SALVIAMO IL MONDO! MA NON NEL MIO GIARDINO
Simone Paoli
14/10/2024
Da quando lavoro, una delle prime parole che ho appreso è Nimby, acronimo Inglese di “Not In My BackYard”, traducibile con “Non nel mio giardino”, termine che in Italiano forbito recita “Forma di protesta attuata da un gruppo di persone o da una comunità locale contro opere e attività di interesse pubblico che hanno o potrebbero avere effetti negativi sulla loro area di residenza”.
In termini non tecnici, tutti quelli che protestano contro qualunque attività pseudoindustriale. Ho vissuto (subito) i comitati contro gli impianti di trattamento rifiuti in particolare, scontrandomi con l’ideologia più assurda. Quando parlo di ideologia intendo il piegare gli stessi argomenti a favore o contro, a seconda della situazione politica. Comitati che in una zona protestavano contro gli impianti perché di una fazione politica, erano a favore con gli stessi argomenti in un altro contesto perché al governo “ci sono i nostri”. Quello che accade oggi quindi mi stupisce fino ad un certo punto. Sono centinaia i progetti bloccati o rallentati da questi comitati, di varia natura ed estrazione.
Non stupisce quindi che la Todde renda la Sardegna tutta “area non idonea” per le rinnovabili, quando il suo partito ed i suoi alleati si vantano di promuovere politiche 100% rinnovabili e Netzero2050. Partito ed alleati che tacciono, svicolano, si imbarazzano e si guardano bene dal commentare. Anche perchè in Toscana, in Lazio ed in altre zone sono gli esponenti del PD a “fare le barricate” contro parchi eolici, stoccaggi a batteria etc.
Ci sono poi i VIP (tutti o quasi ambientalisti dichiarati di sinistra, ci mancherebbe), che promuovono petizioni contro le gigantesche pale eoliche che oscurerebbero il Duomo di Orvieto. (https://www.corriere.it/cronache/24_settembre_25/lazio-la-petizione-contro-l-impianto-eolico-la-lettera-di-cento-intellettuali-a-mattarella-turbine-alte-piu-di-quattro-volte-il-duomo-di-orvieto-2eb69dce-52ae-498b-8ff4-8a903d2d9xlk.shtml)
Ci sono poi gli stessi ambientalisti che vogliono salvare il pianeta a tutti i costi, non c’è tempo etc ma restano contrari al nucleare che sarebbe la tecnologia più rapida per ottenere i risultati tanto desiderati.
Da dove nascono tutte queste contraddizioni? Perché queste evidenti dissonanze cognitive, voltafaccia continui, guerre all’essere il più verde dei verdi? E soprattutto, che senso ha? Ma soprattutto, è davvero sorprendente? Onestamente, no.
Se ci fermiamo un attimo a guardare oltre gli annunci, se grattiamo la superficie patinata dell’ambientalismo da sfilata o da social, meglio ancora, osserviamo fenomeni di questo tipo:
Voglio sia fatta la raccolta differenziata, ma non voglio i bidoni vicino a casa e non voglio gli impianti di trattamento
Non vogliamo discariche ed inceneritori, vogliamo rifiuti zero ma non sappiamo cosa voglia dire (Spoiler, non esiste)
Viva la bicicletta, facciamo vacanze sostenibili andando in aereo in giro per il mondo per fare le foto e far vedere quanto siamo bravi
Basta buste di plastica, viva gli shopper in cotone o altro, che accumuliamo negli armadi e complessivamente inquinano di più del monouso (a meno che non le usiate centinaia di volte)
Viva le rinnovabili, ma ste bollette perché sono così care?
Il consumismo è troppo impattante, poi tutti su Temu e Shein (https://www.open.online/2024/09/25/shein-antitrust-inchiesta-pubblicita-ingannevole/) (https://www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli/shein-lato-oscuro-re-fast-fashion-lavoratori-schiavi-tessuti-tossici-inquinamento/55bd7870-56f4-11ee-a17f-69493a54d671-va.shtml)
Potrei continuare con decine di esempi del genere, di piccole e grandi ipocrite contraddizioni che sono il brodo di coltura delle situazioni di cui sopra.
Alla fine dei conti, resta sempre un enorme e difficile passo da compiere, che poi è il motivo vero dello deflagrare di tutte le situazioni micro e macro descritte sopra: il fare, il mettere in pratica, il concretizzare comportamenti ed iniziative imprenditoriali e personali.
Perché alla fine la prima vera sostenibilità a cui si guarda è quella economica, che sia un investimento da decine di milioni in un impianto quale esso sia, o di pochi euro per un vestito. Poi si guarda al resto.
Questo apre un altro, fondamentale campo di battaglia, forse il più sanguinoso e cruento: quello sugli incentivi. Ci torneremo.