martedì 18 gennaio 2022

APOLLO Estratto da "La sapienza greca" Giorgio Colli

 


APOLLO

Estratto da "La sapienza greca"

Giorgio Colli

Apollo è il dio della sapienza, in modo esplicito e pacifico. Difatti il conoscere tutto, la tracotanza del conoscere, spetta soltanto alla divinazione, nella sfera arcaica, e quest'arte è concessa da Apollo. Ce lo dice Omero a proposito di Calcante, che conosceva ciò che è e ciò che sarà e ciò che è stato prima ». 3 Riguardo a Dioniso si è detto che la sapienza è la cifra del suo essere, che la tracotanza del conoscere è un'indicazione della sua natura: la sapienza è l'impossibilità realissima che sta dentro di lui, non è qualcosa che egli conceda ad altri, che trasferisca fuori di sé. 

3. Cf. 2 [A 1,2].

Apollo invece dà la sapienza agli uomini, o meglio a un uomo, ma lui se ne sta in disparte, lui è il dio « che agisce da lontano ». E la sua sapienza non è quella che trasferisce fuori, poiché lui possiede «l'occhiata che conosce ogni cosa »,' mentre la sapienza che concede è fatta di parole, è qualcosa perciòo cheriguarda gli uomini.

Risulta cosi subito chiaro che tra i due dèi esiste da un lato una profonda affinità - per lo stretto riferimento di entrambi alla sapienza e d'altro lato una netta antitesi, nel carattere e nel manifestarsi. Gli interpreti che in epoca moderna hanno visto l'eccezionalità dell'indicazione simbolica fornita da questi due dèi insistono sull'antitesi, e cercano di spiegare le convergenze attraverso l'ipotesi di successive fasi religiose.

Il punto di avvio comune a queste interpretazioni è che Dioniso sia un dio recente: l'irruzione del suo culto avrebbe provocato un profondo sconvolgimento nella società greca, che sarebbe stato riequilibrato e padroneggiato dal culto apollineo, comunque attraverso una conciliazione e un assorbimento di elementi dionisiaci. Cosi Creuzer, che per primo ha attirato lo sguardo sulla coppia Apollo-Dioniso, parlava di una conciliazione attraverso l'orfismo (e la sua ipotesi rimarrebbe la più difendibile); 3 in seguito Nietzsche vide nella nascita della tragedia il più alto risultato della pacificazione tra Apollo e Dioniso, dopo lotte tremende; 4 con l'ingresso di Dioniso a Delfi, ossia con la presunta sanzione della pace tra Apollo e Dioniso, Rohde fece poi coincidere il trasformarsi della mantica apollinea, sino allora pacatamente e sobriamente divinatoria, in mantica estatica, cioè colorata dionisiacamente; 5 e infine vediamo oggi in Nilsson il riconoscimento di due movimenti paralleli nella religione greca arcaica, quello dionisiaco e quello legalistico – che vuole frenare gli eccessi del primo» - ispirato da Apollo.

1. Cf. Pind. Pyth. 3,29.

2. Le fonti antiche al riguardo sono, direttamente, un passo di

Erodoto (2, 145). e indirettamente, il fatto che Omero nomini

Dioniso soltanto in Il. 6,132 e 135: Il. 14.325: Od. 11,325: Od.

24.74. cioè lo tratti come un dio poco noto.

3. Cf. Creuzer SM I1 164-168.

4. CE. Nietzsche KGw (Colli-Montinari), 1, 21-22; 37-38.

5. Cf. Rohde I1 39 sgg.; 54 sgg. Si vedano anche le note a 2[A 2.

10. B 2]-

Ma tutte queste ipotesi cadono ora che Dioniso, anziché recente, si sta rivelando come dio antichissimo. Su che base infatti possiamo avere il diritto di storicizzarlo, di cercare un prima e un dopo, una successione di eventi? Piuttosto che a uno sconvolgimento dionisiaco intorno al vii secolo a. C., è ora naturale pensare, nel culto di Dioniso, a un lentissimo attenuarsi della sua crudezza originaria, che dieci secoli dopo l'indicazione indistinta dell'aspro mito cretese conserva ancora la violenza squassante delle Baccanti di Euripide. Quindi la convergenza tra i due dèi non risale a un incidente, a un evento storico, a una conciliazione, ma è radicata nella loro natura. Il tema della contraddizione simultanea, già toccato sopra riguardo a Dioniso, sembra ripresentarsi in una forma ancora più esaltata, quando sentiamo enunciare in due frammenti del v secolo l'identificazione perfetta tra Apollo e Dioniso, con scambio di nomi e di attributi: cosi Dioniso, che raccoglie in sé tutte le contraddizioni, è una cosa sola con Apollo, che è la sua contraddizione. Ma è soprattutto il celebre passo del Fedro platonico sulla mania 3 che mette in evidenza l'identità di natura tra i due dèi. Dioniso e induce gli uomini alla follias4 ed è lui stesso « folle»; 5 Apollo suscita la follia nel divinatore, ma lui è « lontano »: in cambio però la mania in senso eminente è la mantica, e, in Platone almeno, il dio della mania è soprattutto Apollo. Ma la mania sta in rapporto con la sapienza, già lo si è visto; è per cosi dire un segnale della sapienza, un suo annunzio. Diventando folle, la baccante riceve in se stessa Dioniso, la cifra della sapienza.

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1. Cf. Nilsson 1 611 sgg. (si veda anche 1 564 Sgg.). Si noti che Nilsson si richiama al personaggio semileggendario di Melampo (su cui cf. Herod. 2,49; 7,221; 9,34). per documentare la mediazione tra Apollo e Dioniso. A Melampo si era richiamato anche Rohde (cf. la nota a 2[A 8]); entrambi dipendono pure qui da Creuzer SM ii 163. Ora Melampo può documentare l'affinità di natura tra Apollo e Dioniso, ma non una conciliazione tra i due culti databile intorno al viI-vI secolo a. .

2. Cf. 2[A 6. 8].

3. Cf. 2[A 11. 12], 3 [A 11].

4. Ct. 1[A 16].

5. Cf. Il. 6,132.

6. Cf. Colli DN 39-40; NF 19-21.

E il divinatore riceve da Apollo la parola che non comprende e pronuncia « con bocca folle *, ma che sarà interpretata come sapienza. La mania èè la sapienza vista dal di fuori, nel suo primo mostrarsi, nel primo apparire come visione, danza, contatto, suono percepito, non ancora ascoltato.

Questo per l'identità di natura: quanto all'antitesi tra i due dèi, dopo quanto si è detto di Dioniso, basterà accennare ora ai caratteri salienti della figura di Apollo e della sua azione. Una contraddittorietà, non universale come in Dio niso, ma invece ben individuata, emerge anche in Apollo, e si mostra nei suoi due attributi dominanti, l'arco e la lira.Qui sta la precisa doppiezza di Apollo: la faccia benigna ed esaltante accanto a quella terribile e devastante. Da un lato l'arte, la musica suadente, l'apparenza gratificante e l'immagine di bellezza del sogno, quell'illusorietà insomma che Nietzsche ha suggerito come connessa al significato di eapollineo». Ma d'altro lato la faccia malvagia, la sostanza profonda che si contrappone a quell'illusorietà, l'arma omicida che da lontano scaglia la sua freccia. E proprio cercando un'antitesi parallela in IDioniso, ci accorgiamno della distanza tra i due dèi. Ecco infatti 1'azione della musica ispirata dall'uno o dall'altro dio. La lira - o la cetra - ammalia, seduce, soggioga, rende mansueti animali feroci, uomini e alberi, come si narra del cantore apollineo Orfeo: e diritti dall'acqua turchina balzavano in alto i pesci per il canto bello ». 3 Ma il suono del flauto di Dioniso è « un richiamo minaccioso suscitatore di follia ». 4 E d'altro canto l'atto omicida di Apollo è mediato dalla freccia e dal suo volo, il dio rimane staccato dalla sua vittima, mentre Dioniso uccide direttamente la sua preda, la colpisce col tirso o addirittura la sbrana e la divora, la fa entrare dentro disé. Con la musica e la sua arma Apollo esercita una potenza, la fa sopraggiungere e presentire a chi ne è oggetto;

1. Cf. Heracl. B 92 DK.

2. Ct. Heracl. B 48, 5: DK; nonché Colli DN 44-45: NF 41-42.

3. Cf. 4A 2].

4. Ct. 1[A 2,41

Dioniso invece, aggredendo e abbracciando, si trasmette, si confonde con il suo oggetto.

Ma prima si è detto che Apollo concede agli uomini la sapienza, attraverso la divinazione. Con il simbolo panellenico di Delfi, i Greci hanno dichiarato questa come l'azione culminante di Apollo. Anche la divinazione, tuttavia, è uno strumento con cui Apollo esercita la sua potenza. Il dono è anche una freccia. La celebre oscurità dell'oracolopitico lo conferma, e l'esercizio di questa potenza avviene in modo malvagio, indiretto, ostile. Il dio si serve della parola, di qualcosa che non appartiene alla sua sapienza della parola egli si serve come di un intermediario - anche la freccia è un suo intermediario - per suscitare la sapienza nell'uomo. Ma la sapienza del dio consiste in un'occhiata, quella attraverso la parola è un'altra sapienza: la comunicazione è indiretta e richiede l'intervento di un uomo, di un individuo. Anzitutto di uno che possa venir travolto dalla mania di Apollo (la follia di Dioniso è collettiva), del divinatore posseduto, dalla cui bocca esce la parola divina, da lui non compresa. Questa follia individuale non basta per la comunicazione: ancora più oscura per chi non è folle, rimane la parola dell'oracolo che attende un interprete, un altro individuo che sobriamente l'esamini, la metta a confronto con altre parole, ne derivi altre parole in un discorso collegato, vincolato, illuminante. Questa è la nascita della ragione, che al suo primo apparire si presenta in espressioni compresse, enigmatiche, ancora vicine alla matrice divina, ma che è già sapienza individuale. Ed ecco che a un interprete della parola di Apollo si oppone un altro interprete, la sapienza individuale suscita l'invidia. Si mostra la crudeltà di Apollo: chi nasce alla sapienza non ne gode, è intrappolato in una tenzone perigliosa (quella per la conoscenza, in Grecia, è la gara suprema). Si mette in movimento, con l'estasi divinatoria, un lungo cammino, accidentato, e la natura della parola, attraverso la lotta degli individui, è la più pertinente per un'azione a distanza, indiretta, come si addice ad Apollo l'« Obliquo». Attraverso la parola della sapienza Apollo, secondo il suo epiteto, colpisce da lontano e colpisce lontano.

1. Cf. Heracl. B 93 DK.

2. Cf. 2 [A 13], 7 [A 25] e le note relative

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