mercoledì 18 dicembre 2024

IL DISASTRO DELLE POLITICHE GREEN IN GERMANIA Di Filippo Piperno

 

IL DISASTRO DELLE POLITICHE GREEN IN GERMANIA

Di Filippo  Piperno


Una delle principali cause del tracollo di consensi che ha sgretolato la coalizione “semaforo” del governo di Olaf Scholz è stata con tutta evidenza l’abnegazione zelante nel varo di politiche “green” per il raggiungimento delle emissioni a impatto zero.

A cominciare dalla legge sul riscaldamento domestico, varata nel settembre 2023 tra enormi polemiche, che ha obbligato alla sostituzione delle caldaie a gas con costose pompe di calore, causando un calo dei prezzi delle abitazioni e un conseguente impoverimento per molte famiglie tedesche. Ed in più, queste misure, unite alle normative sulla responsabilità sociale delle imprese, hanno fatto lievitare i costi ed enormemente aumentato gli impatti burocratici sulle aziende.

Eppure, solo un anno fa, Scholz aveva previsto che gli investimenti nella transizione verde avrebbero portato tassi di crescita simili a quelli del “miracolo economico” tedesco degli anni ’50 e ’60, ma la realtà si è dimostrata ben diversa: il declino dell’industria tedesca procede inarrestabile e ogni settimana emergono notizie di chiusure di fabbriche e licenziamenti nel settore automobilistico e nel suo indotto.

Non solo. Come ha osservato Federico Rampini sul Corriere della Sera, la rigidità dell’ambientalismo tedesco ha imposto la chiusura delle centrali nucleari, che avrebbero garantito energia a buon mercato e zero emissioni, proprio mentre altri paesi rilanciavano il nucleare (Cina, America, perfino il Giappone). Tutto ciò ignorando le avanzate competenze tedesche in questo campo e il suo enorme potenziale strategico. La perdita simultanea del gas russo a buon mercato, in conseguenza della guerra in Ucraina, e dell’energia nucleare ha lasciato la Germania in una posizione di forte vulnerabilità energetica, con i costi per l’approvvigionamento che sono lievitati. Per alcuni settori chiave dell’industria tedesca, per cui il gas è la più importante fonte energetica (circa un terzo del totale), il colpo è stato durissimo.

Il governo Scholz è stato anche uno dei principali sostenitori del Green Deal europeo, che com’è noto impone severi obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 per l’industria automobilistica e il divieto delle auto a combustione entro il 2035. Uno scenario che, con il notevole contributo di una serie di incredibili errori di valutazione del management, sta annientando l’industria automobilistica europea e segnatamente quella tedesca che traina l’economia del paese, contribuendo per circa il 5 per cento del PIL e dando lavoro a oltre 770.000 persone. 

È di inizio dicembre il report OCSE che mette l’economia tedesca agli ultimi posti tra quelle dei paesi industrializzati, con una crescita stimata per il 2025 dello 0,7%, pochi punti percentuale al di sotto di quella italiana (+0,9%). (cfr. Germania in crisi: un’analisi della situazione politica ed economica)

La fine annunciata del governo di Olaf Scholz e la crisi strutturale che sta annichilendo l’economia tedesca dovrebbe rappresentare un monito per tutte quelle forze politiche che continuano a cavalcare – senza criterio né buonsenso – il karma della cosiddetta transizione verde. Ma permetteteci di dubitare che i soliti integralisti ebri d’ideologia ne terranno conto.