sabato 16 giugno 2018




MUTAZIONE IMPERFETTA (1954)

Philip K. Dick
Estratto da "I racconti inediti"
Volume 1

«Una cuffia!»
«C'è uno con una cuffia!»
Impiegati e negozianti si precipitarono sul marciapiede, unendosi alla folla che si stava raccogliendo. Un ragazzo dal colorito olivastro aveva lasciato cadere a terra la bicicletta e si era messo a correre. La folla crebbe: si aggiunsero uomini d'affari in abito grigio, segretarie dal viso stanco e operai.
«Prendetelo!» La folla sciamò in avanti. «Il vecchio!»
Il ragazzo dal colorito olivastro raccolse un sasso da terra e lo scagliò. Il sasso mancò il vecchio, infrangendosi contro il muro di un negozio.
«È vero, ha una cuffia!»
«Toglietegliela!»
Piovvero altri sassi. Il vecchio, impaurito e ansimante, cercò di oltrepassare due militari che gli bloccavano la strada. Un sasso lo colpì alla schiena.
«Che cosa ha da nascondere?» Il ragazzo dal colorito olivastro raggiunse di corsa il vecchio e gli si mise davanti. «Perchè ha paura della sonda?»
«Nasconde qualcosa!» Un operaio strappò il cappello al vecchio. Mani ansiose si allungarono per sfilargli il sottile nastro metallico dalla testa.
«Nessuno ha il diritto di nascondersi!»
Il vecchio cadde, accasciandosi sulle mani e sulle ginocchia, mentre l'ombrello rotolava via. Un impiegato afferrò la cuffia e tirò. La folla aumentò, tentando di prendere la banda metallica. All'improvviso il ragazzo emise un grido; fece un salto all'indietro, sollevando la cuffia. «L'ho presa, l'ho presa!» Poi corse alla sua bicicletta e si allontanò pedalando velocemente, sempre stringendo in mano la cuffia piegata.
Una vettura della robopolizia giunse fin sul marciapiede a sirene spiegate. Ne emersero dei robopoliziotti che cominciarono subito a disperdere la folla.
«È ferito?» Aiutarono il vecchio a rialzarsi.
Il vecchio scrollò il capo. Gli occhiali gli pendevano da un orecchio, mentre il viso era striato di sangue e saliva.
«Bene». Le dita metalliche del poliziotto allentarono la presa. «Meglio lasciare la strada, ed entrare da qualche parte. Per il suo stesso bene».

Ross, direttore dell'Ufficio Controllo, spinse via la memopiastra. «Un altro. Sarò felice quando sarà passato il progetto di legge contro l'immunità».
Peters alzò gli occhi. «Un altro?»
«Un'altra persona che portava una cuffia... uno scudo antisonda. E con questo fanno dieci nelle ultime quarantott'ore. Ne spediscono sempre di più».
«Le inviano per posta, le lasciano sui tavoli, le infilano sotto le porte, nelle tasche... ci sono molti modi per distribuirle».
«Se la gente lo denunciasse più spesso...»
Peters fece una smorfia. «È già un miracolo che qualcuno lo faccia. C'è un motivo per qui le cuffie vengono inviate a queste persone. Non le scelgono a caso».
«Perchè vengono scelte?»
«Hanno qualcosa da nascondere. Per quale altro motivo dovrebbero spedirgli le cuffie?»
«E quelli che vengono a noi a fare la denuncia?»
«Hanno paura di metterle. Ci consegnano le cuffie... per evitare sospetti».
Ross rifletté, preoccupato. «Immagino che sia così».
«Un innocente non ha nessuna ragione di nascondere i suoi pensieri. Il novantanove per cento della popolazione è ben felice di farsi scandagliare la mente. Molti vogliono dimostrare la loro lealtà. Ma quell'uno per cento è colpevole di qualcosa».
Ross aprì un cassetto e ne tirò fuori una striscia metallica ricurva. La studiò con attenzione. «Guardala. È solo una striscia di lega metallica. Ma effettivamente taglia fuori tutte le sonde. I telepati impazziscono. Quando cercano di passare, la striscia trasmette loro un ronzio. È come uno shock».
«Naturalmente ne avrai mandato dei campioni al laboratorio».
«No. Non voglio che ognuno dei tecnici abbia la sua cuffia personale. Abbiamo già abbastanza problemi».
«E questa chi l'ha portata?»
Ross premette un bottone sulla scrivania. «Lo sapremo subito. Mi farò fare un rapporto dal TP».

La porta si dissolse e un giovane magro dal colorito olivastro entrò nella stanza. Vide la striscia metallica in mano a Ross e fece un sorrisetto malizioso. «Mi voleva?»
Ross studiò il ragazzo. Biondo, occhi azzurri, una faccia come tante altre, da studente universitario. Ma Ross sapeva qualcosa di più. Ernest Abbud era un mutante telepatico: un TP. Uno delle parecchie centinaia che l'Ufficio aveva assunto come sonde della lealtà.
Prima che ci fossero i telepati, le sonde della lealtà venivano scelte a caso. Giuramenti, esami, intercettazioni non erano sufficienti. La teoria che ogni persona dovesse dimostrare la sua lealtà era buona... ma solo in teoria. In pratica pochi potevano farlo. Sembrava quasi che si dovesse abbandonare il concetto di colpevolezza fino a quando non era provato il contrario, tanto per tornare al vecchio diritto romano.
Il problema, apparentemente insolubile, aveva trovato risposta nell'esplosione del Madagascar del 2004. Ondate di radiazioni dure avevano colpito parecchie migliaia di soldati stanziati in quell'area. Tra coloro che erano sopravvissuti, pochi avevano  messo al mondo dei figli, ma tra le diverse centinaia di bambini nati dai sopravvissuti all'esplosione, molti avevano rivelato caratteristiche neurali di tipo completamente nuovo. Per la prima volta dopo migliaia di anni... era nato un umano mutante.
I TP apparivano a caso. Ma erano in grado di risolvere il problema più pressante che la Libera Unione doveva affrontare: la scoperta e la punizione della slealtà. I TP avevano un valore inestimabile per il Governo della Libera Unione... e lo sapevano bene.
«L'hai portata tu?» chiese Ross al ragazzo, indicando la cuffia.
Abbud annuì. «Si».
Il giovane seguiva i pensieri di Ross, non le parole che diceva. Irato, Ross avvampò. «Com'era l'uomo?» gli domandò con voce roca. «La memopiastra non fornisce particolari».
«Il suo nome è dottor Franklin. Direttore della Commissione Risorse Federali. Sessantasette anni. È qui in visita a un parente».
«Walter Franklin! Ho sentito parlare di lui». Ross alzò gli occhi su Abbud. «Allora tu già sapevi...»
«Appena ho rimosso la cuffia sono stato in grado di scandagliarlo».
«Dov'è andato Franklin dopo l'aggressione?»
«Dentro qualche posto, su consiglio della polizia».
«È arrivata?»
«Dopo che era stata tolta la cuffia, naturalmente. È andato tutto alla perfezione. Franklin era stato intercettato da un altro telepate, non da me. Sono stato informato che Franklin stava venendo verso di me, e quando mi è stato vicino mi sono messo a gridare che portava una cuffia. Si è radunata una folla e altri hanno cominciato a gridare. È arrivato l'altro telepate e siamo riusciti ad infilarci in mezzo alla folla, fino a raggiungere l'uomo. Sono stato io a prendergli la cuffia... il resto lo sa».
Ross rimase in silenzio per un po'. «Sai come ha avuto la cuffia? L'hai scandagliato?»
«L'ha ricevuta per posta».
«Lui sa...»
«Non ha la minima idea di chi sia stato a mandargliela e da dove».
Ross aggrottò la fronte. «Allora non potrà fornirci nessuna informazione su di loro. Sul mittente».
«Il Fabbricante di Cuffie», disse gelido Abbud.
Ross alzò subito gli occhi. «Cosa?»
«Il Fabbricante di Cuffie. Qualcuno le fabbrica». Abbud aveva un'espressione dura. «Qualcuno sta fabbricando scudi antisonda per tenerci fuori».
«E sei sicuro...»
«Franklin non sa niente! È arrivato in città ieri sera, e questa mattina la posta automatica gli ha recapitato la cuffia. Ci ha riflettuto un po', quindi si è comprato un cappello e se l'è messo in testa per coprire la cuffia. Poi si è incamminato a piedi verso la casa di sua nipote. Lo abbiamo individuato pochi minuti dopo, appena è entrato nel nostro raggio di intercettazione».
«Pare che ce ne siamo molti come lui, in questi giorni. Vengono inviate più cuffie. Ma tu lo sai già». Ross strinse i denti. «Dobbiamo localizzare il mittente».
«Ci vorrà del tempo. Sembra che indossi sempre la cuffia». Abbud fece una smorfia. «Dobbiamo arrivargli molto vicino; il nostro raggio di intercettazione è estremamente limitato. Ma prima o poi ne individueremo uno. Prima o poi strapperemo la cuffia a qualcuno... e scopriremo che è lui».
«Nell'ultimo anno sono stati scoperti cinquemila individui che hanno portato la cuffia», disse Ross. «Cinquemila... e non ce n'è uno che sappia qualcosa. Da dove vengono le cuffie o chi le fabbrica».
«Quando saremo più numerosi avremo maggiori possibilità», disse Abbud in tono duro. «Per adesso siamo troppo pochi. Ma alla fine...»
«Farai sondare Franklin, no?» chiese Peters a Ross. «Come di regola».
«Immagino di sì». Ross fece un cenno di assenso ad Abbud. «Tanto vale che ci pensi tu. Fagli fare una sonda completa da parte di uno del tuo gruppo e vedi se trovi qualcosa di interessante sepolto nella zona neurale inconscia. Poi riferisci a me nel solito modo».
Abbud infilò la mano nella tasca del cappotto. Ne tirò fuori un nastro e lo gettò sul tavolo davanti a Ross. «Ecco qui».
«Che cos'è?»
«Il sondaggio completo di Franklin. A tutti i livelli... scandagliato da capo a piedi e registrato».
Ross sgranò tanto d'occhi. «Tu...»
«Ci abbiamo già pensato». Abbud si diresse verso la porta. «È un buon lavoro. Lo ha fatto Cummings. Abbiamo trovato una notevole dose di slealtà, più ideologica che reale. Lei probabilmente vorrà sapere qualcosa di più su di lui. A ventiquattro anni trovò dei vecchi libri e registrazioni musicali che lo influenzarono molto. Nell'ultima parte del nastro abbiamo fatto una valutazione accurata di questa deviazione».
La porta si dissolse e Abbud se ne andò.
Ross e Peter lo seguirono con lo sguardo. Alla fine Ross prese il nastro e lo mise insieme alla cuffia metallica.
«Che mi prenda un colpo», disse Peters. «Lo hanno sondato di testa loro».
Ross annuì, immerso nei pensieri. «Già. E non sono certo che la cosa mi faccia piacere».
I due uomini si scambiarono un'occhiata... e si resero conto, poiché lo sapevano, che fuori dalla porta Ernest Abbud stava scandagliando i loro pensieri.
«Dannazione!» esclamò Ross, impotente. «Dannazione!»

Walter Franklin respirava velocemente e si guardava intorno di continuo. Con una mano tremante si asciugò il sudore sulla faccia piena di rughe.
Lungo il corridoio echeggiavano i rumori sempre più forti degli agenti del Controllo.
Era sfuggito alla folla... almeno per il momento. Questo era successo quattro ore prima. Adesso il sole era tramontato e la sera stava calando sulla grande New York. Lui era riuscito ad attraversare quasi tutta la città ed era arrivato praticamente in periferia... e ora un allarme pubblico stava suonando per lui, per il suo arresto.
Perchè? Franklin aveva lavorato tutta la vita per il Governo della Libera Unione, e non aveva mai fatto niente di sleale. Niente, a parte aprire la posta del mattino, trovare la cuffia, rimuginarci sopra, e infine mettersela in testa. Ricordava il piccolo foglio di istruzioni:

CONGRATULAZIONI!
Questa cuffia antisonda le viene inviata con i complimenti del fabbricante e con la speranza più sincera che le possa essere di qualche utilità. Grazie.

Nient'altro. Nessuna ulteriore informazione. Lui ci aveva pensato a lungo. Doveva metterla? Non aveva mai fatto niente... niente di sleale verso l'Unione, ma l'idea lo affascinava. Se avesse messo la cuffia la sua mente sarebbe appartenuta solo a lui. Nessuno avrebbe potuto guardarci dentro. Franklin sarebbe ritornato unico proprietario della sua mente; una cosa segreta, privata, con la quale pensare a suo piacimento, tutte le volte che voleva, per se stesso e non per gli altri.
Alla fine si era deciso e si era infilato la cuffia sulla testa, coprendola con il vecchio cappello floscio. Era uscito, e dopo dieci minuti la folla gli urlava e gli gesticolava contro. E adesso l'allarme generale indicava che volevano arrestarlo.
Franklin cercò disperatamente di farsi venire un'idea. Che cosa poteva fare? Lo avrebbero trascinato davanti a un Tribunale del Controllo. Non gli avrebbero rivolto nessuna accusa: toccava a lui discolparsi, dimostrare la sua lealtà. Aveva mai fatto qualcosa di male? C'era qualcosa di cui si stava dimenticando? Lui aveva indossato la cuffia. Forse era proprio quella, la sua colpa. In Congresso stava per essere votato un progetto di legge anti-immunità che avrebbe dichiarato illegale l'uso di scudi antisonda, ma ancora non era stato approvato...
Gli agenti del Controllo erano vicini, gli erano quasi addosso. Percorse a ritroso il corridoio dell'albergo, guardandosi disperatamente intorno. Una scritta rossa indicava: USCITA. Vi si precipitò e scese la scala di sicurezza esterna, fino a una strada buia. Era pericoloso trovarsi all'aperto, dove c'era la gente. Aveva cercato di rimanere nascosto il più possibile. Ma adesso non aveva scelta.
Alle sue spalle una voce emise un grido acuto. Qualcosa gli sibilò accanto, riducendo in cenere una sezione di marciapiede: un raggio Slem. Franklin corse, respirando a fatica, svoltò l'angolo e imboccò una strada laterale. Mentre passava la gente lo guardava incuriosita.
Attraversò una strada affollata e si mescolò ad un gruppo di persone che andavano a teatro. Gli agenti lo avevano visto? Si guardò intorno nervosamente. Non si vedeva nessuno.
Giuntò a un altro angolo attraversò al semaforo e raggiunse la zona di sicurezza in centro; proprio in quel momento vide un'auto del Controllo che si dirigeva velocemente verso di lui. Lo avevano visto entrare nella zona di sicurezza? Franklin lasciò la zona, e si diresse verso il marciapiede dall'altra parte della strada. L'auto del Controllo scattò improvvisamente in avanti, guadagnando velocità. E dalla parte opposta ne apparve un'altra.

Franklin raggiunse il marciapiede. La prima vettura si fermò, e uno dopo l'altro ne uscirono gli agenti, sciamando sul marciapiede.
Era in trappola. Non c'era nessun posto in cui nascondersi. Intorno a lui commessi e impiegati stanchi lo guardavano con curiosità, ma senza la minima partecipazione. Qualcuno gli rivolse dei sorrisi di ironico divertimento. Franklin si guardò freneticamente attorno. Nessun posto, nessuna porta, nessuna persona...
Una macchina gli si fermò davanti, e i suoi sportelli si aprirono. «Salga». Una ragazza si piegò verso di lui; era graziosa, e aveva l'aria di avere molta fretta. «Salga su, dannazione!»
Franklin salì. La ragazza richiuse gli sportelli e la macchina prese velocità. Un'auto del Controllo sbucò proprio davanti a loro, bloccando la strada con la sua sagoma snella, mentre un'altra era già al loro inseguimento.
La ragazza si piegò in avanti, stringendo i comandi, e la macchina si sollevò all'improvviso. Lasciò la strada, evitando l'auto che la bloccava, e guadagnò rapidamente quota. Un raggio violetto illuminò il cielo dietro di loro.
«Stia giù!» ordinò la ragazza, e Franklin si accucciò nel sedile. La macchina percorse un'ampia rotta circolare, oltrepassando le colonne di protezione di una fila di palazzi. In basso, le auto del Controllo rinunciarono e tornarono indietro.
Franklin si sistemò sul sedile, asciugandosi la fronte. «Grazie», farfugliò.
«Di niente». La ragazza aumentò la velocità. Stavano lasciando la zona commerciale della città e dirigevano verso quella residenziale in periferia. Lei guidava in silenzio, con gli occhi fissi davanti a sé.
«Chi è lei?» le domandò Franklin.
La ragazza gli gettò qualcosa. «Se la metta».
Una cuffia. Franklin la sciolse e se la infilò goffamente in testa. «È a posto».
«Altrimenti ci avrebbero individuato per mezzo di un TP. Dobbiamo essere sempre prudenti».
«Dove stiamo andando?»
La ragazza si voltò verso di lui e lo studiò con gli occhi calmi e grigi, tenendo sempre una mano sul volante. «Stiamo andando dal Fabbricante di Cuffie», rispose. «L'allarme pubblico scatenato per lei è di massima priorità. Se l'avessi lasciata laggiù non avrebbe resistito un'ora».
«Io non capisco». Franklin scosse la testa, confuso. «Perchè vogliono me? Che cosa ho fatto?»
«Lei è stato incastrato». La ragazza fece un ampio giro, mentre il vento scuoteva l'intelaiatura della macchina. «Dai TP. La situazione sta precipitando. Non abbiamo tempo da perdere».

L'uomo piccolo e calvo si tolse gli occhiali e porse la mano a Franklin, guardandolo con occhi da miope. «Sono lieto di conoscerla, dottore. Ho seguito con grande interesse il suo lavoro alla Commissione».
«Chi è lei?» gli chiese Franklin.
L'ometto fece un sorriso orgoglioso. «Sono James Cutter. Il Fabbricante di Cuffie, come mi chiamano i TP. Questa è la nostra fabbrica». Indicò la stanza con un gesto della mano. «Dia pure un'occhiata».
Franklin si guardò intorno. Si trovava in un magazzino, un antico edificio in legno del secolo precedente. Enormi travi corrose e cigolanti si levavano da terra. Il suolo era di cemento e sul soffitto vecchie lampade fluorescenti emanavano una luce debole e incerta. Lungo le pareti macchiate dall'umidità correvano tubi sporgenti.
Franklin si mosse per la stanza, con Cutter al suo fianco. Era sbalordito. Tutto era accaduto così in fretta. Doveva trovarsi fuori New York, in qualche abbandonato sobborgo industriale. C'erano molti uomini al lavoro, chini su stampi e punzonatrici. Faceva molto caldo, e c'era un vecchio ventilatore che smuoveva l'aria, ronzando. Il magazzino echeggiava e vibrava di un rumore assordante e continuo.
«Questo...», mormorò Franklin. «Questo è...»
«Questo è il luogo in cui fabbrichiamo le cuffie. Non è poi così impressionante, no? Speriamo di trasferirci al più presto in un nuovo stabilimento. Venga con me e le farò vedere il resto».
Cutter spinse una porta laterale e i due entrarono in un piccolo laboratorio, pieno di bottiglie ammucchiate in un gran disordine. «Qui facciamo ricerca. Pura e applicata. Abbiamo imparato poche cose: alcune possiamo usarle, di altre speriamo non ci sia bisogno. E poi serve a tenere occupati i nostri rifugiati».
«Rifugiati?»
Cutter liberò un tavolo dalle attrezzature e si mise a sedere. «La maggior parte sono qui per il suo stesso motivo. Sono stati incastrati dai TP. Accusati di deviazione. Ma li abbiamo presi prima noi».
«Ma perchè...»
«Perchè è stato incastrato? A causa della sua posizione. Direttore di un Dipartimento governativo. Questi erano tutti uomini importanti... e tutti sono stati incastrati dalle sonde dei TP». Cutter si accese una sigaretta, appoggiandosi contro la parete umida. «Noi esistiamo a causa di una scoperta fatta in un laboratorio governativo dieci anni fa». Si toccò la cuffia. «Questa lega... è opaca alle sonde. Fu scoperta per caso, da uno di questi uomini. I TP gli furono subito addosso, ma lui riuscì a fuggire. Fabbricò un certo numero di cuffie e le passò ad altri che lavoravano con lui. E così siamo nati noi».
«Quanti siete?»
Cutter rise. «Non posso dirglielo. Abbastanza per produrre le cuffie e farle circolare tra persone che occupano posti importanti nel governo, funzionari di alto livello, scienziati, insegnanti...»
«Perchè?»
«Perchè vogliamo arrivare a loro prima che lo facciano i TP. Con lei siamo arrivati troppo tardi. Era già pronto un rapporto completo di una sonda, su di lei, prima ancora che la cuffia venisse spedita.
«I TP stanno pian piano strangolando il governo. Scelgono gli uomini migliori, li denunciano e li fanno arrestare. Se un TP dice che un uomo è sleale, il Controllo deve intervenire. Noi abbiamo tentato di farle avere per tempo una cuffia; il rapporto non sarebbe andato a finire al Controllo, se lei avesse avuto una cuffia. Ma ci hanno bruciato. Le hanno scatenato addosso la folla e sono riusciti a prendere la cuffia. A quel punto hanno consegnato il rapporto».
«Allora è per questo che me l'hanno fatta togliere».
«I TP non possono fare rapporto accusativo su un uomo la cui mente sia opaca alla sonda. Al Controllo non sono così stupidi. Bisogna che la cuffia venga tolta. Chiunque indossi una cuffia è un uomo libero da legami. Sono arrivati a questo punto scatenando la gente... ma non funziona più di tanto. Adesso in Congresso stanno lavorando a questo progetto di legge anti-immunità del senatore Waldo, e portare una cuffia diventerà reato». Cutter rise ironicamente. «Se un uomo è innocente perchè mai non dovrebbe farsi sondare la mente? Il progetto di legge rende illegale l'uso di scudi antisonda. Coloro che ricevono la cuffia la consegneranno al Controllo. Non ci sarà una persona su diecimila che si terrà la cuffia, se questo significa la prigione e la confisca dei beni».
«Una volta ho incontrato Waldo. Non credo che si renda conto delle conseguenze del suo progetto di legge. Se solo potesse capire...»
«Esatto! Se solo potesse capire. Questo progetto di legge deve essere bloccato. Se passa abbiamo chiuso. E i TP avranno vinto. Qualcuno deve parlare a Waldo e spiegargli qual è la situazione». Gli occhi di Cutter brillavano. «Lei lo conosce. Waldo si ricorderà di lei».
«Che cosa vuole dire?»
«Franklin, noi la riporteremo indietro... a incontrare Waldo. È la nostra unica possibilità di bloccare il progetto di legge. E deve essere bloccato».

La navetta ruggiva sopra le Montagne Rocciose, sorvolando le fitte foreste dai colori vividi. «C'è una zona pianeggiante, un campo, da qualche parte sulla destra», disse Cutter. «Vorrei atterrare lì, se riesco a trovarla».
Spense i motori, e anche il ruggito si spense. Stavano costeggiando alcune colline.
«A destra», disse Franklin.
Cutter fece virare la navetta percorrendo un angolo molto largo. «Atterreremo in un punto dal quale potremo raggiungere a piedi la tenuta di Waldo». La navetta fu scossa da un brontolio che fece tremare i due uomini, mentre le alette di sostegno affondavano nel terreno, poi si immobilizzò.
Intorno a loro alberi altissimi ondeggiavano appena al vento. Era metà mattina, e l'aria era fredda e sottile. I due uomini si trovavano ancora ad alta quota in mezzo alle montagne, dalla parte del Colorado.
«Quante possibilità abbiamo di contattarlo?» domandò Franklin.
«Non molte».
Franklin trasalì. «Cosa? Perchè non molte?»
Cutter fece scivolare all'indietro la porta del velivolo e saltò a terra. «Andiamo». Aiutò Franklin a scendere e richiuse la porta dietro di lui. «Waldo ha una scorta. C'è una schiera di robot che lo protegge. Ecco perchè non ci abbiamo mai provato prima. Se la situazione non fosse così drammatica, non ci avremmo provato neanche adesso».
Lasciarono il campo e discesero la collina lungo uno stretto sentiero erboso. «Perchè lo fanno?» domandò Franklin. «I TP. Perchè vogliono prendere il potere?»
«È la natura umana, immagino».
«La natura umana?»
«I TP non sono diversi dai Giacobini, dai Puritani, dai Nazisti o dai Bolscevichi. C'è sempre qualche gruppo che vuole porsi alla testa dell'umanità... per il bene dell'umanità stessa, naturalmente».
«E loro ci credono?»
«Molti TP credono di essere i capi naturali del genere umano, e considerano i non telepati una specie inferiore. Si ritengono il gradino più alto nella scala evolutiva, l'homo superior, e poiché sono superiori, è naturale che debbano comandare e prendere tutte le decisioni per conto nostro».
«E lei non è d'accordo», aggiunse Franklin.
«I TP sono diversi da noi... ma questo non significa che ci siano superiori. Una capacità telepatica non implica necessariamente una superiorità generale. I TP non sono una razza superiore, ma solo esseri umani con un talento particolare. E questo non gli dà il diritto di dirci quello che dobbiamo fare. Non è un problema nuovo».
«E allora chi dovrebbe guidare l'umanità», chiese Franklin. «Chi dovrebbero essere i capi?»
«Nessuno dovrebbe guidare l'umanità. Si dovrebbe guidare da sola». Cutter si piegò improvvisamente in avanti, irrigidendosi. «Ci siamo quasi. La tenuta di Waldo è proprio davanti a noi. Si tenga pronto. Tutto dipende da quello che succederà nei prossimi minuti».

«Poche guardie robot». Cutter abbassò il binocolo. «Ma non è questo che mi preoccupa. Se Waldo ha con sé un TP, individuerà le nostre cuffie».
«Non possiamo toglierle?»
«No. Tutta la faccenda si risaprebbe, passando da un TP all'altro». Cutter avanzò prudentemente. «I robot si fermeranno e ci chiederanno l'identificazione. Dovremo far conto sulla sua piastrina da direttore».
Lasciarono i cespugli e si inoltrarono nel campo aperto, dirigendosi verso gli edifici che costituivano la tenuta di campagna del senatore Waldo. Giunsero ad una strada di terra e la seguirono senza parlare, guardando il panorama che si stendeva davanti a loro.
«Alt!» Apparve una guardia robot che si diresse velocemente verso di loro. «Identificatevi!»
Franklin mostrò la piastrina. «Livello direttivo. Siamo qui per vedere il senatore. Io sono un suo vecchio amico».
I relè automatici ticchettarono mentre il robot studiava la piastrina di identificazione. «Livello direttivo?»
«Proprio così», rispose Franklin, cominciando a sentirsi un po' a disagio.
«Togliti dai piedi», intervenne con impazienza Cutter. «Non abbiamo tempo da perdere».
Il robot si ritrasse, esitante. «Mi scusi se l'ho trattenuta, signore. Il senatore si trova all'interno dell'edificio principale. Proprio davanti a lei».
«Benissimo». Cutter e Franklin oltrepassarono il robot. Il viso rotondo del primo era rigato di sudore. «Ce l'abbiamo fatta», mormorò. «Adesso speriamo che dentro non ci siano TP».
Franklin raggiunse il portico, e cominciò a salire lentamente i gradini, seguito da Cutter. Giunto alla porta si fermò, lanciando un'occhiata al suo compagno. «Devo...»
«Vada avanti». Cutter era teso. «Entriamo. È più sicuro».
Franklin alzò la mano, e la porta emise dei rumori metallici mentre lo fotografava e analizzava la sua immagine. Franklin pregò in silenzio. Se l'allarme del Controllo era stato trasmesso, anche a quella distanza...
La porta si dissolse.
«Dentro», disse subito Cutter.
Franklin entrò e si guardò intorno nella semioscurità, sbattendo gli occhi per abituarsi alla luce fioca della stanza. Qualcuno stava venendo verso di loro. Una figura piccola che si muoveva rapidamente, agilmente. Era Waldo?
Un giovane magro, dal colorito olivastro, entrò nella stanza con un sorriso stampato sul volto. «Buongiorno, dottor Franklin», disse. Sollevò la pistola Slem e fece fuoco.

Cutter e Ernest Abbud fissarono la massa melmosa che era stato il dottor Franklin. Nessuno dei due disse nulla. Alla fine Cutter alzò gli occhi, bianco in volto.
«Era proprio necessario?»
Abbud si girò verso di lui, come se lo vedesse solo allora. «Perchè no?» Alzò le spalle, puntando la pistola allo stomaco di Cutter. «Era un vecchio. Non sarebbe durato a lungo, nel campo di custodia protettiva».
Cutter tirò fuori il pacchetto di sigarette e ne accese lentamente una, tenendo gli occhi fissi sul viso del ragazzo. Non aveva mai visto prima Ernest Abbud, ma lo conosceva di fama. Lo guardò mentre prendeva oziosamente a calci la massa informe sul pavimento.
«Allora Waldo è un TP», disse Cutter.
«Sì».
«Franklin si sbagliava. Waldo si rende perfettamente conto del significato del suo progetto di legge».
«Ma certo! Il progetto di legge anti-immunità è parte integrante della nostra attività». Abbud mosse il muso della pistola. «Si tolga la cuffia. Non posso sondarla... e questo mi rende nervoso».
Cutter esitò. Gettò a terra pensierosamente la sigaretta e la spense sotto la scarpa. «Che ci fai qui? Di solito lavori a New York. Qui siamo molto lontani».
Abbud sorrise. «Abbiamo intercettato i pensieri del dottor Franklin mentre entrava nella macchina della ragazza... prima che gli desse la cuffia. Ha aspettato troppo, a dargliela. Abbiamo colto un'immagine chiara di lei, naturalmente vista dal sedile posteriore, quando si è girata per dargli la cuffia. Due ore più tardi il Controllo l'ha catturata. Sapeva molte cose... è stato il nostro primo vero contatto. Siamo riusciti a localizzare la fabbrica e a sorprendere la maggior parte di quelli che c'erano dentro».
«Eh?» mormorò Cutter.
«Sono in custodia protettiva. Abbiamo distrutto le cuffie... anche quelle preparate per la distribuzione. Gli stampi sono stati smantellati. Per quanto ne so, abbiamo messo le mani su tutto il gruppo. Lei è l'ultimo».
«Allora non ti importa se tengo la cuffia?»
Gli occhi di Abbud scintillarono. «Toglila. Voglio scandagliarti... signor Fabbricante di Cuffie».
«Che cosa vuoi dire?» grugnì Cutter.
«Molti dei tuoi uomini ci hanno fornito immagini di te... e particolari sul tuo viaggio qui. Sono venuto di persona, avvisando in anticipo Waldo attraverso il nostro sistema di comunicazione. Volevo esserci anch'io».
«Perchè?»
«È un'occasione particolare. Una grande occasione, per noi».
«Che posizione occupi tu?» gli chiese Cutter.
Il volto giallastro di Abbud si incattivì. «Avanti! Via la cuffia! Potrei farti fuori subito, ma prima voglio scandagliarti».
«Va bene. La toglierò. Puoi scandagliarmi, se vuoi. Sondarmi fin nel profondo». Cutter fece una pausa, pensieroso e tranquillo. «Sarà il tuo funerale».
«Che cosa vuoi dire?»
Cutter si tolse la cuffia, e la gettò sopra un tavolo accanto alla porta. «Allora? Che cosa vedi? Che cosa so... che nessuno degli altri sapeva?»

Per un momento Abbud rimase silenzioso. Poi, all'improvviso, la sua faccia si deformò, e la bocca si aprì e si richiuse senza emettere suono. La pistola Slem si mosse fra le sue mani. Abbud barcollò, mentre un tremito violento gli scuoteva il corpo esile. Fissò Cutter con crescente orrore.
«L'ho scoperto solo di recente», disse Cutter. «Nel nostro laboratorio. Non volevo servirmene... ma tu mi hai costretto a togliere la cuffia. Ho sempre considerato questa lega come la mia scoperta più importante... fino a questa. In un certo senso, è anche più importante, non sei d'accordo?»
Abbud non disse nulla. La sua faccia aveva un colorito terreo, e lui continuava a muovere le labbra senza pronunciare una parola.
«Avevo un sospetto... e ci ho puntato sopra, per quello che valeva. Io sapevo che voi telepati avete avuto origine da un singolo gruppo, vittima di un incidente... l'esplosione atomica del Madagascar. Questo mi ha fatto riflettere. La maggior parte dei mutanti, per quanto ne sappiamo, nasce universalmente dalla specie che ha raggiunto il livello di mutazione. Non da un singolo gruppo in un'area ristretta, ma dal mondo intero, dovunque esistano le varie specie.
«La causa della vostra esistenza è il danneggiamento subito dal protoplasma germinale di uno specifico gruppo di umani. Non vi si può definire dei mutanti, poiché non rappresentate uno sviluppo naturale del processo evolutivo. Non è assolutamente possibile affermare che l'homo sapiens abbia raggiunto il livello di mutazione. Perciò, forse voi non siete dei veri mutanti.
«Ho cominciato a fare degli studi, alcuni in campo biologico, altri di tipo meramente statistico. Abbiamo cominciato a collegare i fatti con voi, con ogni membro del vostro gruppo che potevamo localizzare. Quanti anni avete. Cosa fate per vivere. Quanti di voi sono sposati. Il numero dei figli. Dopo un po' mi sono imbattuto nei fatti che tu stai scandagliando adesso».
Cutter si piegò verso Abbud, e lo guardò fisso.
«Tu non sei una vera mutazione, Abbud. Il tuo gruppo esiste per un'esplosione casuale. Voi siete diversi da noi a causa di un danno all'apparato riproduttivo dei vostri genitori. Ma vi manca una caratteristica specifica che i veri mutanti possiedono». Un debole sorriso attraversò i lineamenti di Cutter. «Molti di voi sono sposati. Ma non si è mai registrata una nascita. Non una! Nemmeno un piccolo TP! Non potete riprodurvi, Abbud. Voi siete sterili, tutti quanti. Quando morirete, nessuno vi sostituirà.
«Non siete mutanti. Siete mostri!»
Abbud grugnì raucamente, tremando in tutto il corpo. «Lo vedo nella tua mente». Recuperò la padronanza con un grosso sforzo. «E tu hai tenuto per te questo segreto, vero? Sei l'unico che lo conosce?»
«Qualcun altro lo conosce», disse Cutter.
«Chi?»
«Tu lo sai. Tu mi hai scandagliato. E poiché sei un TP, tutti gli altri...»
Abbud fece fuoco, affondandosi concitatamente la pistola Slem nella pancia, e si dissolse in una pioggia di frammenti. Cutter indietreggiò, si coprì il viso con le mani e chiuse gli occhi, trattenendo il respiro.
Quando guardò di nuovo non c'era più nulla.
Cutter scosse la testa. «Troppo tardi, Abbud. Non sei stato abbastanza rapido. Lo scandaglio è istantaneo... e Waldo è a portata. Il sistema di collegamento... E poi, anche se non fossero riusciti a farlo con te, non possono evitare di intercettare me».
Un suono. Cutter si voltò. Gli agenti del Controllo entrarono velocemente nella stanza e diedero un'occhiata ai resti sul pavimento. Poi alzarono lo sguardo su Cutter.
Confuso e sconvolto, il direttore Ross raggiunse subito Cutter, e lo fissò con aria indecisa. «Cosa è successo? Dove...»
«Lo faccia scandagliare!» scattò Peters. «Faccia venire subito un TP. E mandi a chiamare Waldo. Bisogna scoprire che cosa è successo».
Cutter fece un sorriso ironico. «Certo», disse, annuendo debolmente. Sollevato, cominciava a rilassarsi. «Mi faccia scandagliare. Non ho niente da nascondere. Chiami un TP e gli dica di sondarmi... se riesce a trovarne uno...»