MAGDEBURGO: IL CORTOCIRCUITO DELL'ATTENTATO
InOltre
Alessandra Libutti
Ancora una volta ci troviamo davanti al disordine della comunicazione: un attentatore di destra che usa un atto tipico del fondamentalismo islamico contro il fondamentalismo islamico è un cortocircuito. È il pensiero che si inceppa, è il caos. Impossibile, a questo punto, assumere posizioni univoche, strombazzare fanfare, issare bandiere ideologiche. L’ondata immediata di sdegno delle prime analisi, convinte che si trattasse dell’ennesimo attentato di matrice islamica, si sono bloccate davanti alla realtà opposta. Il piano della realtà va riscritto, e l’intera questione solleva più dubbi che certezze.
Le pagine si riempiono di dietrologie, ipotesi, scenari e presunti obiettivi. Chi c’è dietro? Un tentativo di favorire l’estrema destra tedesca? Una messinscena per destabilizzare? Si ipotizzano complotti che coinvolgono Elon Musk, appena schierato a favore dell’AFD, o Putin, storico alleato dell’estrema destra europea. E poi ci sono i sospetti sui sauditi, sugli “americani”, così, in senso lato: destra, sinistra, basta che sono loro. Forse, è stata la CIA, e perché non il Mossad? Ma non saranno stati i “nazisti” ucraini? Ecco allora, che dietro ogni ipotesi si costruiscono prove evidenti che non possono che essere stati loro. Sissignori. Lo sappiamo. Tutto collima, no? E poco importa se collimano tutte le ipotesi simultaneamente.
Forse è tutta una finzione e magari era veramente un fondamentalista sotto mentite spoglie. Le teorie si stratificano, immaginando complotti improbabili, persino ridicoli, con tutti questi attori riuniti in segreto in uno scantinato per orchestrare il caos. L’essere umano in fondo è incredibilmente fantasioso, soprattutto quello italico che è riuscito perfino ad inventarsi una resa di Zelensky a titoloni sui maggiori quotidiani nazionali, una roba orwelliana.
Eppure, per molti, la prima impressione rimane l’unica verità. C’è chi non farà mai un passo indietro: per loro si tratta comunque di un attentato islamico, perché il metodo basta a giustificarlo. Per altri, invece, ci saranno sempre dietro i poteri forti, Big Pharma, Big Tech e le scie chimiche. Ci sarà il consueto “sì, ma” che evoca Isis, Hamas e ogni sigla utile a mantenere vivo un certo schema narrativo. Insomma, ci sarà sempre chi, non potendo più contare su alcuna certezza, non potrà che affidarsi al proprio pensiero univoco.
Chi ha torto, chi ha ragione? Forse nessuno. In un mondo dove il confine tra verità e menzogna è ormai sfumato, il caos diventa la costante, il nuovo terreno su cui si combattono guerre politiche, culturali e mediatiche. Senza più riferimenti etici condivisi, tutto si relativizza fino a diventare irrilevante. L’unica certezza è che, nel disordine, qualcuno saprà approfittarne.
Magari l’attentatore è davvero un lupo solitario, senza alcun piano preciso, mosso solo da un’ideologia frammentaria e contraddittoria. Ma non è questo il punto. La vera domanda non è tanto chi ha agito o perché, ma chi riuscirà a trasformare il caos in un vantaggio. Perché in questo contesto non conta più il gesto in sé, ma la narrativa che ne deriva e il modo in cui verrà sfruttata per servire interessi più grandi