giovedì 7 giugno 2018


PARABOLA DELLA VOCE Hermann Broch
Gli incolpevoli 
Andarono un giorno i discepoli da Rabbi bar Chemjo, che più di duecento anni or sono viveva in grande fama in Oriente e chiesero:
- Perché, Rabbi, il Signore, santo è il suo nome, ha levato la voce, quando diede inizio alla creazione? Se con la sua voce avesse voluto parlare alla luce, alle acque, agli astri e alla terra così come a tutte le creature che su di essa si trovano, e avesse voluto chiamarle ad esistere affinché tutte insieme lo udissero e seguissero il suo comandamento, esse cose avrebbero dovuto per questo essere già presenti. E invece non ve ne era alcuna. Nessuna poteva udirlo, poiché Egli le ha fatte solo dopo aver levato la sua voce. E questa è la nostra domanda.
Allora Rabbi Levi bar Chemjo alzò le sopracciglia e molto a contraggenio rispose:
- La parola del Signore, santa come il suo nome, è il suo silenzio e il suo silenzio è la sua lingua. La sua vista è cecità e la sua cecità è vista. Il suo fare è non-fare e il suo Non-fare è Fare. Andate a casa e pensate a queste cose.
Turbati, perché lo avevano manifestamente irritato, se ne andarono e tornarono il giorno dipoi in preda a timorosa esitazione:
- Perdona, Rabbi, - cominciò esitante colui che essi avevano scelto a parlare, - ci hai detto ieri che per il Signore, santo è il suo nome, Fare e Non-fare è la medesima cosa. Ma come mai, allora, separò egli stesso il suo fare dal suo non fare, riposando il settimo giorno? E come può Egli, che può ottenere tutto con un solo soffio, sentirsi stanco e bisognoso di riposo? Era l’opera della creazione per lui fatica tale, da voler Egli incitare se stesso a compierla, con la sua propria voce?
Gli altri approvarono questo discorso. E notando il Rabbi come essi lo osservassero angosciati dal timore di vederlo ancora una volta scontento, si pose una mano davanti alla bocca, perché non scorgessero il suo sorriso dietro la barba, e disse:
- Lasciate che vi risponda con un’altra domanda. Perché Colui, che si è annunciato nel suo santo nome, ha raccolto intorno a sé le schiere degli Angeli? Forse perché lo sostenessero, non avendo egli tuttavia necessità alcuna di aiuto? Perché si è circondato di loro, dal momento che egli basta a se stesso? Andate ora a casa e meditate su quanto vi ho detto.
Andarono a casa stupiti della domanda che egli aveva loro posto e, dopo aver trascorso metà della notte a soppesare il Pro e il Contro, tornarono il mattino dal Maestro e gli annunciarono lieti:
- Crediamo di avere capito la tua domanda e di potervi rispondere.
- Fatemi sentire, - disse Rabbi Levi bar Chemjo.
Ed essi si sedettero dinanzi a lui e il loro portavoce prese a spiegare quello che avevano trovato nella loro mente:
- Poiché, o Rabbi, secondo la tua interpretazione, il tacere e il parlare per il Signore, sia benedetto il suo nome, e in genere ogni altra cosa altrettanto contrastante significa sempre una e medesima cosa, sicché in ogni suo silenzio è contenuta anche la sua parola, e poiché tuttavia Egli ha deciso, che un parlare che nessuno udisse sarebbe stato senza senso, cosi come senza senso sarebbe un’azione che si muovesse nel vuoto increato. Egli acconsenti, ai fini del compimento delle sue santissime qualità, di aver bisogno che gli Angeli lo circondassero ascoltando. È quindi a loro che ha rivolto la sua voce, quando ha ordinato la creazione, ed essi, che seguirono l’opera immane, ne furono a tal segno esauriti, che ebbero bisogno di riposo: ed ecco che Egli riposò insieme a loro il settimo giorno.
Grande fu dunque il loro spavento, allorché Rabbi bar Chemjo scoppiò a questo punto in una sonora risata: rideva e per il gran ridere gli occhi, sopra la sua barba, diventavano piccoli.
- Sicché voi ritenete il Signore, santo è il suo nome, una sorta di burlone al cospetto dei suoi Angeli, un prestigiatore da fiera di paese, che dà un colpo di bacchetta e annuncia i suoi pezzi di bravura? Sto per credere che abbia creato pazzi come voi per poterne ridere, come faccio io ora, poiché in verità la sua serietà è riso e il suo riso è serietà.
Si vergognarono i discepoli e furono tuttavia contenti di vedere il loro Rabbi cosi gaio, per cui chiesero:
- Aiutaci un poco, avanti, Rabbi.
- Lo farò, - rispose il Maestro. - Lo farò e mi voglio servire di un’altra domanda. Perché Dio, il santissimo, ha impiegato sette giorni per la sua creazione, quando avrebbe potuto condurla a temine nel volgere di un attimo
Andarono quelli a casa per prendete consiglio e quando il giorno seguente comparvero alla presenza del Rabbi, sapevano di essere ormai prossimi alla soluzione; ma il loro portavoce disse:
- Tu ci hai mostrato il cammino, Rabbi, e noi abbiamo riconosciuto che il mondo che il Signore, sia santificato il suo nome, ha creato, esiste nel tempo e che perciò la creazione, in quanto apparteneva già al creato, abbisognava di un principio e di una fine. Ma, a causa del principio, il tempo doveva essere già presente, e per il tratto di tempo anteriore all’inizio della creazione, c’erano gli Angeli, per percorrere veloci il tempo con le loro ali e portarlo. Senza gli Angeli non ci sarebbe stata neppure l’atemporalità di Dio, nella quale, secondo il suo santo volere, è adagiato il tempo.
Rabbi Levi bar Chemjo sembrò soddisfatto e disse:
- Ora siete sul giusto cammino. Ma la vostra prima domanda riguardava la voce, che il Signore nella sua santità aveva levato per la sua creazione. Ebbene?
Dissero allora i discepoli:
- Grande fatica ci è costato giungere fino al punto che ti abbiamo esposto. Ma all’ultima domanda, che era la nostra prima, non siamo ancora arrivati. Ora che ci sei di nuovo propizio, speriamo che vorrai darci la risposta.
- Lo farò, - disse il Rabbi, - e sarà breve.
Prese dunque a dire:
- In ogni cosa, che ha creato o creerà Colui, il cui nome è santo, rifluisce, e perché no?, una parte delle sue santissime qualità. Ma che cos’è, dunque, silenzio e voce insieme? In verità, prima e sopra tutte le cose che conosco è il tempo, a cui si conviene questa duplice qualità. Sì, è il tempo, e per quanto il tempo ci circondi e fluisca dentro di noi, è per noi, in questo fluire, mutezza e silenzio, ma quando diventiamo vecchi e impariamo ad ascoltare attentamente indietro, udiamo un leggero mormorio: è il tempo che abbiamo lasciato. E quanto più procediamo in questo ascoltare a ritroso, tanto più chiaramente udiamo la voce dei tempi, il silenzio del tempo, che Egli nella sua magnificenza ha creato, per Sé, ma anche a causa del tempo, perché porti a compimento la creazione in noi. E quanto più tempo è trascorso, tanto più potente diviene la voce dei tempi; cresceremo con quella e alla fine dei tempi comprenderemo il loro inizio e udremo l’appello suscitatore della creazione, poiché allora soltanto percepiremo il silenzio del Signore nella santificazione del suo nome.
I discepoli tacquero colpiti. E poiché il Rabbi non aggiungeva altro, ma sedeva silenzioso e teneva gli occhi chiusi, essi uscirono senza far rumore.