venerdì 8 giugno 2018

LE STORIE, PRIMA VOCE,        1913
Hermann Broch
Estratto da "Gli incolpevoli"
Millenovecentotredici-,perché farne poesia?
Per ripassare al vaglio la giovinezza mia.
Un padre ed un figlio andavano avanti
da anni e da anni: — Ora basta, son stanco, -
dice il figlio ad un tratto. - Ma dove finiamo?
Tutto è più orrendo di prima, all’inizio;
pessimo è il tempo e pericoli intorno
minacciano in folla, spettri e demoni -.
Replica il padre: - In splendida scorta
procede il progresso. Chi osa toccarlo?
Tu con il dubbio lo turbi e i pavidi sguardi;
perciò gli occhi chiudi in cieca fiducia!
Il figlio risponde: - Mi prende un gran freddo -,
a te non ha fatto davvero mai male?
Su strada spettrale — vedi! - giungiamo,
il nostro progresso - vedi! — è un perpetuo
segnare il passo sul posto, e il terreno
sotto i piedi ci ha tolto, onde noi
turbiniamo attorno come piume leggere.
Illusione è la marcia: le manca lo spazio -.
E il padre: - Ma dunque non schiude ogni passo
divinamente agli umani infinite
distese? All'Illimitato conduce
il Progresso, e tu lo chiami fantasma!
- Beneficati dal progresso, maledetti dal progresso,
proprio il progresso ci ha distrutto lo spazio,
senza il quale nessuno procede,
e tolto lo spazio all’uomo fu tolto
il peso. E questo è il volto nuovo del mondo:
all’anima, no, non serve il progresso,
e molto, invece, un peso nuovo le serve —.
Il padre scuote, marciando, la testa: - Oh destino!
Mio figlio è diventato un perfetto codino -
.
O primavera d’autunno;
non ci fu primavera più bella
di quella primavera d’autunno.
Rifioriva il passato,
l’ordine disciplinato,
la più amabile quiete
prima della tempesta.
Sorrideva anche Marte.
.
E ammesso pure che di fronte alla
molteplicità di sofferenze, che gli uomini
sanno recarsi l’un l’altro, la guerra
non sia dei mali il peggiore, è sempre
il più stupido
e dalla madre di tutte le cose, la guerra,
la stupidità è insopprimibilmente
passata in eredità al mondo degli uomini.
O pianto, sventura!
La stupidità essendo mancanza d’immaginazione,
sputa astrazioni, va cianciando di sacro,
di suolo patrio, di onore nazionale,
blatera di donne e bambini
che son da difendere. E poi,
quando si viene al punto,
è senza parole, ed i volti
le membra, i corpi dei maschi
straziati
sono per lei inimmaginabili
come la fame
che alle donne fedeli e ai teneri
pargoli impone.
Stupidità miseranda, pietosa,
quella dei filosofi inclusa e la
stupidità dei poeti,
che — bava allo spirito, bava alla bocca -
blaterano della santità della guerra:
pure devono anche loro guardarsi
dalle bandiere che sulle barricate garriscono:
stanno in agguato anche qui
le chiacchiere astratte,
la sanguinoso-anemica, pregna di mali futuri,
mancanza di responsabilità.
O pianto, o sventura!
.
Nello spazio, che spazio non poteva esser detto,
gli angeli tutti avendovi trovato
un posto
e tutti i santi stando loro accosto,
goticamente l’anima un tempo abitava.
Non le servivano suolo, volta, progresso,
il suo procedere essendo
un ondeggiare tenuto dall’alto,
eterno infinito inserirsi-intrecciarsi
nel Senza-Errore.
Ma qui, quando a lui già cenno
l’Infinito faceva, fu nuovamente respinto
lo Spirito
allo spazio dell’al-di-qua
e riconquistarlo dovette come un guadagno,
Alto, Largo, Profondo assumendo
quali forme assolute dell’essere;
cosi il Sapere,
che in compromessi sangue tormenti
divenne ora Progresso,
nel suo nuovo inizio fu confusione
di stregonerie ed eresie, rozzamente scisso nelle fedi,
implacabile in infernali torture, eppure già aperto
all’umano, Barocco grande per conoscenza,
ad ogni indagine pronto, nella Figura terrena
di nuovo intuisce l’Infinità.
Ma, medesimo gioco d’un tempo - dallo Spirito quasi
raggiunto, l’Infinito gli sfugge, addita spazi più ignoti
e il margine di conoscenza e quei gelidi sogni
della parola ammutita, del suono assordito, dove
l’Immagine stessa vien meno:
nessuna misura è qui più misura, non vi abita angelo,
non vale patto giurato,
vegetazione selvaggia di Ciò-che-non-ha-direzione,
lussureggiare che in orrida forma scambia
Lontano e Vicino, un ribollire fumoso
che, sortilegio di abile strega, Caldo in Freddo commuta,
poiché, incommensurabile per assenza di spazio,
uno Spazio qui sorge, lo Spazio dell’epoca nuova,
si apre improvviso a tormenti - o l’oppressione del cuore! -
sboccia-esplode alle guerre - o peccati sopra peccati! -
affinché l’anima umana ancora una volta risorga.
.
È il tempo della gioventù borghese:
denaro, amore: a storie come queste
pensa e fermamente intende rinunciare
ad altro, mondo a mondi accostando con
problemi di gelosia; è un accessorio,
Dio, applicabile in poesia,
e la politica, a chi sbirciando nel giornale
considera peccato ora nel volgo
questa che un tempo era virtù di principi,
la politica appare assai spregevole,
ciò che lo esenta da ogni dovere
nei confronti del prossimo. È finito
il millenovecentotredici cosi
con vuoto chiasso d’anime e gesti
da melodramma ed era pure ancora
l’arco leggero e bello, era il soffio
del rito d’amore, l’eco di feste
d’un tempo, colletti rigidi, pizzi,
o fascino delle gonne a campana,
o ultimo tenero anno
nel congedo al Barocco!
Le cose sopravvissute, ammuffite da
tempo, acquistano anch'esse
al congedo il colore soave
della malinconia,
o il Tempo-che-fu!
O Europa, o secoli dell’Occidente,
ordinata vita di Roma,
saggia libertà d’Inghilterra
opposte una all’altra ed ora
l’una e l’altra ormai minacciate,
e ancora risorge il Passato,
l’ordine consueto dei simboli terreni,
in cui - o Chiesa possente - tutto spiegato
l’Infinito rispecchia se stesso,
il rispecchiamento del cosmo
nella pace dell’accordo di terza,
nelle lente sue riduzioni e accordanze.
E fu questa la dignità dell’Europa,
il movimento frenato, l’intuizione del Tutto,
in progressione le linee seguendo
di una musica che - o cristianità
di Sebastiano Bach - contempla
come l’occhio dell’Al-di-qua, ciò che è al-di-là
coniando, si che in alto ed in basso
si articoli nei suoi nessi,
il processo dell’ordine e della libertà costumata,
esteso da simbolo a simbolo con
movimento sostenuto fino ai Soli
più occulti,
il Cosmo Occidentale.
Ed ecco repente si mostra che
tutto è tutto insieme,
slegate le immagini, immobili per moto veloce,
a stento simbolo ancora,
finito e infinito ad un tempo,
dissonanza che attira e minaccia.
Insopportabile è ora l’accordo di terza
e comico insieme,
tradizione in cui non si riesce
più a vivere.
Crollano Tartaro, Elisio uno sull’altro
indistinguibili ormai.
Addio Europa; la bella tradizione è alla fine.
.
Din don gloria,
in battaglia si va;
perché, non lo sappiamo,
ma spalla a spalla starsene,
starsene nella fossa,
chissà, ci fa piacere.
Sta a casa, buona buona,
la nostra fidanzata
e piange sconsolata.
Ma ride delle lacrime
di donna il buon soldato
cavallerescamente
quando davanti al nemico
con din e don e gloria,
crepita come grandine
e spara il suo cannon.
Alleluja, Alleluia
in battaglia si va.