SULLA SEPARAZIONE DELLE CARRIERE
Michele Magno
InOltre
Sulla separazione delle carriere dei magistrati sarà la volta buona?
I magistrati fanno bene quando da pubblici ministeri fanno i pubblici ministeri e non i poliziotti o i giudici; quando da giudici fanno i giudici e non i pubblici ministeri o i poliziotti; quando rimangono indipendenti ed evitano anche di non apparirlo; quando rispettano gli altri poteri dello Stato e non cercano vie pseudogiudiziarie a discutibili riforme politiche; quando difendono la loro indipendenza, ma non camuffano da indipendenza i loro interessi corporativi; quando agiscono su fatti e non su teoremi.(Francesco Cossiga).
La Commissione Affari Costituzionali della Camera ha concluso l’esame degli emendamenti presentati al disegno di legge costituzionale per la separazione delle carriere dei magistrati. Il provvedimento, che contiene anche le norme per l’istituzione della Corte disciplinare per le toghe e per il doppio Csm, è atteso nell’Aula di Montecitorio il 9 dicembre per la discussione generale. Le votazioni dovrebbero cominciare da gennaio.
La reazione dei Cinquestelle, con una dichiarazione congiunta dei deputati e senatori delle Commissioni Giustizia , non si è fatta attendere: “Era tutto già scritto ed è un piano devastante ben congegnato. La separazione delle carriere […] risponde al disegno di vecchia data del centrodestra di indebolire la magistratura e togliere autonomia e indipendenza ai pubblici ministeri. […] Il governo Meloni getta così la maschera e srotola il suo piano completo per mettere la giustizia sotto il tallone della politica”.
La pensava diversamente, già molto tempo fa, un pubblico ministero che conosceva il suo mestiere:
“Un sistema accusatorio parte dal presupposto di un pubblico ministero che raccoglie e coordina gli elementi della prova da raggiungersi nel corso del dibattimento, dove egli rappresenta una parte in causa. Gli occorrono, quindi, esperienze, competenze, capacità, preparazione anche tecnica per perseguire l’obbiettivo. E nel dibattimento non deve avere nessun tipo di parentela col giudice e non essere, come invece oggi è, una specie di para-giudice. Il giudice, in questo quadro, si staglia come figura neutrale, non coinvolta, al di sopra delle parti. Contraddice tutto ciò il fatto che, avendo formazione e carriere unificate, con destinazioni e ruoli intercambiabili, giudici e pm siano, in realtà, indistinguibili gli uni dagli altri. Chi, come me, richiede che siano, invece, due figure strutturalmente differenziate nelle competenze e nella carriera, viene bollato come nemico dell’indipendenza del magistrato, un nostalgico della discrezionalità dell’azione penale, desideroso di porre il pm sotto il controllo dell’Esecutivo. È veramente singolare che si voglia confondere la differenziazione dei ruoli e la specializzazione del pm con questioni istituzionali totalmente distinte. Gli esiti dei processi, a cominciare da quelli di mafia, celebrati col nuovo rito, senza una riforma dell’ordinamento, sono peraltro sotto gli occhi di tutti”. (Giovanni Falcone, intervista a Mario Pirani, Repubblica, 3 ottobre 1991).
Poscritto: “Nemo propheta acceptus est in patria sua” (Luca 4, 24).