IL BACIO
Estratto da "Quelli"
Joyce Carol Oates
[...]Si avvicinò e gli toccò il braccio con dolcezza. Sorpreso, lieto, Jules si chinò a baciarla. Il suo corpo anelava a lei, ma non osò toccarla; sentiva che questo l'avrebbe distrutta. Ella restituì il bacio, sfiorandogli le labbra, freddamente, con le sue. Jules sentì l'anima diventargli cieca a quel contatto.
«Nadine, ti amo tanto. Ti amo» disse.
«Ti amo anch'io, Jules» ella rispose adagio.
Ma fu come se avesse parlato contro la propria volontà. Per un momento, in piedi, si fissarono. Poi ella disse, a un tratto: «Ti accompagno fino alla macchina. Non sono uscita da questo appartamento per... per più di un giorno».
«D'accordo. Bene.»
«Mi piacerebbe camminare in pubblico con te, sul marciapiedi. Credo che mi piacerebbe» disse Nadine.
Jules sentì che ella gli stava facendo fretta, che voleva farlo uscire da quella casa, adesso, e lo guidava. Ma quando le afferrò le spalle per baciarla, alzò subito il viso verso il suo, senza opporre resistenza. La baciò per qualche tempo, con dolcezza. Sentì quanto la rendevano cieca i suoi baci, ma al contempo quale scarso effetto avevano sull'anima ostinata, ipnotizzata, di lei. Le baciò le palpebre, per chiudergliele. Non voleva farle del male. L'astiosa morbosità delle sue parole lo aveva abbandonato, preferiva non ricordarle e contava sulla magia dell'amore perché consentisse loro di continuare... perché no, se ella si lasciava baciare così remissiva, consentendogli di baciarle le palpebre, di renderla cieca a furia di baci? Perché no? Quei baci dovevano sembrarle come falene leggere, come farfalle... Se era intervenuta in loro questa metamorfosi, legandoli insieme nell'amore, perché non sarebbe dovuto esservene un'altra? Perché vi sarebbe dovuto essere un termine al mutamento? Nadine lo aveva amato già una volta con violenza ed egli era persuaso che lo avrebbe amato ancora, che l'amore di lei sarebbe stato più forte della, sua ripugnanza.
«Per piacere, ricorda che ti amo, che penso sempre a te» le disse.
«Sì.»[...]