DIONISO
Estratto da "La Sapienza greca" Giorgio Colli
I.
Perché da Dioniso faccio cominciare il discorso sulla sapienza? Con Dioniso, invero, la vita appare come sapienza, pur restando vita fremente: ecco l'arcano. In Grecia un dio nasce da un'occhiata esaltante sulla vita, su un pezzo di vita, che si vuole fermare. E questo è già conoscenza. Ma Dioniso nasce da un'occhiata su tutta la vita: come si può guardare assieme tutta la vita? Questa è la tracotanza del conoscere: se si vive si è dentro a una certa vita, ma voler essere dentro a tutta la vita assieme, ecco, questo suscita Dioniso, come dio onde sorge la sapienza. In termini pacati, Dioniso è il dio della contraddizione, di tutte le contraddizioni - lo dimostrano i suoi miti e i suoi culti - o meglio di tutto ciò che, manifestandosi in parole,.si esprime in termini contraddittorii. Dioniso è l'impossibile, l'assurdo che si dimostra vero con la sua presenza. Dioniso è vita e morte, gioia e dolore, 1 estasi e spasimo, benevolenza e crudeltà, cacciatore e preda, a toro e agnello, maschio e femmina, desiderio e distacco, giuoco e violenza, ma tutto ciò nell'immediatezza, nell'interiorità di un cacciatore che si slancia spietato e di una preda che sanguina e muore, tutto ciò vissuto assieme, senza prima né dopo, e con pienezza sconvolgente in ogni estremo. E alla fine questa contraddizione è qualcosa di ancora più divergente, più insanabile di quella che i Greci hanno sperimentato in se stessi. Nel contemplare Dioniso, l'uomo non riesce più a staccarsi da se stesso, come fa quando vede gli altri dèi: Dioniso è un dio che muore. Nel crearlo l'uomo è stato trascinato a esprimere se stesso, tutto se stesso, e qualcosa ancora al di là di sé. Dioniso non è un uomo: è un animale e assieme un dio, cosi manifestando i punti terminali delle opposizioni che l'uomo porta in sé.
Qui appunto sta l'origine oscura della sapienza. La tracotanza del conoscere che si manifesta in questa avidità di gustare tutta la vita, e i suoi risultati, l'estremismo e la simultaneità
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1 Cf. Nietzsche KGW (Colli-Montinari), u t, 29; 36-37: I1 50 ecc., che attinge il pensiero, accentuandolo, da K. O. Müller, I 418; I1 27, e a sua volta lo trasmette a Burckhardt, 1 518-519.
2. Cf. Fauth Zagreus 2280-2282. I5
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dell'opposizione, alludono alla totalità, all'esperienza indicibile della totalità. Dioniso è quindi uno slancio insondabile, lo sconfinato elemento acqueo, il flusso della vita che precipita in cascata da una roccia su un'altra roccia, con l'ebbrezza del volo e lo strazio della caduta; è l'inesauribile attraverso il frammentarsi, vive in ciascuna delle lacerazioni del corpo tenue dell'acqua contro le aguzze pietre del fondo.
Queste considerazioni generali, e suggestioni, devono qui venir documentate, ovviamente non attraverso una rassegna delle testimonianze su Dioniso, ma anzitutto con la ricerca dei riferimenti dove, nel dettaglio, l'opposizione dionisiaca riveli in modo diretto la matrice sapienziale, e in seguito con l'indicazione, nella sfera misterica, del legame tra Dioniso e la contemplazione epoptica, e nella sfera orfica, dell'irradiamento speculativo dal mito di Dioniso. Ma già sin d'ora si può prestare orecchio in modo diverso, quando si sente Euripide parlare della «sapienza» di Dioniso.
La questione dell'origine di Dioniso non interessa qui direttamente: Erodoto lo faceva derivare dall'Egitto, 3 i moderni soprattutto dalla Tracia, e poi anche dalla Lidia e dalla Frigia.4 Tutti lo immaginano entrato in Grecia dall'esterno, e poi penetrato nel cuore della Grecia, a Tebe e ad Atene. Di recente va affermandosi, con ottimi appoggi, la tesi che l'origine più remota di Dioniso vada riportata a Creta. 5 Su tavolette in lineare B del xv-xiII secolo a. C. si sono trovati i nomi di Dioniso e della « Signora del Labirinto », divinità identificata con Arianna. Parecchi secoli più tardi Omero ci dice che in Dia Artemide uccise Arianna e per testimonianza di Dioniso ».6 Quindi anche Arianna - come Dioniso è una divinità che muore. E Omero, che nomina
Dioniso solo quattro volte, già lo collega a Creta e ad Arianna. Omero dice anche che era stato Teseo a portar via Arianna da Creta, e l'atto di Dioniso sembra mosso da una crudele
1. Ct. Plut. De Is. et Osir. 34 (170, 18-19 Griffiths).
2. CE. 1 [A 7]: Eur. Bacch. 655-656.
3. Cf. soprattutto Herod. 2, 48.
4. C. Nilsson I 578 sgg
5. Cf. recentemente Pugliese Carratelli 1974. 140-142.
6. Cf. Od. 11,321-325.
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vendetta, che egli compie servendosi di una dea (come ucciderà Orfeo servendosi delle donne di Tracia). C'è lo schema in Omero di un mito cretese arcaico e aspro, ben diverso da quello posteriore, addolcito, in cui Dioniso raccoglierà Arianna abbandonata da Teseo. La designazione di Arianna come « Signora del Labirinto» suggerisce il luogo del mito primitivo, e il personaggio del Minotauro, legato al Labirinto, richiama in modo sorprendente molte raffigurazioni di Dioniso, con cui è già stato identificato. Ma questo mito aspro rimane oscuro, inafferrabile nelle sue linee primordiali, e il Labirinto è un simbolo troppo seducente perché ci si possa illudere di evitare una sua interpretazione ispirata dalla fantasia. C'è l'ambiente del mito, ci sono i personaggi, Arianna e Dioniso-Minotauro; Pasifae, « su tutto risplendente, e il toro sacro; Dedalo «l'artista », maschera di Apollo in questo quadro arcaico, che costruisce per Arianna una sede destinata alla danza, 3 e Teseo l'eroe. Ma la primitiva azione del mito è stata dimenticata, e non possediamo al riguardo testi abbastanza antichi da poter azzardare una ricostruzione. 4 Si intravedono le linee generali, che suggeriscono nel modo più crudo il tema della contraddizione di Dioniso, e sono forse le più pertinenti - anche soltanto come semplice indicazione a prefigurare il significato profondo del dio. Del resto attraverso la documentazione più fondata della risonanza dionisiaca in Eleusi - considerando la mediazione arcadica 5 e nella poesia orfica ritornano frequenti gli accenni a una derivazione da Creta. 6 La crudeltà e la violenza
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1. Le sue rappresentazioni più antiche nell'arte figurativa risalgono all 'inizio del settimo secolo a. C.; è dubbio che sia rappresentato dall'"impronta di un sigillo trovata a Cnosso, di molti secoli più antica(cf. Nilsson t 297, tav. 22,4: si veda però Nilsson MIR 374-375).
2. Cf. la nota a 3 [A 6].
3. Ci. I1. 18,590-592.
4. Si veda comunque un tentativo in Colli NF 25-32.
5. Cf. le note a 3 [A 6] e 5 [B 19].
6. Cf. le note a 3 [A 6]. 4 [A 15. 68. B 20]. Oltre agli elementi dottrinali toccati in queste note, si può ricordare, come dato esteriore, la notizia di tauromachie a Eleusi (cf. Artemid. Onir. I. 8, e la discussione in Creuzer SM Iv 290-292). Sulle tauromachie a Creta, cf. Nilsson MMR 374.
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nella gelosia e nella vendetta sono caratteri di Dioniso che vanno attenuandosi, ma il tema dell'animale-dio- indicazione centrale della sua natura - persiste tenace mente, e cosi pure il suo accostamento a divinità femminili poste in primo piano (« Signora del Labirinto» e Demetra), o ancora il tema dell'accoppiamento bestiale, fulcro dell'arreton.3
Ma non è soltanto nel suo significato riposto, che Dioniso si rivela come cifra archetipica della sapienza: anche nella manifestazione del suo culto si possono rintracciare - e questa volta direttamente - dei caratteri che si giustificano soltanto nella prospettiva della conoscenza, come evocazione o come raggiungimento. La cosa viene qui documentata proprio dove sembrerebbero assenti le condizioni generali perché si possa parlare di conoscenza, ossia nel culto orgiastico di Dioniso. Se infatti l'orgiasmo si esaurisse nello scatenamento animale degli istinti, nulla parrebbe più lontano di esso dalla conoscenza. Ma l'orgiasmo è anche danza, 4 musica, 5 giuoco, allucinazione, stato contemplativo, trasfigurazione artistica, controllo di una grande emozione. Questo aspetto dell'orgiasmo già Nietzsche l'aveva colto, sia pure unilateralmente, e proprio nella prima fase della sua speculazione su Dioniso, quando diceva che il dionisiaco è un istinto estetico. 6 Se cerchiamo però un carattere generale che accomuni tutti gli aspetti, nell'orgiasmo stesso, di opposizione
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1. Sull'unione Dioniso-toro, cf. le testimonianze in Creuzer Dion.1.8-13
2. In più c'è un parallelismo tra Arianna-Pasifae e Demetra-Core, dove è rintracciabile una corrispondenza tanto tra Arianna e Demetra (quest'ultima è chiamata Potnia in 3 [A 6]. cioè ha la stessa designazione di Arianna, e si veda anche la nota a 3 [A 6] sul suo culto arcadico), quanto tra Pasifae e Core, sulla cui affinità non mancano gli indizi (cf. [Aristot. Mirab. 843 b 27-29. e lo sviluppo della tesi in Creuzer SM 1v 86-94).
3. Cf. 3 [A 6. B 8]. 4 [A 65,8. 69,24. B 14. 34. 35]. Si osservi anche che il nesso Pasifae-Core, accennato nella nota precedente, viene rafforzato da questo elemento che è comune alle due dee: velato dalla segretezza dell'arreton, dall'accoppiamento nasce nei due casi Dioniso.
Cf. 1 [A 3. 6] e le note relative.
5. Cf. 1 [A 2. 6. 18] e le note relative.
6. Cf. Nietzsche KGW (Colli-Montinari), int 1, 26-28; Ill 2, 45 sg8
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al trascinamento incontrollato dell'impulso vitale, troviamo il subentrare - al culmine dell'eccitazione, anzi come risultato ultimo, trasfigurato, del suo più intenso scatenarsi - di una rottura contemplativa, artistica, visionaria, di un distacco conoscitivo. L'e uscire fuori di sé», ossia l'e estasi » nel significato letterale della parola, libera un sovrappiù di conoscenza. In altre parole, l'estasi non è il fine dell'orgiasmo dionisiaco, ma soltanto lo strumento di una liberazione conoscitiva: rotta la sua individualità, l posseduto da Dioniso « vede» quello che i non iniziati non vedono.
Sulla rottura estatica dell'individuazione hanno parlato Nietzsche sia pure con una coloritura schopenhaueriana - e Rohde, con grande efficacia e ricchezza di informazione. a Su questo punto le fonti sono unanimi, quelle più antiche e quelle più recenti: l'orgiasmo porta a una liberazione dai vincoli dell'individuo empirico, dalle condizioni della sua esistenza quotidiana, e questo nuovo stato viene chiamato mania, follia. 3 Quindi lo stato del posseduto da Dioniso, ossia l'immagine del dio stesso nell'uomo, non è quello di un'estenuazione soporosa, di una perdita totale della coscienza, e neppure di una gesticolazione animalesca, bensi quello della follia, cioè uno stato della coscienza che si contrappone a quello e normale , quotidiano. Talora il risultato di questa mania è una visione, proprio come l'apice della iniziazione di Eleusi è dato dall'epopteia. Dice infatti Filone: i posseduti dalla frenesia dionisiaca e coribantica giungono nell'estasi sino a vedere l'oggetto bramato ». E in generale, caratteristico dell'orgiasmo dionisiaco è il subentrare di uno stato allucinatorio. Si dice nelle Baccanti di Euripide: « sulla terra scorre il latte, scorre il vino, scorre il nettare delle api, e ancora: « prendendo il tirso, una baccante percuote una roccia, onde sgorga una rugiadosa fonte di acqua; un'altra batte la terra con la ferula, e per lei il dio manda fuori una sorgente di vino; quelle poi côlte dal desiderio della bianca bevanda
1. Ct. Nietzsche KGW (Colli-Montinari), 1, 24.
2. Cf. Rohde 4 sgg.; 14-22; 44 sE8.: 59 sg8
3. Cf. 1 [a 2,4. 3,6. 10,2. 16]. nonché i fondamentali passi pla-
tonici 2[A 11. 12] e le note relative.
4. Cf. 1[B 1.
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con la punta delle dita sfioravano il terreno e avevano ruscelli di latte. Il risultato conoscitivo, del resto, non appartiene soltanto alla sfera del capriccio visionario, come si addice al quadro del mito. Fonti antiche attribuiscono a Dioniso la potenza mantica, e la sua divinazione sorge dallo stato orgiastico. Ma la visione del futuro è l'aspetto primigenio che assume la conoscenza della verità.
Questo distacco conoscitivo si esalta in un distacco vitale, aprendo quella che è forse la contraddizione capitale di Dioniso. Il massimo impulso di appropriazione e di espansione, di volontà di potenza e di volontà di vivere, lo slancio con tensione inaudita verso la pienezza, ecco che giunto al culmine estatico si ribalta in un disdegno per la vita, nel distacco supremo. La migliore esemplificazione sorge nella sfera della sessualità. Il fallo, com'è noto, risulta uno dei simboli preminenti di Dioniso, e la sua raffigurazione compare sempre nelle processioni dionisiache. E dunque evidente che Dioniso fosse considerato anche come il dio del desiderio, della tensione sessuale. 3 Ma è pure vero che Dioniso stesso non è mai rappresentato itifallicamente:4 il fallo si accompagna a Dioniso, ma Dioniso ne è tenuto separato. Appare cosi un'allusione in profondità: altri dèi sono rappresentati fallicamente, e tra essi un dio primario come Hermes. 5 Rovesciamo ora la questione, considerando non il dio, ma il rituale. Nelle danze sacre per Artemide, in quanto dea della fecondità, ci si riferiva apertamente ad atti sessuali: per contro nel culto orgiastico di Dioniso manca qualsiasi
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1. Cf.1[A 8].
2. Cf. 1 [A 4. 10. 17. B 2. 3].
3. Cf. a nota a 1[A 13]. L'affermazione è facilmente documentabile: come esempio saliente ricordo l'inno delle donne di Elide, che già Bachofen 232 interpretò come espressione di invasamento sessuale: Vieni di primavera, o Dioniso, al sacro tempio marino assieme alle Cariti, assalta violento con il tuo piede di toro (Plut. Quaest. Graec. 36, 299 a-b). Da confrontare il passo di Diodoro (I, 85. 3). dove si racconta delle donne egizie che sollevando le vesti mostravano le parti genitali al toro Apis. Si veda anche Plut. De Is. et Osir. 35. 364 e-f, nonché Grifiths 433e Nilsson I 571.
4. Cf. Nilsson I 59o, 593 (il fallo appare come dio autonomo accanto a Dioniso).
5. Cf. Herod. 2, 51; si veda anche Nilsson I 119, 506, 671.
6. Cf. Nilsson I 161-162.
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documentazione analoga. Le baccanti rifiutano pervicace mente ogni rapporto sessuale, e risultano invincibili di fronte agli attacchi violenti di satiri e uomini: tale è l'indicazione costante delle testimonianze dell'arte figurativa, e in particolare delle pitture vascolari. Quindi non solo Dioniso non può considerarsi un dio della fecondità, contrariamente aquanto pensava Nietzsche, ma addirittura il dio non vuole che il desiderio dei suoi invasati giunga a compimento. Di fronte a questi dati, attribuire la castità delle baccanti alla sacralità dei rituali e dei misteri non è sufficiente. 3 Del resto il quadro che del culto orgiastico di Dioniso ci dà Euripide nelle Baccanti è la più limpida indicazione - talmente ribadita da non lasciare adito a dubbi interpretativi che qui appunto si apre una frattura radicale alludente alla natura contraddittoria di Dioniso. Ciò che Dioniso ha diviso, Penteo vuole confonderlo: lui accusa le baccanti di libidine sfrenata, e la collera del dio lo annienta, punisce la sua menzogna empia. Le calunnie di Penteo sono una prova della sua irreligiosità: per gli spettatori della tragedia ciò doveva risultare evidente, poiché essi sentivano la natura di Dioniso: la religiosità di Dioniso ha questo colore, come quella di Artemide poteva avere quello opposto.
Questo distacco dalla sessualità che interviene all'apice del suo impeto nel vero momento di rottura estatica - questo disdegno e disgusto aggressivo, si può anche chiamare un'improvvisa, lacerante intuizione pessimistica sulla vita. Da tale esperienza si allargheranno onde concentriche: la ripercussione che nel Dioniso orfico si manifesterà in miti angosciosi e in una prassi ascetica di vita, diverge nella manifestazione,
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1. Cf. Nilsson 1 572.
2. Cf. per es. KGW (Colli-Montinari), vi 3.153: vIu t, 341.
3. Già Bachofen 234. con notevole intuizione, aveva messo in
evidenza la castità del primitivo culto dionsíaco. Ma Nilsson (cf.
I 90, 478) si limita a ricordare la prescrizione di castità nei luoghi
sacri e nei misteri (cf. anche 1[A 15]). (Bachofen e Nilsson insi-
stono sui misteri di Andania, su cui cf. Paus. 4. 33. 4-5. nonché
le note a 3 [A 6] e 5[B 19]). Dello stesso tema s'interessavano
Creuzer SM 1 192-193, rivendicando alle baccanti un ruolo sacer
dotale (sulla base di Esichio e di Nonn. Dionys. 9.261), e inoltre
Burckhardt i 6o5. richiamando il fatto che le baccanti erano
protette dalle popolazioni contro le violenze dei soldati (cf. Plut.
De mul. virt. 13).
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distanziandosi da quella che qui, nel culto orgiastico del dio, si rivela come violenza, nella furia omicida delle baccanti contro ogni maschio aggressore. Ma nel momento estatico l'elemento sessuale è soltanto una componente, e in generale le contraddizioni di Dioniso si sciolgono e si fon- dono in un simultaneo godimento degli opposti. La spietata brama di uccidere e divorare la preda è anche un'estenuata tenerezza: « Lui è dolce, quando cade a terra .. assetato del sangue... afferrando la gioia di carne vivente divorata.' E la stessa coincidenza ritorna in una variante orfica, testimoniata ancora da Euripide, dove l'omofagia è anche un disgusto per tutto ciò che è vivente: « sperimentando .. i banchetti di carne cruda .. indossando vesti bianchissime fuggo la nascita dei mortali ... mi guardo dal mangiare cibi in cui c'è stata vita»,
Nelle Baccanti l'aspetto arcaico di un Dioniso crudele, vendicativo, viene ribaltato e trasferito alle sue invasate: lui appare invece « in forme femminili», dice Euripide, e « fragrante nelle chiome di riccioli biondi »; 3 o secondo l'espressione di Eschilo, come un giovinetto effeminato. 4 Ecco ancora un'altra contraddizione, più misteriosa forse delle precedenti. 5 Dioniso è maschio e femmina, e la tradizione orfica conserverà il tema nell'ermafroditismo di Fanes. 7 Certo questa contraddizione si inserisce in altre, poiché Dioniso è emutevole di forme», e accanto al giovinetto femmineo troviamo il dio barbuto e solenne delle pitture vascolari, nonché il fanciullo della rappresentazione orfico eleusina. Ma in se stessa, l'antitesi maschio-femmina forse si riattacca all'inversione accennata: la violenza è trasferita alle donne
1. Cf. 1 [A 6,1-4].
2. Cf. 4 [A 15,9-16].
3. Cf. 1 [A 12,12], 1 [A 12,7].
4. Cf. Aesch. fr. 72 Mette.
5. Non sembra qui molto convincente la tesi di Bachofen 242, secondo cui l'ermafroditismo di Dioniso allude alla vittoria della virilità fallica sulla donna e al conseguente abbassamento dell'uomo che soggiogata la donna ne è vinto sullo stesso piano0.
6. Cf. Creuzer SM 1 186, 413.
7. Cf. 4 [B 45. 46]e le note relative.
8. Cf. Orph. Hymn. 5o,5 (36 Quandt) e Creuzer SM 1 413
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mentre la tenerezza e delicatezza - e anche l'arrendersi - ricadono sul maschio, che in questa raffigurazione di dolcezza favorisce il superamento conoscitivo, scioglie il parossismo della spinta animale. A segnare il distacco pessimistico dalla pienezza vitale è scelta la femmina- dove questa pienezza trova per natura la sua esaltazione suprema - con una carica rovesciata di aggressività distruttiva. Del resto a volere cosi è la stessa natura ludica che inerisce in profondità a Dioniso: lo scatenatore dell'impulso sessuale si maschera dietro riccioli biondi, poiché la sua indicazione suprema non vuol essere quella della necessità dell'istinto animale. La tradizione orfico-eleusina porta all'estremo questa raffigurazione di Dioniso, che non è ambiguamente il giovinetto effeminato, ma addirittura, con taglio unilaterale, il fanciullo innocente, inerme, la vittima della violenza titanica. Il suo desiderio non tende all'appropriazione, si esaurisce nell'istante, nel casuale, nella pura visione, nel giuoco insomma: e i simboli orfici che lo riguardano sono bambole e giocattoli. Qui nel culto orgiastico invece l'ambiguità di Dioniso è radicale, non riguarda soltanto la sfera sessuale: Dioniso, mentre giuoca, uccide; con volto femmineo, ride e distrugge: Vieni, o Bacco, con volto che ride getta un laccio mortale intorno al cacciatore delle baccanti, che si precipitò entro il gregge delle menadi».2
1. CE. 4[B 37] e si veda anche 1 [A 14].
2. Cf. [A 5,9-12].