IL GATTO CHE AMAVA IL FORMAGGIO
Lilian Jackson Braun
(The Cat Who Said Cheese, 1996)
Dedicato a Earl Bettinger
il marito che...
Personaggi principali
JIM QWILLERAN un giornalista affascinante
KOKO e YUM YUM due gatti siamesi intraprendenti
POLLY DUNCAN direttrice della Biblioteca di Pickax
ARCH RIKER editore e direttore del quotidiano locale
ELAINE FETTER una raffinata coltivatrice di funghi esotici
CELIA ROBINSON un'arzilla settantenne dal fiuto investigativo
AUBREY SCOTTEN un apicoltore solitario
ONOOSH DOLMATHAKIA una donna misteriosa
DEREK CUTTLEBRINK un cameriere molto particolare
FRAN BRODIE un'affascinante arredatrice d'interni
ANDREW BRODIE il Capo della polizia
GUSTAV LIMBURGER un vecchio brontolone
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Nella Contea di Moose, seicento chilometri a nord di ogni dove, l'autunno, in quell'anno pieno di sorprese, fu particolarmente piacevole. Non solo la maggior parte dei turisti estivi se ne era andata, ma alcuni gruppi di cittadini impegnati in opere di volontariato e numerosi entusiasti dell'arte culinaria erano in fermento in vista di un evento entusiasmante che avevano chiamato La Grande Fiera della Gastronomia. Da ultimo, ad aggiungere pepe alla stagione, all'albergo di Pickax City si era registrata una donna misteriosa. Non bella, non esattamente giovane, molto riservata, vestita sempre di nero.
Gli abitanti di Pickax (in tutto tremila) erano affascinati da quella enigmatica presenza. "L'hai vista?" chiedevano. "È qui da una settimana. Secondo te, chi e?
L'addetto alla reception dell'albergo si rifiutava di rivelarne il nome persino ai suoi migliori amici, sostenendo che era vietato dalla legge. Questo aveva convinto tutti che la donna misteriosa gli aveva probabilmente dato del denaro per oscuri motivi, posto che Lenny Inchpot non era tra i cittadini più rispettosi della legalità.
Tutti facevano commenti sulla sua carnagione olivastra, sui suoi occhi di un caldo color castano e sulla sua folta capigliatura scura che le nascondeva il lato sinistro del volto. Ma il bruciante interrogativo permaneva.
"Perché è andata a stare in quello squallido buco?"
Era un commento ingiusto: il New Pickax Hotel, benché tetro, era non solo decoroso, ma anche meticolosamente pulito e sul retro era provvisto di un'uscita di sicurezza. C'era addirittura una suite presidenziale, benché nessun candidato alla presidenza vi avesse mai alloggiato. Tuttavia, non si sapeva di nessuno che vi avesse pernottato più di una notte, o al massimo due. E i commessi viaggiatori che giravano per tutto il paese restavano colpiti dalla voce nota nelle loro guide agli alberghi.
NEW PICKAX HOTEL, a ventotto chilometri dall'aeroporto della Contea di Moose, venti camere, alcune con bagno privato, suite presidenziale con telefono e TV, appartamento nuziale con letto rotondo, edificio a due piani con un solo ascensore, spesso guasto. Facciata tipo carcere, interno squallido. Risale al 1935 circa. Parti comuni insolitamente silenziose, con mobili che risalgono al periodo della Grande Depressione. Atrio e sala da pranzo angusti. Privo di saletta bar. Piccola e poco invitante sala da ballo nello scantinato. Camere da letto anonime ma pulite, materassi abbastanza nuovi, illuminazione fioca. Sul retro scala di ferro antincendio. Le camere con finestra sono dotate di rotoli di Corda per i casi di emergenza. Servizio buffet per la prima colazione, pranzi speciali, cene con menu banali, birra e vino, niente superalcolici. Non c'è servizio in camera. Portiere solo fino alle 23. Prezzi: da bassi a medi. Ospedale nelle vicinanze.
Chi viaggiava per affari prendeva alloggio al New Pickax Hotel per una sola notte, dato che in città non c'erano altre sistemazioni alberghiere. Chi arrivava da fuori per partecipare a un funerale poteva anche essere costretto a trascorrervi due notti a causa degli orari scomodi degli aerei. Nella silenziosa sala da pranzo i commessi viaggiatori si appartavano a leggere i loro manuali tecnici, in attesa della bistecca ai ferri e delle carote lessate. Si udiva il tintinnio metallico delle forchette sui piatti mentre i dolenti venuti da fuori contavano i piselli nel pollo in umido. E adesso, oltre a loro, c'era una donna vestita di nero, seduta in un angolo in fondo, che giocherellava con un bicchiere di vino o affrontava con aria svogliata il piatto di verdura stracotta.
Uno degli abitanti di Pickax che si interrogava su di lei era un giornalista. Alto, di bell'aspetto, con capelli che andavano romanticamente ingrigendo, occhi malinconici e lussureggianti baffi sale e pepe. Si chiamava Jim Qwilleran, gli amici lo chiamavano Qwill e la gente del posto si rivolgeva a lui come al signor Q con affetto e rispetto. Teneva una rubrica bisettimanale sul "Moose County Something", ma era stato cronista di nera e vincitore di premi Giù in Basso, come venivano definite a Pickax le aree metropolitane al sud. Un'inattesa eredità lo aveva portato al nord e lo aveva inserito nella vita di quel piccolo centro: un'esperienza unica per un oriundo di Chicago.
Qwilleran era ammirato da giovani e anziani, maschi e femmine, e non solo perché aveva ceduto la sua eredità a istituti di beneficenza. Chi lo ammirava apprezzava il suo stile di vita spartano: guidava un'utilitaria, si riforniva di benzina al self-service, si puliva da solo il parabrezza, girava a piedi per la città e in campagna andava in bicicletta. In quanto giornalista, manifestava un interesse sincero per le persone che intervistava. Rispondeva con cortesia agli sconosciuti che riconoscevano i suoi baffi e lo salutavano per strada o al supermercato. Era comprensibile che si fosse creato parecchi amici nella contea e il fatto che vivesse da solo in un ex granaio ristrutturato, in compagnia di due gatti, era una mania che tutti avevano imparato ad accettare.
I conviventi di Qwilleran non erano gatti qualsiasi, così come l'abitazione non era un granaio qualsiasi: di forma ottagonale, la sua struttura su tre piani risaliva a un secolo prima, costruita su imponenti fondamenta di pietra arenaria sovrastata da una cupola. In origine vi venivano conservate le mele. Per renderlo abitabile erano stati fatti alcuni cambiamenti architettonici. Sulla facciata erano state aperte delle finestre triangolari. All'interno i due piani erano collegati da una scala a chiocciola. Al pianterreno la zona giorno era dominata dall'enorme camino bianco a forma di cubo dotato di grandi canne fumarie che arrivavano sino al tetto. Quell'ex granaio sarebbe potuto essere un luogo di interesse turistico se il suo proprietario non fosse stato incline a uno stile di vita ritirata.
Quanto ai gatti, erano una coppia di eleganti siamesi il cui caratteristico colore nero-marrone del muso costituiva un singolare contrasto con i corpi di una pallida tonalità fulva. Il maschio, Kao K'o Kung, rispondeva al nome di Koko: era lungo, snello e muscoloso, i suoi imperscrutabili occhi azzurri brillavano di una luce intelligente. La femmina, Yum Yum, era piccola e delicata. I suoi occhi di un azzurro violetto potevano farsi grandi e struggenti quando voleva sedersi in grembo, ma se la cena era in ritardo quella squisita creatura era in grado di emettere un urlo lacerante.
Un giovedì mattina del mese di settembre Qwilleran era chiuso nel suo appartamento privato al primo piano. L'unico luogo assolutamente off limits per i gatti. Stava cercando di scrivere le mille parole che costituivano la sua rubrica del venerdì intitolata "Direttamente dalla penna di Qwill".
Emily Dickinson, abbiamo bisogno di te!
«Io non sono nessuno. Tu chi sei?» chiese la prolifica poetessa americana.
Io dico: «Iddio ci dia tanti "nessuno"! Ciò di cui questo paese ha bisogno è un minor numero di celebrità e un maggior numero di persone che siano nessuno, che vivano e affrontino con coraggio vite normali, che facciano un po' di bene al mondo, che godano di alcuni piaceri e non arrivino mai, "mai", a vedere il proprio nome sui giornali e il proprio volto alla TV.»
«Yow!» Da dietro la porta provenne un lamento baritonale seguito da uno strillo da soprano.
Qwilleran consultò l'orologio. Mezzogiorno. L'ora del loro pranzo. In effetti era mezzogiorno e tre minuti e i due felini percepivano il ritardo.
Quando spalancò la porta dello studio si trovò davanti due questuanti dall'aria molto determinata. «Non direi che siete viziati» li rimproverò. «Siete solo dei tirannici monomaniaci per quanto riguarda il cibo.» Mentre loro si avventavano giù per la rampa diretti verso la cucina, lui prese la scorciatoia della scala metallica a chiocciola. Nonostante ciò furono i siamesi ad arrivare per primi alla stazione di rifornimento cibi. Qwilleran lasciò cadere alcuni croccantini in due ciotole. Quella era stata l'ultima rivendicazione dei diritti felini fatta da Yum Yum, ciotole separate, e lui l'accontentava sempre. Rimase immobile con i pugni sui fianchi a osservarli mangiare di gusto.
Quel giorno, però, lei aveva cambiato idea. Aiutò Koko a svuotare il suo piatto, dopodiché entrambi si dedicarono alla porzione che spettava a lei.
«Ah, i gatti!» bofonchiò esasperato Qwilleran. «E adesso voi due, autocrati che non siete altro, mi permetterete di tornare al lavoro?»
Soddisfatta del buon pasto, la coppia lo ignorò completamente, dandosi al lavaggio delle mascherine e delle orecchie. Lui tornò di sopra e scrisse un altro paragrafo.
Desideriamo ardentemente avere eroi da ammirare e da emulare, e invece che cos'abbiamo? Una sfilata di politici privi di scrupoli, di esibizionisti folli, di ereditiere perfide, di artisti capricciosi, di stupidi irresponsabili, di atleti superpagati, di intrattenitori privi di talento, di scrittori che non sono scrittori, di autori di libri che non sono libri...
Lo squillo del telefono lo interruppe e lui sollevò subito la cornetta. All'altro capo del filo udì la voce di Junior Goodwinter, il giovane direttore esecutivo del "Moose County Something". «Ciao, Qwill. Ci consegni l'articolo questo pomeriggio?»
«Solo se le interruzioni mi consentiranno di scrivere una proposizione nella sua interezza» sbottò lui.
«Perché vorremmo che tu partecipassi a una riunione.»
Quando gli era possibile Qwilleran evitava di partecipare alle riunioni di redazione. «Di che cosa si tratta?»
«Dwight Somers ci ragguaglierà sulla Grande Fiera della Gastronomia. Ha trascorso alcuni giorni a Chicago con i cervelloni della Fondazione K e arriverà qui con la navetta delle 15.15.»
La petulanza di Qwilleran si attenuò un po'. La Fondazione K era il soprannome che quelli del posto avevano dato alla Fondazione Klingenschoen, da lui creata per elargire il denaro che aveva ereditato. Dwight Somers era un suo amico, l'addetto alle pubbliche relazioni locali, con buone credenziali a Giù in Basso.
«D'accordo, ci sarò.»
«Tra l'altro, come sta Polly?»
«Migliora di giorno in giorno. Ora le è concesso di salire e scendere le scale... Un'emozione pari, per lei, a quella di vincere il Premio Nobel.» Polly Duncan era una donna affascinante, sua coetanea, al momento assente per malattia dalla biblioteca pubblica di Pickax, di cui era la direttrice.
«Dille che Jodie e io abbiamo chiesto sue notizie. Dille che alla mamma di Jodie l'anno scorso è stato applicato un by-pass e ora sta benissimo.»
«Grazie. Sarà felice di saperlo.»
Qwilleran tornò alla macchina per scrivere e batté qualche altra frase.
Collezionare dei "nessuno" è uno hobby gratificante. A differenza dei brillanti, non costano e non sono mai falsi. A differenza delle prime edizioni di Dickens, se ne trovano in gran quantità. A differenza dei mobili antichi Chippendale, in casa non occupano spazio.
Il telefono squillò di nuovo. Questa volta era lo studio legale Hasserlich, Bennett & Barter. Qwilleran gemette. Le telefonate degli avvocati erano sempre foriere di cattive notizie.
Udì dall'altro capo del filo la voce tremula del socio più anziano dello studio. «Mi perdoni, signor Qwilleran, se interrompo il suo lavoro. Indubbiamente in questo momento la penna di Qwill sta vergando un altro articolo.»
«Non occorre che si scusi.»
«Spero che lei si stia godendo queste belle giornate autunnali.»
«Non c'è stagione migliore nella contea di Moose. E lei, signor Hasserlich?»
«Io ne assaporo ogni momento e pavento la furibonda aggressione dell'inverno. E, mi dica, come sta la signora Duncan?»
«Fa progressi, grazie. Spero che la signora Hasserlich si senta meglio.»
«Si sta riprendendo lentamente, giorno dopo giorno. Il dolore è una malattia ostinata dello spirito.» L'avvocato si schiarì la gola e proseguì: «Le ho telefonato per ricordarle che la riunione annuale della Fondazione Klingenschoen si terrà a Chicago alla fine del mese. Come al solito, il signor Barter la rappresenterà, ma ho pensato che forse gradirebbe accompagnarlo, dato che non ha mai partecipato a nessuno di questi incontri. Le assicuro che sarebbe il benvenuto.»
Per Qwilleran le riunioni dei consigli di amministrazione erano ancor peggio di quelle redazionali. «Apprezzo la sua proposta, avvocato, ma purtroppo i miei impegni qui a Pickax non mi consentono di assentarmi a fine mese.»
«Capisco» commentò il legale. «Ma considererei una mia mancanza non farle questo invito.»
Seguirono alcuni convenevoli, poi Qwilleran riagganciò, provando un senso di compiaciuta soddisfazione per essere riuscito a evitare un'ennesima riunione tediosa con esperti della finanza. Quando aveva ereditato il patrimonio Klingenschoen le sue conoscenze in campo finanziario erano così scarse che era stato costretto a ricorrere al dizionario per sapere quanti zeri formavano un miliardo. La ricchezza non gli era mai interessata. A lui piaceva guadagnarsi da vivere, incassare lo stipendio settimanale e condurre una vita frugale. Considerava il patrimonio che gli era stato lasciato un peso, una seccatura e un impiccio. Creare una fondazione era stato un colpo di genio che gli aveva dato la possibilità di vivere senza problemi e di tornare alla sua macchina per scrivere.
Come si riconosce un "nessuno"? Per esempio: uno sconosciuto che ti fa una gentilezza senza dirti chi è e poi scompare senza aspettarsi di essere ringraziato. Sentire parole spiritose o sagge dette da qualcuno a cui non avresti mai attribuito tale capacità. Ricordo una persona di una certa età che camminava appoggiandosi a un bastone per il centro di Pickax con un vento a velocità da sessanta a ottanta orari e ricordo che ci siamo rifugiati sotto un portone e lui mi ha detto: "Il vento mi ha buttato a terra davanti al tribunale, ma non me la sono presa perché questo fa parte della natura".
Quando il telefono squillò per la terza volta, Qwilleran rispose all'inizio in tono burbero, ma cambiò voce non appena all'altro capo del filo udì quella dolce e musicale di Polly Duncan. «Come stai?» le chiese preoccupato. «Ti ho chiamato prima, ma non hai risposto.»
«Lynette mi ha accompagnato in macchina alla Clinica per malattie cardiache di Lockmaster» disse lei in tono vivace. «Il dottore è rimasto sbalordito per la rapidità con cui mi sono rimessa. Secondo lui è perché ho sempre condotto una vita regolare, anche se un po' troppo sedentaria. Devo camminare tutti i giorni.»
«Bene, lo faremo insieme» rispose lui sorridendo: era quello che le aveva sempre ripetuto da anni, ma lei non aveva mai voluto seguire i suoi consigli. «Ci vediamo stasera alla solita ora? Ti serve qualcosa dall'emporio?»
«Ho solo bisogno di un po' di buona conversazione. Noi due da soli. Lynette esce. A bientôt, mio caro.»
«A bientôt.»
Prima di ritornare al suo articolo si concesse qualche attimo per compiacersi delle buone notizie avute da Polly. Ricordava ancora la telefonata notturna che gli aveva fatto per chiedergli aiuto, i suoi occhi spaventati quando gli infermieri l'avevano messa sulla lettiga e avevano fissato le cinghie, i momenti di ansia che lui aveva passato fuori del reparto terapia intensiva, quindi al reparto cardiologico dell'ospedale di Minneapolis. E ora Polly trascorreva la convalescenza dalla cognata, anche se non vedeva l'ora di tornarsene a casa.
Dopo essersi preparato una tazza di caffè, ricominciò a scrivere.
Ho iniziato a collezionare "nessuno" Giù in Basso. Il primo è stato un ragazzino tredicenne che cucinava per tutta la sua famiglia di otto persone. Il secondo "nessuno" era una donna conducente di autobus che si è fermata, ha fatto cenno a un altro autobus di fermarsi e ha fatto salire su questo la sua sbalordita passeggera che aveva sbagliato linea.
L'interruzione successiva fu una telefonata di John Bushland, fotografo professionista.
«Dimmi, Qwill, ti ricordi quando ho tentato di fotografare i tuoi gatti nel mio studio? Non siamo neppure riusciti a tirarli fuori dalla loro cesta.»
«Come potrei essermene dimenticato?» rispose il giornalista. «È stata la battaglia del secolo tra due uomini adulti e due gatti ostinati. Alla fine abbiamo perso.»
«Vorrei riprovarci, se non ti dispiace, ma a casa tua. C'è un altro concorso per un calendario sui gatti. Forse nel loro territorio si sentirebbero a loro agio e io potrei tentare di riprenderli senza che se ne accorgano.»
«Sì, certo, quando vuoi tentare? Di giorno o di sera?»
«Per il colore degli occhi la luce naturale è la più indicata. Che ne diresti di domattina?»
«Mi va bene per le nove o giù di lì» rispose Qwilleran. «A quell'ora hanno la pancia piena e sono in pace con l'universo.»
Poi riuscì finalmente a concludere il suo articolo allungandolo per raggiungere le mille parole.
Una parola di avvertimento al collezionista neofita: evitate di accennare ai media chi sono i "nessuno" dà voi scelti per la vostra collezione perché, in questo caso, li farete diventare celebri dall'oggi al domani, e non esiste al mondo alcun "nessuno" di rilievo.
Essendo riuscito a lavorare nonostante le interruzioni, l'autore della rubrica "Direttamente dalla Penna di Qwill" finì in tempo per essere presente alla riunione redazionale. Salutò i siamesi come sempre, comunicando loro dove andava e quando sarebbe tornato. Era convinto che più si parlava ai gatti più loro diventavano intelligenti. I suoi due felini, secondo le sue previsioni sulla strada giusta per raggiungere un altissimo quoziente d'intelligenza, si limitarono invece a svegliarsi dal loro pisolino pomeridiano, lanciandogli una breve occhiata inespressiva prima di ripiombare nel sonno.
Qwilleran raggiunse il centro a piedi. A Pickax nessuno andava a piedi se non per raggiungere la macchina al parcheggio. La sua abitudine di usare come mezzo di trasporto le gambe invece delle ruote era considerata una curiosa stravaganza, qualcosa che ci si può aspettare da uno arrivato da Giù in Basso. Per prima cosa entrò alla tavola calda di Lois per prendere una fetta di torta alle mele.
La proprietaria, una donna dal seno prosperoso e dal piglio piuttosto autoritario, con un'assidua e numerosa clientela, si stava concedendo una breve pausa pomeridiana per chiacchierare con i perdigiorno amanti dei suoi caffè. Stava parlando di suo figlio Lenny che, oltre al turno di notte come portiere di albergo, frequentava anche i corsi del nuovo college, e della sua ragazza, Anna-Marie, iscritta al corso per infermiere, che lavorava anche lei part-time all'albergo. Secondo Lois gli studenti erano contenti di fare orari corti, nonostante quello spilorcio del proprietario dell'albergo pagasse il minimo salariale e senza contributi.
Qwilleran, che si divertiva sempre ad ascoltare i discorsi di Lois, arrivò in redazione di buonumore.
Il "Moose County Something", un giornale di formato normale, veniva pubblicato cinque giorni alla settimana. Sovvenzionato all'inizio dalla Fondazione K, ora però era in attivo. L'edificio era nuovo, la tipografia modernissima. Sembrava che lo staff si divertisse molto.
La riunione si teneva nella sala conferenze le cui pareti, semplici e rivestite di legno, erano tappezzate da prime pagine rimaste nella storia del giornalismo americano: IL TITANIC SI SCONTRA CON UN TITANO PIÙ POTENTE... GUERRA IN EUROPA... KENNEDY ASSASSINATO. I presenti stavano seduti attorno al grande tavolo di teak e bevevano caffè servito in tazze sulle quali erano stampate battute umoristiche in stile giornalistico: SE NON RIUSCITE A BERLA VOI, NON FATELA BERE AGLI ALTRI... LE SCADENZE VANNO RISPETTATE... PENSAR MALE PRIMA È PIÙ DIVERTENTE.
«Vieni, Qwill» disse Junior. «Dwight non è ancora arrivato, e siccome noi detestiamo sprecare il tempo ci stiamo inventando dei pettegolezzi sulla donna misteriosa.»
Attorno al tavolo erano seduti in sei.
Arch Riker, il panciuto editore e direttore, era amico da sempre di Qwilleran, del quale era stato collega Giù in Basso. Ora stava realizzando il sogno di dirigere il quotidiano di una piccola città.
L'aspetto fanciullesco e la figura smilza di Junior Goodwinter erano in contrasto con la sua importanza: non era solo il direttore esecutivo, ma anche il diretto discendente del fondatore di Pickax City, il che, in una comunità a seicento chilometri da ogni dove, contava parecchio.
Hixie Rice, che si occupava della pubblicità e delle promozioni, era a sua volta una transfuga da Giù in Basso; anche dopo diversi anni vissuti nelle zone dell'interno, continuava a ostentare un brio e un savoir faire tipicamente metropolitani.
Mildred Hanstable Riker, esperta di cucina e moglie dell'editore, era una donna grassoccia e generosa nativa della contea di Moose. Era andata da poco in pensione dopo aver insegnato belle arti ed economia domestica alla scuola pubblica.
Jill Handley, la nuova responsabile dei servizi speciali, era carina e molto attiva, ma non si sentiva ancora a proprio agio con i suoi colleghi. Proveniva dal "Lockmaster Ledger", che veniva pubblicato nella contea vicina, dove gli abitanti della contea di Moose erano considerati dei barbari.
Wilfred Sugbury, segretario dell'editore, era un giovanotto magro e asciutto dal volto severo, che prendeva molto sul serio il proprio lavoro. Non appena Qwilleran entrò nella stanza, saltò in piedi e andò a riempire di caffè una tazza sulla quale si leggeva la scritta: PRIMA AMMAZZIAMO TUTTI I DIRETTORI.
Disteso in cima a uno schedario c'era poi William Alien, un grosso gatto bianco che in passato aveva avuto un sodalizio con il "Pickax Picayune".
Qwilleran rivolse ai presenti un cordiale cenno di saluto, quindi si accomodò vicino alla nuova arrivata, Jill Hendley, che si girò a guardarlo con espressione adorante. «Oh, signor Qwilleran, io sono entusiasta della sua rubrica. Lei è uno scrittore favoloso!»
Le rispose in tono severo: «Non è permesso lavorare al "Something" se non si beve caffè, se non si amano i gatti e se non mi si chiama Qwill.»
«Lei ha dei siamesi, vero, Qwill?»
«Non esattamente. Sarebbe più giusto dire che sono loro ad avere me. Che cosa l'ha indotta ad abbandonare il mondo civile per venire a vivere in queste terre selvagge?»
«Be', i miei figli volevano andare alle scuole superiori di Pickax perché c'è una piscina più grande, mio marito ha trovato qui una buona possibilità di lavoro e io volevo scrivere per un giornale che pubblica rubriche come "Direttamente dalla penna di Qwill". Giuro che è la verità!»
«Basta così!» esclamò l'editore, che era seduto a capotavola. «Se continui, tra un po' Qwill ci chiederà l'aumento. Applaudiamo il nostro vincitore.»
Tutti batterono le mani e Wilfred arrossì. Era arrivato primo nella corsa ciclistica di centodieci chilometri il giorno del Labour Day, eppure nessuno al giornale sapeva che lui avesse una bicicletta...
«Congratulazioni» disse Qwilleran, «Siamo tutti orgogliosi di te. Le tue pedalate stanno alla pari con la tua efficienza nel lavoro.»
«Grazie» ribatté Wilfred. «Non mi aspettavo di vincere. Mi sono iscritto solo per divertimento, però mi sono allenato duramente per tutta l'estate. Ero fiducioso di poter fare l'intero percorso anche a costo di arrivare ultimo. È andato tutto bene e a metà strada mi sono detto: Ehi, stupidone! Puoi vincere questa pazza corsa! Questo l'ho pensato tra Mudville e Kennebeck, quando avevo davanti a me solo pochi concorrenti. È allora che mi sono messo a volare fino al traguardo. Altri nove concorrenti hanno concluso la gara e tutti sono stati altrettanto bravi quanto me, solo che io sono stato favorito da un po' di fortuna. Spero di poter ripetere quest'esperienza l'anno prossimo.»
Era più di quanto quel tranquillo giovanotto avesse detto in due anni, cioè da quando lavorava lì, e tutti girarono la testa a guardarlo, attoniti. Solo Qwilleran riuscì a trovare qualcosa da dire. «Ammiriamo la tua energia e la tua determinazione, Wilfred.»
Riker si schiarì la gola. «Mentre aspettiamo quel ritardatario del signor Somers, riprendiamo le nostre riflessioni.» Poi aggiunse con voce decisa: «Chi è la donna misteriosa e che cosa ci fa qui?»
Mildred disse: «Veste sempre di nero e ama starsene isolata. Secondo me è in lutto. Deve aver subito una grave perdita ed è venuta in questa tranquilla cittadina per dimenticare il suo dolore. Noi dovremmo rispettare il suo desiderio di riservatezza.»
Qwilleran si accarezzò i baffi, il che era un segno di evidente interesse. «Esce mai dall'albergo?»
«Certo» rispose Junior. «I nostri cronisti locali l'hanno vista girare al volante di una macchina a nolo, una due porte blu, con l'adesivo dell'aeroporto sul parabrezza.»
«E un giorno» aggiunse Hixie, facendo capire che doveva dare una notizia importante «mentre stavo facendo firmare un contratto al Caffè dell'Orso Bruno, l'ho vista nell'atrio dell'albergo in compagnia di un uomo che indossava un completo con cravatta e che aveva in mano una borsa.»
«La trama si complica» disse Riker. «Si stava registrando all'albergo oppure se ne stava andando?»
Qwilleran si intromise. «Io non l'ho vista. È bella? È giovane? È affascinante?»
«Perché non vai a cenare all'albergo, Qwill, e non le dai un'occhiata?»
«No, grazie. L'ultima volta che ci sono stato un petto di pollo mi ha schizzato di burro la mia nuova giacca sportiva, Io l'ho considerato un attacco alla stampa.»
Wilfred timidamente azzardò: «Lenny Inchpot pensa che sia straniera.»
«Molto interessante» commentò Junior. «Abbiamo tra noi un agente nemico mandato qui per inquinare l'ambiente.»
«Oppure è un agente segreto del governo, venuto a perlustrare la zona per appurare se vi sia la possibilità di impiantare una discarica da queste parti» intervenne Riker.
La nuova assunta ascoltava sbalordita, non sapendo come reagire a quelle congetture espresse tanto seriamente.
«Oppure è un'extraterrestre» intervenne Mildred in tono allegro. «Quest'estate abbiamo avuto molti avvistamenti.»
«Siete tutti lontani dalla verità» dichiarò Hixie. «Io sostengo che l'uomo con la borsa è il suo legale e che lei è l'amante segreta di Gustav Limburger, al quale sta facendo causa per ottenere una liquidazione.»
Tutti risero, eccetto Qwilleran e la nuova arrivata, che chiese: «Che cosa c'è da ridere?»
«Gustav Limburger» spiegò Mildred «è un vecchio ottantenne curvo e maligno che vive come un recluso a Black Creek. È il proprietario del New Pickax Hotel.»
«Bene, e perché la mia teoria non dovrebbe funzionare?» chiese Hixie. «Ha un piede nella fossa, non ha figli e non sarebbe la prima volta che un vecchio lascivo ha una relazione con una donna giovane alla quale promette mare e monti.»
Di nuovo tutti si misero a ridere. Si udì bussare alla porta e Dwight Somers comparve sulla soglia: «Fate ridere anche me.»
L'addetto alle pubbliche relazioni aveva avuto un aspetto più interessante, prima di tagliarsi la barba, ma sopperiva alla scarsa bellezza dei lineamenti con l'entusiasmo e la personalità. Fece un cenno di saluto alle persone sedute attorno al tavolo e annuì due volte in direzione di Hixie. «Scusate il ritardo, amici. L'aereo ha perso l'ala sinistra da qualche parte sopra Lockmaster. Si sospetta della contraerea nemica.»
«Non c'è problema» rispose Riker, invitandolo a prender posto. «La Fondazione K comprerà una nuova ala per l'aereo.»
«Benvenuti allo Stupidario del "Moose County Something"» disse Junior Wilfred mentre si affrettava a riempire una tazza di caffè con la scritta PRIMA AMMAZZIAMO TUTTI I P.R.
L'editore chiese: «Questa era la tua prima visita alla Fondazione Klingenschoen, Dwight? Mi hanno detto che è imponente.»
«Diamine, è incredibile. Stai parlando di un complesso che occupa tre piani di un edificio nel Loop. Hanno una riserva di cervelloni specialisti in investimenti, proprietà immobiliari, programmi di sviluppo economico e associazioni filantropiche. Il fondo di cui dispongono deve trasformare la contea di Moose in un luogo in cui si vive e si lavora senza che per questo si trasformi tutto in una megalopoli. Sono per la salvaguardia di spiagge e boschi, per il mantenimento dell'aria e dell'acqua pulite, per la creazione di attività che rispettino l'ambiente e di piani regolatori che scoraggino insediamenti ad alta densità di popolazione.»
«Mi sembra piuttosto utopistico. Funzionerà?»
«In caso positivo sarà un progetto pilota per le comunità agricole di tutta la nazione, almeno se intendono prosperare e continuare a conservare una buona qualità di vita.»
«E il turismo?»
«La Fondazione K vuole scoraggiare ogni genere di turismo non rispettoso del carattere della comunità. Finanzia locande di campagna a gestione familiare, che servono ottimo cibo e ospitalità familiare, e appoggiano una pubblicità selezionata. Per incrementare poi un turismo a basso costo cercano di promuovere piccoli campeggi che non richiedano l'abbattimento di alberi.»
Qualcuno chiese se vi fossero buone opportunità per concludere affari.
«Ora arriviamo al punto» disse Dwight. «Se c'è un'industria che non è inquinante e che ha un'immagine positiva è quella alimentare. La contea è già nota per le sue industrie ittiche, per gli allevamenti di ovini e per la coltivazione delle patate. Ora la Fondazione K appoggia iniziative come l'allevamento di tacchini e i frutteti, i ristoranti di cucina tradizionale e i negozi di specialità. La Grande Fiera Gastronomica sarà un festival in cui si potrà trovare ogni sorta di iniziativa correlata al cibo.» Aprì la ventiquattrore e ne estrasse una fotocopia della sua relazione. «Da domani inizia una settimana di manifestazioni gastronomiche. Qualche domanda?»
Qualcuno disse: «Ha l'aria di essere una cosa divertente.»
«La tendenza è considerare il cibo come un divertimento» rispose Dwight. «Ci sono moltissimi locali. La gente pranza fuori più spesso, parla di cibo, acquista libri di cucina, frequenta corsi di arte culinaria, guarda videocassette che spiegano come eseguire ricette, si iscrive a club per gourmet. Alcuni dei nuovi profumi sul mercato odorano di vaniglia, cioccolata, noce moscata, cinnamomo...»
Riker dichiarò: «Non mi dispiacerebbe un dopobarba al profumo di scotch.»
«Non preoccuparti, arriveranno anche a questo.»
«A partire dalla settimana prossima» disse Junior «tratteremo l'argomento Fiera su un'intera pagina.»
«Ho il sospetto che la donna misteriosa rientri in una campagna pubblicitaria in vista dell'evento.»
«No, lo giuro su una pila di libri di cucina» rispose Dwight, chiudendo la ventiquattrore. «Desidero ringraziarvi, ragazzi, per avermi dato l'opportunità di presentarvi il programma. Spero che salirete sul carro del vincitore e che mi chiamerete, se potrò esservi utile in qualche modo.»
«La prospettiva è appetitosa» commentò Riker. «Mandiamo Wilfred a prenderci burger e birre.»
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Qwilleran era un buongustaio nato al quale non serviva nessun incentivo per partecipare alla Grande Fiera Gastronomica. Sperava che questa gli avrebbe fornito nuovi argomenti per la sua rubrica. Trovare materiale per il suo articolo bisettimanale non era facile, considerate le dimensioni della contea e il numero di anni trascorsi da quando aveva cominciato a tenere quella rubrica.
Dalla redazione si recò all'emporio di Toodle per acquistare cibo per i suoi schizzinosi felini. Toodle era un vecchio negozio di alimentari, apprezzato fin dai tempi in cui i proprietari macellavano personalmente i suini e vendevano un penny di tè. Ora il negozio aveva le dimensioni e il parcheggio di un supermercato metropolitano, senza però il luccichio ipnotizzante delle insegne fluorescenti sopra la facciata. Faretti e riflettori illuminavano le carni e gli altri alimenti senza alternarne il colore e senza far venire l'emicrania alla signora Toodle. Era lei che gestiva l'attività con l'aiuto di figli, parenti acquisiti e nipoti. Qwilleran comprò qualche scatoletta di salmone rosso, polpa di granchio, gamberetti per cocktail e vongole tritate.
La sosta successiva fu al negozio di libri usati, Le Edizioni di Edd. Lì c'erano migliaia di volumi accumulatisi in seguito alla vendita di proprietà nelle contee circostanti. Libri dalle pagine ingiallite riempivano gli scaffali, i tavoli e il pavimento, e lo stesso Eddington Smith aveva un aspetto vecchio e polveroso che si confaceva alla sua mercanzia. Un'altra persona in sintonia con il locale era un robusto gatto dal pelo lungo di nome Winston, che spazzava il pavimento con la sua folta coda. Nel negozio aleggiava sempre un odore che era un misto di libri ammuffiti, delle sardine che costituivano la dieta alimentare di Winston e del fegato con cipolle che Eddington si preparava spesso nel retro. Quel giorno l'odore era insolitamente forte e Qwilleran limitò al minimo la durata della sua visita.
«Voglio qualcosa per la signora Duncan, Edd. A lei piace leggere vecchi libri di cucina. Li trova divertenti.»
«Spero che si senta meglio.»
«Ha recuperato il suo senso dell'umorismo, e questo è un buon segno» rispose il giornalista, esaminando frettolosamente tre ripiani di libri usati di ricette. Tra questi c'era un volume non rilegato del 1899, intitolato Piatti deliziosi per pranzi raffinati, compilato dall'Associazione culturale femminile di Pickax. Sfogliandolo, vide ricette per salsicce e fagioli, di un tipo speciale di hamburger chiamato Wimpy Diddles e i famosi polpettoni della signora Duncan. «Lo prendo» disse, pensando che potesse trattarsi della bisnonna di Polly.
Intanto Eddington stava aprendo uno scatolone appena arrivato, contenente vecchi libri che erano appartenuti a una famiglia di contadini, proprietari di una fattoria per la produzione di latte e di formaggio.
Nel mucchio Qwilleran notò un volume dal titolo I grandi formaggi del mondo occidentale - Un compendio. «Prendo anche questo» disse. «Quanto ti devo? Non stare a incartarlo.» Pagò e si affrettò a uscire dal negozio, dove l'odore gli era diventato insopportabile.
Continuò tuttavia ad avvertirlo nelle narici mentre si incamminava verso casa. Lungo Main Street attorno a Park Circle attraversò il parcheggio del teatro, quindi un sentiero fiancheggiato da alberi che conduceva all'ex granaio. Il teatro, uno splendido edificio in pietra arenaria, un tempo era stato la residenza dei Klingenschoen e la bella rimessa per carrozze sul retro adesso era un garage con quattro posti macchina e un appartamento sovrastante. Mentre Qwilleran attraversava il parcheggio vide la sua inquilina che stava scaricando sacchetti con la spesa dal portabagagli della propria auto.
«Bisogno di aiuto?» le chiese, avvicinandosi.
«No, grazie. Bisogno di maccheroni al formaggio?» gli rispose con una risata calorosa. Si chiamava Celia Robinson ed era un'allegra nonna dai capelli grigi che lo riforniva di cibi fatti in casa da surgelare.
«Non rifiuto mai maccheroni al formaggio.»
«Volevo chiederle, signor Q, che idea si è fatto della donna misteriosa dell'albergo. Penso che dovrebbe indagare un po'.» La signora Robinson era un'avida lettrice di romanzi di spionaggio e per due volte gli aveva fatto da assistente quando lui aveva curiosato in situazioni ritenute sospette.
«Questa volta no, Celia. Non è stato commesso alcun delitto e i pettegolezzi su quella donna sono assurdi. Sarà meglio badare agli affari nostri... E lei? Si occupa sempre del programma Amici dei malati?»
«Sì. Adesso hanno creato una brigata giovane di Amici dei malati ed è compito mio addestrarli. Sono studenti universitari che vogliono guadagnare un po' di denaro e sono bravissimi nel tenere compagnia ai malati cronici...» Si interruppe e annusò l'aria con un'espressione di curiosità. «Ha comprato del formaggio per topi?»
«No, solo un libro che tratta dell'argomento. Apparteneva a un tizio che produceva formaggi e per osmosi ha acquisito una certa fragranza casearia.»
«Oh, signor Q lei vuol dire che puzza!» disse Celia divertita.
«Se lo dice lei, madame» le rispose, facendole un inchino rigido che di nuovo scatenò in lei ulteriori scoppi di risa.
Da lì Qwilleran si addentrò nel fitto bosco di sempreverdi che isolava l'ex granaio dal traffico pesante di Park Circle. Mentre si avvicinava notò due paia di occhi che lo stavano osservando dalla finestra al pianoterra. Non appena ebbe aperto la porta, si ritrovò davanti i gatti che saltellavano sulle zampe posteriori e gli premevano i cuscinetti delle zampe sui calzoni. Sapeva che non erano attratti dalla sua personalità magnetica e nemmeno dal pesce in scatola. Si trattava del libro sui formaggi. Arricciarono il naso, spalancarono la bocca e mostrarono i denti. Era quella che il veterinario definiva la reazione Fleham. Comunque si chiamasse, non si trattava di una reazione positiva.
Anche Qwilleran annusò analiticamente il libro. Celia aveva ragione: emanava un puzzo molto forte di latticini troppo stagionati... tipo formaggio Limburger. Erano trascorsi molti anni da quando aveva fatto conoscenza con il Limburger in Germania, ma era un ricordo indimenticabile. L'aggettivo esatto sarebbe stato "maturo", ma si sarebbe potuto definire più appropriatamente "rancido".
Rammentò che Limburger era il nome del vecchio che durante la riunione redazionale era stato descritto in modo assai poco caritatevole. Sembrava essere un tipo molto speciale, senza peli sulla lingua. Come la maggior parte dei giornalisti, Qwilleran apprezzava personaggi del genere perché suscitavano l'interesse dei lettori. Ricordava le interviste fatte ad Adam Dingleberry, Euphonia Gage e Ozzie Penn, solo per citarne alcuni. Decise di entrare in azione.
Per prima cosa relegò il libro sui formaggi nel capanno degli attrezzi, sperando che un giorno potesse perdere il proprio profumo, quindi consultò sulla guida del telefono la zona di Black Creek e formò un numero. Attese parecchi minuti prima che qualcuno rispondesse all'altro capo del filo. Poi una voce chioccia e stridula urlò: «Chi parla?»
«È lei il signor Limburger?»
«Se è lui che ha chiamato, è lui che risponde. Che cosa vuole?»
«Sono Jim Qwilleran, del "Moose County Something".»
«Non voglio comperare il giornale. Costa troppo.»
«Non l'ho chiamato per questo, signore. Lei è il proprietario del New Pickax Hotel?»
«Non sono fatti suoi.»
«Vorrei scrivere la storia di questo famoso albergo, signor Limburger» insistette Qwilleran in tono accattivante.
«E perché mai?»
«Perché da oltre un secolo è uno dei vanti locali e i nostri lettori sarebbero interessati a...»
«E che cosa vorrebbe sapere?»
«Desidererei venire a trovarla e porle qualche domanda.»
«Quando?» chiese l'anziano signore con voce ostile.
«Che ne direbbe di domattina verso le undici?»
«Se ci sarò ancora. Ho ottantadue anni e potrei andare all'altro mondo da un momento all'altro.»
«Correrò questo rischio» rispose Qwilleran in tono scherzoso. «Ha la voce di una persona in ottima salute.»
La gatta emise un richiamo poco distante dalla cornetta del telefono.
«Che cos'è stato?» domandò il vecchio, allarmato.
«Un aereo a bassa quota. A domani, signor Limburger.» Qwilleran ridacchiò nell'udire il colpo brusco con cui il suo interlocutore aveva abbassato il ricevitore.
Prima di andare a trovare Polly, Qwilleran scorse l'opuscolo riguardante la grande mostra gastronomica. La cerimonia per l'inaugurazione si sarebbe tenuta in un complesso chiamato Stables Row, una costruzione in pietra lunga un isolato su una via secondaria del centro di Pickax. Ai tempi in cui i mezzi di trasporto erano cavalli e calessi, era servita come rimessa dove si poteva tenere il cavallo per tutto il giorno e ottenere una razione di avena per un cent. In seguito era stata ristrutturata per adibirla a un uso più moderno: depositi di mercanzie, botteghe artigianali e uffici che continuavano a cambiare attività. Al momento stava per iniziare una nuova e brillante vita. Spazi grandi e piccoli erano stati ridisegnati per ospitare una focacceria, un locale specializzato in minestre e zuppe, una pasticceria, un locale in cui si servivano vino e formaggi, un raffinato negozio di oggetti da cucina, un antiquato banco di bibite e gelati e un emporio di alimenti dietetici.
Tra gli eventi speciali erano inclusi la preparazione, eseguita davanti al pubblico, di vari tipi di polpettoni, un'asta seguita da una cena alla quale avrebbe presenziato un personaggio famoso, oltre a corsi di cucina per soli uomini. Qwilleran era sicuro che i suoi amici avrebbero cercato di indurlo a iscriversi, ma lui sapeva tutto quello che gli interessava sapere riguardo alla cucina: era bravissimo a scongelare il necessario per una cena. Aprì una scatoletta di vongole tritate e disse: «Bene, ragazzi. Cercate di non mettervi nei guai in mia assenza. Vado a trovare vostro cugino Zampotto.»
Raggiunse in macchina Pleasant Street, un quartiere di case in stile vittoriano, costruito da ricchi cittadini di Pickax in un periodo in cui i falegnami avevano da poco scoperto la sega per i lavori di traforo. Porticati, gronde, bovindo e frontoni erano stati arricchiti a tal punto da fantasiosi trafori in legno che Pleasant Street era stata ribattezzata viale Pan di Zenzero. Lì abitava la cognata nubile di Polly, l'ultima discendente della famiglia Duncan. Aveva ereditato la casa materna ed era da lei che Polly trascorreva la convalescenza.
Qwilleran si avviò lentamente per il vialetto antistante l'edificio e si soffermò a guardare sbalordito gli eccessi architettonici, senza accorgersi che Zampotto, l'adorato siamese di Polly, lo stava osservando dalla finestra. I due maschi che si disputavano l'affetto di Polly non avevano mai avuto rapporti amichevoli, ma riuscivano a mantenere un atteggiamento di tregua precaria.
Qwilleran girò il pomolo della porta, fece tintinnare una campanella nell'ingresso e subito Polly comparve in uno svolazzare di trasparenze azzurre. Indossava un largo caffettano che lui le aveva regalato nell'augurarle una pronta guarigione.
«Polly, hai un aspetto splendido!» Non sopportava di vederla pallida e svogliata, e adesso rendersi conto che le brillavano di nuovo gli occhi e che sulle labbra le era tornato il solito sorriso accattivante lo riempiva di gioia.
«Basta solo un referto medico positivo, oltre a un po' di fard e di ombretto» gli rispose con vivacità. «Brenda è venuta oggi a farmi i capelli.»
Si strinsero in un abbraccio appassionato interrotto dalle proteste di Zampotto.
«Stasera Lynette è andata a giocare a bridge al club, quindi noi potremo avere un tète-à-tète con tè e pasticcini. Il dietologo dell'ospedale mi ha dato la ricetta per preparare biscotti senza zucchero, burro, uova e sale.»
«Devono essere deliziosi!» rispose il giornalista con aria impassibile.
Entrarono nel soggiorno che parecchie generazioni di Duncan avevano conservato nello spirito del diciannovesimo secolo, con tendaggi di velluto, abat-jour ornati di frange, dipinti in elaborate cornici e tappeti su tappeti. Un tavolo rotondo era coperto da un tappeto che scendeva fino al pavimento. Quando Qwilleran fece per sedersi un missile di circa otto chili schizzò fuori da sotto il tavolo e gli sbatté contro le gambe.
«Cattivo! Cattivo!» disse Polly al gatto in tono più affettuoso che di rimprovero, poi, rivolta a Qwilleran, lo giustificò: «Stava solo giocando!»
"Sì, figuriamoci!" pensò lui.
«Lynette vuole che resti a vivere qui con lei e io sono molto tentata perché a Zampotto la casa piace. Ci sono tanti posti in cui nascondersi...»
«Sì, l'ho notato. Tende agguati a tutti quelli che vengono a trovarti? Meno male che ho il cuore forte e nervi d'acciaio.»
Polly fece una risatina sommessa. «Come ti sembrano i biscotti?»
«Non male, non male. Hanno solo bisogno di un po' di zucchero, di burro, di uova e di sale.»
«Mi stai prendendo in giro, eh? Ma non importa. Sono felice di essere viva, di stare bene e di poter essere oggetto delle tue battute. Indovina chi è venuto a trovarmi portandomi una prelibata minestra di funghi? Elaine Fetter.»
«La conosco?»
«Dovresti. Si occupa molto di volontariato, lavora sodo e gratuitamente. All'ospedale, al museo storico e alla biblioteca. Io la trovo bravissima al centralino telefonico e in archivio. Ma non è molto simpatica alla gente perché è considerata piuttosto snob. Abita a West Middle Hummock e sappiamo che quello è un quartiere di lusso. Il suo defunto marito era avvocato nello studio legale Hasserlich Bennett & Barter.»
«Com'era la minestra di funghi?»
«Deliziosa, ma troppo ricca di grassi per la mia dieta. I cuochi raffinati usano troppo burro e troppa panna. Tra l'altro, lei coltiva da sé i funghi, nientemeno che gli shiitake.»
Quelle parole suscitarono l'immediato interesse di Qwilleran: era un argomento che sarebbe potuto andar bene per la sua rubrica. Nei funghi c'era un che di misterioso e ancor di più negli shiitake.
«Mi concederebbe un'intervista?»
«Sicuramente. A Elaine piace vedere il proprio nome sui giornali.»
«Quando ti sentirai in grado di andare di nuovo a mangiare al ristorante? Ho sentito la tua mancanza.» Uscire a cena era uno dei suoi maggiori piaceri e lui era un cavaliere squisito.
«Presto, caro, ma devo badare a non eccedere. La dietologa mi ha dato un elenco di pietanze alternative e ha insistito sull'importanza di consumare porzioni ridotte.»
«Parlerò col cuoco del Vecchio Mulino di Pietra» disse lui. «Sarà felice di prepararti sessanta grammi di pietanza alternativa alla griglia con una salsa alternativa molto leggera.»
Polly fece la sua risatina musicale che somigliava a un trillo. Era bello sentirla ridere di nuovo. Ora Qwilleran si rendeva conto che le sue condizioni fisiche le avevano alterato l'umore molto prima che fosse colta dai dolori al petto.
«Hai avuto altre visite oggi?» le chiese, pensando al dottor Preligate, il rettore del nuovo college, che a suo parere si comportava troppo premurosamente con Polly. E il motivo di quel comportamento dava adito a più di un interrogativo.
«L'unica visita è stata quella della mia assistente» gli rispose. «La signora Alstock mi ha portato dei documenti da firmare. Sta facendo un ottimo lavoro in mia assenza.»
«Spero che ti abbia anche messo al corrente degli ultimi pettegolezzi.»
«Be', probabilmente saprai già che Derek Cuttlebrink si è iscritto a un corso per dirigenti del settore della ristorazione. Senza dubbio c'è di mezzo Elizabeth Hart.»
«Sì, una fidanzata che ha una rendita di mezzo milione di dollari può avere una certa influenza. Speriamo che Derek abbia finalmente imboccato la carriera giusta. Che altro hai saputo dalla rete spionistica della biblioteca?»
«Che Pickax avrà un'industria di sottaceti. È un bene o un male?»
«Non è un bene. Si finirà per dover scegliere la Regina dei Sottaceti, oltre alla Regina delle Patate e alla Regina delle Trote. Da luglio a ottobre in tutta la città si respirerà odore di aceto e di aglio.»
«Pensavo che l'aglio ti piacesse, caro!» Lo stava prendendo in giro, ma benevolmente.
«No, se finisce per sostituire l'aria fresca. Riesci a immaginare gli spot televisivi per reclamizzare i sottaceti di Pickax? Naturalmente cartoni animati: una fila di sottaceti in tutù che ballano al ritmo della polka dì Pickax e che urlano "Tiratevi su con i sottaceti di Pickax"... No, di' alla signora Alstock che nei programmi della Fondazione K per lo sviluppo economico della città non è prevista un'industria conserviera di sottaceti. Chi fa circolare queste voci farà bene a rimangiarsele.»
«Allora sei pronto a sentire qualche pettegolezzo di cui è stata appurata la veridicità? La donna misteriosa è andata in biblioteca e ha preso dei libri richiedendo un tesserino provvisorio di socia.»
«Mmm. Se è un tipo che legge non può essere tanto malvagia. E poi, che genere di libri ha ritirato? Come costruire una bomba? Come avvelenare le falde acquifere?»
«I titoli dei libri che i nostri soci ritirano costituiscono informazione riservata» rispose lei in tono professionale.
«Dunque alla biblioteca si conoscono il suo nome e il suo indirizzo.»
«Sicuramente risulterà dalla scheda.»
Qwilleran si accarezzò i baffi con espressione assorta e la guardò da sotto le palpebre abbassate con aria di cospirazione.
Polly riconobbe subito il senso di quella recita e sorrise con dolcezza: «Stai pensando a qualche azione poco pulita! Gli idraulici di Pickax si introdurranno in biblioteca dopo la chiusura, ruberanno le schede dall'archivio e scoppierà uno scandalo Bibliogate!»
Prima che lui riuscisse a ribattere in modo spiritoso la porta d'ingresso fu sbattuta e si udirono dei passi. Lynette era tornata a casa presto.
«Non mi sono trattenuta per i rinfreschi» spiegò. «Ho deciso che preferivo la vostra compagnia.»
«Ne siamo lusingati. Accomodati e prendi un biscotto» disse Qwilleran in tono incolore. Stava pensando che Lynette era una persona ammodo, piacevole, generosa, collaborativa e abbastanza intelligente per giocare a bridge e occuparsi della parte amministrativa di uno studio medico, ma non era intuitiva. Non le veniva mai in mente che ogni tanto a lui e a Polly un po' di intimità avrebbe potuto far piacere.
«Stavamo parlando della donna misteriosa» spiegò Polly.
In tono solenne Qwilleran annunciò: «Ho saputo da fonte autorevole che cerca di sfuggire a un sindacato del crimine o a un gruppo di terroristi. Sa troppe cose e costituisce una minaccia per la malavita. È in pericolo di vita.»
Lynette sbarrò gli occhi, ma Polly le assicurò che stava solo scherzando. Rassicurata chiese: «Ti dispiace se accendo la radio per sentire il bollettino meteorologico? Wetherby Goode è molto spiritoso!»
Qwilleran ascoltò educatamente le insulsaggini del meteorologo, che cominciavano così: «Pioggia, pioggia, vattene via, torna un altro giorno!» Poi trovò un pretesto per congedarsi. Polly, che aveva capito, gli lanciò uno sguardo mortificato, come per scusarsi. Di solito Zampotto lo accompagnava sempre alla porta, quasi volesse affrettare l'uscita dell'ospite. Quella sera furono in tre ad accompagnarlo. Non c'era possibilità di attardarsi a dare una buonanotte più affettuosa in privato a Polly. Mentre usciva il giornalista pensò che lei doveva andarsene da quella casa.
Arrivato all'ex granaio scese dalla macchina e fu investito di colpo da un fetore che proveniva verosimilmente dal capanno degli attrezzi, a una trentina di metri di distanza. Qwilleran era un uomo dalle decisioni rapide. Il libro sui formaggi gli era costato sei dollari, ma sapeva quando era il caso di non pensare al denaro. Puntò i fari della macchina in direzione del capanno, andò a prendere una vanga e scavò un grosso buco nel terreno. Senza esequie seppellì I grandi formaggi del mondo occidentale, augurandosi che l'acqua non venisse contaminata.
I siamesi furono contenti di vederlo. Li aveva trascurati per quasi tutta la giornata, non accordando loro i soliti dialoghi di qualità.
«Va bene. Faremo un po' di lettura» annunciò. «Libro! Libro!»
Un lato del cubo costituito dal camino aveva ripiani sui quali faceva bella mostra di sé la collezione di libri usati che Qwilleran acquistava nel negozio di Eddington. Erano suddivisi per argomenti: narrativa, biografie, teatro, storia... In mezzo c'erano spazi abbastanza grandi perché Koko vi si potesse rannicchiare e dormire. Era come se traesse conforto dal contatto con le vecchie rilegature. Di tanto in tanto gli piaceva buttare giù un volume da un ripiano e affacciarsi da lì per vedere dove fosse finito. Di fatto, ogni volta che Qwilleran gridava: "Libro! Libro!", per Koko quello era il segnale per spostare un titolo. Era un gioco. Qualunque volume il felino scegliesse, l'uomo era obbligato a leggerlo ad alta voce.
In quell'occasione il titolo scelto fu Come trovare gli asparagi selvatici. Qwilleran leggeva spesso libri che trattavano della natura e gli era piaciuto molto quello di Euel Gibbon, anche se non aveva la minima voglia di mangiare ghiande arrosto o germogli di euforbia lessati. Il capitolo che scelse parlava di api selvatiche, così cominciò a intrattenere il suo pubblico con effetti sonori.
«Bzzzz.»
I siamesi lo fissavano affascinati. Yum Yum gli si accoccolò sulle ginocchia e Koko si sistemò sul bracciolo della poltrona, osservando i baffi di colui che leggeva ad alta voce.
A circa metà del capitolo, proprio al punto in cui le api sciamavano da un tronco cavo, l'attenzione rapita di Koko venne meno. Rizzò le orecchie e irrigidì la coda, guardando in direzione della porta sul retro. Qwilleran si disse che era un po' tardi perché qualcuno arrivasse in macchina attraversando il bosco senza essere stato invitato. Andò a indagare. Dalla soglia non vide luci di fari, non sentì rumore di motori, ma qualcosa di innaturale che proveniva dal capanno degli attrezzi. Accese subito le luci esterne e si diresse verso il bosco con una torcia elettrica molto potente e una mazza da baseball.
Man mano che si avvicinava, udiva dei fruscii nel sottobosco seguiti da un silenzio assoluto. Ma il fetore fu più che sufficiente per fargli capire di che cosa si trattava. Un procione aveva stanato dal terreno il libro sui formaggi e lo aveva abbandonato lì, pieno di terriccio e tutto strappato. Per Qwilleran ora si poneva il problema di come liberarsene. Con l'ausilio della torcia entrò nel capanno per cercare un contenitore a tenuta stagna e buttò il libro in un secchio di plastica. O'Dell, il suo giardiniere, avrebbe saputo cosa farne.
C'era anche una scatola metallica per gli attrezzi da pesca, vuota e un po' arrugginita, simile a quella che un serial killer di Giù in Basso aveva utilizzato per spedire dinamite per posta. Per un breve attimo da vertigine Qwilleran si chiese se inviare per corrispondenza un libro sui formaggi nel New Jersey ai suoi ex parenti acquisiti.
Il venerdì iniziò in un sussurro e si concluse in un botto! Per prima cosa Qwilleran nutrì i gatti. Li osservava affascinato mentre si facevano la pulizia dai baffi alla punta della coda. Sembrava quasi che avessero intuito che stava per arrivare un fotografo professionista e vincitore di premi, e che sarebbero stati immortalati come animali da calendario. La femmina era delicata nei suoi movimenti, il maschio veloce, metodico. Aveva baffi lunghissimi e baldanzosi e il suo padrone spesso si chiedeva se questo avesse a che vedere con le sue notevoli capacità intuitive. Koko inoltre era un maestro nell'arte di mantenere il vantaggio sugli altri e più di una volta aveva dimostrato di essere in grado di dare scacco a John Bushland.
Bushy, come amava essere chiamato il giovanotto dall'incipiente calvizie, si presentò senza un'attrezzatura fotografica vistosa, ma solo con un'anonima scatoletta nera appesa al collo.
Qwilleran gli andò incontro sulla porta. «Entra in silenzio e mettiti comodo. Evita movimenti bruschi e non toccare la macchina. Io vado a preparare il caffè, poi ci metteremo a berlo come se non stesse per succedere niente di speciale.»
Bushy si aggirò nella zona libri e andò a curiosare tra i ripiani. «Ehi» disse in tono sommesso. «Hai Una quantità di testi teatrali. Hai fatto l'attore?»
«Prima di scoprire il giornalismo avevo deciso di intraprendere quella carriera. Un minimo di esperienza di recitazione, a mio parere, è una buona base per qualsiasi carriera si decida di intraprendere.»
«Shakespeare... Aristofane... Cecov... Tu leggi questa roba pesante?»
«Pesante o leggera, mi piace leggere questi autori ad alta voce e ricoprire tutti i ruoli.»
«Ti rendi conto di quante di queste opere contengono nel titolo la parola cibo? L'Anatra selvatica. Il giardino dei ciliegi. Il grano verde. Uva passa al sole. Pollo dì domenica. Sapore di miele.»
Qwilleran portò un vassoio e lo posò sul tavolino. «Siediti, Bushy. Prendi un po' di caffè, qualche biscotto di pastafrolla acquistato alla nuova pasticceria a Stables Row. Ti ricorderanno il nostro viaggio in Scozia. Ignora i gatti.»
I due felini se ne stavano a scaldarsi in un triangolo di luce solare che illuminava il pallido tappeto marocchino. Koko aveva assunto la sua posizione leonina, la parte posteriore del corpo seduta e quella superiore eretta. La metà davanti e quella dietro sembravano appartenere a due animali diversi.
Bushy disse: «Junior vuole da me uno scoop: che fotografi di nascosto la donna misteriosa. Secondo lui le foto saranno utili per il giornale e anche per la polizia, se risulterà che quella donna è ricercata dall'FBI o cose del genere. Che ne pensi della sua parrucca? Secondo me è un travestito.»
«Io penso che stiamo reagendo tutti in modo eccessivo» rispose il giornalista. «Parlami un po' dell'Asta delle celebrità. Ho saputo che tu fai parte del comitato.»
«Sì... be'... il Club dei pubblicitari sta raccogliendo fondi per aiutare a Natale le famiglie bisognose. La gente continuerà a rilanciare per poter cenare con una celebrità, come per esempio il sindaco. Io mi sono offerto di invitare qualcuno sul mio cabinato per un picnic pomeridiano. Non sono un personaggio famoso, ma ci metterò dentro anche un ritratto con relative sedute nel mio studio.»
Un po' maliziosamente Qwilleran chiese: «Questo invito include anche qualcuno che faccia da chaperon?»
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«Be', ora che me lo dici ci aspettiamo un po' di critiche da parte di elementi conservatori, ma che diavolo, se possono indire Giù in Basso aste alle quali partecipano alcuni milioni di sconosciuti, potremo bene farne una qui, dove tutti tengono sempre d'occhio tutti.»
In quel frattempo, i siamesi stavano facendo le prove di tutte le pose tipiche dei gatti da calendario. Yum Yum si era distesa in modo seducente, protendendo una lunga ed elegante zampa anteriore. Koko se ne stava regalmente seduto con la coda arrotolata e teneva la testa girata per offrire un profilo fotogenico. I raggi intensi del sole mettevano ancora più in risalto l'azzurro dei loro occhi e ponevano in grande evidenza il manto, facendone scintillare ogni singolo pelo.
Bushy disse sottovoce: «Non parlare! Si stanno crogiolando in un falso senso di sicurezza. È il momento della verità... Sorridete, ragazzi.» Si alzò molto lentamente, con passo furtivo, si spostò portandosi nel punto giusto, abbassandosi gradatamente sino a piegarsi su un ginocchio, quindi sollevò di soppiatto la macchina fotografica. Subito Koko si voltò dall'altra parte e cominciò a lavarsi la base della coda con una delle zampe posteriori sollevata come un'asta di bandiera. Yum Yum si distese sul dorso e prese a grattarsi l'orecchio destro, con occhi strabici e scoprendo i denti.
Il fotografo gemette e si rialzò. «Dove ho sbagliato?»
«Non è colpa tua» lo consolò Qwilleran. «I gatti hanno un senso dell'umorismo molto spiccato, sono sornioni. Adorano farci fare la figura degli stupidi quali, in effetti, secondo me siamo. Siediti e prendi un'altra tazza di caffè.»
I siamesi ora voltavano le spalle. Yum Yum un fagottino di pelo dall'aria soddisfatta, Koko accovacciato dietro di lei. Fissava la spina dorsale della sua compagna e agitava la coda lentamente. Poi, il corpo rasente al pavimento, si avvicinò agitando la parte posteriore. Lei sembrava del tutto indifferente a quella curiosa pantomima. «Che cos'è che stanno facendo?» chiese Bushy.
«Stanno giocando. È una specie di corteggiamento.»
«Pensavo che fossero stati sterilizzati.»
«Questo non fa nessuna differenza.»
All'improvviso, con un unico rapido salto, Koko balzò in aria, ma prima che riuscisse ad atterrare Yum Yum se n'era andata, sfrecciando su per la scala, subito inseguita dal suo compagno.
«Be', devo tornare allo studio» annunciò Bushy. «Grazie per il caffè. Di' ai gatti che non mi arrendo, però.»
Prima di recarsi a Black Creek per l'intervista con Gustav Limburger, Qwilleran andò a fare la prima colazione alla tavola calda di Lois, che a quell'ora svolgeva mansioni di proprietaria, cameriera, cuoca e cassiera. «Il solito?» bofonchiò non appena lo vide. E pochi minuti dopo tornò e sbatté sul tavolo un vassoio con focacce e salsicce e sedette di fronte a lui, posando davanti a sé una tazza di caffè.
«Ho sentito dire che tuo figlio ha vinto la medaglia per la corsa ciclistica» le disse Qwilleran.
«Non è argento» precisò lei, indicando con un brusco cenno del capo la bacheca dietro al registratore di cassa, nella quale erano esposti una medaglia placcata d'argento, un casco bianco e verde e una maglia sempre bianca e verde con un grosso 19 sulla schiena. «Sai una cosa? Adesso che va al college continua a dirmi tutto quello che ho sbagliato negli ultimi vent'anni. Sono pronta a scommettere che quei professori non capiscono gli enormi grattacapi di chi svolge la mia attività. Dovrei andare io a insegnare al college!»
«Lui ha intenzione di rilevare il locale quando avrà finito di studiare?»
«Nossignore. Ambisce a diventare direttore del New Pickax Hotel. Mio Dio, quel pulciaio! Dev'essere completamente fuori di testa!»
«Conosci per caso l'anziano gentiluomo che ne è il proprietario?» chiese Qwilleran.
«Gentiluomo?» Lois fece un gesto sprezzante. «Veniva qui a fare la prima colazione quando per novantacinque cent si potevano avere quattro focacce, tre salsicce e cinque tazze di caffè, e lasciava una mancia di cinque cent! Quando si dice essere spilorci! Un giorno ha avuto la faccia tosta di chiedermi se volevo sposarlo e trasformare la sua casa in una pensione. L'ho fatto correre! Gli ho detto che era troppo vecchio, troppo avaro e troppo puzzolente. Mi hanno sentita tutti i miei clienti. È uscito precipitosamente e senza pagare, e non è più tornato. Ma non me la sono presa. Chi aveva bisogno dei suoi cinque cent?»
«Io ho avuto l'impressione che sia una persona agiata» commentò Qwilleran.
«Se non lo è dovrebbe esserlo! Hanno costruito il carcere dello Stato sulla sua terra. Quell'affare l'ha fatto diventare un Rockefeller.»
La città di Black Creek, poco distante nell'entroterra da Mooseville, aveva conosciuto momenti di splendore ai tempi in cui il fiume costituiva la linea vitale di comunicazione nella contea, ed era nuovamente rifiorita nei tempi d'oro della ferrovia. Dopo che le miniere erano state chiuse e le foreste rase al suolo, era diventata una città fantasma.
Quando il venerdì Qwilleran si recò lì in macchina, si rese conto che aveva ancora l'aspetto di una terra di nessuno. Tutto ciò che restava del centro erano un bar, un cimitero delle automobili e un mercato delle pulci che si teneva il fine settimana nel vecchio deposito dei treni. In quella che era stata la zona residenziale tutti gli edifici dalle strutture in legno erano bruciate o erano state smantellate per ricavarne legna da ardere. Era rimasta solo casa Limburger, che si levava grottescamente in mezzo ad acri e acri di erbacce. In stile vittoriano, con finestre alte e strette, una veranda e una torretta, ai suoi tempi era un vanto locale, essendo stata costruita in mattoni rossi. Infatti fino ad allora il materiale usato per le costruzioni era stato il legno oppure la pietra. I mattoni dovevano essere trasportati fin lì a bordo di golette e poi via terra su carri tirati da buoi. La famiglia Limburger non aveva badato a spese e aveva addirittura fatto arrivare artigiani dal Vecchio Continente perché usassero sapientemente i mattoni. Adesso una delle due maestose finestre era chiusa da assi di legno, la vernice si stava scrostando dalle rifiniture in legno e al cancello di ferro battuto dalle punte a lancia mancava un pezzo lungo due metri e mezzo.
Quando Qwilleran fermò l'auto vide un uomo che stava fumando e si dondolava vigorosamente, seduto sulla veranda in una malridotta sedia a dondolo.
«Lei è il signor Limburger?» chiese il giornalista, mentre saliva i sei gradini dalle mattonelle erose.
«Sì» rispose l'anziano signore senza smettere di dondolarsi. I suoi abiti erano grigi per l'uso e il volto altrettanto ingrigito, incorniciato da basette incolte. Aveva in testa un informe berretto, pure quello grigio.
«Sono James Qwilleran del "Moose County Something". La sua casa è molto bella.»
«Vuole comprarla?» ribatté l'uomo con voce stridula. «Mi faccia un'offerta.»
Sempre pronto a stare allo scherzo, Qwilleran gli chiese: «Quante stanze ci sono?»
«Non le ho mai contate.»
«Quanti camini?»
«Non ha importanza, tanto non funzionano. Le canne fumarie sono otturate. Quanti gliene servono?»
«Una buona domanda» dichiarò il giornalista. «Posso sedermi?»
Si sistemò con estrema cautela su una sedia a dondolo scheggiata dal sedile di paglia parzialmente sfilacciata. Sulla balaustrata erano allineati una dozzina di sassi grossi come palle da baseball. «Lei sa in che anno è stata costruita la casa, signor Limburger?»
Il vecchio scosse la testa in segno di diniego e si strofinò il naso con la mano stretta a pugno, come se gli prudesse.
«Non so. È stato mio nonno a costruirla. Lui è nato qui e qui sono nato anch'io. Mio nonno veniva dal Vecchio Continente.»
«È lui che ha costruito il primo albergo di Pickax?»
«Sì.»
«Quindi appartiene alla sua famiglia da generazioni. Da quanto tempo lei è l'unico proprietario?»
«Da parecchio.»
«Quanti ne sono rimasti di membri della sua famiglia?»
«Tutti all'altro mondo, eccetto me. Io sono ancora qui.»
«Si è mai sposato?»
«Non sono affari suoi.»
Un furgone blu entrò nella proprietà e scomparve alla vista sul retro dell'edificio. Si udì sbattere una portiera, ma non si vide comparire nessuno.
Pensando al numero di stanze mai contate dal padrone di casa, Qwilleran chiese: «Lei affitta?»
«Perché, vorrebbe una stanza?»
«Non per me, ma potrebbero arrivare degli amici da fuori città.»
«Li mandi all'albergo.»
«Sì, l'albergo non è male, non ci sono dubbi» ribatté diplomaticamente il giornalista. «Ultimamente ho visto una bella donna vestita di nero. È la nuova direttrice?»
«Non la conosco.» Di nuovo Limburger si strofinò il naso.
Qwilleran aveva un modo astuto di porre domande, all'apparenza incoerenti ma di fatto mirate a ricavare buone interviste da interlocutori reticenti.
«Cena spesso al suo albergo? Dicono che il cibo sia buono, soprattutto da quando lei ha fatto venire quel cuoco da Fall River. Tutti parlano del suo pollo in umido.»
L'anziano signore continuava a dondolarsi furiosamente, quasi avesse perso la pazienza con quell'intervistatore molesto, e rispose seccamente: «Io mi preparo da mangiare da solo.»
«Davvero?» esclamò Qwilleran, simulando ammirazione. «Invidio gli uomini che sanno cucinare. Che genere di piatti...»
«Wurstel... schnitzel... suppe.»
«Le spiace se le faccio una domanda personale, signor Limburger? A chi andranno l'albergo e questa splendida casa quando lei... andrà all'altro mondo, come ha detto prima?»
«Non sono affari suoi.»
Il giornalista faceva fatica a celare il proprio divertimento. Quell'intervista era come una serie di battute di un vecchio vaudeville. Si era girato per non mostrare l'espressione del volto e per riflettere su un'altra domanda quando vide un grosso cane fulvo arrivare lungo il vialetto di mattoni. «È su?» domandò.
Per tutta risposta il vecchio urlò con quel suo tono stridulo di voce: «Fuori di qui!» Afferrò uno dei sassi posato sulla balaustrata e lo tirò in direzione dell'animale, mancandolo. Questo osservò il sasso con curiosità e, appurato che non era commestibile, si avvicinò ancora di più. «Lurido bastardo!» Limburger prese un bastone che stava ai suoi piedi e cercò faticosamente di alzarsi. Quindi, brandendolo con una mano e afferrando un secondo sasso con l'altra, si accinse a scendere i gradini di mattoni.
«Attento!» esclamò Qwilleran, balzando in piedi.
Il furibondo padrone di casa scese i gradini uno alla volta, mettendo avanti prima la gamba sinistra e continuando a urlare: «Accidenti! Fuori di qui, sporca bestiaccia!» A metà dei gradini inciampò e cadde.
Qwilleran si precipitò al suo fianco. «Signor Limburger, si è fatto male? Vado a cercare aiuto. Dov'è il telefono?»
L'anziano signore si lamentava e agitava le braccia. «Vada a chiamare quell'uomo.» Indicava debolmente la porta d'ingresso.
Qwilleran tornò sulla veranda d'un balzo, urlando: «Aiuto! Aiuto!»
La porta fu aperta quasi subito da un uomo grosso in tuta da lavoro, che guardò la scena con aria sorpresa ma non preoccupata.
«Chiami il 911! Si è fatto male! Chiami il 911!» urlò il giornalista, come se l'altro fosse sordo.
Il servizio di pronto soccorso arrivò rapidamente, si rivelò molto efficiente e caricò Limburger su un'autoambulanza. Qwilleran si girò verso l'uomo massiccio. «Lei è un parente?»
La risposta gli fu data con una voce chioccia e piuttosto stridula, assurda in una persona di quella stazza. Avrebbe potuto essere un lottatore o un pugile. Altrettanto assurdi erano i suoi capelli lunghi e precocemente incanutiti. Col suo occhio da giornalista, Qwilleran registrò altri particolari: età sui trent'anni, faccia tonda dai lineamenti molli, movimenti rallentati, calma innaturale, come se la persona fosse in uno stato di intontimento. Quello era un tipo eccentrico quanto Limburger.
«Non sono un parente. Vivo da queste parti. Mi occupo un po' del vecchio. È anziano e gli bado io. Non c'è nessuno che lo faccia. Vado a fargli la spesa. Lui non guida più. Non lo lasciano guidare. Ed è brutto quando si vive isolati come lui. Ha un pessimo carattere, ma con me non si arrabbia mai. Col cane sì, invece, quando gli si avvicina e sporca il vialetto. Gli avevo detto che sarebbe caduto su quei gradini, se non li avesse fatti riparare. Ci avrei pensato io se avesse voluto spendere un po' di soldi per comperare il cemento e qualche mattone. Basterebbero una decina di mattoni nuovi.»
Qwilleran ascoltava con attenzione rapita quella successione di brevi frasi con cui l'altro stava rispondendo alla semplice domanda che gli aveva posto.
Il custode proseguì: «Per Halloween dei ragazzini sono venuti qui a chiedere un po' dì soldi come si usa in questa festa e lui li ha cacciati con un bastone, proprio come fa con il cane. Quella stessa sera qualcuno ha lanciato un mattone contro la finestra. L'hanno preso dai gradini. Non dico che siano stati i ragazzi, ma...» Si strinse nelle spalle larghe.
Dato che erano sull'argomento dei danni alla proprietà, Qwilleran chiese: «Che ne è stato di quel pezzo di cancello mancante? Qualcuno lo ha sfondato passando con il furgone?»
L'uomo girò il volto inespressivo a guardare nel vuoto. «Una signora ne voleva un pezzo e così il vecchio gliel'ha venduto. Non so a che cosa le sia servito. Ho dovuto andare a consegnarglielo con il furgone e lei mi ha dato cinque dollari. Non era tenuta a farlo ma è stata gentile, non le sembra? Secondo me sì, ma il vecchio ha detto che avrebbe dovuto darmene dieci.» L'aiutante di Limburger non si riferiva mai al suo principale chiamandolo per nome.
«Lasci che mi presenti, io sono Jim Qwilleran del "Moose County Something".» Protese la mano. «Stavo intervistando il signor Limburger a proposito dell'albergo.»
L'uomo si asciugò la mano sui pantaloni prima di stringergliela. Aveva gli occhi inchiodati sui famosi baffi. «Ho visto la sua fotografia sul giornale. Il vecchio non lo compra, ma io l'ho letto da Lois. Vado lì a fare colazione. Ci trovo il giornale del giorno prima, ma fa lo stesso. Mi piace leggerlo. Lei va a mangiare da Lois? Le sue frittelle sono buone quasi quanto quelle della mia mamma. Conosce la mia mamma?»
Qwilleran ribatté con cordialità: «Non conosco nemmeno lei. Come si chiama?»
«Aubrey Scotten. Conosce l'Industria Ittica Scotten? È stato mio nonno a cominciare, e poi mio padre e i miei zii hanno continuato l'attività. Mio padre è morto cinque anni fa e adesso se ne occupano i miei fratelli. Ho quattro fratelli. Conosce i miei fratelli? Mia mamma vive ancora alla fattoria Scotten in Sandpit road. Coltiva fiori e li vende.»
«Aubrey è un nome scozzese.»
«A me non piace. I miei fratelli hanno dei bei nomi: Ross, Skye, Douglas e Blair. Ho chiesto alla mamma perché mi ha dato un nome così stupido, ma non è stata capace di spiegarmelo. A lei piace, io invece lo trovo stupido. La gente non sa nemmeno compitarlo. A scuola i compagni mi chiamavano Ragazzone. Non è male!»
«È appropriato!» confermò Qwilleran. «Lei lavora con i suoi fratelli?»
«Nossignore. Non mi piace più quel genere di lavoro. Ho un po' di api e vendo il miele. La settimana prossima comincerà il lavoro vero. Blair mi ha aiutato a trovarlo al nuovo allevamento di tacchini. Tecnico della manutenzione, si dice così. Non è a tempo pieno. Posso occuparmi delle mie api. Gli alveari sono giù al fiume. Le piacciono le api? Se le tratti bene sono molto buone. Io ci parlo e loro mi danno un mucchio di miele. Questa è stata una buona estate per il miele. Adesso loro stanno succhiando il nettare delle verghe d'oro e degli astri e stanno nutrendo le larve negli alveari. Quest'estate ho sostituito le api regine per la riproduzione.»
«Sono sicuro che le api lo hanno apprezzato.» Era un'osservazione frivola tesa a celare l'ignoranza sull'argomento. Qwilleran non aveva idea di che cosa stesse parlando quell'uomo, tuttavia individuò subito delle buone possibilità per la sua rubrica. «Molto interessante. Vorrei saperne di più sulle sue amiche api, ma non oggi, ho un altro appuntamento. Che ne direbbe di domani? Mi piacerebbe trattare questo argomento sul giornale.»
Il garrulo apicoltore piombò in un silenzio attonito.
Sulla strada del ritorno Qwilleran si sentiva molto soddisfatto delle proprie scoperte: ora aveva altri due personaggi per il libro che un giorno avrebbe trovato il tempo di scrivere e valeva la pena di approfondire la conoscenza di entrambi. Il brav'uomo a cui non piaceva il proprio nome dimostrava la loquacità ossessiva della persona solitaria che anela ad avere un pubblico comprensivo. Era facile immaginare il buffo dialogo tra il giovanotto chiacchierone e il vecchio scontroso che era avaro con le parole quanto lo era con il denaro. Meno facile, però, era immaginare Aubrey Scotten nella veste di tecnico addetto alla manutenzione.
Qwilleran sapeva dell'allevamento di tacchini sovvenzionato dalla Fondazione K. Il suo amico Nick Bamba era stato assunto come direttore, e gli era stata data l'opzione per acquistarlo entro due anni. Lo avevano mandato in una fattoria del Wisconsin per imparare il mestiere. Finalmente Nick aveva potuto lasciare il suo lavoro poco gratificante alla prigione vicino a Mooseville. Mentre l'allevamento originario di tacchini della fattoria Hanstable avrebbe continuato a rifornirne di freschi al carcere e ai mercati locali, la nuova fattoria Il Tacchino Surgelato avrebbe allevato le bestie, le avrebbe congelate e le avrebbe spedite ai mercati Giù in Basso.
Al contempo Lori, la moglie di Nick, aveva sottoposto alla Fondazione una sua idea che era stata accettata e ora avrebbe aperto un piccolo ristorante a Stables Row. I particolari non erano stati ancora definiti.
Qwilleran ammirava l'energia e l'ambizione di quella coppia che, oltre ad allevare tre figli, era sempre pronta a raccogliere nuove sfide. Tuttavia metteva in dubbio l'opportunità della scelta di Aubrey Scotten assunto nella veste di tecnico addetto alla manutenzione al Tacchino Surgelato. Non appena rientrato chiese al centralino il numero del nuovo allevamento, poi chiamò il direttore.
Dopo alcune battute scherzose Qwilleran disse: «Nick, ho appena conosciuto un uomo che sostiene di essere stato assunto da te come tecnico addetto alla manutenzione.»
«Aubrey Scotten? Sì, non siamo fortunati?»
«Che cosa intendi?»
«È un genio a riparare le cose. Qualunque cosa. Refrigerazione, macchinario automatizzato, attrezzature e accessori automobilistici... qualsiasi cosa. Ha un talento naturale, tutto qui.»
«Ah!» esclamò Qwilleran. «Sono stupito, a dir poco.»
«È una lunga storia. Te la racconterò quando ci vedremo» rispose Nick. «E che cosa ne pensi dell'idea di Lori?»
«Non ho ancora saputo nessun particolare al riguardo.»
«Chiamala a casa. Sarà felice di parlartene.»
Lori Bamba dai capelli d'oro gestiva l'ufficio postale di Mooseville quando Qwilleran l'aveva conosciuta. Da allora aveva ideato un servizio di segreteria e più tardi aperto una pensione sull'isola di Breakfast, il tutto continuando a fare da mamma a tre figli e a cinque gatti. Ora stava per avviare un ristorante.
«Come va?» le chiese al telefono.
«Splendidamente. Ci prepariamo all'inaugurazione di venerdì prossimo.»
«Come si chiamerà il tuo ristorante?»
«Prima devo farti una domanda. Che cosa significa per te imboccare col cucchiaio?»
«Essere a letto ammalato come quand'ero bambino.»
«Be', intelligentone, secondo il dizionario significa anche viziare e coccolare. La mia famiglia adora qualsiasi genere di cibo che può essere mangiato con il cucchiaio, quindi io sto per aprire un locale d'alta classe che porterà il nome di Cucchiaieria.»
«Intendi dire che servirai soltanto minestre?»
«Minestre e stufati, qualunque cosa che possa essere mangiata con il cucchiaio. Nel ristorante o da asportare. Che cosa ne pensi?»
«Azzardato. Ma se va bene per la Fondazione K va bene anche per me.»
«Ti piacerà. Ho dozzine di ricette fantastiche!»
«Bene, allora ti auguro buona fortuna. Sarò il tuo primo cliente; basta che tu non mi faccia trovare in tavola minestra di rape o bisque di pastinaca.»
Quel pomeriggio Koko era irrequieto. Per prima cosa si allontanò dal servizio rifornimento cibo quando fu servito il pasto di mezzogiorno, poi fece diventare pazza Yum Yum continuando a balzarle addosso e a rincorrerla sulle travi, quindi buttò giù dai ripiani della libreria diversi volumi. Quando cominciò a scuotere la maniglia dello sgabuzzino delle scope Qwilleran captò il messaggio e non appena gli ebbe aperto Koko vi balzò dentro e sedette in cima alla gabbietta dei gatti.
«Farabutto!» esclamò Qwilleran. «Vuoi rotolarti sul cemento.»
Durante l'estate in varie occasioni aveva portato i siamesi al capanno sulla spiaggia dove il loro divertimento preferito era stato quello di rotolarsi sul pavimento di cemento del porticato schermato. Lì si agitavano, si rigiravano, si contorcevano in preda a un'estasi felina che a Qwilleran risultava incomprensibile. Tuttavia, decise di cedere ai loro capricci. Tra un po' sarebbero andati al capanno che lui aveva ereditato insieme con la proprietà Klingenschoen.
Il tragitto fino al lago era di quasi cinquanta chilometri. Secondo il metro felino probabilmente quella distanza era molto maggiore, anche se i siamesi viaggiavano godendo della privacy e della comodità imbottita di una cesta per gatti d'elite, sistemata sul sedile posteriore. Qwilleran prese prudentemente la strada di Sandpit a evitare il traffico reso particolarmente pesante dalla circolazione dei camion. I veicoli a diciotto ruote disturbavano il delicato sistema digestivo di Yum Yum. Entrambi i gatti alzarono il naso con aria interessata quando passarono davanti all'allevamento di tacchini surgelati e di nuovo quando raggiunsero la riva del lago con i suoi profumi di pesce, di gabbiani e di alghe.
Arrivati davanti a un palo che recava un cartello sul quale si leggeva la lettera K, vestigia dell'era Klingenschoen, imboccarono uno stretto sentiero di terra battuta che si snodava attraverso diversi ettari di bosco su e giù per dune sabbiose, tra querce, pini e ciliegi selvatici. Fu a questo punto che Koko prese ad agitarsi andando a sbattere contro le pareti della cesta ed emettendo sordi brontolii che allarmarono la sua compagna.
Qwilleran conosceva bene il significato di quella scena: il gatto presagiva l'approssimarsi di situazioni abnormi. Stava per accadere qualcosa di insolito. Lui stesso notò diverse impronte di pneumatici e si irritò alla vista di un'altra automobile parcheggiata nella radura adiacente al capanno. Davanti agli occhi gli passò la visione di insolenti intrusi che, nonostante i divieti, facevano il surf, pescavano, accendevano fuochi sulla spiaggia e gettavano lattine di birra sull'erba. Quando però parcheggiò dietro la due porte blu vide una targa del posto e sul lunotto posteriore un adesivo con la scritta AUTO A NOLEGGIO. Dapprima la sua reazione fu di muta incredulità, per poi trasformarsi in un senso di sfida e di trionfo. Che colpo di fortuna! Stava per trovarsi faccia a faccia con quella donna. L'aveva intrappolata.
4
Qwilleran non aveva dubbi: la due porte blu con l'adesivo dell'aeroporto era stata noleggiata alla sconosciuta che stava sconcertando tutta Pickax. Pensò soddisfatto che aveva uno scoop per le mani che avrebbe fatto diventar verdi di invidia i suoi colleghi. Le porte del capanno erano ancora chiuse col lucchetto e lui si disse che probabilmente la sconosciuta era andata a camminare lungo la spiaggia.
Il capanno che sorgeva sulla cima di un'alta duna sabbiosa si affacciava sul lago. Si diresse da quella parte. Ai piedi dei malridotti scalini di legno che conducevano alla spiaggia vide un grande cappello di paglia sotto il quale una figura vestita di nero che gli girava le spalle stava seduta su una di quelle sedie metalliche che da tempo immemorabile si vendevano al negozio di ferramenta. Gli ci volle solo un attimo per decidere il da farsi. Non voleva spaventarla né metterla in imbarazzo. Aveva tutto da guadagnare mostrandosi cordiale e addirittura ospitale. Sul portico c'erano sedie più comode. In macchina aveva bibite fresche e due volenterosi ambasciatori che quando volevano avevano modi accattivanti.
Mentre iniziava a scendere gli scalini, i suoi passi furono attutiti dal rumore delle onde che si infrangevano contro la riva e dalle strida dei gabbiani. A metà strada fece un forte colpo di tosse ed esclamò in tono cordiale: «Ehi, salve, laggiù!»
Il cappello di paglia volò via e la donna dai capelli neri si girò di scatto.
«Buongiorno. È una bella giornata, vero?» le disse il giornalista col tono mellifluo che usava nelle situazioni critiche.
Lei si alzò subito, serrando con forza il libro che aveva nella mano «Mi scusi, non sapevo che qualcuno vivesse qui.»
L'inglese non era la sua lingua madre. Nel suo accento si avvertiva un'inflessione straniera che gli parve affascinante.
«Non si preoccupi. Io vivo a Pickax, ma sono passato di qui per controllare se il temporale aveva causato danni al capanno. Qualche giorno fa ci sono state forti raffiche di vento. Che cosa legge di bello?»
Aveva imparato che quella domanda lasciava sempre disarmato l'interlocutore. «Un libro di cucina.» La donna glielo mostrò. «Adesso devo andare.» Con gesti concitati cominciò a piegare la sedia.
«Non è necessario che scappi. Gradirebbe un bicchiere di sidro sotto il porticato? Di lì si gode una magnifica vista del lago. Ah, tra l'altro, io mi chiamo Jim Qwilleran. Sono giornalista del "Moose County Something".»
«Oh!» esclamò lei, con aria entusiasta. «Ho visto la sua foto sul giornale. È troppo gentile...»
«Assolutamente no. Mi permetta di portarle la sedia.»
Scese di corsa gli ultimi scalini. «Come si chiama?»
La donna ebbe un momento di esitazione. «Mi chiami Onoosh.»
«In questo caso lei mi chiami Qwill» replicò lui giovialmente.
Gli sorrise per la prima volta e, benché non fosse una bellezza secondo i canoni hollywoodiani, il colorito olivastro parve rischiararsi e il viso si fece radioso. In quel momento una folata di vento le scostò una ciocca di capelli dalla guancia sinistra, rivelando una lunga cicatrice vicino all'orecchio. La donna ficcò libri e altre cose in una sacca di tela e Qwilleran protese la mano a prendergliela. «Mi consenta di aiutarla.»
Non appena furono arrivati in cima alla duna lei guardò estasiata il capanno di tronchi e il comignolo di pietra. «Che bello! È molto vecchio?» L'accento straniero era più evidente che mai.
«Deve avere una settantina o un'ottantina d'anni.» La condusse sotto il portico coperto. «Si accomodi e si goda il panorama. Mi scusi, devo scaricare i bagagli dalla macchina e prendere i miei due compagni. Le piacciono i gatti?»
«Oh, adoro tutti gli animali» esclamò lei, il volto di nuovo raggiante di felicità.
Mentre raggiungeva la macchina Qwilleran pensò che doveva avere una trentina d'anni, che probabilmente era originaria del Middle West e che doveva aver vissuto in Francia. Il suo completo nero, giacca e pantaloni, lungi dall'essere un abbigliamento da lutto, era di una raffinata eleganza parigina.
Le portò un bicchiere di sidro e le chiese con noncuranza: «È qui in vacanza?»
«Sì... anzi no» gli rispose in tono carico di mistero. «Sto cercando un luogo dove vivere. Mi piace occuparmi di cucina nei ristoranti.»
«Dove alloggia?»
«In un albergo a Pickax.»
«È qui da molto tempo?»
«Da due settimane. La gente del luogo è molto gentile. L'uomo della reception mi ha dato una stanza molto grande, sulla facciata. Molto bella. Io parlo con lo chef, spiego come deve cuocere la verdura, lui ci prova, ma... non è bravo.»
«Sì, qui ci sono delle persone molto cordiali. Come mai è venuta nella contea di Moose? È fuori dai normali itinerari turistici e sono in pochi a sapere che esiste.»
La donna gli diede una timida spiegazione. «Ho trascorso la mia luna di miele qui... molto tempo fa. È stato bello.»
«La luna di miele è sempre bella» sentenziò Qwilleran. «Dunque suo marito non è più con lei?» Gli parve un modo corretto per porre una domanda indiscreta.
Lei scosse la testa in un cenno di diniego e si rabbuiò in volto. Subito dopo però la sua espressione si rasserenò. I siamesi, che intanto avevano continuato a rotolarsi e ad agitarsi sul cemento del porticato, si fecero avanti per ispezionare l'estranea e strusciarsi contro le sue caviglie, sigillo della loro approvazione.
«Belli!» esclamò la donna.
«Vanno matti in particolar modo per le persone che leggono libri di cucina.»
«Ah. Io ho imparato molto giovane a cucinare. Ma c'è sempre qualcosa da imparare.»
«Che cosa ne pensa del cibo che offrono i nostri ristoranti locali?»
Lo osservò di sottecchi da dietro la cortina di capelli. «Non molto buono.»
«Sono d'accordo con lei, però stiamo tentando di migliorare la situazione.»
«Però ci sono buoni ristoranti con cucina mediterranea.»
«Intende dire involtini di foglie di vite ripieni, taboulet e cose del genere? Quando vivevo Giù in Basso ero un frequentatore assiduo dei ristoranti mediorientali. Eravamo soliti ordinare polpettine di carne avvolte in piccoli kimono verdi.»
«Molto buoni. Io preparo polpettine in piccoli kimono verdi.» Fece un cenno in direzione di un intrico di fogliame sulla duna. «Qui nei boschi ci sono viti selvatiche. Le foglie sono buone fresche. Nei vasetti non tanto.» Si interruppe un attimo e dopo una lieve incertezza soggiunse: «Lei ha cucina? Posso preparargliene un po'.»
Le papille gustative di Qwilleran furono subito all'erta. «Io ho cucina e ho sale e pepe. Posso andare in macchina in città ad acquistare tutto quello di cui ha bisogno.» Non era sua intenzione imitare l'incertezza con cui la donna si esprimeva, e ne sorrisero insieme.
«È troppo disturbo.»
«Assolutamente no. Mi dica che cosa devo comperare.»
Lei prese a elencare: agnello tritato, riso, cipolla, limoni, menta fresca. «Intanto io colgo piccole e giovani foglie, faccio bollire per cinque minuti e tutto sarà pronto per quando torna.»
Prima di allontanarsi Qwilleran andò a dare un'occhiata ai siamesi. Dormivano sul letto nella stanza per gli ospiti. Se Koko aveva desiderato tanto venire al capanno, perché mai aveva passato cinque minuti a rotolarsi sul cemento e il resto del tempo a dormire? I gatti erano creature imprevedibili. Era impossibile non amarli. Koko sollevò la testa e aprì un occhio. «Bada alla casa» gli ordinò Qwilleran. «Io faccio un salto in città.»
A Mooseville c'erano tanti empori, ma lui provava una certa esitazione a fidarsi delle carni che vendevano. Il pesce sì, l'agnello no. Raggiunse Pickax in macchina e si diresse all'emporio di Toodle di cui era un regolare cliente per la carne. Gli addetti al reparto macelleria, che lo conoscevano, si affrettarono a tritargli un po' di agnello fresco.
Onoosh non aveva specificato la quantità e così lui per precauzione ne acquistò un chilo. Al banco della verdura una delle nuore Toodle lo aiutò a scegliere un limone e tre cipolle, ma lo informò che non tenevano mai menta fresca. «La coltivano tutti nell'orto dietro casa. Cresce in gran quantità» gli spiegò.
Il giornalista rimase un po' perplesso davanti al banco del riso. Ce n'era di tutti i tipi: a chicchi grossi, piccoli, bianco, scuro, precotto e integrale. Una cliente più curata e meglio vestita delle altre presenti nel negozio gli chiese: «Ha qualche problema, signor Q? Forse posso aiutarla. Mi chiamo Elaine Fetter. Ci siamo conosciuti in biblioteca, dove ho fatto un po' di volontariato.»
«Sì, grazie» le rispose con enfasi, come se ne riconoscesse l'autorità.
Era una donna imponente con qualcosa di autorevole e sicuramente doveva saperla lunga sul riso. «Che tipo mi consiglierebbe per... per... gli involtini di foglie di vite?»
«Secondo me, se prende quello bianco a grana piccola non sbaglia. Ha una buona ricetta per prepararli?» gli chiese lei. «Sto scrivendo un libro di cucina, ricette locali, per gli Amici della biblioteca, e saremmo onorati se ci permettesse di inserirne una delle sue preferite. So che...»
In quel momento sussultarono entrambi nell'udire un violento boato.
«Oh cielo!» esclamò la donna. «Che cos'è stato? Sembrava così vicino.»
«Sarà meglio che vada a dare un'occhiata» disse lui. «Mi scusi e grazie per il consiglio.» Afferrò un sacchetto di riso bianco a grana piccola e portò i suoi acquisti alla cassa.
«Ha sentito quel botto supersonico?» chiese la cassiera. «È stato abbastanza forte da far inacidire il latte.»
«Mi è sembrata un'esplosione proveniente da Pine Street» le rispose il giornalista. «Stanno ristrutturando Stables Row. Forse hanno forato un tubo del gas.»
Mentre usciva dal parcheggio le prime macchine di soccorso cominciarono a sfrecciare verso il centro. Si vedevano le luci lampeggianti delle ambulanze e delle autopompe che arrivavano dall'ospedale e dalla sede dei pompieri. Tuttavia il disastro non era accaduto in Pine Street. La circolazione nella via principale era stata bloccata. Parcheggiò dove riuscì a trovare un posto, poi a piedi corse verso il centro.
Gli passò per la mente un pensiero irrilevante e irriverente: dovunque fosse avvenuta, l'esplosione non si era verificata prima della chiusura del giornale e ad Arch Riker sarebbe venuto un colpo. Prima che il "Something" potesse pubblicare la notizia si sarebbe arrivati a lunedì. E intanto la stazione radio WPKX l'avrebbe trasmessa per tutto il fine settimana. Sembrava che le cose andassero sempre così a Pickax. Come un mal di denti del venerdì sera dopo la chiusura dello studio dentistico, i disastri si verificavano sempre dopo che il giornale del venerdì era già andato in stampa.
Un corteo di pedoni stava correndo verso la scena. Si udiva gridare: «È l'albergo! L'albergo è saltato in aria!»
Un cordone di nastro giallo sul luogo dell'incidente teneva i curiosi lontani dai vetri infranti e dalle macerie che ricoprivano il marciapiede e la strada davanti al New Pickax Hotel. C'erano commercianti sulle porte dei loro negozi e impiegati davanti agli uffici, agricoltori venuti in città per affari, gente con la borsa della spesa, studenti delle scuole superiori con i giubbotti sportivi. Molti erano inorriditi, altri si trovavano lì per godersi l'eccitazione della scena, alcuni sorridevano sostenendo che era ora che fosse fatto saltare in aria. Gli infermieri stavano correndo con le barelle su per i gradini. Il medico legale arrivò con la sua lugubre borsa nera e fu accompagnato all'interno dell'edificio dalla polizia.
«Qualcuno dev'essere morto» si sentì dire.
All'estremità del tratto recintato con il nastro Qwilleran vide un gruppo di persone a lui note. Per riuscire a raggiungerle girò attorno all'isolato e passò dalla porta sul retro dello Studio Arredamenti di Amanda. All'interno non c'era nessuno. Si fece strada faticosamente in mezzo ai mobili esposti e trovò tutti sul marciapiede a guardare, in attesa. Scorse anche Amanda Goodwinter, la sua assistente, il suo installatore di mobili e due clienti. Una delle grandi vetrate dello studio era incrinata. Nessuno notò l'arrivo di Qwilleran perché tutti fissavano il primo piano dell'albergo.
Come tutti gli stabili di quella via, era di solida pietra sopravvissuta alle fiamme, ai tornado e addirittura a un terremoto di modesta entità. Le finestre di entrambi i piani tuttavia erano andate in mille pezzi e al primo le intelaiature di legno erano state divelte e scaraventate all'esterno. Tendaggi e indumenti erano rimasti appesi su sporgenze della facciata. Sul marciapiede c'era il bracciolo di una poltrona imbottita.
«Per fortuna è solo un bracciolo e non un braccio» commentò l'installatore di Amanda con una risatina sarcastica.
Amanda dichiarò in tono irritato come al solito: «Probabilmente è stato lo stesso vecchio Gus a farlo saltare in aria per riscuotere i soldi dell'assicurazione, oppure ha fatto fare lo sporco lavoro a quel suo orrendo aiutante.»
«Non è orrendo per niente. È una persona a posto» replicò bellicosamente l'installatore, uno scorbutico giovanotto biondo nativo della contea di Moose, contraddicendo energicamente la sua datrice di lavoro nella consapevolezza di essere indispensabile in uno studio che si occupava di mobili e che era gestito da due donne.
«Chiudi il becco e vai a mettere un nastro adesivo su quel vetro spaccato» lo rimbeccò Amanda.
«Ciao, Qwill» disse Fran Brodie, la sua assistente. «Sei qui per l'articolo sul giornale o solo per curiosare?» Lei non solo era una brava designer e una delle più attraenti donne della città, ma anche la figlia del capo della polizia, e in quanto tale aveva una posizione semiufficiale. «Papà si lamenta sempre che da queste parti non succede mai nulla di importante. Questo dovrebbe tenerlo tranquillo per un po'.»
Il capo della polizia si stava aggirando con aria di importanza sulla scena dell'incidente. Torreggiava sugli altri agenti, impartendo ordini e conducendo le operazioni. La polizia dello Stato dava una mano.
«Stavo facendo acquisti e ho sentito l'esplosione» dichiarò Qwilleran. «Qualcuno sa che cos'è successo?»
In tono confidenziale Fran gli rispose: «Pensano che si sia trattato di una bomba rudimentale. Sembra che la stanza 203 sia andata completamente distrutta. Tutti si interrogano sulla donna del mistero.»
Qwilleran pensò a Onoosh. L'addetto alla reception non le aveva dato una stanza grande che dava sulla strada? «Ci sono feriti?» chiese. «Tuo padre aveva la solita espressione da giorno del giudizio quando è entrato nello stabile con il medico legale.»
«Ha sempre quell'espressione quando è in servizio. Fino a questo momento non sembra che la cosa sia molto grave. Lenny Inchpot è uscito con la testa fasciata ed è stato portato con altri da un'autopattuglia all'ospedale. Qualcuno ha detto che gli è crollato un lampadario sulla testa.»
All'esterno della recinzione la gente faceva svariate ipotesi. Un giornalista stava armeggiando per scattare fotografie, una cronista della WPKX continuava a spingere il microfono contro la faccia di agenti e testimoni oculari. All'interno della recinzione un'ambulanza con le portiere aperte aveva fatto retromarcia per fermarsi davanti ai gradini antistanti la porta di ingresso. Quando il medico legale uscì, calò il silenzio. Era seguito da infermieri che trasportavano un sacco contenente un corpo su una barella. Dagli astanti si levò un'esclamazione lamentosa. E fu ripetuta la domanda: chi era? Un cliente o un impiegato dell'albergo? Nessuno lo sapeva.
«Non posso trattenermi» disse Qwilleran ad Amanda. «Devo tornare a Mooseville. Ascolterò le notizie dall'autoradio.»
Voleva dare la notizia a Onoosh con una certa cautela e osservare la sua reazione. Così avrebbe capito se era veramente una cuoca in cerca di lavoro in un ristorante o la vittima predestinata di un complotto per ucciderla.
Mentre tornava al capanno udì il rumore delle pale di un elicottero. Pensò che dovesse trattarsi di quello della squadra artificieri dell'SBI, l'ufficio investigativo del governo. Teneva la radio a volume basso per smorzare il frastuono della musica country prediletta da quelli del posto. Lo aumentò quando ebbe inizio il giornale radio.
"Un'esplosione avvenuta nel centro di Pickax alle 16.20 di oggi ha provocato la morte di una persona, molti feriti e gravi danni all'edificio del New Pickax Hotel. Benché si sia trattato di una bomba rudimentale, l'esplosione ha distrutto numerose stanze che si affacciavano sulla strada. Un dipendente dell'albergo è rimasto ucciso sul colpo. Altri sono stati scaraventati a terra e sono rimasti feriti dal crollo. Tutti i vetri delle finestre che danno sulla via sono andati in frantumi e così pure quelli delle due case vicine. L'albergo è stato evacuato e il traffico è stato bloccato tra la chiesa e Depot Street. La polizia non ha comunicato il nome della vittima, in attesa di dare la notizia ai familiari, e neppure il nome del cliente che occupava la stanza dove ha avuto luogo l'esplosione. Andrew Brodie, il capo della polizia, ha dichiarato che essendo venerdì pomeriggio non c'erano molti clienti, altrimenti i morti sarebbero stati molti di più. Rimanete sintonizzati con noi per ulteriori particolari."
Qwilleran premette l'acceleratore. A quattrocento metri dal cartello con la lettera K imboccò l'ultima curva della strada appena in tempo per scorgere una macchina che si allontanava dal vialetto di accesso, lasciandosi appresso una nuvola di polvere. La vide poi dirigersi verso la strada maestra, in direzione ovest.
Mentre Qwilleran si avvicinava l'altra vettura accelerò. Tutte le sue precedenti ipotesi furono sovvertite non appena ebbe superato a forte velocità l'ultimo tratto tortuoso che conduceva al capanno. L'auto di Onoosh era scomparsa. E subito Qwilleran si chiese: "Mi ha mandato a comperare l'agnello per scappare? È diretta all'aeroporto?" Poi rifletté: forse la bomba non era destinata a lei. Forse lei era coinvolta personalmente nell'esplosione. Cercava di trovare un nesso logico tra i diversi elementi: l'eccentrico proprietario dell'albergo... la donna misteriosa... l'assicurazione... la caduta del vecchio dai gradini... il genio della meccanica che lavorava per lui... la possibilità che si trattasse di una bomba rudimentale... tutti i pettegolezzi che aveva sentito nelle due ultime settimane. Qwilleran avvampò di collera, consapevole di essere stato usato da quella donna. Non riusciva a ragionare razionalmente. Forse aveva saccheggiato il capanno e aveva portato via i gatti...
Quando ebbe raggiunto la radura saltò giù dall'auto e corse al capanno precipitandosi nella stanza per gli ospiti. I gatti stavano ancora dormendo, inebriati dall'aria lacustre. Andò a controllare sotto il porticato: lei aveva lasciato lì il grande cappello di paglia, la sedia pieghevole e tre libri presi a prestito dalla biblioteca. Tutti libri di ricette.
In cucina su un tovagliolo di carta c'erano delle foglie verdi bagnate e la pentola in cui erano state bollite era stata posta a scolare nell'acquaio. Saliera e pepiera erano posate sul tavolo, il tagliere e il coltello in attesa della cipolla da tritare. La radio sulla credenza trasmetteva musica country. La spense con un gesto irritato.
Solo in quel momento capì che Onoosh doveva aver sentito la notizia alla radio mentre stava lavorando in cucina. Aveva mollato tutto, aveva preso la sua sacca ed era fuggita in direzione dell'aeroporto. Evidentemente sapeva che doveva essere lei la vittima della bomba. Qwilleran si guardò attorno, sperando che gli avesse lasciato un biglietto, ma l'unica cosa che trovò fu un numero scritto su un blocchetto vicino al telefono. Gli parve familiare. Lo compose e all'altro capo del filo gli rispose l'addetto al terminal dell'aeroporto.
«L'aereo navetta delle 17.30 è partito in orario?» chiese.
«Sì, signore.»
«Una persona dev'essersi precipitata lì per prenderlo. Ricorda se una donna in un completo nero è salita a bordo?»
«Sì, signore» rispose l'uomo che, oltre a essere l'addetto alla biglietteria, noleggiava automobili e svolgeva mansioni di facchino. «Ha consegnato la macchina all'autonoleggio ed è salita sull'aereo. Era senza bagagli. Fortunatamente c'era un posto libero. In genere il venerdì sera non ce ne sono.»
A Qwilleran parve di aver capito che quella donna, fosse o no una cuoca, era comunque in fuga, in preda al panico e in pericolo di vita. Con tutto il rispetto dovuto al Dipartimento di polizia di Pickax e all'SBI, era sicuro che non avrebbero mai scoperto l'identità di chi aveva messo la bomba, uccidendo la persona sbagliata. La donna del mistero di Pickax, alla pari dell'uomo di Piltdown, avrebbe continuato a costituire argomento di conversazione.
5
Qwilleran sedeva con aria tetra sotto il porticato che dava sul lago senza vedere l'azzurro cielo infinito, la superficie turchese dell'acqua e le increspature bianche delle onde che si frangevano sulla riva. Stava riorganizzando le proprie idee e si rammaricava per la morte assurda dell'impiegata dell'albergo. In una piccola città tutti si conoscevano e si salutavano con un cenno del capo, o almeno avevano amici in comune. Inoltre era dispiaciuto per l'insensata distruzione dell'albergo, per quanto sgradevole potesse riuscirgli il suo proprietario. Personalmente, inoltre, era deluso per l'improvvisa partenza della donna affascinante che gli aveva detto: "Mi chiami Onoosh". Uno scoop gli era sfuggito dalle mani, così com'era svanita la sua speranza di un ristorante di cucina mediterranea a Pickax. Aveva anche perso la possibilità di avere un fornitore di polpettine avvolte in piccoli kimono verdi. Tutte queste considerazioni si aggiungevano alla determinazione di trovare una risposta all'interrogativo di chi aveva messo la bomba e perché. Ma non erano affari suoi: toccava alla polizia risolvere il caso. Però la sua curiosità cominciava a bollire.
Intanto gli erano rimasti alcuni ricordi tangibili di quell'avventura pomeridiana: un chilo di carne d'agnello tritata, un sacchetto di riso e tre grosse cipolle. Il limone gli sarebbe potuto servire per l'acqua Squunk, un'innocua acqua minerale proveniente da una sorgente locale. Il riso avrebbe potuto riportarlo all'emporio e la signora Toodle non avrebbe avuto obbiezioni a restituirgli il denaro. Quanto alle cipolle, avrebbe potuto scaraventarle nel bosco per insaporire la dieta alimentare di qualche errabondo procione.
Il problema era l'agnello. Quando i siamesi uscirono barcollando dalla stanza per gli ospiti lui ne offrì un poco a entrambi, ma loro si rifiutarono persino di annusarlo. «Che snob ingrati siete!» li rimproverò. «Con tutti i gatti randagi che si aggirano da queste parti e che non sanno dove trovare qualche boccone per sfamarsi!»
Era una frase che ripeteva spesso, senza riuscire però a sortire alcun effetto positivo su di loro. Entrambi amavano il salmone scozzese affumicato, le ostriche, l'aragosta priva del carapace, il caviale fresco e le lumache.
Subito dopo ebbe l'idea di dare l'agnello a Polly perché lo offrisse a Zampotto, ma la scartò perché avrebbe comportato domande imbarazzanti e altrettanto imbarazzanti spiegazioni. Per quanto fosse una creatura splendida in tutti i sensi, la sua amica era oltremodo possessiva e inutilmente gelosa, quindi accantonò quell'ipotesi.
Regalare l'agnello a Lois perché lo aggiungesse alle sue pentole di minestra in perenne ebollizione avrebbe dato la stura a pettegolezzi in tutta la contea. In quel locale non esistevano segreti e un chilo di agnello tritato regalato dallo scapolo più ricco del nordest degli Stati Uniti avrebbe fornito gli argomenti per due mesi di pettegolezzi.
Restava solo Celia Robinson. In quanto agente segreta per suo conto aveva dimostrato di essere capace di obbedire senza porre domande ed era probabilmente l'unica persona nella contea di Moose in grado di mantenere un segreto. Le telefonò dal capanno ma non ebbe risposta. Decise di mettere nel freezer quella carne che gli dava tanti problemi. Sapeva che Onoosh non sarebbe mai ritornata, ma in caso contrario...
Poi lui e i siamesi rientrarono. Al capanno il maltempo non aveva causato danni: di fatto non c'era stato maltempo. La contea godeva di un settembre straordinariamente mite.
Nutrì i gatti con due scatolette di salmone rosso quindi si recò alla tavola calda di Lois per il piatto speciale del venerdì: pesce e patatine fritte. Uno dei cuochi part-time stava armeggiando attorno alla friggitrice: Lois serviva ai tavoli, prendeva i soldi dai clienti e sfogava ad alta voce la propria rabbia per la bomba. Solo un personaggio pubblico con l'esperienza trentennale di Lois poteva andare su tutte le furie, sbraitare e inveire in modo così istrionico mentre versava il caffè e dava il resto. L'arrivo di Qwilleran scatenò un'altra tirata.
«Allora, ha sentito il giornale radio delle sei? Sa chi è rimasto ucciso? Anna-Marie, la ragazza di Lenny! Una persona dolcissima... non aveva mai fatto male ad anima viva! Perché proprio lei? Si metta seduto dove vuole, signor Q. Questa sera c'è il piatto speciale: pesce e patatine fritte... Aveva solo vent'anni! Voleva diventare infermiera. Lei lavorava all'albergo come cameriera non a tempo pieno... Quanti ne vuole, tesoro? Due o tre? Con cavolo o senza? Dicono che la polizia stia indagando. A che diavolo serve? Una bella ragazza ha perso la vita. Qualcuno dovrebbe fare causa... Ehi, voi, avete finito con la bottiglia di ketchup?... Lenny mi ha appena telefonato da casa. Stava a letto e ha sentito la notizia alla radio. Quel ragazzo è molto coraggioso. Ma dentro soffre... soffre moltissimo. Era stato lui a trovarle il lavoro e questo peggiora la situazione... Qualcuno vuole del caffè? È appena fatto... L'esplosione ha fatto cadere un lampadario in testa a Lenny, ma non è stata una cosa grave. Gli hanno dato dei punti e l'hanno rimandato a casa. Ma fino a quando non avranno riparato i danni all'albergo è rimasto senza lavoro. Se lasceranno fare a quel vecchio pidocchio di proprietario, ci metteranno un'eternità... Vuole dell'altro pane? È burro buono. Non quella roba a basso tasso di colesterolo.»
Finito di mangiare Qwilleran si recò a Gingerbread Alley. Stava avvicinando il dito al campanello di casa Duncan quando Polly spalancò la porta. Aveva un'espressione mesta e addolorata. Lynette, seria in volto, le stava alle spalle. Entrambe chiesero all'unisono: «Hai sentito la notizia?»
«Sì» rispose. «Anna-Marie Toms, la conoscevate?»
«Quando era alle scuole superiori ha lavorato all'archivio della biblioteca» rispose Polly. «Una ragazza deliziosa... molto coscienziosa.»
«La famiglia vive a Chipmunk» aggiunse Lynette. «Ma è brava gente. Frequentano la nostra chiesa.»
«È ingiusto giudicare le persone in base al luogo in cui vivono» protestò Polly. «Be', passiamo in soggiorno.»
Mentre si sedeva Qwilleran teneva d'occhio il tavolo ricoperto dal drappo. Lynette servì caffè solubile decaffeinato e un dolce preso nella nuova pasticceria.
«Corre voce» disse «che qualcuno di Lockmaster volesse comprare l'albergo. Quel vecchio avaro voleva troppi soldi e così gliel'hanno fatto saltare in aria per vendetta.»
Qwilleran si disse che quella voce era stupida, e tuttavia era proprio quel tipo di chiacchiera che sbocciava rigogliosamente a Pickax, sempre così avida di scandali. «Gustav Limburger è all'ospedale. Stamattina è caduto dai gradini di casa sua. Lo stavo intervistando per avere dettagli sulla storia dell'albergo. Volevo sapere come sta, ma all'ospedale non danno informazioni per telefono.»
«Io posso saperlo» disse Lynette. Lavorava per una clinica e aveva qualche conoscenza. «Quando tornò nella stanza prese a recitare una litania di cattive notizie.» Fratture multiple, osteoporosi avanzata, ipertensione, aritmia cardiaca, e altro.
«Oh, santo cielo! Dovrebbe dispiacermi per lui.» dichiarò Polly. «Eppure...»
«È un personaggio» disse Qwilleran. «L'hai conosciuto?»
«Gli unici contatti che ho avuto sono stati per corrispondenza. Tutti gli anni, quando la biblioteca chiede fondi, lui ci restituisce la busta con dentro due banconote da un dollaro. Nonostante l'inflazione non ha mai aumentato la cifra.»
«Meglio di niente» commentò Lynette. «Tra l'altro, la famiglia Toms è cliente della nostra clinica... Forse non dovrei dirvelo, ma so che nessuno di voi andrà in giro a raccontarlo... Anna-Marie era iscritta al corso di preparazione prenatale.»
«Oh, mio Dio!» esclamò Polly.
Qwilleran sbuffò nei baffi mentre svariate ipotesi gli affollavano la mente.
Poi Polly disse, sforzandosi di apparire allegra: «Be', che cos'hai fatto questo pomeriggio? Qualcosa di interessante?»
«Ho portato i gatti a fare un giretto. Ultimamente Koko tormentava Yum Yum e questo significava che era nervoso.»
«Poco fa ha chiamato Elaine Fetter. Mi ha detto che ti ha visto da Toodle, dove comperavi gli ingredienti per le polpettine di carne, e che contribuirai con la tua ricetta al libro di cucina della comunità. Hai dei segreti che non mi riveli, tesoro?» concluse, guardandolo maliziosamente.
«La signora Fetter si confonde. Tu sai e io so, Polly, che sono un analfabeta in fatto di arte culinaria. Il giorno in cui mi metterò ai fornelli crollerà il cielo.»
«Ma tu stavi comperando gli ingredienti per le polpettine!» insistette lei con la tenacia di un pubblico ministero. Godeva a metterlo sui carboni ardenti, ben consapevole della sua capacità di cavarsela in modo egregio in qualsiasi situazione imbarazzante.
Qwilleran dovette riflettere in fretta, ma per fortuna riusciva a fare bene anche questo. «Ero andato a comperare un po' di cose per la signora Robinson. Lei fa delle polpettine speciali per il suo gatto e io l'avevo pregata di prepararne un po' per i miei due golosoni.»
«In che senso sono speciali?»
«Non lo so. Ho dovuto comperare agnello, riso, cipolle e limoni.»
«Ha l'aria di essere una ricetta mediorientale» osservò Polly. «Mi piacerebbe molto averla. Potresti chiedergliela?»
La situazione si stava facendo complicata. «Temo che non ami dare le proprie ricette. Sta... sta per iniziare un servizio di catering e vuole avere un repertorio di piatti esclusivi.» Si congratulò con se stesso per quella geniale invenzione, ma rifletté che avrebbe fatto bene a cautelarsi. Si accomiatò di lì a poco con la scusa che aveva da scrivere qualcosa. Pochi minuti dopo telefonava a Celia Robinson parlando in tono pressante.
«Che cosa c'è, capo?» gli chiese lei, subito incuriosita.
«Devo chiederle un favore, Celia. Non ha niente a che fare con le indagini per un crimine.»
«Oh, via!» esclamò lei con una risata allegra.
«Per prima cosa una domanda: prepara mai polpettine con il riso?»
«No. Io uso il pangrattato.»
«Ma se le facesse con il riso, Tremarella le mangerebbe?»
«Sì, certo, ma poi vomiterebbe. Sembra che non digerisca il riso.»
«Capisco» disse Qwilleran. «Be', se qualcuno glielo chiedesse, sarebbe così gentile da dire che prepara le polpettine con il riso per Tremarella? E se qualcuno la pregasse di dargli la ricetta, si limiti a rifiutare!»
«D'accordo, capo. Non sarà la prima bugia che dico per lei. E ancora non sono rimasta fulminata.»
Lui riagganciò, provando un senso di sollievo. Si era coperto le spalle. Sapeva che Polly avrebbe parlato delle polpettine alla sua assistente, la signora Alstock, la quale ne avrebbe riferito alla sua cara amica Celia Robinson. Quella era una delle tante complicazioni causate dal fatto di vivere in una piccola città. In un certo senso la vita Giù in Basso era più semplice, nonostante gli ingorghi automobilistici, l'inquinamento e la violenza per le strade. Una città di milioni di abitanti garantiva un anonimato rassicurante.
La successiva telefonata la fece a casa del capo della polizia. «Qualcosa di bello in televisione, stasera, Andy?»
«No, l'ho spenta. E sto leggendo il tuo articolo su quelli che chiami "nessuno" sul giornale di oggi. Il fatto è che questo genere di persone a Pickax si ritiene "qualcuno". Non obbligati a pagare le multe per infrazioni automobilistiche. Che cos'hai da dirmi?»
«L'esplosione è stata molto grave?»
«È andato tutto in pezzi entro un certo raggio e la povera ragazza non si è nemmeno resa conto di ciò che le stava succedendo.»
«Sbaglio o la stanza 203 era stata assegnata alla donna del mistero?»
«Proprio così. E da allora non si è più vista.»
Qwilleran fece una pausa melodrammatica, poi disse: «Io ho trascorso il pomeriggio con lei.»
«Che cosa? Come mai? Come hai fatto a incontrarla? Che cosa sai?»
«Perché non ti metti le scarpe e non fai un salto qui a prendere uno scotch?»
Cinque minuti dopo il capo della polizia fermava la macchina davanti alla porta d'ingresso. Era un uomo alto, robusto, dalla figura imponente anche quando non vestiva l'uniforme. Anzi, lo era in modo particolare quando indossava il kilt scozzese e suonava la cornamusa in occasione di matrimoni e funerali. Entrò in casa con la tipica andatura baldanzosa del suonatore di cornamusa.
Qwilleran aveva preparato un vassoio con scotch e formaggio e dell'acqua Squunk per sé. Dopo che si furono accomodati nelle confortevoli poltrone del soggiorno i siamesi comparvero con la loro andatura baldanzosa. Si avvicinarono al tavolino e si accoccolarono tenendo il naso a livello del piatto di formaggio. Quando l'ospite alzò il bicchiere per un brindisi gaelico, i due nasi si avvicinarono ancora un po'.
«No!» tuonò Qwilleran, e i due felini indietreggiarono di mezzo centimetro, continuando a contemplare con occhi semichiusi il cibo proibito.
«Diavoletti sfrontati!» esclamò Brodie. «Scommetto che li vizi.»
«Prova questo formaggio, Andy. È una sorta di svizzero che ho preso al nuovo negozio di delicatessen di Stables Row. È gestito da due tizi di Giù in Basso che l'hanno chiamato "Mangia e Bevi". Uno si fa chiamare Jerry Bevi e l'altro Jack Mangia. Jerry è l'esperto in vini e Jack quello in formaggi.»
«Dammene una fetta. Poi raccontami come hai conosciuto quella donna.»
«È stata una strana coincidenza. Io non l'avevo mai vista, ma al giornale ne avevano parlato: hanno detto che guidava una macchina blu a noleggio. E questo pomeriggio, quando sono andato a fare il mio solito giro di ispezione al capanno, ho visto nel mio parcheggio una macchina blu. Per poco non ci ho sbattuto contro con la mia. Quella donna stava seduta sul mio tratto privato di spiaggia e leggeva un libro di cucina. Ho pensato che non potesse essere un tipo pericoloso.»
Ascoltando il racconto dell'amico, Brodie dì tanto in tanto emetteva qualche grugnito.
«E poi lei si è offerta di prepararmi degli involtini con foglie di vite purché io fossi andato a comperare gli ingredienti. Ed è proprio quello che stavo facendo quando è esplosa la bomba.»
Brodie ridacchiò. «Voleva farti togliere la macchina dal vialetto in modo da potersela svignare.»
«È quello che ho pensato anch'io in un primo momento. Prima mi sono sentito un babbeo, poi mi sono reso conto, e credo di avere ragione, che doveva aver sentito la notizia alla radio e deciso di lasciare la città al più presto perché ha capito che la bomba era destinata a lei. Ho telefonato all'aeroporto e mi hanno confermato che aveva restituito l'automobile ed era salita sulla navetta.»
«Forse se l'è battuta in fretta e furia perché era complice di chi ha messo la bomba. Si è ben guardata dal trovarsi nei pressi dell'albergo ed è andata a nascondersi nella tua proprietà.»
Qwilleran si lisciò vigorosamente i baffi, come faceva sempre quando gli veniva qualche sospetto di rilievo. Un fremito sul labbro superiore era il segnale che stava seguendo la traccia giusta.
«Io sostengo che lei è in fuga dalla giustizia, Andy, e che cerca di nascondersi. Questa parte del paese normalmente è il luogo ideale per farlo. Ma c'è un altro indizio da prendere in considerazione. Quando una folata di vento le ha scompigliato i capelli, ho visto che aveva vicino all'orecchio sinistro una lunga cicatrice verticale.»
«Non potrebbe essere la conseguenza di un incidente automobilistico?» azzardò Brodie. «Come ti ha detto di chiamarsi?»
«Onoosh.»
«Onoosh? Che razza di nome è? Sul registro dell'albergo ha firmato come Ona Dolman.»
Una zampa marrone scuro avanzò furtivamente sul bordo del tavolino.
«No!» tuonò di nuovo Qwilleran, e la zampa fu ritirata fulmineamente.
«Non sapevo che ai gatti piacesse il formaggio» commentò Brodie. Credeva che tutti i felini si cibassero solo di topi e di teste di pesce.
«Da quando hanno aperto il nuovo negozio questi due sono diventati formaggio-dipendenti» lo informò Qwilleran.
«Bene, presumo che non rivedremo più Ona Dolman, ma non è una gran perdita. La cosa terribile, invece, è la morte di quella giovane innocente, Anna-Marie Toms. Conosco la famiglia, gran brava gente. Non tutti quelli che vivono a Chipmunk hanno guai con la giustizia. Lei era più o meno fidanzata con Lenny Inchpot, il figlio di Lois. Se lo vorranno, sono pronto a suonare la cornamusa ai funerali.»
«Sai esattamente che cos e successo, Andy?»
«Lo comunicheranno più avanti, ma io te lo dico subito in via confidenziale.» Brodie aveva gradatamente finito per considerare affidabile e utile quel giornalista di Giù in Basso. L'esperienza di Qwilleran come cronista di nera nelle grandi città gli aveva conferito la capacità di vedere all'interno dell'iter investigativo e il suo fiuto istintivo lo portava spesso a scoprire e riferire agli inquirenti particolari anche importanti. Nel seguire questo suo appassionato interesse, Qwilleran si accontentava di restare nell'ombra dopo aver informato le autorità di quanto aveva scoperto, dichiarando di non voler assurgere agli onori della fama. Per parte sua Brodie apprezzava la collaborazione e ogni tanto gli passava qualche informazione confidenziale per il tramite di sua figlia Fran. Era un tacito accordo che gli altri poliziotti locali ignoravano.
«Tutto quello che mi dici è sempre non ufficiale, Andy, è ovvio.»
«D'accordo. Verso le quattro di questo pomeriggio un bianco non identificato, sulla quarantina, di media statura, senza barba, è entrato nell'atrio dell'hotel con un pacco dono e dei fiori per Ona Dolman. Lenny, che era di turno alla reception, gli ha detto che la signora non c'era, ma gli ha assicurato che glieli avrebbe fatti portare nella sua camera non appena fosse arrivato il facchino, che in quel momento era in servizio. La persona sospetta ha risposto che si trattava di un oggetto di vetro soffiato molto fragile e che sarebbe stato più tranquillo se avesse potuto portarlo di sopra di persona e collocarlo in un posto sicuro. Ha chiesto poi un foglio sul quale ha scritto: "Aprilo con molta cura, tesoro". Quindi Lenny lo ha pregato di chiedere alla cameriera del primo piano di farlo entrare nella stanza 203. Quando l'uomo è tornato nell'atrio, ha urlato un grazie ed è uscito dalla porta di servizio. Il facchino che stava fumando una sigaretta al parcheggio ha visto un furgone blu percorrere lentamente il vicolo e poi far salire un uomo con un giubbotto blu. Ma non vuol dire nulla. Da queste parti furgoni e giubbotti blu non sono certo una rarità.»
Qwilleran chiese se al primo piano non vi fossero stati testimoni.
«Lì c'è l'ufficio della direttrice. Lei non ha visto la persona sospetta. Ma la cameriera le ha chiesto dove poteva trovare un vaso in cui mettere i fiori e più tardi ha portato l'aspirapolvere alla camera 203, dicendo che i fiori avevano sporcato il tappeto. Quando ha innestato la spina, o forse azionato la macchina, probabilmente ha fatto esplodere la bomba. Lenny si sente responsabile della sua morte... Quel ragazzo avrà bisogno di uno psicologo.»
«Che brutta cosa!» esclamò Qwilleran in tono tetro. «Lui è in grado di descrivere la persona sospetta?»
«Ci sono due testimoni che l'hanno visto bene: Lenny e il negoziante che gli ha venduto i fiori. Quelli dell'SBI stanno preparando un identikit dettagliato in base alle loro descrizioni. Ma non so se tra le macerie riusciranno a trovare qualche indizio. Una bomba distrugge una gran quantità di prove.»
«È vero, ma i medici legali fanno miracoli. Di anno in anno spuntano nuove tecnologie.» Qwilleran versò un altro po' di scotch per Brodie e gli domandò se il formaggio gli piaceva.
«Ottimo! Devo dirlo alla mia consorte. Come si chiama?»
«Gruyère.»
«Yow!» Dal pavimento pervenne una sonora richiesta. E Qwilleran diede a ciascuno dei gatti un pezzettino di formaggio che loro masticarono lentamente, assaporandolo come se si trattasse di un boccone molto grosso.
«Ona Dolman ha detto qualcosa che potrebbe darci un'idea di chi ha messo la bomba?» chiese Brodie.
«No. Purtroppo ho perso una buona occasione. Avevo intenzione di porle alcune domande importanti mentre mangiavamo gli involtini di foglie di vite. Avevo persino preso una bottiglia di buon vino per lei» ribatté con irritazione il giornalista.
«Be', comunque ora che sappiamo che se n'è andata in aereo, possiamo iniziare le ricerche. Se si nascondeva, certamente si è inventata le informazioni che ha dato, ma sull'automobile dovrebbero esserci delle impronte, se non l'hanno ancora lavata.»
Raggiunse il telefono e chiamò l'aeroporto. La macchina era stata lavata e pulita subito dopo che era stata restituita. A questo punto Qwilleran disse che forse c'erano delle impronte sull'acquaio del capanno e consegnò la chiave a Brodie, unitamente con la sedia pieghevole, i libri di cucina e il cappello di paglia che lei aveva abbandonato lì.
«Serviranno anche le tue impronte, Qwill. Passa domani in ufficio.»
«Non ti invidio, Andy. Non sai chi è in realtà quella donna, da dove viene, perché la inseguono e dov'è andata, chi ha messo la bomba, dove vive, qual è il suo movente, come ha trovato la donna e chi era al volante del veicolo che si è volatilizzato.»
«Be', dovremmo riuscire a rilevare le impronte digitali della nostra misteriosa visitatrice. Inoltre credo che quasi tutti a Pickax, adulti e bambini, siano in grado di darne una descrizione. Come hai detto che si chiama questo formaggio?»
«Gruyère.»
«Yow!» disse Koko.
«Ho chiesto al tizio del reparto formaggi perché un gatto dovrebbe preferirlo all'Emmenthaler, che è pure svizzero, e mi ha risposto che il Gruyère è più cremoso e più salato.»
«È caro?»
«Costa più del formaggio industriale che vendono da Toodle. Ma secondo Mildred dovremmo tutti comperare cibo migliore e mangiare di meno.»
Brodie si alzò. «Sarà meglio che torni a casa, altrimenti mia moglie è capace di chiamare la polizia.»
In quel momento un gorgoglio basso attrasse l'attenzione dei due uomini. Proveniva da sotto il tavolino e, quando si voltarono a guardare, Koko venne fuori ventre a terra emettendo un suono gutturale, agitando leggermente la coda e avvicinandosi furtivamente alle spalle di Yum Yum.
«Guarda cosa fa» bisbigliò Qwilleran.
Koko fece un balzo. Yum Yum scappò via, dopodiché entrambi schizzarono verso le scale, luna rincorsa dall'altro.
«Stanno solo facendo un po' di scena» disse il giornalista. «Giusto per attirare l'attenzione.»
Il capo della polizia se ne andò a casa con una bella fetta di Gruyère.
6
Sabato mattina Qwilleran nutrì i gatti, li spazzolò, pulì la lettiera e si tolse i peli che gli erano finiti sui baffi e sulle sopracciglia. Koko aveva buttato giù un libro dallo scaffale della libreria.
«Adesso no, più tardi» gli disse il giornalista. «Devo andare a fare un mucchio di visite. Torno quando posso.» Posò sullo scaffale il copione di Sapore di miele, poi pensò: Un momento! Può essere che il gatto avverta che sto per intervistare un apicoltore? E in questo caso come può abbinare questa mia intenzione con la parola "miele" sulla copertina del libro? Tuttavia doveva ammettere che a volte Koko usava percorsi tortuosi per comunicare.
Si recò alla sede della polizia per farsi prendere le impronte digitali e poi in biblioteca per consultare un libro di apicoltura. Per non fare la figura dello stupido integrale, cercò spiegazioni sulla costruzione dei favi, sulle celle per la deposizione delle uova, sulla raccolta del polline e del nettare e sulla sciamatura. Mentre stava leggendo, sentì le impiegate salutare Homer Tibbitt che ogni giorno arrivava lì con una borsa e un sacchetto di carta scura. Anche se sulla porta d'ingresso un cartello specificava VIETATO INTRODURRE CIBI o BEVANDE, tutti sapevano che cosa conteneva il sacchetto di carta. Homer aveva quasi novant'anni e alla biblioteca facevano eccezione, data la sua età. Con andatura sussultante ma vivace raggiunse l'ascensore, salì al mezzanino dove avrebbe svolto le solite ricerche nella sala di lettura.
Qwilleran lo seguì salendo a piedi le scale. «Salve, Homer. Qual è l'argomento di oggi?»
«Sto ancora occupandomi del clan dei Goodwinter. Amanda ha trovato in un vecchio baule le carte di famiglia e le ha donate alla biblioteca. Alcune sono piuttosto piccanti.»
«Sai qualcosa della famiglia Limburger?» Qwilleran si lasciò cadere su una sedia di legno dall'altro lato del tavolo. Lo studioso di storia si portava sempre da casa un cuscino gonfiabile.
«Certo! Qualche anno fa ho scritto una monografia su di loro. A quanto ricordo, il primo Limburger arrivò qui dall'Austria alla metà del diciannovesimo secolo per evitare di arruolarsi. Faceva il falegname. E le compagnie minerarie lo assunsero perché costruisse case per i minatori. Ma lui era un tipo intraprendente, cosicché finì per costruire per conto proprio alloggi e locande per viaggiatori. A quei tempi lo sfruttamento dei lavoratori era considerato con ammirazione e lui si arricchì.»
«Che cosa ne è stato del suo impero edilizio?»
«Le costruzioni bruciarono una dopo l'altra. Alcune a causa dell'incendio boschivo ai tempi della Grande Depressione. L'Hotel Booze è l'unico edificio ancora in piedi. La seconda generazione della famiglia è scomparsa in seguito all'epidemia di spagnola del 1918. Uno solo è sopravvissuto ed è ancora in vita.»
«Si riferisce a Gustav?» domandò Qwilleran. «Ha fama di essere un bell'eccentrico.»
«Non lo vedo da anni, ma lo ricordo quando era un ragazzo appena rimasto orfano. Ti prego di scusarmi, vado a rinfrescarmi la memoria.» Il vecchio signore si alzò faticosamente dalla sedia e si diresse verso la toilette, tenendo in mano il sacchetto di carta. Non era un segreto per nessuno che conteneva un thermos pieno di caffè decaffeinato corretto con il brandy. Quando ritornò aveva ricordato tutto.
«Sì, rammento il giovane Gustav. Io ero maestro da poco e insegnavo in una scuola costituita da un unico locale. Mi faceva pena. Aveva perso i genitori ed era stato mandato a vivere presso una famiglia di lingua tedesca. Il suo inglese era pessimo e, a peggiorare le cose, dopo la Prima guerra mondiale c'era nella gente un forte sentimento antigermanico. Non c'era da stupirsi che fosse uno scolaro molto mediocre. Marinava sempre la scuola. È scappato di casa un paio di volte e ha finito per smettere di studiare.»
«Non ha ereditato un patrimonio di famiglia?»
«Questa è un'altra storia. Qualcuno sostiene che i suoi tutori legali abbiano sperperato il suo denaro. Qualcun altro che era andato in Germania a correre la cavallina e ha speso tutto. So che ha venduto l'Hotel Booze ai Pratt e che si è tenuto il New Pickax Hotel. Da quanto ho sentito ieri, è stato distrutto da una bomba.»
«Evidentemente Gustav non si è mai sposato» ipotizzò Qwilleran.
«Che si sappia no. Ma chissà che cos'ha fatto in Germania. Quando stavo scrivendo la storia della famiglia Limburger ho cercato di farlo parlare, ma lui si è chiuso a riccio.»
«Adesso è in ospedale in gravi condizioni.»
«Be', è molto avanti negli anni» osservò Homer, parlando di un uomo che ne aveva quindici meno di lui.
Dirigendosi a nord per recarsi a casa Limburger, Qwilleran passò davanti al decrepito locale di Dimsdale sull'angolo con Ittibittiwassee road e notò nel parcheggio pieno di erbacce una mezza dozzina di furgoni. Ciò significava che era in atto una seduta per soli uomini dedicata al caffè, alla sigarette e ai pettegolezzi del giorno. Qwilleran aveva battezzato quelle riunioni Il Fumatoio delle Novità del Giorno, dove il chiassoso e allegro gruppo di pettegoli fumatori e bevitori di caffè si riuniva in modo informale durante i momenti di riposo dai lavori agricoli. Fermò la macchina e si unì a loro, accolto da grandi ovazioni.
«Ecco il signor Q! Spostatevi e fate accomodare uno dei pezzi grossi della città! Accosti una sedia, amico!»
Qwilleran si servì da solo una tazza di caffè di cattiva qualità e una focaccina rafferma e sedette accanto a cinque uomini che indossavano tute da lavoro e avevano in testa berretti con la visiera. Il gruppo riprese con i soliti frizzi, i soliti pettegolezzi e i soliti pregiudizi.
«Quell'esplosione è stata un sabotaggio effettuato da qualcuno che lavora all'albergo, e su questo sarei pronto a scommettere!»
«Avrebbero dovuto mettere la dinamite dappertutto e poi riedificare.»
«Sembra che quella straniera abbia a che vedere con questa faccenda.»
«Il vecchio Gus quando ha saputo la notizia è stato portato in ospedale.»
«Che cosa succederà dell'albergo quando lui schiatterà?»
«Lo lascerà a quel tipo che lavora per lui.»
«Non dire stupidaggini! Gus è troppo avaro per regalare anche solo un centesimo persino dopo morto.»
«Non morirà fino a che non avrà trovato il modo per portarsi appresso i soldi.»
«Scommetto che nel suo cortile dietro casa deve aver seppellito un paio di milioni. Che cosa ne pensa, signor Q?»
«Se si dovesse dare ascolto a tutto quello che si sente nella contea di Moose, ci dovrebbe essere tanto di quel denaro sepolto negli orticelli dietro le case della gente da poter risanare il debito nazionale.»
Tutti scoppiarono a ridere, spinsero indietro le sedie e uscirono in massa dal locale per risalire sui rispettivi camioncini blu.
Sulla strada per Black Creek Qwilleran fece una deviazione per passare da Brrr, così chiamata perché era la città più fredda della contea. Voleva parlare con Gary Pratt, il proprietario dell'Hotel Booze nonché gioviale titolare del Caffè dell'Orso Bianco. La barba nera e incolta e il passo pesante facevano somigliare Gary a un grosso orso. Quando Qwilleran si accomodò su uno sgabello al bar lui stava dietro il bancone.
«Il solito?» gli chiese, sbattendo un boccale sul ripiano e tendendo la mano verso il thermos del caffè.
«E un hamburger gigante con dentro di tutto» precisò Qwilleran.
Dato che non c'era ancora la ressa del mezzogiorno, Gary si concesse il tempo di appoggiare i gomiti sul banco di fronte al suo cliente. «Di che cosa blaterano oggi a Pickax?» si informò.
«Dell'esplosione. Non si parla d'altro.»
«Anche qui.»
«Qualche teoria originale riguardo al movente?»
«Be', la gente di Brrr pensa che c'entri la donna misteriosa. L'hanno vista seduta sulla spiaggia e passeggiare davanti ai negozi per turisti. Attirava l'attenzione per via dei suoi capelli. Veniva qui spesso a pranzo e io ho cercato di fare un po' di conversazione. Niente da fare. Poi sabato scorso è venuta a cena con uno dei clienti del nostro albergo. Un uomo.»
«Che tipo era?»
«Sembrava un uomo d'affari: ben vestito, più o meno suo coetaneo. Indossava giacca e cravatta. A Brrr giacca e cravatta insospettiscono tanto quanto gli agenti dell'FBI o delle tasse. Ha innervosito i clienti. Si è registrato in albergo intorno alle cinque e mezza, il che fa pensare che sia arrivato con l'aereo navetta e che la donna sia andata a prenderlo all'aeroporto. Lei guida un'auto a nolo. L'abbiamo vista al parcheggio dell'hotel. Comunque hanno mangiato insieme, seduti dietro un séparé. Parlavano come persone che si fossero ritrovate dopo moltissimo tempo.»
«Avevano un atteggiamento intimo?» chiese Qwilleran.
«No.»
«Clandestino?»
«Nemmeno. Sembrava piuttosto un colloquio d'affari. Ma ogni volta che mi avvicinavo al tavolo per servire un altro bicchiere di vino o passavo vicino a loro, li sentivo parlare del tempo. La domanda è: per quanto tempo si può continuare a parlare del tempo? Secondo un mio cliente la bomba potrebbe essere stata messa per riscuotere l'assicurazione e la donna è servita da specchietto per le allodole. Il piano sarebbe stato organizzato per far credere che la bomba fosse destinata a lei.»
«Gary, ma davvero lo vedi quel vecchio eccentrico di Black Creek che organizza una truffa così sofisticata ai danni dell'assicurazione?»
«No, lui no. Si pensa che sia stata opera di quei furboni degli amministratori di Lockmaster. Sono loro che portano avanti l'albergo al suo posto. Alla Camera di commercio tutti sanno che a Lockmaster stanno cercando di indurlo a vendere, ma lui non vuole. Sai come la pensano i tedeschi riguardo alla proprietà. Bene. Ora che l'edificio è semidistrutto, lui accetterà di vendere al loro prezzo.»
Qwilleran sbuffò, pensando che quelli della contea di Moose consideravano quelli di Lockmaster degli imbroglioni, così come gli abitanti di Lockmaster pensavano che la contea di Moose fosse popolata di cafoni. Razza, colore e fede non avevano niente a che vedere con questo assurdo fanatismo. Sì trattava semplicemente di una questione geografica.
«L'uomo che indossava il completo con camicia e cravatta era scuro di pelle come lei?»
«No, era di carnagione chiara e aveva i capelli rossi. Erano insieme anche il giorno dopo. Penso che la donna lo abbia accompagnato in macchina a prendere la navetta della domenica sera. Se n'è andato dall'albergo verso le quattro e mezzo e ha pagato in contanti. C'è da chiedersi che cos'aveva nella sua ventiquattrore!»
Prima che Qwilleran potesse replicare, l'hamburger farcito gli fu servito e Gary cambiò argomento, passando a parlare della corsa ciclistica che si era svolta il primo maggio. «Non sono arrivato alla fine ma nemmeno mi illudevo che ce l'avrei fatta. Però è stato divertente. Hai sentito che cosa c'è in programma? Il Club del pedale sponsorizza una gara ciclistica che si chiama Pedalare per combattere la fame nel mondo. Servirà per finanziare il programma di pasti caldi per chi è ammalato, costretto a letto e privo di assistenza. È il nostro contributo alla Fiera gastronomica. Gli sponsor possono finanziare la gara a partire da un cent fino a un dollaro per chilometro. Io penso di riuscire a percorrere duecento chilometri. Dopodiché dovranno portarmi via sul carro funebre.»
«Che cosa?» chiese il giornalista, fissandolo sbalordito.
«Stavo scherzando. Non è un carro funebre, è un veicolo di appoggio dotato di acqua, bibite energetiche, una cassetta di pronto soccorso e rastrelliere per le bici danneggiate. Niente cibo, niente traino.»
«Bene, ti sponsorizzerò io.» Qwilleran firmò un modulo verde in cui si impegnava a versare un dollaro per chilometro. «Per caso conosci Aubrey Scotten?»
«Sì, l'ho conosciuto alle scuole superiori. Conosco tutti i fratelli Scotten. Sono soci del club Sport all'aria aperta. Aubrey viene ogni tanto qui a mangiarsi un hamburger. Lo hai conosciuto?»
«Solo superficialmente. Dovrei intervistarlo questo pomeriggio sull'apicoltura. Pensi che possa essere interessante intervistarlo?»
«Oh, ti ubriacherà con le sue chiacchiere... In genere è un tipo taciturno, ma quando trova qualcuno che gli pare simpatico non si ferma più. Però non so quanto potrai utilizzare di quello che ti racconterà.»
«Puoi ragguagliarmi su alcune cose?»
«Per esempio?»
«È esperto di apicoltura? Il miele che produce è considerato di buona qualità? Ha sempre avuto i capelli così bianchi?»
Gary assunse un'espressione piuttosto incerta, poi decise che poteva fidarsi di parlare con quel giornalista così strano. «Be', per quanto riguarda i capelli, sono diventati bianchi quando era in Marina. Ha avuto un incidente ed è imbiancato nel giro di una notte.»
«Che genere di incidente?»
«Una specie di ammutinamento a bordo rimasto inspiegabile. Aubrey si è preso una botta in testa, è stato scaraventato in mare e per poco non è annegato. Di fatto, quando lo hanno tirato su era quasi morto, ma è riuscito a farcela. Questi Scotten sono dei tipi molto tosti. L'incidente però gli ha cambiato il carattere.»
«In che senso?»
«Innanzi tutto a scuola era un prepotente, mentre adesso è un uomo mite che non ammazzerebbe una mosca. Inoltre, prima lavorava sui pescherecci; invece adesso ha il terrore di salire su una barca e la sola vista di una superficie d'acqua gli provoca una crisi isterica. La Marina lo ha congedato... Ehi, non dire a nessuno che ti ho raccontato questa cosa.» Gli versò un'altra tazza di caffè. «Ma poi è successo l'imprevedibile. Aubrey è risultato essere una specie di genio! È in grado di riparare qualsiasi cosa... qualsiasi cosa! Prima non era così. Non è mai stato così. Ha riparato quel grosso frigorifero che vedi lì e lo stereo di casa.»
Qwilleran sentiva salire la pressione sanguigna. Un'esperienza in cui si rasenta la morte può essere molto più interessante da descrivere in un articolo dell'attività di un apicoltore.
Poi Gary aggiunse: «Aubrey non vuole parlare del suo incidente e nemmeno la famiglia ne vuole parlare, soprattutto con i media. Alcuni scienziati volevano venire qui a studiare il suo cervello, ma i fratelli si sono affrettati a proibirlo.»
Per la seconda volta in due giorni Qwilleran aveva visto sfumare nel nulla un buon articolo. Pazienza, bisognava tornare a occuparsi di api!
Circondata dalla devastazione di Black Creek, la residenza di Limburger si presentava alla vista come una casa infestata dagli spettri. Tuttavia, mentre parcheggiava, Qwilleran si diceva che ristrutturandola, con un po' di fantasia e un mucchio di soldi, si sarebbe potuto farne un'originale locanda di campagna. La facciata di mattoni sistemati in orizzontale, in verticale, in diagonale e a spina di pesce era unica nel suo genere. Le alte e maestose finestre, a eccezione di quella danneggiata la notte di Halloween, avevano traverse di vetro a piombo oppure riquadri di vetro molato lavorato.
Sulla balaustrata della veranda la fila di sassi aspettava il ritorno del malato e il cane bastardo marrone rossiccio che aveva causato l'incidente continuava ad aggirarsi lì attorno.
Qwilleran salì con cautela i fatiscenti gradini di mattoni e suonò il campanello. Non ricevendo risposta, fece il giro della casa continuando a dire: «Bravo cane! Bravo cane!» L'animale sfregava il muso contro le sue gambe, guaiva e aveva l'aria di sentirsi abbandonato. A Qwilleran dispiacque di non avergli portato qualche focaccia rafferma dal locale di Dimsdale.
«Ehi! Ehi! C'è qualcuno?» prese a gridare in direzione del malconcio capanno. La porta era spalancata. Dal buio comparve una figura massiccia dai capelli bianchi. Era Aubrey, e sembrava sbalordito.
Qwilleran disse: «Sono venuto qui ieri quando il signor Limburger è cascato dai gradini. Mi chiamo Jim Qwilleran, ricorda? Le avevo detto che sarei tornato per farmi spiegare tutto sull'apicoltura.»
«Non pensavo che sarebbe venuto» rispose il giovanotto. «La gente dice che torna, ma poi non si fa più vedere. Un tale mi ha ordinato dodici vasetti di miele e io glieli avevo preparati e inscatolati, ma lui non è più comparso. Non riesco a capire. Non è un comportamento da amici. Non trova anche lei?»
Recitò quella litania con voce stridula e lamentosa.
«C'è della gente che non ha considerazione per il suo prossimo» rispose in tono comprensivo Qwilleran. «Come sta il signor Limburger? Ha sue notizie?»
«Sono appena tornato dall'ospedale. Era a letto, urlava come un pazzo, protestava per il cibo. A lui piacciono lo stufato di coniglio, i piedini di maiale e cose del genere. Gli piace molto il grasso. Una volta l'ho visto mandare giù come se fosse una caramella mezzo chilo di burro. Mi sono sentito male solo a guardarlo.»
Qwilleran gli indicò il capanno. «Quello ha a che fare con l'apicoltura?»
«È lì che estraggo il miele.»
«Ne ha da vendere? Vorrei comprarne un paio di vasetti.»
«Da mezzo chilo o da un chilo? Non ne ho da un chilo. Li ho venduti tutti all'emporio di Toodle. La signora Toodle è molto gentile. Conosce mia mamma.» Scomparve nel capanno buio e ritornò con due vasetti ovali contenenti un liquido chiaro, denso e ambrato.
«Perché i barattoli per il miele sono sempre piatti?» chiese Qwilleran.
«I barattoli piatti fanno apparire più chiaro il miele. La maggior parte della gente vuole il miele chiaro. Non so perché. A me piace scuro. Ha molto più sapore. Questo è miele di fiori di campo. Ne ho portato un po' a Lois e lei mi ha offerto un'enorme prima colazione. Non mi ha fatto pagare neanche un centesimo. Mi ha servito composta di prugne, pasticcio di tacchino, due uova, pane tostato e caffè.»
Aubrey non smetteva di parlare, cosicché a un tratto Qwilleran gli propose di andare a sedersi sotto i portici e di mettere in funzione il registratore, ma Aubrey disse che prima doveva andare a prendere qualcosa da mangiare per Pete, il cane. Il giornalista lo attese seduto sulla sedia a dondolo di Limburger, che poggiava su un asse scricchiolante del pavimento. Continuò a dondolarsi rumorosamente pensando al povero vecchio cane che tutti i giorni si presentava davanti alla porta di servizio per ottenere da mangiare, e che davanti alla porta principale veniva regolarmente preso a sassate... anche se il vecchio non lo centrava mai. Tuttavia quel trattamento doveva aver confuso le idee di Pete, e non c'era da stupirsi se sporcava quel vialetto di mattoni.
Quando Aubrey ricomparve dopo aver attraversato la casa ed esserne uscito, aveva in mano un grosso libro che porse a Qwilleran. Era un volume molto vecchio rilegato in pelle: una Bibbia con le scritte in oro e il testo in tedesco antico. L'apicoltore spiegò: «È arrivato dall'Austria più di cent'anni fa. Il vecchio ha promesso di lasciarmelo, quando passerà a miglior vita. E anche l'orologio a cucù. Non funzionava, ma l'ho riparato. Vuole vederlo? È sulla parete.»
«Più tardi» rispose il giornalista in tono deciso. «Si sieda. Parliamo un po' delle api. L'hanno mai punto?»
Aubrey scosse la testa con espressione grave. «Le mie api non mi hanno mai punto, si fidano di me. Io parlo con loro. D'inverno do loro acqua zuccherata.»
«E potrebbero pungere anche me?»
«Sì, se le spaventa, se avvertono ostilità o se ha in testa un berretto di lana. A loro la lana non piace, non so perché. Le api non pungono mai. Una volta ho visto uno sciame di api selvatiche infilarsi in un vecchio tronco d'albero. Mi sono avvicinato a guardare e loro sono venute fuori e mi si sono posate addosso. Credo di essergli piaciuto. Me le sono ritrovate in faccia, sulle orecchie, sul collo. È stata una sensazione pazzesca.»
«Non stento a crederlo» ribatté Qwilleran in tono molto serio.
«Sono andato a casa, sono tornato con un'arnia vuota e ho fatto entrare tutto lo sciame. Secondo me sono state contente di aver trovato una buona casa. Le api sono intelligenti. Se c'è un melo o un pero scelgono il melo perché lì c'è più zucchero. Al vecchio il miele non piace, lui preferisce lo zucchero raffinato. Una volta l'ho visto mangiare col cucchiaio il contenuto di un'intera zuccheriera. Mi è venuta la nausea. A lei non farebbe lo stesso effetto?»
Inframmezzata da numerose digressioni, l'intervista durò per tutta una cassetta. Un alveare ricordava una fabbrica in miniatura. Ogni singola ape aveva un proprio compito da svolgere. Le operaie costruivano le celle, la regina deponeva le uova, quelle che volavano sui prati raccoglievano polline, poi tornavano all'alveare per fare il miele. Le api adibite al controllo degli alveari stavano di guardia per impedire i furti. I fuchi non facevano il miele, ma si limitavano a occuparsi della regina. Quando l'alveare era troppo affollato, i fuchi venivano mandati fuori a morire.
Qwilleran chiese: «Come riescono a portare il polline all'alveare?»
«Nell'addome. Sulle zampe hanno una specie di cestello in cui mettono il polline.»
Il giornalista era un po' scettico. «Mi sta dicendo la verità, Aubrey?»
«Giuro di sì» rispose solennemente l'altro. «Vuole vedere gli alveari?»
«Solo se mi presta il casco protettivo e dei guanti.»
Si incamminarono verso il fiume, dove c'era un gran silenzio. Si udivano solo lo scroscio delle rapide e il gracchiare delle cornacchie. Sulla riva sorgeva un misero capanno sovrastato da un camino annerito. Vicino alla porta c'era una pompa a mano. In un campo adiacente si vedeva una tettoia isolata, chiusa da assi, che fungeva da gabinetto.
Aubrey disse: «La mia famiglia aveva sei capanni che affittava ai pescatori di persici. Due sono bruciati, tre sono stati spazzati via durante una tempesta. Io abito in questo. Le pareti erano ricoperte da api selvatiche. Ho dovuto affumicarle per farle uscire, poi ho tolto le assi all'interno perché dietro era pieno di miele.»
Mentre si avvicinavano al capanno, Qwilleran percepì un debole ronzio. Si infilò i guanti e il casco con il velo. Sul lato sud della costruzione, esposta al sole e riparata dal vento del nord, c'era una fila di scatole di legno sollevate su delle pedane, pittoresche come le vecchie arnie a forma di cupola raffigurate sulle etichette dei barattoli di miele. Le scatole erano alveari Langstroth. In seguito Qwilleran apprese che erano state ideate nel 1851.
Aubrey disse: «Sono le api a fare tutto il lavoro. Io porto i telai delle arnie al capanno, estraggo il miele e lo metto nei barattoli. Questi telai diventano molto pesanti, sa?»
«Mi sembra un'attività da prendere con i guanti» scherzò Qwilleran.
«Una volta ho avuto un incidente pazzesco. Non ho messo il barattolo sotto la cannella dalla quale esce il miele, che è colato tutto a terra.»
Le indaffarate api non badavano minimamente al giornalista, che parlava a bassa voce, evitando di compiere movimenti bruschi. «Che cosa fanno durante l'inverno?»
«Si ammassano negli alveari e sì scaldano a vicenda. Io avvolgo gli alveari nella paglia e nella carta. Se loro vogliono uscire, possono farlo, ma così evito che entrino i topi.»
«E se nevica?»
«Se gli alveari restano sepolti sotto la neve, non è grave, ma il ghiaccio... è una brutta faccenda. Una volta un'intera colonia è morta soffocata dal ghiaccio.»
Qwilleran si disse che, se era vera, quella era una storia fantastica e decise di controllare sul libro sulle api che aveva visto in biblioteca.
«E adesso mi piacerebbe vedere l'orologio a cucù» dichiarò. In realtà era l'interno della casa che gli interessava: le rifiniture in legno intagliato, il lampadario decorato da corna di cervo, le vetrate a piombo. I mobili erano pochi e Aubrey spiegò che il vecchio aveva venduto quasi tutto. Una sola stanza sembrava abitata. C'erano due poltrone pesantemente imbottite davanti al televisore, un grosso armadio con intagli sulle ante raffiguranti selvaggina e una bacheca di vetro che conteneva armi. Sulla parete il pendolo di legno, pure quello intagliato, si muoveva ritmicamente.
«Chi è qui il cacciatore?» domandò Qwilleran.
«Il vecchio spara ai conigli e se li cucina in salmi. Spara anche alle cornacchie. Io andavo spesso a caccia con mio fratello. È un bravo tiratore.» Girò il capo. «Adesso non voglio più cacciare.»
Il pendolo fece sentire tre volte il canto del cucù e Qwilleran disse che doveva andare. Pagò il miele e si allontanò, provando un senso di nuovo rispetto nei confronti del denso liquido ambrato e chiedendosi quanto polline ci voleva per produrre mezzo chilo di miele.
Sistemò bene i suoi acquisti in macchina perché non si inclinassero e non si rovesciassero, dopodiché si recò all'emporio di Toodle per acquistare qualcosa di fresco per i siamesi e qualcosa di surgelato per sé. Durante il tragitto continuò a pensare alle industriose operaie e agli sventurati fuchi, a come la natura trasformava i fiori in cibo senza conservanti o prodotti chimici e al modo in cui quel mite apicoltore parlava con le sue api. Si rese conto che non era stata detta una sola parola sulla bomba esplosa all'albergo, un incidente che era ormai sulla bocca di tutti.
Arrivato all'emporio, aprì la portiera e subito dopo udì un sinistro rumore di vetri infranti. Un barattolo era scivolato ed era cascato sul cemento del parcheggio, lasciando uscire tutto il miele, che stava formando una pozza ambrata e appiccicosa. Abbassò gli occhi a osservare quel disastro, poi li alzò al cielo e contò fino a dieci.
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Che il miele fosse colato fuori da un vasetto e finito sul cemento del parcheggio non era grave, ma poteva diventare pericoloso in quanto era misto a schegge di vetro. Dopo aver fatto quella profonda osservazione Qwilleran informò dell'accaduto la signora Toodle, che subito convocò uno dei suoi nipoti. Poi tutti e tre marciarono in fila indiana verso il luogo dell'incidente mentre Qwilleran continuava a profondersi in scuse e la signora lo ringraziava per averla informata dell'accaduto. La situazione invece scatenò l'ilarità del giovane Toodle, il quale dichiarò che la cosa era divertente come la volta in cui gli era cascata per terra una cassetta piena di uova.
«Devi raccogliere anche il più piccolo frammento» lo ammonì sua nonna. «Se arrivasse un cane e leccasse potrebbe tagliarsi la lingua.»
Mentre lei si voltava Qwilleran fece scivolare una mancia nella mano del ragazzo. «Non è necessario» disse la nonna che, grazie alla lunga esperienza di lavoro in un supermercato, aveva gli occhi anche sulla nuca.
Il giornalista comperò del corned beef al banco delle delicatessen sufficiente per la cena dei gatti e per uno spuntino per sé, poi si recò in città per andare a prendere dei fiori per Polly. Dopo l'intervento chirurgico sarebbe uscita alle cinque per la prima volta a fare una passeggiata a piedi. Lasciò la macchina al parcheggio pubblico e raggiunse il negozio del fiorista.
Il centro di Pickax era costituito da tre isolati di edifici in pietra di vario tipo, grandi, piccoli, maestosi, originali, molto decorati e del genere primitivo. Erano reliquie di un'epoca in cui la contea andava famosa per le sue cave di pietra. Insieme con la pavimentazione, quelle case avevano fatto soprannominare quel luogo Città della Pietra. Un cottage del Cotswold, un edificio gemello della Bastiglia, un altro nello stile Stonehenge e un castello scozzese facevano bella mostra di sé fianco a fianco.
Per Qwilleran la via principale di Pickax era il centro informazioni della città: amici e conoscenti lo fermavano per aggiornarlo sugli ultimi scandali, pettegolezzi o battute scherzose. Quel giorno si imbatté in Whannell MacWhannell, il contabile. Il grosso Mac, uno scozzese corpulento, lo salutò con la sua cantilenante parlata scozzese: «Salve!» esclamò. «Corre voce che il coraggioso signore dei Macintosh abbia ordinato un kilt su misura. Potrà indossarlo in occasione della serata scozzese e ai Giochi delle Highlands di Lockmaster.»
«Sempre che io sia abbastanza coraggioso da mettermelo. Dev'essere una sorpresa per Polly, quindi tieni la bocca chiusa.» Benché sua madre fosse una Macintosh e lui si fosse inserito nel clan in omaggio alla sua memoria, nutriva parecchie riserve sull'idea di comparire in pubblico con il kilt.
I due uomini fermi sul marciapiede guardavano costernati le finestre sbarrate da assi dell'albergo di fronte. «Una vera vergogna» osservò il contabile. «Non era un buon albergo, ma era tutto quello che avevamo. Chissà adesso che cosa succederà. Il proprietario è all'ospedale e gli amministratori la tireranno per le lunghe. Come sai, loro stanno a Lockmaster e non gliene importa un fico secco se nel centro di Pickax è crollato un piccolo, misero edificio.»
«Ho conosciuto il proprietario poco prima che avesse l'incidente. È a dir poco un eccentrico. Spero che la sua posizione legale e finanziaria sia a posto. Spero che abbia un avvocato e un progettista per la ricostruzione, oltre che un testamento.»
«Il problema è che nessuno vuole lavorare con quel farabutto» disse il grosso Mac. «Il nostro ufficio si occupava delle sue dichiarazioni dei redditi, ma è un personaggio impossibile. Non teneva nessuna registrazione, non accettava consigli. Che cosa fai con un cliente del genere? Non ricordo se l'abbiamo cacciato noi o se ci ha licenziati lui. Anche il suo legale lo ha mollato per l'esasperazione. Probabilmente adesso sono quelli di Lockmaster a occuparsi dei suoi affari. Hanno tutta la mia comprensione!»
La via era affollata da acquirenti del sabato, dato che lì non c'erano centri commerciali ad attirarli, e anche da un buon numero di turisti che guardavano con occhi sbarrati la scena dell'esplosione. Tra questi Mitch Ogilvie, vestito più come un contadino che come il direttore di un museo. Qwilleran lo afferrò rudemente per un braccio. «Mitch, vecchio mio, che cosa ti è successo? Ho sentito che hai lasciato il museo. Hai l'aria di uno che sta andando a un ballo in maschera.» L'uomo indossava un paio di pantaloni di tela, stivali e un berretto con visiera. Si era persino lasciato crescere la barba.
«Sì, sto facendo strada. Da impiegato alberghiero a direttore di museo, e infine allevatore di pecore. Sono contento di non essere stato qui al momento dell'esplosione.»
«Sì... ma che cos'è questa storia dell'allevamento di capre?»
«Lo ha avviato Kristi e io l'ho aiutata a vendere le antichità di sua madre. È riuscita a realizzare denaro a sufficienza per apportare grosse migliorie in casa e alla fattoria, e così mi sono fatto assumere.»
«Hai imparato qualcosa sul latte di capra?»
«Che tu mi creda o no, sono io a occuparmi dei prodotti caseari. Sono stato in una fattoria del Wisconsin per seguire un corso. Il nuovo negozio di formaggi a Stables Row vende i nostri prodotti. Forse hai visto il nostro marchio: LA FATTORIA DEL RECINTO SPACCATO. Abbiamo eliminato la vecchia staccionata bianca e io ne ho costruita un'altra con assi spaccate.»
«Non solo ho visto il vostro marchio, ho anche comperato il vostro formaggio» gli rispose Qwilleran. «Ho provato la Feta e il formaggio al pepe. Fantastici! Mi piacerebbe vedere come li preparate. Potrei scriverci su un articolo.»
«Grandioso! Quando vuoi.»
Qwilleran propose il pomeriggio seguente. «Be', se non ti importa di lavorare la domenica.»
«In questo lavoro non ci sono giorni festivi, Qwill» ribatté Mitch guardando l'albergo. «Ma è più sicuro che lavorare all'Hotel Pickax. Ci vediamo.»
Qwilleran proseguì per raggiungere il fiorista, che si chiamava Franklin. Il negozio era di fronte all'albergo, vicino al negozio di antiquariato Exbridge & Cobb. Susan Exbridge era la persona giusta per quell'attività prestigiosa. Collezionava argenti georgiani, vinceva sempre a bridge al Country Club, riceveva gli alimenti da un ricco imprenditore edile e si vestiva a Chicago. Quando Qwilleran la raggiunse, era sul marciapiede e stava guardando con occhio critico gli oggetti che aveva esposto in vetrina.
Arrivandole silenziosamente alle spalle e alterando la voce, le disse: «C'è una piega nel tappeto e il paralume è storto.»
Susan notò la sua immagine riflessa nella vetrina e si girò di scatto. «Tesoro! Dove sei stato tutta l'estate? La città sembrava un deserto senza di te...» Era portata all'esagerazione, anche perché era una delle socie più entusiaste del Club del teatro locale.
«Per molti versi è stata un'estate frenetica» le spiegò.
«Lo so. Come sta Polly?» Anche se le due donne non erano molto amiche mantenevano però rapporti civili, come si conveniva in una piccola città.
«Migliora di giorno in giorno. Dobbiamo trovarle una casa dove possa andare ad abitare. Il suo appartamento è stato assorbito dal campus del college. Per il momento abita con la cognata.»
«Perché tu e Polly...»
«I nostri gatti non vanno d'accordo» la interruppe, sapendo quello che lei stava per dire.
Discussero delle possibilità che si prospettavano per l'Indian Village, un complesso di appartamenti condominiali su Ittibittiwassee road. C'erano percorsi per camminate ecologiche, il fiume era pieno di anatre e i boschi popolati di uccelli.
«Tutto quello starnazzare e cinguettare a volte mi fa diventare matta» dichiarò Susan. «Ma a Polly piacerebbe.» Dal tono della sua voce traspariva una punta di snobismo. All'Indian Village gli amanti del bridge non erano affatto interessati al bird-watching e quelli che erano interessati al bird-watching non giocavano a bridge.
Qwilleran si disse che un giorno avrebbe scritto un articolo sulle conventicole chiuse della contea di Moose. Forse avrebbe perso un po' di amici, ma il compito del giornalista è quello di smuovere le acque.
Susan aprì la porta. «Entra, voglio mostrarti il nuovo retro.»
Il negozio riluceva di mogano e scintillava di oggetti di rame. Ora però un'arcata immetteva in un nuovo spazio pieno di anticaglie polverose e malconce del genere folk.
«Riconosci qualcuno di questi vecchi pezzi?» gli chiese. «Appartenevano alla collezione personale di Iris Cobb. Non ho mai avuto posto per esporli fino a che non si è liberato il negozio attiguo a questo. Ho preso in affitto la metà, l'altra metà l'ha presa Franklin Pickett. Sinceramente, è proprio un uomo gretto. Vuole sempre che gli presti cose antiche per la sua vetrina, ma non mi offre mai nemmeno un fiore per il mio negozio.»
Sotto l'arcata un'insegna in stile rustico, posta su un cavalletto, diceva: COLLEZIONE IRIS COBB. Qwilleran notò una credenza di legno di pino, alari in ferro battuto per il camino, un vecchio banco scolastico, alcune trottole, uno sbiadito tappeto all'uncinetto sul cui bordo erano ricamati animali da fattoria dall'aria stupida. Sollevò una cesta il cui rado intreccio lasciava intravedere dei buchi esagonali. La parte laterale era diritta, il diametro di una trentina di centimetri. Le chiese qual era la sua funzione.
«È una cesta per il formaggio. La foderavano, la riempivano di caglio e poi la mettevano a sgocciolare. Apparteneva a una famiglia franco-canadese che abitava vicino a Toronto Beach. Vi avevano fatto naufragio nel 1870, decidendo poi di fermarsi lì. Hanno avviato una fattoria per la produzione di latte e formaggio e hanno continuato a produrre fino a quando tutto non è andato distrutto da un incendio, nel 1901. La figlia è riuscita a salvare la cesta e quel tappeto all'uncinetto. Li aveva ancora quando è morta, all'età di novantacinque anni.»
Qwilleran la fissò con espressione incolore. «Dovresti scrivere romanzi, Susan.»
«Tutto quello che ti ho detto è la pura verità. Iris ne aveva registrato la provenienza sul suo catalogo.»
Qwilleran si strinse nelle spalle in un gesto di scuse silenziose alla memoria della defunta Iris Cobb. Era stata un'esperta di cose antiche, una cuoca meravigliosa e una carissima amica, ma lui aveva sempre sospettato che si inventasse la provenienza di tutto ciò che vendeva. «E questo che cos'è?» domandò, indicando un cassettone di legno stagionato con rifiniture metalliche.
«Un baule da marinaio trovato in un solaio di Brrr. Era finito sulla spiaggia dopo un naufragio avvenuto nel 1892 e sembra che fosse appartenuto a un marinaio scozzese.»
«Mmm» commentò con scetticismo Qwilleran. «Nel baule c'era anche una gamba di legno che sembra fosse appartenuta a Long John Silver? Quanto vuoi per la cesta da formaggio e per questo baule? Costano meno, visto che non è indicata la provenienza?»
«Parli come un esperto rigattiere» disse Susan. «Visto che sei un vecchio amico della cara Iris ti praticherò un grosso sconto. Dieci per cento. Lei avrebbe voluto che tu avessi questi oggetti.»
Il giornalista bofonchiò un ringraziamento e firmò l'assegno pensando che la cara Iris gli avrebbe praticato almeno il venti per cento. «Il suo libro di ricette di cucina non è saltato fuori da nessuna parte, vero?»
«Oh, lo avrei voluto avere anch'io. Molti dei miei clienti sarebbero disposti a ipotecare la loro casa per metterci sopra le mani. Il libro era in condizioni disastrose, ma le ricette erano favolose. Lo teneva in quel vecchio banco di scuola, ma quando sono stata incaricata di fare la perizia delle sue proprietà era scomparso.»
«Me lo aveva lasciato nel testamento, se ricordi. Forse per scherzo, dal momento che lei era al corrente che io non so cucinare e non imparerò mai.»
«Mi spiace dovertelo dire» ribatté Susan «ma credo che sia stato portato via da uno di quelli che hanno lavorato come volontari al museo. Erano in settantacinque a occuparsi della manutenzione, della sicurezza, della collocazione e della catalogazione. A quei tempi il direttore del museo era Mitch Ogilvie e aveva fatto pubblicare sul giornalino dei volontari un annuncio in cui pregava che il libro venisse restituito. Non ha mai ricevuto risposta. Dirò al mio assistente di dare una mano di vernice al tuo baule da marinaio e te lo farò portare a casa.»
Qwilleran se ne andò con la sua cesta per il formaggio ed entrò nel vicino negozio di fiorista, avanzando in mezzo a una montagna di cartoncini di auguri, di animali di peluche, di palloni, cioccolatini, tazze decorate, fino a che non riuscì ad avvicinarsi ai fiori.
«Salve, signor Q» lo salutò una giovane commessa dai lunghi capelli morbidi e dai grandi occhi azzurri. «Vuole ancora margherite o preferisce dei crisantemi?»
«La signora Duncan ha una passione travolgente per le margherite e Una violenta antipatia per i crisantemi» le rispose in tono serio. «Perché sta cercando di invogliarmi a comperare i crisantemi? Forse il suo principale ne ha acquistati in eccesso o forse guadagna di più su questo tipo di fiori?»
Lei ridacchiò. «Oh, signor Q, lei è molto spiritoso! La maggior parte delle persone preferisce i crisantemi perché durano di più. Ne abbiamo di un colore nuovo.» Gli mostrò un mazzo di fiori rosso cupo. «Sono i cosiddetti Borgogna d'annata.»
«A me sembrano sangue essiccato» commentò Qwilleran. «Si limiti a darmi un mazzo di margherite gialle, senza aggiungerci quella roba piumosa che finisce sempre sul pavimento.»
«Non vuole un po' di rametti di lavanda?» gli chiese incredula. «Niente nastri, niente palloncini...»
«Niente lavanda, niente nastri, niente palloncini.» Poi, contento di essersi imposto, si lasciò andare e disse in tono cordiale: «Ieri avete avuto un bel po' di movimento qui di fronte!»
La giovane donna fece roteare gli espressivi occhi azzurri. «Sono rimasta paralizzata dalla paura. Pensavo che fosse il terremoto. Il principale era sul retro a preparare i fiori per un funerale e anche lui si è spaventato come me.» Poi, benché in negozio non ci fosse nessun altro, aggiunse in un bisbiglio: «La polizia è Venuta qui a fare domande. L'uomo che ha messo la bomba ha comperato i fiori da noi.»
«Lei lo ha visto?»
«No. Ero nel retro a preparare l'addobbo per un matrimonio. Lo ha servito il signor Pickett. Ha comperato dei crisantemi di quel nuovo colore...»
«Be', dica al suo principale di far rifornimento di quei Borgogna d'annata. Quando la gente scoprirà che sono quelli che ha scelto l'uomo della bomba, ne farà incetta. Non mi chieda perché. È una specie di stravagante isterismo di massa.»
Un po' in ritardo, in parte per il miele rovesciato, in parte per gli incontri non programmati avvenuti in centro e per l'acquisto degli oggetti antichi, Qwilleran sminuzzò frettolosamente del corned-beef per i siamesi. Quella carne salata sembrava provocare in loro un'eccitazione particolare. I due ispezionarono la cesta posata sul tavolino, l'intreccio che sì rifletteva sulla superficie bianca all'interno, formando un netto disegno in verticale.
«Noi non morderemo questa cesta!» li avvertì Qwilleran. «Apparteneva alla signora Cobb. Ricordate la signora Cobb? Vi preparava sempre il polpettone. La sua cesta merita tutto il vostro rispetto.»
Koko la annusò e si allontanò con l'atteggiamento tediato del gatto che ha annusato ceste migliori. Yum Yum invece provò a entrarci e trovò che le andava perfetta di misura. Vi si accoccolò e posò il mento sul bordo: il ritratto della soddisfazione.
Qwilleran raggiunse in macchina Gingerbread Alley, dove trovò Polly pronta ma in apprensione all'idea di dover uscire. «So che è stupido sentirsi così, ma non ci posso fare niente» disse in tono di scusa.
«Dopo il primo giro attorno all'isolato vorrai subito ripartire per il secondo» le predisse lui, porgendole i fiori.
«Margherite!» esclamò Polly. «I volti sorridenti della natura. Mi rende sempre felice guardarle. Grazie, tesoro!» Le infilò con noncuranza in un vaso basso e quadrato di spesso vetro verde attraverso il quale si vedevano gli steli che si incrociavano fra loro. «Le margherite si dispongono da sole nei vasi, non occorre sistemarle.»
Qwilleran notò un grosso vaso di crisantemi nell'atrio. «Un colore insolito» osservò.
«Si chiamano Borgogna d'annata. Li ha mandati il dottor Preligate. Non ti sembra un gesto premuroso?»
Lui sbuffò. Tempo prima Polly aveva considerato quel tizio bello, affascinante, intellettuale. Adesso era anche premuroso. Ovviamente Preligate stava cercando di convincere Polly a non lasciare il suo appartamento al campus... Una ragione in più perché lei si trasferisse all'Indian Village.
Si incamminarono lentamente per la strada tenendosi per mano.
«I vicini ci staranno sicuramente guardando e cominceranno a spettegolare» gli disse. «A Pickax tenersi per mano equivale ad annunciare il proprio fidanzamento.»
«Bene!» esclamò il giornalista. «Questo darà loro qualcos'altro a cui pensare, oltre alla bomba all'albergo.»
Continuò a parlare quasi sempre lui, per darle modo di concentrarsi sulla respirazione e sulla posizione del corpo. Le raccontò dell'intervista ad Aubrey e dei misteri riguardanti la produzione del miele. «Quel tal poeta ci ha proprio azzeccato quando ha scritto del "ronzio di innumerevoli api..."»
«Quel poeta era Tennyson» precisò Polly. «Un perfetto esempio di onomatopea.»
«Con questa parola una volta ho vinto un premio a scuola per averla compitata correttamente. Il premio era un dizionario. Io avrei preferito un libro sul baseball.»
«Come stanno Koko e Yum Yum?»
«Benissimo. Sto leggendo a entrambi il teatro greco... al momento sono fermo ad Aristofane. Amano molto Gli uccelli. Per divertirci, Koko e io giochiamo a chi resiste più a lungo senza sbattere le palpebre. Ci fissiamo e il primo che chiude gli occhi fa penitenza. Vince sempre lui e io gli do un pezzetto di formaggio.»
«Zampotto non mi guarda mai negli occhi» disse Polly. «È molto affettuoso, ma il contatto visivo lo disturba.»
La passeggiata fu più terapeutica che mondana. E Polly fu ben contenta di tornare sulla sua poltrona nel soggiorno in stile vittoriano. Lynette era indaffarata in cucina, dove stava preparando una cena a base di spaghetti per il nuovo viceparroco della loro chiesa. Qwilleran fu invitato a fare da quarto ospite, ma rifiutò perché doveva vedere Dwight Somers da Tipsy.
In attesa di recarsi all'appuntamento, tornò a casa e lesse un po' di Aristofane ai siamesi. «Vi rendete conto» chiese loro «che siete due dei pochi gatti del mondo occidentale che ricevono un'istruzione classica?» A entrambi piaceva la parte in cui si parlava di Nubicuculia, dove gli uccelli avevano costruito una città in cielo. Lui abbellì il testo imitando i versi dei volatili mentre leggeva delle trentamila gru schiamazzanti che portavano le pietre dall'Africa, dei chiurli che le sagomavano a colpi di becco, delle allodole che mischiavano la malta, delle anatre con le zampe simili a palette che si occupavano del lavoro di muratura e dei picchi carpentieri. Yum Yum faceva le fusa e Koko sembrava molto eccitato.
La taverna di Tipsy a North Kennebeck era un posto di ristoro in un ampio capanno di tronchi, con mobili in stile rustico, indaffaratissime cameriere di mezza età, clientela rumorosa, e godeva fama di servire buone bistecche. Dwight ordinò un bicchiere dì vino rosso mentre Qwilleran beveva la sua solita acqua Squunk.
«Ti piace davvero quella roba?» gli domandò Dwight. «Io non l'ho mai assaggiata.»
«È un sapore che si impara ad apprezzare col tempo.» Qwilleran osservò il bicchiere controluce, poi lo annusò. «Il colore dovrebbe essere cristallino e il bouquet dovrebbe suggerire il delicato profumo di terra bagnata.» Prese a sorseggiare l'acqua. «Il gusto è un'armoniosa mistura di argille e creta, con sfumature di quarzo e retrogusto di... fango.»
«Ti stai arrampicando sugli specchi» ribatté il suo compagno di tavolo.
Parlarono per lo più dei progetti per la Fiera gastronomica. La bomba aveva inferto un duro colpo al morale di quelli che abitavano nel centro città, ma Dwight aveva risollevato gli spiriti con una pubblicità accattivante nella sua stravaganza, tanto da ridare ottimismo ai commercianti. Questo era l'aspetto promozionale della Fiera. Ma non era tutto. «La Fondazione K teme di essere vista come un eterno Babbo Natale. Per questo stanno incoraggiando la comunità a raccogliere fondi per beneficenza. Ci sarà un'asta alla quale parteciperanno personaggi famosi, e poi la corsa ciclistica, la gara gastronomica eccetera. Il ricavato sarà distribuito quest'inverno alle persone indigenti per le quali sarà più dura del solito a causa dello scandalo finanziario che ha travolto Sawdust City.»
«Chi sono i personaggi famosi presenti all'asta?» chiese Qwilleran.
«L'idea è di invitare cinque celibi e cinque nubili. In alcuni casi la combinazione includerà anche un dono. Gli oggetti messi all'asta sono stati regalati dai commercianti, dai ristoratori e da varie altre ditte. Il pubblico pagherà un biglietto d'ingresso abbastanza alto da scoraggiare quelli che vengono solo per guardare. E porterà un incasso di almeno duemila dollari.»
«Chi è il banditore?»
«L'Astuto Fred, e chi altro potrebbe farlo se non lui? Ci ha offerto i suoi servigi e tu sai quanto è in gamba. La gente si divertirà moltissimo. Questo è l'elenco di quanto sarà posto all'asta.» Porse all'amico uno stampato.
1. Cena e ballo al Purple Pointboat Club con Gregory Blythe, consulente finanziario e sindaco di Pickax.
2. Trasporto in limousine a Lockmaster per una cena raffinata al Palomino Paddock, locale a cinque stelle, con l'architetto d'interni Fran Brodie.
3. Ritratto eseguito da John Bushland nel proprio studio e merenda-picnic a bordo del suo cabinato, servizio fornito dal Nasty Pasty.
4. Abito da cocktail della boutique Aurora e cena al Northern Lights Hotel con Wetherby Goode, meteorologo della stazione radio WPKX.
5. Una gita in barca sul lago attorno alle isole e cena al club esclusivo Grand Island con Elizabeth Hart, trasferitasi qui di recente da Chicago.
6. Un pomeriggio a cavallo su mulattiera privata e cena da Tipsy con la dottoressa Diane Lanspeak.
7. Un giro in motocicletta della contea e una grigliata all'aperto nel Parco dello Stato con Derek Cuttlebrink, ex chef al Vecchio Mulino di Pietra.
8. Un pomeriggio sul bordo della piscina del Country Club e cena nel gazebo del club con Hixie Rice, vicedirettore del "Moose County Something".
9. Cena con servizio buffet e concerto rock allo Hot Spot con Jennifer Olsen, la più giovane prima attrice del Club del teatro.
Qwilleran scorse l'elenco, quindi annuì un paio di volte.
Dwight chiese: «Che impressione ti fa? Abbiamo messo tutto? Abbiamo incluso Derek e Jennifer per attirare anche i giovani. Ci aspettiamo l'arrivo in massa delle fanatiche ammiratrici di Derek.»
«Lui non è un ex chef del Vecchio Mulino di Pietra» puntualizzò il giornalista. «È un ex autista di pullman che ha passato due mesi in cucina a mescolare cavolo cappuccio per le insalate. Alle ragazze piace perché è alto un metro e novanta e fa l'attore.»
Dwight stava annotando la rettifica. «Ho preso nota. Altri commenti?»
«Tutto il resto mi sembra che vada bene. È risaputo che Elizabeth Hart gode di un fondo fiduciario che vale milioni. Questo farà salire le offerte. Greg Blythe porterà a cifre molto elevate. Gli offerenti si aspetteranno di ricevere qualche buona soffiata sugli investimenti più interessanti, oltre che mangiare al club nautico il Cajun Suprème, in realtà una semplice carpa.»
«Come ti sembra l'offerta abbinata alla dottoressa Diane?»
«È una donna piacevole e intelligente e a tutti piacciono le bistecche di Tipsy, ma non a tutti interessa l'equitazione. È permesso fare delle sostituzioni?»
«Intendi dire una serie completa di analisi del sangue o un elettrocardiogramma? Ne dubito, ma, dato che pubblicizziamo l'asta a Lockmaster, verranno tutti gli appassionati di cavalli e faranno le loro offerte.»
A questo punto Qwilleran esclamò: «Aspetta un momento... su questo elenco ci sono solo nove nomi!»
«Proprio per questo stasera ti ho invitato a cena» disse Dwight in tono furbesco. «Guarda il numero 10: trucco del viso e messinpiega al salone di Brenda, quindi cena al Vecchio Mulino di Pietra con il popolare giornalista Jim Qwilleran.»
Il popolare giornalista tossicchiò innervosito.
«Da queste parti, Qwill, tu sei un mito per il tuo talento, i tuoi soldi, i tuoi baffi. Le donne offriranno cifre altissime per averti. La gente che frequenta le aste si accapiglierebbe per mangiare un piatto di tonno in umido all'albergo dov'è scoppiata la bomba pur di stare in compagnia con lo scapolo più ricco del nordest degli Stati Uniti. Anche Fran Brodie attirerà molto interesse. Lei è un'amabile incantatrice. I prezzi del Palomino Paddock sono volutamente alti e la limousine sarà guidata dal proprietario dell'emporio, che porterà un berretto da autista.»
Qwilleran annuì divertito. «È il pezzo forte preferito di Larry. Chi vi dà la limousine?»
«I fratelli Dingleberry, purché non abbiano qualche funerale fuori città.»
Quando arrivarono le bistecche, Qwilleran ebbe tempo di riflettere. In effetti quell'avventura avrebbe costituito un buon materiale per la sua rubrica. Gli articoli bisettimanali richiedevano costantemente tempo e attenzione e i lettori continuavano a chiedere che ne uscissero tre alla settimana. In una città con milioni di abitanti come Giù in Basso sarebbe stato facile, ma la contea di Moose offriva pochissime possibilità di spaziare sugli argomenti. Alla fine disse: «Spero che non ci costringeranno a stare impalati davanti al pubblico come criminali sospetti schierati in fila per il riconoscimento.»
«Niente del genere» lo rassicurò Dwight. «Abbiamo affittato il salone delle scuole superiori e c'è una stanza verde dove i personaggi famosi possono starsene seduti e seguire l'evolversi degli eventi dagli altoparlanti. Sul palcoscenico ci sarà l'ingrandimento di una foto di ogni celebrità, che ci ha cortesemente regalato Bushy. Quando l'asta si sarà conclusa i vincitori e i personaggi famosi si incontreranno sul palcoscenico e si stringeranno la mano... probabilmente tra applausi, ovazioni e urla.»
«Sono contento che me lo abbia spiegato, Dwight, perché almeno avrò il tempo di scomparire tra le montagne del Perù prima della sera dell'asta.» Ma stava solo scherzando. «Inutile che mi congratuli con te, Dwight, per il modo in cui gestisci questa faccenda della Fiera... e non solo perché mi offri una bistecca.»
«Be', grazie, Qwill. È stato molto impegnativo. C'è una sola cosa che mi preoccupa: l'esplosione all'albergo non sarebbe potuta avvenire in un momento peggiore. Dà alla Fiera una pessima immagine. Continuo a chiedermi se per caso non ci sia qualcuno nella contea che si oppone ai nostri festeggiamenti. Oggigiorno esistono fazioni dappertutto, ma chi potrebbe immaginarsi che ne esista una anti-cibo?»
«Ci sono sempre dei matti tra noi che si nascondono dietro gli alberi, che sbirciano appostandosi agli angoli, che girano travestiti e che tramano nell'ombra per mettere in atto i loro stupidi intrighi.»
Quando arrivò a casa era calata l'oscurità. I fari della sua macchina illuminavano la cucina dove un gatto frenetico saltava come impazzito, graffiando il telaio delle finestre. I vetri chiusi non consentivano di udire i suoi lamenti. Qwilleran scese di corsa dall'auto, si precipitò alla porta di servizio e armeggiò nervosamente con la chiave. In cucina accese la luce e subito vide Koko avventarsi verso la zona soggiorno. Lo seguì. Lì, sul tappeto, Yum Yum sembrava in preda alle convulsioni. Scalciava con le quattro zampe, si agitava freneticamente. La sua testolina si era incastrata in uno dei fori della cesta da formaggio. Più si dibatteva in quel cappio e più il suo panico aumentava.
Anche Qwilleran provò un moto di panico. Urlò il suo nome e cercò di afferrarla, ma lei gli guizzava via dalle mani. Si inginocchiò e tenne ferma con forza la cesta con una mano, benché vi fosse il rischio di fare del male alla bestiola. Con l'altra le bloccò i fianchi che sussultavano convulsamente e le strinse il corpicino fra le ginocchia. Come avrebbe potuto tirarle fuori la testa senza ferirle le orecchie vellutate? Sembrava impossibile. Ma per quanto incredibile potesse apparire, Yum Yum si rese conto che lui stava cercando di aiutarla e si immobilizzò di colpo. Mormorandole parole rassicuranti, con la mano libera spaccò l'uno dopo l'altro i bastoncini di vimini della cesta fino a quando non riuscì a liberarle il muso da quella trappola.
Lei deglutì a varie riprese mentre Qwilleran, stringendosela al petto, le accarezzava le orecchie sussurrandole paroline dolci. Di lì a qualche minuto Yum Yum gli scivolò via dalle braccia, prese a leccarsi un ciuffo di peli sul petto, si scrollò tutta e andò in cucina a bere un po' d'acqua.
8
In Park Circle, domenica mattina, le campane della chiesa presero a suonare. Si udivano i rintocchi sonori di quelle della Vecchia Chiesa di Pietra e l'eco metallica di quelle della Piccola Chiesa di Pietra.
Poco prima nel corso della mattinata Qwilleran aveva ricevuto una telefonata da Carol Lanspeak, che abitava nell'elegante quartiere di West Middle Hummock. Lei e Larry venivano in città ogni domenica e portavano fiori dei loro giardini, che offrivano al più grande, al più vecchio e al più maestoso dei due luoghi di culto. Questa volta sarebbero arrivati in compagnia di una coppia appena giunta da Giù in Basso, J. Willard Carmichael e sua moglie Danielle.
«È il nuovo presidente della Banca Popolare di Pickax. Un uomo dall'aspetto distinto e una persona molto attiva» gli spiegò Carol. «Sua moglie è molto più giovane e un pochino... be'... vistosa, ma è una brava persona. Lui è al secondo matrimonio. Ho pensato che ti farebbe piacere conoscerlo, Qwill. Entrambi muoiono dalla voglia di vedere il tuo granaio ristrutturato.»
Qwilleran ascoltava pazientemente, in attesa che venisse al dunque.
«Ti disturbiamo se passiamo da te dopo la funzione religiosa, solo per pochi minuti?»
Non avrebbe mai potuto dire di no ai Lanspeak, una coppia simpatica. Non solo erano i proprietari dei grandi magazzini, ma anche sostenitori entusiasti di qualsiasi iniziativa venisse decisa a favore della comunità. «Vi farò trovare il caffè caldo» le rispose.
«Allora non lo prenderemo in chiesa. Saremo da te verso mezzogiorno. In ogni caso il tuo caffè è migliore, un po' forte ma sicuramente migliore.»
Il fatto che le piacesse il caffè di Qwilleran le rendeva onore. Alcuni dei migliori amici del giornalista facevano osservazioni poco gentili dichiarando che il suo caffè era una bomba. In realtà, come aveva detto Carol, era solo forte!
Rivolto ai siamesi, disse: «Voglio che voi due vi comportiate al meglio. Verranno a trovarci dei signori di città. Cercate di non apparire degli zotici di campagna. Non sfilate niente dalle loro tasche. Non azzardatevi a slacciare le stringhe delle loro scarpe. Non fate a botte tra voi.» I due ascoltavano con espressione grave: Koko con quella sua aria elegantemente aristocratica e Yum Yum con quel suo sguardo dolcissimo, apparentemente incapace di qualsiasi nefandezza.
Quando l'automobile dei Lanspeak si fermò nella zona parcheggio, Qwilleran azionò la caffettiera e diede ai visitatori qualche minuto di tempo per ammirare la facciata prima di andare incontro ad accoglierli. Gli furono presentati Willard e Danielle, di Detroit.
«In realtà di Grosse Point» specificò la donna.
Qwilleran notò che avevano un'allure metropolitana. Risultava evidente dai loro modi affabili, dai loro abiti raffinati, dal loro linguaggio forbito e dalla loro parlata sciolta. Li invitò a entrare.
«Ti abbiamo portato un po' di fiori dal nostro giardino» disse Carol. «Larry, ti spiace andare a prenderli nel portabagagli?»
Era un vaso di crisantemi in piena fioritura.
«Grazie, è un colore insolito» commentò Qwilleran.
«Borgogna d'annata» gli spiegò lei.
In casa vi furono le solite esclamazioni di stupore da parte dei nuovi arrivati alla vista dei soppalchi, delle rampe di scale, delle travi a vista e dell'enorme cubo bianco che costituiva il camino. Da lì i siamesi guardavano gli ospiti e i loro baffi esprimevano sconcerto.
«Che belle creature!» esclamò Willard. «Quando ci saremo sistemati definitivamente mi piacerebbe prendere una coppia di siamesi. C'è qualche negozio di animali?»
«C'è un allevatore a Lockmaster» rispose il giornalista senza eccessivo entusiasmo. Si riferiva all'amica di Polly che aveva immesso nella sua pacifica routine di scapolo il bellicoso Zampotto.
Danielle, che era rimasta in silenzio ad ammirare i famosi baffi del padrone di casa, disse: «Io preferirei un cercoletto, hanno occhi sexy e un pelo che sembra fatto di piume.»
La sua voce era piuttosto infantile e a Qwilleran ricordò i primi film del sonoro. Gli altri la fissarono in un silenzio, che fu interrotto dal giornalista. «Vogliamo prendere il caffè nel soggiorno?» Mentre serviva gli ospiti, si diceva che Danielle non rispondeva affatto all'idea che gli abitanti della contea di Moose avevano della moglie di un banchiere, e nemmeno di una pia donna: il suo vestito era troppo corto, i tacchi delle sue scarpe troppo alti. Tutto in lei era studiato per essere seduttivo: il suo comportamento, le occhiate che lanciava e il modo un po' strascicato di parlare, gli orecchini pendenti a forma di dischetti infilati l'uno nell'altro, che tintinnavano e lampeggiavano a ogni movimento.
«Che cosa vi ha portato in questi boschi del nord?» chiese il giornalista.
Il marito, che doveva essere sui cinquant'anni, rispose: «Ho raggiunto quello stadio della maturità in cui si apprezzano i valori della vita in campagna. Danielle continua a girarsi indietro come la moglie di Lot, ma si abituerà... vero, tesoro?»
"Tesoro" rimase in un silenzio significativo che Qwilleran infranse chiedendole qual era stata la sua prima impressione di Pickax.
«Be', è "diverso". Tutti quei contadini, quei camioncini... e nemmeno un centro commerciale. Dove va la gente per le compere?»
Qwilleran guardò i Lanspeak che sorridevano imbarazzati. «In centro» disse «c'è un ottimo emporio e un vero e proprio assortimento di negozi di delicatessen. Siamo gente tradizionale, ci piace l'idea di andare a fare acquisti in centro.»
Il banchiere commentò: «Sorprende che a quelli di Giù in Basso non sia venuto in mente di aprire qualche centro commerciale in questa contea. Tra qui e la riva del lago c'è moltissimo terreno edificabile.»
Qwilleran pensò che quell'uomo era pericoloso. «Quei terreni appartenevano alla ricca famiglia Klingenschoen e ora sono affidati alla Fondazione che porta il suo nome, impegnata a conservarli perennemente nel loro stato naturale.»
«A me non va, io adoro i centri commerciali» si intromise Danielle. «Prima di sposare Willard vivevo a Baltimora.»
«Ah, la città degli Orioles. Lei è una patita di baseball?» le domandò il giornalista.
«No, il football è più eccitante.»
Carol intervenne: «Danielle ha esperienza di teatro e noi speriamo di convincerla a entrare a far parte del nostro Club del teatro.»
Certo, pensò Qwilleran, avrebbe potuto recitare la parte di Lola in Maledetti Yankees. «Dove abitate?»
«All'Indian Village, fino a che la nostra casa non sarà pronta. Abbiamo acquistato casa Fitch in West Middle Hummock, nel quartiere nuovo. Io adoro lo stile moderno della sua, signor Qwilleran. È molto eccitante!»
«Grazie, ma tutto il merito è di Fran Brodie, un'arredatrice che lavora allo studio di Amanda, in centro.»
«Voglio assolutamente conoscerla. La nostra casa ha bisogno di essere ristrutturata. È rimasta disabitata per tre anni. È buffo, era stata costruita per un altro banchiere, che però è morto.»
Qwilleran pensò: "Per tua informazione, tesoro, è stato ucciso..."
Il tono stridulo della voce della donna disturbava i siamesi, che erano sempre in cima al cubo bianco e stavano diventando irrequieti. Anche Carol sembrava sul punto di reagire alla tensione che aleggiava nell'aria e alle occhiate focose che Danielle lanciava a Qwilleran. Disse: «Qwill, volevo chiederti notizie di Polly.» Si rivolse ai Carmichael: «Polly Duncan è una persona affascinante e presto o tardi la conoscerete. Dirige la biblioteca pubblica di Pickax. Al momento è in convalescenza dopo un intervento chirurgico. Quanto le ci vorrà ancora per tornare in circolazione?»
«Pochissimo, io la accompagno tutti i giorni a camminare.»
«Portala a prendere un tè alla Pasticceria scozzese: lei adora i biscotti e i panini al cetriolo.»
In cima al cubo l'attività stava aumentando: Koko si eresse e si stiracchiò, poi balzò sul tappeto marocchino che delimitava la zona soggiorno. Yum Yum lo seguì, e, mentre studiava i piedi del banchiere alla ricerca delle stringhe, il suo compagno si diresse lentamente verso Danielle con mire subdole. La donna stava seduta con le gambe elegantemente accavallate e Koko prese ad annusare i suoi sandali dai tacchi alti, come se la loro proprietaria avesse una brutta malattia alle estremità o avesse calpestato qualcosa di sgradevole. Arricciò il naso e mostrò i denti.
«Scusatemi un momento» esclamò il giornalista, e afferrati i due gatti li rinchiuse nello sgabuzzino delle scope, l'unico luogo di detenzione al pianoterra.
Quando ebbe di nuovo raggiunto gli ospiti, Larry disse: «Vorremmo parlare di una cosa con te, Qwill. Il recente dissesto finanziario di Sawdust City lascerà centinaia di famiglie e di pensionati senza alcuna speranza di passare un Natale decoroso! Il Country Club sta raccogliendo fondi per l'acquisto di cibo, giocattoli e vestiario per loro. Noi stiamo progettando una serata di beneficenza dove offriamo assaggi di formaggi vari. Ne avrai sentito parlare. Il Mangia e Bevi fornirà formaggio e punch a prezzo di costo e i due proprietari forniranno il servizio di catering.»
Un alto miagolio provenne dallo sgabuzzino non appena Koko udì la magica parola familiare.
«Ci stavamo chiedendo quanto far pagare i biglietti quando il nostro genio della finanza ha avuto un'idea brillante. Spiegagliela, Willard.»
«Non c'era bisogno di un genio della finanza per pensarci» rispose il banchiere. «Meno costeranno i biglietti, più se ne venderanno e più formaggio consumeranno gli acquirenti. È meglio chiedere un prezzo più alto per attirare meno gente. Il guadagno sarà lo stesso, ma i costi saranno inferiori. In fin dei conti, si fa questo per raccogliere fondi che andranno in beneficenza, non per vendere grandi quantità di formaggio.»
Dallo sgabuzzino delle scope si udì un'altra serie di miagolii.
Larry disse: «Avevamo pensato di tener la serata nel salone del municipio, ma poi alla mia cara mogliettina è venuta un'altra idea. Digliela, Carol.»
«D'accordo. Potremmo aumentare il prezzo dei biglietti se tenessimo la vendita di formaggi in un luogo raffinato e selezionato. C'è gente nella contea di Moose che darebbe un braccio o una gamba per vedere la tua casa, Qwill, soprattutto di sera con le luci accese. È incantevole!»
«Si potrebbero chiedere cento dollari a biglietto» ipotizzò il banchiere.
Qwilleran si disse che la Fondazione K avrebbe potuto firmare un assegno per finanziare tutte le spese natalizie di beneficenza, ma era del parere che fosse importante per la comunità essere coinvolta nella cosa. «Perché non far pagare duecento dollari e limitare il numero degli invitati? Più alto è il prezzo, più ridotto sarà l'elenco delle persone e più esclusiva la serata.»
E dentro di sé pensò che questo avrebbe anche danneggiato meno la moquette bianca.
«Se siete d'accordo» propose Willard «perché non rendere obbligatorio lo smoking? E portare il prezzo a trecento dollari?»
«In questo caso» dichiarò Larry «dovremmo offrire più punch, preparandone anche alcune caraffe a maggior contenuto alcolico.»
Dal bugigattolo pervennero di nuovo colpi e tonfi e uno schianto mirato ad attirare l'attenzione.
«Sarà meglio andare» disse Carol. «Così i delinquenti potranno finalmente uscire dal carcere.»
Qwilleran ricevette calorosi ringraziamenti per la sua ospitalità, la sua generosità e per aver messo a disposizione la propria casa. «È stato un piacere per me» si schermì.
Larry lo prese in disparte mentre si dirigevano verso la macchina: «La Camera di commercio ha formato un comitato ad hoc per investigare su quale sarà il futuro dell'albergo. Non possiamo permettere che uno degli edifici più notevoli della città sembri una catapecchia. Inoltre, il municipio ha bisogno di una sede decente. Il proprietario dell'albergo è in ospedale, forse moribondo, la società che si occupa dei suoi affari a Lockmaster è di dubbia professionalità e, diciamo la verità, non precisamente onesta. Il comitato si recherà a Chicago per chiedere alla Fondazione K di acquistare l'albergo dal proprietario o da chi ne gestisce gli affari. Spero che approverai.»
«Ottima idea. Ma per quanto riguarda la ristrutturazione dell'albergo non vogliamo che gli architetti di Chicago vengano qui a dirci che cosa dobbiamo fare.»
Mentre gli ospiti si accomiatavano da lui, Carol mormorò: «La scena di Koko che annusava le scarpe è stata un vero spasso!»
Il banchiere disse: «Pranziamo insieme una volta o l'altra, Qwill.»
La moglie del banchiere aggiunse: «Adoro i suoi baffi!»
Dopo che i quattro se ne furono andati, Qwilleran liberò i siamesi, ora composti, dallo sgabuzzino in cui bottiglie di plastica, scope e altri oggetti per la pulizia erano stati scaraventati giù da ganci e ripiani. Rifletté che i gatti avevano un modo semplice ed efficace di comunicare: avevano inventato la disobbedienza civile. Quanto all'impudente comportamento di Koko con le scarpe di Danielle, forse si trattava di uno dei suoi soliti scherzi. Però poteva anche essere il segno di uno scontro di personalità.
Più tardi nello stesso pomeriggio, Qwilleran si recò in macchina all'allevamento di capre. Rammentava quanto era stato squallido in passato quel luogo che adesso veniva considerato storico.
L'edificio, con le intelaiature in legno in stile vittoriano, era stato verniciato di fresco in due tonalità piuttosto stridenti di color mostarda, smorzato dal verde del prato ben curato e da una staccionata di assi verticali. Una targa di bronzo riportava la storia della fattoria creata dal comandante Fugtree, un eroe della Guerra civile. Di recente altre strutture erano state aggiunte. Le bestie brucavano nei pascoli e sul vialetto laterale d'accesso era fermo un furgone nuovo.
L'ex portiere d'albergo e direttore del museo gli venne incontro. Aveva l'aria dell'uomo nato e cresciuto lì. «A Kristi spiacerà non averti visto. È andata nel Kansas per presentare al concorso una delle sue caprette di razza pregiata.»
Qwilleran si complimentò con lui per la fattoria e chiese di che razza fossero i cani pelosi che stavano nel pascolo insieme con le capre.
«È una razza ungherese di cane pastore» gli spiegò Mitch. «Hai notato la differenza del nuovo gregge? Ora alleviamo capre che danno un latte migliore con il quale produrremo formaggi migliori. Al momento ne abbiamo duecento.»
«Kristi continua a dare un nome a ciascuna?»
«Ma certo... Nomi tipo Mirtillo, Luce Lunare, Rubino e così via... e quando le chiami con il loro nome rispondono. Le capre sono intelligenti e anche molto socievoli.»
Si stavano dirigendo verso un capannone grande, nuovo ma improntato a una rusticità antica che si accordava con il paesaggio. Alcune caprette di razza e di colori diversi, in cordiale armonia tra loro, stavano giocando e divertendosi come se quello fosse un luogo turistico. Delle galline si aggiravano becchettando qua e là attorno a un paziente danese gigante. Un gatto pezzato sonnecchiava sul davanzale. Qwilleran scattò qualche foto. Due caprette sfregarono il muso contro la sua mano e gli si appoggiarono alle gambe mentre un capretto cercava di mordicchiargli il blocco degli appunti. Si trovavano nel recinto da dove le capre, a quattordici per volta, sarebbero passate nel mungitoio.
Il resto del capannone aveva pareti bianche, pavimenti di cemento che venivano lavati con getti d'acqua due volte al giorno, vasche, tinozze e termometri computerizzati. Lì il latte veniva raffreddato, pastorizzato, dopodiché si aggiungevano fermenti lattici ed enzimi. In seguito il caglio veniva immesso nelle forme. Era la tradizione agricola francese secondo la quale si faceva il formaggio usando latte prodotto sul posto.
«Sembra che ci sia un mucchio di lavoro da sbrigare» osservò Qwilleran.
«Richiede molta mano d'opera, questo è certo» rispose Mitch. «È impegnativo nutrire e allevare le capre, mungerne duecento due volte al giorno e in più fare il formaggio. Ma ti assicuro che allevarle dà molta gioia e ti dirò una cosa: è più facile andare d'accordo con loro che con i volontari del museo. I vecchi non hanno mandato giù il fatto che arrivasse un uomo giovane con nuove idee... Vuoi venire in casa ad assaggiare un po' di formaggio?»
Andarono a sedersi in cucina e provarono il formaggio di capra della fattoria: bianco, morbido ma non troppo, non stagionato. Mitch disse: «È favoloso anche per la cucina. Io conosco la ricetta di un sugo per le fettuccine che batte di gran lunga quello che servono da Alfredo.»
«Hai l'aria di essere un cuoco provetto» commentò Qwilleran.
«Direi di sì. È sempre stato il mio hobby. Collezionavo libri di cucina ancor prima di comperarmi una padella. Io cucino più di Kristi.»
«Vede ancora i fantasmi quando ci sono i temporali?»
«No. La casa non è più così spettrale, da quando sono state ridipinte le pareti e ci siamo liberati di tutta quella roba ingombrante. Stiamo progettando di sposarci, Qwill.»
«Buon per voi!» Era la solita reazione ambigua di Qwilleran agli annunci di quel tipo. «Tra l'altro, ti ricordi il clamore che c'è stato per la scomparsa di quel libro di cucina di Iris Cobb?»
«Certo che me lo ricordo. Io avevo pensato che fosse stato sottratto da uno dei volontari al museo. E avevo anche un mezza idea di chi potesse essere. Ma sarebbe stato imbarazzante lanciare accuse senza avere le prove.»
Qwilleran tornò a casa con una gran varietà di formaggi: all'aneto, all'aglio, al pepe nero, alle erbe, oltre alla Feta. Durante il tragitto aveva riflettuto sul destino del libro di ricette di Iris Cobb. Se fosse riuscito a recuperarlo, avrebbe chiesto alla Fondazione K di pubblicarlo e di metterlo in vendita. Il ricavo sarebbe stato destinato a un'opera commemorativa in ricordo di Iris Cobb. Riusciva a immaginare un corso di alta cucina da tenersi al college, frequentato da studenti venuti da ogni parte del paese a specializzarsi per poi essere assunti da ristoranti a cinque stelle. Che magnifico omaggio sarebbe stato alla memoria di quella donna modesta e meritevole. L'Istituto di arte culinaria Iris Cobb!
Naturalmente la sua speranza di recuperare il libro era illusoria. Chiunque lo avesse sottratto probabilmente lo aveva distrutto dopo aver organizzato festini preparati in base alle ricette migliori di Iris. Tutti pensavano che il colpevole fosse uno dei volontari che lavoravano al museo. Nessuno aveva mai accennato alla possibilità che potesse averlo preso lo stesso direttore del museo.
9
Il lunedì mattina le campane elettroniche della Piccola Chiesa di Pietra rintoccarono cupamente mentre centinaia di persone affluivano per partecipare al servizio funebre per Anna-Marie Toms. Molti non la conoscevano, ma era usanza della contea di Moose presenziare ai funerali per motivi diversi: curiosità, un tetro desiderio di partecipazione, oppure unicamente per avere qualcosa di cui parlare durante tutta la settimana successiva. Qwilleran si recò a piedi a Park Circle per vedere che cosa stava succedendo. L'ingorgo stradale era tale che la polizia locale non era in grado di far nulla. Per questo era stata affiancata da agenti della polizia dello Stato.
La chiesa era sovraffollata. Curiosi si assiepavano nei prati circostanti e gremivano il parco circolare che divideva la strada principale dalla città, in vie secondarie che andavano in direzione nord o in direzione sud. Tra tutti costoro a Qwilleran parve riconoscere gli agenti investigativi in borghese dell'SBI.
Aveva portato con sé la macchina fotografica e scattò due foto per mostrarle a Polly. Un agente gli chiese i documenti. I fotografi del "Moose County Something" e del "Lockmaster Ledger" si stavano dando da fare. I giornali del pomeriggio avrebbero pubblicato il primo servizio sull'esplosione del venerdì e sarebbero andati a ruba.
Da lì Qwilleran si recò in redazione per consegnare il suo articolo del martedì. Disse a Junior Goodwinter: «Ho visto Roger e Bushy al servizio funebre. C'erano anche quelli del "Ledger".»
«Sì, abbiamo dato molto rilievo a questa faccenda. Ma vuoi sapere una cosa? Non ci crederai, Qwill. Franklin Pickett, il fiorista, è venuto qui un'ora fa per farci una proposta. È lui che ha venduto i fiori all'uomo che è sospettato di aver messo la bomba e voleva che noi lo pagassimo in cambio di ciò che avrebbe detto. Gli ho risposto "no grazie" e gli ho suggerito di provare con il "Ledger".» Junior scoppiò a ridere. «Gli ho dato persino l'indirizzo e gli ho suggerito anche di chiedere del redattore che visiona il materiale da pubblicare a pagamento. Si è annotato tutto.»
«Hai un senso dell'umorismo molto perverso» commentò Qwilleran.
«Be', sai benissimo che quelli del "Ledger" ci mandano tutti i loro rifiuti. Ci hanno spedito qui quel tizio che aveva il maiale parlante subito dopo che avevamo messo la moquette in redazione!»
Qwilleran ridacchiò a quel ricordo. «Allora, che cosa mettete in prima pagina, Junior?»
«Come al solito la polizia ci ha passato pochissime notizie. Ma abbiamo molto materiale grazie alle interviste fatte per strada alla gente, abbiamo fotografie e un identikit della persona indiziata elaborato al computer in base alla descrizione dei testimoni. Ce lo ha fornito l'SBI. È un uomo bianco, sui quaranta, senza barba né baffi. Quindi, questo ti toglie dalla lista dei sospetti.»
«Grazie, ero preoccupato.»
«Inoltre abbiamo un trafiletto sulla storia dell'albergo; ce l'ha dato il buon vecchio Homer. Adesso Jill è andata al servizio funebre per cercare di mettere insieme un articolo strappalacrime. Roger è corso all'ospedale nella speranza di ottenere un'intervista con Gustav Limburger. Ma quel vecchiaccio gli ha buttato addosso il pappagallo. Roger si è anche messo in contatto con la società che gestisce l'albergo, ma gli hanno risposto che non parlano con i media.»
«E la donna del mistero? La bomba non era stata piazzata nella sua stanza?»
«Sì. Si chiama Ona Dolman. Almeno questo è il nome con il quale si è registrata all'albergo. Però se l'è filata. Se ne è andata senza pagare il conto. Una cosa è certa: non tornerà per riprendersi le valigie. Ha dormito lì cinque notti senza tirare fuori un centesimo. Ha usato il nome di Ona Dolman anche all'autonoleggio, alla biblioteca e sui traveller's cheques. Non ci sono prove che abbia usato carte di credito o assegni di conto corrente personale... Come vedi, non abbiamo perso tempo. Tu che cos'hai fatto durante il fine settimana?»
«Ho cercato di racimolare un po' di materiale per la mia rubrica. Avete parlato con qualcuno del personale dell'albergo?»
«Abbiamo cercato di cavare qualcosa da Lenny, all'albergo, ma la polizia gli ha proibito di parlare. Secondo una delle cameriere, lo chef era in ottimi rapporti con Ona Dolman. Dopo l'esplosione si è rialzato da terra, ha preso i suoi coltelli e se l'è battuta. Probabilmente è tornato a Fall River nel Massachusetts. Forse sa qualcosa sulla Dolman che noialtri ignoriamo. Comunque la polizia lo controllerà. Francamente, io spero che rimanga a Fall River.»
Dopo aver parlato con Junior, Qwilleran fece il giro delle redazioni dove le sue visite bisettimanali erano sempre gradite. Voleva fare due chiacchiere con Arch Riker, ma era fuori a pranzo. Trovò invece Wilfred, il suo segretario, che gli disse: «È uscito da un paio d'ore, quindi dovrebbe tornare tra poco signor Q. Lei sponsorizza qualcuno per la maratona ciclistica?»
«Se tu partecipi alla corsa, sì. Io sostengo sempre quelli che vincono» gli rispose il giornalista, e firmò un tesserino verde in cui si impegnava a pagare un dollaro per chilometro.
Poi passò a ritirare le lettere dei suoi fan dalla segretaria dell'amministrazione, che teneva moltissimo a consegnargliele sempre di persona. Di lei conosceva solo il nome: Sarah. Era una donnina dai capelli grigio-acciaio, con lenti spesse, nubile. Junior l'aveva battezzata "la fan numero uno di Qwill". Ricordava a memoria interi brani della rubrica "Direttamente dalla Penna di Qwill" e in ufficio li citava spesso; sapeva come si chiamavano i suoi siamesi e per loro lavorava a maglia dei pupazzetti in lana intrecciata con erba gatta. Qwilleran trattava Sarah con una cortesia esagerata e subiva in silenzio le battute scherzose dei suoi colleghi per la sua storia d'amore in ufficio.
«Vuole che le apra io le buste, signor Q? Oggi sono poche.»
La donna teneva un registro in cui elencava tutti i suoi articoli suddivisi per argomenti, oltre alle lettere che glieli avevano ispirati. Sapeva che i suoi temi preferiti erano i gatti e il baseball.
«Sarah» le rimproverò in tono severo. «Se non la smette di chiamarmi signor Q perderà il lavoro. La condizione per lavorare qui è che io venga chiamato Qwill.»
«Ci proverò» rispose lei con un sorriso felice.
«E le sarei grato se mi aprisse le buste.»
Poi Hixie Rice gli fece un cenno dall'ufficio pubblicità. «Siediti» gli disse. «Dobbiamo discutere di un problema. Hai visto i trafiletti sul Forum del Cibo la settimana scorsa? Non abbiamo ottenuto nessun risultato, nemmeno uno.»
«Mi ricordo di averli visti, però mandami una copia per rinfrescarmi la memoria.»
Quegli annunci, più che notizie sembravano pubblicità:
ATTENZIONE CIBOVORI!
Avete qualche domanda sul cibo, sulla cucina, sull'alimentazione? Cercate una ricetta speciale? Vorreste offrirne una delle vostre? Avete qualche lamentela riguardo al cibo, ai negozi di alimentari o ai ristoranti?
IL FORUM DEL CIBO È QUELLO CHE FA PER VOI!
Mandateci le vostre domande, le vostre osservazioni, le vostre lagnanze e i vostri suggerimenti. Vogliamo sentirvi. Ogni giovedì pubblicheremo tutto nella rubrica "Il Forum del Cibo", nella pagina dedicata a questo argomento.
Hixie gli chiese: «C'è qualcosa che non va nei nostri lettori o c'è qualcosa che non va in noi?»
Qwilleran esaminò brevemente le domande. «Be', per prima cosa forse i nostri lettori non sanno che cosa sia un "cibovoro", o forse a loro non va di essere definiti così. Certo, non avete specificato che saranno pubblicati i loro nomi. Io direi che non devono aver capito bene di che cosa si tratta, oppure aspettano che qualcun altro dia il via. Qui non siamo Giù in Basso, qui siamo a seicento chilometri a nord di ogni dove.»
«Che cosa intendi dire, Qwill? Che dovremmo pubblicare una rubrica di lettere inventate sulla pagina che il giornale dedica al cibo?»
«Qualcosa del genere, per invogliare la gente a scrivere... Perché mi guardi in quel modo, Hixie? Vedo dalla tua faccia gioiosa che stai meditando qualcosa... vuoi chiedermi di inventarti un po' di queste lettere, vero?»
«Lo faresti, Qwill? Scriveresti alcune finte lettere con finte firme? Saresti perfetto.»
«Stai insinuando che la contraffazione è il mio forte? Ho sempre preferito lasciare questo genere di lavoro ai pubblicitari.»
«Oh, non mi importa. Colpiscimi pure quanto vuoi, ma fammi questo favore e te ne sarò grata in eterno. Il Forum del Cibo è stato una mia idea e mi dispiacerebbe moltissimo di vederla fallire.»
In quel momento furono interrotti da Wilfred: il principale era tornato, «D'accordo, Hixie, vedrò quello che posso fare» concluse Qwilleran.
«Non lasciarti sfuggire la notizia con nessuno, qui, chiaro?» lo mise in guardia lei.
«Non c'è problema. Ti manderò le lettere nascondendole in una scatola di cioccolatini.»
Era ancora in vena di scherzare quando raggiunse l'ufficio di Riker. «Sei stato a un altro pranzo con alti papaveri?» gli chiese. «Oppure si è trattato di una buona bevuta alla scozzese?»
Riker ribatté con una smorfia tediata: «Ho avuto un pranzo importante con il direttore del "Lockmaster Ledger".»
«Al Palomino Paddock? Chi ha pagato?»
Altra smorfia accigliata. «Il "Ledger" dà grande spazio alla storia della bomba. Entrambi riteniamo che la cosa riguardi le nostre due contee. Ci dividiamo le fonti di informazioni. Abbiamo anche discusso dell'ostilità e dei pregiudizi esistenti tra le due contee. Dovremmo lavorare uniti per raggiungere i medesimi obiettivi invece di continuare a criticarci l'un l'altro.»
«Non fraternizziamo troppo» commentò Qwilleran. «Criticare è il pepe della vita.»
«Visto che ti senti così in forma» ribatté Riker «che ne diresti di accettare un incarico extra... per un'emergenza?»
Il buonumore di Qwilleran si trasformò in circospezione. «E di che cosa si tratterebbe?»
«Mercoledì sera c'è l'inaugurazione del corso di cucina per uomini tenuto da Mildred. Ci sono state tantissime iscrizioni e dovremmo mandare un nostro giornalista per seguire l'avvenimento.»
«Perché non può farlo Roger? Ha il turno di notte, questa settimana.»
Roger MacGillivray era un cronista con incarichi generici ed era sposato con Sharon Hanstable, la figlia di Mildred.
«Sharon aiuta Mildred per le dimostrazioni pratiche del corso, quindi mercoledì sera Roger deve restare a casa per badare ai bambini» gli spiegò Riker, poi sul suo volto la solita espressione mite scomparve, sostituita da un lampo malizioso. «Comunque Roger potrebbe andare a fare il servizio e tu il baby sitter. Oppure ancora Sharon potrebbe restare a casa con i bambini e tu aiutare Mildred nelle dimostrazioni pratiche di cucina.»
Con voce burbera Qwilleran dichiarò: «Di' a Roger di stare pure a casa. A che ora comincia il corso e dove si tiene?»
«Alle 19.30 alle scuole superiori, nell'aula di economia domestica. Portati la macchina fotografica.»
«Qual è il termine di consegna dell'articolo?»
«Giovedì a mezzogiorno senza possibilità di deroga. Prima, se possibile.»
«Che cosa insegnerà Mildred ai suoi allievi? Come si tosta il pane?»
Riker ignorò la battuta. «La maggior parte degli uomini che si sono iscritti vogliono specializzarsi in qualche piatto particolare, per esempio le cotolette di maiale alla griglia o gli spaghetti al sugo. Se posso parlare per me, io sono bravissimo nella preparazione del cavolo ripieno, ma non so cucinare nient'altro.»
«Come mai, nonostante ti conosca sin dai tempi dell'asilo, non ho mai assaggiato il tuo memorabile cavolo ripieno?»
Eludendo la domanda con una scrollata di spalle Riker proseguì: «Alcuni iscritti al corso vorrebbero imparare a cucinare pasticcio di carne, verdure fritte all'orientale, trota al burro, cotoletta impanata eccetera.»
«Va bene, Arch. Se faccio questo per te mi devi un favore, però.»
«Quando vuoi, amico.»
Mentre usciva dal giornale Qwilleran prese una copia del "Something" da una pila appena arrivata dalla tipografia. Il titolo in prima pagina diceva: RICERCATO IN DUE CONTEE L'ASSASSINO CHE HA FATTO ESPLODERE LA BOMBA. Decise che lo avrebbe letto mentre faceva colazione da Lois.
Lois stava servendo ai tavoli. «È il giornale di oggi?» gli chiese. «C'è anche la foto di Lenny?»
Qwilleran scorse la prima pagina, poi cercò in terza e trovò la fotografia sull'ultima. «Non gli somiglia» commentò. «Ma la foto di Lenny è stata fatta quando ha vinto il trofeo d'argento e credo stesse meglio con il casco che con la benda sulla testa. Come si sente?»
Ordinò un panino alla Reuben e chiese che gli mettessero da parte una fetta di torta di mele, una delle specialità di Lois che andava sempre a ruba. Mentre aspettava che lo servissero sfogliò il giornale. C'erano fotografie della stanza 203 dilaniata dall'esplosione, del lampadario crollato sul banco della reception e della facciata dell'albergo con le finestre scardinate ricoperte da calcinacci. C'era anche una foto di Anna-Marie, quella della sua patente di guida, trovata nella sua borsetta negli spogliatoi del personale dell'albergo.
Di notevole interesse gli parve l'identikit elaborato dal computer, dato che era la prima volta che il giornale locale utilizzava una tecnica tanto avanzata. Sarebbe comparso anche sul "Lockmaster Ledger" e gli onesti cittadini delle due contee se lo sarebbero portato appresso scrutando sospettosamente ogni faccia che incontravano.
L'attacco dell'articolo era stampato a caratteri cubitali per dare risalto all'argomento e celare l'imbarazzante verità che non c'erano grandi novità.
Le forze di polizia stanno setacciando due contee alla ricerca della persona indiziata di aver messo una bomba al New Pickax Hotel, uccidendo una dipendente, ferendone altri due e causando gravi danni all'edificio. L'esplosione è avvenuta venerdì alle 16.20. In quel momento non c'erano clienti all'interno dell'albergo.
Sul luogo della tragedia è stato trovato il cadavere di Anna-Marie Toms, originaria di Chipmunk. Aveva ventun'anni, faceva la cameriera e seguiva un corso per infermiere nella contea di Moose.
Leonard Inchpot, originario di Kennebeck, ventitré anni, addetto alla reception, ha riportato una ferita alla testa causata dal crollo del lampadario. La direttrice Isabelle Croy, di Lockmaster, è stata scaraventata a terra nel proprio ufficio al primo piano. Entrambi sono stati medicati all'ospedale di Pickax e subito dimessi.
"Alcuni dipendenti dell'albergo erano sotto choc" ha dichiarato la Croy. "Dato che era il tardo pomeriggio di venerdì e tutti i commessi viaggiatori avevano lasciato l'albergo, non si era ancora iniziato a servire la cena. Siamo rimasti terribilmente sconvolti per la morte di Anna-Marie. Era stata assunta da pochissimo tempo e si impegnava molto nel lavoro."
Il danno maggiore si è verificato sulla facciata dell'edificio al primo piano perché sembra che la bomba sia stata collocata nella stanza 203. Un portavoce della polizia ha detto che un uomo di mezz'età, privo di barba e baffi, è entrato in albergo verso le 16 per recapitare quello che ha definito un regalo di compleanno e un mazzo di fiori per la cliente che occupava la stanza 203. Subito dopo la Toms era stata vista entrare nella stanza per passarvi l'aspirapolvere perché, come ha detto la Croy, i fiori avevano sporcato la moquette. L'esplosione è avvenuta dopo pochi minuti.
Il capo della polizia Brodie ha detto: "Ogni anno negli Stati Uniti si verificano duemila esplosioni causate da bombe rudimentali che si possono acquistare facilmente. E troppi pazzi in libertà sanno come maneggiare questa roba. Si possono costruire bombe persino con i fertilizzanti". Nelle ultime due settimane la stanza 203 era occupata da una donna registrata come Ona Dolman di Columbus, Ohio. Dopo l'esplosione è scomparsa. Un portavoce dell'aeroporto ha dichiarato che alle 17.20 di venerdì una donna con questo nome ha restituito un'automobile noleggiata ed è salita a bordo della navetta per Minneapolis. Il "Moose County Something" non è riuscito a rintracciare nessuna persona di nome Dolman a Columbus. Le locali forze di polizia sono state coadiuvate nelle indagini da investigatori, artificieri e medici legali dell'SBI, oltre che dai rispettivi uffici dello sceriffo della contea di Moose e di Lockmaster.
La foto della stanza 203 raffigurava una scena di incredibile distruzione. Pareti sventrate, porte divelte, pannelli del soffitto staccati e mobili squarciati, con i pezzi sparpagliati dappertutto. Qwilleran lesse l'articolo due volte. Notò che non c'era alcun riferimento al fatto che l'addetto alla reception avesse dato il permesso allo sconosciuto di portare di persona il pacco al piano superiore. Poi si chiese se lo "sconosciuto privo di barba e di baffi" avesse avuto una folta barba e finta parrucca e se, invece che coi fiori, si fosse presentato con una confezione di lattine di birra, gli sarebbe stato permesso di salire nella stanza 203. Rifletté anche sulle parole della direttrice, la quale aveva dichiarato che i rappresentanti di commercio avevano lasciato l'albergo il venerdì pomeriggio, e se questo non avesse a che vedere con il momento in cui la bomba era esplosa. Se la società di Lockmaster che si occupava dell'amministrazione dell'albergo avesse veramente architettato l'esplosione, come di fatto qualcuno pensava, forse la stessa direttrice, che era di Lockmaster, aveva indicato l'ora adatta a far esplodere la bomba.
In prima pagina c'era anche dell'altro. Una nota diceva: "Non aprite pacchi dono, a meno che non aspettiate la loro consegna a domicilio o in ufficio, e se non conoscete il mittente. Agite con cautela. Contattate la polizia".
C'era anche un trafiletto che riferiva un episodio di interesse umano, con un risvolto ironico.
Dopo che il regalo di compleanno è stato consegnato nella stanza 203 l'addetto alla reception ha informato il personale di cucina che era il compleanno della Dolman, e il cuoco Carl Oskar si era accinto a prepararle una torta di compleanno. Stava azionando il frullatore quando è esplosa la bomba. Sia lui sia il frullatore sono stati scaraventati a terra.
Qwilleran finì di mangiare e si recò allo Studio di Amanda per parlare con Fran Brodie, che era chiusa nell'altra stanza con una cliente indecisa e con cento campioni di tessuto blu. Quando Fran lo vide fece un cenno esasperato, ma lui le fece capire che non aveva fretta e prese ad aggirarsi per il negozio. Ogni tanto gli piaceva acquistare oggetti decorativi, in parte anche per fare cosa gradita alla figlia del capo della polizia.
Quando finalmente lei lo raggiunse vide che lui stava esaminando un paio di maschere di legno intagliato, dipinte con colori molto vivaci.
«Quella donna!» sbottò. «È una cara piccola signora, ma non riesce mai a decidersi. Tornerà domani con la suocera e di nuovo sabato col marito, al quale non interessa minimamente quello che fa. Indicherà un campione a casaccio, e dirà che è quello che preferisce e lei farà l'ordinazione... Che ne pensi delle mie maschere dello Sri Lanka?»
«Ah, questo sono? Non vorrei certo trovarmene una davanti in un vicolo buio!» Si trattava di demoni mitologici con zanne aguzze, occhi che sporgevano dalle orbite, rostri da rapace e acconciature irte e appuntite.
«Tra l'altro» proseguì Fran «hai fatto colpo sulla moglie del nostro nuovo presidente della banca. È venuta stamattina e ha continuato a parlare di te e della tua casa. Dice che sei affascinante. Le piacciono la tua voce e i tuoi baffi. Non parlare a Polly di Danielle, avrebbe una ricaduta! Ma grazie per avermi dato il merito della ristrutturazione di casa tua. Lei sarà una buona cliente. Odia il blu.»
«L'hai fatta iscrivere al Club del Teatro? Ho sentito che ha esperienze di recitazione.»
«Be', sì... è stata ballerina di night-club a Baltimora. Il suo nome d'arte era Danielle Devoe. Questo è il giornale di oggi?»
«Tienilo pure, io l'ho già letto. Non c'è niente di nuovo. Probabilmente tu ne sai di più.»
«Io so che hanno svolto un'indagine su Ona Dolman, La sua patente è valida, ma l'indirizzo che ha dato all'albergo non esiste. L'indiziato è stato descritto come un uomo che indossava un giubbotto di nylon blu con un berretto nero da baseball sul quale era impressa una D fantasiosa. È salito su un furgone blu dietro l'albergo.»
Qwilleran si disse che su dieci uomini della contea di Moose nove guidavano furgoni blu, indossavano giubbotti blu e portavano berretti dalla calotta alta con stampata la pubblicità di concimi e di trattori. I berretti da baseball erano soprattutto usati da pescatori sportivi di Giù in Basso. Quello nero dell'indiziato sarebbe potuto essere un berrettino dei Detroit Tigers, la lettera D era scritta in carattere inglese antico.
A Fran disse: «Credo che prenderò queste orrende maschere. Mi prepareresti un pacco regalo e lo faresti pervenire a Polly in Gingerbread Alley? Le scriverò un biglietto.»
L'arredatrice d'interni disse con aria dubbiosa: «Ma le piaceranno? Non credo che siano di suo gusto come oggetti decorativi.»
«Non preoccuparti. È un dono scherzoso. E sul cartoncino scrisse: UNA COPPIA DI DIVINITÀ DELLA DIETETICA CHE BENEDIRANNO LA TUA CUCINA. SI CHIAMANO LO-OLIO E LO-SALE.»
10
Martedì mattina mentre dava da mangiare ai gatti, un centinaio di domande gli sfrecciavano per il cervello.
Chi aveva messo la bomba? E perché? Avrebbe colpito ancora? Che ne sarebbe stato adesso dell'albergo? Lo avrebbero mai ristrutturato? Quello era l'inizio della fine per il centro di Pickax?
In quell'esplosione erano implicati piccoli speculatori immobiliari di Giù in Basso? Volevano far morire i negozi del centro città? Per quale vera ragione Willard J. Carmichael si era trasferito nella contea di Moose? La Banca Popolare di Pickax aveva interesse a incentivare lo sviluppo di centri commerciali?
E il libro di cucina di Iris Cobb sarebbe mai stato ritrovato?
E il Forum del Cibo? Era solo un'altra delle idee scervellate di Hixie? Perché lui avrebbe dovuto perdere tempo a scrivere delle finte lettere per lei quando aveva già tanti problemi personali?
Uno di questi era di trovare parole e idee per le fauci senza fondo della sua rubrica. Un altro problema più immediato e più esasperante era quello di nutrire due felini schizzinosi. Avevano fatto un'orgia di frutti di mare e lui aveva comperato una gran quantità di vongole, tonno, polpa di granchio e gamberetti in scatola. E adesso loro storcevano i loro musetti neri davanti a una deliziosa porzione di salmone rosso di alta qualità al quale aveva tolto la pelle scura.
«I gatti!» bofonchiò. Il problema principale era costituito da Koko, che aveva vissuto gli anni della propria formazione nella casa di un cuoco raffinatissimo. Quel gatto voleva ordinare tutti i giorni piatti scelti da un menu speciale. Yum Yum si limitava a seguire l'esempio del suo compagno. Lei era quel tipo di felino che poteva vivere d'amore, di carezze, di abbracci, di dolci paroline e di un grembo sempre pronto ad accoglierla.
Qwilleran si ritrovò a rimpiangere altri tempi, altri luoghi, quando Iris Cobb era la sua governante, quando viveva nella raffinata pensione di Robert Maus, quando Hixie gestiva il Vecchio Mulino di Pietra e gli mandava il cameriere con porzioni a misura di gatto delle specialità del giorno. Si rendeva conto di quanto fosse giusto quel detto popolare: "Quando hanno fame mangiano anche quello che di solito non vogliono", ma lui purtroppo era l'umile servo di due tiranni sovrani, e lo sapeva. E la cosa peggiore era che anche loro lo sapevano.
Lasciò le due ciotole con il salmone ancora intatto sul pavimento di cucina e andò a fare la prima colazione da Lois, sapendo che spesso lei aveva in frigorifero qualche avanzo interessante che aspettava di essere messo nella pentola della minestra. Dato che pioveva usò la macchina.
Prese posto nella sua nicchia preferita e ordinò delle frittelle. A servire i clienti era il figlio di Lois, sulla cui fronte un cerotto vistoso stava a dimostrare che quando la bomba era esplosa e il lampadario era crollato lui aveva alzato gli occhi per guardare in alto.
«Sarai in grado di partecipare alla gara ciclistica di domenica?» gli chiese Qwilleran.
«Non me la sento proprio, ma tutti mi dicono che devo farlo.» Lenny Inchpot aveva la faccia scarna e l'aria famelica dell'appassionato ciclista, l'aspetto ben curato del portiere d'albergo e l'espressione attonita di un giovane che per la prima volta si trova ad affrontare una tragedia.
«Se parteciperai ti sponsorizzerò per un dollaro al chilometro.»
«Accetta!» urlò Lois, che stava al registratore di cassa. «Dagli un tesserino verde.» In realtà non aveva urlato. Aveva parlato con la sua solita voce autoritaria.
Il giornalista chiese a Lenny: «Qual è il punto migliore per scattare fotografie?»
«Circa un chilometro a sud di Kennebeck, dove la strada si snoda tra due macchie boscose. Si vedranno un centinaio di ciclisti arrivare dalla collina. Venerdì il giornale pubblicherà una mappa della strada e tutti sanno che quello è il punto migliore per fotografare. Quindi arrivi per tempo e scatti molte foto. C'è un premio per la miglior fotografia.»
Mentre parlavano Qwilleran avvertì che qualcuno li stava osservando da un tavolo vicino. Si girò e vide un uomo ben piantato, con una faccia rincagnata, capelli bianchi e lunghi. Aubrey stava mangiando frittelle.
«Buongiorno» gli disse Qwilleran. «Come sono oggi le frittelle?»
«Buone, quasi come quelle di mia madre. Lois mi dà sempre il doppio della solita porzione e un extra di burro. Io mi porto il miele. Le piace il miele sulle frittelle? Lo provi. È buono.» L'apicoltore percorse il corridoio centrale tra i tavoli e offrì a Qwilleran un dispensatore di plastica a forma di orsacchiotto.
«La ringrazio molto. Come sta il signor Limburger? Ha sue notizie?»
«Sì. Ieri gli ho portato un barattolo di miele e lui l'ha gettato dalla finestra, quindi penso che stia abbastanza bene. Vuole tornare a casa, ma il dottore non è assolutamente d'accordo.»
Qwilleran spalmò il miele e dimostrò il suo apprezzamento leccandosi le labbra. «Delizioso, il migliore che abbia mai mangiato!» Poi notò sul tavolo di Aubrey la prima pagina del giornale di lunedì. «Che cosa ne pensa dell'esplosione all'albergo?»
«Qualcuno è stato ucciso» rispose Aubrey con un'espressione di orrore. Diede un'occhiata fugace al proprio piatto, poi raggiunse la cassa.
«Non scordi il suo miele.» Qwilleran indicò l'orsacchiotto di plastica e l'uomo tornò subito al tavolo, lo prese e uscì rapidamente dal locale.
Lenny lo rincorse sotto la pioggia. «Ehi, hai dimenticato il resto!»
Lois chiese: «Che cosa gli è successo? Non ha nemmeno finito la sua doppia razione.»
«È diventato matto per via delle punture delle sue api» rispose il figlio.
«Dai una pulita al suo tavolo... e fallo bene. È tutto appiccicoso. Le sono piaciute le frittelle, signor Q?»
«Favolose! Soprattutto con il miele. Dovresti servirle anche ai tuoi clienti.»
«Il miele costa troppo.»
«Allora aumenta il prezzo.»
«I clienti non sarebbero disposti a pagarle di più.»
«Tra l'altro, Lois, non hai qualche avanzo per i miei gatti? Puoi mettermelo in conto.»
«Non dica sciocchezze, signor Q. Ho sempre qualcosina da dare a quei due monellacci viziati e non voglio un soldo. Il prosciutto va bene?»
Dopo aver messo nel portabagagli della macchina il pacchetto avvolto in carta stagnola, Qwilleran si diresse verso la biblioteca per parlare con Homer Tibbitt, ma l'anziano studioso di storia non se ne stava seduto alla sua solita sedia e non era neppure alla toilette a bersi un goccio dal thermos. Una delle impiegate gli spiegò che il tempo umido gli faceva dolere le ossa e che era rimasto a casa.
Una telefonata al villaggio per anziani dove il nonagenario viveva con la moglie ottuagenaria si concluse con un invito. «Venga e porti un po' di libri sui naufragi avvenuti sul lago, e anche la scheda della famiglia Plensdorf.» A novantacinque anni passati Homer Tibbitt non aveva intenzione di sprecare una mattinata.
Quando Qwilleran arrivò lo trovò avvolto in un nido di cuscini che gli proteggevano la schiena, le ginocchia e i gomiti. «Ho bisogno di questa imbottitura perché sono tutto pelle e ossa» si lamentò il vecchio. «Rhoda sta cercando di farmi morire di fame con quei suoi piatti a basso contenuto calorico e privi di grassi. Darei l'ultimo dente che mi è rimasto per qualche cicciolo di balena.»
«Homer caro» intervenne la moglie con voce dolce. «Sei sempre stato magro come un filo di fagiolino, ma sei sano e attivo. Invece tutti i tuoi coetanei sono sottoterra.» Servì a Qwilleran un tè alle erbe e dei biscotti che gli ricordarono le specialità dietetiche di Polly.
Il giornalista si rivolse a Homer. «Date le circostanze, oggi la mia missione potrebbe rivelarsi dolorosa. Voglio sapere come si mangiava ai vecchi tempi, prima che esistessero i prodotti per ammorbidire e insaporire.»
«Le dico io come si mangiava. Prima il cibo aveva sapore di cibo! Quando ero ragazzo vivevamo in una fattoria fuori di Little Hope, avevamo i nostri polli e le nostre uova, pane fatto in casa con farina vera, latte della nostra mucca, frutta e verdura del nostro orto, sciroppo d'acero dei nostri alberi. Non ho visto un'arancia o una banana fino a quando non sono andato alla scuola normale. A quei tempi la chiamavano scuola di tirocinio per insegnanti... non ho mai saputo perché. Secondo Rhoda viene dal francese... Di che cosa stavo parlando?»
«Del cibo che mangiavate alla fattoria.»
«Il nostro pesce arrivava dal Black Creek o dal lago, e qualche volta ammazzavamo il maiale. Tutto quello che non si mangiava lo portavamo a Little Hope e lo scambiavamo all'emporio generale con farina, zucchero e caffè.»
«Anche il cotone per fare i vestiti alle vostre donne» aggiunse sua moglie.
Qwilleran chiese: «Che cos'è successo quando le miniere sono state chiuse e l'economia è crollata?»
«Non c'era lavoro né denaro per comperare da mangiare, e non c'era mercato per i prodotti della nostra fattoria. Abbiamo tirato tutti la cinghia.»
Rhoda intervenne. «Raccontagli del razionamento durante la Prima guerra mondiale.»
«Oh, quello! Be', vede, di zucchero ce n'era pochissimo e per poterne acquistare mezzo chilo dovevamo vendere due chili e mezzo di farina di avena. Mangiavamo avena tutti i giorni come prima colazione e a volte anche a pranzo e a cena. Da allora non ho più toccato quella roba. Dopo la guerra me ne sono andato via dalla fattoria per frequentare la scuola e ho scoperto le delizie della buona cucina. Pollo e piselli con la panna e composta di prugne con la panna montata. Pensavo che questa fosse la vera vita. Poi sono tornato a casa a insegnare e ho ricominciato a mangiare minestre, pasticcio di scoiattolo, pesce fritto e budino di pane. Che delusione! Dopo però è arrivata la Grande Depressione e noi ci siamo specializzati in fagioli e panini col burro di arachidi.»
Qwilleran disse: «Non ha accennato alla più famosa specialità regionale.»
I due Tibbitt esclamarono all'unisono: «Il polpettone!»
«Se ha intenzione di scrivere qualcosa al riguardo» disse Homer «spieghi agli imbranati di Giù in Basso che polpettone non fa rima con bidone. Probabilmente lei sa che a metà del diciannovesimo secolo sono arrivati qui dall'Inghilterra molti minatori della Cornovaglia. Le loro mogli preparavano delle grosse polpette con carne e patate che gli uomini si infilavano in tasca e si portavano nelle miniere. Saziavano molto.»
Rhoda disse: «I pareri sugli ingredienti sono assai discordanti. Ma il vero impasto per il polpettone contiene il lardo e la sugna. Io non approvo i grassi animali, ma il segreto è questo. La ricetta classica è a base di carne di manzo o di maiale tagliata a cubetti. Assolutamente vietata la carne trita. La si mischia con patate e rape a dadini, cipolla tagliata a fettine sottili, sale, pepe e un grosso pezzo di burro. Si mette il ripieno sopra un cerchio di pasta che si arrotola. Qualche cuoco non mette le rape.»
«Stanno per aprire un locale che venderà solo polpettone a Stables Row, nel centro di Pickax.»
«Purtroppo il polpettone non fa più parte della nostra dieta. Sono anni che Homer e io non ne mangiamo, vero, caro?»
Si girarono per guardare il vecchio studioso di storia, che col mento abbassato sul petto stava dormendo profondamente.
Dopo essere stato aggiornato dai due Tibbitt, che sapevano tutto sull'argomento, sul modo corretto per preparare il polpettone, Qwilleran si recò a Stables Row per dare un'occhiata al locale specializzato in polpettoni, che però non era ancora aperto. Dietro le porte chiuse a chiave fervevano frenetici preparativi ma lui bussò, disse chi era e lo lasciarono entrare. Due simpatici ragazzi vestiti con tute macchiate di vernice si presentarono dicendo di essere i proprietari.
«Siete della contea di Moose?» chiese loro, anche se nel loro aspetto e nel loro comportamento aveva notato un che di fragile che indicava il contrario.
«No, ma una volta siamo venuti qui in vacanza e abbiamo mangiato una gran quantità di polpettone e abbiamo deciso che voi del posto avevate bisogno di allargare i vostri orizzonti» gli spiegò uno di essi. «Abbiamo fatto una proposta alla Fondazione K a Chicago ed è stata accettata.»
«Quale proposta?»
«Polpettoni di alta qualità, dal sapore eccezionale, assolutamente unico! Con quattro tipi di pasta a scelta: normale, al formaggio, alle erbe o alla farina gialla. E quattro ripieni a scelta: manzo tritato, prosciutto, tacchino o salsiccia. Con quattro verdure a scelta: peperoni, broccoli, funghi o carote, oltre a una varietà di contorni di patate, olive, chili caldo... o di tutti e tre insieme, senza aumento di prezzo.»
«Fa girare la testa» commentò Qwilleran, mantenendo un'espressione seria. «Tornerò quando avrete aperto il locale. Buona fortuna!»
Sotto la pioggia si affrettò a raggiungere il frutto dell'impegno di Lori Bamba, La Cucchiaieria. Non era ancora aperto, ma l'energica imprenditrice stava scrivendo i cartelli e appendendo i poster. Le chiese: «Fai sul serio quando pensi di servire solo cibo al cucchiaio?»
«Assolutamente sì. Ho dozzine di ricette per minestre fantastiche! Mulligatawny, una zuppa indiana a base di carne e di curry, brodo scozzese, purea di fagioli neri portoghesi, melanzane e aglio, e molte altre cose. La minestra non dev'essere triste, comunque ne servirò una classica tutti i giorni per quelli della vecchia guardia.»
«Che cosa ne pensano i tuoi?»
«Nick mi incoraggia molto, anche se sta lavorando sodo all'allevamento di tacchini. I miei ragazzi fanno da assaggiatori, i miei suoceri mi aiutano ad allestire la cucina... Come stanno Koko e Yum Yum? Non li vedo dal tempo dell'isola di Breakfast.»
«Sono indaffarati come sempre a inventare nuovi modi per complicarmi la vita.»
«Sai che cos'ho letto in una rivista? Che i gatti hanno ventiquattro vibrisse, il che può spiegare i loro poteri paranormali.»
«Sono incluse anche le sopracciglia?»
«Non lo so, non era specificato.»
«Ci sono ventiquattro vibrisse per ogni parte o in totale?»
«Non lo so, voi giornalisti siete dei tali pignoli...»
«Bene, andrò a casa a contarli. E buona fortuna, Lori. Un giorno o l'altro verrò a pranzare qui.»
Continuava a piovere. Qwilleran tornò a casa a dare ai siamesi il prosciutto che aveva chiesto a Lois e trovò Koko che stava eseguendo il suo numero della cavalletta. Faceva balzi incredibili dal pavimento al ripiano della scrivania, poi sulle sedie e sugli scaffali della libreria. Questo significava che ci doveva essere un messaggio sulla segreteria telefonica. Più rapidamente saltava, più urgente era la telefonata. Come faceva il gatto a conoscere il contenuto della comunicazione? "Forse Lori ha ragione" pensò. "I gatti hanno vibrisse con capacità extrasensoriali.
Il messaggio era di Sarah, la signora che si occupava della sua corrispondenza al giornale. Non lo aveva mai chiamato a casa. «Mi dispiace disturbarla» diceva in tono deferente «ma è arrivato un espresso per lei. Pensavo che potesse interessarle.»
La richiamò immediatamente. «Sarah, sono Qwill. Chi è il mittente dell'espresso?»
«È carta da lettere con l'intestazione dell'albergo, non c'è nessun nome sulla busta. Viene da Salt Lake City.»
«Vengo subito a ritirarla, la ringrazio.» Si sentì fremere il labbro superiore. Sospettava chi potesse avergli scritto. Raggiunse in macchina la redazione del giornale imboccando la strada secondaria per fare prima. Sarah gli diede l'espresso. «Devo aprirla per lei?»
«No, questa volta no, grazie.»
Posò la busta su una scrivania sgombra della redazione, quindi la lacerò, andando subito a cercare la firma sul foglio. Onoosh Dolmathakia. La grafia era difficile da decifrare e l'inglese scritto era peggiore di quello che lei parlava. Aveva difficoltà con i verbi ed era chiaro che era nervosa e spaventata. Dal succinto messaggio traspariva agitazione.
Caro signor Qwill,
mi spiace essere andata e non aver detto grazie. Alla radio ho sentito della bomba all'albergo. Io ho tanta paura. Lui ha minacciato me molte volte. Vuole me morta. Penso meglio andare molto lontano così lui non può trovarmi. Non so come ha trovato me a Pickax. Ho paura. Non sono al sicuro se lui è vivo. Scappo sempre dove lui non può trovarmi. Adesso lascio questo albergo e mi firmo con il mio nome.
Onoosh Dolmathakia
Dopo che Qwilleran ebbe letto la lettera per la seconda volta si sentì arrossire la nuca mentre gocce di sudore gli imperlavano la fronte. Non al pensiero che Onoosh fosse terrorizzata da qualcuno che la braccava, ma rendendosi conto che Koko aveva cercato di dargli questa informazione fin da quando era avvenuta l'esplosione, e anche prima. Koko aveva continuato ripetutamente a braccare Yum Yum in un modo che sembrava premeditato.
Telefonò alla stazione di polizia. «Resta dove sei» intimò a Brodie. «Ho da darti un'informazione piuttosto curiosa.»
Pochi minuti dopo entrava nell'ufficio del capo della polizia.
«Che cos'hai da dirmi?» domandò Brodie in tono brusco.
«Mi è arrivata una lettera da Onoosh Dolmathakia, altrimenti detta Ona Dolman. Non fare domande e leggila. Me l'ha mandata al giornale.»
Mentre la leggeva Brodie borbottò varie volte, poi buttò il foglio sulla scrivania. «Perché diavolo non dice come si chiama quel tizio e come possiamo trovarlo? Che stupida!»
«No, non stupida» protestò il giornalista. «È solo in preda al panico, non riesce a pensare lucidamente.»
«Possiamo presumere che si tratti di qualcuno di Giù in Basso. Questo significa che la persona in questione ha trasportato esplosivi oltre la linea di confine. Si tratta di un reato federale. Adesso entrerà in gioco l'FBI. Mio Dio! Possibile che quello sia arrivato con l'aereo navetta tenendosi sulle ginocchia una bomba rudimentale avvolta in un elegante pacco dono? Quella donna è pazza! Perché non ci ha dato altri ragguagli? A quest'ora deve aver già lasciato Salt Lake City.»
«Il cognome Dolman è chiaramente una forma americanizzata di Dolmathakia, e non è quello del marito. Tutto ciò che sappiamo di quell'individuo è che potrebbe essere un fanatico dei Tigers di Detroit, a giudicare dalla descrizione del berretto che portava.»
«Doveva essere in contatto con qualcuno del posto, altrimenti come faceva a sapere che lei si trovava qui? Chi c'era alla guida della macchina con la quale è scappato? È stato prelevato all'aeroporto dallo stesso del furgone blu?»
«Be', adesso tocca a te muoverti, Andy. Io ho del lavoro da finire a casa. Dammi la lettera di Onoosh.»
«Mi tengo l'originale, fattene fare una fotocopia» rispose Brodie.
Qwilleran tornò a casa a contare le vibrisse dei gatti, prima quelle di Koko e poi quelle di Yum Yum. Era proprio come aveva supposto. Telefonò subito a Polly.
Non appena udì la sua voce lei prese a parlare in tono di allegria convulsa: «Lo-Olio e Lo-Sale sono appena arrivati e ho riso tanto che per poco non mi si è riaperta la cicatrice sul torace. Quando ho visto il pacco, in un primo momento ho temuto che si trattasse di una bomba. Poi mi sono accorta che era stata inviata dallo Studio di Amanda e mi sono tranquillizzata. Li appenderò subito in cucina. Qwill, sei così spiritoso!»
«Sì, lo so» le rispose ironicamente. «Dovrei lavorare in pubblicità.»
«Mi sembra che tu sia un po' agitato. Che cosa c'è?»
«Voglio che tu conti le vibrisse di Zampotto e che mi richiami» le rispose. «Mi raccomando, includi anche quelle delle sopracciglia.»
«Che cos'è, un altro scherzo?»
«Assolutamente no, è una ricerca scientifica. Ho intenzione di parlarne nella mia rubrica dopo il Forum del Cibo. Voglio che si contino baffi e sopracciglia di tutti i gatti della contea.»
«Continuo a pensare che tu stia scherzando, comunque lo farò e poi ti richiamerò.»
Di lì a pochi minuti gli ritelefonò. «Zampotto ne ha ventiquattro per parte. È un bene o un male? Alcuni sono lunghi e dritti, altri più corti e molto sottili.»
«Questo significa che è normale» dichiarò il giornalista. «Anche Yum Yum ne ha ventiquattro. Koko invece ne ha trenta.»
11
La Grande Fiera Gastronomica stava per esplodere alla grande. E fu il corso di cucina di Mildred Riker ad accendere la miccia.
Mercoledì sera: Prima di una serie di lezioni di cucina solo per uomini, sponsorizzate dal "Moose County Something".
Giovedì: Presentazione della pagina settimanale del "Something" dedicata alla cucina e della rubrica Forum del Cibo dedicata ai lettori.
Venerdì a mezzogiorno: Inaugurazione ufficiale di Stables Row con taglio del nastro, banda musicale e palloncini.
Venerdì sera: Entrata libera in tutte le case private sulla via principale di Pickax, con apertura dei negozi sino alle ore ventuno. Servizio rinfreschi e intrattenimenti, seguito da fuochi d'artificio e ballo in strada davanti a Stables Row.
Sabato: Fiera gastronomica e preparazione di polpettoni sul terreno del parco divertimenti della contea. Sponsorizzato dalla Camera di commercio di Pickax.
Sabato sera: Asta con personaggi famosi, sponsorizzata dal Club dei pubblicitari. Le offerte andranno a incrementare i fondi di solidarietà per le feste natalizie.
Domenica: Gara ciclistica organizzata dal Club del pedale per aiutare le persone malate e impossibilitate a muoversi da casa.
Qwilleran era coinvolto in molte delle attività e non del tutto per propria scelta. Aveva accettato con riluttanza di partecipare alla seduta inaugurale del corso di cucina. Senza troppo entusiasmo si sarebbe unito a Mildred Riker e allo chef del Vecchio Mulino di Pietra per dare un giudizio sui polpettoni. Con molte perplessità avrebbe preso posto in qualità di personaggio famoso sulla pedana su cui si sarebbe svolta l'asta. Inoltre si era impegnato a inserire nella sua rubrica alcuni accenni e particolari sul cibo per tutta la durata della manifestazione.
Tuttavia, raramente la sua vita si svolgeva secondo programmi prestabiliti. Mercoledì decise di pranzare da Lois. Il piatto del giorno era sempre tacchino e lui regolarmente si portava a casa un pacchettino di avanzi per i gatti. La tavola calda di Lois si trovava in Pine Street, non lontano da Stables Row, e mentre si avvicinava vide una folla sul marciapiede: non era una folla dall'aria amichevole. Affrettò il passo.
Uomini in tuta da lavoro insieme a uomini d'affari erano assiepati sul marciapiede, agitavano le braccia e protestavano con veemenza. Alcune donne, impiegate e casalinghe uscite per fare compere, avevano volti preoccupati e parlavano con voce stridula.
Qwilleran chiese: «Che c'è? Che cos'è successo?» Non ci fu risposta, ma solo un boato di indignazione e fischi. Poi, all'interno della vetrina, vide il cartello scritto frettolosamente a matita: CHIUSO DEFINITIVAMENTE.
I manifestanti stavano urlando.
«Dove mangeremo uova e prosciutto? Non c'è un locale dove fare la prima colazione!»
«Dove andremo a pranzare?»
«E quel nuovo locale delle minestre? Ma chi ha voglia di mangiare minestra tutti i giorni?»
«Dove si troverà una buona torta di mele?»
Qwilleran si rivolse a qualcuno dei protestatari più tranquilli. «Perché hanno chiuso? Qualcuno lo sa?»
«Forse hanno paura della nuova concorrenza» azzardò un impiegato del municipio.
«Se volete il mio parere» disse un commesso del negozio di confezioni maschili «Lois si è presa una mazzata perché Stables Row è stato sovvenzionato dalla Fondazione K e quindi, se lei voleva ristrutturare il locale, avrebbe dovuto chiedere ai suoi clienti di contribuire.»
Un uomo anziano disse: «C'è gente in città che vuole che lei se ne vada, in modo da poter rilevare l'edificio e abbatterlo.»
In effetti si trattava di uno stabile vecchio e triste. Qwilleran spesso aveva cercato di contribuire alle spese di riverniciatura e ristrutturazione, mettendo una banconota da venti in un ex barattolo di sottaceti posto vicino al registratore di cassa. Era ben contento di farlo. Per i cittadini di Pickax mangiare nella sala da pranzo del locale di Lois era come far parte dei Cavalieri della Tavola Rotonda di Re Artù. In effetti, c'era un gran tavolo rotondo dove i fedelissimi si riunivano per prendere un caffè e fare conversazione. Adesso invece la donna, dopo aver dato da mangiare per vent'anni alla gente di Pickax, abbandonava la sua attività. Era proprio una tragedia. Prima l'esplosione all'albergo, e adesso questo!
Qwilleran si recò al Vecchio Mulino di Pietra a fare colazione. Disse al ragazzo incredibilmente alto che era il suo cameriere personale: «Derek, ho saputo che ti sei iscritto al corso per ristoratori.»
«Sissignore. Mi ha convinto Liz» rispose il rampollo dei Cuttlebrink. «Nel giro di due anni avrò il diploma. Ci sarà da studiare parecchio, ma il principale mi ha concesso un orario flessibile.»
«Sono felice che ti sia deciso a restare nel campo della ristorazione.»
«Sì, Liz pensa che io sia portato per questo genere di lavoro. Dice che potrò sempre recitare nel tempo libero.»
«Qual è il piatto del giorno, Derek?»
«Stufato di agnello al curry.»
«È buono?» si informò Qwilleran, benché fosse consapevole che la sua era una domanda priva di senso. Quale cameriere avrebbe mai osato denigrare la specialità dello chef? Eppure i clienti dei ristoranti di tutto il mondo erano soliti porre quella domanda. E lui la ripeté: «Me lo consigli?»
«Be', l'ho provato io stesso in cucina, prima di prendere servizio» dichiarò Derek. «L'ho trovato molto piccante. Farebbe meglio a ordinare il filetto alla Strogonoff.»
Il corso di cucina che si teneva alle scuole superiori era programmato per le 19.30. Ma Qwilleran arrivò in anticipo, nella speranza di cavare qualche commento interessante dagli iscritti. Erano presenti solo uomini. Lui conosceva qualcuno. Tutti conoscevano lui, o lo riconoscevano dai baffi.
Tra questi il nuovo banchiere, un industriale di prodotti ittici e persino l'altro cameriere del Vecchio Mulino di Pietra. Ognuno partecipava al corso per motivi diversi.
Il meccanico del garage Gippel: «Mia moglie ha ripreso l'insegnamento a scuola e mi ha detto che devo occuparmi anch'io della casa. Dato che a me piace mangiare, ho pensato di imparare a cucinare.»
J. Willard Carmichael: «Cucinare per me ha preso il posto dello jogging. Inoltre Danielle non è un granché ai fornelli, ed è il caso che io le dia il buon esempio.»
Il commesso del negozio di ferramenta: «Io sono un ragazzo padre con due figli e voglio fare colpo su di loro.»
Derek Cuttlebrink: «Liz mi ha offerto la retta del corso per il mio compleanno.»
L'industriale ittico: «Mia moglie ha insistito che impari a cucinare il pesce senza usare grassi. È appena uscita dall'ospedale e deve stare a dieta.»
Qwilleran provò la tentazione di dirgli: "Ho una buona ricetta per un dolce". Invece gli chiese: «Lei è il fratello di Aubrey, vero? L'apicoltura è stata il tema del mio articolo di oggi.»
«Ah, sì, lo abbiamo letto. Tutta la famiglia si è rallegrata nel vedere che è stata prestata tanta attenzione ad Aubrey. Lui è un po' timido, non ama molto la compagnia, ma in un certo senso ha molte qualità.»
Nell'aula c'era un inequivocabile profumo di piatti da Giorno del Ringraziamento. Qwilleran capì che, da buona psicologa, Mildred aveva voluto mettere i suoi allievi in una disposizione favorevole nei confronti del cibo. E lei comparve puntualmente alle 19.30. La sua generosa figura prorompeva da un camicione bianco di misura extralarge. Un berretto floscio bianco era posato sui suoi capelli che andavano ingrigendo e la noncuranza con cui era portato suscitò subito il caloroso entusiasmo di tutti i presenti.
Dopo alcune parole di benvenuto, lei iniziò: «Il Giorno del Ringraziamento non è lontano e alcuni di voi hanno indicato il tacchino sulla lista dei piatti da proporre. Quindi stasera sveleremo il mistero di come si fa a preparare questo grosso volatile e vi renderemo edotti sull'argomento. Ci sarà una dimostrazione pratica con due tacchini perché, per cuocerli, ci vogliono alcune ore. Il Numero Uno è in forno dalle quattro di oggi pomeriggio e sarà pronto per essere tagliato e assaggiato alla fine della lezione.»
L'interesse di Qwilleran per il corso aumentò man mano che immaginava la possibilità di portare a casa un assaggio per i siamesi. Fece scattare la macchina fotografica quando Sharon Hanstable entrò nell'arena con il Numero Due su un vassoio. Era spennato, privo della testa, crudo e di un pallore malaticcio. Lei indossava un grembiule e un cappello floscio da cuoco che la facevano sembrare una versione più giovane e più magra della madre, ma aveva la sua stessa aria sana e la stessa personalità estroversa. Sorridendo con aria gioiosa e scherzando con gli allievi, distribuì blocchi per gli appunti, matite e schede sulle quali erano segnati i tempi di cottura e le ricette per la farcia.
Mildred esordì: «Questo bell'esemplare che ha il modesto peso di sei chili è arrivato surgelato dalla Nuova Fattoria del Tacchino Surgelato ed è rimasto in frigorifero a scongelare per due giorni. Vi prego di ripetere con me: "Non scongelerò mai un tacchino surgelato a temperatura ambiente".»
Un coro di voci maschili prestò il giuramento.
«E adesso, punto uno: predisponete il forno a 160 gradi. Punto due: liberate le zampe che sono infilate sotto il lembo di pelle, ma non tagliate la pelle.»
Undici matite e la penna a sfera di Qwilleran stavano prendendo freneticamente appunti.
«Punto tre: infilate la mano all'interno ed estraete i sacchetti di plastica contenenti collo e durello, che userete per il sugo. Punto quattro: sciacquate il volatile e asciugatelo con cura.»
Qwilleran si disse: "È facile, sarei capace anch'io. Dov'è la difficoltà?".
«Nel frattempo Sharon ha mescolato la farcia. Nel vostro opuscolo viene definita "riso e varie". Consiste in riso integrale bollito, funghi, castagne d'acqua ed erbe aromatiche. Preparatevi al punto cinque: riempite senza premere la cavità della bestia con la farcia.»
Mildred infilò di nuovo le zampe sotto la pelle, collocò il tacchino sopra una griglia all'interno della pirofila, lo spalmò d'olio, fece scattare il termometro e spiegò il procedimento di cucitura della pelle. Mentre il Numero Due era pronto per essere infornato, il Numero Uno era pronto per essere sfornato: petto carnoso, lucido, di un colore dorato. Mildred mostrò come doveva essere tagliato e come preparare il sugo con le rigaglie. Quindi i presenti furono invitati ad assaggiare.
«Bella presentazione» si congratulò Qwilleran con Mildred, mentre si riempiva per la seconda volta il piatto di carta.
«Non te ne andare» bisbigliò lei. «Voglio darti gli avanzi per Koko e Yum Yum.»
Il giorno seguente il corso di cucina la critica entusiasta di Qwilleran nella sua rubrica uscì nella pagina dedicata al cibo, insieme con un articolo sui barbecue autunnali, un'intervista con lo chef della nuova trattoria Boulderhouse e un altro che parlava del Forum del Cibo. I commenti e le domande che dovevano essere sottoposte al Forum erano firmate solo con le iniziali ed erano abbastanza interessanti da indurre i lettori a chiedersi chi potesse essere B.L.T. di Pickax e chi fosse E.S.P. di Mooseville.
Qualcuno ha una buona ricetta per cucinare il topo muschiato? Mia nonna era solita prepararlo con la melassa. Era davvero eccellente!
E.S.P., Mooseville
Se riaprono il ristorante dell'Hotel Pickax spero prendano provvedimenti per quegli orribili lampioni stradali. Riflettono la luce sulle vetrine e fanno diventare il cibo verde o violaceo.
B.I.T., Pickax
Una volta ho mangiato una deliziosa torta con la farina di cocco e le albicocche che una cara signora aveva preparato per una vendita di beneficenza alla parrocchia. La poveretta è morta. Si chiamava Iris Cobb. Qualcuno conosce la ricetta?
A.K.A., Brrr
Non ho tempo per cucinare cose che abbiano più di cinque o sei ingredienti. Ecco una ricetta di cui i ragazzi vanno matti. Spaghetti in salsa di pomodoro, un barattolo di fagioli di Lima e sei hot dog bolliti e tagliati a pezzi.
A.T.T., Sawdust City
La cosa che più mi irrita: quei ristoranti così bui che non si riesce a leggere il menu senza la torcia elettrica. Non faccio nomi, ma voi sapete a quali mi riferisco.
I.R.S., Pickax
Aiuto! Qualcuno conosce il segreto del meraviglioso pasticcio di carne che Iris Cobb portava sempre alle cene informali che venivano servite al museo? Ancor oggi mio marito ne parla con entusiasmo. Vi prego, salvate il nostro matrimonio!
R.S.A., Kennebeck
La cosa peggiore mai mangiata in vita mia al ristorante (nome omesso) è stata la zuppa di vongole. Era troppo liquida e sapeva solo di sale e di pepe. Secondo me, era fatta con un barattolo di vongole tritate, purea precotta e una gran quantità di acqua.
Y.U.K, Trawnto
Penso che mai vedrò
Miglior formaggio di quello chiamato Brie.
A mio fratello piace il Gorgonzola danese,
Il mio capo va pazzo per il Port Salut.
C'è gente a Pickax pronta a giurare
Che il Re dei Formaggi è il Camembert.
A ciascuno il suo. Ma quanto a me,
Io do il voto al morbido Brie.
J.M.Q., Pickax
Il "Something" festeggiò il debutto della pagina dedicata al cibo con una festicciola in redazione. Lo staff bevve champagne e mangiò panini al tacchino preparati con i resti del Numero Due. Tutti elogiarono Mildred per il suo articolo sul barbecue, Jill per la sua intervista allo chef e Hixie per la sua brillante idea di far partecipare i lettori. Tutti erano rimasti sorpresi per il successo che aveva riscosso il Forum del Cibo fin dal primo numero. Naturalmente dietro le iniziali J.M.Q. riconobbero l'autore della poesia e Qwilleran spiegò la teoria di Jack del Mangia e Bevi, secondo la quale "se la gente non riesce a pronunciare il nome di una cosa non la mangia e i cittadini di Pickax hanno difficoltà con i nomi dei formaggi francesi". Tacque invece sulla propria complicità nella stesura delle lettere indirizzate al Forum del Cibo e nessuno si accorse delle frequenti occhiate impassibili che lui e Hixie si scambiavano.
Venerdì fu una grande giornata a Pickax. Un nastro giallo lungo un isolato fu collocato davanti a Stables Row. Alle undici del mattino la gente cominciò ad affluire per assistere all'inaugurazione che avrebbe dovuto avere luogo a mezzogiorno: c'erano sfaccendati, pensionati, ragazzi che avevano l'aria di aver marinato la scuola, madri con i loro bambini piccoli e un giornalista di mezza età con folti baffi, che era lì per vedere quello che sarebbe riuscito a vedere e per sentire quello che sarebbe riuscito a sentire. Quello che vide fu una fila di sette nuovi negozi promossi e sovvenzionati dalla Fondazione K allo scopo di arricchire la vita della comunità. Nelle vetrine scintillanti erano esposti piatti appetitosi. Partendo da sud in direzione est si leggevano le seguenti insegne:
IL RE DEI POLPETTONI, che presentava i suoi esclusivi e artistici polpettoni in crosta, dai gusti nuovi e deliziosi.
LA PASTICCERIA SCOZZESE, che offriva biscotti, pasticcini di pastafrolla, sfoglie ripiene di carne e una torta ipercalorica al cioccolato che si chiamava Dolce della Regina Madre.
L'ANTICA GELATERIA, che offriva cassate giganti, gelato con sciroppo e soda, banana split, che un cordiale barista serviva alla spina a un antico banco di marmo con sgabelli di fil di ferro intrecciato.
SALUTE E BELLEZZA, che vendeva vitamine, spuntini vegetariani e panini con specialità dietetiche.
La Boutique della Cucina, che esponeva miscelatori automatici per insalata, scansie per bottiglie di vino, caffettiere elettriche, libri di cucina, pentole per la cucina cinese, vasetti di senape dai gusti esotici e grembiuli da chef.
IL MANGIA E BEVI, che offriva un vasto assortimento di vini e di formaggi fino a quel momento sconosciuti a gran parte degli abitanti della contea di Moose.
LA CUCCHIAIERIA, specializzata in cibi da consumare al cucchiaio, al banco o in piedi. Piatti speciali per il giorno dell'inaugurazione: zuppa con baccelli di gumbo e salsiccia, minestra di zucca al burro di arachidi con aglio e anacardi, borscht e minestra di riso e pomodoro.
In occasione dei festeggiamenti l'intero isolato era stato chiuso al traffico e con l'approssimarsi del mezzogiorno cominciò ad affollarsi di impiegati, di gente uscita per fare la spesa, di madri che si portavano appresso i figli in età prescolare e di personale della Camera di commercio. Si udivano rimbombare le voci della gente dalla facciata di pietra delle ex stalle sino al retro degli edifici di pietra che davano sulla via principale. Ma non regnavano solo eccitazione e impaziente attesa. Serpeggiavano anche commenti cinici e cupe previsioni.
«Non avranno mai successo... non in questo posto sperduto. Troppo lussuoso.»
«Ho sentito dire che i prezzi sono saliti alle stelle.»
«Il sindaco riuscirà di nuovo a far vedere sui giornali la sua brutta faccia. Tu hai votato per lui? Io no.»
«Parteciperà a quell'asta. Non permetterei a mia moglie di offrire un centesimo per cenare con quell'impostore!»
«Chi ha bisogno di un locale che si chiama Il Re dei Polpettoni? Quello di cui abbiamo bisogno è un banco dove si vendano gli hot dog.»
«Chi è il padrone della Cucchiaieria? Dev'essere pazzo. Che cosa pensa che sia questa città, un accampamento per barboni?»
«Perché hanno sprecato tutto quel nastro? Ne sarebbero bastati due o tre metri. Non vorrei che lo facessero pagare a noi cittadini!»
Se Dwight Somers udì quei commenti acidi, non per questo il suo attivismo professionale ne fu intaccato. Continuava a correre di qua e di là e a parlare al telefono cellulare. «Il pullman scolastico è arrivato adesso con la banda. Avvertite il sindaco di uscire tra cinque minuti dal municipio.» Poi, vedendo Qwilleran, disse: «Che te ne pare, Qwill? Siamo quasi arrivati all'inaugurazione della Fiera... e niente più bombe, nessun omicidio, nessuna manifestazione di protesta.»
«I giochi sono ancora aperti» commentò Qwilleran sarcasticamente. «Può darsi che durante l'assaggio del polpettone la giuria rimanga vittima di un avvelenamento alimentare.»
Larry Lanspeak si fece strada in mezzo alla ressa per parlare con il giornalista. «Tutti i biglietti per l'asta delle celebrità sono esauriti! Carol farà offerte per tutti... solo per rialzare i prezzi.»
«Dille di andare con i piedi di piombo» lo consigliò Qwilleran. «Potrebbe vedersi attribuire Wetherby Goode. Questa sera resterete aperti fino alle nove?»
«Certo. Tutti i commercianti hanno aderito all'iniziativa. A Susan Exbridge non garbava l'idea di ritrovarsi nel suo raffinato negozio pieno di perditempo ficcanaso, ma l'abbiamo convinta.»
«Avete dei problemi per i furti, Larry?»
«Succede solo durante la stagione turistica. Il lato positivo di una piccola città è che tutti tengono d'occhio tutti.»
La banda musicale della scuola stava accordando gli strumenti. Si udì una sirena della polizia mentre l'auto del sindaco si stava avvicinando. Nessuno applaudì, anzi sulla folla calò un silenzio cupo. Poi la banda attaccò fragorosamente la Washington Post March con la baldanza dei giovani musicisti che conoscono quasi tutte le note. E un agente di polizia sgomberò la strada per far passare il primo cittadino. Gregory Hill era un uomo di mezza età di una bellezza un po' viziosa, faceva l'agente di cambio, vestiva con eleganza ed era di una boria illimitata. Eppure veniva regolarmente rieletto. In fin dei conti, sua madre era una Goodwinter.
Dwight Somers diede l'avvio agli applausi mentre Blythe saliva su una piccola pedana per parlare al microfono. «In questa occasione di festa desidero dire alcune parole sul futuro di Pickax.»
«Falla breve!» gridò qualcuno dal mezzo della folla.
«Ottimo consiglio» ribatté Blythe, girandosi sorridente verso l'importuno. Poi iniziò un lungo discorso, nonostante i mormorii di protesta del pubblico e l'evidente disinteresse generale.
Improvvisamente un'acuta voce infantile urlò: «Dove sono i palloni?»
«Vengano portati i palloni!» decretò il sindaco.
Due fotografi si precipitarono avanti. Furono consegnate un paio di forbici, quindi il nastro fu tagliato mentre la banda attaccava di nuovo a suonare l'inno nazionale. Palloni multicolori si levarono da dietro Stables Row e la folla si diresse in massa verso i nuovi negozi che avevano promesso souvenir e degustazioni.
Qwilleran scorse un giovane robusto dalla barba folta che si aggirava con l'andatura pesante di un orso. «Gary!» lo chiamò. «Qual buon vento ti porta in città? I souvenir, i rinfreschi o i palloni?»
«Sono venuto solo per controllare la concorrenza» gli rispose il proprietario del Caffè dell'Orso Nero.
«Credo che aggiungerò il polpettone al mio menu. Però solo quello classico. Conosco una donna che mette la sugna nella sfoglia.»
«Che cosa ne pensi dello Stables Row?»
«L'edificio non è male. La Cucchiaieria è una buona trovata. Ma Il Re dei Polpettoni è un'idea pazzesca. È gestito da una coppia di Giù in Basso. Bravi ragazzi, ma incapaci di distinguere un polpettone da una pizza. Be', arrivederci, e non dimenticarti della corsa ciclistica di domenica.»
Qwilleran rimase ancora alcuni minuti a osservare la gente, poi andò nel negozio che attirava il minor numero di visitatori. La Boutique della Cucina era gestita da Sharon Hanstable.
«Mi è piaciuto il tuo articolo sulla preparazione del tacchino» gli disse. «Significa che intendi darti alla cucina?»
«Solo se le fiamme dell'inferno diventeranno ghiaccio. Ho partecipato alla prima lezione del corso solo perché costretto.» Si guardò attorno, notando gli oggetti così estranei al suo tipo di vita. Spremiaglio, piccole grattugie per la noce moscata, pennelli per i dolci. «A che cosa servono quei coltelli dalle strane lame?»
«Sono per i formaggi» gli spiegò Sharon. «Quelli con la lama larga servono per i formaggi cremosi, quelli dalla lama appuntita per i formaggi stagionati, quello con la lama stretta e squadrata per i formaggi morbidi e semimorbidi.»
«Ne prendo una serie. Da quando hanno aperto il Mangia e Bevi sono diventato un esperto di formaggi, e anche i gatti... Che cosa sono quegli oggetti rotondi?» chiese, indicando dei cerchietti di gomma sui quali era stampato il nome del negozio.
«Portane uno a Polly. Servono ad aprire bottiglie e barattoli. Funzionano benissimo...»
Entrambi si girarono di scatto a guardare la porta d'ingresso. Ora la banda aveva smesso di suonare e si udiva un frastuono di voci e di urla irose.
«Sembra una sommossa» disse il giornalista avventandosi verso la porta. Appena l'ebbe raggiunta si sentì un rumore di vetri infranti, poi una sirena. Molti si stavano ammassando all'estremità sud dell'isolato. Altri scappavano. La gente che aveva visto quello che era successo lo riferiva agli altri puntando il dito, mentre la giovane coppia che aveva aperto Il Re dei Polpettoni guardava costernata la vetrina infranta del proprio negozio.
Qwilleran stava osservando la scena quando Lori Bamba giunse alle sue spalle. «Che cos'è successo, Qwill?»
«Una dimostrazione antipolpettone» le rispose. «Militanti della destra protestano per gli ingredienti dissacratori contenuti nella sfoglia.»
Si allontanò da Pine Street con l'inquietante sensazione che a Pickax le cose stessero cambiando troppo in fretta. La gente del posto non era ancora pronta per i polpettoni firmati. In parte la colpa era da attribuirsi al Settore Sviluppo economico della Fondazione K. Le sue teorie sembravano buone, ma quello che gli amministratori della Fondazione non riuscivano a capire era che si trattava di una comunità che viveva a seicento chilometri a nord di ogni dove. Era necessario che le loro idee fossero filtrate da un comitato locale. Il giornalista non aveva nessuno con cui poter condividere le proprie apprensioni. I suoi amici commercianti erano accesi da ottimistico entusiasmo e lui non voleva raffreddarli. La sua confidente più intima si stava riprendendo da un serio intervento chirurgico e sarebbe stato rischioso turbarla. Tuttavia, comperò per Polly un apribarattoli e le decantò le lodi delle minestre della Cucchiaieria.
Polly gli disse: «Stasera guarderemo i fuochi d'artificio dal nostro porticato. Non vorresti unirti a noi, Qwill? Lynette ha invitato i soci del suo Club del bridge e offrirà dei rinfreschi.»
«Ti ringrazio, ma dopo aver visto i fuochi d'artificio sopra il porto di New York, è difficile eccitarsi per una pioggia di scintille sopra il parcheggio municipale di Pickax.»
Quando rientrò, trovò il caos nel soggiorno. Qualcuno aveva distrutto i crisantemi portati dai Lanspeak, che lui aveva messo sopra il camino. Qualcuno aveva fatto cadere i fiori color Borgogna d'annata sul tappeto bianco marocchino.
Koko stava seduto sul cubo in attesa di una reazione da parte del padrone.
«Lei, signore, è un cattivo gatto!» fu il rimbrotto severo che gli venne rivolto. «Il siamese si passò la lunga lingua rosa sul musino nero.»
Subito dopo però Qwilleran si addolcì. «Nemmeno a me piacevano molto. Mi facevano pensare a sangue essiccato. Scusami, vecchio mio.»
Rimase in casa per il resto della giornata. Quando gli fu portato dal negozio Exbridge & Cobb il baule da marinaio, lo fece collocare fuori della porta, sul retro. Aveva deciso che sarebbe servito per metterci dentro i pacchi in arrivo. Dopo aver trovato una vecchia asse di legno nello sgabuzzino degli attrezzi, vi incise sopra alla bell'e meglio la scritta CONSEGNARE QUI. Per cena sminuzzò quanto restava del Numero Uno in quantità sufficiente per sé e per i gatti. Dopo mangiato fece un po' di lettura ai siamesi. Koko scelse l'Almanacco del Povero Riccardo, che offriva ghiotte massime quali: "Un gatto con i guanti non prende topi".
Con il passare delle ore Qwilleran continuava a lisciarsi i baffi e a consultare l'orologio. Anche Koko era nervoso. Dopo la lettura prese ad aggirarsi per casa come un'anima in pena. Forse sentiva che erano in arrivo i fuochi d'artificio, come gli succedeva quando stava per scatenarsi un temporale? Nei negozi del centro sarebbe stato servito del punch fino alle nove di sera, poi la folla si sarebbe spostata verso l'isolato di Stables Row per assistere allo spettacolo pirotecnico.
Alle ventuno in punto questo ebbe inizio. Yum Yum si nascose subito sotto il divano, e anche Koko era piuttosto agitato. Emetteva sordi lamenti e correva avanti e indietro, come stranito. Qwilleran ora udiva vagamente il crepitio, i botti e i sibili dei razzi. Indubbiamente i gatti intuivano più di quanto potessero sentire. A un dato momento Koko emise un acuto miagolio di protesta.
La radio era sintonizzata sulla stazione della WPKX che trasmetteva in diretta dal camioncino parcheggiato davanti all'isolato di Stables Row. Più tardi avrebbero trasmesso musica per il ballo in piazza. Quando ebbe inizio, Qwilleran non spense l'apparecchio, per ascoltare il notiziario delle dieci. Era in cucina a mangiarsi un gelato quando fu annunciato il giornale radio con le ultime notizie.
"Questa sera i festeggiamenti della Fiera Gastronomica di Pickax sono stati funestati dall'omicidio di un negoziante del centro, nel corso di una rapina a mano armata. La polizia non rivelerà il nome della vittima prima di aver dato comunicazione della morte alla famiglia. Il delitto ha avuto luogo mentre la folla si era radunata in strada per seguire i fuochi d'artificio. Maggiori informazioni verranno date appena possibile."
12
Il giornale radio della WPKX con la notizia dell'omicidio colpì Qwilleran al pari della bomba che aveva distrutto l'albergo. Con orrore passò in rassegna tutti i suoi amici proprietari di negozi in centro. I Lanspeak, Fran Brodie, Susan-Exbridge, Bruce Scott e altri. Non ce n'era uno che non conoscesse.
Per prima cosa telefonò al giornale, dove il redattore del turno di notte gli disse: «Roger è già andato alla sede della polizia in attesa che comunichino il nome della vittima. Hanno chiuso al traffico l'intero isolato tra Elm e Marple street. Questo può essere considerato un indizio?»
«No» rispose Qwilleran. «In quell'isolato c'è la più alta concentrazione di negozi.» Poi provò a chiamare a casa del capo della polizia.
«Andy non c'è» lo informò la moglie, «Ha ricevuto una telefonata ed è uscito subito. C'è stato un omicidio. Non è terribile?»
«Ti ha detto chi è stato ammazzato?»
«No, solo che non si tratta di nostra figlia, grazie al cielo. Non so quando sarà di ritorno. Mi ha detto di non aspettarlo alzata. Se dovesse chiamarmi gli riferirò che lo hai cercato.»
Qwilleran cercò di leggere, ma alla radio trasmettevano i punteggi delle partite dì soccer, i bollettini meteorologici e musica country: l'omicidio aveva posto bruscamente fine al ballo in strada. Non voleva spegnerla perché sperava che trasmettessero un aggiornamento, ma nemmeno il notiziario delle 11 diede nuovi dettagli sul delitto. Il che significava che la polizia aveva difficoltà a rintracciare i parenti della vittima. I siamesi avevano avvertito che era sconvolto e sapevano che non era il caso di disturbarlo: si limitavano a consolarlo con la loro silenziosa presenza. Verso mezzanotte squillò il telefono e lui si precipitò a sollevare il ricevitore.
«Parla Brodie» ringhiò il capo della polizia. «Hai sentito la notizia? Hanno eliminato uno dei nostri testimoni.»
«No! Chi?»
«Prima di tornare a casa passo da te, se sarai ancora sveglio. Berrei volentieri un goccio, te lo assicuro.»
Di lì a pochi minuti Koko rizzò le orecchie, poi passò in cucina e si avvicinò alla finestra. Qualche attimo dopo si scorsero i fari di una macchina che sobbalzava sulla strada del bosco. Qwilleran accese le luci esterne e uscì per andare incontro al suo amico.
«Hanno fatto fuori Franklin Pickett!» furono le prime parole di Brodie. «Il poveretto è morto stringendo tra le mani un mazzo di fiori.»
Qwilleran versò dello scotch per Brodie e una Squunk per sé. Dopodiché entrambi sedettero vicino al mobile-bar con il vassoio dei formaggi a portata di mano.
«Hanno portato via il denaro dal registratore di cassa» proseguì Brodie. «Ma la rapina è stata fatta per sviarci. In realtà il movente è stato chiaramente quello di mettere a tacere un testimone. Pensa a come hanno calcolato i tempi. Nessuno guardava o ascoltava. I fuochi d'artificio erano appena iniziati e tutti fissavano il cielo. In centro si sarebbe potuto sparare con un cannone. Erano tutti davanti a Stables Row o nel grande parcheggio. Gli agenti investigativi dell'SBI sono arrivati in aereo, per la seconda volta in un settimana.»
«Chi ha scoperto il delitto?»
«Danny. Era di ronda con l'autopattuglia. I negozi sarebbero dovuti essere chiusi e le luci spente, a parte quelle notturne di sicurezza. Nel negozio di Pickett, invece, erano tutte accese. Danny è sceso per controllare e ha trovato la porta aperta. All'interno non c'era nessuno e quando ha chiamato non ha ottenuto risposta. Poi ha visto il registratore di cassa aperto e ha trovato Pickett nel retro, faccia in giù, davanti alla cella frigorifera per i fiori. La cella era spalancata.»
«Se il giorno della bomba il killer aveva comperato dei fiori Pickett avrebbe dovuto riconoscerlo, no?»
«Forse era travestito o forse aveva un complice sul posto, incaricato di eliminare quel testimone. Avevamo già ipotizzato che ci dovesse essere un collegamento locale, e questo spiegherebbe il calcolo dei tempi. Qualcuno qui probabilmente era al corrente del programma e sapeva quando colpire. Potrebbe addirittura trattarsi di una persona che Pickett conosceva e che si sarebbe potuta mescolare alla folla fino alle nove di sera, poi entrare nel negozio e metterci un bel po' a decidere che fiori acquistare. Può anche darsi che abbia scelto un cartoncino d'auguri di compleanno da cinquanta cent. Anche questo avrebbe richiesto del tempo e Pickett non era certo tipo da rinunciare nemmeno a un incasso da cinquanta cent, anche se questo significava tenere aperto il negozio tutta la notte.»
«Che genere di fiori aveva in mano la vittima?» chiese Qwilleran con lugubre curiosità.
«Color rosso scuro.»
«Prendi un po' di formaggio, Arch.»
«È quello delizioso che mi hai offerto l'ultima volta? Non ricordo come l'avevi chiamato.»
«Gruyère. È un formaggio svizzero.»
«Yow!» Da sotto il mobile-bar pervenne un commento terribilmente sonoro. Koko sapeva per esperienza dove appostarsi per avere le briciole.
Qwilleran disse: «Se vogliono eliminare dei testimoni, perché non Lenny Inchpot? Domenica concorre per la gara ciclistica. Partecipano tre vincitori di medaglie. Proprio oggi il giornale ha pubblicato il loro nome e il numero che portano sulle magliette, e anche la strada che percorreranno.»
«Lo stiamo cercando. Stasera l'hanno visto durante il ballo in strada, ma a quanto pare non è tornato a casa. Sua madre è in visita da una sorella che sta a Duluth. E scommetterei che lui ne ha approfittato per andare a fare bisboccia con i suoi compagni di gara. Forse saremo costretti a bloccarlo domenica, alla partenza, per poi spedirlo a Duluth. Non sarà contento di non poter partecipare. Ho sentito che ha un mucchio di gente che lo sponsorizza.»
«Quelli dell'SBI hanno trovato qualche traccia del tizio sospettato di aver messo la bomba?»
«Be', visto che non abbiamo un nome, un numero di targa della macchina o le impronte digitali, potremmo dire che hanno scarse possibilità di successo, ma se non si daranno per vinti prima o poi succederà qualcosa e il caso verrà risolto. L'omicidio di stasera potrebbe essere l'anello debole di questa catena.» Brodie ingollò velocemente un altro scotch, poi si scusò dicendo che doveva andare a casa. Quindi soggiunse: «Perché quell'intelligentone del tuo gatto non tira fuori qualche intuizione?» Provava un'ammirazione mista a incredulità per i brillanti risultati ottenuti da Koko in passato.
«Ci sta lavorando su, Andy.» Qwilleran pensava alla frenesia del siamese durante i fuochi d'artificio, al fatto che aveva buttato giù dal camino i crisantemi rossi, all'ululato premonitore che aveva lanciato... Forse con le sue facoltà paranormali aveva captato l'eco di un colpo d'arma da fuoco nella via principale di Pickax?
Adesso Lenny Inchpot era in pericolo. Era il figlio minore di Lois, se gli fosse successo qualcosa lei ne sarebbe morta.
Qwilleran controllò i suoi tesserini verdi che lo impegnavano a sponsorizzare vari concorrenti della gara ciclistica. Ne trovò soltanto due. Ce n'erano tre, per Gary, per Wilfred e per Lenny, che aveva messo sul tavolino del telefono sotto il fermacarte di ottone. Il tesserino mancante era quello di Lenny. Dopo un'accurata ricerca lo trovò nell'ingresso, per terra, masticato a dovere. Non si vedevano gatti in giro.
Sabato era il giorno della presentazione dei polpettoni. Quella mattina, mentre dava da mangiare ai siamesi, Qwilleran disse: «Voi siete fortunati, ragazzi miei. Non siete costretti a fare i giudici di gara, salire sul palcoscenico per l'asta e nemmeno a scrivere mille parole due volte la settimana, anche se non c'è nulla di cui scrivere.»
All'una e mezzo si presentò alla sala esposizioni dove si tenevano la Fiera Gastronomica e la presentazione dei polpettoni. All'ingresso si qualificò come giudice e raggiunse un locale sul retro. Si faticava a sentire le direttive che venivano impartite a causa del frastuono della musica amplificata e delle voci che rimbombavano nel vasto locale. C'era un'esposizione di specialità locali e alcuni cuochi vendevano cibi fatti in casa, conserve e verdure dell'orto in scatola. Alcuni di questi erano già stati premiati con i nastri azzurri. I visitatori, ridotti al silenzio dalla musica assordante, vagavano nel labirinto dei prodotti alimentari.
La stanza dei giudici era un bugigattolo tetro e male arredato, ma la giovialità di Mildred Riker e le sue battute scherzose rallegravano l'atmosfera. Appena Qwilleran le si avvicinò, lei lo abbracciò e gli infilò nell'asola della giacca un cartellino con il nome. «Qwilleran, è bello da parte tua dedicare tanto del tuo tempo prezioso alla Fiera!» esclamò al di sopra del frastuono della musica.
«Non c'è di che» le rispose con voce tonante. «Sono un maniaco del cibo. Ma non si potrebbe abbassare un po' il volume o staccare gli altoparlanti, oppure sparare al disc-jockey?»
In silenzio Mildred sì precipitò fuori della stanza. La musica si smorzò e lei tornò con un sorriso trionfante.
«Adesso» disse il giornalista «dimmi quante centinaia di polpettoni dovrò assaggiare oggi.»
«Purtroppo devo deluderti» gli rispose lei con voce allegra «ma la selezione preliminare ha ristretto il campo a quindici. I giudici della pasta sfoglia hanno eliminato circa un terzo della portate. Mi dispiace per i cuochi che si sono alzati alle quattro di mattina per infornare e che sono stati eliminati in prima battuta. Il secondo gruppo di giudici ha controllato gli ingredienti e la preparazione della farcia. Niente carne trita, niente verdure non ammesse. Ora ci sarà l'assaggio finale per il sapore e la consistenza.»
«Quanti giudici avranno assaggiato i quindici polpettoni prima che arrivino a noi?»
Non ebbe risposta perché un giovane alto e dinoccolato entrò nello sgabuzzino con passo strascicato. Spalancò le braccia e annunciò: «Indovinate un po'! Invece dello chef ci sono io.»
«Derek, che ne è di Sydney?» chiese Mildred, delusa e piuttosto irritata. Dopo tutto, Derek era solo un cameriere.
«È scivolato su un pomodoro essiccato e si è slogato una caviglia. Il vice-chef ha dovuto occuparsi lui del pranzo e i cuochi stanno già preparando la cena, quindi dovrai accontentarti del cameriere amato da tutti!»
«Certo, sicuramente tu sei un conoscitore di tutto ciò che è commestibile» ribatté lei in tono brusco. «Sediamo al tavolo e cominciamo a procedere. Prima leggerò alcuni degli orientamenti di cui dovete tenere conto. "Lo scopo della gara è quello di conservare e incoraggiare una tradizione culturale, creando in questo modo un legame spirituale con il passato ed esaltando un'esperienza culinaria che è unica in questa regione degli Stati Uniti..."»
«Chi ha scritto questa roba?» la interruppe Derek. «Non capisco neppure che cosa significhi.»
«Non preoccuparti. Limitati ad assaggiare i polpettoni» gli intimò lei seccamente, quindi proseguì:
«"I polpettoni in gara non devono superare i trenta centimetri di lunghezza, compresa la tradizionale sfoglia e gli ingredienti."»
«E le rape?» chiese Qwilleran. «Mi hanno informato che gli attivisti anti-rape protestano vibratamente.»
«Premiamo con due nastri azzurri: uno per i polpettoni con le rape e l'altro per quelli senza.»
«Devo confessare che io odio le rape» le disse. «E la pastinaca. Le ho sempre odiate.»
«Cercate di essere obiettivi quando li assaggiate» consigliò Mildred. «Un polpettone grandioso trascende i propri ingredienti. È un'arte che richiede non solo abilità culinaria, ma anche un atto di volontà.»
«D'accordo. Diamo il via agli assaggi» commentò Derek con impazienza. «Sono affamato e il mio turno di lavoro comincia alle quattro.»
Mildred aprì la porta e diede il segnale, dopodiché nella stanza furono portati i polpettoni senza rape, ridotti della metà dopo la preselezione. Furono tagliati a fette e serviti ai giudici, i quali fecero commenti stringati e risoluti: «Troppa cipolla... Un po' asciutto... Ben dosato... Troppe patate... Aroma eccellente...»
«Dopo una ripetizione dell'assaggio, fu dichiarato vincitore della categoria Senza Rape il numero 87.»
Poi arrivò un vassoio con dei polpettoni sui quali la lettera R indicava che contenevano rape. Uno in particolare fu elogiato dai due giudici maschi, ma Mildred, dopo averlo assaggiato, esclamò indignata: «Ma qui c'è del tacchino, carne scura di tacchino! Dev'essere squalificato! Come hanno fatto gli altri giudici a non accorgersene?»
Qwilleran obiettò: «Però merita un riconoscimento. Avverto un grosso impegno nella sua preparazione. Mi chiedo chi l'ha fatto.»
«Scommetto che è stato un uomo» affermò Derek.
«Be', non lo si può ammettere» esclamò Mildred con fermezza. «Quando si è giurati in una gara, le regole sono regole. Si voleva porre l'accento sulla tradizione e in questo caso la tradizione esige che la carne sia di manzo o di maiale.»
«Non riuscirai a convincermi» ribatté Qwilleran «che i primi coloni non facevano polpettoni con carne di tacchino selvatico, con cacciagione, coniglio, topo muschiato o con qualunque altro animale riuscissero a uccidere.»
«Questo può essere vero, ma se infrangiamo le regole ogni altra futura gara perderà credibilità. E non pensi alle contestazioni che ci troveremo ad affrontare?»
Derek azzardò: «Corriamo il rischio. Iniziamo la guerra.»
Qwilleran aveva una proposta. «Eliminiamo pure dalla gara questo superpolpettone, ma cerchiamo di scoprire chi lo ha preparato e scriviamo un articolo speciale su di lui o su di lei nella pagina dedicata al cibo.»
Mildred fu d'accordo. La crisi era stata superata, ma stava per esploderne una seconda. Quando emersero dalla stanza della giuria e consegnarono i due numeri vincenti al presidente di quella specifica gara, Qwilleran si avvicinò al microfono.
«Attenzione, prego» annunciò. «I nostri stimati giudici hanno selezionato due vincitori che saranno premiati con i nastri azzurri e riceveranno un premio di cento dollari ciascuno. Purtroppo, c'è stato un piccolo contrattempo. Al fine di mantenere l'anonimato dei concorrenti, i loro nomi sono stati depositati nella cassaforte dell'ufficio del nostro studio di contabilità, la Mac Whannell & Shaw, e dato che saranno chiusi fino a lunedì, al momento non possiamo avere il nome dei vincitori. Tuttavia, costoro ne saranno informati lunedì mattina stessa e i loro nomi saranno comunicati attraverso la WPKX e il "Moose County Something".»
Mentre i giudici uscivano dall'edificio Mildred disse a Qwilleran: «Non sei rimasto scioccato per l'omicidio di ieri sera? Hanno detto che si è trattato di una rapina a mano armata. Non è mai successo niente di simile nella contea di Moose.»
Il giornalista, che ne sapeva più di quanto potesse rivelare alla moglie del suo editore, rispose: «Quelli dell'SBI si stanno occupando del caso e si può presumere che il responsabile sia un elemento criminale di Giù in Basso... e non qualche teppista di Chipmunk. Tra l'altro, i gatti desiderano esprimerti la loro riconoscenza per il Numero Due, che si va riducendo a vista d'occhio, mentre loro stanno ingrassando sempre più.» Non era precisamente la verità, ma suonava bene. In realtà, Qwilleran controllava che non eccedessero nel cibo perché era convinto che i gatti siamesi dovessero rimanere snelli. Anche quando dava loro qualche pezzetto di formaggio, la leccornia preferita, non era mai più grande di un vinacciolo d'uva. Eppure loro masticavano, muovevano la testa, si lavavano i baffi e le orecchie per dieci minuti, come se avessero mangiato una costata di Del Monico.
Qwilleran aveva ancora un impegno: l'asta delle celebrità. In vista dell'evento si vestì con molta cura. Quando era un giornalista che lavorava duro Giù in Basso non aveva avuto né tempo né denaro da sprecare per indossare capolavori di eleganza. Ora il suo nuovo stile di vita gli aveva regalato entrambe le cose: tempo e denaro, e il suo mentore era il proprietario del negozio di confezioni maschili Scottie. In occasione dell'asta questi gli aveva suggerito una giacca sportiva in misto seta color bronzo, pantaloni color oliva e una camicia di seta pure color oliva.
Prima di raggiungere l'auditorio delle scuole superiori, fece un salto in Gingerbread Alley per ricevere l'approvazione di Polly riguardo al proprio abbigliamento. Lei disse che aveva un aspetto distinto e romantico, aggiungendo: «Telefonami quando sarà finito. Non importa anche se è tardi. Non riuscirò a dormire finché non saprò chi ha vinto la cena in tua compagnia.»
La gente che era venuta per l'asta aveva speso molto per i biglietti e aveva tutte le intenzioni di divertirsi. Il banditore, l'Astuto Fred, sfoggiava una giacca rossa e un cappello western. Era molto impegnato a far crescere l'entusiasmo, mentre i suoi assistenti, anch'essi in giacca rossa, distribuivano i cartellini numerati a coloro che intendevano partecipare all'asta. Sul palcoscenico erano state collocate fotografie delle celebrità grandi come poster, esposte su cavalletti o appese alla parete in fondo.
Quanto alle stesse celebrità, erano in attesa dietro le quinte della sala verde, da dove avrebbero potuto seguire quanto si svolgeva nell'auditorio, che era dotato di impianti di amplificazione. Oltre a Qwilleran, c'erano il sindaco, il meteorologo della WPKX, il più importante fotografo della città e l'onnipresente Derek Cuttlebrink, oltre a cinque belle donne: l'ereditiera di Chicago, la bella e giovane dottoressa, l'affascinante designer di interni, la popolare ingenua del Club del teatro e l'elegante vicepresidente del "Moose County Something".
Qwilleran disse loro: «Mi aspetto che l'Astuto Fred mi presenti come "un vecchio autentico cronista ancora in discrete condizioni, con la patina dell'età e i segni di una vita tribolata impressi sul viso". Le offerte partiranno da cinque dollari.»
John Bushland, la cui calvizie si faceva sempre più evidente, ribatté: «Sei pazzo? Arriveranno a impegnarsi i denti per te, Qwill. Tu hai più capelli di tutti noi messi insieme.»
Hixie Rice rassicurò i presenti: «Dwight ha sguinzagliato degli infiltrati in mezzo al pubblico per ravvivare l'asta in caso l'atmosfera fosse moscia e le offerte risultassero troppo basse.»
Fran Brodie mormorò a Qwilleran: «C'è da aspettarsi che il sindaco abbia l'impudenza di indossare lo smoking e la fascia di seta. Tu sei vestito in modo molto appropriato, Qwill. Se facessi parte del pubblico offrirei per te un mese di guadagni. Ieri è venuta allo studio Danielle Carmichael per scegliere la carta da parati. Sono entrambi qui, stasera. Willard farà un'offerta per me e lei la farà per te, anche se il maritino non le permette di superare i mille dollari.»
«Hai avuto altre notizie riguardo all'omicidio?»
«Solo sul tipo di arma che è stata usata. Però è successo meno di ventiquattr'ore fa. Dai tempo al tempo.»
In quel momento Pender Wilmot del Club dei pubblicitari comparve nella sala verde per dare qualche informazione alle celebrità, che apparivano piuttosto nervose. «I lotti saranno messi all'asta secondo l'ordine in cui appaiono sul programma stampato. L'Astuto Fred aprirà le offerte con un prezzo di base già concordato. Non preoccupatevi se all'inizio le offerte saranno basse. Lui è un maestro nello spremere il pubblico. Quando il vostro lotto sarà stato attribuito, l'acquirente salirà sul palco e voi comparirete per stringere la mano a chi vi dovrà portare fuori a cena. Rilassatevi e divertitevi. Dovete solo pensare che state facendo tutto questo per una buona causa.»
L'Astuto Fred picchiò il martelletto e l'asta ebbe inizio. Il lotto del sindaco, cena al Purple Point Boat Club, fu assegnato per settecentocinquanta dollari. Quando lui salì sul palcoscenico gli fu presentata Elaine Fetter, vedova, grande attivista del volontariato, cuoca raffinata e coltivatrice di funghi.
Fran bisbigliò a Qwilleran: «Da quando ha perso il marito fa la corte al sindaco. Vive in West Middle Hummock. Le ho ristrutturato io la casa. Ha una piscina favolosa.»
Il lotto di Fran, che comprendeva una cena al Palomino Paddock, fu acquistato per mille dollari dal dottor Preligate. Dopo avergli stretto la mano, lei disse a Qwilleran con voce sommessa: «Non è affatto il tipico rettore di un college. Lo trovo molto sexy. Mi chiedo che cosa dovrò indossare per uscire a cena con lui.»
«Forse riuscirai a ottenere un incarico per qualche arredamento di interni» azzardò il giornalista. «Cerca di scoprire se gli piace il colore azzurro.»
Dopo che il motorino con cui Derek Cuttlebrink effettuava le consegne a domicilio fu assegnato per 325 dollari tra le urla entusiastiche delle sue fan presenti tra il pubblico, nella sala verde si udì la voce di Jennifer Olsen che protestava: «È ingiusto! Le ragazze si sono messe insieme per raccogliere la somma e poi hanno tirato a sorte. Invece ha vinto una parrucchiera che disponeva di centinaia di dollari. Nessuno avrà mai una cifra tanto alta da offrire per me.»
Però la giovane e graziosa attrice smise di tenere il broncio quando il suo lotto "Mangiate tutto quello che riuscite a mangiare" fu assegnato per quattrocento dollari. Salì sul palcoscenico in stato di choc per conoscere la persona con cui sarebbe uscita a cena. Dalla sala verde la sentirono urlare: «Papà!»
«Questo sì che è amore paterno» commentò la dottoressa Diane. «Quel povero signor Olsen sarà costretto a mangiare la roba orribile che servono all'Hot Spot e restarsene seduto per due ore a farsi assordare dalla musica rock. Lunedì mattina si presenterà in ambulatorio a lamentarsi di essere diventato sordo e di avere bruciori di stomaco.»
Il lotto di Qwilleran, un trattamento completo di trucco e messinpiega seguito dalla cena al Vecchio Mulino di Pietra, fu battuto per ultimo. Se gli altri lotti erano stati accolti da mormorii interessati e qualche esclamazione gioiosa, il suo scatenò un uragano di applausi, di evviva e un assordante batter di piedi.
L'Astuto Fred urlò: «Chi vuole uscire a cena con un famoso giornalista?» Aveva ricevuto istruzioni di non accennare né al denaro né ai baffi di Qwilleran. «Vogliamo partire da cinquecento? Chi offre cinquecento? Vedo cinquecento? Ho sentito quattrocento? Niente da fare... torni da dove è venuto. Chi offre quattrocentocinquanta?»
«Qui!» gridò uno dei due assistenti, indicando un cartellino sollevato da qualcuno del pubblico.
«Ho avuto un'offerta di quattrocentocinquanta... arriviamo a cinquecentocinquanta. Ho visto bene, cinque e cinquanta?»
«Qui!»
«Così va bene, adesso sì che ci stiamo muovendo. Chi offre seicentocinquanta? Su, coraggio con le offerte! Ho visto seicentocinquanta... Arriviamo a settecento... Settecento per una cena da mille dollari... Chi mi offre settecento?»
«Qui!»
«Facciamo ottocento. È un'occasione unica, amici! In ultima fila ho visto un ottocento... Vedo anche un novecento? Forza, coraggio, offrite! Laggiù a sinistra hanno rilanciato novecento. Arriviamo a mille! Sentiamo l'artiglieria pesante. Una cena che non dimenticherete mai. Siamo a mille. Chi offre milleduecento? Milleduecento dalla signora in ultima fila... Vogliamo offrire millecinquecento? Millecinquecento... Millequattrocento sono stati già offerti, arriviamo a millecinquecento. Dov'è quel cartoncino in ultima fila?»
Qwilleran e Fran si scambiarono occhiate preoccupate. Danielle aveva sforato il suo budget di mille dollari. Con aria afflitta lui si passò una mano sul volto.
«Ho sentito millecinquecento? Sparate, su! Non potete perdervelo adesso. Arriviamo a millecinquecento.»
«Qui!»
«Millecinquecento sono stati già offerti. Chi offre milleseicento? Millecinquecento e uno... millecinquecento e due...» Si udì il battito del martelletto. «Venduto per millecinquecento alla signora in fondo con il numero 134. Non svenga, signora mia! Le giubbe rosse la accompagneranno sul palco.»
Qwilleran disse: «Oh, mio Dio, chi può essere?» Una rosa di nomi gli sfrecciò per la mente. Donne che in quegli ultimi cinque anni avevano continuato ad assillarlo... donne che potevano permettersi di spendere millecinquecento dollari... Donne che gli piacevano e donne che non gli piacevano affatto. Se Polly fosse stata lì si sarebbero potuti mettere d'accordo prima: lei avrebbe fatto le offerte, lui avrebbe pagato.
I suoi colleghi nella sala verde applaudirono. Il pubblico si stava scatenando. Derek e Bushy lo tirarono su dalla sedia e lo spinsero verso il palco. L'Astuto Fred urlò: «Venga, signor Q, non sia timido!»
Il momento giusto della sua entrata in scena era stato calcolato alla perfezione e con grande teatralità. La tensione andava aumentando. Il banditore prese a urlare: «Ecco la fortunata signora. Salga! Non si sente tremare un po' le gambe?»
Qwilleran si rassettò i baffi, trasse un respiro profondo e raddrizzò le spalle. Arrivato al palco fece un rapido inchino alla sala illuminata e alle centinaia di volti che lo fissavano. La vista dei famosi baffi fece aumentare il fragore. Lui guardò attraverso il palcoscenico e vide un assistente in giacca rossa che aiutava una donna piccola dai capelli grigi e salire i gradini.
«Sarah!» esclamò, allibito.
13
Al giornale tutti la chiamavano Sarah. Adesso lei si stava presentando come Sarah Plensdorf. Qwilleran attraversò il palcoscenico, raggiunse la donnina nervosa e le tese le mani in un gesto rassicurante. Lacrime di emozione e di trionfo le rigavano le guance. La reazione del giornalista fu quella di chiedersi come poteva permettersi di sborsare quella cifra e perché l'aveva fatto per una cena con lui. Si disse che doveva trattarsi di un tiro birbone finanziato dall'infernale trio: Riker, Hixie e Junior. Era proprio il genere di scherzo che poteva aspettarsi dai suoi amici, costoso ma detraibile dalle tasse... Bene, avrebbe guastato il loro divertimento. Avrebbe recitato un'ottima commedia. Afferrò le mani tremanti della signorina Plensdorf e con un inchino compito le espresse tutto il piacere che provava perché lei aveva vinto. E quando la strinse in un vigoroso abbraccio in sala scoppiarono tutti in un fragoroso applauso.
L'assistente dalla giacca rossa condusse entrambi verso un locale dove Pender Wilmot li invitò a fissare una data per la sera della cena.
«Lunedì sera è troppo presto?» chiese timidamente la donna. «Sono così emozionata e impaziente!»
«Lunedì va benissimo» confermò Qwilleran. «Prenoterò il tavolo migliore al Mulino di Pietra e passerò a prenderla per le sette.» E così apprese che lei abitava all'Indian Village, una zona bene dove molti single avevano eleganti appartamenti.
Mentre tornava nella sala verde pensava che gli sarebbe potuta andar peggio. In ufficio Sarah era sempre vestita con buon gusto e il suo eloquio era quello di una persona colta. Inoltre faceva sempre osservazioni intelligenti sulla sua rubrica e nessun accenno ai suoi baffi. Una volta truccata e pettinata com'era previsto nel lotto offerto all'asta, lui avrebbe cenato con una compagna più che presentabile. Inoltre tutto questo era al servizio di una causa meritevole. Era contento che Sarah Plensdorf avesse estromesso dalla competizione Danielle Carmichael.
Quando fu rientrato, telefonò subito a Polly per darle la notizia.
«Sarah Plensdorf? Che sorpresa!» esclamò lei. «Be', mi fa piacere che abbia vinto. È una persona molto cara.»
«Io la conosco solo nella veste di addetta all'archivio del giornale e mi sembra che svolga il suo lavoro con efficienza e in modo garbato. Quello che mi chiedo è come può permettersi di spendere millecinquecento dollari.»
«Sono sicura che può farlo. Le sue offerte per la biblioteca sono sempre molto generose. I Plensdorf si sono arricchiti tanto tempo fa con il legname. Immagino che abbia ereditato un bel po' di soldi.»
«Capisco» disse Qwilleran. «Sai anche quali sono i suoi interessi personali?»
«So soltanto che colleziona bottoni.»
«Bottoni?» ripeté lui incredulo. «Ho capito bene?»
«Non hai visto la sua collezione esposta l'anno scorso nella bacheca della biblioteca? Ne ha parlato anche il tuo giornale!»
«Non ho visto la bacheca e non ho letto l'articolo» replicò lui in tono di sfida.
«Quando uscirete a cena?»
«Lunedì sera.»
«Se nel frattempo vuoi aggiornarti sui bottoni, in biblioteca troverai qualche libro sull'argomento.»
«Ti sono grato per il consiglio, ma... no, grazie.» Sorvolerò sull'argomento.
Svegliarsi di buon'ora non accadeva di frequente a Qwilleran, ma quella domenica mattina uscì di casa alle sette e mezzo e si diresse in macchina verso Kennebeck. I boschi sulla collina a sud della città erano punteggiati di automobili, di furgoncini, di roulotte parcheggiate sui pendii. Quelli che erano arrivati prima per assicurarsi un buon posto stavano facendo la prima colazione accanto ai loro veicoli. Per le otto e mezzo avevano già preparato le macchine fotografiche.
Prima un'autopattuglia salì lentamente fino alla vetta, quindi ridiscese per il lungo pendio, seguita da oltre un centinaio di biciclette da corsa dalla linea elegante. I concorrenti, con il casco in testa, pedalavano chini sul manubrio. Qwilleran si augurò di non vedere la maglia verde di Lenny con il numero 19 stampato sulla schiena. Quando passarono le medaglie d'oro e di bronzo, vi fu uno scoppio di applausi. La medaglia d'argento, invece, non si vedeva da nessuna parte. Il dipartimento di polizia lo aveva costretto a ritirarsi. Forse era già in viaggio per Duluth.
La corsa fu uno spettacolo allegro, almeno fino al momento in cui non si udì un colpo di fucile. La folla ammutolì di colpo. Seguì un secondo sparo e i genitori spinsero i loro bambini a bordo delle macchine. Qualcuno gridò: «È solo un cacciatore di conigli!» Ma l'agente in motocicletta che scortava i corridori prese a parlare in un telefono cellulare mentre l'autopattuglia tornava indietro.
Qwilleran pensò: "Sono tutti nervosi! Per un'intera vita hanno sentito sparare i cacciatori. Come cambiano le cose non appena c'è di mezzo un omicidio!"
Quando tornò a casa, prima di aprire la porta sul retro diede una fugace occhiata al baule da marinaio. Con sorpresa scorse una scatola di cartone con una grossa etichetta: PRODOTTO DELLA FATTORIA DEL TACCHINO SURGELATO. PESO: CINQUE CHILI E MEZZO. TENERE NEL SURGELATORE FINO AL MOMENTO DELL'USO. QUINDI SCONGELARE IN FRIGORIFERO.
Una bustarella, pensò Qwilleran, e subito dopo si ricordò che le bustarelle erano una consuetudine disonesta delle grandi città. In campagna, seicento chilometri a nord di ogni dove, ciascun vicino aiutava il suo vicino e riceveva manifestazioni di gratitudine accettate con buona grazia. La domanda allora era: che cosa doveva fare del tacchino? In quel momento ricordò la dimostrazione alla quale aveva assistito durante il corso di cucina di Mildred. Preparare un tacchino non era poi un'impresa sconvolgente. Anche perché era il forno a fare gran parte del lavoro. Seguendo le istruzioni non sarebbe certo stato più difficile che cambiare una gomma: anzi, forse anche più facile. Si sarebbe servito di una grossa padella con la griglia incorporata. In casa c'erano due padelle per cuocere il tacchino ma le aveva adibite ad altri scopi. Intanto i gatti stavano miagolando su un'estensione di cinque ottave, per cui decise di chiuderli nello sgabuzzino delle scope, dopodiché aprì la scatola e mise nel frigorifero il volatile, avvolto nella plastica.
Quando fu l'ora si sintonizzò sulla WPKX in attesa di ascoltare la cronaca della gara: quanti concorrenti erano partiti, quanti si erano ritirati e a quale cartello indicatore erano arrivati i primi. Udì invece una notizia sbalorditiva:
"Questa settimana un pescatore è stato trovato morto in seguito a numerose punture di api. A detta del medico legale, gli insetti hanno attaccato in tale quantità che la vittima è rimasta soffocata. Il corpo è stato trovato in un capanno in affitto di proprietà di una delle Industrie Ittiche Scotten, sulle rive del Black Creek. Al momento non si hanno altri particolari, ma a quanto dichiarato dalla polizia, il defunto non era residente nella contea di Moose."
Le ultime parole, pronunciate con un'enfasi carica di significato, erano tipiche della WPKX e volevano dire: rilassatevi, non era uno di noi.
All'improvviso Qwilleran decise di recarsi subito a trovare Aubrey Scotten. Ogni volta che succedeva qualcosa di insolito gli piaceva tastare il polso della gente. Si recò alla tavola calda di Dimsdale. Era domenica mattina, non c'erano furgoni fermi nello sconnesso parcheggio e nessun contadino seduto al grande tavolo a fumare e a ridere. Prese posto al banco sull'unico sgabello che aveva ancora il sedile. Gli altri se ne stavano ritti, come minacciosi pali metallici in una trappola anticarro.
Si rivolse al barista semiaddormentato: «Vorrei una tazza di quel suo famoso caffè amaro e una delle sue ciambelle speciali, quelle vecchie di tre giorni.»
L'uomo si allontanò per preparare quanto gli era stato ordinato. Nel retro una vecchia radio sputacchiava musica.
Qwilleran chiese: «Dove ha comperato quella radio? Ha un audio perfetto.»
«L'ho trovata.»
«Ha saputo di quel tizio che è morto per le punture delle api?»
«Sissignore.»
«Chi era? Lo sa?»
«Un pescatore.»
«Era mai successo qualcosa del genere da queste parti?»
«Nossignore.»
«Evidentemente era allergico alle punture delle api.»
«Lo penso anch'io.»
Un giorno Qwilleran si sarebbe deciso a scrivere un articolo riguardo alla laconica sottocultura della contea di Moose. Impegnare la gente in una conversazione era il suo hobby. «È il caffè migliore che abbia mai bevuto. Eccellente aroma!» si complimentò. «Come si chiama?»
«Al.»
«Grazie, Al. Buona giornata.»
In effetti era una buona giornata. Proprio nello stile della contea di Moose, assolata ma abbastanza fresca per indossare un golf. In giornate come quella l'edificio di mattoni rossi che era la casa di Gustav Limburger spiccava tra la vegetazione e il suo stato di abbandono gli conferiva un'aura di grandiosità. Entrò nel cortile sul retro e suonò il clacson. Vide che la porta del capanno del miele era aperta. Dopo che ebbe suonato la seconda volta, sulla soglia comparve una figura sconsolata. Non era lo stesso uomo che gli aveva parlato con entusiasmo delle sue api, delle frittelle di Lois e della Bibbia tedesca che avrebbe ereditato. Era come se il suo corpo si fosse rimpicciolito e il suo faccione si fosse afflosciato.
Con un balzo Qwilleran scese dall'auto e gli si avvicinò. «Si ricorda di me? Jim Qwilleran. Ero venuto a comperare un paio di barattoli di miele.»
Senza rispondere Aubrey scomparve nell'oscurità del capanno, quindi ritornò con due barattoli. La transazione fu effettuata in silenzio.
«Bella giornata, vero?» chiese il giornalista.
L'altro si guardò attorno per appurare che tipo di giornata fosse, quindi annuì distrattamente.
«Come sta il signor Limburger?»
«Come prima, penso» gli rispose con quella sua voce stridula.
«Ha saputo che Lois ha chiuso il ristorante? L'apicoltore fece un cenno di assenso, guardandolo con espressione confusa.»
«Le piace il suo lavoro all'allevamento di tacchini?»
L'altro si strinse nelle spalle. «Va... va bene.»
«Senta, Aubrey sta male? C'è qualcosa che la preoccupa?»
Gli aveva posto quelle domande un po' per curiosità e un po' per preoccupazione. Due lacrime scesero sul volto mite dell'apicoltore, che le asciugò con la manica. Qwilleran si immedesimò subito nel ruolo del fratello maggiore.
«Andiamo, ragazzo mio, sediamoci e parliamone. Le farà bene!» Prese il giovanotto per il gomito e lo condusse fuori del capanno verso una panca malridotta. Rimase in silenzio per qualche istante. «Mi è dispiaciuto per l'incidente avvenuto al suo capanno. Conosceva quell'uomo?»
Il respiro di Aubrey in realtà era una serie di profondi sospiri. «Era mio amico.»
«Davvero? Da quando lo conosceva?»
«Da molto tempo.»
«Era mai stato qui prima?»
Altri stanchi cenni di assenso.
«E le api non lo avevano mai attaccato? Nessuna reazione.»
«Dov'era lei quando è successo?»
«In casa.» Indicò con il capo l'edificio di mattoni.
«Deve aver fatto qualcosa che ha spaventato o sconvolto le api.»
Aubrey si strinse nelle spalle, che sembravano appesantite da un grosso fardello.
«Vorrei trovare qualcosa da dire o da fare per poterle essere d'aiuto, Aubrey. Per tenersi su il morale, vada a trovare il vecchio in ospedale, faccia il suo lavoro all'allevamento e si occupi delle sue api. Ci vuole tempo per riprendersi dallo choc di una tragedia come questa. Si tenga occupato. Affronti una giornata alla volta.»
Mentre continuava a sciorinare quelle banalità, pensava al mattino in cui da Lois si era parlato della bomba e quel giovanotto sensibile aveva detto: "Qualcuno è stato ucciso" e poi si era precipitato fuori del ristorante senza finire le sue frittelle. Adesso era stato ucciso un suo vecchio amico ed erano state le sue api a farlo, e questo non poteva che aumentare la sua angoscia. Se era vero che gli insetti morivano dopo aver punto, questo significava che Aubrey aveva perso una gran quantità del suo sciame. Era una persona sola che appariva desiderosa di avere un amico. Gli piaceva Lois perché era cordiale con lui così come lo era Gary, il proprietario dell'Orso Nero; le api erano sue amiche.
Prendendo spunto da quelle considerazioni, il giornalista disse: «In momenti come questi serve parlare con qualcuno. Aubrey, voglio che mi consideri suo amico e che mi chiami se avrà bisogno di aiuto. Questo è il mio numero di telefono.» La sincerità che traspariva dall'atteggiamento del giornalista era eloquente quanto le parole che aveva pronunciato.
Aubrey prese il biglietto da visita e annuì, passandosi di nuovo una mano sulla faccia. Poi accompagnò sino alla macchina Qwilleran, che se ne stupì.
«La polizia è stata qui» disse l'apicoltore in tono preoccupato.
«Lo fanno sempre, in casi di morte violenta. La polizia, gli infermieri e il medico legale devono essere presenti. Che cos'ha detto la polizia?»
«Hanno fatto domande sulle api. Possono arrestarmi per quello che hanno fatto?»
«Sicuramente no. I poliziotti pongono sempre una gran quantità di domande ed è anche possibile che tornino. Dovrà solo limitarsi a rispondere con sincerità, senza dare grandi spiegazioni. Se dovessero renderle la vita difficile, me lo faccia sapere.»
Mentre tornava a casa Qwilleran continuava a lisciarsi i baffi con la mano stretta a pugno. Il suo istinto e il fremito al labbro superiore gli dicevano che in quella faccenda c'era qualcosa che non appariva in superficie. Inoltre Koko era stato agitato durante tutto il fine settimana, e questo era un chiaro segno che cercava di comunicare qualcosa. Continuava anche a far cadere dallo scaffale della libreria il libro Sapore di miele.
Dopo la desolazione di Black Creek si diresse in macchina verso West Middle Hummock, dove case eleganti si arroccavano tra colline ondulate e strade tortuose. Era lì che vivevano i Lanspeak e i Wilmot. Elaine Fetter aveva proposto la domenica pomeriggio per l'intervista sui funghi, dato che durante gli altri giorni della settimana era impegnata con le sue attività di volontariato. In previsione di quell'appuntamento aveva consultato l'enciclopedia e aveva appreso che il fungo commestibile appartiene alla specie delle sporofore, che è costituito in gran parte d'acqua ed è dotato di un ibrido sistema riproduttivo... quella che viene definita la sessualità del fungo. Benché non fosse un giardiniere sapeva che a piantare un ravanello si ottiene un ravanello. Ma nella riproduzione dei funghi sembrava esserci qualcosa di oscuramente misterioso.
La signora Fetter era un'esperta di shiitake, che lei pronunciava shi-to-ki. Qwilleran si disse che la parola giapponese con due "i" avrebbe confuso i correttori di bozze del "Something". Nonostante fossero passati diversi anni, avevano ancora difficoltà a collocare nel modo corretto la Q e la w del suo cognome.
Casa Fetter era una vecchia costruzione colonica per la quale si era speso a piene mani, con terrazze scoperte e rampe d'accesso che le conferivano un tocco di modernità. La donna che venne ad accoglierlo era la stessa persona statuaria, sicura di sé e molto curata che all'emporio di Toodle gli aveva consigliato il riso a grana piccola.
«Entri, berremo una tazza di tè in soggiorno.» Lo precedette attraverso stanze spaziose, arredate con mobili antichi in legno di ciliegio e di pino, fino a una grande cucina con un fornello a sei fiamme, una serie di forni e scaffali stracarichi di libri di cucina. Una grata metallica divideva lo spazio adibito alla cucina da un soggiorno, in cui c'erano un camino e sedie stile Windsor collocate attorno a un tavolo di vimini. La grata somigliava molto al pezzo mancante della recinzione di casa Limburger.
Qwilleran osservò: «Tutto questo materiale sarebbe perfetto per la nostra nuova pagina dedicata alla cucina. Se lei ce lo consentirà, John Bushland potrebbe scattare un po' di foto. Si è servita di un arredatore?»
«No, ho fatto tutto da sola, anche se lo Studio di Amanda ha ordinato alcune cose per me. Io definisco questo punto il centro nevralgico della mia casa. Passo qui le mie mattine a provare ricette e sperimentare nuovi piatti. Sto scrivendo un libro di cucina, oltre a fare una consulenza per quello destinato agli Amici della biblioteca.»
Dopo aver chiesto alla sua ospite il permesso, Qwilleran azionò il registratore, quindi chiese: «Potrebbe descrivermi concisamente come si coltivano i funghi shiitake!»
«Certo. Per prima cosa bisogna trovare una quercia giovane e sana e potarla non appena le foglie cominciano a cadere e prima che germogli. Dovrebbe avere un diametro di dieci fino a quindici centimetri e la corteccia essere del giusto spessore.»
«E qual è il giusto spessore? Tutto questo mi sembra una cosa riservata agli iniziati.»
«Oh, certo, qui si tratta di studio e di esperienza. Dopo aver tagliato i tronchi in sezioni di centoventi centimetri, bisogna comperare i miceli, praticare dei buchi nei tronchi che li alloggeranno, quindi iniettarli all'interno e tappare i buchi. Dopodiché staranno per tre mesi in incubazione.»
«E in quella fase li si lascia stare?»
«Niente affatto. Bisogna mantenere costante l'umidità impregnandoli in profondità oppure annaffiandoli di tanto in tanto, delicatamente. Un termometro elettrico misura l'umidità interna del legno.» Spiegava il procedimento in modo conciso e preciso, come se ripetesse una lezione imparata su un libro di testo. «Dopo aver iniettato i miceli si aspetterà dai sei ai nove mesi.»
«E che cosa si fa del raccolto?»
«Si vende ai ristoranti e ai mercati più importanti di Lockmaster. I negozianti locali li ritengono troppo costosi, anche se gli shiitake sono ritenuti più gustosi e nutrienti dei funghi comuni. Dopo che avremo visitato il campo di coltivazione gliene cucinerò un po' con aglio, prezzemolo e pepe nero appena macinato.»
Una vetrata scorrevole li immise dalla cucina in un patio, quindi scesero giù per una rampa, percorsero un vialetto asfaltato e poi si diressero verso una zona boscosa sulla sponda di un ruscello. Nella semioscurità molti tronchi erano accatastati a lisca di pesce, altri stavano attorno a un palo centrale. Da alcuni stavano germogliando delle piccole gemme. «Cominciano adesso a spuntare» gli spiegò. «E laggiù c'è un gruppo pronto per essere raccolto.» Gli indicò dei tronchi contornati da mazzi di grandi funghi con cappelle grosse come piatti e con disegni bianchi e marrone.
Qwilleran si disse che al confronto i funghi normali sembravano nudi.
«I funghi sono ancora considerati afrodisiaci?» chiese, ricordando di aver letto sull'enciclopedia qualcosa al riguardo.
«In passato ci sono state ogni sorta di superstizioni e ce ne saranno sempre» rispose lei. «Vi fu un periodo in cui alle donne non era permesso l'accesso ai locali in cui si coltivavano funghi perché si pensava che la presenza femminile rovinasse il raccolto.»
«Quando, nel Medio Evo?»
«Non ci crederà, ma questa convinzione è sopravvissuta fino all'inizio del ventesimo secolo. Lo sapeva che gli scienziati si accapigliavano sulla domanda se il fungo era una pianta o un animale?»
Mentre tornavano in cucina, Qwilleran osservò: «Questo progetto shiitake sembra richiederle un mucchio di lavoro, considerate tutte le sue altre attività...»
«Ho qualcuno che mi aiuta un po'» gli rispose con noncuranza.
Mentre lei faceva saltare sul fuoco alcuni shiitake Qwilleran esaminò la sua vasta collezione di libri riguardanti il cibo: Larousse, Escoffier e Brillat Savarin, nonché manuali di cucina di tutto il mondo e collezioni di ricette di chef famosi. Si chiese quanto sarebbe stato originale quello che la signora Fetter stava preparando e quanti di coloro che scrivevano su quell'argomento copiassero dagli altri. Ma prima di poter sfogliare qualcuno di quei volumi, fu invitato a sedersi a tavola ed ebbe finalmente modo di assaggiare i funghi migliori che avesse mai mangiato in tutta la sua vita.
Più tardi, quando uscì con Polly a fare due passi, le raccontò tutto.
«Dopo aver trascorso cinque minuti con l'enciclopedia e un'ora in compagnia di Elaine Fetter sono diventato un esperto micologo. So che la cappella di un fungo si chiama pileus, la parte sottostante lamellae e il gambo peduncolo. Inoltre ci sono tre tipi di shiitake, uno dei quali si chiama Koko.»
«La tua erudizione mi sbalordisce. Che cosa ne pensi di Elaine?»
«Sinceramente ammiro la sua vitalità, la sua competenza e la sua collezione di libri di cucina, ma...» Si picchiettò i baffi. «Ho la strana sensazione che non mi abbia detto proprio tutto. Nella mia Carriera ho intervistato più o meno diecimila persone. E quando nascondono qualcosa... o mentono, sento delle vibrazioni.»
«Ti ha parlato di suo figlio?»
«No. La conversazione è stata incentrata solo sui funghi e sulle sue attività personali. Non ha nemmeno accennato all'asta, e pensare che è stata lei a catturare il sindaco. Che cos'ha suo figlio?»
«Donald vive con lei. Era al volante della loro macchina quando si è schiantato e ha ucciso il marito di Elaine. Il ragazzo è rimasto paralizzato. È costretto su una sedia a rotelle, ma la sua terapia è la coltivazione di shiitake, che gli dà una ragione per vivere.»
«Mmm... Questo getta una luce diversa su tutta la faccenda» commentò il giornalista. «È una storia che potrebbe offrire spunti interessanti. Inoltre così si spiegano i vialetti asfaltati e la spaziosità della casa. Adesso è chiaro.»
«Forse non avrei dovuto parlartene...»
«Sono contento che tu l'abbia fatto, invece, molto contento! La domanda è: perché mi ha taciuto questo aspetto della coltivazione dei funghi? Forse Donald non vuole pubblicità a causa delle proprie condizioni fisiche? O forse è sua madre che lo isola dalla gente perché vuole la pubblicità per se stessa?»
«Osservazione acuta» commentò Polly. «È una donna molto vanitosa e ha un ego possente. E questo le rende difficile andare d'accordo con i volontari. Si prende sempre il merito di quello che fanno gli altri... Che cosa intendi fare?»
«Per ora non pubblicherò nulla al riguardo fino a quando non sarò riuscito ad andare a fondo del problema.»
«Spero che tratterai questa storia con tatto.»
«Non preoccuparti, non ti coinvolgerò in alcun modo. Questo però mi mette un po' nei guai, perché avrei dovuto preparare l'articolo per questa settimana; adesso invece sarò costretto a trovare subito un altro argomento in sostituzione.»
Rifiutò l'invito a bere un tè con lei e con Lynette, dichiarando che doveva fare delle telefonate. Non gliene accennò, ma c'era dell'altro, oltre agli shiitake, che lo preoccupava.
14
Dopo il colloquio con Elaine e l'illuminante conversazione con Polly, Qwilleran si affrettò a tornare a casa. Fece un cenno di saluto a Celia Robinson, che stava scendendo dalla sua auto rossa davanti all'ex rimessa per le carrozze. Guardò dentro il baule da marinaio vicino alla porta di servizio... vuoto! Entrò e si diresse direttamente al telefono senza nemmeno parlare ai gatti, che erano venuti a dargli il bentornato. Chiamò Celia.
«Salve, capo!» lo salutò lei con la sua solita allegria. «Mi aveva cercata? Sono stata fuori tutto il giorno. Ho cantato nel coro e poi ho servito il caffè. Quindi Virginia Alstock mi ha portato a cena con i suoi e siamo andati a fare un giro in macchina. Era una bellissima giornata. Lei ha fatto qualche cosa di speciale?»
«No. Io sono solo un uomo costretto a lavorare» le rispose. «Ho fatto un'intervista a West Middle Hummock. È per questo che l'ho chiamata. Per caso conosce un certo Donald Fetter?»
«Ma certo, lo conosco benissimo. È socio degli Amici dei malati. È costretto su una sedia a rotelle, in seguito a un incidente d'auto. Suo padre è rimasto ucciso e lui non potrà mai più camminare. Sua madre dice che guidava a velocità esagerata per queste strade tortuose ed è andato a sbattere contro un albero. È molto giovane. Perché me lo ha chiesto?»
«È una lunga storia... troppo lunga per parlarne al telefono. Perché non sale in macchina e non viene qui prima che diventi buio? Ho un formaggio nuovo da farle assaggiare.»
«Non è strano?» lo interruppe Celia. «Quando mi ha telefonato stavo proprio pensando a lei. Virginia mi ha dato una ricetta per i maccheroni al formaggio e...»
«Se ha bisogno di una cavia sono disposto a fare da volontario. Nel frattempo forse avrò un altro incarico da affidarle.»
«Urrah!» esclamò lei con il suo consueto giovanile entusiasmo. «Mi dia dieci minuti per nutrire Tremarella e arrivo.»
Qwilleran riagganciò e si voltò verso i siamesi che avevano sentito la parola formaggio e stavano già pregustando la leccornia. «Sta arrivando la nostra vicina per una riunione di lavoro e voglio che voi selvaggi vi comportiate come esseri umani civili... o quanto meno come esseri civili» si corresse. Preparò un vassoietto con il formaggio per la sua ospite e ne diede ai gatti qualche pezzetto, Havarti per Yum Yum e Feta per Koko.
Mentre aspettava Celia riascoltò il nastro dell'intervista fatta alla Regina dei Funghi, come l'aveva ironicamente soprannominata. Notò le sue risposte evasive ad alcune delle domande che le aveva posto e quelle da libro di testo ad altre. E non c'era mai una nota personale. Non diceva: "io" mantengo l'umidità, oppure: "noi" innestiamo i tronchi.
Rinviare quell'articolo sui funghi alla luce delle nuove informazioni che aveva avuto gli avrebbe creato dei problemi, ma per il momento aveva altro per la testa.
Celia arrivò tutta sorrisi. «Che cos'è quello scatolone fuori della porta? Dove sono i suoi bravi gattini?»
Qwilleran rispose: «I gattini, come lei li chiama, stanno tenendo d'occhio il formaggio. E lo scatolone è un antico baule da marinaio sul quale verranno lasciate le consegne di maccheroni con il formaggio quando io sarò assente.»
Quando lei passò nella zona soggiorno e lasciò cadere la propria borsa per terra, i siamesi la seguirono. Conoscevano bene quella borsa. A volte dentro c'era qualche buona cosina. «Quest'anno i colori dell'autunno sono fantastici!» disse Celia. «Soprattutto in Ittibittiwassee road. Virginia sostiene che è dovuto al forte gelo che abbiamo avuto... Qual è il nuovo formaggio?»
«Formaggio di capra preparato dalla Fattoria del Recinto Spaccato. Ci ho scritto su un articolo venerdì. Questo è all'aglio... questo è aromatizzato con l'aneto e quella è Feta, piuttosto salata.»
«Yow!» disse Koko.
«Quando era vivo mio marito» dichiarò Celia «avevamo qualche capra e vendevamo il latte a gente di città allergica a quello di mucca. Adoravo le nostre caprette. Sono così tenere... e come ti guardano con quegli occhi assonnati! Le avevamo battezzate Aprile, Maggio, Giugno e Vacanza. Il caprone si chiamava Marzo. Mio Dio, quanto puzzava!» Fissò il vuoto con espressione malinconica. «Sembra che sia passato un secolo...» Poi di colpo tornò al presente. «Com'erano i colori dell'autunno a West Middle Hummock?»
«Spettacolosi. Sono andato lì per intervistare Elaine Fetter sui suoi funghi.»
«I "suoi" funghi? È questo che le ha raccontato? Ma se è stata un'idea di Donald! Era in preda a una forte depressione quando ha sentito parlare della coltivazione dei... come si chiamano?»
«Shiitake. Sono funghi giapponesi.»
«Quel che è certo è che gli hanno restituito una ragione per vivere. Abbiamo mandato i nostri giovani volontari da lui per dargli una mano nei lavori pesanti. Sa, per quei grossi tronchi. Ha assaggiato i funghi? Ha visto la cucina? Non mi troverei a mio agio in una cucina del genere. Che tipo è la madre? L'ho incontrata una volta. Donald non va troppo d'accordo con lei.»
"È una delle socie di maggior rilievo dei vari club locali, si occupa intensamente di volontariato ed è abituata a dare ordini. Si dice che sia una donna presuntuosa e una cuoca raffinata. Sta scrivendo un libro di cucina.
"Ha notato quanti libri ha? Non ne avevo mai visti tanti in vita mia."
«Questa, mia cara signora, è di fatto la ragione per cui l'ho invitata qui» disse Qwilleran con quel suo tono ampolloso che la faceva sempre ridere.
«D'accordo, spari pure!» gli rispose in tono gioioso.
«Per prima cosa qualche piccolo antefatto: ha mai sentito parlare di Iris Cobb? È morta prima che lei arrivasse qui.»
«Virginia ne parla spesso. Faceva dei dolci meravigliosi.»
«Ha dato un grande contributo alla nostra comunità, ma tutti la ricordano soprattutto per le sue abilità culinarie, Mi aveva lasciato nel testamento la sua raccolta segreta di ricette, ma è sparita prima che io potessi averla nelle mie mani.»
«Lei non si occupa di cucina, capo! A che cosa le servirebbero?»
«Ho anche ereditato da lei quel cassettone di legno di pino che vede lì, uno Schrank tedesco fatto in Pennsylvania. Penso che mi avesse lasciato il libro di ricette per scherzo. Ma io intendevo pubblicarlo e devolvere il ricavato in beneficenza a suo nome.»
«Questo è molto bello da parte sua» commentò Celia. «Ha idea di che cosa ne sia stato?»
«Ci sono tre possibilità. Quando il suo appartamento è stato liquidato si trovava in un mobile venduto a un mercante che non viveva in questo Stato, oppure l'hanno buttato nella spazzatura, dato che era un quaderno unto e sciupato, con il dorso strappato e delle pagine staccate, oppure è stato semplicemente rubato. La preghiera di restituirlo anonimamente non ha avuto alcun esito.»
«Credo che mi piacerebbe leggerlo.»
«Potrebbe averne l'opportunità. Questo pomeriggio, mentre ero nella cucina della signora Fetter, ho notato un malconcio quaderno nero in mezzo alle copertine colorate di tanti raffinati libri di cucina nuovi. Al momento non ci ho fatto molto caso. Ero troppo preso a imparare i particolari tecnici riguardanti i miceli, l'innesto, l'incubazione, in modo da poterne scrivere senza annoiare i miei lettori. In un secondo tempo, però, mi sono ricordato che il dorso di quel volumetto nero era stato riparato con del nastro adesivo trasparente, ed è a questo punto che mi sono insospettito.» Si tastò i baffi con aria un po' incerta. «La prossima volta che vedrà Donald, se andrà a casa sua, potrebbe dare un'occhiata. Pensa di riuscirci?»
«Se penso di riuscirci? Lei mi conosce, capo. Andrò lì con uno dei giovani apprendisti. Dovrei cercare qualcosa di particolare oltre alle macchie di unto?»
«Non penso che Iris ci abbia scritto su il proprio nome. Se lo ha fatto, senza dubbio sarà stato cancellato. Ma prima deve appurare se la grafia è quasi illeggibile. Quindi potrebbe cercare alcune ricette che, ai suoi tempi, avevano fatto di lei quasi una leggenda. Per esempio, i biscotti allo zenzero con burro di anacardo e quelli di noce di cocco e limone. Aveva anche una sua ricetta segreta per il polpettone e i maccheroni al formaggio.»
«Oh, sarà divertente!» La donna frugò nella grossa borsa alla ricerca di un blocco di appunti e annotò alcune cose. «Se risulterà essere il libro di ricette della signora Cobb, come farà a recuperarlo?»
«La difficoltà è tutta qui. In una piccola città non si invia un agente di polizia con un mandato di perquisizione e un'ingiunzione del tribunale per rientrare in possesso di oggetti rubati. Soprattutto quando la persona sospettata è un'eminente cittadina che ha ricevuto un invito a cena da parte del sindaco. Anche se, detto tra noi, costui ha qualche ombra nel suo illustre passato.»
«Tutta questa città è uno spasso!» Celia fece una risata che era più uno squittio. «Qualcuno dovrebbe scriverci su un libro... Guardi, sta calando la sera. Devo tornare a casa prima che nel bosco scenda l'oscurità.» Prese la grossa borsa e si alzò un po' a fatica dai cuscini del divano in cui era sprofondata.
«Sarà meglio che controlli se dalla sua borsa è stato sottratto qualcosa» le suggerì Qwilleran notando che sopra il cubo-camino mancava uno dei gatti. Accompagnò Celia all'auto, quindi tornò in casa a vedere dove si fosse cacciato il siamese. Yum Yum era saltata giù dal cubo e stava facendo degli stravaganti esercizi di stretching. Koko era seduto davanti al frigorifero e fissava la maniglia. All'interno dell'elettrodomestico il tacchino congelato continuava a essere duro come la pietra.
Il mattino seguente si presentò una delegazione per una visita ufficiale. Erano venuti a prendere accordi per la Festa di degustazione dei formaggi. I due proprietari del Mangia e Bevi, che dovevano occuparsi del servizio di catering, Hixie Rice nella veste di pubblicista volontaria, Carol Lanspeak e Susan Exbridge in rappresentanza del Country club, dato che di recente si era votato a favore dell'ammissione al club anche delle donne.
«Non perché siano diventati di colpo sensibili all'emancipazione femminile» spiegò Susan in tono secco. «Ma hanno bisogno di aiuto per i loro progetti.»
«È proprio così!» ribadì Carol.
Jerry-mangia e Jack-bevi, che non avevano mai visto prima la casa di Qwilleran, rimasero colpiti dallo spazio e dalla grandiosità dello stile rustico moderno. Il pianoterra misurava trenta metri, meno lo spazio occupato dal cubo-camino, e la zona soggiorno attorno al cubo era a dir poco vasta.
«Che casa!» esclamò Jack. «Ci starebbero comodamente un centinaio di persone. Sul tavolo da pranzo si potrebbero mettere le coppe col punch e sui lati collocare due tavoli pieghevoli lunghi due metri e mezzo per servire i formaggi. Naturalmente andrebbero apparecchiati con tovaglie bianche.»
«E fiori» aggiunse Susan. «Sto lucidando due candelieri altissimi d'argento per il tavolo da pranzo e una coppa d'argento in cui sistemare fiori autunnali a stelo corto. Vengono da un fiorista di Lockmaster. Una settimana fa avevo ordinato diverse composizioni floreali a Franklin, ma adesso... il negozio brulica di poliziotti e tutte le piante e i fiori stanno morendo e nessuno sa con certezza che cosa stia succedendo.»
Carol commentò: «Ho sentito dire che spediranno la salma via nave alla sua città d'origine nell'Ohio... È orribile.»
Seguì un momento di rispettoso silenzio, poi Qwilleran chiese lumi riguardo al parcheggio delle auto. «Se gli invitati saranno effettivamente un centinaio, bisognerà calcolare che ci sarà bisogno di posto per una cinquantina di macchine.»
«Gli invitati lasceranno i loro veicoli al parcheggio del teatro» spiegò Carol «e saranno portati qui con i pulmini del Servizio trasporti della contea. Abbiamo di proposito fissato l'orario dopo il crepuscolo, dato che la facciata della casa appare spettacolare con le luci esterne accese e all'interno ha un aspetto fiabesco. La serata sarà di gala. Ho ordinato abiti da sera per i miei clienti e se i capi non saranno consegnati entro oggi mi ritroverò in guai seri.»
«Pensi che dovrei chiudere i gatti nella loro stanza?» chiese Qwilleran.
«No, lascia pure che si mescolino agli ospiti. Aggiungeranno un tocco piacevole alla serata, eleganti ed educati come sono.»
Lui emise un borbottio dubbioso: «Chi terrà d'occhio i cinquanta metri di lunghezza dei tavoli sui quali saranno disposti i piatti? Qui stiamo parlando di pirati del formaggio!»
«Non c'è problema» notò Jack, l'esperto di formaggi. «Un gruppo di studenti del college darà una mano per il servizio, per portare via i vuoti eccetera.»
«E che tipo di punch servirete?»
«Nessuno dei vostri punch per signorine» ribatté Jerry. «Nella coppa analcolica ci saranno succhi di frutta, oltre a una caraffa di tè freddo e qualche schizzo di bitter. Con il tè e il succo di mirtillo prenderà un bel colore. Il punch al vino è color ambra come quello che fanno alla Casa del Pesce, ma non è altrettanto forte.»
«Penso che sia vietato fumare, o sbaglio?»
«Assolutamente vietato» si intromise Hixie, che era diventata un'antitabagista arrabbiata, da quando aveva smesso di fumare.
Carol disse: «Gli addetti all'accoglienza degli invitati e alla distribuzione del programma gireranno tra loro per accertarsi che nessuno si accenda una sigaretta. Nel programma sono indicati anche i vari tipi di formaggio che verranno serviti.»
«Yow!» si udì esclamare dalla cucina.
Jack e Jerry sobbalzarono e girarono subito la testa in quella direzione.
«È solo Koko» spiegò il padrone di casa. «Deve sempre dire la sua, quale che sia l'argomento della conversazione. A quanto sembra avete disquisito su tutti i punti fondamentali.»
«Andrà tutto per il meglio» dichiarò Jack. «Abbia fiducia in me.»
E Carol aggiunse: «Tutti si divertiranno moltissimo.» Poi, mentre la delegazione usciva, si rivolse a Qwilleran. «La signora con la quale devi andare a cena è stata in negozio stamane subito dopo che abbiamo aperto. Voleva qualcosa di speciale da indossare. Ha scelto un completo color ruggine di Chanel in seta, bordato di nero. Dobbiamo fare le modifiche al più presto.»
Anche Hixie fece un suo commento personale quando gli porse la bozza del programma. «Questo dovrebbe ricordarti la serata con degustazione di formaggi a cui abbiamo partecipato Giù in Basso. Tu dovevi scrivere un articolo per il "Daily Fluxion" e mi avevi chiesto di accompagnarti.»
Lui annuì. «È vero. All'Hotel Stilton, e tu portavi un cappello decorato con delle verdure.»
«Mio Dio!» esclamò lei, roteando gli occhi. «Come mi vestivo quando ero giovane! Abbiamo fatto molta strada da allora, bambino mio.»
Dopo essersi accomiatato dal gruppo, Qwilleran rientrò e trovò Koko seduto davanti al frigorifero in rapita concentrazione, quasi stesse imponendo allo sportello di spalancarsi e al tacchino di volare fuori. «Spiacente, vecchio mio» disse. «Dovrai aspettare ancora un paio di giorni. Che ne diresti di leggere un po'?» Agitò il programma dell'assaggio di formaggi.
Con borbottii di apprezzamento i siamesi si precipitarono alle rispettive postazioni. Koko balzò sul bracciolo della poltrona preferita di Qwilleran, mentre Yum Yum rimaneva in paziente attesa che lui mettesse a disposizione le proprie ginocchia. Il giornalista lesse la prefazione ad alta voce. Spiegò che il formaggio era citato nella Bibbia e nelle commedie di Shakespeare e che al giorno d'oggi al mondo esistono centinaia di formaggi diversi. Proseguì dicendo che l'evento di quella sera avrebbe fatto conoscere formaggi importati da nove paesi e che quelli scelti potevano essere considerati i Bach, i Beethoven e i Brahms del mondo caseario.
A ogni accenno alla parola magica Koko reagiva con un miagolio vigoroso. «Che cos'è, il coro degli stonati?» si lamentò Qwilleran. «Capisco il tuo interesse, ma sei un po' ripetitivo!» Gli venne in mente che forse Koko confondeva la parola "formaggio" con "assaggio" o con "in braccio", e si chiese se le orecchie dei gatti fossero in sintonia solo con le vocali e non con le consonanti. Per provare usò la parola francese per "formaggio".
«Se il Roquefort è considerato il re dei fromages, il Cheddar deve sicuramente essere la Camera dei Lord. Questa sera al centro di ogni tavolo di fromages ci saranno una gran ruota di Cheddar, una dall'Inghilterra e una dal Canada. Dovrete però assolutamente provare tutti i venti fromages in questa straordinaria e unica avventura dell'assaggio.»
Ogni volta che pronunciava la parola fromages Koko ululava. Il che lo portò a concludere che il gatto non capiva le parole, ma leggeva nella mente. E che quella capacità era probabilmente da attribuirsi a quel certo numero di vibrisse in più.
Il programma elencava i venti tipi di formaggi, il loro paese di origine e alcune informazioni essenziali:
DALLA FRANCIA:
Roquefort: il re dei formaggi, venature azzurre, nato cinque secoli fa.
Brie: la regina dei formaggi, morbido, burroso, salato e capriccioso; un tempo influiva sulla politica francese.
Camembert: inventato da una donna, è un formaggio morbido, raffinato, da dessert, associato all'agiatezza.
Port du Salut: inizialmente fatto dai monaci trappisti, ma non c'è alcunché di monastico nella sua fragranza ricca e piena.
Neuchâtel: piccolo, bianco, cremoso, sapore blando... invecchiando diventa piccante.
DALLA GERMANIA:
Tilsiter: sapore corposo e maturo, gradevole all'olfatto e al palato; più rispettabile del Limburger.
DALL'ITALIA:
Bel Paese: bianco perlaceo, moderatamente dolce e di consistenza piacevolmente tenera.
Fontina: colore tendente al giallo, a volte leggermente affumicato. Formaggio da tavola, adatto per essere fuso.
Gorgonzola: venature blu come il Roquefort ma meno salato e più cremoso che granuloso.
DALLA SVIZZERA:
Emmenthaler: il grande formaggio con i grandi buchi, una forma può pesare sino a ottanta chili. Sapore: svizzero.
Gruyère: un formaggio più piccolo, più salato, più cremoso, più delicato, con buchi più piccoli (chiamati occhi).
Raclette: un formaggio ricco fatto per la fondue e per il rituale fondi e gratta chiamato Raclette.
DALLA DANIMARCA:
Havarti: un sapore tenue, pulito, leggermente acidulo, invecchiando diventa più piccante.
Samsoe: simile come profumo al Cheddar, con un aroma leggermente dolce, gusto di noci.
DAI PAESI BASSI:
Edam: formaggio popolare a basso contenuto di grassi, di forma rotonda, con crosta dal colore rosso. Consistenza: simile al sapone, ma gradevole.
Gouda: giallo, piuttosto duro e dotato di un forte profumo, ma con poco mordente. La versione affumicata è favolosa.
DAL CANADA:
Cheddar: dal famoso profumo e dalla famosa crosta nera. Occorre aggiungere altro?
DALLA GRECIA:
Feta: morbido, bianco, molto salato. Da grattugiare sull'insalata, su pizze e altri piatti.
DALLA GRAN BRETAGNA:
Cheddar: originario del paese dove ebbe inizio tutto. Complicato da farsi, facile da amarsi.
Stilton: uno stupendo formaggio dalle venature blu, che si affetta con facilità. Con il porto è un classico.
Mentre Qwilleran leggeva quell'elenco ad alta voce, Yum Yum si era addormentata sulle sue ginocchia, una zampa sulle orecchie. Koko, invece, ascoltava attentamente. Miagolò tre volte: per il Brie, per il Gruyère e per la Feta. Perché erano salati, fu la spiegazione che si dette Qwilleran, ma lo era anche il Roquefort, eppure Koko non era stato minimamente colpito dal Re dei Formaggi.
A mezzogiorno si recò alla redazione del giornale per consegnare l'articolo su come si mangiava ai bei vecchi tempi. Attaccava con: "Dove sono i cibi d'un tempo?"
Ritirò anche la posta dei suoi lettori, ma Sarah non era presente e non gli aveva aperto le buste. Il fattorino disse con un sorriso: «Ha chiesto un giorno di permesso per andare a farsi i capelli e il trucco. Wow!» Formalmente colui che aveva parlato ricopriva la carica di assistente ai servizi, ma per Qwilleran continuava a essere un fattorino.
Andò a pranzare alla Cucchiaieria. Quel giorno le specialità erano gumbo alla New Orleans, gulasch viennese, minestra di coda di bue e minestra di orzo e tacchino. Lui ordinò quella di coda di bue e la trovò eccezionale. Chiese anche a Lori se nella minestra d'orzo e tacchino ci fosse davvero del tacchino.
«È piena di tacchino a pezzettoni! Vuoi assaggiarla? Sulla seconda ordinazione c'è uno sconto del venti per cento.»
«No, grazie, ma ne prenderei una piccola porzione da portare a casa.» Aveva pensato di pescare fuori qualche pezzo di carne per i siamesi scartando l'orzo, il che avrebbe dovuto soddisfarli fino a quando il tacchino in frigorifero non fosse stato pronto a prendere il volo.
Prima che lui uscisse dalla Cucchiaieria, ai clienti furono distribuite diverse copie del giornale del mattino affinché potessero leggere mentre mangiavano e Qwilleran si affrettò a prenderne una. Quel fine settimana era stato una manna per l'editore, tra l'asta delle celebrità, la preparazione dei polpettoni e la corsa ciclistica. Qwilleran ridacchiò nel leggere che l'elenco con i nomi dei vincitori che avevano presentato i polpettoni era accidentalmente rimasto chiuso in cassaforte tutta la notte. Pensava che molto più probabilmente era stata Hixie a combinare quello scherzo per ritardare la pubblicazione della notizia fino al momento della chiusura del "Something". L'articolo diceva:
Proclamati i vincitori della preparazione del polpettone.
Due cuochi locali sono stati prescelti sabato al nuovo Salone delle celebrità dopo che i piatti da loro preparati per la gara avevano superato le prove sottoposte a tre diversi gruppi di giudici.
Lenore Bassett, di Trawnto Beach, si è piazzata prima per i polpettoni senza rape. George Stendhup, di Stawdust City, ha vinto la categoria dei polpettoni con le rape. Ciascuno dei due riceverà un nastro azzurro e un premio di cento dollari.
Dopo che si è preceduto a giudicare i concorrenti, identificabili solo da un numero, la tensione si è protratta a causa di un contrattempo. I nomi dei concorrenti erano rimasti in una cassaforte dell'ufficio della MacWhannell & Shaw, e quelli dei vincitori sono stati comunicati solo stamane.
Stendhup, un attrezzista, è stato uno dei concorrenti maschili il cui nome era del tutto inatteso. Quando gli hanno dato la bella notizia, ha dichiarato: "Ho sempre saputo che gli uomini fanno polpettoni migliori delle donne". Il maiale è la carne da lui scelta. "Aggiungo sempre le rape per dargli più sapore" ha spiegato.
Non è stato possibile mettersi in contatto con la Bassett, ma suo marito Robert ha detto: "È fuori città per motivi di famiglia, ma dopo le cinque la chiamerò per darle la bella notizia. I bambini e io sosteniamo sempre che la mamma fa il polpettone assolutamente migliore al mondo".
Mildred Riker, responsabile della rubrica di cucina del "Something" nonché numero uno della giuria finale, ha dichiarato: "Le reazioni a questo evento che vuole celebrare una leggenda culturale hanno superato, con la presentazione di oltre cento piatti in gara, le nostre più rosee aspettative. La qualità è stata eccellente. E la giuria ha faticato a proclamare i vincitori".
Sponsor della gara gastronomica e della presentazione dei polpettoni è stata la Camera di commercio.
Benché fosse stato relegato in quarta pagina, un altro articolo attrasse l'attenzione di Qwilleran. Rimarchevole per la sua conclusione, si occupava di Chi, Cosa, Quando e Dove, ma non del Perché, secondo la nota regola vigente nel campo giornalistico.
SINGOLARE INCIDENTE A BLACK CREEK
Il corpo di un turista di Glassville, Ohio, è stato trovato domenica mattina in un capanno sulle rive del fiume. Secondo il medico legale, Victor Green, 39 anni, che aveva affittato il capanno per un fine settimana da dedicare alla pesca, è morto in seguito a punture di api. Il fatto è stato denunciato dall'apicoltore Aubrey Scotten. Il capanno è di proprietà delle Industrie Ittiche Scotten.
Qwilleran sapeva che all'articolo non era stato dato grande spazio per due motivi: la vittima non era del posto e la contea non gradiva la pubblicità negativa. Si riteneva in generale che i media metropolitani, stanchi delle banali sparatorie e dei soliti pestaggi, leggessero i giornali di provincia con l'avidità degli avvoltoi, nella speranza di trovarvi qualche crimine interessante. La maggior parte di questi crimini di cui si dava notizia Giù in Basso suscitava una morbosa curiosità e secondo Qwilleran l'uso dell'aggettivo "singolare" nel titolo del "Something" era un errore. Si chiedeva chi avesse scritto l'articolo, che sarebbe stato diramato via cavo; dopodiché le reti televisive avrebbero subito sguinzagliato i loro cronisti nella "tetra città fantasma" dove non c'erano altro che "case degli spettri" e "cottage della morte", dove api-killer avevano assalito un povero pescatore venuto da Giù in Basso. Avrebbero braccato il mite apicoltore, inducendolo a dire qualche cosa di stupido che lo avrebbe subito reso sospetto al pubblico dei lettori delle due coste. E le telecamere avrebbero fatto i primi piani delle api ronzanti, trasformandole in mostri. Qwilleran si augurò che quegli intrusi venissero a loro volta punti. Avrebbero ricevuto una lezione ben meritata!
Inoltre avvertiva la necessità di aiutare quel povero giovanotto sconvolto a togliersi dai guai. Non lo faceva per motivi esclusivamente altruistici. In quanto giornalista, era attratto da personaggi che riteneva degni di comparire sui giornali, purché avessero una buona storia da raccontare.
Tornò a casa a piedi, camminando con passo vivace, per prendere le chiavi della macchina. Mise la minestra di tacchino e orzo nel frigorifero richiudendolo nel modo più silenzioso possibile, poi uscì senza disturbare i gatti, che stavano dormendo. Quando arrivò a casa Limburger, parcheggiò nel cortile sul retro. Si meravigliò di trovare chiusa la porta del capanno del miele. Dapprima raggiunse quella d'ingresso e suonò l'antiquato campanello. Non ebbe risposta. Quindi bussò con forza, ma nemmeno questa volta ottenne risultati. Eppure il furgone blu di Aubrey era parcheggiato nel cortile. Forse era al fiume con le sue api?
Suonò di nuovo e guardò attraverso il vetro smerigliato. Una figura dai contorni indistinti si stava avvicinando alla porta con passo strascicato. «Aubrey, sono il tuo amico di Pickax» disse il giornalista. «Voglio dell'altro miele.» Usò di proposito due parole chiave: amico e miele.
La porta si aprì lentamente e Aubrey disse con la sua caratteristica voce stridula: «L'ho buttato via tutto. Libererò le mie api.»
«La polizia è venuta di nuovo a parlarti?»
Aubrey scosse la chioma di capelli bianchi. «Sono tornati, ma io mi sono nascosto in cantina.»
«Bene, lascia che ti dia qualche consiglio da amico. Dovresti andartene di qui. Arriveranno quelli di Giù in Basso, e loro sono peggio della polizia. Vai a stare per un po' con la tua famiglia. Dove abitano i tuoi fratelli?»
«In fondo alla strada.»
«D'accordo, ti ci porto io. Vuoi fare una valigia o prendere qualcosa?»
«Non ho bisogno di niente.» Poi, mentre Qwilleran lo conduceva verso la macchina, aggiunse: «Voglio andare dalla mamma.»
~ Va bene. È anche meglio. Dimmi che direzione devo prendere.
Durante il tragitto Aubrey rispondeva a monosillabi alle domande con cui Qwilleran cercava di riempire un silenzio imbarazzato. «Tua madre vive da sola? La vedi spesso? Da quanto tempo se n'è andato tuo padre? Le hai parlato da quando è successo l'incidente?»
L'abitazione degli Scotten era una grande e vecchia casa colonica tra Black Creek e Mooseville. Il prato antistante era curato e si vedevano quelli che parevano ettari ed ettari di crisantemi in piena fioritura. Alcuni avevano il colore del sangue essiccato. Questo faceva pensare a un'attività commerciale. Una donna stava estirpando crisantemi e li trasferiva in vasi. Quando la macchina imboccò il lungo sentiero lei conficcò la zappa nel terreno e si avvicinò. Era alta come suo figlio, ma il suo volto rugoso sotto il grande cappello di paglia era incavato. Indossava una tuta con toppe alle ginocchia.
«Povero ragazzo mio!» disse, abbracciando il figlio. «Che brutta faccia hai. Devi mangiare.» Osservò i baffi di Qwilleran. «Noi ci conosciamo? Lei dev'essere il giornalista. Ha scritto sulle api.»
«Sono un cliente di Aubrey. Sono passato da lui per comperare del miele e mi è sembrato che avesse bisogno di mangiare qualcosa di casalingo.»
«Povero ragazzo! Va' in casa; ti preparerò una bella pila di frittelle.» E sarà anche bene che io ti tagli i capelli. Da quanto tempo non vai più dal barbiere, caro?
Qwilleran la guardò. «Voglio parlarle.»
«Aubrey, entra e datti una lavata. Mi tolgo questi stivali infangati e ti raggiungo subito.»
Qwilleran le raccomandò: «Non faccia sapere a nessuno che suo figlio è qui. Nemmeno agli altri suoi figli. Ci sarà ogni sorta di persone che lo infastidirà per i motivi più vari. Sarà meglio aspettare che questa faccenda si concluda. Può tenerlo con sé per qualche giorno?»
15
Convinto di aver fatto la cosa giusta, Qwilleran lasciò Aubrey dalla madre e tornò a casa per la cena con Sarah Plensford. Prima diede da mangiare ai gatti. Tolse dei pezzetti di tacchino dalla vaschetta presa alla Cucchiaieria, quindi li scaldò in un po' del loro brodo, togliendo l'orzo e le carote. «Questo dovrà bastarvi» disse «finché non arriverà il vero tacchino.»
Quindi si fece una doccia, poi la barba, si regolò un po' i baffi e indossò il vestito blu marina con la camicia bianca e la cravatta a pois rossi. Ritenendo che quello fosse il tipo di abbigliamento confacente a una serata con una collezionista di bottoni, scelse una camicia capricciosamente tradizionale, di quelle abbottonate fino in fondo.
Mentre si recava all'Indian Village per andare a prendere la sua dama, continuava a ripetersi che quella donna aveva dato millecinquecento dollari in beneficenza per avere il privilegio della sua compagnia per poche ore e che quindi lui aveva la responsabilità di renderle gradevole, se non addirittura memorabile, la serata. Fare conversazione con estranei o quasi non gli creava problemi. Era una delle sue doti professionali. Di fatto, saper porre domande e ascoltare le risposte lo aveva reso molto popolare nella contea di Moose. Sperava che l'estetista non avesse trasformato la modesta Sarah in una bamboletta di porcellana, o ancora peggio.
Quando arrivò al suo appartamento la trovò pronta in attesa. Ebbe l'impressione che avesse il respiro un po' ansante. Appariva molto elegante con il nuovo Chanel color ruggine, e dovette ammettere che da Brenda le avevano fatto una raffinata messinpiega e un trucco naturale che conferiva luminosità al suo volto.
Le disse galantemente: «Aspettavo con impazienza questa serata, Sarah.»
«Anch'io, signor Q» rispose lei, eccitata. «Gradisce un aperitivo prima di uscire?»
«Lo gradirei, ma abbiamo il tavolo riservato per le 19.30 e penso che dovremmo muoverci.» Quindi soggiunse: «E se non comincia a chiamarmi Qwill, annullo la prenotazione.»
Divertita e lusingata, Sarah promise che lo avrebbe fatto. Gli chiese se ci sarebbe stato bisogno di uno scialle e lui rispose che forse nel corso della serata avrebbe un po' rinfrescato e che era consigliabile portarlo. Mentre lei andava a prendere la borsetta e, presumibilmente, a darsi un'ultima occhiata allo specchio, Qwilleran si guardò attorno apprezzando quello che vedeva: stanze spaziose, evidentemente due appartamenti ristrutturati e uniti, molto azzurro, mobili antichi, dipinti a olio antichi, bei tappeti orientali. Rimase però stupito alla vista di un cane. Un basset-hound che stranamente stava ritto sulle zampe posteriori e teneva quelle anteriori posate sul tavolino. Lui fissò il cane, il cane fissò lui.
Rientrata nella stanza, Sarah disse: «Quello è Sir Cedric, un pezzo dell'epoca vittoriana in legno intagliato. Realistico, vero?»
«Direi unico» commentò Qwilleran. Il tavolino era di legno di pino scuro. Da un lato stava su due gambe intagliate, dall'altro era retto dal cane. «Ingegnoso, davvero ingegnoso!»
Quando furono in macchina chiese alla sua passeggera: «Le piace abitare all'Indian Village?» Non era tra le domande più intelligenti che avesse posto nella sua vita, ma era pur sempre un modo per avviare la conversazione.
«Mi piace moltissimo. Ogni stagione dell'anno ha le sue delizie. Adesso ci sono i colori dell'autunno, che quest'anno è particolarmente bello.»
«Polly Duncan, che lei forse conosce, vorrebbe prendere un appartamento in questo quartiere se non fosse per il lungo tragitto in macchina per raggiungere la città.»
«Le dica» ribatté Sarah in tono energico «che non è per niente un problema quando lo si è fatto per qualche settimana.»
«Le piace il lavoro al giornale?»
«Lo adoro! Sembra che tutti passino la giornata a spassarsela, eppure riescono sempre a fare uscire il giornale. È stato Junior Goodwinter a propormi al direttore. È il mio primo impiego.»
«Davvero?» le chiese stupito. «Se la cava egregiamente.»
«Grazie. Ho frequentato un college a est. Avrei potuto trovare un ottimo lavoro a Boston, ma i miei genitori volevano che tornassi a casa. Vede, io ero figlia unica e in famiglia avevamo rapporti splendidi. Andavo in Europa con mia madre e via con mio padre per affari. Inoltre, c'erano tante cose da fare per la comunità... offrire il proprio tempo agli altri, secondo me, è gratificante. E così avevo una vita piena di impegni. Il mio unico rimpianto è di non aver mai intrapreso una carriera. Penso che ci sarei riuscita molto bene.»
«Ne sono certo» ribatté lui. Poi, per cambiare argomento, aggiunse: «Il mio invece è... di essere nato troppo tardi per vedere com'era bravo Babe Ruth con la mazza. O come si muoveva Thy Cobb al centro campo.»
«Già, è vero, lei è un patito del baseball. Io ritaglio e metto da parte tutti i suoi articoli sul baseball, in ricordo dei vecchi tempi. Mio padre non si è mai perso una coppa del mondo e ha cominciato a portare anche me da quando avevo sette anni. A mia madre non piacevano questi sport da stadio, quindi lui e io andavamo in aereo in tutte le città dove si svolgevano le partite e io ho iniziato a tenere un elenco dettagliato dei punteggi e delle medie. Credo che sia stato per questo che sono diventata brava in matematica e ho imparato a farmi apprezzare per le minuzie.»
Qwilleran la guardò con ammirazione: "minuzie" era una parola che non gli era mai capitato di sentire nel corso di un appuntamento combinato. Le chiese: «Ricorda la mitica partita del 1969, quando i Mets hanno strappato il titolo agli Orioles?»
«Me ne ricordo eccome! Nel 1968 i Mets erano finiti al nono posto, e dato che mio padre e io stavamo sempre dalla parte dei più deboli, li sostenevamo con convinzione. Quando hanno vinto, dopo quell'ultima eccitante partita, ricordo che i loro fan hanno fatto irruzione nel campo estirpando intere zolle d'erba... Lei appartiene a qualche particolare club sportivo, signor Q... Qwill?»
«Be', ero un patito dei Chicago Cubs ancor prima di muovere i primi passi, ma oggigiorno è raro che segua qualche incontro. Lei se ne interessa?»
«No» gli rispose in tono mesto. «Non più da quando è morto mio padre. È stato il baseball a ucciderlo. La partita di campionato del 1975 tra Cincinnati e Boston si è protratta per sette game ed è stata insopportabilmente carica di tensione. E ci sono state interruzioni a causa della pioggia. Il punteggio era a favore ora dell'uno ora dell'altro. Mio padre ha avuto un attacco cardiaco perché non ha retto all'emozione.» Sarah sospirò e Qwilleran bofonchiò qualche parola di conforto.
Non appena i due patiti del baseball furono entrati al Vecchio Mulino di Pietra vennero subito condotti al tavolo migliore. Gli altri clienti del locale applaudirono. Tutti a Pickax sapevano della cena da millecinquecento dollari. Sarah avvampò e Qwilleran distribuì cenni di ringraziamento ai volti sorridenti delle persone sedute ai vari tavoli.
Il cameriere servì loro un vermut dry e un bicchiere di acqua Squunk e Sarah disse: «Qwill, quando scrive di Koko e Yum Yum nella sua rubrica, mostra una comprensione meravigliosa per i gatti. Li ha sempre amati?»
«No, quando li ho adottati ero del tutto digiuno di cultura felina, ma ben presto mi hanno insegnato tutto ciò che mi serviva. Adesso mi riuscirebbe difficile vivere senza di loro. Quello che mi affascina è l'energia segreta che rende in ogni momento un gatto una presenza piena di vitalità.»
Fu interrotto dalla presenza piena di vitalità di Derek Cuttlebrink, che porse il menu e prese a elencare le specialità del giorno: «Petto di pollo al curry con verdure saltate... sella di agnello arrosto con sugo di peperone verde... gamberi in salsa allo zafferano con pomodori essiccati e basilico serviti su un letto di fettuccine verdi.»
Sarah disse: «Durante il mio viaggio in India ho imparato ad amare il gusto del curry, quindi sceglierò il pollo.»
Derek chiese a Qwilleran: «Lei desidera una bistecca da mezzo chilo e un sacchetto con gli avanzi.»
«Per caso non avete del tacchino?»
«Torni il Giorno del Ringraziamento. La minestra du jour è alla coda di bue.»
«L'ho mangiata oggi a pranzo alla Cucchiaieria. Chi ha rubato la ricetta a chi?»
«Se vuole sapere la verità» gli confidò Derek «è il nostro chef che l'ha presa dal Piacere di cucinare.»
Quando il cameriere si fu allontanato, Sarah disse: «È piuttosto schietto, vero? Però è simpatico.»
Qwilleran assentì. «Nessuno gli dice nulla perché è alto un metro e novanta. Se fosse alto uno e sessantacinque lo avrebbero già licenziato... Dov'eravamo rimasti? Stavamo parlando di gatti. Presumo che lei ami gli animali.»
«Moltissimo. Ogni sabato mi offro come volontaria al Rifugio dei cani.»
«E che cosa fa?»
«Lavo i cani.»
«Quelli piccoli, spero» disse Qwilleran.
«Di tutte le taglie. Al loro arrivo vengono lavati tutti, e non mi hanno mai dato problemi. È come se sapessero che lo facciamo per il loro bene. Sabato scorso ho lavato un grosso danese. È saltato subito nella vasca, io gli ho applicato il cotone nelle orecchie e la pomata negli occhi, poi gli ho fatto la doccia con il tubo di gomma, quindi lo shampoo, e intanto gli parlavo. Alla fine l'ho asciugato. Lo ha gradito molto.»
«Evidentemente è abituata ai cani.»
«Sì, a casa ne abbiamo sempre avuti. Adesso ho soltanto Sir Cedric. Quando rientro la sera, lui mi saluta e facciamo un po' di conversazione, o meglio sono solo io a parlare... Non lo dica a nessuno, Qwill.»
«Capisco esattamente quello che intende.»
Quando arrivarono le portate lui trasse un sospiro profondo e chiese: «Non è lei che ha fatto un'esposizione di bottoni alla biblioteca, qualche tempo fa?»
«Se ne ricorda? Mi sento lusingata!»
«Come e perché ha iniziato a collezionare bottoni?»
«Mio padre aveva una preziosa raccolta di bottoni militari, di valore storico, e quando andavamo in città ad assistere alle partite di baseball andava anche nei negozi di antiquariato a cercare quelli che risalivano ai tempi della Guerra Civile. Io invece cercavo quelli graziosi di vetro. Adesso ne ho più o meno mille di tutti i tipi. Quelli piccolissimi di porcellana sono dipinti a mano, minuscoli capolavori che stanno in un palmo. Colleziono anche i bottoni raffiguranti animali in avorio, argento, rame, ottone e persino in porcellana di Wedgwood. Ho un cammeo ricavato da una conchiglia che raffigura la testa di un cane Cassis Tuberca proveniente dalla Indie Occidentali. Forse lo avrà notato alla mostra.»
«Sì» mormorò lui in tono vago.
«Se non è troppo presuntuoso da parte mia, Qwill, mi farebbe piacere offrirle un ricordo di questa serata.» Frugò nella borsetta, quindi gli porse un bottone di legno intagliato raffigurante la testa di un gatto.
«Oh, la ringrazio. È un pensiero molto gentile.»
«Forse le interesserebbe anche prendere parte a una riunione del Club dei bottoni delle Tre Contee. Abbiamo molti soci uomini.»
«È una cosa che terrò presente. Prendiamo il dessert?»
La cena si concluse con una crème brûlée per lei, torta di mele e formaggio per lui. Sarah dichiarò che era stata la cena più deliziosa di tutta la sua vita. Mentre la accompagnava a casa in macchina, la conversazione passò sul comune ambiente di lavoro, sulla tiratura in continuo aumento del giornale, sulla fama di Wilfred come ciclista e sulla nuova rubrica di cucina del giovedì tenuta da Mildred.
Sarah chiese: «Ha notato i riferimenti a Iris Cobb fatti al Forum del Cibo? Sentono tutti la sua mancanza.»
«La conosceva?»
«Benissimo. Quando facevo la volontaria al museo mi invitava spesso a pranzo perché sapeva quanto mi piaceva il suo polpettone. Ho un palato raffinato, un'altra delle cose che ho ereditato da mio padre.» Sospirò e proseguì: «Lo sapeva che sabato ho fatto parte della giuria preliminare che doveva scegliere il polpettone migliore?»
«No. Per la farcia o per la pasta sfoglia?»
«Per la farcia. Ora devo confidarle un segreto. Ce n'era uno che ho trovato straordinario. Mi è piaciuto quasi quanto quello di Iris Cobb. Era preparato con il tacchino, anche se questo tipo di carne non era stato ammesso, ma gli altri giudici e io siamo stati abbastanza maliziosi da portarlo in finale.» Stavano superando i cancelli dell'Indian Village. Lei disse timidamente: «Gradirebbe entrare un momento e dare un'occhiata alla mia collezione di bottoni?»
«La ringrazio, ma devo fare alcune telefonate urgenti. Sarà per un'altra volta. Però l'accompagnerò in casa e darò la buonanotte a Sir Cedric.»
L'animale che sosteneva il tavolino e si reggeva sulle zampe posteriori da quasi un secolo appariva lugubremente vivo. Nella sfumatura del mantello si distingueva nettamente ogni singolo pelo e nei suoi occhi c'era l'espressione malinconica del segugio. Qwilleran gli diede un colpetto affettuoso sulla testa. «Bravo cane!»
Mentre rientrava si diceva che la serata sarebbe stata molto diversa se il suo lotto all'asta fosse stato assegnato a Danielle Carmichael per i mille dollari che le era stato permesso di offrire. La conversazione si sarebbe incentrata sui centri commerciali e sulle partite di football, invece che sui bottoni, sul baseball e sui cani di legno intagliato. E lei non avrebbe mai usato la parola "minuzie". Invece di un semplice completo di Chanel avrebbe indossato un abito da cocktail con paillette e minigonna, e i clienti del ristorante non avrebbero applaudito. Al contrario, avrebbero guardato a bocca aperta e qualcuno avrebbe ridacchiato (quella era Pickax, non Baltimora). E nel Fondo destinato ai regali natalizi ci sarebbero stati cinquecento dollari in meno. E lui non avrebbe ascoltato il commento sullo straordinario polpettone presentato al concorso. Resuscitando il fantasma di Iris Cobb, Sarah aveva confermato i suoi sospetti, che andavano rafforzandosi.
Appena arrivato a casa fece le sue telefonate. Era tardi, ma non troppo per alcuni uccelli notturni di sua conoscenza.
A casa Riker gli rispose Mildred. «Com'è andata la tua cena da millecinquecento dollari?»
«Non parliamone ora. Leggerai tutto nella mia rubrica.» Adesso invece mi interessa sapere che cos'ha rivelato il contenuto della cassaforte della MacWhannell & Shaw. Ho letto i numeri dei vincitori sul giornale di oggi. Chi ha cucinato il superpolpettone?
«Se te lo dico, prometti di non rivelarlo a nessuno? Stiamo pensando di pubblicare un articolo al riguardo, come tu avevi suggerito.»
Lui promise.
«Giuri che non lo dirai neanche a Polly?»
Qwill promise per la seconda volta.
«Perché ti interessa tanto?»
«Sto scrivendo un libro sull'origine e sull'evoluzione del polpettone. Da quando era il cibo dei minatori a quando è diventato un piatto per gente raffinata.»
«A quest'ora di sera? Andiamo, Qwill, mi stai nascondendo qualcosa.»
«Sei tu che mi nascondi qualcosa. Ti ho appena detto che sto scrivendo un libro.» Il giornalista era sempre sul punto di iniziare a scrivere un libro, anche se non sui polpettoni.
«D'accordo. Il nome è Elaine Fetter, di West Middle Hummock.»
«Lo sospettavo.»
«La conosci?»
«Tutti la conoscono. E se fossi in te aspetterei a pubblicare quell'articolo sul polpettone.»
«Perché? Cos'è questa storia?»
«Te lo dirò domani. Adesso ho fretta. Grazie per l'informazione. Sveglia tuo marito e auguragli la buonanotte da parte mia.»
Riagganciò senza dilungarsi in altre chiacchiere e chiamò Celia Robinson.
Nel passare davanti a casa sua aveva notato le luci accese. Era certo che fosse ancora in piedi a leggere l'ultimo romanzo di spionaggio. Con voce da cospiratore le chiese: «Scoperto qualcosa?»
«Aveva ragione lei. Ho trovato quello che desiderava.» Parlava a bassa voce, facendo riferimenti vaghi. «Nessun nome, ma ho controllato la cosa a cui mi aveva accennato ed è autentica. Va bene?»
«Magnifico. Ci sentiamo più tardi.»
E adesso? Si chiese come avrebbe potuto scoprire il gioco senza mettere in imbarazzo nessuno.
Sprofondò in una poltrona posando i piedi su uno sgabello e cominciò a spremersi le meningi. I siamesi gli sedevano vicino tranquilli, perché avevano intuito che stava meditando.
All'improvviso tolse i piedi dallo sgabello e scattò in piedi per raggiungere il telefono. Chiamò Hixie Rice a casa, ma non rispose nessuno. Lasciò un messaggio sulla segreteria telefonica. Due minuti dopo lei lo richiamò.
«Scusami, Qwill, non ho risposto di proposito. Non volevo parlare con una certa persona. Che cosa c'è? Com'è andata la cena? Di che cos'avete parlato?»
«Di gatti, di cani, di baseball, di bottoni, di polpettoni e di Iris Cobb. Ed è proprio per questo motivo che ti sto chiamando. Ho bisogno che tu mi dia una mano in un piccolo intrigo privato, lecito e innocuo.»
«È la mia specialità.»
«Desidero mettere un annuncio sul giornale di domani, se non è troppo tardi. Non voglio però che mi si possa riconoscere. Puoi occupartene tu?»
«Quanto dev'essere lungo?»
«Abbastanza perché si possa leggere da un lato all'altro della stanza. Titoli a caratteri cubitali, poco testo, molti spazi bianchi.»
«Qual è l'annuncio? Puoi dirmelo per telefono? Non credo che il mio apparecchio sia sotto controllo.»
Le dettò una ventina di parole.
«Interessante» fu il commento di lei. «Pensi di ottenere dei risultati?»
«Non mi servono risultati. Questo è un bluff.»
16
L'assaggio dei formaggi era in programma per il martedì sera. Qwilleran trascorse gran parte della giornata a bighellonare per il centro. La ragione era semplice. La terribile signora Fulgrove doveva venire a fare le pulizie al piano terra. Il cordiale signor O'Dell lavava i pavimenti e passava l'aspirapolvere sui mobili. Lei, invece, spolverava, stirava, lucidava e si lamentava: della moralità pubblica, degli uomini politici, delle generazioni più giovani, della musica leggera, del pelo dei gatti che considerava una cospirazione dei siamesi per farla lavorare di più. Invece il canuto Pat O'Dell di solito aveva sempre qualcosa di costruttivo da dire nella sua gradevole parlata irlandese.
Quel giorno gli disse: «Quella che vive sopra il garage è una gran donna!»
«Sì, la signora Robinson è una creatura allegra e piena di energia» concordò Qwilleran.
«Secondo me le sue finestre hanno bisogno di una pulita, con tutte quelle macchine del parcheggio e le esalazioni dei tubi di scarico che sporcano i vetri.»
«Prenda accordi con lei per lavarglieli, signor O'Dell, e mandi a me il conto.» Celia gli aveva già parlato di quell'addetto alle pulizie così premuroso e cordiale e gli aveva anche detto che pensava di invitarlo una sera a cena per preparargli uno stufato irlandese.
E così Qwilleran, dopo avere chiuso i siamesi nel loro appartamento in alto, se ne scappò prima che la signora Fulgrove scendesse in campo. Innanzitutto si fermò alla biblioteca per vedere se c'era qualche libro sul collezionismo dei bottoni, nel caso che prima o poi gli fosse venuta voglia di scrivere davvero qualcosa su questo hobby. Ne trovò alcuni e prese a sfogliarne uno. Fu molto soddisfatto quando ebbe davanti agli occhi la foto del suo bottone-gatto che veniva descritto come un pezzo di valore.
Quindi andò a fare la prima colazione alla Pasticceria Scozzese: focaccine dolci, kefir e marmellata di uva sultanina, il tutto servito da una bella cameriera con un bel grembiulino scozzese. Anche il caffè non era male.
La sosta successiva fu al negozio di cibi dietetici, il cui barbuto proprietario era il marito della futura nuova redattrice dei servizi speciali del "Something".
«Benvenuto a Pickax» lo salutò Qwilleran. «Siamo sempre lieti di dare asilo ai transfughi di Lockmaster.»
«Grazie. Ci piace qui, anche se, a dire la verità, l'esplosione e l'omicidio ci hanno sconvolti.»
«E io le assicuro che non si tratta di un'ondata criminale locale. È gente che arriva da Giù in Basso.» Il giornalista si picchiettò i baffi con un gesto deciso. «Posso dare un'occhiata attorno?»
Prese ad aggirarsi in mezzo a flaconi di vitamine dagli strani nomi, a vassoi di muffin fatti con ingredienti insoliti, ai panini vegetariani, alla frutta e alla verdura senza le spennellate di cera che conferivano loro un aspetto così allettante all'emporio di Toodle. C'erano anche svariati stuzzichini. Quello che sembrava un dolce al cioccolato non conteneva né burro né zucchero né cioccolato. Quelle che sembravano patatine fritte non contenevano grassi né sale né tantomeno patate.
Qwilleran disse: «Ho un'amica che diventerà una sua buona cliente. Mi dica sinceramente: i suoi figli mangiano questa roba?»
«Oh, certo! La nostra famiglia consuma solo questa roba. I nostri figli sono cresciuti così e considerano strani gli altri alimenti.»
Di lì Qwilleran raggiunse la sede della polizia per avere notizie su Lenny Inchpot. Il testimone dell'esplosione era stato rintracciato e fatto salire su un aereo diretto a Duluth, dove sarebbe rimasto ospite di sua zia per un certo periodo. Si recò alla Camera di commercio, la cui sede era di fronte, e trovò tutti indaffarati a progettare una giornata dedicata a Lois Inchpot a Pickax, nella speranza di invogliarla a tornare in città e a riaprire il suo locale. Il sindaco avrebbe emesso un proclama a tale scopo e i suoi fedeli clienti avevano preso a imbiancare pareti e soffitti macchiati dopo l'ultima infiltrazione d'acqua dal tetto.
Poi giunse l'ora di andare alla Cucchiaieria per mangiare un piatto di minestra. Le specialità del giorno erano bouillabaisse con noccioline tostate e aglio, salsiccia e fagioli bianchi e pollo con riso e aneto. Qwilleran si cautelò scegliendo la zuppa di fagioli.
Dopodiché si recò alla Boutique della Cucina per comperare un termometro, una leccarda e una padella con griglia incorporata. Aveva finalmente deciso di arrostire quel dannato volatile anche se quella fosse stata l'ultima cosa che avrebbe fatto nella vita.
Sharon gli disse in tono trionfante: «La mamma e io sapevamo che avresti ceduto e che un giorno o l'altro avresti cominciato a cucinare.»
«Se fossi in te non ci scommetterei» le rispose. «Mi limito ad acquistare queste cose per un amico.» Era uno di quei sotterfugi improvvisati di cui aveva fatto una vera e propria arte.
Ormai era uscita l'edizione del martedì del giornale e lui si affrettò a leggere il suo annuncio. Di lì a qualche ora l'intera contea ne avrebbe parlato.
RICOMPENSA DI DIECIMILA DOLLARI
Per informazioni che consentano di recuperare il libro di ricette di cucina di Iris Cobb, scomparso dopo la sua morte. Garantita la massima riservatezza. Scrivere a: Casella Postale 1362, Pickax City.
Quando tornò a casa la squadra delle pulizie se n'era andata e non si vedevano in giro né un pelo né un granello di polvere. Salì la scala che conduceva all'ultimo piano e aprì la porta dell'appartamento dei felini. «Ehi, potete venire fuori e cominciare a spandere peli.»
In cucina controllò come procedeva lo scongelamento del tacchino. Prima che riuscisse a chiudere lo sportello del frigo, Koko eseguì un grand jeté sopra il mobile-bar e atterrò nel frigorifero.
«Fuori!» urlò Qwilleran. E afferratolo per la collottola lo tirò via e sbatté lo sportello con violenza. Il gatto urlò come se gli avesse chiuso la coda dentro. «Non fare scene. I gatti sono noti per la loro pazienza.»
Koko si allontanò strisciando e leccandosi le ferite del proprio ego felino.
Per l'assaggio dei formaggi Qwilleran indossò smoking e cravatta nera, e la camicia con dei bottoni neri di pregio. Venivano dall'India. Erano incastonati in oro e argento: un regalo di Polly. Guardandosi allo specchio a figura intera fu costretto ad ammettere che in abito da sera stava molto bene.
Era buio quando i pullman cominciarono a trasportare gli eleganti invitati e le luci esterne trasformarono l'ex granaio in un castello fiabesco. All'interno un'illuminazione misteriosa diffusa da fonti nascoste metteva in grandiosa evidenza i soppalchi e le travi sul soffitto, il cubo-camino e le bianche canne fumarie, gli arazzi in stile moderno e l'arredamento raffinato. A tutto questo andavano aggiunti il fascino degli abiti da sera con Strass e paillette, l'eleganza degli uomini in smoking e l'atmosfera cordiale dell'occasione: tutto questo costituiva un cocktail di ingredienti per una serata magica, una serata che a Pickax nessuno avrebbe mai dimenticato, e per più di una ragione.
Era presente John Bushland con la sua videocamera, dato che l'idea era quella di raggranellare mille o duemila dollari vendendo il video della serata. Tutti gli invitati furono ripetutamente ripresi, ma più di tutti i siamesi. Stavano sul bordo del camino e si guardavano attorno con aria sorniona. Più tardi sarebbero balzati a terra come scoiattoli volanti, Koko alla ricerca di pezzettini di formaggio e Yum Yum all'erta per trovare stringhe da slacciare. Quando però la sua coda aveva cominciato a correre il rischio sempre più grave di essere calpestata dal crescente numero di piedi, era schizzata al piano di sopra ed era rimasta immobile a guardare giù dalla balaustrata.
Tra gli invitati c'erano i Riker, i Lanspeak e i Wilmot, il sindaco con la sua fascia di seta, Don Exbridge con la seconda e con la prima moglie e il nuovo presidente della Banca Popolare con la vistosa Danielle. Se qualcuno avesse voluto contarli, c'erano tre avvocati, quattro medici, due commercialisti, un giudice e cinque funzionari pubblici in attesa di essere rieletti. Tra questi Amanda Goodwinter, una creatura estrosa e bizzarra ma molto popolare, candidata per il consiglio comunale. Indossava un abito elegante che portava da trent'anni a quella parte.
Il centro dell'attenzione era la tavola apparecchiata con coppe di punch in argento e candele accese. Ai lati due tavoli da buffet ricoperti da tovaglie bianche. Su ognuno di questi facevano bella mostra di sé otto vassoi con formaggi vari e una grossa forma di Cheddar. Jerry e Jack presiedevano al buffet, coadiuvati da studenti del college che avevano un'aria molto professionale nelle loro giacche immacolate.
Si sentì la voce di Jack. «Sui tavoli dei formaggi ce ne sono di tre tipi cosiddetti blu. Provateli tutti e tre e confrontateli. È l'unico modo per imparare a distinguerli. Quello che viene dalla Francia è grumoso, quello italiano spalmabile e quello inglese si taglia con facilità.»
Il dottor Preligate commentò: «Se non erro, le sue osservazioni contengono sfumature diverse.»
«Comunque li assaggi. Si tratta di normali formaggi con la muffa» disse Amanda Goodwinter.
Poi Jerry dichiarò: «Se le piace il sapore di un formaggio ricco e cremoso dal gusto superbo, provi il Brie doppia panna.»
«Yow!» fu la conferma proveniente dal basso.
Amanda commentò: «Questi tuoi gatti sono gli unici qua dentro a dire le cose come stanno.»
Pender Wilmot, che aveva dei gatti, disse: «Riconoscono tutti la parola panna quando la sentono pronunciare.»
«Da voci autorevoli so che Qwill nutre i suoi gatti a caviale e lumache. È un vero peccato che tu non possa mandare i tuoi in pensione da lui.»
«Sono molto eleganti!» esclamò la dottoressa Diane con entusiasmo. «Noi dobbiamo metterci in ghingheri in certe occasioni. I siamesi, invece, sono sempre così chic.» Alzò gli occhi a osservare Yum Yum, e lei girò la testa a mostrare prima il profilo sinistro, poi quello destro.
«E anche molto vanitosi!»
Non si parlava però solo di gatti e di formaggi. Si discusse anche della bomba, dell'omicidio e della ricompensa di diecimila dollari. Riker prese in disparte Qwilleran e gli chiese: «Sei stato tu a mettere quell'annuncio? Sei pazzo? Chi tirerà fuori quei soldi?»
«Non preoccuparti, Arch. Nessuno li esigerà, ma è una somma abbastanza alta da scatenare una gran quantità di investigatori dilettanti. Scommetto che il colpevole manderà quel libro di cucina alla casella postale in veste anonima piuttosto che affrontare lo scandalo.»
Qwilleran si aggirava tra gli invitati, ascoltando e cercando idee. Lui era comunque un giornalista, sempre sul campo, sempre speranzoso di trovare materiale per riempire lo spazio in seconda pagina.
Don Exbridge disse: «Non bisogna mai consigliare un ristorante. Quando lo si fa, lo chef il giorno dopo se ne va, la direzione lo sostituisce con il suo assistente di cucina e i tuoi amici pensano che sei di bocca buona.»
Larry Lanspeak chiese: «Qualcuno è mai stato al Boulder House Inn? Lo chef coltiva le erbe e sa come si cucinano le verdure.»
Carol Lanspeak cambiò argomento: «Qwill, in negozio ho una camicetta di seta color fucsia che piacerebbe a Polly. Ha il colletto con il fiocco e spalle senza imbottitura. Ne ho messo da parte una della sua taglia. Se vuoi ti preparo un pacchetto regalo e te lo faccio recapitare.»
Pender Wilmot chiese: «Qualcuno è interessato a un club per palati raffinati? Accetto iscrizioni.»
Arch Riker dichiarò: «Affare fatto, ma solo se non si tratta di uno di quei posti dove si parla del debito pubblico a tavola. Io voglio imparare qualcosa sul cibo e sul vino.»
Mildred Riker commentò: «C'è chi ha detto che è bello non solo gustare il cibo, ma anche parlarne.»
Qwilleran si informò: «Si tratterebbe di un club per gourmands, gourmets o gastronomes?»
Fu la volta di Don Exbridge: «Qualcuno vada a prendere il vocabolario.»
La dottoressa Diane domandò: «Come funzionerebbe? Ci ritroveremmo tutti in vari ristoranti oppure dovremmo cucinare noi?»
Willard Carmichael volle dire la sua: «A Detroit facevamo parte di un ristretto gruppo di amici. A turno, il padrone di casa ideava il menu e preparava gli antipasti. Alcuni dei soci avevano l'incarico di portare gli altri piatti, di cui si fornivano le ricette. Tutte piuttosto insolite, ma non astruse. Niente cavallette fritte!»
Danielle Carmichael approfondì l'argomento: «Bisognava eseguire esattamente la ricetta data, altrimenti si faceva penitenza: per esempio far funzionare la lavastoviglie od offrire il vino.»
Qwilleran disse: «Mi iscriverò se potrò essere sempre io a far funzionare la lavastoviglie.»
Amanda Goodwinter si affrettò a dichiarare: «Non mettete il mio nome sulla lista. L'ultima volta che ho partecipato a una cena per gourmets ho avuto l'indigestione per un mese intero.»
La serata trascorse piacevolmente, con grande consumo di formaggio e di punch ambrato. Le voci continuavano a salire di tono. Qualche coppia cominciò ad accomiatarsi. All'improvviso in cucina ci fu dell'agitazione: colpi e brontolii seguiti da uno schianto pazzesco. La conversazione cessò immediatamente e Qwilleran si precipitò sulla scena. Koko era in preda a una crisi isterica. Correva freneticamente per la cucina, per poi scagliarsi contro il frigorifero.
Allorché il giornalista cercò di intervenire, il gatto balzò sul mobile-bar abbattendosi contro una lampada e mandando per aria paralume e base, che volarono in direzioni opposte. Le donne si misero a strillare e gli uomini a urlare quando lo videro saettare attorno al cubo-camino e avventarsi verso i tavolini su cui erano collocati i formaggi.
«Fermatelo!» gridò Qwilleran mentre Koko slittava in mezzo a vassoi e faceva cascare pezzetti di Roquefort, cubetti di Cheddar, fette di Gouda e morbidi bocconcini di Brie, per poi saltare sul tavolo, dove c'era il punch, e buttare per terra le candele accese.
«Al fuoco!» gridò qualcuno.
Qwilleran si precipitò verso un armadietto per prendere l'estintore, tuonando: «Acchiappatelo! Acchiappatelo!»
Tre uomini presero a rincorrere il gatto impazzito che roteava intorno al cubo-camino mentre tutti i peli volavano per aria. Pender, Larry e il Grosso Mac lo rincorrevano frenetici andando a sbattere contro i mobili, l'uno contro l'altro, e continuando a girare in tondo.
«Qualcuno vada dall'altra parte!»
Qualcuno obbedì, ma il felino braccato si limitò a balzare in cima al cubo, da dove guardò giù verso i suoi inseguitori.
«Ora lo prendiamo.»
«Sicuro?»
Un attimo dopo Koko veleggiò sopra le loro teste e si avventò su per la rampa senza fermarsi, fino a che non ebbe raggiunto il tetto, dove si issò su un trave e prese a leccarsi il manto.
Qwilleran era imbarazzato. «Vi chiedo scusa, ha avuto una crisi di follia. Non so come sia potuto accadere!»
«Forse ha bevuto un po' del punch di Jerry» azzardò il Grosso Mac.
In realtà Qwilleran sospettava che Koko volesse che tutti se ne andassero per avere libero accesso ai formaggi.
Gli ospiti furono molto comprensivi e decisero che era ora di accomiatarsi. Gli smoking di Larry, di Pender e di Mac sembravano fatti di pelliccia grigia piuttosto che di tessuto nero. Qualche pelo di gatto poteva costituire una cosa irritante, ma un milione di peli erano uno spasso! Un bel gruppo di persone allegre salirono sui pulmini a dodici per volta per raggiungere il parcheggio, mentre gli studenti, riordinavano e si lanciavano sorrisi pensando che quello era l'evento più divertente di tutto il semestre.
I due soci del Mangia e Bevi l'avevano presa con filosofia. Jerry disse: «Non ti arrabbiare, Qwill. Non c'è niente di meglio di una piccola catastrofe per fare di una festa un successo. Di questa serata si parlerà per il resto del secolo.»
«È proprio questo che temo.»
«Spero solo che si parli anche del nostro negozio» aggiunse Jack. «Nome indirizzo e numero di telefono compresi.»
Carol disse: «È stato davvero divertente vedere tre uomini adulti dare la caccia a un gattino in una nube di peli! Mi chiedo se a Koko ne siano rimasti ancora. È stato meglio di una caccia al tesoro. È una bella fortuna che Bushy abbia filmato la scena. Venderemo una gran quantità di videocassette.»
Jack riassunse la situazione. «Direi che abbiamo conseguito il nostro obiettivo: far divertire tutti ed educare un po' di palati. Non è necessario che un formaggio debba essere a doppia panna. La Feta che abbiamo portato è a basso contenuto calorico.»
«Yow!» Da qualche parte sopra la loro testa risuonò una vigorosa conferma.
Quando tutti se ne furono andati, dopo aver promesso che il giorno seguente avrebbero mandato gli addetti alle pulizie, Qwilleran si cambiò, indossò una tuta da jogging e passò in cucina. Koko lo superò e raggiunse il frigorifero, cominciando a grattare lo sportello per entrare.
«Sei un bel mascalzone!» commentò Qwilleran. «È per questo che volevi mandare tutti a casa. Se starai calmo questa sera prepareremo il tacchino e domattina per prima cosa lo metteremo in forno. Tirati indietro!» Aprì il frigorifero con circospezione, aspettandosi un attacco laterale, ma Koko sapeva quando aveva vinto una battaglia. Rimase tranquillamente in attesa che iniziassero i preparativi.
Qwilleran si ricordava bene le istruzioni di Mildred: "Togliere l'involucro di plastica, liberare le zampe senza tagliare la pelle, entrare nelle due cavità con la mano". La infilò cautamente all'interno del petto ed estrasse il sacchetto di plastica in cui era contenuto il collo. Poi girò il volatile e, ora più sicuro di sé, esplorò l'altra cavità. Era fredda, ma non gelata. Koko seguiva i suoi movimenti con le orecchie appiattite e i baffi ritti. Qwilleran cercò di afferrare il sacchettino di plastica, invece trovò qualcosa di duro e di molto freddo. Il suo primo pensiero fu: un blocco di ghiaccio. Il secondo fu: gli avevano fatto uno scherzo! Rimise tutto sul vassoio e rimise il volatile spennato nel frigorifero. Poi telefonò a casa di Nick Bamba.
«Spero che non sia troppo tardi, Nick. Volevo solo ringraziarti per il tacchino. Lo sto preparando per cucinarlo domani... Sì, grazie a Mildred so come si fa. Ma ti devo chiedere una cosa: ci doveva essere qualcosa di speciale nel volatile che mi hai mandato? No, non c'è niente che non va, solo che ho avuto una... sensazione "particolare".» Si picchiettò i baffi. «Grazie ancora, Nick. Ti dirò come mi è venuto.»
Riagganciò, ma rimase con il ricevitore in mano, chiedendosi se fosse il caso di richiamare a casa il capo della polizia. Formò il numero, che ormai conosceva a memoria, e quando all'altro capo del filo udì la voce burbera del suo amico, disse: «Questa sera abbiamo fatto l'assaggio dei formaggi, sai? Jerry e Jack ne hanno lasciato di vari tipi. Perché non fai un salto qui per mangiarne un po' e bere qualcosa? Devo parlarti di una faccenda strana, molto strana.»
«Sarò lì in un batter d'occhio» rispose Brodie.
Di lì a pochi minuti si presentò sulla porta e il suo primo commento fu: «Ho visto che sul retro hai uno scatolone.»
«È un antico baule da marinaio. L'ho messo lì per le consegne a domicilio.»
«E hai spostato i mobili.»
«Per far accomodare gli ospiti. C'erano un centinaio di invitati. Gli addetti alle pulizie verranno a rimettere tutto come prima.»
Sedettero davanti al mobile-bar dove Qwilleran aveva preparato uno scotch e un vassoio con i resti dei formaggi avanzati. Gli indicò il Cheddar, il Gouda, il Bel Paese, l'Emmenthaler, lo Stilton e il Port du Salut.
«Qual è quello che mi piace tanto?»
«Prova l'Emmenthaler, Andy. Di Gruyère non ne è rimasto. È stato letteralmente spazzato via.»
«Yow!»
«Anche dal nostro gatto intelligente.»
Dopo che Brodie ebbe bevuto il suo primo scotch Qwilleran disse: «Un altro bicchiere, Andy, poi vorrei che dessi un'occhiata a quello che ho ricevuto domenica.» Tenendo d'occhio Koko andò a prendere il tacchino nel frigorifero, quindi spinse il vassoio verso il capo della polizia. «Secondo te, che cos'è questo?»
«Mi stai prendendo in giro? È un tacchino.»
«Sai come si prepara la farcia?»
Brodie fece una smorfia. «Di queste cose si occupa mia moglie.»
«Be', lascia che ti spieghi. Qui è l'estremità della testa e qui l'estremità della coda. Ci sono due cavità. Infila la mano in quella del petto e guarda che cosa ci trovi.»
Con una certa riluttanza e un po' di sospetto, Brodie fece quello che gli veniva chiesto e subito estrasse un sacchetto di plastica. «Questo è il collo! Stai facendo i giochetti con me?»
«E adesso metti la mano nell'altra cavità. È lì che di solito si infila il sacchetto con le frattaglie.»
Guardando l'amico con aria minacciosa, Brodie infilò la mano nel volatile e subito sul suo volto rude comparve una strana espressione.
«Che diavolo!» sbottò, mentre estraeva una piccola pistola. «Chi ti ha dato questo tacchino?»
«Nick Bamba. Quando è arrivato era surgelato. Probabilmente faceva parte di una partita destinata a Giù in Basso. È stato per due giorni in frigorifero a scongelarsi e Koko diventava matto. Vuoi un sacchetto di plastica per infilarci l'arma?»
«Dammi un sacchetto dell'immondizia. Mi porto via tutto.»
«Ecco il tuo tacchino che se ne va!» disse Qwilleran a Koko. Ma con sua grande sorpresa il gatto parve del tutto indifferente a quella notizia. Era seduto nella sua posizione da canguro e si stava leccando un piccolo ciuffo di peli sul petto. Poteva darsi che Koko avesse intuito che c'era qualcosa che non andava in quel volatile? Anche Qwilleran avvertiva che c'era qualcosa di poco chiaro all'allevamento dei tacchini. Sapeva che Nick Bamba aveva bisogno di un'equipe di lavoro piuttosto numerosa, dato che i volatili giovani dovevano essere seguiti con particolare attenzione. Il lavoro di controllo e quello tecnico erano svolti da personale specializzato, ma alcune operazioni venivano effettuate da studenti del college, altre da persone assunte a tempo parziale o bisognose di un secondo lavoro. Nel libro paga di Nick erano segnati anche i nomi di agenti di polizia che venivano ad aiutarlo quando non erano in servizio, impiegati della biblioteca pubblica, il corpulento aiutante dello studio di Amanda, un apprendista addetto alle modifiche che lavorava per il negozio di confezioni maschili e due nipoti della signora Toodle. Lenny Inchpot avrebbe voluto farsi assumere, dato che aveva perso il posto all'albergo in seguito all'esplosione, ma sua madre glielo aveva proibito per motivi che lei sola conosceva.
Era stato uno di loro a sparare al fiorista e a nascondere la pistola in un tacchino che doveva essere spedito a Giù in Basso? Qualcuno aveva immaginato che il volatile si sarebbe smarrito nel labirinto caotico di una grande città lontana da Pickax? Non era un'idea molto brillante. L'involucro di plastica consentiva di identificare chiaramente la provenienza. D'altro canto, il fortunato destinatario avrebbe potuto considerarlo un premio fantastico: una pistola giocattolo che sarebbe potuta venire buona se in casa fosse entrato un ladro, o per difesa contro un rapinatore, un borsaiolo, uno scassinatore, un ladro d'auto o altre possibili minacce metropolitane.
E allora chi era colpevole dell'omicidio e chi era complice di colui che aveva fatto esplodere la bomba? Certo non si trattava dei giovani nipoti di Toodle, e nemmeno dello spiritoso e rozzo installatore di mobili che lavorava per Amanda, né del miglior amico delle api, troppo sensibile per prendere pesci all'amo o per schiacciare una mosca.
Era passata la mezzanotte. Qwilleran si chiese se Aubrey Scotten si fosse ripreso a sufficienza per presentarsi al suo turno di lavoro serale alla Fattoria del Tacchino Surgelato, o se invece sua madre lo avesse rimpinzato di manicaretti cucinati con le proprie mani e lo avesse mandato a letto presto.
17
Il mattino dopo la serata dei formaggi e la disastrosa crisi isterica di Koko, quelli del Country club mandarono una squadra di uomini a ritirare i tavoli pieghevoli e le coppe d'argento per il punch e a rimettere a posto i mobili di casa. Frattanto Qwilleran si era chiuso nel suo studio per scrivere le solite mille parole del suo articolo sui formaggi. In due settimane aveva imparato un mucchio di cose da Jack Mangia e riportò dettagliatamente le sue parole: "Non grattugiare mai il formaggio prima di usarlo... Per ottenere il massimo dal formaggio, servirlo a temperatura ambiente... Il formaggio è una componente essenziale per un buon pranzo e per migliorarne uno cattivo".
Nel pomeriggio Qwilleran decise di fare una lunga passeggiata in bicicletta nella speranza di riuscire a chiarirsi le idee su vari argomenti. Tutto era successo troppo in fretta. Camminò attraverso il bosco, dirigendosi verso l'ex rimessa per carrozze dove lasciava sempre la bicicletta e fece un cenno di saluto a Celia Robinson. Lei stava chiacchierando allegramente con il signor O'Dell, venuto a spazzare le foglie secche che disponeva in giganteschi mucchi in attesa che arrivasse il camion della Nettezza urbana a portarli via.
«Una cara persona» commentò la donna rivolgendosi a Qwilleran che tastava le ruote della bici per accertare se avessero bisogno di essere gonfiate. «È una giornata ideale per una passeggiata in bicicletta. Dove va di bello?»
«Oltre Ittibittiwassee road, sino al ponte di pietra e indietro per la stessa strada.»
«Oh, santo cielo, è una bella distanza! Quanto ci vorrà?»
«Un paio d'ore.»
«Be', stia attento. Rientri prima che faccia buio.»
Ittibittiwassee road era solo parte del percorso incluso nella corsa ciclistica del Giorno del Ringraziamento e la segnaletica bianca e arancione non era ancora stata tolta dal ciglio stradale vicino al Club del pedale. Sarebbe rimasta lì sino al mese di novembre, quando gli spazzaneve della contea avrebbero fatto volare via i paletti come stuzzicadenti. Quando Qwilleran imboccò la strada principale dove sorgeva la tavola calda di Dimsdale, il primo cartello indicatore che trovò fu quello segnato col numero 15. Programmò i propri pensieri con l'intenzione di riordinarli per strada.
Cartello 16: che cosa scrivere per l'articolo di martedì? Avrebbe dovuto trattare di cibo. Secondo il dizionario le rape sono commestibili. Che cosa ne diresti di mille parole denigratorie sulle rape? La gente se ne nutre in tempi di carestia o di guerra. Per questo sono ritenute così deprimenti. In Francia usano la parola "rapa" per indicare un brutto film. Secondo l'enciclopedia Larousse le rape possono essere lessate, cotte al burro, messe in gelatina, farcite, servite con la panna, in padella, in purea o in soufflé. In qualsiasi modo le si prepari, rimangono sempre rape. Saranno mai state usate come concime? Brodie sostiene che col concime si può fare una bomba. Esiste qualcosa come una bomba di rape?
Cartello 18: un vero peccato per gli shiitake. Avrebbero potuto costituire un bell'articolo, ma non è possibile finché la situazione della famiglia non verrà chiarita. I funghi sono di lui o di lei? Dov'era Donald durante l'intervista? Lei non lo ha mai neppure citato. Sta nascondendo qualcosa? E se sì, che cosa? Celia dice che madre e figlio non vanno d'accordo.
Cartello 19: come agire con tatto? Giù in Basso avrebbero tentato di scovare segreti di famiglia per ricavarne qualcosa di scandalistico.
Cartello 20: gli shiitake erano squisiti: lei aveva detto che bisognava prepararli con burro, aglio, prezzemolo e pepe appena macinato. A Polly interesseranno, a parte il burro.
Cartello 22: prima gli shiitake e adesso il libro di ricette di Iris. Che cosa succede nella cucina di madame Fetter? Avrà rubato lei il libro dal museo? Oppure la signora ricetta merce rubata? Doveva sapere che si trattava di roba che scottava. Il museo si era rivolto al pubblico per chiedere che il libro fosse restituito, promettendo di mantenere l'anonimato se qualcuno si fosse fatto vivo.
Cartello 25: tutti parlano della ricompensa e della casella postale 1362. Quale sarà la reazione di madame Fetter? Avrà paura di essere smascherata? Farà qualcosa al riguardo? Se portasse il libro all'ufficio postale per farlo pesare per l'affrancatura, quei furbi degli impiegati noterebbero che il destinatario è qualcuno del posto che usa la casella postale 1362 e che non è riportato il nome del mittente. La riconoscerebbero; conoscono tutti quelli che acquistano anche solo un francobollo.
Cartello 26: anche se lo spedisse da Lockmaster il rischio è grosso. Il "Ledger" ha pubblicato la notizia della ricompensa, quindi è probabile che lei non tenti neppure di spedirlo per posta. Potrebbe bruciarlo dopo aver copiato diverse ricette. Potrebbe nasconderlo nella cucina di qualcun altro ed esigere per sé la ricompensa? È solo un'idea. Non può essere così meschina. Oppure qualcuno che ha visto il libro nella sua cucina potrebbe parlare e io dovrei sborsare del denaro per ottenere informazioni di cui sono già in possesso.
Cartello 29: un vero peccato che non lo abbia preso io il libro quando sono stato a casa sua. Ero lì per fare la mia intervista e legalmente il libro è mio. Non è un crimine e lei non può accusare me senza accusare se stessa. Potrei chiedere a Celia di portarlo via dalla cucina, ma questo sarebbe ritenuto un furto. Non è roba sua. Non posso coinvolgere Celia in una faccenda che rivelerebbe che genere di lavoro fa per me. Non voglio correre rischi, la considero troppo preziosa.
Ormai aveva raggiunto il ponte di pietra. Trasse un profondo respiro e prese la strada del ritorno. Arrivò poco prima del crepuscolo.
Dopo aver messo la bicicletta nell'ex rimessa raggiunse casa con le gambe stanche per lo sforzo e con andatura ondeggiante. Nel baule da marinaio trovò due consegne: una dell'emporio di Lanspeak e qualcosa di forma rettangolare avvolto in carta stagnola, ancora tiepido. I siamesi capirono subito di che cosa si trattava e gli diedero un rumoroso benvenuto.
«Va bene, va bene, più tardi» disse loro, mettendo il pacchetto nel frigorifero per motivi di sicurezza. Poi si dedicò al sacchetto dell'emporio di Lanspeak. Prima di aprirlo disse: «Ehi, un momento, è troppo pesante perché si tratti di una camicia di seta.» Effettivamente era pesante. Si trattava di un quaderno grosso, nero, malridotto e unto.
«Santo cielo!» esclamò. «È il libro di cucina di Iris.» Si precipitò al telefono, seguito da due gatti esigenti.
«Tra poco, tra poco» li rassicurò.
Dopo due squilli sentì la voce scherzosa di Celia. «Rimessa del Parco, posso esservi utile? Oh, mi scusi, capo. Pensavo che fosse... qualcun altro. Ha trovato il mio polpettone?»
«Sì, e la ringraziamo tutti sentitamente. Ma non ho trovato solo quello.»
«Si è stupito?»
«Più di tanto. Non mi aspettavo che lei si desse da fare da sola per ottenere le prove.»
«Infatti non è così» spiegò Celia, subito sulla difensiva. «Mi è stato dato.»
«Be', questa sì che è una sorpresa! La signora Fetter ha fornito una spiegazione per quella presenza illegale infilata tra i suoi libri?»
«No, no, me l'ha dato Donald! Mi ha visto a leggerlo e ha detto: "Perché non prende quella roba, non se la porta a casa e non se la tiene? In ogni caso la mamma non dovrebbe averlo. Non le dica, però, che gliel'ho dato io". Non sono state queste le parole esatte, ma quasi.»
«Be', sono senza parole. È successo lunedì?»
«Sì, quando sono andata lì con i ragazzi per il corso. Mi scusi se non gliel'ho dato subito, ma ho voluto copiare qualche ricetta. Spero che non le dispiaccia.»
«Celia, non solo non ho nulla da obiettare al riguardo, ma la promuovo vicedirigente esecutivo incaricato delle Indagini Delicate.»
La risata della donna echeggiava ancora quando lui le diede la buonanotte. Per un po' di tempo rimase lì a fissare il telefono, dicendosi che se Donald avesse atteso altre ventiquattr'ore avrebbe potuto consegnare la propria madre alla polizia e intascare la ricompensa... sempre che i due non intendessero dividersela.
Esaminò il libro di cucina senza curarsi delle lamentele che venivano dal basso. La copertina nera si era ingrigita dopo decenni in cui la farina vi era stata regolarmente rovesciata. Iris si vantava sempre di essere una cuoca disordinata. C'erano moltissime pagine staccate e ritagli di giornale ingialliti abbondantemente macchiati e unti. Qwilleran pensava di essere in grado di riconoscere il grasso di pancetta, il sugo di pomodoro, l'olio d'oliva, la cioccolata, il caffè e il sangue. Chiazze di liquido avevano reso in alcuni punti illeggibile la scrittura, già di per sé abbastanza indecifrabile. Entrò nel suo studio e batté a macchina un annuncio per il "Moose County Something" e per il "Lockmaster Ledger".
Un libro di ricette di cucina che era scomparso, e originariamente di proprietà di Iris Cobb, è stato restituito anonimamente ai legittimi proprietari, la Fondazione K, che ha intenzione di pubblicarlo. A detta di un portavoce della Fondazione, l'annuncio con la promessa di una ricompensa di diecimila dollari per informazioni che portassero al recupero del libro non ha ottenuto alcun risultato. La restituzione è stata spontanea e non saranno fatte indagini.
Stava dando un paio di fette di polpettone ai siamesi quando squillò il telefono. «Pronto» esclamò, ma all'altro capo del filo avvertiva solo un respiro ansante. «Pronto?» ripeté con inflessione interrogativa.
A quel punto udì una voce chioccia: «Mi ammazzo.» Le due parole erano state pronunciate in un tono monocorde, ma la disperazione le fece risuonare quasi in falsetto.
«Come? Che cos'ha detto? Aubrey, sei tu?»
«Mi ammazzo.»
«Dove sei? A casa di tua madre?»
«Sono tornato a casa mia a prendere un'arma. Mi sparo.» Non era la prima volta che Qwilleran aveva a che fare con persone che minacciavano di togliersi la vita. Aubrey aveva bisogno di parlare con qualcuno.
«Che cosa pensa tua madre del fatto che sei andato via?»
«Non gliel'ho detto.»
«Come sei arrivato a casa?»
«Ho camminato.»
«Dov'era tua madre quando te ne sei andato?»
«Stava zappando sul retro.»
«Non credi che avresti dovuto dirglielo?»
«Non ha bisogno di me, ha dei nipoti. Mi ammazzo.»
«Ma chi si occuperà delle tue api? Hanno bisogno di te. Mi hai detto che sono le tue amiche.»
«Se ne sono andate. Le ho affumicate.»
«Dai la colpa a loro per quello che è successo? Loro non sapevano quello che è successo.»
Seguì un silenzio riempito solo da ansiti. «Sto diventando matto. Non riesco a mangiare, non riesco a dormire. Mi ammazzo.»
«Aspetta un momento, dobbiamo parlarne. Io sono tuo amico. Voglio sapere che cose che ti turba.»
«Ho preso il fucile del vecchio, me lo punterò al mento e premerò il grilletto.»
«Non fare nulla fino a quando non verrò io. Mi muovo subito. Mi hai sentito? Sarò lì tra dieci minuti. Accendi la luce all'esterno.»
Qwilleran afferrò giacca e chiavi della macchina ed ebbe la presenza di spirito di riporre in frigorifero il resto del polpettone. Senza salutare i gatti uscì precipitosamente di casa e raggiunse l'auto. Accese il motore, si inoltrò per il bosco che stava diventando buio, in Park Circle svoltò sgommando e si diresse verso Sand Pit road. Dato che a quell'ora il traffico era scarso schiacciò l'acceleratore. Raggiunse Black Creek, guardò il paesaggio desolato e vide in lontananza le luci esterne di casa Limburger. Questo voleva dire che Aubrey gli aveva dato retta, aveva ubbidito al suo ordine.
Fermò la macchina e si precipitò verso la veranda. Mentre saliva i gradini malconci la porta d'ingresso si aprì e una figura spettrale comparve sulla soglia, le spalle incurvate, il volto bianco quasi come i capelli, l'espressione vacua negli occhi.
«Grazie per aver acceso le luci» disse Qwilleran seguendolo nell'atrio. Un'unica fioca lampadina era accesa nel lampadario con le corna di cervo. L'anta dell'armadietto che conteneva le armi era spalancata. «Senti, amico mio» disse «andiamo da qualche parte a fare una bella chiacchierata tra uomini. Lasciamo questo posto tetro, andrà tutto bene. Non preoccuparti. Quando ci si sente giù di morale, bisogna parlare con qualcuno che ci capisca. Vieni, andiamo. Spegni le luci. Chiudi la porta a chiave.»
Aubrey aveva bisogno che qualcuno prendesse in mano le redini della situazione. Fece quello che gli veniva detto muovendosi lentamente, quasi fosse in trance. Poi Qwilleran lo prese per un gomito e lo pilotò giù per i gradini sino alla macchina.
Era capace di scrivere mille parole per la sua rubrica senza il minimo sforzo, ma dovette lavorare duramente per riempire il silenzio amplificato dal rombo del motore. Mentre si dirigevano verso Pickax, disse: «È una bella serata, fresca ma non troppo, proprio come ci si aspetta all'inizio di ottobre. Tra poco ci sarà Halloween e ancor prima che ce ne rendiamo conto verrà il Giorno del Ringraziamento. Però non abbiamo avuto un'estate prolungata. Ci si può aspettare che succeda qualunque cosa... Fa buio, vero? È una notte senza luna... All'orizzonte si riesce a vedere il riflesso dei lampioni stradali di Pickax... Non c'è molto traffico, stasera. Nessuno esce, il mercoledì sera... Ecco, siamo arrivati alla tavola calda di Dimsdale. Resta aperta tutta notte, ma al parcheggio non ci sono mai camion. Credo che il cuoco dorma dietro il banco. Le sue frittelle sono le peggiori che abbia mai mangiato in vita mia. Mi chiedo che diavolo ci metta dentro! Sembra che Lois riapra il locale. Speriamo.»
Mentre parlava di tutto e di niente, il suo passeggero era caduto in una sorta di torpore. Qwilleran sperava che la terapia d'urto che aveva in mente funzionasse. Lasciarono Park Circle, attraversarono il parcheggio del teatro e si inoltrarono nel bosco. Quando emersero dalla macchia scura dei sempreverdi azionò il comando a distanza e di colpo le luci a fascio luminoso si accesero, trasformando il torreggiante ex granaio in qualcosa di irreale. Aubrey si tirò su e guardò con gli occhi sbarrati.
«Questo era un granaio» gli spiegò Qwilleran. «È stato costruito più di cent'anni fa. Aspetta di vedere l'interno.»
Mentre varcavano la soglia della cucina premette un interruttore che illuminava contemporaneamente il pianerottolo, le scale e il gigantesco cubo-camino. I gatti che stavano dormendo sul divano si alzarono, arcuarono la groppa, si stiracchiarono e balzarono sul pavimento per ispezionare l'ospite. Gli girarono attorno con atteggiamento inquisitorio, annusandogli gli stivali e trovandoli molto affascinanti.
«Che cosa sono?» chiese Aubrey.
«Gatti siamesi. Molto amichevoli. Si vede che sono attratti da te. Sanno che ti piacciono gli animali. La femminuccia si chiama Yum Yum, il maschio Koko. Parla con loro. Digli come ti chiami.»
«Aubrey» si presentò l'uomo in tono esitante.
«Yow» rispose Koko con la sua penetrante voce baritonale da siamese.
«Visto? È contento di conoscerti. Togliti la giacca e siediti in quella poltrona. Vuoi del formaggio e qualche cracker? Che cosa bevi? Caffè? Birra? Vino? Ginger Ale?»
«Birra» rispose Aubrey in preda alla confusione, mentre sprofondava nella poltrona dai morbidi cuscini. Non riusciva a distogliere lo sguardo dai gatti, che gli giravano attorno con eleganza assumendo pose, fissandolo, facendo tutte le cose giuste, quasi fossero stati incaricati di effettuare una terapia a un malato. Yum Yum azzardò un tentativo poco convinto di slacciare le stringhe degli stivaletti prima di balzare sulle ginocchia di Aubrey e di sistemarglisi nell'incavo dei gomito, con fusa sonore. Quindi sollevò il muso fissandolo con occhi pieni di sentimento.
Qwilleran pensò: "È una strega!".
«Che occhi grandi!» osservò Aubrey. «Perché mi guarda in questo modo?»
«Vuole fare un gioco con te. Lei ti fissa, tu la fissi e chi sbatte per primo le palpebre perde.» Gli mise accanto al gomito una lattina di birra e un piatto con del formaggio.
Poi fu la volta di Koko di fare la sua scena di stregoneria. Balzò sul bracciolo della grande poltrona e prese ad annusare la manica di Aubrey. Quindi il nasino freddo e umido risalì lungo la manica e annusò l'orecchio.
«Fa il solletico» disse Aubrey con un vago sorriso.
«Sai che i gatti hanno ventiquattro baffi? E tutti fanno il solletico. Contali e vedrai che ti ho detto la verità.» Aubrey girò il capo e si trovò davanti allo sguardo ipnotico di Koko, che gli era vicinissimo.
Qwilleran pensò: "Sanno che è sconvolto. I gatti hanno un'attitudine particolare a curare la gente". Poi a voce alta disse: «Dai a Koko un pezzetto di formaggio e ti sarà amico per la vita.»
Aubrey ubbidì. Fu molto soddisfatto quando entrambi i felini presero i pezzetti di formaggio dalle sue dita. «Proprio come il cane che avevo una volta... si chiamava Spot. Bianco e nero, di razza mista. Mangiava solo dalla mia mano. Non ho mai visto dei gatti come questi... Li lascia entrare in casa?» aggiunse stupito.
«È qui che vivono. Non vanno mai fuori. Mentre parlava Aubrey continuava ad accarezzare il loro morbido manto. Qwilleran si disse: "È un miracolo, parla!"»
Aubrey continuò a parlare, quasi che un flusso benefico di energia passasse dai gatti a lui. «Dopo che Spot è stato ammazzato, non ho più voluto un altro cane. Mi sono arruolato in Marina. Volevo imparare l'elettronica. Mi piace quella roba. Ma ho avuto un incidente e ho dovuto tornare a casa.»
Con circospezione e con tutta la gentilezza possibile, il giornalista chiese: «Che genere di incidente?»
«Ho rischiato di annegare. Quando sono rinvenuto pensavo di essere morto. Mi sentivo diverso, ma non ero morto. Ero in infermeria. I dottori hanno detto che dovevo la vita al mio amico. Vic... si chiamava così, è saltato in acqua per salvarmi. Mi hanno detto che il mare era pieno di squali.»
«Un'esperienza terribile!»
«Quando qualcuno ti salva la vita, gli sei in debito per sempre. Così si dice.»
«Sei ancora in contatto con... Vic?»
Aubrey guardò Qwilleran con un'espressione di orrore. «C'era lui nel capanno!» Scoppiò in singhiozzi e si coprì il volto largo con le mani.
«È tutto a posto» cercò di consolarlo Qwilleran. «Fa bene lasciarsi andare, togliersi un peso.»
I siamesi erano un po' allarmati, ma non si mossero: una presenza silenziosa ma comprensiva. Quando finalmente i singhiozzi si placarono e Aubrey cominciò ad asciugarsi il volto con una manica, Qwilleran gli offrì un bel po' di fazzolettini di carta, che lui si affrettò ad afferrare.
«Ora ti sentirai meglio» gli disse.
E aveva ragione perché Aubrey appariva rilassato, immerso in uno stordimento sereno.
«Forse adesso hai voglia di mangiare?» gli chiese il giornalista. «Panino con il polpettone?»
«Sì, ho fame.»
«Andiamo a sederci vicino al mobile-bar. Portiamoci anche il formaggio, così i gatti non me lo mangiano.»
Aubrey, chino sul mobile, divorò formaggio e cracker bevendo birra, mentre Qwilleran preparava i panini con il polpettone di Celia, aggiungendo la senape e sottaceti all'aneto.
Dopo due panini e tre lattine di birra, Aubrey aveva voglia di parlare. Qwilleran ascoltò attentamente le parole che gli prorompevano dalle labbra in un torrente di pensieri sconnessi e di ingenue osservazioni, e a un tratto disse: «Scusami un momento, torno subito.» Si affrettò a raggiungere la scala che dalla cucina portava al suo studio e fece una telefonata. Quando udì rispondere disse con voce tonante: «Dov'è il tacchino di Koko? Lui vuole il suo tacchino.»
«È al laboratorio» rispose Brodie, che sembrava di malumore. «Compragliene un altro. Te lo puoi permettere. Hai chiamato solo per questo?»
«Assolutamente no. Parlo sul serio, Andy, sono desolato di disturbarti di nuovo, ma io credo che dovresti venire qui subito e portati la cornamusa. È importante. Voglio farti conoscere una persona.»
«Che cavolo di invito è?» chiese il capo della polizia. Parlava con il tono della persona interrotta mentre sta guardando il suo programma preferito in TV.
«Fidati di me, non te ne pentirai.»
«Si tratta di lavoro o di piacere?»
«Questa sera è soltanto un amichevole incontro. Tu non sei in servizio. Capiti qui per bere qualcosa... ma domani potrebbe trattarsi di una faccenda che riguarda la polizia. Stasera è un incontro privato, improvvisato, tra amici.»
«Tira fuori lo scotch» ordinò Brodie. «Arrivo subito.»
18
Qwilleran e il suo ospite avevano finito di mangiare i panini nell'angolo bar ed erano tornati alla zona soggiorno, con le tazze del caffè. I siamesi continuavano ad aggirarsi per la stanza, visto che dal loro nuovo amico avevano ricevuto pezzetti di formaggio e di polpettone. All'improvviso Koko si irrigidì tutto e di scatto si voltò verso la porta sul retro. Poi corse in cucina a guardare dalla finestra.
«Koko riesce a vedere i fari e a sentire il motore di un'automobile a un chilometro di distanza» spiegò Qwilleran.
Qualche minuto dopo dal parcheggio pervenne uno strano rumore e lui si alzò immediatamente dalla sedia per andare a controllare. Brodie si stava avvicinando alla porta della cucina suonando con la cornamusa una struggente melodia scozzese.
«È questo il posto dove offrono da bere ai suonatori?» chiese, mentre Qwilleran gli andava incontro.
«Dipende da quanto sei bravo. Tra l'altro, ho sempre desiderato sentire il suono della cornamusa in questa casa perché l'acustica è fenomenale.»
Brodie depositò lo strumento in cucina ed entrò con passo baldanzoso nella zona soggiorno, dove un corpulento giovanotto dai capelli bianchi se ne stava seduto con un gatto in grembo e un altro sulla spalla. «Aubrey! Che cosa ci fai qui, per l'amor del cielo? Stai impersonando San Francesco?»
«Salve, Andy. Ho mangiato un grosso panino e ho bevuto un paio di birre, e adesso sto parlando con i gatti. Sono molto socievoli. Stiamo facendo il gioco delle palpebre. Sai com'è?»
Qwilleran si intromise: «Mi sembra che voi due vi conosciate.»
«Altroché! Conosco Aubrey da quando andava a scuola e io lavoravo per lo sceriffo. Conosco anche i suoi fratelli e sua madre, che coltiva i fiori più belli di tutta la contea. Come sta la mamma, Aubrey?»
«Soffre un po' di artrite, ma sta bene. E le sue frittelle continuano a essere migliori di quelle di Lois. Lo sai che Lois ha chiuso il locale?»
«Non preoccuparti, riaprirà. Minaccia continuamente di chiudere. Chi sono i tuoi due amici?»
«Questa è Yum Yum, e questo è Koko, che vuole farmi il solletico alle orecchie con i baffi.»
Qwilleran si rivolse a Brodie: «Mettiti comodo. Prendi un po' di formaggio. Aubrey mi stava raccontando una storia interessante. In quanto vecchio amico di famiglia, dovresti sentirla anche tu.»
Girandosi verso il giovane, il capo della polizia, che non era in servizio, chiese: «Non sei tu quello che ha denunciato di aver trovato il cadavere vicino al fiume?»
«Sì. L'ho trovato nel mio capanno. È lì che io vivo. I miei avevano cinque capanni che davano in affitto. Adesso ne è rimasto solo uno, dove abito io con le mie api. Gli alveari si trovano sulla parte assolata dove non batte il vento del nord. Quest'estate mi hanno dato un mucchio di miele. Hai mai assaggiato il mio miele? È più scuro degli altri ed è molto profumato.» Si girò verso Qwilleran: «Ha assaggiato il mio miele, vero? Non trova che è molto profumato?»
«È il migliore» rispose Qwilleran, chiedendosi se Aubrey si fosse dimenticato che le sue api non c'erano più.
Brodie buttò giù un bel sorso di scotch. «Come mai quel pescatore ha preso in affitto il tuo capanno, lo scorso fine settimana?»
«Lo conoscevo da molto tempo. Gli piaceva venire quassù e qualche volta anche pescare lucci. Io gli lasciavo sempre usare il capanno e il vecchio mi permetteva di dormire nella sua grande casa. Adesso lui è all'ospedale. Lo sapevi che è all'ospedale, Andy?»
«Sì, ho sentito che non sta per niente bene.»
«Sono i reni e la pro... la pros...»
«La prostata» lo aiutò Qwilleran.
«Quando andrà all'altro mondo io avrò la sua Bibbia, me l'ha promessa. È in tedesco. Io non so leggere il tedesco, ma ha i bordi e i caratteri dorati sulla copertina.» Di nuovo si voltò verso Qwilleran. «Lei l'ha vista? È vera pelle?»
«Sì, è vera pelle ed è un bellissimo libro.» Poi, per tornare sull'argomento che gli stava a cuore, chiese: «Aubrey, non avevi detto che il tuo amico qualche anno fa aveva passato la luna di miele nel tuo capanno?»
«Sì, ha sposato una brava donna, però a lei non piaceva la pesca con la mosca e allora non è più tornata qui. Lui ci veniva sempre da solo. Pescava con le mosche che si portava da casa. Era molto bravo.»
«A te piace pescare con la mosca, Aubrey?»
«Non direi.»
«Il tuo amico ha mai avuto guai con le api, in passato?» Aubrey scosse solennemente la testa e Qwilleran gli rammentò: «Non mi avevi detto che sabato sera aveva bevuto parecchio? Da quanto ho imparato sulle api, forse gli si sono rivoltate contro... Racconta ad Andy come hai conosciuto quel tizio, Aubrey.»
«Sì.» Con aria imperturbabile il giovanotto prese a raccontare di quando per poco non era annegato e del gesto eroico dell'amico che gli aveva salvato la vita. «Vic diceva sempre che ero in debito con lui perché mi aveva salvato. Per questo gli permettevo di stare gratis nel mio capanno ogni volta che voleva. Si chiamava Victor, ma io lo chiamavo Vic. Mi telefonava da Giù in Basso e diceva: "Mi daresti il tuo capanno per un paio di giorni, Big Boy?" Mi chiamava sempre così. Arrivava qui in aereo e io andavo a prenderlo all'aeroporto. Lui pescava un po' mentre io facevo i miei soliti lavori. Poi per cena mangiavamo quello che lui aveva pescato e io lessavo un po' di rape. Le preparavo come mi ha insegnato mia mamma: in purea con burro, sale e pepe.» Si rivolse a Qwilleran: «Le piacciono le rape?»
«No» fu la veemente risposta.
«In purea con burro e sale le piacerebbero e...»
Brodie lo interruppe: «Come si guadagnava da vivere Vic?»
«Con l'elettronica. È quello che avrei sempre voluto fare anch'io, ma non ne ho avuto la possibilità. Sono dovuto tornare a casa.»
«Un altro scotch, Andy?» offrì Qwilleran. «E tu, Aubrey, dell'altro caffè?» Gliene versò una tazza. «E adesso raccontaci di quando un paio di settimane fa hai visto la moglie di Vic al caffè dell'Orso Nero.»
«Non erano più sposati. Lei aveva ottenuto il divorzio. Non so perché si sono lasciati. Era una brava donna. L'ho vista all'Orso Nero, era con un uomo. Aveva cambiato colore di capelli. Non mi ha visto. Quando la volta successiva Vic mi ha fatto un'interurbana gliel'ho detto e lui è rimasto sorpreso. Sapevo che sarebbe rimasto sorpreso. A me piace ricevere telefonate interurbane, a voi no?» Guardò gli altri due, che fecero un cenno di assenso. «Mi ha chiesto di andare a prenderlo all'aeroporto.»
«Ma a Lockmaster, non a Mooseville» precisò Qwilleran, lanciando a Brodie un'occhiata significativa.
«Sì, a Lockmaster. È un bell'aeroporto. Più grande del nostro. Ci si impiega più tempo ad arrivarci, ma non importa. Vic era il mio migliore amico. Ero in debito con lui. È quello che diceva sempre. Quando sono andato all'aeroporto mi è sembrato piuttosto silenzioso. Mi ha detto che voleva sempre bene a sua moglie, non mi ricordo più come si chiama, e che voleva riappacificarsi con lei. Le aveva portato un regalo di compleanno che gli era costato un sacco di soldi. Era avvolto in carta argentata e aveva dei nastri colorati. Pensava di farle una grossa sorpresa.»
«Accidenti se è stata una grossa sorpresa!» bofonchiò Brodie.
«Continua, Aubrey» lo incitò Qwilleran.
«Il giorno seguente io gli ho prestato il mio furgone e lui se n'è andato in giro. Non so dove. Ma ha macinato un bel po' di chilometri. Ho dovuto fare il pieno. Nel pomeriggio l'ho accompagnato col furgone all'albergo, dove ha lasciato il regalo e un mazzo di fiori che aveva comperato da qualche parte. Poi l'ho riaccompagnato a Lockmaster.»
«Quando hai scoperto che il regalo di compleanno era una bomba?»
«Mentre andavamo all'aeroporto. Non sapevo che cosa pensare. Non sapevo che cosa dire. Gli ho chiesto perché. Mi ha risposto che l'amava e non voleva che qualcun altro gliela portasse via. Mi ha avvertito di tenere la bocca chiusa, se non volevo essere arrestato. Ha detto che dovevo comperare il giornale e vedere che cosa scrivevano della storia, che dovevo spedirgli il ritaglio. Io volevo fargli una telefonata interurbana, ma lui ha detto di no. Questa faccenda non mi piaceva, ma... ero in debito con lui.»
«Che cos'hai provato quando hai saputo che la bomba ha ucciso la cameriera?»
«Mi sono sentito male. Era la ragazza di Lenny Inchpot... dovevano sposarsi.» Aubrey si alzò di scatto. «Devo uscire un momento.»
«C'è un bagno appena fuori della cucina» disse Qwilleran, ma l'altro si era già precipitato fuori.
Brodie disse: «Spero che non mi rubi la macchina e non scappi.»
«Tornerà. È abituato ai servizi igienici esterni.»
«Possiamo credere alla sua storia?»
«Aspettiamo di sentire il resto, Andy. Tutti i tasselli del puzzle combaciano alla perfezione. La donna misteriosa della stanza 203, un'ex moglie maltrattata con il volto sfigurato da una cicatrice, divorziata, cerca di scappare da un ex marito che le dà la caccia; è venuta in questa città sperduta a cercare un rifugio, non immaginando certo che sarebbe stata riconosciuta. Questo è stato il suo errore.»
«E quello di lui è stato comperare i fiori. Ha ucciso la donna sbagliata» commentò Brodie in tono cupo. «Mi sembra che Aubrey ci provi gusto a raccontare questa storia.»
«Gli fa bene. Fino a qualche ora fa era in preda a una depressione tale da volersi uccidere. Adesso chiacchiera come uno che sia stato invitato a prender parte a un talk-show televisivo davanti a un pubblico di milioni di persone che lo stanno a sentire. Penso che gli piaccia questa attenzione. Da quando è stato congedato dalla Marina ha condotto una vita solitaria.»
«Uno strano tipo... e una strana situazione.»
Quando Aubrey rientrò disse che aveva fatto un giro per l'ex granaio. Prima di allora non aveva mai visto un granaio di forma rotonda. Qwilleran gli offrì dell'altro caffè e disse: «Racconta di quando Vic è tornato la settimana successiva.»
«Sì. Sono andato di nuovo a prenderlo a Lockmaster. Ha detto che due persone avevano dato la sua descrizione alla polizia. Così scriveva il giornale. Voleva sapere se potevo mettere le mani sulle armi del vecchio.»
«Com'era venuto a sapere della loro esistenza?»
«Le aveva viste la settimana prima. E anche la Bibbia e l'orologio a cucù. A lui è piaciuto l'orologio. E tu hai mai visto un orologio a cucù, Andy?»
«Mia suocera ne ha uno» rispose lui in tono burbero.
«Bene» intervenne Qwilleran. «Parlaci della pistola.»
«Vic ne ha presa una, l'ha caricata e io l'ho accompagnato dal fiorista in Main Street. Voleva andare proprio lì. In giro non c'era nessuno. Erano tutti andati a vedere i fuochi d'artificio. Quando è uscito, io volevo fermarmi a guardare lo spettacolo, ma lui aveva fretta di partire. È stato allora che mi ha detto di disfarmi della pistola se non volevo essere arrestato. Non sapevo che cosa fare.»
«Di chi è stata l'idea di nasconderla in un tacchino?»
«Ne abbiamo discusso. Io dovevo cominciare il turno di mezzanotte perché alla fattoria dovevano preparare una spedizione per Giù in Basso. Vic ha detto che sarebbe stato divertente se qualcuno avesse comperato un tacchino e ci avesse trovato dentro una pistola.»
«Molto divertente» borbottò Brodie.
«Quando sono tornato a casa dal lavoro dovevo assolutamente andare a dormire. Non so che cos'aveva fatto Vic, ma lui aveva già programmato tutto. Ha detto che dovevamo fare fuori il portiere dell'albergo, che dovevamo nasconderci nel bosco e sparargli quando fossero passati i ciclisti. Il giornale aveva pubblicato il numero della maglietta di Lenny e il percorso. Poi Vic mi ha detto che dovevo farlo io perché sono bravo a sparare. Aveva continuato a bere whisky e io ho creduto che non parlasse sul serio. E invece sì. Gli ho detto che io non potevo uccidere nessuno e lui ha detto che non potevo tirarmi indietro.»
«Perché eri in debito con lui.»
«Sì. Non sapevo che cosa fare. Ero tutto accaldato e sudato. Allora sono andato a parlare con le mie api. Quando sono tornato la bottiglia del whisky era vuota e Vic si stava scolando lo Schnapps del vecchio. Dopo un po' era sbronzo fradicio. Ho dovuto trasportarlo al capanno col furgone e buttarlo sul letto. C'era una trapunta fatta da mia madre, con stelle rosse e cerchi verdi, ma lui continuava a tremare e allora gli ho portato la coperta tedesca del vecchio. Adesso non gli servirà più, sta per andare all'altro mondo.»
«E al suo amico la coperta è servita?» lo incalzò Qwilleran.
«Non lo so. Aveva vomitato e il capanno puzzava. Ho aperto una finestra e sono scappato fuori.»
«E il mattino dopo?»
«Non l'ho visto a colazione, allora sono andato al capanno e l'ho trovato morto. Aveva la faccia e le mani gonfie. Sono corso fuori e mi sono messo a urlare. Ho urlato perché ero contento di non dover sparare a Lenny.»
I suoi due ascoltatori si guardarono, poi Brodie disse: «Se tu avessi sparato a Lenny, la vittima successiva saresti stato tu. Vic ti avrebbe rubato il furgone e sarebbe scomparso. Solo tu sapevi che lui era qui e solo tu sapevi perché era qui. Puoi ringraziare le tue api per quello che hanno fatto.»
«Se ne sono andate, le ho affumicate» ribatté Aubrey.
«Potresti raccogliere un altro sciame di api selvatiche e metterlo nelle arnie» suggerì Qwilleran, ostentando le sue nuove conoscenze sull'argomento.
«Sì, so che ce ne sono in un vecchio albero.»
«E adesso vi suonerò una melodia prima di andarmene» annunciò Brodie. Portò la cornamusa al piano superiore e poi scese le scale con passo lento e ondeggiante, eseguendo Amazing Grace. Le note della cornamusa facevano pensare al lamento funebre di uno spirito e si diffondevano per tutto lo spazioso locale della casa. Koko prese a ululare mentre Yum Yum premeva l'orecchio nell'incavo del gomito di Aubrey.
Quando Qwilleran accompagnò Brodie al parcheggio, questi disse: «Ricordo questo ragazzo da quando andava a scuola, giocava a football e il fine settimana dava una mano ai pescatori. Era anche un gran tiratore. È cambiato parecchio e adesso si è messo nei guai. Ma una volta presentata la sua deposizione al pubblico ministero, il caso dovrebbe chiudersi.»
«Considerate le circostanze, non sarà mai incriminato. È un caso chiarissimo di circonvenzione di incapace e di plagio. Chiamerò George Barter. Ha curato per me altre faccende legali delicate e ci intendiamo bene. Grazie per essere venuto, Andy.»
«Anch'io sono contento di vedere che questa brutta storia si è conclusa.» Brodie abbassò il finestrino. «Dimmi un po': quanto è stato coinvolto il tuo gatto intelligente nel caso?»
«Be'... più di quanto avessi immaginato.»
In casa, Aubrey era carponi sul tappeto marocchino e giocava con entrambi i siamesi. Yum Yum si contorceva con scatti deliranti mentre lui le dava dei colpetti e la faceva girare tutt'attorno. Intanto Koko aggrediva l'altra mano di Aubrey, la attaccava, la mordicchiava delicatamente e le dava colpetti con una delle zampe posteriori. Poi il robusto giovanotto si rotolò sulla schiena e loro gli si arrampicarono sopra. Non avevano mai dedicato tanta attenzione a un estraneo.
Qwilleran pensò: "Intuiscono che lui ha bisogno di amici? Oppure sono io che ho sbagliato tutto? Troppi svaghi letterari e troppe poche risse!"
Lasciò che fosse Aubrey a dare loro lo snack della buonanotte, poi lo mandò di sopra nella stanza degli ospiti. I felini erano chiusi nel loro appartamento e lui si apprestò a fare un po' di placida lettura. Stava cominciando a sentirsi le palpebre pesanti quando squillò il telefono. All'altro capo del filo udì la voce decisa e sveglia del redattore del turno di notte del "Something". «Qwill!, sono Dave! Scusa se ti chiamo a quest'ora, ma sull'altra linea c'è una interurbana per te dalla California. Una donna. Non ha tenuto conto del fuso orario.»
«Come si chiama?»
«Ha un nome difficile. Te lo compito. O-n-o-o-s-h.»
«Chiedi il suo numero e dille di riagganciare. La richiamerò subito io.»
Di lì a poco parlava con Onoosh Dolmathakia.
«Oh, signor Qwill, ho avuto la notizia» gli disse con voce ansante. «Ho visto piccolo articolo su "Usa Today": Uomo morto per punture di vespe. Era sposato a me. Peccato, ma non sono triste. Adesso torno a Pickax e apro un nuovo ristorante con socio. Cucina mediterranea.»
«Quando pensa di arrivare?» chiese Qwilleran.
«Veniamo con aereo. Siamo all'hotel Booze.»
«Appena sarà qui, si faccia viva.» Le diede il numero di telefono, quindi riagganciò, provando un senso di soddisfazione. Ora avrebbe avuto i suoi involtini di foglie di vite.
Al mattino per prima cosa chiamò Celia Robinson. «Ho un ospite e devo mettere insieme la colazione. Potrebbe venire qui a fare un po' di frittelle per un paio di derelitti affamati? Lois ha lasciato noi clienti a terra, siamo tutti disperati.»
«Ma certo! Ha una piastra?»
«Sul fornello in alto c'è un grosso oggetto oblungo in acciaio inossidabile. È questo che intende? Ci sono impronte di zampe sopra, ma le pulirò. Qui c'è un mucchio di burro e di miele. Che cosa le serve per le frittelle?»
«Non si preoccupi di questo. Preparerò io l'impasto e lo porterò lì. Fra quanto?»
«Al più presto possibile.»
Qwilleran salì al primo piano per svegliare Aubrey. La porta della stanza degli ospiti era spalancata e l'ospite non c'era. Dal secondo piano però provenivano scoppi di risa: lui e i siamesi si stavano divertendo da matti.
Celia arrivò con la pastella per le frittelle. Intanto che si metteva al fornelli, Qwilleran telefonò all'avvocato.
La prima cosa che Aubrey disse a George Barter, quando questi arrivò, fu: «Mi prenderò un gatto.»
19
Aubrey Scotten raccontò la sua storia cinque volte in tutto. La prima a Qwilleran, la seconda a Brodie, la terza all'avvocato, la quarta al pubblico ministero e la quinta a un giudice comprensivo nel corso di un'udienza a porte aperte. Parlava in tono grave e semplice. Infatti le versioni non variavano mai. Le uniche digressioni riguardavano la cottura delle rape e la qualità delle frittelle di Lois. La gente era rimasta incantata, come ipnotizzata, ad ascoltare il racconto disordinato e l'ingenuità con la quale Scotten si esprimeva. Onoosh Dolmathakia, ex moglie di Victor Greer, comparve in aula per confermare alcuni particolari. E Nick Bamba, il datore di lavoro di Aubrey, giurò sulla sua onestà, sulla sua affidabilità e su quanto fosse prezioso per la comunità. Non furono formulate accuse contro l'apicoltore, che venne invece affidato alla tutela della madre.
Gustav Limburger non comparve in tribunale. Era morto e aveva lasciato il testamento al suo avvocato di Lockmaster. Con grande sorpresa e costernazione della gente del posto, tutte le sue proprietà sarebbero state ereditate da una figlia che viveva in Germania.
Intanto Weatherby Goode pronosticava un inverno rigido. «Avremo la neve, che cosa farà il povero, caro pettirosso?»
I commercianti dissero che c'era richiesta di spazzaneve e di mutande lunghe.
Dopo il primo gelo che rese l'aria frizzante, nella contea di Moose seguì una breve ma stupenda estate di San Martino. Polly stava per riprendere a lavorare e Qwilleran aveva deciso di portarla al Boulder House Inn di Trawnto per una cena e una notte di festeggiamenti.
Trawnto era una tranquilla località turistica sul lago, con grandi e vecchie case estive che sorgevano su un promontorio. Verso la metà del secolo prima vi si erano insediati dei canadesi che erano naufragati su quelle spiagge rocciose. Volevano battezzare il loro piccolo villaggio Toronto, ma i funzionari locali avevano capito male la pronuncia e sui registri della contea avevano scritto Trawnto.
Mentre vi si dirigevano, quel pomeriggio festivo di sabato, Qwilleran continuava a lanciare occhiate alla passeggera che gli sedeva a fianco. «Polly, hai un aspetto splendido, assolutamente splendido!» Lei indossava il suo completo pantaloni grigio e una camicetta fucsia di seta che conferiva al suo volto una luminosità radiosa.
«Mi sento meravigliosamente bene» gli rispose. «Con due taglie di meno, mi è venuta una gran voglia di comperare degli abiti nuovi. E poi, quando tornerò al lavoro, farò richiesta alla Fondazione K perché ci consentano di acquistare dei computer accessibili al pubblico. Siamo, credo, l'unica biblioteca degli Stati Uniti che usa ancora catalogo e schede.»
«A me piacciono» osservò lui. «Un tempo mi ritrovavo spesso a fantasticare di restare chiuso di notte nella biblioteca pubblica di New York, tra cataloghi e schede... Perché non chiedi alla Fondazione K che vi diano delle sedie imbottite?»
Polly disse: «Ho letto qualcosa su Edward MacDowell. Era un bellissimo uomo, con un paio di baffi proprio come i tuoi. Se ti facessi la riga al centro della testa gli assomiglieresti come una goccia d'acqua.»
«Lo farò» le rispose in tono asciutto. «Ho sempre desiderato sembrare un compositore del diciannovesimo secolo. Che altro hai letto?»
«Direttamente dalla Penna di Qwill. Il tuo articolo sui formaggi mi ha fatto venire fame.»
«E non ho ancora cominciato a trattare l'argomento.»
Il Boulder House Inn era stato la residenza estiva di un eccentrico proprietario di cave di pietra ed era costruito su massi grezzi, alcuni grossi come vasche da bagno, impilati l'uno sull'altro. Le finestre erano rientrate nei muri di pietra, che avevano uno spessore dai sessanta ai novanta centimetri. I pavimenti erano costituiti da selci gigantesche e le scale erano scavate nella roccia.
«È una casa disegnata per dei giganti» dichiarò Qwilleran. «Spero che il cibo sia buono.»
«Lo pubblicizzano come nouvelle cuisine» disse Polly. «Suppongo questo significhi salse leggere, porzioni piccole su piatti grandi, verdure cotte senza grassi e invitanti dessert alla frutta.»
«Qualcosa mi dice che mi sarei dovuto portare dietro un sacchetto con la cena.»
Dopo aver apposto i loro nomi sul registro dell'hotel, l'autore della rubrica "Direttamente dalla Penna di Qwill" fu accolto come una celebrità e un amabile proprietario li condusse al piano di sopra alle loro stanze comunicanti.
«Io ho un letto a baldacchino» gli annunciò Polly mentre disfaceva la sua valigetta.
«E io ho il frigorifero» ribatté lui.
«Io ho il camino.»
«Io ho un divano troppo imbottito e una scacchiera.»
Trascorsero il pomeriggio a camminare lungo la spiaggia e a curiosare nei negozi sul lungolago, poi si vestirono per la cena e bevvero gli aperitivi sulla terrazza. Sherry secco per lei e acqua Squunk per lui.
Se, durante il viaggio in macchina, avevano parlato ininterrottamente, ora stavano in silenzio a contemplare il lago turchese, il cielo azzurro e sconfinato, punteggiato da gonfie nuvole ottobrine, assaporando la gioia di stare insieme e di essere in buona salute.
Di lì a un po' Polly disse: «Ho sentito la mancanza di Koko e di Yum Yum.»
«Anche loro hanno sentito la tua... e... pure io.»
«Continui a leggere loro Aristofane?»
«Ora stiamo leggendo Le rane. E ho imparato a imitarne discretamente il gracidio.»
«Immagino che tu lo faccia con l'autorevolezza di un vero anfibio» commentò lei.
«Grazie. Ho recitato al college e ricordo ancora alcune delle mie battute. La traduzione che si usava a quei tempi era più poetica di quella che sto leggendo adesso, ma non altrettanto spiritosa. Nella scena comica Vattelapesca continua a dire. "Ha perso i suoi sali profumati". La traduzione attuale invece dice: "Ha perso la sua bottiglia d'olio", e questa battuta in un certo senso mi sembra molto più divertente, non chiedermi perché.»
«Per lo stesso motivo per cui un piatto di sardine è più divertente di una fetta di pane. Un asino è divertente, un cavallo no. Le mutande sono divertenti, le scarpe no.»
Un gattone grigio attraversò la terrazza con andatura solenne e Qwilleran imitò ad alta voce il gracidio delle rane. Gli altri ospiti guardarono con aria interrogativa nella sua direzione, il gatto invece continuò imperturbabile ad attraversare la terrazza.
«Lui non capisce il linguaggio delle rane» osservò il giornalista.
«Ha l'udito difettoso» azzardò Polly.
«Gli manca qualche vibrissa.»
In sala da pranzo Polly annunciò che avrebbe preso un divertente filetto di trota. Qwilleran invece scelse una seria bistecca.
A un tratto lei domandò: «Hai poi scoperto chi ha restituito il libro di cucina di Iris Cobb?»
«Nessuno ha confessato» le rispose in tono sincero, anche se un po' evasivo, per proteggere la reputazione di madame Fetter, oltre che l'attività di agente segreto di Celia.
«Mi ha stupito che la deposizione di Aubrey Scotten in tribunale sia stata riportata verbatim sul "Something".»
«Forse al giornale volevano raffreddare un po' i pettegolezzi.»
«Perché le api hanno aggredito quell'uomo? A causa del suo cattivo odore?»
«Chissà» rispose Qwilleran, stringendosi nelle spalle. «Sono creature sensibili e intuitive e ancora più misteriose dei gatti.»
«Tutti sperano che Aubrey riprenda la sua attività di apicoltore.»
«Lo farà. Mi hanno detto che ha portato gli alveari alla fattoria di sua madre e che ha trovato un altro sciame di api selvatiche. Continuerà a lavorare all'allevamento di tacchini. Sua madre lo nutrirà a dovere e gli taglierà i capelli. Aubrey starà bene. È un vero peccato che Limburger non gli abbia lasciato la Bibbia in tedesco e l'orologio a cucù.»
«Siamo rimasti scioccati quando abbiamo saputo che in Germania aveva una figlia. Che cosa farà dell'albergo che ha ereditato?»
«La Fondazione K sta trattando l'acquisto dell'albergo e della casa, che potrebbe essere ristrutturata e diventare una buona locanda di campagna. Se gli Scotten accetteranno di vendere il capanno, la proprietà si estenderebbe fino al fiume, dove pare che la pesca del luccio sia la migliore di tutta la zona.» Arrivarono a tavola i contorni: piccolissimi cavolini di Bruxelles con cumino, spinaci in foglia con mandorle tostate e un soufflé alle erbe che Qwilleran trovò eccellente.
«Naturalmente sai che dentro ci sono le rape» lo informò Polly.
«Be', devono averci aggiunto qualcosa... subdolamente» ribatté luì con riluttanza. «Ricordi quel mio recente articolo antirape? Mi sono sorbito una quantità di proteste dai lettori patiti delle rape. Qualcuno mi ha mandato in ufficio un grosso pacchetto per posta. Non c'era l'indicazione del mittente ed è stata avvertita la polizia. Lo sai che c'è un modo per disinnescare una bomba utilizzando gli idranti? È quello che hanno fatto. È risultato che si trattava di una rapa del peso di mezzo chilo, la più grossa che sia mai stata trovata nella contea di Moose.»
L'insalata era cuore di lattuga, condita con succo di limone e semi di sesamo tostati con pezzetti di Brie.
«Non mangiare il formaggio» disse Qwilleran a Polly. «È molto grasso. Dallo a me.»
«Ti ringrazio per la tua premura» gli rispose. «Tra l'altro, ho visto la videocassetta fatta da Bushy alla festa del formaggio. La caccia al gatto fa morire dal ridere. Che cos'ha provocato la crisi isterica di Koko?»
«Ne so quanto te.» Avrebbe voluto raccontarle della pistola nel tacchino, ma c'erano argomenti dei quali non parlava mai con i suoi migliori amici. Sia Polly sia Arch Riker lo scoraggiavano dal farsi coinvolgere in faccende che riguardavano la polizia e non lui. Qwilleran aveva passato lunghe ore con Polly durante le quali aveva dovuto tenere la bocca chiusa. Tanto meno poteva rivelarle la capacità straordinaria che Koko aveva di presentire malefatte e individuare malfattori. Lei, la concreta direttrice della biblioteca, lo avrebbe guardato con incredulità e Arch, il cinico editore, avrebbe commentato che stava perdendo colpi.
Al dessert, pere affogate ripiene di uvetta e pistacchi, servite con cassis, Polly accennò a un argomento che aumentò il disagio di Qwilleran.
«Lisa Compton sta conducendo un programma per aiutare le donne maltrattate» lo informò. «Sembra che nella contea di Moose le violenze contro le donne siano molto diffuse. E non vengono mai denunciate. Ricordi quelle voci strane che circolavano sulla donna del mistero? Nessuno si era immaginato che lei fosse la vittima braccata e minacciata dall'ex marito.»
Qwilleran sbuffò. Quello che asseriva Polly non era vero: Koko aveva avvertito come stavano le cose e aveva cercato di comunicarlo nel suo modo gattesco. Aveva cominciato a braccare Yum Yum, a farla diventare matta. Si sarebbe potuto pensare che quei due stessero giocando. I gatti attraversano fasi diverse: inventano giochi nuovi e poi se ne stancano. Ma Koko aveva dimostrato un improvviso interesse per il libro Alla ricerca degli asparagi selvatici. Una strana coincidenza, oppure no? Era una coincidenza il fatto che Koko avesse perso interesse nei confronti di Euell Gibson e avesse smesso di dare la caccia a Yum Yum dopo che Onoosh aveva svelato la propria terribile situazione in una lettera dai toni drammatici? Era una coincidenza che Koko avesse miagolato lugubremente nel momento esatto in cui avevano sparato a Franklin Pickett? O che avesse masticato il tesserino datogli da Lenny per segnalare che il corridore ciclista era in pericolo? O che avesse insistito per fare il tragitto in macchina fino al capanno sulla spiaggia nello stesso pomeriggio in cui la donna del mistero vi si era introdotta abusivamente? E quante volte Koko aveva buttato giù dalla libreria Sapore di miele?
Polly si intromise nelle sue riflessioni. «Sei pensieroso, mio caro.»
«Mi stavo chiedendo se... su queste pere non ci starebbe bene un po' di cioccolato fuso.»
«Corre voce che a Pickax avremo un ristorante di cucina mediterranea. Credi che la gente di qui sia pronta per cibi così esotici?»
«Piacerà moltissimo» fu la previsione di Qwilleran. «Soprattutto le polpettine di carne in piccoli kimono verdi.»
Dopo cena si unirono agli altri clienti, sedendosi davanti al camino di pietra dove ardeva una gran fiamma ad ascoltare il padrone dell'albergo che raccontava la storia dell'edificio. Ai tempi del proibizionismo era stato il quartier generale di contrabbandieri che portavano whisky in Canada. Si parlava di celle sotterranee con porte sigillate e di agenti federali misteriosamente scomparsi. Qualche volta nella notte si udiva rumore di passi e fuori delle finestre comparivano strane figure.
«Sogni d'oro a tutti» augurò Qwilleran. «Noi andiamo a fare una passeggiata sotto la luna.»
Era effettivamente una notte illuminata dalla luna, che metteva in risalto le onde che venivano a infrangersi sulla spiaggia e conferivano all'albergo, scavato nella roccia, un'aura di irrealtà. Ma Polly si sentiva stanca. Era stata una giornata eccitante, aveva camminato moltissimo e ancora non aveva perso l'abitudine presa in ospedale di andare a letto presto.
Si ritirarono ciascuno nella propria stanza. Polly lasciò una finestra aperta per sentire il fragore delle onde. Qwilleran, dopo aver sostituito una lampadina da 40 watt con una da 60 che si portava sempre appresso in valigia, si mise seduto a leggere. Regnava un silenzio innaturale in quella fortezza di rocce massicce. Fino al momento in cui fu lacerato da un urlo.
Qwilleran si precipitò nella stanza di Polly e la trovò seduta nel letto, pietrificata e ammutolita. Sulla trapunta c'era un grosso gatto grigio.
«Calma, Polly, calma!» esclamò in tono rassicurante mentre afferrava il grosso felino. «È solo Dumbo. È venuto su dall'ala laterale dell'edificio. Cercava un letto caldo.» Depose il gatto sul largo davanzale esterno e chiuse la finestra.
«Ero nel mondo dei sogni» mormorò Polly. «Ho preso uno spavento terribile... Mi sono svegliata e ho visto un animale sul mio letto. Sto ancora tremando.»
«Vieni a rifugiarti in camera mia per un po'» la esortò con dolcezza. «Ti sdraierai sul divano e io ti leggerò qualcosa.»
La domenica mattina, nella saletta della prima colazione, Qwilleran era in vena di scherzare e Polly rideva a tutte le sue battute. La cameriera aveva una pettinatura pazzesca e lui bisbigliò a Polly che gli sembrava un rotolo di filo spinato. Ma alla ragazza disse, mostrando stupore e ammirazione: «Mi piace la sua pettinatura! È diversa!»
Lei parve raggiante.
«Dev'essersela fatta fare da un ottimo professionista.»
«No, l'ho fatta io» rispose lei con modestia.
«È favolosa! Deve richiedere molto tempo e tantissima abilità, oltre che pazienza.»
Polly riusciva a stento a frenare le risate e continuava a dargli calcetti sotto il tavolo, ma la cameriera sprizzava gioia da tutti i pori. Servì loro una razione supplementare di muffin, burro e marmellata, e continuò a riempire di caffè le loro tazze.
Fecero un'altra passeggiata sulla spiaggia, poi lasciarono l'albergo. Lunedì Polly avrebbe ripreso il lavoro alla biblioteca, dopo diverse settimane di convalescenza. Era fermamente intenzionata a rimettersi e a cambiare ruolo: da convalescente a "capo", come la chiamavano le sue giovani impiegate.
Durante il tragitto di ritorno si fermarono all'Indian Village. Dato che i contratti di affitto vietavano che si tenessero animali in casa, Polly aveva acquistato un appartamento in un condominio. Era disposto su due piani, quindi Zampotto avrebbe avuto a disposizione le scale per fare un po' di moto e un porticato schermato, perfetto per il bird-watching. Si sarebbe anche potuta prendere in considerazione l'idea di dargli una compagna.
Mentre si avvicinavano a Pickax entrambi assaporavano il piacere del silenzio di una coppia felice. A un tratto Polly lo stupì chiedendogli: «Qwill, mi hai nascosto qualche grosso segreto?»
La dozzina di possibilità che lei avesse ragione gli sfrecciarono per la mente. «Che cosa vuoi dire? Dammi un indizio.»
«Be', c'è una donna, socia del Club del bridge di Lynette, che tiene la contabilità del negozio di confezioni maschili dì Scotty e sostiene che recentemente ti hanno mandato la fattura per l'acquisto di un kilt con i colori dei Macintosh.»
Lui artigliò il volante e guardò avanti a sé con espressione imperturbabile. Quella voce rispondeva alla verità. In un momento di debolezza, quando aveva temuto di essere sul punto di perdere Polly, aveva ordinato un kilt completo di ogni accessorio per compiacerla, forse nella speranza di affrettarne la guarigione. Adesso lei stava bene e lui tremava all'idea di indossare il gonnellino a pieghe con calzettoni e giarrettiere e di avere le ginocchia scoperte. «Si tratta di un'inchiesta parlamentare?» le chiese. «Mi appello al Quinto Emendamento!»
«Oh, Qwill, sei un burlone incorreggibile! Be', comunque con il kilt farai una magnifica figura.»
Dopo averla accompagnata a casa e aver assistito alla scena del commovente incontro con Zampotto (erano stati separati per ben ventiquattrore), Qwilleran raggiunse l'ex granaio, dove fu accolto da due gatti calmi, composti e contegnosi. Questo significava che avevano consumato la prima colazione ed era ancora troppo presto perché avvertissero i morsi della fame pomeridiana. Significava anche che non c'erano state crisi domestiche, sparatorie o altri incidenti.
«Salve, ragazzi!» disse allegramente. «Come vanno le cose? Celia si è presa cura di voi?»
Lei gli aveva lasciato un biglietto sulla credenza della cucina per informarlo che li aveva nutriti prima di recarsi a messa.
Koko e Yum Yum risposero al suo saluto muovendo nervosamente la coda e Yum Yum fece le fusa quando le chiese: «Sei sempre il mio tesorino?»
Dopo essersi infilato una tuta da ginnastica, Qwilleran sedette nella zona lettura con una caraffa di caffè, del formaggio e dei cracker.
«Qualcuno vuole un po' di Gruyère?» chiese, aspettandosi una reazione entusiastica da parte di Koko. Ma non ricevendola, proseguì: «Meglio, così ne resta di più per me. Che ne direste di un po' di Brie ipercalorico?» Di nuovo, nessuna reazione. Allora prese a elencare i nomi di tutti i formaggi più famosi del mondo, includendo la Feta di latte di capra, ma Koko, che era diventato un esperto di formaggi durante la Fiera gastronomica, non batté ciglio.
Che cosa poteva significare? Non faceva mai niente, o quasi niente, senza un motivo. Un comportamento anomalo da parte sua equivaleva sempre al tentativo di dare un'informazione. Ora le risposte erano note. Il caso era chiuso e Qwilleran si rese conto, analizzando la cosa retrospettivamente, del significato dei messaggi di Koko.
Il gatto aveva percepito che il malfattore poteva essere identificato attraverso un nome il cui suono era simile a Gruyère e che Brie indicava il complice involontario e inconsapevole. Per le orecchie di un felino Gruyère, Brie, Greer e Aubrey erano dei semplici suoni, come cibo o libro. Ma per le orecchie di Koko avevano un significato. Se gli scienziati di Giù in Basso avessero mai scoperto le facoltà paranormali del suo gatto, avrebbero preso un charter per venire a Pickax a esaminarne il cervello e a contargli le vibrisse...
Poi si diede una manata sulla fronte nel prendere in esame un'altra possibilità.
«Certo!» esclamò ad alta voce. Feta... Elaine Fetter... libro di cucina... Iris Cobb... polpettone... I siamesi avevano voluto un gran bene alla loro ex governante e rimpiangevano il suo polpettone speciale, il cui segreto...
Le sue riflessioni furono interrotte da un sordo borbottio dello stomaco di Koko, seguito da un balzo sugli scaffali della libreria. «D'accordo, ora leggiamo un po'. Parleremo di rane.»
Riprese la sua lettura delle Rane con Koko sul bracciolo della poltrona e Yum Yum sulle ginocchia.
I dialoghi gli riportarono alla mente una parte del suo passato. Al college aveva recitato il ruolo di Dioniso. A quei tempi sua madre era ancora viva ed era venuta a vedere lo spettacolo per tre sere di fila. Lui non si era mai scordato una battuta: "Chi può sapere se la vita sia morte o se la morte sia vita? E se il respiro sia brodo di montone, e il sonno pelle di pecora?" Ricordava anche il suo abito di scena: una tunica pesante come si addiceva a una divinità dell'Olimpo. Ma sotto i riflettori aveva così caldo che aveva temuto di annegare nel proprio sudore. Era successo tanto tempo prima... Ora viveva in un ex granaio e leggeva Le Rane davanti a un pubblico composto da due gatti.
Quando arrivò alla sua battuta preferita, la trovò tradotta in modo totalmente diverso dalla versione che gli era nota. La lesse in tono grave, facendo pause significative: "Chissà se vivere sia morire... e respirare sia mangiare e dormire sia una coperta di lana?"
«Yow!» disse Koko con altrettanta gravità.
Qwilleran avvertì una vibrazione del labbro superiore mentre cercava di dare una risposta a una domanda sconcertante: perché le api avevano attaccato Victor Greer? Naturalmente per via della coperta di lana. Aubrey si era reso conto di quello che stava facendo? Sapeva che la coperta era di lana? Nella confusione del momento si era dimenticato che le api non sopportano la lana? Oppure aveva portato di proposito quella coperta al capanno? Più tardi, quando aveva trovato il cadavere, aveva pianto perché, come aveva detto, non sarebbe stato costretto a sparare a Lenny...
«Che cosa ne pensi, Koko? Hai un'opinione in merito?»
Il gatto stava seduto in posizione eretta sul bracciolo della poltrona. Ondeggiò leggermente. I suoi occhi azzurri erano grandi e imperscrutabili.
«Bene, faremo un gioco. Se Aubrey ha causato di proposito la morte di Victor Greer, sbatti le palpebre.»
Fissò Koko negli occhi. Il gatto lo fissò a sua volta. Occhi negli occhi. Tra uomo e felino quella sorta di impatto ipnotico si protrasse a lungo. Il giornalista si scordò di respirare. Ogni pensiero e ogni senso parvero sospesi. Stava varcando la soglia della trance. Fu costretto a sbattere le palpebre.
Koko aveva vinto. Aubrey era assolto, ma in realtà... Koko vinceva sempre.
FINE