martedì 12 settembre 2017


UN BACIO

Di Gianfranco Giudice
Foto. Mark Khaisman. Un bacio
Trent’ anni, cosa sono trent’anni? Sono tre decenni, oppure sei lustri e tante altre combinazioni numeriche possibili. Un tempo trent’anni anni di lavoro erano quasi sufficienti per andare in pensione. Se consideriamo la vita media di un uomo oggi nella parte ricca del mondo, trent’anni sono oltre un terzo di essa. Ma potrebbe essere anche oltre la metà, se si è più sfortunati e si vive altrove. Oppure tutto quel tempo può essere una vita intera, se pensiamo alle scelte, le opportunità e le possibilità che ogni esistenza porta e consuma con sé nei suoi anni migliori. Trent’anni anni sono un tempo che separa due epoche della storia, come due vite.
In una calda giornata di agosto lui e lei si erano rivisti, per qualche ora da soli, esattamente dopo trent’anni anni lungo i quali si erano qualche volta sentiti per telefono, o scritti qualche brevissimo saluto e visti un paio di volte, ma mai da soli. Lui sapeva che questa volta l’avrebbe trovata, così aveva percorso una lunghissima  strada per rivederla. Lei si era fatta trovare e lo aveva chiamato.
Esistono amori che iniziano e finiscono. Amori che non iniziano e dunque non possono neppure finire. Esistono però anche amori che iniziano, prendono corpo con prepotenza, quella irripetibile  dei vent’anni, iniziano a volare che ti sembra di possedere l’universo in due… e poi, come di schianto, improvvisamente finisce tutto, come accade con un fuoco che arde  se lo chiudi sotto una campana di vetro. Perché tutto deve semplicemente finire, non esistendo altre possibilità, a causa di quello che chiamiamo per metterci a posto l’anima fato o destino. Un amore così quando capita dura una vita intera,  perché è una possibilità mai realizzata, ideale che non si è fatto mai reale e per questo può vivere in eterno, tornando a splendere ogni volta che un raggio di luce lo  illumina e lo scalda.
Quel tardo pomeriggio di agosto nella  città vecchia il sole è oramai al tramonto, in anticipo essendo al Sud. La luce illumina il Duomo, i palazzi storici piuttosto malandati lungo il corso principale che conduce salendo sulla piazza, dove sorge un antico convento oggi sede di un palazzo pubblico insieme al teatro cittadino e ad un’ antica Accademia. Nella grande piazza al centro c’è la grande statua di un filosofo, personaggio insigne dello splendore culturale passato della città. Proprio sotto lo sguardo inquieto e pensoso del pensatore, seduto su un grosso scanno che regge un volume con la mano appoggiata sulla gamba, dopo trent’anni anni lui e lei si rivedono.

Dalla grande piazza inizia su un lato il parco della Villa comunale, così fu naturale per entrambi dopo essersi incontrati iniziare a passeggiare verso i viali, sfiorandosi appena con le mani. Lei cerca di evitare il contatto, lui dopo avere fatto qualche passo non riuscendo più a trattenersi le appoggia delicatamente una mano sul collo, sfiorandole e poi accarezzandole con garbo i capelli. La donna sentendo questi movimenti leggeri che la sfiorano più che toccare non si ritrae. Camminano lungo i viali nel parco senza parlare, quasi ipnotizzati dal miracolo di questo incontro che è come fosse uscito dall’archeologia delle loro anime. Incrociano altre persone che passeggiano, ma è come se fossero completamente soli nell’ombra sotto le piante. Arrivano ad un punto panoramico, una terrazza rivolta su una parte della città vecchia oltre il fiume. Lui si ferma e guarda indicando un antico palazzo un tempo sede del carcere e del tribunale, oggi ospita una Galleria Nazionale. Il palazzo cinquecentesco era di una delle famiglie più potenti del luogo e si trova su uno dei sette colli su cui sorge la città vecchia,  fu acquistato dal Fisco Regio divenendo sede palazzo di giustizia. Sotto la volta d’ingresso si può ammirare ancora un enorme stemma dell’antico  Regno che dominava queste terre. Da ragazzino lui ci andava spesso a passeggiare girandogli attorno, così ogni volta che rivede il palazzo ergersi imponente col suo colore salmone, non può non fermarsi per osservarlo e ammirarlo con la mente invasa da tanti ricordi. Guardare orizzonti, panorami e prospettive è da sempre la sua passione, non potrebbe vivere senza. Così come se gli capita di trovarsi insieme a un’altra persona non riesce a fare a meno di spiegare in modo didascalico quel che vede e  gli interessa particolarmente. Mentre l’uomo sta parlando, la donna con quel sorriso stupendo che tanti anni prima gli fece perdere la testa, guardandolo gli dice: ”Mi ricordo che facevi così anche una volta, dovevi sempre spiegare tutto!”. Lui la guarda tra divertito e compiaciuto rispondendole quasi serio: ”Sarà la deformazione professionale dell’insegnante…”, poi accorgendosi che quella spiegazione non risulta troppo convincente aggiunge: ”Però in effetti allora non insegnavo …evidentemente è una mia caratteristica”.  Lei ascolta questo tentativo di autogiustificazione e sempre ridendo gli risponde: ”Sì, ecco, sarà così!”. Anche lui si mette a ridere di fronte a questa simpatica confessione, vorrebbe darle un bacio e anche lei sente che vorrebbe dargli un bacio proprio in quel momento, perché darsi un bacio è sempre questione di un momento, di un attimo da cogliere al volo prima che se ne vada per sempre. Si sfiorano solo le labbra  per non rompere un equilibrio sottile, resistente per quanto precario, che lui e lei sapevano di dovere mantenere incontrandosi  dopo così tanti anni. Che poi il bacio non se lo siano dati ma lo abbiano solo sfiorato, perché non potevano darselo, non conta molto. Ci sono baci non dati ma solo immaginati che sono intensi come cento e mille baci dati e ricevuti. Così come certi intrecci di mani o di pelle che sfiora la pelle, valgono come avere fatto l’amore.

Non hanno mai parlato di ricordi, non lo hanno fatto mai neppure nelle pochissime occasioni in cui si sono parlati negli oltre trent’anni trascorsi. Guardandosi e sfiorandosi hanno insieme assistito al miracolo di ciò che essendo non può non essere, come un enigma del tempo che non passa e non può passare,  perché fu amore vero sfiorato, assaporato e mai vissuto, camminando si dicono tutto questo. Prima di salutarsi per rivedersi chissà quando, magari mai più considerati i ritmi degli incontri e l’età oramai raggiunta…decidono di bere un aperitivo seduti al caffè più bello della città, aperto all’inizio dell’800 sulla piazza del palazzo arcivescovile. Più che parlare, passano quel poco tempo che rimane loro da trascorre assieme guardandosi  e sorridendosi, per potere poi custodire gelosamente ciascuno l’immagine dell’altro dentro di sé. Fecero alcune ipotesi assurde su come la loro vita sarebbe stata se le cose fossero andate diversamente da come sono effettivamente andate. Oppure su come sarebbero oggi se fossero diverse da come sono. Ogni storia ha la sua necessità, data dal fatto che le cose sono quel che sono e non ha senso chiedersi come sarebbero se fossero andate diversamente da come sono andate. Il problema è che l’uomo non è solo ragione, è anche sentimento, immaginazione e libertà, quantomeno illusione di averla, per questo alla fine ha sempre senso farsi qualunque domanda . Ad un certo punto mentre sono seduti al tavolino, l’uno di fronte all’altro, lei gli dice: ”Tu sei sempre molto razionale…”. Quelle parole si riferiscono  al fatto che lui vorrebbe un bacio, solo un bacio,  per questo ha voluto incontrarla. Lei invece non vuole che quel bacio ci sia, pur desiderandolo, per non toccare ciò che sta ben rimosso e sepolto in profondità da tantissimo tempo. Un bacio vero riaprirebbe ferite profonde, a lungo sanguinanti prima di cicatrizzarsi. Lui lo sa bene, ma nonostante questo vorrebbe baciarla ed essere baciato lo stesso, perché come le dice ad un certo punto, l’amore vero è anche sofferenza. Lui in effetti è molto razionale, ma in fondo cos’è la ragione, se non la pellicola superficiale e provvisoria sopra un mare di irrazionalità? E’ una pellicola importante, perché senza di essa non potremmo vivere. Questa pellicola tuttavia va continuamente nutrita, altrimenti si secca e inaridisce diventando inutile per la stessa sopravvivenza a cui è utile. La ragione va alimentata con la corrente calda della vita che non conosce ragione alcuna. Questa è la dialettica eterna del vivere. Si è fatto tardi, lui e lei si alzano dal tavolino del caffè, si salutano abbracciandosi e sfiorandosi appena le labbra, prima che ognuno si allontani per la propria strada.

Tremendamente razionale com’è, prima di rivedersi lui aveva inviato a lei questi versi, una preparazione per il loro incontro:

Tanto tempo è passato
Regalami un bacio
Oggi che siamo vecchi
Davanti al tramonto
Rosso di questa sera
Così che io possa sempre
Per sempre tenerti con me
E mai più niente impedirà
Che un cuore accarezzi
L’altra metà di un cuore.