mercoledì 19 gennaio 2022



22. L'ORRORE A RED HOOK (1)
H.P. Lovercraft
Estratto da "Tutti i racconti 1923-1926"
Siamo circondati da sacri misteri
del bene e del male, e viviamo
e ci muoviamo in un mondo oscuro,
un luogo di tenebre, caverne
ed abitatori del crepuscolo.
Talvolta accade che l'uomo
si volga indietro sulle tracce
della propria evoluzione,
ed è mia opinione che esistano
segreti paurosi non ancora dimenticati.
ARTHUR MACHEN

1.
Alcune settimane fa, ad un crocevia nel villaggio di Pascoag,
nel Rhode Island, un uomo alto e possente, visibilmente in
ottima salute, diede mostra di un comportamento strano ed incomprensibile.
Probabilmente era disceso dalla collina, seguendo la strada di
Chepachet, ed era arrivato in un quartiere molto popoloso, volta-ndo poi a sinistra per la strada principale, laddove il paese
assume un aspetto più metropolitano per via dei suoi innumerevoli, se pur modesti, negozi. Ed è proprio lì che, senza spiegazione alcuna, l'uomo cominciò a comportarsi strana-mente.
Per qualche attimo posò il suo sguardo allucinato sul più alto
degli edifici che gli apparivano davanti, e quindi lanciò urli
isterici in preda al terrore. Iniziò poi una corsa sfrenata che si
concluse con un'incespicata ed una caduta all'incrocio seguente.
Mani sollecite lo aiutarono a ripulirsi e a rialzarsi, mentre lui
sembrava tornato in sé, incolume, e rinsavito dall'improvvisa crisi isterica.
Farfugliando delle scuse, l'uomo cercò di giustificare il proprio
comportamento dicendo che era una conseguenza dello sforzo fisico cui di recente si era sottoposto;quindi con lo sguardo basso, riprese la strada per Chepachet Road e si allontanò faticosamente e senza mai voltarsi indietro.
Che ciò fosse accaduto ad un uomo così forte, dall'aspetto
perfettamente sano e normale, rendeva l'incidente inspiegabile,
e la curiosità dei presenti fu ulteriormente stimolata dal fatto
che uno degli astanti disse di aver riconosciuto nell'uomo il
pensionante di una nota fattoria del circondario di Chepachet.
In seguito si scoprì che l'uomo era un ispettore di polizia di
New York, di nome Thomas F. Malone, in quel periodo in li-cenza allo scopo di intrapren-dere una cura rilassante dopo un periodo di superlavoro richiestogli dalla risoluzione di un caso tremendo, avvenuta in circostanze drammatiche.
Durante l'azione da lui capeggiata, si era verificato il crollo di numerosi palazzi di mattoni, e lui era rimasto traumatizzato da qualcosa che era in relazione con la morte di un numero esorbitante di vittime travolte dalle macerie, tra le quali si annoveravano anche alcuni suoi colleghi. In conseguenza dell'accaduto, era caduto preda di una tremenda paura, la quale lo attanagliava alla vista di qualsiasi edificio che somi-gliasse anche lontanamente ai fabbricati crollati, sicché alla fine alcuni esperti di malattie mentali gli avevano proibito, almeno per un lungo periodo, la vista di costruzioni del genere. Un medico della polizia, che aveva dei parenti a Chepachet, gli aveva suggerito di andare per un po' in vacanza in quell'antico borgo coloniale, e lì Malone si era recato, ripromettendosi di non spingersi mai in centri più grandi, dove esistevano quegli edifici di mattoni la cui vista gli era stata proibita dallo specialista di Woonsocket che lo aveva in cura.
Fare una passeggiata fino a Pascoag per acquistare dei giornali si era rivelato fatale, ed il convalescente aveva pagato la
propria disobbedienza al prezzo del terrore, dell'umiliazione e
di diverse ammaccature.
Ciò è quanto raccontavano le comari di Chepachet e di Pascoag e quello che i medici sostenevano. In realtà, Malone,
inizialmente aveva raccontato molto di più ai medici, ritrattando le proprie dichiarazioni soltanto quando aveva constatato la crescente incredulità che queste suscitavano.
Da allora aveva imparato a tenere la cosa per sé, senza con-
traddire tutti coloro che ritenevano che il crollo di certi tristi fabbricati di mattoni di Red Hook e di Brooklyn, in cui erano
morti tanti bravi poliziotti, avevano sconvolto la sua psiche.
Gli rimproveravano di aver speso troppe energie nel tentativo
di ripulire quei covi di disordine e di violenza; a dire la sincera
verità, certi particolari della vicenda erano già stati piuttosto
sconcertanti per lui, e l'improvvisa tragedia gli aveva dato soltanto il colpo di grazia.
Si trattava di una spiegazione molto semplice e facilmente
accettabile e, poiché Malone non era uno stupido, comprese che era il caso che la confermasse anche lui. Raccontare a gente
senza immaginazione di un orrore che trascendeva la comprensione umana - l'orrore di caseggiati, città e quartieri putridi e malsani, infettati da un male proveniente da mondi più antichi - avrebbe provocato soltanto il suo confinamento in una stanza dalle pareti ovattate, di gran lunga peggiore della sua camera in una tranquilla casetta di campagna. E Malone, a dispetto del suo misticismo, aveva ancora del buon senso.
Possedeva la facoltà tutta celtica di percepire da lontano
tutto ciò che vi è di occulto e magico, ma anche l'occhio acuto
del logico che scarta quanto non è convincente. Nei suoi quaran-tadue anni aveva visitato luoghi bizzarri, inusuali per un laureato all'università di Dublino, nato in una villa georgiana dalle parti di Phoenix Park.
E adesso, mentre rivisitava con la memoria le cose viste, udite
ed apprese, era contento di non aver trasmesso a nessuno il
segreto che poteva fare di un uomo impavido un nevrotico
tremante; il segreto che riusciva a trasformare in un incubo e in
un evento soprannaturale fatiscenti caseggiati di mattoni e
frotte di facce scure e sottili.
A volte accadeva che le sue percezioni non trovassero poi una spiegazione razionale, visto che il suo stesso tuffarsi nei bas-
sifondi multirazziali del mondo sotterraneo di New York era stato solo il frutto di un capriccio.
Che cosa sapeva lui dell'esistenza di antiche stregonerie ed arcani misteri, che il suo occhio acuto individuava nel calderone delle nefandezze in cui la feccia di secoli di immoralità faceva
ribollire il proprio veleno, tramandando i suoi orrori blasfemi?
In quel guazzabuglio assordante e caotico di avidità esteriore
e di vizio interiore, lui aveva visto ardere la fiamma verde e dia-bolica dei più arcani misteri, ed aveva risposto con un sorriso
condiscendente all'irrisione di tutti i newyorkesi di sua cono-
scenza di fronte alla sua decisione di entrare in polizia. Con cinismo e perfido divertimento, avevano deriso quella sua mania di misteri soprannaturali e inconoscibili, assicurandogli che a New York, di quei tempi, non si trovavano che mediocrità e bassezza.
Tra di loro, uno aveva anche scommesso una forte somma
che Malone, nonostante la reputazione acquisita con i suoi
articoli sulla Dublin Review, non avrebbe mai scritto una storia
decisamente interessante sui bassifondi di New York.
Adesso, ripensando al passato, sentiva che l'ironia dell'universo,
pur confutando segretamente il significato beffardo delle
affermazioni di quei profeti, al tempo stesso dava ragione alle
loro parole. L'orrore, visto nella sua più profonda essenza, non
poteva essere il fondamento di una storia, in quanto, come dice
l'autore tedesco citato da Poe, es lasst sich nicht lesen: non si
lascia leggere.
 2.
Malone avvertiva che il mistero latente nell'esistenza era
sempre presente. Da giovane sapeva recepire la bellezza insita
nelle cose, e si sentiva un poeta. In seguito la povertà, la sofferenza e l'esilio, avevano allontanato la sua attenzione, portandolo in una strada più oscura, e lui aveva avvertito un brivido nel percepire il male che circondava il mondo. La vita quotidiana si presentava per lui come una fantasmagoria di terribili segreti, che talvolta brillavano tra la corruzione nascosta, come nei più suggestivi disegni di Beardsley, e talvolta adombravano terrori presenti dietro cose ed oggetti banali, come accade nell'opera più ricercata e sensibile di Gustave Doré.
A volte riteneva una benedizione che le persone molto intelligenti spesso deridessero i misteri più profondi, poiché altrimenti - pensava - se gli intelletti superiori si fossero messi ad
indagare nei segreti di culti atavici e tenebrosi, le stranezze che ne sarebbero scaturite avrebbero minacciato il nucleo stesso dell'universo.
Questo tipo di riflessioni avevano certamente qualcosa di
morboso, ma allo stesso tempo evidenziavano una logica pene-
trante ed un profondo senso dell'ironia. Malone lasciava che i
suoi presentimenti restassero intuizioni proibite, e l'isterismo si
fece strada in lui solo allorquando il dovere lo catapultò in un abisso di rivelazioni così insidiose e subitanee, da non lasciargli scampo.
Da tempo si interessava al caso della stazione di Butler Street
a Brooklyn, quando venne a conoscenza della faccenda di Red Hook. Red Hook è un agglomerato di sordide miserie a ridosso del vecchio porticciolo, di fronte a Governor's Island, con
strade luride e pontili che si inerpicano verso la collina fino a
raggiungere la parte alta, laddove le strade dissestate di Clinton Street e Court Street si snodano in direzione di Borough Hall.
I caseggiati, prevalentemente in mattoni, furono costruiti tra
il 1915 ed il 1920, ed i vicoli e le stradine meno illuminati rievo-cano un piacevole sapore di antico che si può definire "tipi-camente dickensiano".
La popolazione, costituita da una massa di disperati, è un vero enigma: ci sono siriani, spagnoli, italiani, negri, che si danno fastidio reciproco, ed un po' più separati dalle altre razze, invece, vivono piccoli gruppi di scandinavi ed americani.
Il quartiere è una babele di rumori e di sudiciume, ed emette
misteriosi lamenti in risposta allo sciacquio delle onde bitumi-
nose che si infrangono sui fetidi moli, e alle orrende nenie into-nate dalle sirene delle navi.
In questo quartiere, in passato, lo scenario era molto più ameno: marinai dagli occhi azzurri passeggiavano lungo i viottoli della parte bassa, e villette benestanti di buon gusto si erge-vano dove adesso i caseggiati costeggiano la collina. Anche
oggi si possono ritrovare tracce di quella tramontata serenità nel-lo stile armonioso degli edifici, nelle minute chiesette che spun-tano qua e là, in alcuni esempi di arte urbana ed in certi partico-lari, ad esempio una scalinata consunta dal tempo, un
portone decorato, un paio di colonne pericolanti, un ultimo
ritaglio di prato dove rimangono ancora vecchi corrimano conto-rti e rugginosi.
Di norma, le case sono costruite in grossi blocchi di mattoni,
ed ogni tanto, tra le miriadi di finestre, spunta una guglia che
ricorda quei tempi in cui le famiglie dei capitani e dei proprietari di navi contempla-vano il mare.
Questo amalgama di putridume materiale e spirituale, scagliava contro il cielo bestemmie pronunciate in cento dialetti
diversi. La gente brulicava sia nei vicoli interni che nelle strade
principali; mani furtive smorza-vano all'improvviso le luci ed
oscuravano le finestre; facce colpevoli e fosche si allontanavano dai vetri non appena si avvicinava qualche turista. I poliziotti avevano perso la speranza di ripristinare l'ordine e ristabilire la legge, e cercavano più che altro di porre delle barriere che proteggessero il mondo esterno dall'infezione di quei posti.
Il rumore dei passi delle pattuglie trovava eco in un silenzio di tomba, e la gente, quando veniva arrestata, non parlava mai.
La gamma degli illeciti variava come i dialetti, dal furto di rum e
dall'immigrazione clandestina, a diversi generi di vizi e di gravi
infrazioni alla legge, nonché all'omicidio e la mutilazione nelle
forme più orrende.
Che si trattasse di reati sporadici, nessuno di quelle parti lo credeva, e non era cosa che deponesse a favore della comunità, a meno che l'arte di compiere crimini di nascosto non venga considerata ammi-revole.
La gente che arrivava a Red Hook, era molto più numerosa di
quella che se ne andava - che se ne andava, perlomeno, via terra - e queste ultime persone, probabilmente, erano quelle che
parlavano di meno.
Questa situazione appariva piuttosto misteriosa a Malone, ed egli intuiva l'esistenza di segreti molto più spaventosi dei crimini denunciati dai cittadini, e condannati dalla chiesa e dai
moralisti. Poiché univa all'immaginazione la metodicità scientifica, era conscio del fatto che l'uomo moderno, quando non esistono leggi, tende costantemente a sfogare gli istinti più tenebrosi, che risalgono ai nostri scimmieschi primitivi antenati, e nella vita ordinaria, e nelle manifestazioni di culto. Molte volte aveva visto, con l'eccitazione dell'antro-pologo, le processioni canti-lenanti e blasfeme di quei giovani dalla faccia rovinata e
dallo sguardo torbido che si snodavano per le strade alle prime ore del giorno.
Era molto frequente incontrare gruppetti di quei giovani: a
volte all'erta all'angolo della strada, a volte di fronte ai portoni
delle case a suonare musiche incomprensibili con strumenti
rimediati chissà dove, altre volte ancora in ozio o impegnati in
discussioni volgari ai tavoli dei caffè intorno a Borough Hall,
oppure intenti a bisbigliare qualcosa a luridi tassì in sosta sotto gli alti balconi di catapecchie in disfacimento e tenute ben chiuse.
Malone era inorridito ed allo stesso tempo attratto da questi
individui più di quanto desse a vedere ai colleghi, in quanto
credeva di percepire in loro l'orrida minaccia di una continuità nascosta, un qualche piano infernale, insondabile e primitivo, acquattato sotto quell'insieme di avvenimenti turpi, consuetudini ed incontri che la polizia aveva registrato accuratamente.
Lui intuiva che in qualche modo perpetuavano un culto selvaggio ed osceno, retaggio di pratiche e rituali più antichi dell'umanità stessa. La loro assiduità e comunanza di scopi, e l'impen-sabile ordine celato dietro il loro apparente disordine, sembrava-no confermare questo suo sospetto.
Non era a caso che aveva letto trattati come Il culto della
Stregoneria nell'Europa Occide-ntale, della Murray (2), e sapeva
che, fino a pochi anni prima, esisteva di sicuro nelle campagne una confraternita che si riuniva in segreto e praticava orge collegate a certe religioni antichissime ed oscure più antiche della stessa cultura ariana, le quali si ritrovavano nelle leggende popolari con l'appellativo di Messe Nere e Sabba delle Streghe.
Malone non poteva convincersi che queste sopravvivenze diabo-liche di riti di magia e di fertilità di antica provenienza euro-asia-tica si fossero estinti del tutto: anzi, sovente si chiedeva se
queste pratiche non fossero addirittura più ataviche ed anche
più tenebrose delle peggiori pratiche superstiziose note all'uomo.
3.
Malone fu condotto negli abissi di Red Hook dal caso di Robert Suydam. Suydam veniva da un'antica famiglia olandese,
era un uomo di cultura dai discreti mezzi finanziari, e viveva in un'abitazione piuttosto grande ma poco curata costruita dal
nonno a Flatbush, quando il villaggio era formato soltanto da
un pugno di semplici villette in stile coloniale. Quelle case si
erano andate raggruppando intorno alla Chiesa Riformata, il
cui edificio, interamente coperto dai rampicanti, ospitava un
campanile, ed era protetto da una recinzione in ferro nel cui
prato gli olandesi seppellivano anticamente i defunti.
Nella sua solitaria abitazione, che si estendeva da Martense
Street lungo un terreno cintato da vecchie piante, Suydam
aveva passato oltre sessant'anni a leggere e riflettere, tranne per
un periodo di otto anni, la generazione prima, in cui era andato per mare nel Vecchio Mondo. Non aveva i mezzi per tenere la servitù, e lasciava che solo pochissimi visitatori turbassero il suo eremitaggio.
Schivava le amicizie profonde ed accoglieva i rari conoscenti
in una delle stanze a pianterreno che puliva lui stesso, nella
quale aveva sistemato una spaziosa biblioteca che arrivava fino al soffitto, i cui scaffali erano gremiti di libri consunti
dall'aspetto imponente, vetusto e persino leggermente ripugnante.
L'espansione della città fino al distretto di Brooklyn aveva
avuto poca importanza per Suydam, e l'esistenza di Suydam
aveva sempre meno importanza per la città. Gli anziani ancora
lo riconoscevano, quando l'incontravano, ma per tutti gli altri era solo un eccentrico vecchio corpulento, e non degnavano che di un'occhiata divertita i suoi capelli canuti e spettinati, la sua barba ispida, i suoi vestiti neri e lisi, ed il suo bastone dal pomello d'oro.
Quando il dovere lo portò al suo caso, Malone non lo aveva
mai visto di persona, sebbene ne avesse sentito parlare da altri
come di una grossa autorità in fatto di superstizioni popolari, ed
una volta aveva consultato un suo opuscolo da tempo fuori
stampa, concernente argomenti quali la Kabbalah e la leggenda
di Faust. Gli era stato citato a memoria da un suo amico.
Si parlò per la prima volta del "caso" Suydam quando i suoi
unici e distanti parenti richiesero al tribunale una perizia
psichiatrica. Sebbene la loro azione legale fosse apparsa agli
estranei alquanto improvvisa, venne intentata, in realtà, dopo una lunga osservazione dell'uomo ed una spiacevole discussione su di lui.
I parenti motivavano la richiesta adducendo a riprova alcuni
cambiamenti nei suoi discorsi e nelle sue abitudini: faceva, infatti, allusioni folli a misteri che incombevano sul mondo, e gli
era venuta un'assurda mania di persecuzione verso gli abitanti
del confinante quartiere di Brooklyn.
Negli anni, Suydam si era lasciato sempre più andare, ed ora se ne andava in giro addirittura come uno straccione. Talvolta si aggirava nelle stazioni della metropolitana, dove veniva visto da amici che si vergognavano di salutarlo, oppure se ne andava a
curiosare sui moli, dalle parti di Borough Hall, dove chiacchie-
rava con gente sconosciuta dalla faccia poco raccomandabile.
Quelle poche volte che parlava, farneticava di poteri illimitati
che aveva in mano sua, o mormorava, con uno sguardo allusivo, parole e nomi misteriosi come "Sephiroth", "Ashomodai", "Samael".(3)
Il tribunale scoprì, dopo un'accurata indagine, che stava dilapidando tutto il patrimonio nell'acquisto di certi libri molto rari provenienti da Londra e da Parigi, e che sciupava altri soldi per l'affitto di un sordido seminterrato di Red Hook, dove passava quasi tutte le notti ad incontrarsi con gruppetti equivoci di stranieri e di individui poco raccomandabili, e dove, dietro le imposte verdi delle finestre ben serrate, veniva praticato - era questo il sospetto - qualche strano rito religioso.
Gli investigatori incaricati di pedinarlo dicevano che quelle
celebrazioni notturne erano accompagnate da misteriose grida, canti sconosciuti e strani trapestii, e tremavano al solo pensiero di simili follie estatiche ed esaltazioni, sebbene fosse risaputo che da quelle parti la celebrazione di turpi rituali era pratica comune.
Quando fu chiamato a spiegare questi fatti, Suydam fu bravissimo, e venne prosciolto. Al giudice si mostrò un uomo sensato ed equilibrato; riconobbe di essersi comportato in modo insolito e di aver detto delle stravaganze, ma era tutto per colpa del suo eccessivo impegno di studioso e di scienziato. Sostenne, inoltre, di essere tutto preso da una ricerca su certe tradizioni europee, la cui natura particolare richiedeva uno stretto contatto con etnie straniere, al fine di poterne studiare i canti e le danze folkloristiche. Dichiarò infondata l'accusa dei suoi parenti, i quali affermavano che era stato plagiato da una setta occulta, e si lamentò, inoltre, della loro totale ignoranza circa il suo lavoro.
Avendo dato queste spiegazioni convincenti, poté andarsene
via liberamente, e gli investigatori assunti dai Suydam, dai Corleans e dai Van Brunts furono licenziati fra la disapprovazione generale.
Fu allora che si stabilì una collaborazione congiunta tra gli
ispettori federali e la polizia - di cui Malone faceva parte - per
indagare su alcuni interrogativi lasciati aperti dal caso. La polizia si era interessata alla vicenda creata dai parenti di Suydam, e gli investigatori privati le si erano rivolti diverse volte. In virtù di questi contatti, uscì fuori che tra i nuovi amici di Suydam
c'erano alcuni dei criminali più duri di Red Hook, e che almeno
un terzo delle persone che frequentava era già stato arrestato dalla polizia per furto abituale, zuffe ed immigrazione clandestina.
In verità, non era eccessivo affermare che la cerchia d'amicizie dello studioso coincideva perfettamente con le peggiori bande criminali, responsabili dell'arrivo sulla costa di certa feccia asiatica, priva di documenti ed impossibile da identificare,
che era stata saggiamente respinta dagli uffici di Ellis Island.
Nel decrepito e sovrappopolato caseggiato di Parker Place -
cui in seguito venne cambiato nome - dove Suydam aveva preso il suo seminterrato, si era ammucchiata un'autentica colonia di una razza dai tipici tratti somatici e dai caratteristici occhi di taglio obliquo, la cui lingua era l'arabo e che era stata immediatamente emarginata dalla comunità siriana che abitava in Atlantic Avenue e nella zona limitrofa. Per legge sarebbe stato possibile rispedirli tutti in patria, dal momento che non avevano documenti, ma si sa che la burocrazia è lenta... e non si va astuzzicare Red Hook, quando non è strettamente necessario.
Questa gente si riuniva in una chiesa sconsacrata che ogni
giovedì si trasformava in sala da ballo, la cui struttura gotica si
stagliava nella parte più squallida del molo. Ufficialmente era una chiesa cattolica, ma nessun prete a Brooklyn ne riconosceva l'esistenza, e persino i poliziotti si trovarono d'accordo, quandoudirono i rumori che di notte venivano dall'interno.
Malone aveva spesso l'impressione di sentire le lugubri note basse e sostenute di un organo sotterraneo, quando la chiesaera vuota e con le luci spente, e i fedeli tremavano nel sentire i battiti di tamburo che accompagnavano le celebrazioni aperte al pubblico.
Durante l'interrogatorio, Suydam affermò che quel rituale, secondo lui, era una sopravvivenza di cristianesimo nestoriano con influenze di sciamanismo tibetano. Congetturò che quella
gente appartenesse ad una razza mongola proveniente dal Kurdistan o dalle regioni vicine, e a quel punto Malone non poté
evitare di ricordare che il Kurdistan era la terra degli Yezidi, gli ultimi discendenti, in Persia, degli adoratori del demonio.
In qualunque modo stessero le cose, l'indagine iniziata con il
caso Suydam rivelò che questi nuovi immigrati affluivano a Red
Hook in numero crescente. Riuscivano ad entrare per via della complicità di alcuni marittimi il cui modo d'agire non era ancora noto né alla polizia, né alla guardia portuale; superavano quindi Parker Place e si sparpagliavano velocemente sulla collina, subito accolti dagli altri abitanti del quartiere per via diuno strano fraternalismo.
I loro corpi tozzi e i loro caratteristici lineamenti prognati, in strano contrasto con gli abiti americani, si vedevano sempre più numerosi a Borough Hall, amalgamandosi con i fannulloni ed i ladruncoli del quartiere. Infine venne ritenuto necessario un censimento, per accertare la loro provenienza e la loro occupazione conducendoli all'Ufficio Immigrazione.
Per via di un accordo tra federali e polizia, fu Malone ad
assumere questo incarico, con il compito di escogitare un sistema
atto a censire quella gente mediante un coordinamento di forze.
Nel momento in cui accettava l'incarico, Malone ebbe la sensazione
di essere sospinto verso una voragine di orrori inespri-
mibili, sui quali si stagliava il viscido Robert Suydam nel ruolo
di arci-diavolo ed acerrimo nemico.
4.
Spesso la polizia utilizza metodi inconsueti ed astuti.
Passeggiando senza dare nell'occhio, origliando certe conver-
sazioni fortuite, offrendo al momento debito il liquore che por-
tava nella tasca posteriore dei calzoni, e ponendo alcune
domande mirate a prigionieri intimoriti, Malone riuscì a sapere
numerosi particolari su quel misterioso ed allarmante via vai di
gente. I nuovi arrivati erano curdi veramente, ma il loro dialetto
era così curioso, che neppure il filologo più esperto era riuscito
ad identificarlo.
Qualcuno si procurava da vivere come scaricatore di porto
clandestino, o come ambulante, ma quelli della loro razza li si
vedeva assai di frequente nei ristoranti greci, o dietro alle
edicole agli angoli delle strade. Gran parte di loro, in ogni modo,
non era in grado di provvedere al proprio sostentamento: da qui
la supposizione che svolgessero per forza delle attività illecite.
Tra queste, il furto ed il contrabbando di liquori erano i crimini
meno disgustosi.
Li avevano portati delle vaporiere che assomigliavano più che
altro a vecchie navi merci, e il loro sbarco era avvenuto di notte,
quando non c'era la luna, mediante barche a remi che partivano
da un molo designato e risalivano un canale nascosto che con-
duceva ad uno stagno sotterraneo sotto le fondamenta di una
casa. Malone non fu in grado di trovare né il molo, né il canale,
né l'edificio che copriva lo stagno, in quanto i suoi informatori,
oltre a ricordare poco, parlavano un dialetto che neppure il
miglior traduttore avrebbe potuto decifrare. D'altro canto, non
raccolse neppure informazioni attendibili quanto ai motivi di
quelle numerose immigrazioni clandestine.
Alla domanda da dove venissero, gli informatori diventavano
reticenti, e non si sbottonavano mai sino al punto di rivelare il
nome di chi li aveva contattati ed aveva provveduto alla loro
immigrazione. Al contrario, quando gli venivano chieste le
ragioni del loro arrivo, si lasciavano prendere dal panico. Anche
delinquenti di altre etnie si dimostravano poco loquaci, e l'unica
cosa che si venne a sapere con certezza fu che erano stati
promessi loro - o da un dio, o da una potente confraternita
religiosa - poteri mai immaginati, premi spirituali ed il possesso
di un paese ignoto.
L'affluenza di nuovi adepti e brutte facce già note a quegli
incontri notturni nello scantinato di Suydam, era regolare e
continua, e la polizia scoprì molto presto che lo studioso aveva
affittato altri appartamenti per accogliere questi nuovi amici a
conoscenza della parola d'ordine. Alla fine erano diventati tre i
caseggiati da lui affittati, dove molte delle sue insolite cono-
scenze trovarono una sistemazione definitiva.
A Flatbush si recava ormai molto di rado e, a quanto sem-
brava, solo a prendere e poi riportare certi volumi. Aveva as-
sunto un'espressione ed un contegno estremamente eccentrici.
Malone riuscì a parlargli due volte, ma venne congedato in
tutta fretta in entrambe le occasioni dal vecchio olandese. Lui
non ne sapeva nulla - così aveva dichiarato Suydam - di trame o
movimenti loschi, e non aveva la più pallida idea su come i curdi
fossero arrivati, né tantomeno di cosa volessero. Come ricerca-
tore, si limitava a studiare - sperando di essere lasciato in pace - il
folklore dei gruppi etnici che si erano insediati nel quartiere, e
di sicuro questa sua attività non poteva interessare in alcun
modo la polizia.
Malone gli fece i complimenti per il vecchio opuscolo da lui
scritto sulla Kabbalah ed altri miti, ma il vecchio lo guardò con
simpatia soltanto per pochi secondi. La sua intimità era stata
violata, e fu talmente scortese con il poliziotto, che Malone se
ne andò tutto infuriato, decidendo di ricorrere ad altri canali
d'informazione.
Quello che Malone avrebbe potuto scoprire, se gli avessero
dato la possibilità di approfondire ulteriormente il caso, non
potremo mai saperlo. Una sciocca divergenza tra la polizia ed i
federali, bloccò l'indagine per alcuni mesi, nel corso dei quali
l'ispettore fu preso da altri incarichi che lo assorbirono completamente.
Eppure il suo interessamento alle attività di Robert Suydam
non era cessato, e continuò a stupirsi per quello che gli stava
accadendo. In coincidenza con tutta una serie di scomparse e di
rapimenti di bambini, che avevano sconcertato New York, nel
trasandato studioso erano avvenuti dei cambiamenti eccezionali
ed incredibili: lo avevano visto dalle parti di Borough Hall con
la barba perfettamente rasata, con i capelli ben acconciati, e con
un abito bianco di eccellente fattura. Di fatto, ogni giorno che
passava, migliorava nell'aspetto inspiegabilmente.
Era sempre curato, ma adesso aveva anche uno strano lucci-
chio negli occhi; parlava meglio, ed aveva iniziato a perdere
quell'eccesso di peso che lo aveva reso goffo così a lungo. Sem-
brava ringiovanito. Aveva acquistato agilità nel passo e disin-
volta allegria nei modi, ed i suoi capelli erano tornati nuova-
mente neri nonostante non ricorresse a tinte.
Con il passare dei mesi, Suydam cominciò a sfoggiare vestiti
sempre più raffinati e, alla fine, stupì tutti i suoi amici ammo-
dernando e ritinteggiando la casa di Flatbush, dove tenne nu-
merosi ricevimenti ai quali invitò tutti i suoi conoscenti, parenti
compresi, accogliendo questi ultimi con il sorriso nonostante
avessero tentato di farlo rinchiudere in manicomio.
Alcuni parteciparono per curiosità, altri per dovere: ma tutti
rimasero esterrefatti dalla cortesia e dalle buone maniere di
quello che si giudicava un inguaribile eccentrico.
Suydam annunciò a tutti di aver finalmente concluso il lavoro
che si era prefisso e che, avendo ereditato da poco i beni di un
suo defunto amico in Europa, del quale si era praticamente
scordato, intendeva trascorrere i suoi ultimi anni come se stesse
vivendo una seconda primavera, perché una maggiore cura
della propria persona, il riposo e la dieta gli avevano restituito
la giovinezza. Le sue visite a Red Hook divennero sempre più
rare, ed invece cominciò a frequentare la buona società cui
apparteneva per estrazione sociale.
I poliziotti notarono nel contempo un cambiamento nelle
abitudini dei delinquenti che, anziché riunirsi nello scantinato
di Parker Place, presero ad incontrarsi nella chiesa sconsacrata
adibita a sala da ballo, anche se gli edifici della zona che
Suydam aveva affittato non erano stati ancora ripuliti dagli
elementi sospetti.
In seguito due avvenimenti, forse collegati, suscitarono molto
interesse in Malone. Il primo fu l'annuncio, pubblicato sul-
l'Eagle, del fidanzamento di Robert Suydam con la signorina
Cornelia Gerritsen di Bayside, una giovane di ottima posizione
sociale e lontana cugina dell'anziano professore. Il secondo fu
l'irruzione della polizia nella sala da ballo, in seguito alla segna-
lazione di qualcuno che aveva visto dalle finestre a pianterreno
uno dei bambini rapiti.
Malone aveva voluto far parte dell'azione e, quando era entrato
all'interno, aveva esaminato scrupolosamente il posto.
Non si trovò nulla - non c'era anima viva - ma il suo sesto senso
di celta gli comunicò che c'era qualcosa di strano, lì dentro.
L'ex chiesa era ornata da dipinti di una tale rozzezza, da di-
sturbarlo intimamente; raffiguravano volti di santi dall'espressione
palesemente mondana e crudele, ed in certi punti indugiavano
in atteggiamenti così equivoci che riuscivano ad offendere per-
sino un laico. In particolare, Malone fu turbato da un'iscrizione in
greco apposta sulla parete di fronte al pulpito, che descriveva un
antico incantesimo a lui noto fin dall'epoca dell'università a
Dublino il quale, nella traduzione letterale, recitava così:
O compagna e amante della notte, tu che gioisci quando ululano i cani ed il
caldo sangue è versato, tu che vaghi con i fantasmi fra i sepolcri, tu che hai
sete di sangue e trafiggi con gelido terrore il cuore dei mortali, Gorgo,
Mormo, luna dai mille volti, volgi propizio il tuo occhio sul
nostro sacrificio!
Nel leggere quell'epigrafe (4), Malone rabbrividì, e ripensò va-
gamente alle basse e sostenute note d'organo, che gli era parso
di udire nella chiesa durante alcune notti, provenienti dal sottosuolo.
Un nuovo brivido lo prese osservando la ruggine o comunque
le chiazze brune, che incrostava il bordo di un bacile di metallo
lasciato sull'altare e, quando avverti un lezzo micidiale esalare lì
vicino, fu agitato da un improvviso nervosismo. Stava di nuovo
pensando all'organo. Prima di uscire, esaminò attentamente il
seminterrato.
Quel luogo gli risultava insopportabile, ma quei dipinti e
quelle epigrafi blasfeme, non erano in fondo il semplice frutto
dell'ignoranza di gente superstiziosa?
Quando Suydam aveva annunciato il proprio matrimonio, si
era verificata una vera ondata di rapimenti di bambini che aveva
sconvolto l'intera città. In maggioranza si trattava di bambini
poveri, ed il numero crescente delle scomparse aveva scatenato
un vero furore.
I giornali chiedevano l'intervento della polizia, e il distretto di
Butler Street inviò nuovamente i suoi uomini a Red Hook, ad
indagare ed acciuffare i responsabili.
Anche Malone partecipò all'azione, distinguendosi per valore
in un'irruzione dentro uno degli appartamenti di Parker Place
affittati da Suydam. Sul posto non c'era traccia di bambini rapiti,
anche se qualcuno aveva sentito pianti ed urla, e sebbene
fosse stata trovata una sciarpa rossa nei dintorni. Ma i dipinti e
le epigrafi blasfeme che si vedevano sulle pareti, ed il rudimen-
tale laboratorio chimico trovato in soffitta, convinsero l'ispet-
tore di essere sulle tracce di qualcosa di tremendo.
Quei dipinti erano spaventosi: raffiguravano mostri orrendi
di varia forma e grandezza, che scimmiottavano l'uomo in maniera
grottesca e indescrivibile. Le iscrizioni erano in rosso, e
scritte in diverse lingue: arabo, greco, latino ed ebraico. Malone
non poté decifrarle tutte, ma da quello che capì, doveva trattarsi
di formule misteriche e cabalistiche. Una frase in greco ellenistico
ebraicizzato, ritornava sistematicamente, e ricordava le
più tremende invocazioni ai demoni risalenti alla tarda epoca
alessandrina:
HEL - HELOYM - SOTHER - EMMANVEL - SABAOTH - AGLA - TETRAGRAMMATON -
AGYROS - OTHEOS - ISCHYROS - ATHANATOS - IEFIOVA - VA - ADONAI - SADAY -
HOMOVSION - MESSIAS - ESCHEREHEYE (5)
Inoltre, vi erano ovunque circoli e pentagrammi, di certo
espressione delle misteriose credenze di quelli che abitavano in
quel sudicio stabile.
Ad ogni modo fu in cantina che venne rinvenuta la cosa più
bizzarra: una montagna di autentici lingotti d'oro, nascosti da
un telo, che recavano incisi gli stessi caratteri criptici disegnati
sulle pareti.
Al momento dell'irruzione, la polizia trovò debole resistenza
da parte di quegli strani orientali, che uscivano dalle stanze
come mosche. Dal momento che non venne scoperto nulla di
rilevante, si dovette lasciare tutto così com'era, ma il coman-
dante del distretto inviò a Suydam una nota in cui lo avvertiva di
scegliere con più cura i propri inquilini e protetti, perché la
gente cominciava a mormorare seriamente.
5.
In giugno, ebbe luogo il matrimonio più sensazionale dell'anno.
A mezzogiorno, Flatbush era tutto in festa; le stradine in-
torno alla vecchia chiesetta olandese erano state invase da auto-
mobili imbandierate: un corteo continuo dall'ingresso alla carreggiata.
A Flatbush non ci fu mai più un evento così fastoso ed impor-
tante come il matrimonio Suydam-Gerritsen; gli ospiti che ac-
compagnarono gli sposi fino al molo di Cuniard uscivano tutti
dal meglio della buona società.
Alle cinque, la coppia aveva già salutato amici e parenti, ed il
magnifico transatlantico sul quale si erano imbarcati si stava
staccando lentamente dal porto. Quando ebbe volto la prua
verso il mare aperto, scivolò sugli spazi sterminati dell'oceano,
diretto ai fasti del Vecchio Mondo. A notte doppiò il porto
esterno e i passeggeri rimasti ancora alzati poterono ammirare
lo sfavillio delle stelle sull'oceano incontaminato.
Nessuno saprà mai se fu prima la vecchia vaporiera oppure
l'urlo, a richiamare l'attenzione di tutti. è molto probabile che
gli eventi furono simultanei, ma non potremo mai stabilirlo con sicurezza.
L'urlo proveniva dalla cabina di Suydam. Il marinaio che
abbatté l'uscio a spallate avrebbe potuto rivelare cose sconvolgenti,
se solo non fosse uscito di senno. Strillò invece, anche più
forte delle vittime, e dopo si mise a correre impazzito per tutta
la nave finché non fu preso ed immobilizzato.
Il medico di bordo che entrò nella cabina pochi minuti dopo,
ed accese la luce, probabilmente non impazzì, ma di sicuro non
raccontò ad altri ciò che aveva visto, eccettuato Malone, col
quale ebbe uno scambio di lettere a Chepachet.
Si trattava di omicidio - strangolamento, per l'esattezza - ma
è superfluo specificare che il segno dell'artiglio che aveva sof-
focato la signora Suydam non poteva essere del marito, o meglio,
non poteva appartenere ad una mano umana, e sul muro
bianco era comparsa per pochi secondi una spaventosa scritta
rossa, in carattere caldei: LILITH. Il dottore la vide per un attimo,
e la trascrisse a memoria (6).
Quest'ultimo particolare, tuttavia, non ebbe alcuna rilevanza,
visto che scomparve subito. Quanto a Suydam, si tentò di allon-
tanare i curiosi dalla cabina finché non si fosse trovata una
spiegazione plausibile del fatto.
A Malone il medico non disse di aver visto la cosa; dichiarò,
invece, di aver notato uno strano chiarore fosforescente, prima
di accendere la luce, sopra l'oblò aperto della cabina. Per un
istante, aveva avuto l'impressione di udire nella notte delle risa
diaboliche, ma non aveva visto nessuno in carne ed ossa. A
riprova delle proprie dichiarazioni, sottolineò la sua indiscutibile
sanità mentale.
Intanto, il vapore sconosciuto aveva attirato l'attenzione generale.
Se ne era staccata una scialuppa, ed una frotta di uomini
sudici ed arroganti, vestiti come ufficiali, erano sciamati a bordo
della nave che, nel contempo, aveva spento i motori. Chiedevano
di Suydam o della sua salma. Erano venuti a conoscenza
della sua partenza e, per qualche arcano motivo, avevano imma-
ginato che sarebbe morto.
Sul ponte di comando si era scatenato un putiferio: tra il
racconto del medico e le domande pressanti della ciurmaglia del
vapore, neppure il lupo di mare dotato di maggior buon senso
avrebbe saputo cosa fare.
Poi, tutto d'un tratto, il capo di quella ciurmaglia, un arabo
con un'orribile bocca negroide, prese dalla tasca un foglio su-
dicio e lo tese al capitano. Il foglio recava la firma di Robert
Suydam, e conteneva il seguente messaggio misterioso:
Se dovesse capitarmi un incidente improvviso, o se dovessi morire, vi prego
di consegnare il mio corpo senza fare domande al latore della presente ed ai
suoi. Per me, ma forse anche per voi, dipenderà tutto dal vostro assenso.
Avrete chiarimenti successivamente: per adesso non mi tradite.
Robert Suydam
Il capitano ed il medico di bordo si lanciarono uno sguardo
d'intesa, ed il dottore bisbigliò qualcosa all'ufficiale. Alla fine
rispettarono la richiesta, nonostante fossero molto perplessi, e
guidarono gli stranieri alla cabina di Suydam.
Mentre quei bizzarri marinai entravano dentro, il medico
consigliò al comandante di voltare la faccia, e si sentì sollevato
solamente quando se ne furono andati tutti, al termine di lunghi
preparativi, con il loro fagotto. La salma venne avvolta nei
lenzuoli della cuccetta, ed il dottore si rallegrò che non fosse
visibile; gli uomini la calarono giù dalla murata e la portarono
sul loro vapore lasciandola ben coperta.
Il Cunarder riattivò i motori, ed il medico e il suo assistente
tornarono nella cabina nel caso ci fosse qualche cos'altro da
fare. E il dottore si vide costretto a tacere di nuovo, perché ciò
che era accaduto aveva del mostruoso.
Quando il suo aiutante gli domandò perché aveva tolto tutto
il sangue al corpo della signora Suydam, lui non negò di averlo
fatto, e non disse neanche nulla a proposito della sparizione dei
flaconi che avrebbero dovuto trovarsi sugli scaffali, o a propo-
sito dell'odore che veniva dal lavandino a riprova del fatto che il
loro contenuto originario era stato svuotato velocemente lì
dentro. Le tasche di quegli uomini - se si potevano considerare
tali - erano stranamente gonfie, quando avevano lasciato la nave.
Due ore dopo, la radio comunicò al mondo tutto ciò che si
poteva sapere su quel fatto orrendo.
6.
Nella medesima sera di giugno, Malone, all'oscuro della faccenda
del transatlantico, gironzolava senza meta per i vicoli di
Red Hook, in preda ad un inspiegabile senso di soffocamento.
Nel quartiere covava un'evidente eccitazione. Come se un tele-
grafo senza fili avesse comunicato loro che era successa una
cosa eccezionale, gli abitanti del posto si erano radunati in
attesa sia davanti alla chiesa divenuta sala da ballo, sia davanti
agli scantinati di Parker Place affittati da Suydam.
Si erano verificate da poco nuove scomparse di bambini - tre
bambini norvegesi dagli occhi azzurri che abitavano sulla strada
per Gowanus - e a quanto pareva s'era radunata una folla di
possenti "vichinghi" del quartiere in atteggiamento minaccioso.
Erano settimane che Malone premeva i colleghi affinché des-
sero una bella ripulita a quel posto e questi, alla fine, persuasi
da fatti molto più solidi delle semplici supposizioni di un detective
visionario irlandese, si prepararono ad un'azione di forza.
A farli muovere erano state l'agitazione ed un vaga minaccia
che incombevano quella notte nel quartiere, cosicché, verso
mezzanotte, una squadra d'assalto formata da uomini prove-
nienti da ben tre distretti di polizia, arrivò in Parker Place
sparpagliandosi anche nei dintorni.
Sfondarono le porte ed arrestarono i vagabondi, e fuori dalle
case illuminate con le candele si riversarono inimmaginabili
orde di stranieri di ogni razza, in lunghe tuniche ricamate,
mitrie e altri costumi mai visti. Nella confusione uscì fuori anche
una miriade di stranissimi oggetti. Gran parte di questi, pur-
troppo, venne smarrita in quanto vennero gettati in tutta fretta
in fumaioli dei quali si ignorava l'esistenza. L'incenso bruciato
copriva, invece, gli odori che avrebbero potuto rivelare qualche
oscura pratica. Tuttavia, si trovarono schizzi di sangue ovunque,
e Malone rabbrividì nel vedere un tripode, probabilmente un
altare, che emanava ancora del fumo.
Avrebbe desiderato avere il dono dell'ubiquità, ma quando
gli dissero che la sala da ballo era vuota, decise per il seminterrato
di Suydam. Nell'appartamento - rifletté - doveva essere
rimasta qualche traccia del culto cui si era messo di certo a capo
lo studioso di esoterismo. Allora si precipitò con ansia in quelle
stanze muffite, dove si sentiva un odore di tomba, e trovò dei
volumi curiosi, degli oggetti insoliti, dei lingotti d'oro e bottiglie
con il tappo di vetro sparse alla rinfusa dovunque.
D'un tratto, gli passò tra i piedi un magro gatto bianco e nero,
rovesciando un calice che conteneva ancora del liquido rosso.
Malone rimase terrorizzato, e si interroga tutt'oggi sulla realtà
dell'avvenimento, ma in sogno gli appare in continuazione quel
gatto che fugge, che cambia forma orribilmente, e sembra
dotato di strane facoltà.
Alla fine arrivò davanti alla cantina: vedendo che l'uscio era
chiuso, cercò qualcosa per forzare la serratura. Notò un pesante
sgabello: con quello il legno fradicio della porta avrebbe imme-
diatamente ceduto. Infatti spaccò subito un pannello, e poi
allargò il buco; in pochi secondi cedette tutta la porta, crollando,
però, come spinta dalla parte opposta. In quella si levò
una folata travolgente d'aria fredda, trascinando con sé tutti gli
orrori di quell'abisso senza fondo, dal quale si sprigionò una
potenza risucchiante che non poteva appartenere né al cielo né
alla terra. Avvinghiandosi intorno al corpo dell'impietrito detective
come una specie di ventosa senziente, lo attirò sull'orlo
della voragine e lo portò nell'abisso giù con lei, facendolo
cadere attraverso spazi immensi che risuonavano di gemiti,
bisbigli e risate diaboliche.
Lui sapeva che non era stato un sogno, come volevano fargli
credere i dottori, solo che non poteva dimostrarlo. Se lo fosse
stato - e quanto lo avrebbe preferito - la vista di caseggiati
decrepiti e di truci facce straniere non gli avrebbe straziato l'anima.
Ciò che gli successe, invece, gli parve orrendamente vero, e
nulla potrà mai cancellare dalla sua mente la visione di quelle
cripte oscure, di quei colonnati ciclopici, e di quelle forme tita-
niche rigurgitate dagli abissi che venivano avanti a passi lenti,
silenziose, afferrando creature mutilate, divorate a metà, le cui
parti ancora vive imploravano pietà, o che ridevano isteriche
dalla pazzia.
Incenso e putridume si confondevano in un miscuglio di odori
pestilenziali, e il buio si gonfiava di forme nebulose, appena visibili,
di esseri primordiali, senza concretezza alcuna ma dotati di occhi.
Un'acqua torbida ed oleosa, della quale non si capiva la pro-
venienza, sciabordava su moli d'onice, ed i rintocchi spaventosi
di campane stonate salutarono l'avvicinarsi di una creatura
nuda dalla pelle fosforescente, che sogghignava e veniva a
nuoto verso riva, quindi si arrampicava, ed infine si accovac-
ciava su un piedistallo d'oro visibile sullo sfondo.
Strade di un'oscurità perpetua si stendevano in tutte le dire-
zioni: in quel luogo fermentava un contagio che avrebbe am-
morbato ed inghiottito tutte le città, appestando le nazioni in-
tere col lezzo pestilenziale di un morbo ignoto.
I peccati dell'intero universo si erano concentrati lì e, al pul-
sare di crescenti ritmi blasfemi, era iniziata la danza macabra
della morte che avrebbe corrotto tutti gli uomini, fino a degra-
darli a fungosità giganti, troppo mostruose persino per essere
accolte nei sepolcri.
Era lì che Satana apriva la sua corte babelica, e che gli arti
lebbrosi della fosforescente Lilith venivano aspersi col sangue
di fanciulli innocenti.
Incubi e Succubi (7) innalzavano le loro lodi ad Ecate, e mostri
privi di testa rivolgevano le loro invocazioni alla Grande Madre.
Capri danzavano ad un ritmo infernale di flauti, e neri avvoltoi
andavano a caccia di fauni deformi, somiglianti a rospi dal
ventre gonfio, braccandoli senza sosta sui dirupi scoscesi.
Neppure Moloch ed Astaroth mancavano, poiché non esistevano
più i legami con la coscienza nell'essenza stessa della
dannazione, e l'immaginazione umana poteva sbizzarirsi in
spettacoli di vario orrore ed aprirsi su dimensioni proibite pla-
smate dal potere del Male.
Il mondo e la natura non potevano respingere quegli attacchi
giunti dagli abissi notturni che si erano spalancati, e nessun
ordine, nessuna preghiera poteva arrestare quelle oscene orge
da Notte di Valpurga, alle quali era stato un sapiente in pos-
sesso della nefanda chiave a dare inizio, quando aveva trovato
la setta in possesso dello Scrigno di tutte le conoscenze appartenuto
ai demoni.
Inaspettatamente, un raggio di luce rischiarò quel posto spet-
trale, e Malone udì un battito di remi risuonare in quel covo di
creature infernali che avrebbero dovuto essere morte e sepolte.
Qualche minuto dopo, giunse una barca con una lanterna a
prua; non appena fu in vista, si ormeggiò ad un anello di ferro
della sporca banchina, rovesciando a riva numerosi uomini dalla
pelle scura che trasportavano un lungo fagotto in un lenzuolo.
Poi lo adagiarono davanti all'essere nudo e fosforescente accucciato
sul trono d'oro, e la creatura rise, sfiorando il lenzuolo con una zampa.
Allora gli uomini rimossero il lenzuolo e posarono sullo
scanno il corpo di un vecchio corpulento dalla barba sfatta ed i
capelli spettinati. La creatura fosforescente ridacchiò di nuovo,
e gli uomini che erano venuti avanti, versarono sulle sue zampe
il contenuto delle bottiglie che portavano nelle tasche; quelli
che erano rimasti indietro, gli porsero invece le loro bottiglie
perché ne bevesse.
D'un tratto, da una di quelle strade senza fine, provenne il
suono maledetto e sibillante di un organo, che fece cessare le
risate diaboliche con le sue note basse, gracchianti e lugubri.
In pochi attimi, tutti gli esseri formicolanti si elettrizzarono, si
unirono fulmineamente in corteo, e sciamarono come un in-
cubo verso la fonte del suono - era una processione di demoni,
satiri, incubi, succubi e lemuri, rospi ripugnanti ed informi ele-
mentali, esseri ululanti dalla faccia canina e silenziosi abitatori
della notte - seguendo quell'abominazione nuda e fosfore-
scente precedentemente seduta sul suo scanno d'oro, che
adesso avanzava solennemente portando tra le braccia la salma
dallo sguardo vitreo del vecchio.
Gli ibridi meticci danzavano, mentre il corteo si agitava ed
eccitava nella frenesia di un rapimento estatico. Malone, che
era lì vicino, osservava come paralizzato, sconvolto e allucinato,
insicuro della propria realtà sia in quello che in un altro mondo.
Alla fine girò le spalle, vacillò e cadde come un sacco sulla
fredda pietra; arrancò tremando, mentre quell'organo male-
detto seguitava a gracchiare e le urla ed i battiti di tamburo di
quell'assurdo corteo si allontanavano progressivamente.
Era cosciente solo parzialmente delle mostruosità salmo-
dianti e degli odiosi gracidii che udiva in lontananza. A tratti,
riecheggiando nelle arcate tenebrose, gli giungeva alle orecchie
un gemito o un lamento di quel delirio collettivo, scatenato
dall'orrenda litania in lingua greca da lui letta nella sala da
ballo, che veniva recitata in quel momento:
O compagna e amante della notte, tu che gioisci quando ululano i cani (qui
un ululato spaventoso) ed il caldo sangue è versato (grida morbose, gorgoglii
indescrivibili), tu che vaghi con i fantasmi fra i sepolcri (un sussurro,
forse un sibilo), che hai sete di sangue e trafiggi con gelido terrore il
cuore di mortali (grida acutissime da cento gole), Gorgo (ripetuto in
risposta), Mormo (ripetuto in estasi), luna dai mille volti (gemiti e
suono di flauti), volgi propizio il tuo occhio sul nostro sacrificio!
Al termine del salmo, si levò un urlo collettivo, ed i sibili delle
creature sovrastarono le note basse e gracchianti dell'organo.
Seguì un rantolare affannoso che pareva uscire da mille gole,
insieme ad una babele di parole lamentose somiglianti a latrati:
"Lilith, grande Lilith, ecco il tuo Sposo!". Altri ululati, fra-
stuono, e poi i passi cadenzati e svelti di qualcuno che correva.
Passi che si avvicinavano, e Malone si alzò sui gomiti per vedere.
La gigantesca catacomba, che prima era molto buia, venne
illuminata da un chiarore, ed in quella luce infernale apparve un
essere vacillante che in verità non avrebbe dovuto vacillare, né
tantomeno sentire e respirare... era il cadavere dallo sguardo
vitreo, livido e corpulento, del vecchio, perché qualche incantesimo
diabolico, realizzato mediante il rito appena celebrato, lo
aveva rianimato. Gli veniva dietro ridendo l'essere nudo
fosforescente che precedentemente sedeva sullo scanno e, ad una
certa distanza, seguivano anch'essi di corsa, i meticci e tutta
quella massa di orrende abominazioni.
Il morto guadagnava terreno sui suoi inseguitori, e pareva
protendersi verso una mèta specifica, perché si stava flettendo
con tutti i muscoli del suo corpo in decomposizione verso quello
scranno d'oro, che doveva avere certamente una grande importanza esoterica.
Il cadavere raggiunse in poco tempo la mèta, ed intanto la
massa urlante cercava freneticamente di fermarlo. Ma ormai
era troppo tardi: con un estremo sforzo che gli lacerò tutti i
tendini e che provocò la fuoriuscita della gelatina putrescente
di cui era fatto, il cadavere dallo sguardo vitreo, che un tempo
era Robert Suydam, raggiunse il proprio obiettivo e la vittoria.
Lo scatto che aveva compiuto aveva richiesto una forza terri-
bile, però era servito allo scopo: mentre il cadavere si scioglieva
in una chiazza molliccia di putridume, lo scanno che ne aveva
subito la spinta si mosse e vacillò, staccandosi alla fine dal suo
piedistallo d'onice e precipitando nelle torbide acque sotto-
stanti. Prima di essere ingoiato dagli insondabili abissi del
Tartaro, il suo oro luccicò per un'ultima volta.
Ed in quell'istante, davanti agli occhi increduli di Malone,
l'intero teatro degli orrori scomparve nel nulla, e lui svenne,
mentre uno schianto seguito da un boato spazzava via quell'intero
universo del male.
7.
Il sogno che Malone aveva fatto prima di venir informato
della morte di Suydam e del trafugamento della sua salma, fu
accompagnato da altre circostanze misteriose, anche se nessuno
è tenuto a credervi.
I tre appartamenti di Parker Place, già da tempo in disfaci-
mento, si schiantarono al suolo senza causa apparente, mentre
al loro interno c'erano ancora molti poliziotti che avevano
preso parte all'azione e diverse persone arrestate: morirono
tutti sul colpo. Solo chi si trovava in cantina e a pianterreno,
riuscì a salvarsi.
Malone fu fortunato a trovarsi nel sotterraneo del seminter-
rato di Suydam. Che fosse davvero lì, non può negarlo nessuno.
Fu ritrovato privo di sensi sul bordo di uno stagno nero come la
pece, vicino ad un mucchietto ributtante di ossa e di carne in
putrefazione, nel quale fu riconosciuto successivamente, grazie
all'esame della dentatura, il corpo di Robert Suydam.
Il caso era risolto; lo stagno era senza alcun dubbio il canale
nascosto utilizzato dai trafficanti di meticci, e la stessa strada
seguita dagli uomini che avevano in custodia il cadavere di
Suydam per riportarlo a casa. Questi non vennero mai identificati,
e ancor meno ritrovati.
Il medico di bordo, tuttavia, non è perfettamente convinto
delle semplici spiegazioni date dalla polizia. Era chiaro che
Suydam doveva essere a capo di una potente organizzazione di
immigrazione clandestina, dal momento che il canale che arri-
vava a casa sua era solo uno dei tanti che furono scoperti nei
dintorni. Sotto la sala da ballo, si trovava un cunicolo che por-
tava dalla sua abitazione alla cripta della chiesa, alla quale si
poteva accedere unicamente passando per un piccolo passaggio
segreto posto nella parete nord, e nelle cui camere furono
rinvenuti alcuni oggetti insoliti e spaventosi.
Vi trovarono l'organo gracidante, una cappella con inginoc-
chiatoi di legno, ed un altare con delle misteriose scritte. I muri
della cripta comunicavano con delle piccolissime nicchie, in
diciassette delle quali - è arduo raccontarlo - c'erano dei prigio-
nieri incatenati e ormai preda della follia, dei quali quattro
erano madri con i loro bambini, dall'aspetto spaventoso e de-
forme. I bimbi morirono non appena furono portati all'aperto,
un fatto che in verità fu una fortuna, per loro, a sentire i medici.
Tra coloro che li esaminarono, nessuno si ricordò della
conturbante domanda posta dal vecchio Delrio:
An sint unquam daemones incubi et succubae, et an ex tali
congressu proles enascia queat?.(8)
Prima di coprirli, i canali furono attentamente dragati, e
venne fuori un numero pazzesco di ossa rotte e segate di ogni
dimensione. Vennero così spiegati i rapimenti dei fanciulli,
anche se fu possibile incriminare soltanto due persone.
Lo scanno d'oro di cui Malone aveva parlato più volte non fu
mai ritrovato, sebbene uno dei canali dell'appartamento di
Suydam fosse così profondo da non consentire il dragaggio.
Quando avevano costruito le cantine dei nuovi appartamenti,
era stato ostruito all'entrata e quindi cementato, ma Malone si
chiedeva di frequente che cosa giacesse mai là sotto.
La polizia, contenta di aver messo le mani su una pericolosa
banda di trafficanti di meticci, affidò gli adepti curdi della setta
Yezidi degli adoratori del demonio ai federali, visto che non fu
possibile accusarli formalmente di nulla.
Il vapore e la sua ciurmaglia restarono un mistero, nono-
stante la vigilanza continua degli impavidi investigatori che
combattono incessantemente il contrabbando di alcoolici e
l'immigrazione clandestina.
Secondo Malone, questi investigatori sono troppo pochi,
oltre a non essere sufficientemente motivati a fare luce su nu-
merosi dettagli di quella vicenda poco chiara. Inoltre è preve-
nuto verso i giornali, poiché misero in risalto solamente il lato
morboso della faccenda e dichiararono che ci si trovava di
fronte ad un piccolo gruppo di sadici, anziché ammettere che si
trattava di un male che minava il cuore stesso dell'universo. In
tutti i modi, è ben felice di starsene isolato a Chepachet a curare
i nervi, e spera che il tempo releghi nel limbo mitico e pittoresco
dei sogni remoti la sua tremenda esperienza.
Robert Suydam è seppellito vicino alla moglie nel cimitero di
Greenwood. Nessun funerale fu celebrato per le sue ossa venute
così stranamente alla luce, ed i parenti si rallegrano della
rapidità con la quale l'intera vicenda venne dimenticata.
I rapporti tra lo studioso ed i fatti spaventosi di Red Hook
non vennero mai accertati con sicurezza, poiché la sua morte
pose fine all'inchiesta che altrimenti lo avrebbe coinvolto. La
vera causa del suo decesso è rimasta nel vago, ed i Suydam
preferiscono pensare a lui come ad un eccentrico, dall'animo
sensibile, che si interessava bonariamente di magia e di folklore.
Quanto a Red Hook, non è affatto cambiato. Suydam vi arrivò
e se ne andò, ed un morbo malvagio vi nacque e si spense:
ma il tenebroso spirito della notte si aggira ancora tra i meticci
che abitano in quei decrepiti fabbricati di mattoni e tra le bande
criminali. Quando passa per caso un visitatore, vengono ancora
chiuse le tende delle finestre, dietro le quali appaiono fugacemente
volti torvi e brillano strane luci.
L'orrore primordiale è un'Idra dalle cento teste, e i culti delle
tenebre affondano le loro radici in abissi più profondi del pozzo
di Democrito. Lo spirito della Bestia è imperituro e vittorioso, e
le processioni di Red Hook - quei giovani dagli occhi velati e
dalla faccia rovinata - seguitano a salmodiare, a peccare e a
gridare, mentre sprofondano di abisso in abisso, verso una meta
ignota, spinte da cieche leggi genetiche che non saprebbero
neppure comprendere.
Sono più quelli che arrivano, di quelli che lasciano Red Hook
via terra, e già si riodono voci echeggiare in nuovi canali sotter-
ranei che finiscono in certi nascondigli in cui si fa contrabbando
di liquori e di altre cose irripetibili. La chiesa è stata adibita a
sala da ballo permanente, ed alle sue finestre, di notte, appaiono
loschi figuri. Ultimamente un poliziotto ha affermato
con sicurezza che la cripta è stata riaperta per scopi molto poco chiari.
Ma come si fa a lottare contro morbi più antichi della storia dell'uomo?
Le scimmie, in Asia, danzavano dinanzi a quegli orrori, e tra i
muri di mattoni sconnessi, dove si celano ombre furtive, il
cancro attecchisce e si propaga tranquillo.
Se Malone ha addosso i brividi, ne ha ben ragione: proprio
l'altro giorno, difatti, un poliziotto ha udito per caso una meticcia
dagli occhi a mandorla insegnare ad un bambino certe parole in
dialetto bisbigliate all'ombra di un cortile. Tendendo meglio
l'orecchio, gli è parso piuttosto strano che la vecchia le ripetesse
fino alla nausea:
O compagna e amante della notte, tu che gioisci quando ululano i cani ed il
caldo sangue è versato, tu che vaghi con i fantasmi fra i sepolcri, che
hai sete di sangue e trafiggi con gelido terrore il cuore dei mortali,
Gorgo, Mormo, luna dai mille volti, volgi propizio il tuo occhio sul
nostro sacrificio!
NOTE:
1) The Horror at Red Hook è molto citato da quanti sostengono che Lovecraft
era in realtà un iniziato alle dottrine magiche, grazie all'affiliazione ad
una setta occulta nel cui ambito veniva trasmesso, fra l'altro, il
Necronomicon. Ciò a causa di alcune formule della magia evocatoria
realmente impiegata nei rituali goetici da esoteristi di ieri e di
oggi, che nel suo racconto Lovecraft cita con competenza. In realtà,
queste formule hanno una duplice fonte:
1. La voce Magic dell'Encyclopaedia Britannica nell'edizione posseduta
da Lovecraft (fonte indicata da lui stesso nelle lettere);
2. L'Encyclopaedia of Occultism di Lewis Spence, da lui posseduta (fonte
certa anche questa, perché una delle formule vi è citata con un errore
di stampa, riprodotto tal quale da Lovecraft). Val la pena di notare
come l'autore di quest'ultimo testo fosse un "mago" inglese affiliato alla
società esoterica Golden Dawn, più volte menzionata quale possibile origine
della dottrina occulta di H.P.L. (la società aveva diverse ramificazioni
anche negli Stati Uniti).
Senza scomodare irrealistiche "pieghe oscure" nella personalità di
Lovecraft, la somiglianza fra certi rituali della Golden Dawn e alcuni
termini e formule impiegati dallo scrittore può essere fatta risalire alla
consultazione, da parte sua, del testo di Spence.
Quanto a The Horror at Red Hook, Lovecraft ne parla in una lettera a
Clark Ashton Smith del 9 ottobre 1925, che contiene un'affermazione
significativa circa il suo atteggiamento nei confronti delle dottrine
esoteriche: "In realtà, io sono un materialista integrale, quanto al
mio "credo" effettivo; non ho neppure una scheggia di fiducia in
qualsiasi forma di supernaturalismo - religione, spiritualismo,
trascendentalismo, metempsicosi o immortalità. è possibile, tuttavia,
che io ricavi il germe di qualche buono spunto narrativo dalle
stupidaggini correnti del ciarpame psico-lunatico... L'idea che la
Magia Nera esista ancor oggi in segreto, o che antichi riti infernali
sopravvivano tuttora nell'oscurità, è stata da me già usata, e la userò
ancora. Quando leggerai il mio nuovo racconto The Horror at Red Hook,
potrai renderti conto di come io l'abbia impiegata in connessione con
le bande di giovani sfaticati e le orde di stranieri dall'aspetto malefico
che si incontrano dovunque a New York" (N. d. C.).
2) Witch-Cult in Western Europe, 1921 (trad. italiana: Le Streghe, Tattilo
Editrice, Roma 1974), scritto da una antropologa inglese, sosteneva che
la stregoneria occidentale era il residuo, nel Medioevo, del culto
riservato ad una divinità infera, Cernunnos, di origine ancor più antica
della migrazione degli Arii nel nostro continente, dalle steppe dell'Asia
centrale (N.d.C.).
3) Sephiroth è un termine della mistica ebraica che indica le dieci
partizioni dell'Essere secondo la Kabbalah. Ashmodai e Samael sono
spiriti infernali designati dalla tradizione deteriore della
stessa Kabbalah (N.d.C.).
4) Il brano citato da Lovecraft è tratto da una invocazione a Ecate, divinità
infernale mediterranea di origine pre-Aria. La si evocava nei trivii,
offrendole in sacrificio bambini (in epoche più tarde, cani). In cambio,
Ecate apriva le porte dell'Aldilà, richiamava sulla terra gli spiriti
infernali e restituiva la vita ai cadaveri. Il testo dell'invocazione,
tramandato in Philosophumena, IV-35, venne trascritto da Lovecraft dalla
voce Magie dell'edizione 1921 dell'Encyclopaedia Britannica (N.d.C.).
5) Lovecraft riporta una serie di termini (tratti dall'Encyclopaedia of
Occultism di Lewis Spence) che riproducono una delle infinite formule
consacratorie utilizzate dai maghi ellenisti e medievali nelle loro
operazioni d'evocazione degli spiriti soprannaturali. Sono termini di
origine greca (per esempio Sother, che significa "Salvatore") o
ebraica (Eschereheye è l'"Io sono chi sono" indirizzato a Mosè dal Roveto
Ardente), in origine attribuiti alla Divinità, ma distorti dalla Magia Nera
per scopi malvagi e necromantici. Lovecraft riproduce, citando la formula,
un errore di stampa presente nel testo di Spence: Homovsion invece
di Homoivsion. è un errore particolarmente "perfido". Il primo termine
significa infatti "consustanziale", ed è l'appellativo che nella retta
dottrina cristiana si dava al Figlio per definirne la natura rispetto al
Padre. Il secondo termine significa invece "simile a", ed è la sostanza
dell'eresia ariana. Stregoni e negromanti, secondo i dogmi conciliari,
erano assimilati agli eretici: per questo, invocando con le loro formule
blasfeme la potenza divina, lo facevano in termini non canonici,
ma ereticali (N.d.C.).
6) Secondo il folklore ebraico, Lilith (nome che significa "mostro della
notte") era un demone-femmina che copulò con Adamo, dando origine a una
progenie infernale. Fu al centro di un culto superstizioso, di cui si
hanno testimonianze fino al settimo secolo dopo Cristo (N.d.C.).
7) Nei trattati di stregoneria, sono così detti i demoni che copulano con
gli esseri umani nel sonno: gli incubi, in sembianza maschile, fecondano
le donne, e i Succubi, d'aspetto femminile, seducono i maschi (N.d.C.).
8)"Si chiede se esistano demoni incubi e succubi, e dal connubio con essi
possa nascere prole." è una delle quaestiones che si pone il dotto gesuita
di Anversa Martin Antonio Delrio (1551-1611) nel suo trattato Desquisitiones
Magicae (Lovanio, 1599), nel quale definisce la sintomatologia
dell'infezione stregonesca. La risposta è, ovviamente, positiva, il libro
di Delrio fu uno dei testi-base dei cacciatori di streghe nell'Europa
preilluminista (N.d.C.).