Pietro Molteni
23/12/2024
La “Bella Chat” di Giannini e la Resistenza oggi no, domani forse, ma dopodomani sicuramente
È sempre così: quando si fa a gara a chi ce l’ha più antifascista si perde sempre, ci sarà sempre qualcuno che ce l’ha più antifascista di te.
La notizia che Massimo Giannini ha lasciato la “Chat 25 Aprile” ha già fatto sbellicare i tre quarti dei giornali italiani, ma è difficile resistere alla tentazione di ritornarci su. Perché è una storia troppo bella, troppo emblematica nella sua tragica semplicità, sulla cui pietra tombale andrebbe iscritto ciò che Pasolini disse di Giorgio Bocca: “Ogni zelo nasconde sempre qualcosa di poco bello: anche lo zelo antifascista.”
Studi accademici sul declino dei media tradizionali ed il tracollo della sinistra sono esercizi superflui dinanzi al fenomeno “Bella Chat”, il cui destino era già scritto nella lista dei suoi membri: Sigfrido Ranucci, Massimo Gramellini, Concita De Gregorio, Antonio Scurati, Luisella Costamagna e Corrado Formigli, poi Massimo D’Alema, Veltroni e Bertinotti, fino a Venditti e Claudio Baglioni. La meglio gioventù dell’Intellighenzia italiana volta a “rappresentare dal basso istanze che vengono dalla gente comune” (questa è la missione, testuali parole). Come entrare a far parte della chat? Avere il numero di uno di loro. La via della Resistenza è chiusa a chi non vanta un filo diretto con questi “direttori clamorosi, cardinali, e i figli di tutti questi potenti” per citare Fantozzi.
Partito con l’idea di schiacciare i fascisti con lo scarpone democratico, il nostro Massimo Giannini è finito per schiacciare il pulsante “abbandona il gruppo”, e qui c’è da dargli atto di aver compiuto un atto di socratico coraggio, (“E’ giunto il momento che io vada, io alla morte, voi alla vita. Cosa sia meglio, Dio solo lo sa” diceva il suo predecessore) perché, se non la cicuta, ora il nostro dovrà subire lo sberleffo dei colleghi di destra (e non solo) che stanno sguazzando nella notizia come Paperone nei dollari.
Il motivo della dipartita è stato il clima di guerra all’interno della chat riguardo il conflitto Israelo-Palestinese, che già aveva causato attriti e defezioni, ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso sembra essere stato l’ultimo acceso litigio tra l’“in-Gazata” (come la definisce Dagospia) Rula Jebreal ed il zanzaresco Parenzo. A questo punto, il nostro Giannini si è trovato dinanzi a due possibilità: fare lo Zelensky e dare un (metaforico) calcio nel sedere ai due indisciplinati estromettendoli dal gruppo così da far vedere a tutti chi comanda, oppure fare il Tarquinio e darsela a gambe sventolando bandiera bianca. È finita come doveva finire.
Come disse Woody Allen di sé stesso: “Voleva essere un grande artista, ma rinunciava agli sforzi necessari per diventarlo”. Potrebbe essere il motto della sinistra Gianniniana, vittima del qualunquismo da lei stessa propalato a piene mani: vuole sostenere l’Ucraina, ma non vuole che il governo investa nelle difesa; vuole dare grandi opportunità ai giovani, ma inorridisce all’idea che la scuola premi il “merito”; vuole un’economia dinamica e competitiva, ma si oppone alle deregolamentazioni; sta con i diritti delle donne, ma anche con la libertà del mondo islamico ad esprimere appieno il proprio credo; e tanto altro… Il risultato è che quando gestisce una chat antifascista si trova in quattro e quattr’otto tra il fuoco incrociato come tra Zerocalcare e Chiara Valerio.
Si fa per scherzare, ma si parte dal presupposto che nessuno abbia mai davvero pensato che la “Bella Chat” fosse una cosa seria. Oppure sì? Ci credevano davvero? Vivono davvero così fuori dal mondo reale? Ciò che corrobora questo amaro sospetto è che i grandi temi riguardanti il nostro Paese (la questione energetica, il declino tecnologico, la sfiducia nelle istituzioni, l’inefficienza della macchina statale, l’iperburocrazia che confligge con la democrazia) non esistono nell’orizzonte di pensiero di questi influenti editorialisti, pensatori e filosofi, così propensi a esercitare le proprie forze per contrastare il raduno di Predappio. E così, mentre il Titanic affonda, si azzuffano sulla paternità del busto di Mussolini in casa La Russa, al tempo stesso interrogandosi scandalizzati su come faccia la gente ad informarsi sui canali YouTube. D’altronde, Il nostro sistema mediatico non ha battuto ciglio quando il Corriere della Sera diffuse la notizia, falsa, secondo cui Zelensky avesse compilato una lista di proscrizione di filorussi italiani (correlato da un video in inglese con falsi sottotitoli, ve lo ricordate?). E non ha battuto ciglio nemmeno quando la bufala venne scoperta ed il video rimosso.
Poi sta arrivando il Natale, ed è lecito pensare che non sia un caso che la faccenda sia scoppiata proprio ora. Perché, se c’è da preparare l’anatra all’arancia, andare a comprare il salmone affumicato, prenotare il panettone in pasticceria, chi ha voglia di mettersi in mezzo alle beghe di due colleghi che litigano su Netanyahu e compagnia? Partigiani sì, ma non oltre il 20 dicembre, già bisogna sopportare i propri parenti (un cugino o un prozio fascistone ce lo abbiamo tutti, che fare, ammazzarlo?), e intanto che il brodo per i tortelli si riscalda chi se ne frega se i fasci al governo ci sono oppure no.
E così l’esperimento della “Bella Chat” finisce come un’opera di Pirandello: “E’ stato un po’ tutto, ma anche niente”. Il nuovo anno porterà qualche altra superficiale ignominia davanti a cui esercitare il proprio punitivo moralismo, basta che nulla di importante venga affrontato. Per un paio di settimane la lotta al fascismo può aspettare, per parafrasare Gaber, la Resistenza oggi no, domani forse, ma dopodomani sicuramente.