai sapere. Poi pensai naturalmente alla sua domestica Mary. Mary è da parecchio tempo fidanzata con Archer ed è una ragazza un po' stramba. Motivo e occasione! E infatti era stata sola in casa col colonnello! Nulla di più facile che la vecchia Archer avesse rubato la rivoltella del signor Redding per darla all'uno o all'altra di quei due. Pensai anche a Lettice... che anelava alla libertà e desiderava aver denaro da spendere. So di molti casi nei quali le ragazze più belle e più eteree hanno dimostrato di non possedere scrupoli
morali... per quanto gli uomini siano sempre riluttanti a crederlo.» Trasalii.
«Pensai alla racchetta da tennis» proseguì Miss Marple.
«La racchetta?»
«Sì, quella che Clara, la donna di servizio della signora Price Ridley, trovò sull'erba vicino al cancello della canonica. La racchetta poteva far credere che il signor Dennis fosse tornato dal tennis prima di quanto non avesse detto. I ragazzi di sedici anni sono molto suscettibili e mancano di un sano equilibrio. Per qualunque motivo, per amore di Lettice, o per amor suo, caro vicario, la possibilità c'era. E poi naturalmente pensai a lei e al povero signor Hawes. Non a tutti e due insieme, naturalmente, ma alternativamente, come dicono gli avvocati.» «A me?» esclamai stupito.
«Ebbene, sì. Le chiedo scusa... e veramente non ho mai creduto... ma c'era la questione di quelle somme di denaro che scomparivano. Il colpevole in questo caso non poteva essere che lei o il signor Hawes e la signora Price Ridley andava dicendo che il colpevole doveva essere lei... soprattutto perché si opponeva tanto energicamente all'idea di fare una piccola inchiesta. Io naturalmente ho sempre sospettato invece che il colpevole fosse il signor Hawes; mi rammentava troppo quel disgraziato organista, di cui ho parlato altre volte, ma insomma non si poteva esserne sicuri...»
«Dato che la natura umana è quello che è» finii io per lei, ironicamente.
«Appunto. E infine pensai naturalmente alla cara Griselda.»
«Ma la signora Clement era da escludere assolutamente» interruppe Melchett. «Tornò da Londra con il treno delle sei e cinquanta.»
«Così disse» ripeté Miss Marple «ma non ci si deve mai fidare di quello che la gente dice. Il treno delle sei e cinquanta ebbe una mezz'ora di ritardo quella sera, mentre io la vidi coi miei occhi avviarsi verso il Palazzotto alle sette e un quarto. Ne consegue che ella deve essere tornata col treno prece-
dente; fu anzi vista, ma forse lei lo sa già, non è vero?» Mi guardò con aria interrogativa.
La forza magnetica del suo sguardo mi costrinse a tirar fuori la lettera anonima, quella che avevo aperto poco prima. In essa si diceva che Griselda era stata vista uscire dalla porta posteriore del villino di Lawrence Redding alle sei e venti del giorno fatale.
Non dissi nulla né allora né poi dell'orribile sospetto da cui ero stato per un momento assalito. Me l'ero visto passare davanti agli occhi come un incubo: un'antica tresca fra Lawrence e Griselda, il colonnello che lo veniva a sapere, la sua decisione d'informarmene... e Griselda che disperata rubava la rivoltella e chiudeva per sempre la bocca al colonnello. Come ho già detto non fu che un breve incubo ma rivestito per qualche lunghissimo momento di tutta l'orribile apparenza della realtà.
Non so se Miss Marple ebbe la percezione di tutto questo, ma probabilmente sì: ben poche cose le sfuggono.
Mi restituì la lettera con un piccolo cenno della testa.
«Se n'è parlato in tutto il villaggio» mi disse. «E il fatto dava certamente motivo di sospettare, non le pare? Tanto più che la vecchia Archer giurò all'inchiesta che la rivoltella era ancora al suo posto quando lei lasciò il villino quel giovedì a mezzogiorno.»
Fece una breve pausa, prima di riprendere: «Ma sto divagando terribilmente dal mio racconto. Volevo soltanto, perché lo ritengo mio preciso dovere, esporre la soluzione da me data a questo mistero. Se poi loro non mi crederanno, pazienza, io avrò sempre fatto tutto quello che potevo. Non posso dimenticare che il mio desiderio di non parlare senza avere acquistato prima un'assoluta certezza può essere costato la vita al povero signor Hawes.»
Una nuova pausa; quando riprese a parlare il suo tono fu meno timido, più risoluto.
«Ecco dunque come spiego i fatti: giovedì nel pomeriggio il delitto era già stato studiato in tutti i minimi particolari. Il signor Redding andò prima in casa del vicario, sapendo che questi era fuori, e nascose la rivoltella che aveva portato con sé nel vaso che sta nel portafiori vicino alla finestra. Quando il vicario tornò a casa, Redding finse di essere andato da lui per comunicargli che aveva deciso di partire. Alle cinque e mezzo telefonò dalla portineria nord del Palazzotto, facendo la voce da donna (lei si ricorderà che buon attore è sempre stato!).
«La signora Protheroe era già uscita col marito per scendere al villaggio. E, cosa curiosa, ma alla quale nessuno aveva fatto caso, non aveva preso con sé la borsetta, il che è davvero molto strano per una donna. Poco prima delle sei e venti passa davanti a casa mia e si ferma a scambiare due parole con me, in modo da farmi vedere benissimo che non ha nessun'arma nascosta sulla persona e che è del suo solito umore. Questo perché sanno bene tutti e due che io sono molto osservatrice. Poi sparisce dietro l'angolo della casa per avvicinarsi alla portafinestra della biblioteca. Il povero colonnello è seduto alla scrivania per scrivere una lettera. È sordo come tutti sanno. Lei prende la rivoltella dal vaso dove è stata nascosta, gli si avvicina da dietro, gli spara un colpo alla testa ed esce come un lampo per andare nello studio, in fondo al giardino. Chiunque avrebbe giurato che quella donna non poteva avere avuto il tempo materiale di uccidere il marito!»
«Ma il colpo?» obiettò il colonnello. «Lei non ha sentito il colpo.»
«Credo che esista un'invenzione chiamata silenziatore Maxim; così almeno ho letto nei romanzi polizieschi. Mi domando se lo starnuto udito da Clara non fosse in realtà il colpo di rivoltella. Ma questo poco importa. La signora incontrò Redding sulla porta dello studio e dopo entrarono insieme, ma... dato che la natura è quella che è, devono essersi resi conto che io non mi sarei allontana dal giardino finché non li avessi visti uscire.»
Miss Marple non mi era mai tanto piaciuta quanto in quel momento in cui dimostrava una così umoristica percezione della propria debolezza.
«Quando escono hanno un contegno dei più naturali. Qui però commettono in realtà il loro primo errore, perché se veramente si fossero salutati per l'ultima volta, come hanno affermato dopo, non sarebbero stati così tranquilli e allegri. Ma il loro punto debole era proprio questo. Non osarono apparire sconvolti per qualsiasi ragione e per i dieci minuti che seguirono si diedero da fare per procurarsi un alibi, come credo che si dica. Finalmente il signor Redding torna in canonica, tardando a uscirne fino a quando non ne può fare proprio a meno. Probabilmente l'ha vista arrivare da lontano e così ha potuto prendere tutte le sue misure. Riprendere la rivoltella e il silenziatore, lasciare la lettera che aveva già preparato, con l'ora scritta con un altro inchiostro e apparentemente anche da un'altra mano; così quando l'inganno sarà scoperto sembrerà che si sia voluto tentare, poco abilmente, di gettare la colpa su Anne Protheroe.
«Ma quando lascia la lettera trova quella scritta realmente dal colonnello Protheroe: qualcosa di assolutamente inaspettato; essendo un giovane molto intelligente, capisce subito che questa lettera potrà essergli utile più tardi, perciò la porta via. Mette poi le lancette all'ora indicata dalla lettera, sapendo che l'orologio è tenuto sempre un quarto d'ora avanti. Anche questo per la stessa ragione: perché si pensi a un tentativo di rigettare i sospetti sulla signora Protheroe. Poi se ne va e incontrandosi con lei al cancello rappresenta la parte dell'individuo sconvolto fino alla pazzia. Come le ho già detto il signor Redding è un giovane proprio molto intelligente. Che cosa farebbe un individuo che avesse davvero commesso un assassinio?
Cercherebbe di apparire calmo, naturalmente. Perciò il signor Redding la proprio tutto il contrario. Butta via il silenziatore, ma corre alla polizia con la rivoltella e si accusa in un modo tanto drammatico e ridicolo da riuscire a ingannare tutti.»
Quel riassunto degli avvenimenti fatto così da Miss Marple aveva davvero qualcosa di affascinante. La donna parlava con tanta sicurezza da far pensare a noi due che l'ascoltavamo che le cose non potessero essere andate diversamente.
«E lo sparo che proveniva dal bosco?» le domandai. «Era questa la coincidenza a cui alludeva parlando con me?»
«Oh no, vediamo!» Miss Marple scosse vivacemente la testa. «Quella non fu una coincidenza, al contrario, anzi. Era assolutamente necessario che qualcuno udisse lo sparo... altrimenti i sospetti avrebbero potuto continuare a cadere sulla signora Protheroe. Come facesse il signor Redding a far sentire la detonazione non lo so, ma ho sentito dire che l'acido picrico esplode se sopra vi si lascia cadere un peso e lei si ricorderà, caro vicario, di avere incontrato il signor Redding che trasportava un grosso sasso, proprio in quella parte del bosco dove lei più tardi ha trovato un cristallo di acido picrico. Gli uomini sono molto bravi per certe cose: un sasso sospeso sul cristallo e poi un peso a orologeria... o dovrei dire una miccia? Qualcosa che bruciasse in una ventina di minuti, in modo che l'esplosione avvenisse verso le sei e mezzo, quando la signora Protheroe e lui sarebbero usciti alla vista di tutti. È stata un'idea molto ingegnosa, perché che cosa avrebbero potuto trovare più tardi? Soltanto un grosso sasso! Pure egli cercava di portar via anche quello, quando lei lo sorprese.»
«Credo che abbia ragione» dissi ricordandomi che Redding era trasalito quel giorno, quando mi aveva visto. Sul momento non me n'ero meravigliato, ma ora...
Miss Marple mi lesse probabilmente nel pensiero, perché tentennò la testa.
«Sì, deve essere stata una brutta sorpresa per Redding imbattersi in lei in quel momento» mi disse. «Ma riuscì a girar le cose molto bene, fingendo di portare il sasso a me per il mio giardino giapponese. Soltanto» e Miss Marple pronunziò con molta enfasi queste parole «il sasso che mi portò non era certamente adatto allo scopo. E fu questo che mi mise sulla buona via!»
In tutto questo tempo il colonnello Melchett era rimasto immobile, come colpito da un sonno ipnotico, ma ora dette segno di tornare in sé. Grugnì due o tre volte, si soffiò rumorosamente il naso e finalmente disse: «Sorprendente! Addirittura sorprendente!»
Ma non volle sbilanciarsi di più. Credo che anche lui, come me, fosse rimasto impressionato dalla logica certezza della conclusione a cui era giunta Miss Marple, ma per il momento non era disposto ad ammetterlo.
Invece stese la mano per raccogliere la lettera sgualcita e urlò infuriato: «Sta tutto bene! Ma quel disgraziato di Hawes che c'entra allora? Non bisogna dimenticare che ha telefonato per confessare.»
«Sì, ed è stato provvidenziale che l'abbia fatto. Merito della predica del vicario, senza alcun dubbio. Sa, caro signor Clement, che lei ha fatto una bellissima predica stasera? E le sue parole devono aver fatto un'impressione profonda sul signor Hawes, il quale, sentendo probabilmente di non poter più resistere al rimorso, ha deciso di confessare... la sua appropriazione indebita dei fondi della chiesa.» «Come!?»
«Sì... e con l'aiuto della Provvidenza sarà proprio questo che lo salverà. (Perché spero che si salverà: il dottor Haydock è un uomo che sa il fatto suo.) Secondo me il signor Redding conservò questa lettera (correndo un certo rischio, ma probabilmente l'aveva nascosta in un luogo sicuro) e aspettò di sapere con certezza a chi si riferiva. E non gli ci deve esser voluto molto a capire che l'indiziato era il signor Hawes. So che ieri sera lo ha accompagnato a casa e si è trattenuto un pezzo con lui. Sospetto che in quel momento abbia sostituito un cachet dei suoi con uno di quelli del signor Hawes e che gli abbia cacciato la lettera nella tasca della veste da camera. Il povero giovane avrebbe inghiottito il cachet senza sospettare di nulla, e dopo la sua morte, frugando fra la sua roba, si sarebbe trovata la lettera e tutti sarebbero stati persuasi che il colonnello lo avesse ucciso lui e che in seguito il rimorso l'avesse spinto a togliersi la vita. Non mi stupirebbe però che il signor Hawes avesse trovato questa lettera poco dopo aver inghiottito il fatale cachet. Nel disordine della sua mente deve essergli sembrato che il fatto avesse del miracoloso e venendo dopo la predica del vicario deve avergli fatto sentire l'imperioso bisogno di confessare...»
«Sorprendente!» ripeté il colonnello «sorprendente, parola d'onore. Però non ci credo.»
Nessuna delle sue dichiarazioni era mai stata fatta con un tono di voce così poco convincente. Lui stesso probabilmente se ne accorse, perché proseguì: «E mi potrebbe spiegare l'altra telefonata? Quella ricevuta dalla signora Price Ridley è partita, a quanto pare, dal villino di Redding?»
«Ah! La coincidenza a cui alludevo è proprio questa» spiegò Miss Marple. «L'autrice della telefonata è stata la nostra cara Griselda, d'accordo col signor Dennis, se non m'inganno. Avevano udito le voci che la signora Price Ridley andava spargendo a carico della canonica e immaginarono quel modo (abbastanza infantile, bisogna convenirne) d'incuterle paura e costringerla al silenzio. La coincidenza consiste nel fatto che la telefonata avesse luogo proprio nel momento in cui si udì il finto sparo nel bosco, in modo che tutti pensammo a un rapporto fra i due fatti.»
Mi ricordai a un tratto che tutti quelli che avevano udito lo sparo lo avevano descritto come diverso dai soliti. E infatti avevano ragione; soltanto sarebbe stato un po' difficile dire in che cosa consistesse la differenza.
Il colonnello Melchett si schiarì la gola.
«La sua conclusione è molto plausibile, Miss Marple, ma lei mi permetterà di farle osservare che non appoggia su nessuna prova.»
«Lo so, ma lei ci crede, non è vero?» disse Miss Marple
Seguì una pausa, dopo la quale il colonnello ammise un po' riluttante: «Sì, ci credo. Dopo tutto è proprio questa l'unica soluzione possibile. Ma non ci sono prove... neppure una.» Miss Marple tossì.
«Ecco perché ho pensato che forse... date le circostanze...»
«Sì?»
«Può essere lecito tendere una piccola trappola.»

XXXI

Tanto il colonnello Melchett che io la guardammo stupiti. Una trappola? Che genere di trappola?
Miss Marple esitava a parlare, ma si vedeva benissimo che aveva in testa un piano ben definito.
«Supponiamo per esempio di telefonare al signor Redding per metterlo sull'avviso.»
Il colonnello Melchett sorrise.
«"Tutto è stato scoperto, fuggite!" È un'astuzia vecchia quanto il mondo questa, Miss Marple, benché bisogna ammettere che spesso riesce! Ma nel caso di Redding non mi fiderei! È troppo furbo per mordere all'amo.»
«Bisognerebbe dirgli qualcosa di più preciso, lo capisco benissimo anche da me» ammise Miss Marple. «La telefonata potrebbe partire per esempio (questo è un semplice suggerimento) da qualcuno conosciuto per avere delle idee tutte sue speciali su questo argomento. Dai discorsi che fa si potrebbe benissimo credere che il dottor Haydock, per dirne uno, consideri i delitti, compresi gli omicidi, da un punto di vista molto diverso dal nostro. Se egli si prestasse a lasciar capire che qualcuno... non so la padrona di casa, magari, o uno dei suoi figli, ha realmente visto la sostituzione del cachet... ebbene, se il signor Redding è innocente non se ne curerà, ma se non è...»
«Se non è innocente?»
«Potrebbe essere indotto a commettere qualche sciocchezza.»
«Che ce lo consegnerebbe nelle mani. Questo è possibilissimo e la trovata è molto ingegnosa, Miss Marple. Ma crede che il dottor Haydock si presterà? Ha detto anche lei che le sue idee...» Miss Marple lo interruppe vivacemente.
«Oh! Ma quelle sono teorie! E la teoria è sempre molto diversa dalla pratica, non le sembra? Ma in ogni modo ecco qui il dottore; possiamo domandarlo a lui.»
Haydock si sorprese di trovare Miss Marple in mezzo a noi. Aveva l'aria stanca e abbattuta.
«È stato un miracolo» ci disse «un vero miracolo, ma credo che ormai lo possiamo considerare fuori pericolo. È dovere del medico salvare i malati e io l'ho salvato, ma sarei stato più che lieto se non ci fossi riuscito.»
«Forse cambierà idea quando avrà saputo ciò che stiamo per dirle» osservò il colonnello.
E con parole brevi e succinte gli espose la teoria di Miss Marple, terminando con il consiglio che lei aveva dato.
Godemmo del privilegio di assistere coi nostri occhi a ciò che Miss Marple intendeva per differenza fra la teoria e la pratica. Si sarebbe detto che le idee di Haydock avessero subito una completa trasformazione; credo che in quel momento egli sarebbe stato felice di vedersi presentare la testa di Lawrence Redding. E forse non era tanto i idea dell'omicidio commesso ai danni del colonnello Protheroe che risvegliava fino a quel punto la sua sete di vendetta, quanto il tentativo contro quel disgraziato di Hawes.
«Che mascalzone, che delinquente!» ripeteva. «Quel povero diavolo di Hawes! Pensate che ha ancora la madre e una sorella e che la macchia di avere per figlio e per fratello un assassino avrebbe accompagnato fino alla tomba quelle povere donne; senza contare il loro atroce dolore! Che vigliacco! Se questo è vero, contate pure sul mio aiuto. Quel delinquente non merita di vivere. Prendersela così con un disgraziato senza difesa come Hawes!»
Un cane zoppo, di qualunque specie sia, può sempre contare sulla pietà di Haydock.
Egli stava discutendo animatamente col colonnello tutti i particolari della trappola, quando Miss Marple si alzò per andarsene. Insistetti per accompagnarla.
«Lei è troppo gentile, signor Clement» mi disse quando fummo nella strada deserta. «Povera me! È mezzanotte passata. Spero che Raymond sia andato a letto senza aspettarmi.»
«Avrebbe potuto accompagnarla» osservai.
«Non gli ho detto nulla» disse Miss Marple.
Io sorrisi a un tratto, ricordando la sottile analisi psicologica che Raymond West aveva fatto del delitto.
«Se la sua teoria risulta esatta, come io non dubito, Miss Marple, lei potrà cantar vittoria su suo nipote.»
Miss Marple sorrise anche lei... di un sorriso indulgente.
«Mi ricordo di una frase della mia prozia Fanny. Io avevo allora sedici anni e la giudicavo stupidissima.» «E qual era?» domandai.
«La zia diceva sempre: "I giovani credono che i vecchi siano sciocchi, ma i vecchi sanno che i giovani sono sciocchi!".»

XXXII

Non mi resta ormai molto da raccontare. La trappola ideata da Miss Marple ebbe pieno successo. Lawrence Redding non era innocente e all'accenno di un testimone della sostituzione del cachet fece davvero una sciocchezza. Tale è il potere di una cattiva coscienza.
Si trovava però in una situazione un po' critica. Il suo primo impulso sarà stato certamente quello di fuggire, ma non poteva abbandonare così la sua complice. Non poteva partire senza prima parlare con lei e non osò rimandare l'avvertimento alla mattina. Così andò quella notte stessa al Palazzotto, seguito da due dei migliori agenti del colonnello Melchett. Tirò una manciata di ghiaia contro la finestra di Anne, la svegliò e le bisbigliò affannosamente qualcosa che la indusse a scendere per parlare con lui. Indubbiamente si sentivano più sicuri fuori che in casa, con la possibilità che Lettice si svegliasse da un momento all'altro. Ma così i due agenti udirono ogni parola della conversazione che ebbe luogo fra loro. E dopo non poté più esserci dubbio; Miss Marple aveva avuto ragione in tutto.
Il processo di Lawrence Redding e di Anne Protheroe è noto al pubblico e io non ho nessuna intenzione di riportarlo qui. Dirò soltanto che il merito principale fu attribuito all'ispettore Slack, che col suo zelo infaticabile e con la sua intelligenza era riuscito ad assicurare i due colpevoli alla giustizia. Naturalmente nessuno fece parola della parte avuta da Miss Marple in quella faccenda. Lei stessa ne sarebbe stata terrorizzata se qualcuno glielo avesse suggerito.
Lettice venne da me pochi giorni prima del processo. Entrò dalla portafinestra della biblioteca avendo come al solito tutta l'aria di esservi spinta dentro da una mano invisibile. E mi disse che fin da principio era stata convinta della complicità della matrigna. La perdita del berretto giallo era stata una semplice scusa per poter fare delle ricerche in biblioteca. Aveva sperato, contro ogni verosimiglianza, di trovare qualche indizio trascurato dalla polizia.
«È che loro non l'odiavano tanto quanto l'odiavo io, capisce» mi disse «e l'odio facilita sempre le cose.»
Delusa nella sua speranza di trovare anche un piccolo indizio, aveva buttato a bella posta l'orecchino sotto la scrivania.
«Dal momento che sapevo che l'aveva ucciso lei, che importava? Tutti i mezzi erano buoni. Ucciso, l'aveva certamente ucciso lei!»
Sospirai. C'è sempre qualcosa che Lettice non vede. Da certi lati soffre di una specie di daltonismo morale.
«Che farà lei, Lettice?» le domandai.
«Quando... quando tutto sarà finito lascerò l'Inghilterra.»
Esitò un momento, poi soggiunse: «Vado all'estero con mia madre.» Alzai gli occhi stupito.
«Non ha mai indovinato? La signora Lestrange è mia madre. È... è molto malata, non lo sa? Voleva rivedermi e perciò è venuta qui sotto falso nome. Il dottor Haydock l'ha aiutata in questo. Il dottore è un suo vecchio amico... un tempo le ha voluto bene certamente, si vede benissimo. E forse gliene vuole ancora. Gli uomini hanno sempre perso la testa per la mamma, credo. È molto attraente anche ora. Sia. come sia, il dottor Haydock ha fatto di tutto per aiutarla. Lei non voleva farsi conoscere col suo vero nome per evitare le chiacchiere e i pettegolezzi della gente. È venuta dal babbo quella sera e gli ha detto che soffriva di una malattia mortale e aveva un gran desiderio di rivedermi, almeno per un poco. Ma il babbo era stato irremovibile. Le ha detto che aveva perso qualsiasi diritto, che io la credevo morta (come se io avessi mai bevuto quella storiella). Gli uomini come il babbo non vedono mai molto più in là del loro naso.
«Ma la mamma non è donna da cedere tanto facilmente. Aveva ritenuto più onesto andare prima dal babbo, ma quando lui rifiutò così brutalmente il suo consenso, mi scrisse una lettera e io lasciai il tennis e mi incontrai con lei in fondo al viottolo alle sei e un quarto. Il nostro incontro fu brevissimo; non facemmo altro che fissarne un altro per poter stare di più insieme. Ci lasciammo prima delle sei e mezzo. E dopo fui presa dal terrore all'idea che potessero sospettarla di avere ucciso lei mio padre. Dopo tutto un motivo di rancore contro di lui lo aveva. Ecco perché tagliuzzai quel suo vecchio ritratto che stava in soffitta. Avevo paura che la polizia venisse a mettere il naso per tutta la casa e che trovandolo la riconoscesse. Anche il dottor Haydock aveva paura! Credo che in certi momenti gli venisse anche il dubbio che fosse stata proprio lei! La mamma è... è una disperata, pronta a correre qualunque rischio, senza pensare alle conseguenze.» Fece una pausa.
«È una cosa curiosa: lei e io ci apparteniamo come io non ho mai appartenuto a mio padre. Ma la mamma è diversa e in ogni modo ho deciso di andare all'estero con lei e di non abbandonarla più fino... fino all'ultimo.» Si alzò dal suo posto e io le presi le mani.
«Che Dio vi benedica tutte due» le dissi. «Un giorno o l'altro godrà anche lei di tutta la felicità desiderabile, Lettice.»
«Sarebbe giusto, infatti» mi rispose tentando di ridere. «Non si può dire che finora ne abbia avuta troppa, non le pare? Ma pazienza! Lei è sempre stato molto buono con me! Lei e Griselda.» Griselda!
Le dovetti confessare quanto fossi stato sconvolto da quella lettera anonima e lei prima ne rise, poi mi fece una bella predica.
«In ogni modo ho deciso di diventare da qui in avanti una persona seria e timorata di Dio» finì col dirmi.
La ricompensai della promessa con un tenero abbraccio, ma a un tratto lei mi respinse, arrossendo leggermente.
«Miss Marple! Che seccatura!»
Per nascondere il nostro imbarazzo ci mettemmo subito a parlare del processo Protheroe e del dottor Stone, il quale non era altro, a quanto si seppe, che un notissimo furfante, abituato ad adottare i nomi più vari. Posso aggiungere a questo proposito che la signorina Cram fu esonerata da qualsiasi sospetto di complicità. Aveva finito per ammettere di essere andata a nascondere la valigia nel bosco, ma l'aveva fatto in buonissima fede, credendo ciecamente al dottor Stone il quale le aveva detto di temere la rivalità di certi suoi colleghi archeologi, i quali non si sarebbero arrestati neppure davanti a un furto pur di riuscire nel loro intento di screditarlo. E la ragazza aveva apparentemente bevuto questa incredibile invenzione. E ora, se si deve dar retta alle chiacchiere del villaggio, è alla ricerca di un articolo più genuino in fatto di scapoli anziani che richiedano l'opera di una segretaria.
«Sarei curioso di sapere» dissi io a un tratto «se ci sarebbe qualcuno capace di scoprirla, se mai le venisse l'idea di commettere un omicidio, Miss Marple.»
«Per l'amor del cielo!» esclamò la vecchia signorina inorridita «spero proprio che non sarò mai capace di commettere un'azione così malvagia.» «Ma poiché la natura umana è quella che è...» mormorai io.

FINE