mercoledì 15 gennaio 2020

L'APPRODO
Primo Levi
Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 542

Felice l’uomo che ha raggiunto il porto,
che lascia dietro di sé mari e tempeste,
i cui sogni sono morti o mai nati,
e siede a bere all’osteria di Brema,
presso al camino, ed ha buona pace.
Felice l’uomo come una fiamma spenta,
felice l’uomo come sabbia d’estuario,
che ha deposto il carico e si è tersa la fronte,
e riposa al margine del cammino.
Non teme né spera né aspetta,
ma guarda fisso il sole che tramonta.

[Primo Levi]

Primo Levi. Una poesia carica di significati. E’ un uomo che parla di quiete dopo la tempesta, poco c’entra la rassegnazione, poco l’arrendevolezza o il lassismo, quello che parla qui è il cuore di un uomo che ha visto e vissuto così tanti orrori che il solo sedersi in una taverna, bevendo qualcosa senza aver paure e pensieri, senza timori, orrori e disperazioni, è la pace nel cuore. La felicità forse è stata troppo idealizzata, forse noi non lo sappiamo più. Forse, la fiamma di cui parla Primo Levi è la fiamma della paura, quella che paralizza il cuore a sentire solo dei passi fuori la porta. Riposare al margine di un cammino può essere una gioia semplice, di quelle che abbiamo dimenticato, quel tipo di serenità che si prova solo guardando il sole tramontare, senza fretta, senza pensieri; una serenità che per noi non ha più nome. La storia, per fortuna, porta impressa sulla propria pelle i nomi di questi servi delle muse che ci ricordano ancora com’era e come è stato, ogni giorno le loro parole vengono pronunciate, acclamate o anche sussurrate dalle bocche più svariate, si sciolgono in lingue diverse, conservando dentro di sè il messaggio primario che trasmisero allora e che trasmettono adesso: non dimenticare. Non dimenticare mai, ciò per cui si è combattutto, apprezzare sempre il sole ogni giorno, anche quando tramonta, perchè si ha la certezza di poterlo veder sorgere.