giovedì 5 dicembre 2024

NON SPARATE AGLI AQUILONI Feride Çiçekoglu

 


NON SPARATE AGLI AQUILONI 

Feride Çiçekoglu

Titolo originale

Uçurtmayi Vurmasinlar, 1989


Recensione 

Giorgio Bona

C’è una lettura intensa che diventa un viaggio dentro l’anima, un libro assemblato con vigore e intelligenza perché è tale la sensazione che trasmette, in cui le parole suonano come una asciutta melodia e un canto spontaneo e al contempo poetico.

Non sparate agli aquiloni è un bel libro fin dalla prima riga sulla magistrale traduzione di Semsa Gezgin, il traduttore di Orhan Pamuk, che ha saputo rendere il linguaggio e l’atmosfera straordinariamente originale e spontanea.

Da questo libro è stato tratto un film che è un must del cinema turco e ha vinto ben quattro Golden Orange di Istambul e il Prix du Public Recontres Internacionales de Cannes.

Inci è una prigioniera politica, Bari è un bambino di quattro anni figlio di un’altra detenuta che vive la tremenda realtà del carcere turco. È dietro le sbarre che si consuma la storia, dopo il colpo di stato in Turchia del 1980. Il paese è amaramente risvegliato dal fragore dei carri armati sulle strade, è il terzo colpo di stato nel giro di vent’anni.

Bariş impara a conoscere il mondo attraverso le parole di Inci e con la mente pare volare come un aquilone nel cielo libero. Osserva da dietro le sbarre del carcere dove è rinchiuso ogni piccolo particolare che desta la sua curiosità infantile, traendo utili insegnamenti. Da qui si avventura dentro un mondo nuovo di relazioni che rendono vere le persone e mettono a nudo i loro sentimenti. E scorge gli aquiloni nel bel cielo blu che rischiano di essere abbattuti proprio da quelle guardie che tengono le chiavi della libertà negata per la brutale repressione che esercitano sui prigionieri.

Toccante, spudoratamente commovente forse potrebbe apparire come una storia scontata se non fosse per la straordinaria abilità dell’autrice, Feride Cicekoglu, lei medesima prigioniera politica ai tempi del colpo di stato e appassionata oppositrice del regime. La sua scrittura è vibrante, trasuda profondità e spessore, grande capacità di sviluppare immagini evocative e stupende.

Non mi è capitato sovente di imbattermi in una densità così intrisa di significati che restano dentro, con immagini appiccicate agli occhi della memoria.

Da leggere assolutamente.


Non sparate agli aquiloni

 

 Nel luogo dove ho conosciuto Bariş non c'erano fiori, "né un platano con la testa fra le nuvole". Non ci poteva entrare nemmeno il venditore di ciambelle al sesamo, la voce piena di brio. Nel cortile di pietra si posavano soltanto gli uccelli, qualche volta. Baris mi ha insegnato a salire sulle loro ali e a volare per i prati. Nelle sue parole, infantili e mal pronunciate, il sogno e la realtà s'intrecciavano a tal punto che gli orrori del mondo scivolavano via dal nostro squarcio di cielo. Ecco, io così ho imparato a far volare gli aquiloni immaginari in quel cortile.

 Non perché fosse l'anno della pace gli avevano dato il suo nome, né per augurare la fine di tutte le guerre. Ma era il nome di un musicista che piaceva a suo padre: solo per questo l'avevano chiamato così.

 Se il significato del suo nome avesse abbracciato il mondo, Baris non sarebbe certo cresciuto sulla pietra. Ma questo non lo sapevano né sua madre, né quelle come lei. Se l'avessero saputo, noi che eravamo costrette ad avere nostalgia del cielo perché i bambini potessero "mangiare le caramelle", probabilmente non avremmo raggiunto i prati soltanto sulle ali degli uccelli.

 Sia coloro che conoscevano il motivo per cui si trovavano in quel luogo, sia coloro che non lo conoscevano affatto, tutte quante hanno amato Baris. Proprio come si sono amate tra loro. Come amavano i fiori, da cui erano lontane per motivi diversi. Anche Baris le ha amate, eccome! Ha amato ognuna di loro. Non ha dimenticato nemmeno quelle che, uscendo da lì, hanno potuto vedere le stelle sopra la testa. Ha mandato loro delle lettere. Lettere mai arrivate a destinazione, a volte non riportate sulla carta e sempre impigliatesi alle porte di ferro.

 Questo piccolo libro è stato scritto perché le lettere di Baris, sia quelle immaginarie sia quelle reali, arrivassero a destinazione.

 Vuole essere un regalo a Baris, destinato a crescere sulla pietra nell'anno che porta il suo nome e una risposta alle sue lettere senza risposta.

 Non sparate all'aquilone, perché i bambini lo facciano volare...

 Feride Çiçekoglu, febbraio 1986

 

 

 

Nel giugno del 1984, un pomeriggio, quando il portone di ferro si chiuse alle mie spalle lasciandomi fuori e le urla di Baris rimasero dentro, non mi sarebbe mai passato per la testa che la sua voce avrebbe raggiunto così tanta gente. Certo pensavo di scrivere i miei ricordi su di lui, ma intuivo anche che molte volte le parole sulla carta non vengono trasmesse neanche a quel numero limitato di persone che hanno l'abitudine di leggere.

 Con la prima uscita di Non sparate agli aquiloni, nel 1986, ho avuto conferma di questa mia intuizione. Se il mio racconto, per una serie di coincidenze, non fosse diventato un film nel 1989, Baris avrebbe continuato a sussurrare tra le pagine di un piccolo libro, fino all'esaurimento - chissà quanti anni dopo - della sua prima e unica edizione.

 Quando il grande schermo ha amplificato questo suo sussurro, per Non sparate agli aquiloni si è creata la possibilità di una nuova vita. Le scritte nere sui fogli bianchi sono a volte più colorate delle illustrazioni, forse perché per noi rappresentano le tracce dei nostri sogni. Il film dà modo a un pubblico più vasto di interrogare i muri delle proprie fantasie, attraverso gli occhi di un bambino. Per questo, il mio libro deve molto al grande schermo.

 Adesso, quando rileggo le lettere immaginarie di Baris, mi sembrano a tratti esasperate. Probabilmente lui si sarebbe espresso in modo più dolce. Ma forse è giusto che siano le parole del passato a fare da testimoni, per vedere quanta strada abbiamo percorso nel ritorno all'infanzia. Per questo, ho lasciato così come erano cinque anni fa i sogni di Baris. Mi è parso più sincero.

 È importante essere sinceri, e lui lo era.

 Feride Çiçekoglu, premessa all'edizione del 1990

 

 

 

26 giugno

 Ti è cresciuto il naso Inci? Come quello di Pinocchio... Me l'avevi raccontato tu: c'era una volta un burattino chiamato Pinocchio. Quando diceva le bugie, gli cresceva il naso. E mi avevi detto che anche a me sarebbe cresciuto il naso, se avessi detto le bugie. Ma pure tu hai mentito!

 "Non me ne andrò via da qui senza di te. Ti porterò con me".

 Ricordi questa promessa? Invece te ne sei andata senza dirmi neanche: "Arrivederci". Mentre dormivo. Mi sono svegliato al rumore della porta di ferro. Applausi, qualcuno diceva: "Buona fortuna", altri strillavano: "Esci col piede giusto, in modo che anche noi ce ne possiamo andare presto da qui!" Appena sveglio ero stordito, e non ho capito chi stava andando via. Sono corso nel cortile. Ho visto che alcune donne si asciugavano le lacrime. Ti ho cercata per salirti in braccio, come sempre. All'inizio non si sono accorte di me.

 Mi hanno notato solo quando ho urlato: "Inci, Inci!" Sentendomi chiamare il tuo nome, mia madre ha cominciato a piangere. Solo allora ho capito che te n'eri andata. Non so se mi hai sentito: la porta era stata appena chiusa. Ho urlato. Magari fossi tornata indietro... E sarei entrato nella tua valigia. Nessuno mi avrebbe visto. Mi sarei fatto piccolo piccolo. Una volta, quando giocavamo a nascondino, mi ero infilato nella tua valigia. L'avrei fatto di nuovo. Una volta attraversate le porte di ferro, sarei uscito fuori.

 Da quando non ci sei più ti sogno ogni notte. Siamo io e te, come sempre, e andiamo avanti e indietro in cortile. Tu cammini veloce. E io corro, per stare al tuo passo. Tieni le mani giunte dietro la schiena. Voglio tenerle anch'io così, ma non ce la faccio. Appena arrivati al muro ti giri subito indietro. Cerco di voltarmi anch'io, ma non riesco a raggiungerti. In quel momento inizia a piovere. Tu mi dici: "Baris, corri a prendere lo shampoo che abbiamo appena comprato".

 Vado dentro e lo prendo. Ce lo versiamo sulla testa. Con la pioggia lo shampoo fa così tanta schiuma che ci scende ai piedi. Ne siamo immersi. Ti guardo: sei invisibile. Ti chiamo: "Non riesco a vederti, Inci, dove sei?"

 Mi accorgo che la schiuma scivola verso la porta di ferro a un lato del cortile. Mi chiami: "Vieni, bussiamo!"

 Ma se lo facciamo arriva il signore con le chiavi!

 "Meglio, che venga!" dici.

 Bussiamo alla porta. Nessuno ci apre. La pioggia diventa ancora più insistente. Ahimè: scioglierà tutta la schiuma che abbiamo addosso. Ecco! Si sentono dei passi. È il signore dalle molte chiavi.

 Lo intuiamo dal forte tintinnio. Gli altri signori hanno una sola chiave. Soltanto quella della cella di cui fanno la guardia. Anche la signora che fa la guardia alla nostra cella ha una sola chiave. Inci, perché la chiamano "mamma"? Pure mia madre la chiama così. È forse la mamma di tutti? Ma lei ci chiude dentro a chiave. Le mamme chiudono a chiave i loro figli? Io la chiamo "zia con le chiavi". Invece il nome del signore dalle molte chiavi è capoguardia. Il tintinnio più forte è soltanto suo. Ha le chiavi di tutte le celle.

 Il capoguardia grida dall'altra parte della porta: "Cosa vuoi, ragazza?"

 Tu mi avevi insegnato a non chiamare nessuna "ragazza", non sta bene. Allora perché la guardia lo dice? Lo posso dire anch'io se faccio tanto rumore come lui? Mi zittisci e lo chiami: "Aprite la porta, ché c'è una persona malata!"

 Ma non è bello dire le bugie. E allora perché le dici Inci?

 "Le bugie si dividono in due parti", mi istruisci. "Quelle necessarie e quelle non necessarie. Questa è una bugia necessaria".

 Ma io trovo che anche le mie bugie sono necessarie. Tu ti arrabbi con me: "I bambini non devono mentire. Loro ancora non possono saperlo, quali bugie sono necessarie e quali no".

 Va be'... Allora io solo quando sarò grande dirò le bugie.

 Il capoguardia ha creduto alla tua bugia necessaria. Pensa che ci sia davvero una persona malata. Apre la porta: d'un tratto gli stiamo davanti. Due sagome di schiuma. Si stupisce. Insieme gli gridiamo: "Buh!" Sviene dallo spavento. Tu mi tieni per mano. Corriamo. Sui due lati sono allineate le celle. Ci bagniamo sotto la pioggia. Così la schiuma si scioglie: per primo esce fuori il tuo naso. Deve essersi allungato, Inci. Vuol dire che anche le bugie necessarie fanno crescere il naso.

 I secondini, lì per lì, non capiscono cosa siamo. Alla vista di due sagome di schiuma, agitati si fanno da parte. Poi vedono il tuo naso.

 "Prendetela!" urlano. "Prendetela, la detenuta sta scappando!"

 Ma io non sono un detenuto. Sono solo un bambino. Mia madre si trova qui e fuori non c'è nessuno che possa prendersi cura di me. Per questo devo stare qui con mia madre, finché lei non sconta la pena. Ormai sono in grado di infilarmi i calzini da solo. Posso prendermi cura di me stesso. Lasciatemi andare: vengo da te, Inci!

 Tu arrivi prima di me al portone. Come quando camminavamo avanti e indietro in cortile. Io ho le gambe corte. E non riesco a raggiungerti. La pioggia ha portato via parte della schiuma, ma siamo ancora strani. Pure il secondino che sta al portone si stupisce. Anche a lui tu gridi: "Buh!" Sviene. Apri il portone. Esci fuori. Io affretto i miei passi per raggiungerti. E intanto urlo: "Inci! Aspettami. Non correre... Inci, aspettami, sto arrivando!"

 

 

 

30 giugno

 Cara Inci,

 non hai ancora risposto alla mia lettera. Non so se l'hai ricevuta. A quanto dice Nevin, se fosse rimasta impigliata alle porte di ferro non avresti potuto riceverla. E in caso contrario, dovresti averla appena ricevuta, perché le lettere che scriviamo noi vengono esaminate dalla direzione per vedere che non ci sia nulla di compromettente.

 Ieri è venuto il signore dalle molte chiavi.

 "Chi è Nevin?" ha chiesto.

 Nevin si è fatta avanti e lui l'ha rimproverata: "Quando mai ti chiamiamo 'ragazza', ragazza?"

 Dopo che se n'è andato, Nevin mi ha detto: "Ho paura che Inci non riceverà mai la tua lettera".

 "Perché?" le ho domandato.

 Non mi ha risposto. Secondo te, Inci, nelle mie lettere cosa può esserci di compromettente?

 Sento molto la tua mancanza. Quanto vorrei che mi scrivessi, anche solo una volta. Continui a prepararlo l'asure? Adesso che ho pensato al nostro dolce, mi è venuto in mente che ho fatto un nuovo sogno su di te. Se vuoi te lo racconto.

 Stai preparando l'asure in un'enorme pentola. Proprio come facevi qui. Quant'era divertente gustarne il fondo insieme a te! Se lo prepari ancora, con chi lo gusterai? Non farlo con un altro bambino. Forse lui ha l'influenza. Può essere contagioso.

 Tu prepari e io aspetto accanto a te. Attendo che lo versi nei piattini, in modo che insieme possiamo assaporarne il fondo. All'improvviso si sentono dei fischi. Poi battono forte alla porta.

 "Nascondiamoci, presto", dici.

 Prima vuoi nascondere me. Mi infilo sotto il tavolo. Non va bene. Non c'è la tovaglia. Sono del tutto visibile. Cerchi un posto per nasconderti ma non lo trovi! Proprio allora picchiano alla porta: sembra che stiano per romperla. Vedo d'un tratto l'enorme pentola dell'asure.

 "Corri, saltaci dentro", mi dici.

 Rapido, eseguo il tuo ordine. Tu le chiudi il coperchio. C'è un piccolo spiraglio, ti vedo. Dai, fai in fretta, nasconditi anche tu, Inci! Come quando giocavamo insieme. Che nessuno ti trovi. L'anta dell'armadio non si chiude. Ti stanerebbero subito. La valigia è troppo piccola. Non ci stai dentro. Poi guardi verso la finestra. È aperta. Probabilmente vuoi saltare giù e fuggire. Non lasciarmi! Così urlo dallo spiraglio: "Inci, non lasciarmi, non andare via senza di me!"

 Ecco, a questo mio grido mi sono svegliato. Mia madre mi ha chiesto che cosa avessi sognato. Gliel'ho raccontato. Sai la domanda incredibile che mi ha fatto?

 "Non ti sei bruciato dentro quella pentola?"

 A volte mia madre non è in grado di ragionare. Certo che l'avevi spento il fuoco.

 Spero che non ci sia nulla di compromettente in questa mia lettera. Desidero davvero che tu la riceva. Domani è giorno di visite. Verrà mio padre. Sono molto contento. Nevin mi ha detto che se ti spedissi la lettera il giorno delle visite, forse potrebbe arrivarmi una tua risposta alla prossima.

 Due lunghe settimane. Un'eternità. È comunque infinito il tempo tra due visite. Ma Nevin dice che dovrei essere contento se ricevessi una risposta alla fine di questo periodo.

 La prossima volta potrei essere felice per due motivi. Primo, per l'arrivo di mio padre; secondo, per la tua lettera. Scrivimi, mi raccomando.

 

 

 

14 luglio

 Oggi era il giorno delle visite. Ma gli uccelli non mi hanno portato niente. Né mio padre né la tua lettera. Non eri tu a dirmi che bisognava rivelare agli uccelli ciò che desideravamo tanto e loro, andando al mercato, forse me l'avrebbero preso?

 È da giorni che lo ripeto. Ho parlato con tutti gli uccelli nel cortile perché mi portassero notizie di mio padre e di te. Ho anche urlato da dietro le sbarre. Oggi altre persone hanno ricevuto delle lettere. Nonostante non l'avessero chiesto agli uccelli. Forse loro non mi hanno sentito. Saranno mica offesi con me? Ti ricordi, una volta avevo tirato un sassolino a uno di loro. Tu mi avevi detto che si sarebbero offesi. Secondo te, ora ce l'hanno con me? Eppure non gliene ho più tirati!

 Mio padre non è venuto, e mia madre se l'è presa molto. In passato non mancava mai alle visite. Invece adesso qualche volta non si presenta. Magari fosse venuto oggi! Anche mia madre l'ha atteso molto. Stanotte piange, sicuro. Lo fa di nascosto. Dopo che tutte si sono addormentate. Io fingo di dormire. Ma mi si bagnano i capelli: è mia madre che sta piangendo. Non dico una parola. Se intuisse che lo so, forse il suo dispiacere aumenterebbe.

 Le lettere sono state distribuite dopo le visite. A Gülsüm, la nostra mamma, ne sono arrivate tre insieme. Sono anche venuti i suoi nipotini. Stasera farà il tè a tutte quante. Ha supplicato molto la guardia di lasciarle prendere in braccio i nipotini. Ma non è servito a nulla. Ormai chiudono a chiave la finestra che c'è tra noi e i visitatori. Possiamo vederli solo da dietro la rete metallica. È vietato abbracciarsi.

 Molto tempo fa, quando ero ancora così piccolo da poter passare da quella finestra, mia madre una volta mi aveva dato in braccio a mio padre. Allora non la chiudevano a chiave. E mio padre, ottenuto il permesso, mi aveva portato fuori. All'angolo della strada avevamo comprato una ciambella al sesamo. Io non avevo più voluto staccarmi da lui. Così mia madre non mi ha più permesso di andare in braccio a mio padre.

 Ecco, anche Gülsüm ha voluto prendersi i nipotini da quella finestra. Ma ormai è vietato. Inci, se uscissimo fuori, secondo te sarebbe vietato rientrare? I nipotini di Gülsüm hanno pianto per venire qui. Fosse per me, non piangerei. Qui dentro non c'è nemmeno un venditore di ciambelle.

 Anche Nevin aspettava una lettera. Come me. Non è arrivata neppure a lei. Nevin è preoccupata per il suo fidanzato. Le ho chiesto perché non le facesse visita. Mi ha detto che non può. Anche lui è in gabbia, come noi.

 "Ma gli uccelli possono portarmi le sue notizie", ha aggiunto.

 Le ho chiesto il motivo per cui il suo fidanzato era in gabbia. Perché ama il suo popolo, mi ha risposto.

 "E tu perché ti trovi qui?" le ho chiesto.

 Anche lei è qui perché ama il suo popolo. Io, quando sarò grande, non amerò affatto il mio popolo. Coloro che amano il proprio popolo finiscono sempre in gabbia.

 Quando ha visto che non era arrivata nessuna lettera dal suo fidanzato, Nevin si è angosciata molto. Si è messa in un angolo del cortile e si è accesa una sigaretta. Le sono andato vicino. Le ho chiesto: "Perché oggi gli uccelli a noi non hanno portato nessuna lettera?"

 Mi ha sgridato: "Vattene, non dire sciocchezze!"

 In quel momento ho visto venire di corsa Capo Mestolo.

 "Volevo vendicarmi, ma ormai te la posso dare", ha detto a Nevin, e le ha allungato una lettera.

 Se Zeynep sapesse che l'ho chiamata di nuovo "Capo Mestolo" si arrabbierebbe. Ma farebbe solo finta. In fondo è lei che distribuisce i pasti. Quando Zeynep prende in mano il mestolo e comincia a gridare: "Ecco che è arrivato il rancio!" mi metto a chiamarla: "Capo Mestolo! Capo Mestolo!" Zeynep è uno spasso. Mentre distribuisce i pasti, scherza sempre. Scrive anche le lettere per coloro che non sono in grado. Tutte le vogliono bene.

 Ha giocato un brutto tiro pure a Nevin. Lei aveva fatto arrabbiare Zeynep dicendole che non avrebbe ricevuto nessuna lettera, invece lei sì. Così Zeynep ha nascosto la sua. Quando Nevin l'ha vista, subito l'angoscia è svanita. L'ha letta, poi si è rivolta a me: "Dai, vieni, chiediamo un po' agli uccelli cos'hanno portato dal mercato", ha detto.

 Mi ha preso per mano. Ma io non volevo più parlare con gli uccelli.

 Gülsüm, la nostra mamma, chiama tutte le donne della cella per il tè. Meglio andare. Forse, insieme al tè, mi danno pure i biscotti. Anche a Hacer piacciono molto. Ma non osa chiederli. Invece io, quando li voglio, me li danno. E io ne regalo uno a Hacer.

 Una volta - io avevo chiesto dei biscotti - Nevin mi ha detto: "Non va bene, non si può star sempre lì a chiedere".

 Allora, guardando Hacer, ho risposto: "È lei che li vuole".

 Anche lei mi ha detto lo stesso: "Non va bene, non si può star sempre lì a chiedere continuamente".

 Mi sono davvero arrabbiato. Forse non le do più niente. Ma dicono che non abbia nessuno che le mandi dei soldi. Mangia solo il suo rancio. Non riesce a comprarsi nulla. Forse le do metà del mio biscotto. Se mi costruisce un'altalena...

 

 

 

21 luglio

 Perché non mi scrivi, Inci? Se tu ci scrivessi molte lettere, mi hanno detto che ti porterebbero di nuovo da noi. Se ti mancano così tanto, vai pure da loro, ti direbbero. Me l'ha rivelato Nuran. Ma tu non vuoi venire da noi, vero? Magari pensi che ti porterebbero qui anche se ci scrivessi poche lettere. Tu comunque metti giù due righe: se volessero portarti qui, semmai dici loro che non hai scritto molto, ma poco poco.

 Ho detto a Nuran che insieme avremmo potuto scriverti una lettera. Aveva da fare. Allora ti scrivo qualche riga insieme a Nevin. Ma lei deve mandare una lettera anche al suo fidanzato. Perciò la nostra sarà breve.

 Nuran si è sdraiata sul letto a osservare il soffitto.

 "Non mi avevi detto che avevi da fare?" le ho domandato.

 Lei si è arrabbiata.

 "Sto pensando: anche questo è un lavoro", ha risposto.

 Pensare è un lavoro serio. Anzi, Nuran l'hanno messa qui proprio perché pensa. Così ha detto.

 "Posso sdraiarmi qui accanto e pensare insieme a te?" le ho chiesto.

 Lei ha sorriso. Mi ha risposto che da grande, se avessi pensato molto, avrebbero messo dentro anche me. È vero questo, Inci?

 

 

 

28 luglio

 Non ricordo più quanto tempo è passato da quando te ne sei andata via. Nella tua cartolina dicevi che ci avresti scritto appena uscita da qui, ma noi l'abbiamo ricevuta solo adesso. Dici: "Vi scrivo subito per condividere con voi il cielo senza confini e il sole senza l'ombra del filo spinato".

 Hanno sottolineato questa frase con la penna rossa. Hanno anche messo un punto interrogativo accanto alle parole "sole" e "condividere". I signori baffuti dell'amministrazione non avranno forse capito queste parole? Le ho capite pure io. Il signore dalle molte chiavi ha aggiunto: "Dite a questa vostra amica di non usare mai più parole dannose".

 Cercavo di capire cosa poteva esserci di dannoso in una lettera. Ora sono proprio confuso. Tu dicevi sempre: "Condividere è la cosa più bella".

 Tu ti arrabbiavi con me quando non condividevo il biscotto con Hacer. Se condividere è dannoso, non condivido più niente con nessuno. Inci, perché il sole è dannoso? Se stessimo tanto sotto il sole ci ammaleremmo, probabilmente per questo. Ma il nostro cortile prende pochissimo sole. Con così poco sole non ci si ammala!

 La tua cartolina ha davvero rallegrato tutti.

 "Una ragazza fedele: non ha dimenticato le sue compagne di destino", ha detto Gülsüm, la nostra mamma.

 Inci, cosa significa "fedele"? È una cosa bella o brutta? Gülsüm dice di trovarsi qui perché è stata fedele. Ha nascosto un suo vicino e per questo l'hanno punita. Se essere fedele è una cosa bella, perché l'hanno punita? E poi non ho neanche capito cosa fosse il destino. L'ho chiesto a Gülsüm.

 "È stato il destino a chiuderci qui dentro", ha risposto.

 Destino è il nome del signore dalle molte chiavi? Quando l'ho chiesto mi hanno riso in faccia. Va be', lo domando a Nevin. Oppure a Sevim. Questa lettera la sto scrivendo con il suo aiuto. Nevin dice che le lettere scritte da lei rimangono impigliate alle porte di ferro. Provo a scriverne una con Sevim. Forse le sue non rimangono impigliate alle porte di ferro, e ti raggiungono.

 Sevim ha detto: "La mia mano porta fortuna: scrivo io".

 Le ragazze hanno riso molto. Sevim è finita qui per una sua poesia. Lei legge molto bene le poesie.

 "Ma sei venuta qui perché non l'hai scritta bene?" le ho chiesto.

 "No", mi ha risposto. "Per averla scritta bene".

 Se ha scritto bene la sua poesia, allora perché è venuta qui, Inci?

 Alla fine della tua cartolina chiedi di me e domandi: "Mi hai dimenticata?"

 Io non ti ho dimenticata. Ti ho scritto molte lettere. Ma non ti arrivano. Probabilmente non attraversano le porte di ferro. Se non ricevi nemmeno questa, fammelo sapere, d'accordo?

 

 

 

15 agosto

 Cara, preziosissima Inci,

 prima di iniziare non la mia lettera ma le mie prime righe, ti porgo necessariamente il mio saluto, come vuole Dio, e con nostalgia ti bacio entrambe le mani. Come stai? Prego Dio perché tu stia bene. Se vuoi sapere del tuo fratellino, grazie al cielo io sto bene. Adesso l'unica nostra speranza è l'amnistia: l'aspettiamo. Arriverà il giorno in cui usciremo anche noi, come te, da qui? Abbiamo sete di libertà come piante del deserto. Mentre termino non la mia lettera ma le mie righe, con nostalgia ti bacio entrambe le mani.

 Filo spinato intorno alle carceri

 polsi legati e incatenati

 intorno a me solo gente che soffre di nostalgia

 vieni presto, papà, vieni presto a farmi visita

 il mio povero cuore non ha più la forza di sopportare

 Ecco in due parole il mio dispiacere

 grido ma nessuno mi sente

 potessi vedere il tuo bel viso prima di morire

 vieni presto, papà, vieni presto a farmi visita

 il mio povero cuore non ha più la forza di sopportare.

 Cara Inci, che sei più preziosa dei fiori di primavera, non dimenticare:

 caldarroste

 veloci risposte...

 Il tuo fratellino

 Baris

 

 

 

1 settembre

 Cara Inci,

 alla fine hai ricevuto una delle mie lettere. Sono davvero contento. Quella lettera l'aveva scritta Hacer per me. "Io ti detto e tu scrivi", questo l'accordo. Quando ho cominciato a dettare, lei si è lamentata dicendo che non andava bene. Poi ha scritto come le pareva e me l'ha letta. Io non ci ho capito niente, ma Hacer ha insistito per mandartela.

 Tu pensa! Hai ricevuto proprio quella di cui non ho capito niente. Ho compreso solo la parola: "caldarroste". Ma non le ho mai mangiate. Tu forse sì?

 Da quello che ho capito, le lettere non ti arrivano. Oggi ti avrei scritto di nuovo, con l'aiuto di Hacer, ma lei è andata in tribunale. Non è ancora stata condannata. Sai che suo padre voleva sposarla con un tizio che lei non amava e allora lei è fuggita di casa. Ecco, per questo oggi è andata in tribunale. Ho sentito dire che Hacer è ormai considerata una donnaccia. No, lei non è cattiva! Quando è di buonumore mi costruisce l'altalena. Inoltre ti ha scritto una lettera per me. Inci, cosa vuol dire "donnaccia"?

 Questa parola l'ho sentita mentre le donne parlavano tra loro. Anche mio padre non viene più per colpa di una donnaccia. Quando mi hanno visto arrivare hanno taciuto, ma io l'ho sentita lo stesso. Mia madre dice che non ama più mio padre.

 "Che vada all'inferno chi non mi ama", ha detto alle altre donne.

 Ma stanotte ha pianto di nuovo. Io facevo finta di nulla, però lei era un fiume di lacrime. Allora le ho chiesto: "Mamma, piangi perché papà è andato all'inferno?"

 Mi ha sgridato: "Tu non metterci il becco, sei ancora un fringuello!"

 Quando lascio la mia roba in giro, lei si arrabbia.

 "Sei diventato grande, eppure raccolgo ancora io le tue cose!" mi urla.

 Quando le faccio una domanda, lei mi tratta male. Inci, come può esistere un fringuello così grosso?

 Mi dispiace molto che mia madre non ami più mio padre. Se non lo ama, allora perché piange? Alle donne dice: "Che vada all'inferno", però l'ho sentita parlare con le ragazze, le tue amiche. Si lamentava: "Mi sento bruciare dentro".

 Mia madre ha le mani legate. Altrimenti saprebbe cosa fare a quella donna. Quando Sevim l'ha sentita parlare in quel modo, ha replicato: "Forse non è una donnaccia come pensi tu".

 Poi ha letto una poesia su coloro che rimangono a lungo in prigione. A un certo punto dice così: "E poi la persona che ami, smette di amarti. Non dire che è una piccola faccenda: dentro l'uomo che sta in carcere, pare rompersi un ramo verde".

 Sevim sostiene che questo può capitare, a coloro che stanno a lungo in prigione. Dopo un po' qualcuno, lì fuori, fa dimenticare le persone amate che vivono in carcere. Mi dimenticherai anche tu, Inci?

 L'altro giorno Hacer mi ha offerto una sigaretta.

 Mi ha detto: "Tu sei un maschio, e i veri maschi fumano".

 Subito ho tossito. Non era per niente di mio gusto. Poi però mi sono abituato. Alle donne ha fatto piacere vedermi fumare. Sono venute a guardarmi. Ma poi mi ha visto Nevin, e mi ha sgridato: "Butta via subito quella sigaretta!"

 Me l'ha presa e l'ha gettata lontano. Io ho iniziato a piangere.

 "Il fumo fa male: non voglio più vederti con una sigaretta in mano," ha detto.

 Ma pure lei fuma! Quando ho replicato: "Anche tu lo fai", mi ha rimproverato: "I tuoi polmoni sono ancora troppo piccoli". Eppure Nevin fuma così tanto!

 "I tuoi polmoni mica sono più grandi di te", le ho detto.

 Non mi ha risposto.

 A volte mi dicono: "Sei piccolo", a volte: "Sei grande". Qualche altra volta: "Sei diventato uomo", e poi mi sgridano dicendomi che ho i polmoni ancora troppo piccoli. Inci, secondo te io sono grande o piccolo?

 Vediamo se riceverai questa lettera: l'ho scritta insieme a Filiz. Tu non la conosci. È arrivata da poco nella vostra cella. L'hanno portata qui perché leggeva libri. Ma non era bello leggere? Se uscissi fuori e leggessi libri, mi porterebbero di nuovo qua? Allora io non leggo. Tu leggi ancora? A volte sento molto la tua mancanza. E spero che tu legga e ritorni qui. Ma allora dispiacerebbe a tua madre. Se vuoi, continua pure a non leggere. Magari vengo io da te.

 A presto

 

 

 

15 settembre

 Si vede che non hai ricevuto la lettera che ho scritto insieme a Filiz. Altrimenti mi avresti già risposto. L'altro giorno le ragazze hanno ricevuto la tua cartolina. Sono state davvero contente.

 Ci siamo riuniti per il tè nella vostra cella. Insieme abbiamo letto la tua cartolina. Le ragazze fanno sempre allo stesso modo. Come quando c'eri tu. Mentre bevono il tè, leggono le lettere e le poesie. Mi piace molto andare nella vostra stanza all'ora del tè. Quello che fa mia madre non è così buono. In più certe volte lo beviamo solo noi due. Non è divertente come da voi.

 Ieri mia madre ha invitato zia Seher e sua nuora, arrivate qui da poco, a prendere il tè. Zia Seher ha litigato con i suoi vicini di casa. Hanno portato qui anche suo marito, i due figli, la nuora Ayse... tutti quanti. La vicina ha insultato zia Seher. Nel momento in cui lo faceva, è inciampata in una pietra. È caduta sul pentolone dove bolliva il bucato, in giardino. Il pentolone si è rovesciato. La signora Fatma si è bruciata dappertutto. Poi è scoppiata una lite. Così almeno racconta zia Seher. I suoi vicini l'hanno denunciata. Hanno detto: "È stata lei a rovesciare l'acqua addosso alla signora Fatma". Secondo zia Seher, questa è una calunnia.

 Poi ho accompagnato Ayse nella vostra cella. Ha pianto. Ha detto alle ragazze che è stata davvero zia Seher a rovesciare l'acqua addosso alla vicina. Anche quella di Ayse è una calunnia, Inci? Ma cosa vuol dire "calunnia"?

 Questa parola viene ripetuta spesso. Anche Ayten e Melahat sono qui a causa di una calunnia. È stato il marito a denunciare Ayten, perché lei voleva sposarsi con un altro uomo. Invece Melahat è stata denunciata dalla padrona per cui lavorava. Per averle rubato una collana. Nella cella al piano superiore parlano spesso di calunnie. Ma in quella al piano inferiore dicono diversamente. Il marito di Ayten la picchiava di continuo.

 "Non posso più sopportarlo. Mi separerò da lui. Mi hanno sposata contro la mia volontà. Perché adesso non dovrei diventare la moglie di uno che amo? Io non posso essere felice?" diceva a Zeynep.

 Una volta ho sentito Melahat confessare a Nevin che davvero aveva preso quella collana. La calunnia cresce solo nella cella dove sta mia madre, Inci? Quando glielo chiedo, mi rispondono che sono ancora piccolo e non posso capire.

 L'altra notte il mio letto si è bagnato di nuovo. La mamma si è arrabbiata.

 Mi ha sgridato: "Ormai sei grande: non ti vergogni di farti ancora la pipì addosso?"

 Ma non sono stato io! Sai che ho un paio di mutandine con Topolino... Ecco, è stato lui a fare la pipì. È una calunnia bella e buona quella di mia madre. Non sei d'accordo, Inci?

 

 

 

1 ottobre

 Questa mattina ci siamo alzati come sempre per l'appello. Sono molto curioso di sapere perché ci contano ogni mattina e ogni sera. L'ho chiesto a Zeynep. È per impedirci di scappare. Com'è possibile? Il nostro cortile è circondato da muri alti. E sopra c'è il filo spinato. Inoltre, agli angoli ci sono le guardie. Dicono che se qualcuno tentasse di fuggire, gli sparerebbero. Lo stesso, ogni mattina e ogni sera ci portano in cortile e fanno l'appello. Me, certamente non mi contano. Io esco in braccio o a Nevin o a Filiz. Qualche volta, se trovo le pantofole, esco pure per conto mio. Invece un tempo uscivo in braccio a te. Inci, tu adesso prendi in braccio altri bambini? Potresti anche non farlo. Forse si fanno ancora la pipì addosso. Ti sporcherebbero il vestito.

 Questa mattina sono uscito in braccio a Filiz. Finito l'appello, ci hanno detto che non potevamo tornare dentro. Dovevano fare una perquisizione.

 "Cosa cercano?" ho chiesto a Filiz.

 "Guarderanno se abbiamo qualcosa di pericoloso", mi ha risposto.

 Morivo dal sonno. Faceva pure freddo. Volevo tornare nel mio letto e dormire ancora un po'. Ma è vietato entrare nelle celle durante la perquisizione. Filiz mi ha messo sulle spalle il suo maglione. Questa volta avevo anche freddo ai piedi. Li hanno avvolti con la sciarpa di zia Seher. Mi sono addormentato in braccio a Filiz. Poi un urlo terribile mi ha svegliato. Ho iniziato a piangere di paura. Filiz mi ha fatto subito smettere. Era il signore dai capelli bianchi che gridava. Aveva un libro in mano e lo agitava. Urlava a squarciagola: "Di chi è questo libro?"

 Zeynep ha fatto un passo avanti. Ha potuto solo dire: "È mio..."

 Il signore, senza aspettare che Zeynep finisse la frase, ha inveito: "Tu per caso ci stai prendendo in giro?"

 Zeynep ha cercato di dire qualcosa, ma lui non glielo ha permesso.

 "Torna subito al tuo posto, con te faremo i conti dopo", ha detto, e l'ha fatta indietreggiare.

 Poi ha chiesto un paio di forbici. È arrivata di corsa la signora con le chiavi. Era quasi servile con lui.

 "Nelle celle non ci possono essere oggetti taglienti, ma se me lo ordina vado a prendere l'ascia che usiamo per spaccare la legna", ha detto.

 A quel punto il signore dai capelli bianchi si è infuriato ancora di più.

 "L'ascia non è forse più pericolosa delle forbici? Ma che razza di ragionamento è questo! D'ora in poi è vietato tenere asce nelle celle. Inoltre, com'è possibile spezzettare la carta con un'ascia?" ha urlato.

 Il signore dai capelli bianchi, non trovando un paio di forbici, ha chiamato i tre giovani che erano venuti con lui.

 "Strappatelo subito, fatelo a pezzi", ha detto.

 Ma i tre giovani, quando hanno iniziato a tirarlo, non sono riusciti a strapparlo. Ognuno lo tirava verso di sé e il libro finiva prima in mano a uno, poi in mano all'altro. Allora il signore si è arrabbiato.

 "Datemelo", ha detto, e l'ha preso.

 Ha cercato di dividerlo in tre parti perché ognuno dei giovani ne strappasse un pezzo. Ma il libro era rilegato. Aveva una copertina spessa e il dorso era cucito con un filo. Visto che non riusciva a strapparlo, il signore si è infuriato ancor di più.

 In quel momento Zeynep ha alzato la mano. Ha detto che voleva dare una spiegazione. Il signore, sentendo la sua voce, ha alzato la testa e ha visto tutti noi che la seguivamo; ha urlato: "Girati!"

 Tutte le donne si sono voltate per vedere cosa c'era sul muro. Poi ognuna ha cominciato a dire la sua. C'era una gran confusione: "Non c'è niente qui dietro!"

 "Se serve qualche cosa, andiamo a prenderla dentro!"

 "Siamo stanche: possiamo sederci?"

 "Ho dimenticato nella cella il mio braccialetto d'oro, ricordo della buon'anima di mio marito; ti prego in ginocchio: posso andare a prenderlo, affinché non si perda?"

 La voce di Zeynep si è confusa in questo fracasso.

 I discorsi sarebbero proseguiti, ma a un certo punto il signore ha di nuovo ruggito: "Zitte, vi ho detto di voltarvi!"

 È ricominciata la confusione, e allora il signore ha ordinato alla guardia di farle girare verso il muro. E lui, una per una, così ha fatto. Quelle della cella di mia madre si sono voltate tutte quante. La guardia ha voluto far girare pure le ragazze della tua cella, ma loro non hanno obbedito. Anche sorella Selma non si è voltata.

 Il signore ha posato il libro per terra. Ha messo un piede sulla copertina. Poi l'ha tirato con tutta la sua forza verso di sé. Quando il libro si è staccato dalla copertina, lui è caduto supino. E noi non siamo riusciti a trattenerci e abbiamo iniziato a ridere a crepapelle. Dovevi vedere, Inci, come si è infuriato il signore!

 I giovani sono corsi subito a tirarlo su, ma il signore si è arrabbiato anche con loro.

 "Andate al vostro posto!" ha urlato.

 Allora si sono messi in una fila ordinata. Il signore dai capelli bianchi si è ripreso e si è alzato da terra. Ha strappato il libro in tre parti. Ne ha dato un brandello a ciascuno dei giovani.

 "Strappatelo!" ha detto.

 Ha dato ordini anche alla signora guardia. Le donne hanno girato di nuovo la faccia verso il cortile. Tutti insieme abbiamo cominciato a osservare i giovani che strappavano il libro. Il signore non ha partecipato all'impresa. Lui guardava attentamente.

 Ogni tanto si staccava un pezzo un po' più grande e lui lo indicava dicendo: "Dividilo ancora!"

 Allora il giovane che l'aveva strappato s'inchinava a raccoglierlo da terra e lo divideva in brandelli ancora più piccoli.

 Poi il lavoro è terminato. Dopo le pagine, pure la copertina del libro è stata strappata. In realtà, essendo spessa, ha creato qualche difficoltà. Ma alla fine il libro è diventato un mucchietto ai piedi del signore.

 A quel punto ha chiesto una busta grande. Non sono riusciti a trovarla nelle celle. Bisognava mandare qualcuno al palazzo dell'amministrazione. Ha dato il compito a uno dei giovani. La signora con le chiavi ha aperto il portone esterno che separa il cortile dall'amministrazione. Il giovane è andato di corsa. Poco dopo è tornato con una grande busta gialla in mano.

 Il signore dai capelli bianchi l'ha controllata attentamente per vedere se aveva qualche buco, qualche strappo. Poi ha dato l'ordine di mettere dentro i frammenti dei fogli. Uno dei giovani l'ha aperta. L'altro l'ha riempita. Finito il lavoro, l'hanno consegnata con profondo rispetto al signore.

 Questi ha dato un'occhiata a terra per vedere se fosse rimasto qualche brandello di carta. Poi ha osservato la chiusura della busta. Si è bagnato leggermente il dito con la saliva e l'ha passato sull'adesivo del lembo. Poi si è guardato il dito. Sembrava insoddisfatto del risultato.

 "Non c'è della colla qui?" ha gridato.

 Hacer, dal suo posto, ha replicato ad alta voce: "Se vuole abbiamo del dentifricio".

 Il signore si è arrabbiato: "Chi è quest'arrogante? Io vi ho chiesto per caso del dentifricio? Ho detto colla, colla!"

 Ma Hacer aveva ragione. Ha cercato di spiegarsi, in tono quasi lacrimevole: "Noi al posto della colla usiamo il dentifricio. Sa, noi togliamo i francobolli delle lettere che ci arrivano con la candeggina, e così la colla si perde. Allora li appiccichiamo col dentifricio alle lettere che scriviamo noi".

 Zia Seher ha dato una gomitata a Hacer: "Sta' zitta! Imbecille! Adesso ci vieteranno pure di spedire le nostre lettere!"

 Lei aspetta ogni giorno qualche riga dal marito e dai figli. Se l'è presa molto perché suo figlio ha scritto prima ad Ayse anziché a lei. Zia Seher è arrabbiata con tutti. Hacer ha subito taciuto. Se no, probabilmente, il signore si sarebbe infuriato.

 Non trovando colla nelle celle, ha mandato uno dei giovani al palazzo dell'amministrazione. La signora con le chiavi ha aperto di nuovo il portone. E il giovane se n'è andato di corsa. Dopo un po' è tornato con una bottiglietta di colla in mano. La voleva passare al signore, ma lui gli ha ordinato di aprirla.

 Il signore dai capelli bianchi ha messo con cura la colla sul lembo della busta. Poi l'ha chiusa di nuovo, con la stessa cura, e l'ha tenuta in mano per un po' perché si asciugasse. In quel momento ha visto in un angolo un pezzo di corda avanzato da quella che usiamo per stendere i panni. Ha detto a uno dei giovani di andare a prenderlo. Il giovane gliel'ha portato. Lui, con quel pezzo di corda, ha legato ben bene la busta incollata. Poi se l'è girata e rigirata in mano. Era probabilmente soddisfatto del risultato, così ha deciso di passarla a qualcuno.

 L'ha allungata a uno dei giovani, uno alto: "Portala nella caldaia e gettala nella parte più rovente della brace!" ha detto.

 La signora con le chiavi ha tossicchiato.

 "La bruciamo qui, nella stufa", ha mormorato.

 Il signore ci ha pensato un attimo.

 "Allora gettala nella stufa!" ha ordinato.

 Il giovane si è diretto verso la nostra cella per buttare la busta nella stufa. Il signore gli ha tagliato improvvisamente la strada. Ha detto che... Ha detto che... Ma se io te lo dico, tu ti arrabbi di nuovo con me.

 Mi sgriderai dicendomi: "Io ti avevo avvertito di non dire parolacce!"

 Il signore ha detto quella cosa per cui tu ti arrabbieresti. E poi ha aggiunto: "Ti ho per caso detto di gettarla nella stufa di quella cella? Non si sa mai: non ci si può fidare di queste qua. È possibile che lo tirino fuori e lo leggano di nuovo".

 La signora guardia ha detto: "Le stufe non si accendono fino a dicembre. Adesso è accesa solo quella dell'amministrazione".

 Il signore ha replicato: "Allora gettala nella stufa dell'amministrazione".

 La signora guardia ne ha aperto il portone. Ci è andato il giovane alto. Quando è sparito, il signore dai capelli bianchi ha chiamato un altro giovane. Questo aveva i capelli biondi. Il signore ha detto al giovane dai capelli biondi: "Vai a vedere se getta la busta nella stufa".

 La signora guardia ha aperto di nuovo il portone. Il giovane dai capelli biondi è uscito. Allora il signore dai capelli bianchi ha chiamato l'altro giovane ancora, uno grasso. Gli ha detto: "Vai a vedere se controlla quello che deve gettare la busta nella stufa".

 Tu mi dicevi di chiedere tutto quello di cui sono curioso. Quando mi sono venute in mente le tue parole, ho voluto scendere dalle braccia di Filiz. Appena mi ha messo giù, sono andato di corsa vicino al signore dai capelli bianchi e gli ho chiesto:

 "Signore, perché ha così tanta paura di quella busta?"

 Il viso del signore dai capelli bianchi è divenuto color cenere, come i suoi capelli.

 Ha cominciato a urlare a squarciagola: "Di chi è questo bastardo?"

 Non capivo perché il signore fosse così infuriato. Per un attimo ho pensato che scherzasse. Avevo tolto le mani di tasca. Non avevo la gomma in bocca. Non avevo neanche detto parolacce. Avevo chiesto soltanto per curiosità. Visto che non avevo fatto niente di male, ho detto di nuovo: "Signore, le ho solo domandato come mai teme i pezzi di quel libro nella busta".

 Il signore ha cominciato a saltellare. Il viso, che prima era diventato pallido, adesso era rosso infuocato.

 "Di chi è questo bastardo? Forza, si faccia subito avanti la madre!"

 L'ho guardata. Tremava come una foglia. Allora ho capito che il signore dai capelli bianchi non scherzava per nulla. Mia madre ha fatto un passo avanti, faticosamente. Con voce sommessa ha potuto solo dire: "È mio".

 Il signore dai capelli bianchi ha sbraitato: "Chi è che gli mette in testa questi pensieri assurdi?"

 Mia madre ha balbettato: "Non io, lo giuro".

 Il signore non si è affatto calmato: "Non me ne importa niente. Se questo bastardo apre di nuovo bocca, tu te ne vai in un'altra prigione. E lui finisce in riformatorio, hai capito?"

 Mia madre sembrava già un po' rasserenata.

 "D'accordo", ha risposto, con un filo di voce.

 In quel momento è tornato il giovane grasso; ha detto: "È stato controllato se veniva controllato colui che doveva gettare la busta nella stufa".

 Ed è tornato al suo posto.

 Poi è arrivato il giovane biondo; ha detto: "È stato controllato se la busta veniva gettata nella stufa".

 Ed è tornato al suo posto.

 Per ultimo è arrivato il giovane alto; ha detto: "La busta è stata gettata nella stufa".

 Ed è tornato al suo posto.

 Dopo che i tre furono tornati ai loro posti, il signore ha preso a osservarci: "Ho capito che qui nessuna ha voglia di ravvedersi. Per questa volta mi limito a proibirvi l'ora d'aria per due giorni. La prossima vi trasferisco tutte quante nei posti più lontani e orrendi. Allora capirete cosa vuol dire vivere. E comprenderete anche il valore di questo luogo. Perciò pensateci bene. E mettete la testa a posto!"

 Mentre urlava queste parole, ha battuto i piedi per terra. Si è voltato indietro. È uscito di fretta dal portone che conduce all'amministrazione. Anche i giovani hanno battuto forte i piedi per terra, si sono girati e sono usciti di fretta dallo stesso portone.

 Quando se ne sono andati, io sono corso da mia madre.

 "Mamma, cosa vuol dire bastardo?"

 "Adesso te le do di santa ragione. Vediamo se avrai il coraggio di fare altre domande!"

 La mamma si è tolta una pantofola. Ha cominciato a rincorrermi.

 Mi sono rifugiato da Nevin.

 La mamma l'ha sgridata: "Lascialo, che gli rompo le ossa. Lascialo! Siete voi che lo viziate. Gli mettete in testa di chiedere tutto quello che gli pare..."

 Ho scritto questa lettera con Sevim, che è venuta nella nostra cella. La mamma non mi lascia più andare in quella al piano di sotto.

 

 

 

3 ottobre

 Sono due giorni che mi annoio. Non potevamo uscire in cortile perché la porta era chiusa a chiave. Come se non bastasse, mia madre non mi ha permesso di andare nella vostra stanza.

 "Se continui così somiglierai a loro! Finirai qua dentro!" ha gridato.

 "Tu non somigli a loro: e allora perché ti trovi qua?" le ho risposto.

 "Ma guarda questo, continua a fare domande. Che chiedi ancora? Vuoi che te le suoni?" ha detto, e ha cercato di prendermi.

 Mia madre si è calmata un po' quando, dopo due giorni, hanno aperto la porta del cortile. Tutte le donne, in questi due giorni, erano molto nervose. Hanno litigato tra loro. Si è ammucchiata un sacco di roba da lavare. Con il bucato bagnato, la cella si è riempita di vapore. La maggior parte di noi ha avuto il raffreddore. La stufa non è accesa. Tossiamo in continuazione.

 Il giorno in cui hanno aperto la porta del cortile, mia madre è uscita a stendere. Nevin le si è avvicinata. Si sono parlate. Mia madre ha riso. Si sono abbracciate e baciate. Poi Nevin ha chiamato me.

 "Ci sei mancato, Baris. Non sei più venuto a trovarci".

 Proprio nel momento in cui stavo per dire che era colpa di mia madre, sai lei come se n'è uscita?

 "Dai, Baris. Guarda che ti aspettano; perché non ci vai?"

 Io voglio molto bene alla mamma. Però qualche volta non è facile capirla. L'ho detto a Nevin. E lei mi ha risposto: "La tua mamma sta molto male: devi essere comprensivo con lei".

 Ma Inci, tocca sempre ai bambini essere comprensivi con le mamme?

 Non le ho detto niente perché temevo che cambiasse idea e non mi lasciasse andare. Sono corso subito nella vostra stanza. Lì è pulitissimo. Che bello! Per terra ci sono i kilim, e sui letti a castello ci sono le coperte. La cosa che mi piace di più è giocare con i cuscini. Ti ricordi, con te facevo la lotta! La cella dove stiamo noi non somiglia per niente alla vostra. Da noi ognuno rimane sul proprio letto e mangia per conto suo. Invece da voi le ragazze preparano la tavola in mezzo alla stanza e mangiano insieme.

 Ho chiesto a Zeynep: "Perché voi mangiate tutte quante alla stessa tavola?"

 "Noi amiamo condividere quello che abbiamo con le altre persone", mi ha risposto.

 Proprio come mi dicevi tu. Inci, secondo te è brutto condividere? Sevim dice che voi vi trovate qui perché amate condividere. E a chiudervi qui sono coloro che non amano condividere. Il signore dalle molte chiavi si era arrabbiato per la parola "condividere" che avevi scritto nella tua lettera. È stato lui a chiudervi qua dentro?

 

 

 

7 ottobre

 Ricordi quello che ti ho scritto la settimana scorsa? Ti avevo raccontato del signore dai capelli bianchi che aveva strappato un libro...

 Oggi nella nostra cella è arrivato un signore con gli occhiali. Era già venuto quando tu eri ancora qui, per fare l'elenco delle donne che non sanno leggere né scrivere. È l'insegnante del carcere. S'interessa anche della biblioteca.

 "Cosa ne avete fatto del libro della biblioteca?" ha chiesto a Zeynep.

 Le ragazze gli hanno risposto che il libro è stato fatto a pezzi e mandato a bruciare dentro una busta.

 Il signore con gli occhiali non ci ha creduto.

 "Ma come? Quello è un libro della biblioteca. Come può esistere un libro vietato nella biblioteca del carcere!" ha detto incredulo.

 Le ragazze hanno alzato le braccia, disperate. Il peggio è accaduto a Zeynep. L'hanno chiamata dall'amministrazione perché aveva perso il libro del carcere. L'hanno pure punita. Per due settimane non ha potuto ricevere visite. Pensa che era venuta sua madre. Da molto lontano. La donna ha versato un fiume di lacrime nella sala delle visite.

 Ha supplicato: "Sarà mica successo qualcosa a mia figlia? Per favore, fatemi vedere la mia piccola, anche da lontano".

 Non gliel'hanno permesso.

 Inci, io non ci ho capito niente. L'ho chiesto a Nevin e a Filiz, ma non me l'hanno saputo spiegare. Anche da Nuran e Sevim non ho ricevuto risposta. Non parliamo poi di Zeynep: appena le accenni di quel libro, subito si arrabbia. Tu hai per caso capito perché l'hanno punita?

 Non è stata Zeynep a prendere il libro! Lei voleva solo spiegare al signore dai capelli bianchi che quel libro arrivava dalla biblioteca; ma lui non le ha permesso di parlare. Secondo te, non doveva essere il signore dai capelli bianchi a subire la punizione, per aver strappato il libro della biblioteca?

 Il signore con gli occhiali ci aveva parlato così. Aveva detto: "Chi danneggia i libri della biblioteca verrà punito".

 Secondo te hanno punito anche il signore dai capelli bianchi?

 Adesso vado a lavarmi i denti. Mi hanno detto che, se non li lavo, diventano come quelli di sorella Selma. È stata lei a dirmelo.

 "Tu te li lavi: e allora come mai ce li hai tutti neri?" le ho chiesto.

 Perché fuma.

 "E allora perché fumi?" le ho domandato, ma non mi ha risposto.

 "È arrivata l'ora di dormire", così mi ha zittito.

 Quando sorella Selma si arrabbia, le si forma una ruga tra le sopracciglia. Mi ha detto: "Se continui con queste domande, quella ruga diventa più profonda".

 A volte anche le ragazze non rispondono ai miei dubbi.

 "Tu sei ancora piccolo, non puoi capire", mi dicono.

 Allora io a chi posso fare le mie domande, Inci?

 Tu sai perché il signore dai capelli bianchi ha tanta paura di quella busta? L'ho chiesto alle ragazze: si sono guardate. Mi hanno detto che potrò capirlo solo quando sarò grande. Io quando crescerò, Inci?

 Ecco Selma: grida di nuovo. È meglio che vada a lavarmi i denti. Così non la faccio arrabbiare di più. La ruga sulla fronte poi diventa più profonda.

 

 

 

10 ottobre

 Sorella Selma mi sta facendo una maglia ai ferri. Sopra ci sono degli uccelli. Sembrano veri. Ne farà una anche per il piccolo Ibo. Ma prima la fa a me.

 Le ho chiesto se potevo starle vicino mentre ricamava un uccello. Mi ha detto di sì, però dovevo stare zitto. Le viene il mal di testa quando faccio troppe domande. Io le ho detto che le avrei fatto solo una domanda e, se mi avesse risposto, non ne avrei fatte altre; lei ha accettato. Io allora le ho chiesto perché quel libro era stato strappato e bruciato. Lei era curiosa di sapere come mai mi interessasse così tanto.

 "Lo racconterò a Inci", le ho detto.

 Allora ha riso:

 "Un giorno le scriviamo insieme".

 "Le mie lettere non le arrivano, però io voglio scriverle lo stesso".

 "Io ero impiegata statale. So cosa scrivere perché una lettera non s'impigli alle porte di ferro. Aspetta e vedrai", mi ha detto sorridendo.

 Sorella Selma, quando non lavora ai ferri, legge libri che fanno ridere. Qualche volta li legge anche alle ragazze. Allora ridono tutte insieme. Ma io non capisco perché.

 Le ragazze ridono anche quando sorella Selma racconta ciò che le è avvenuto. Ha denunciato un suo capo che aveva commesso un'ingiustizia, ma hanno portato qui lei, non lui. Mentre lo racconta, ride. E poi dice: "Rido per non piangere".

 Quando sorella Selma ride, la ruga sulla fronte sparisce. Inoltre diventa molto bella. Ho scritto questa lettera insieme a Sevim. Forse, la prossima volta, la scrivo insieme a Selma. Lei dice: "Possiamo superare le porte di ferro e raggiungere Inci solo ridendo".

 Il riso è una chiave, Inci?

 

 

 

15 ottobre

 Cara e preziosa Inci,

 siccome il mio compito più sacro è rispettare le persone grandi e amare i più piccoli, per non mancare di rispetto scrivo questa lettera con l'aiuto di una persona grande e degna.

 Il fatto che tu abbia scontato la tua pena e sia uscita è la maggiore consolazione per noi che siamo rimasti qui. Noi, che cerchiamo di migliorarci mentre aspettiamo che il nostro Stato ci salvi da questo posto.

 Le persone più grandi di noi ci aiutano a distinguere ciò che è utile da ciò che potrebbe essere dannoso. L'altro giorno è stato distrutto davanti ai nostri occhi un libro per noi sciagurato, Lotta anticomunista.

 A dire il vero, mi hanno rivelato che la parola "anticomunista" vuol dire "contro il comunismo". Ma alla fine anche quella è una forma di comunismo... I nostri superiori hanno già detto diverse volte che ogni tipo di comunismo è rovinoso... Per questo il fatto che il libro fosse strappato e mandato a bruciare è stata una lezione salutare per me.

 Inoltre è curioso che un libro intitolato Lotta anticomunista fosse arrivato fino alla biblioteca del carcere: questo ci dimostra che le ideologie nefaste possono infiltrarsi dovunque, anche se hanno radici esterne.

 È una saggia decisione eliminare un libro rovinoso per noi, prima che lo leggiamo. Se fossimo noi a stabilire che cosa ci è utile e che cosa potrebbe esserci dannoso, che bisogno ci sarebbe dei superiori?

 Anch'io, quando sarò grande, distruggerò i libri pericolosi. Il fatto che i tedeschi, uno dei popoli più civili al mondo, nel 1933 e nel 1938 abbiano bruciato mucchi e mucchi di libri nelle piazze, dimostra quanto sia importante farlo per raggiungere il livello di civiltà contemporanea.

 Come è giusto che i tedeschi, dopo i libri, abbiano bruciato pure gli uomini dannosi! E io voglio crescere il più presto possibile proprio per bruciare i libri e gli uomini nefasti, che i miei superiori mi indicheranno.

 Nel frattempo, cerco di non mancare loro di rispetto. E sperando che anche tu ti comporti allo stesso modo con i tuoi superiori e non faccia niente che causi il tuo ritorno qui, con altrettanto rispetto ti bacio le mani.

 I miei ossequi

 Baris

 

 

 

1 novembre

 Sono contento che tu abbia ricevuto la lettera che ho scritto con Selma, quella che iniziava con "Cara e preziosa..." Strano: è passato così poco tempo...

 Mi dici che hai riso molto. Non sono riuscito a capire perché. C'era qualcosa di ridicolo in quella lettera? Inoltre tu per me non sei "cara e preziosa". Tu sei Inci. Io ignoro la maggior parte di quei vocaboli. Non avevo capito niente di quella lettera. Ma mi era sembrata tutt'altro che ridicola.

 Pare che, fra le tante lettere che ti ho mandato, tu abbia ricevuto solo quelle scritte da Hacer e Selma. Forse ad attraversare le porte di ferro sono soltanto le lettere che io non capisco...

 

 

 

3 novembre

 Ecco, è di nuovo sera. A me le sere non piacciono. Al tramonto fanno l'appello. Poi ci fanno entrare. E chiudono la porta a chiave. Sulla porta di ferro che dà sul cortile c'è una piccolissima buca delle lettere. Per ultimi rimaniamo io e Safinaz, davanti a quella buca. Guardiamo per un po' il cortile vuoto. Le guardie salgono le scale e chiudono anche il portone che dal cortile va all'amministrazione. Si portano via la sera, insieme alle loro chiavi. Pure le stelle...

 Safinaz dice che ha più nostalgia di vedere le stelle che i suoi figli. Tu adesso riesci a vedere le stelle sopra la tua testa, Inci?

 Safinaz dice che per molto tempo non potrà vedere le stelle sopra la testa. Qualche volta posiamo l'occhio sulla buca e cerchiamo di guardare il cielo della sera. Ogni tanto riusciamo a vedere una stella. Ma è davvero piccolo il cielo della sera. Noi abbiamo il cielo del giorno. Il tuo cielo diventa sera Inci?

 Safinaz dice che quando riuscirà a rivedere il cielo della sera, avrà i figli già grandi. Forse allora i suoi figli avranno i loro. Potrà uscire da qui solo quando avrà l'età di Gülsüm. Qualche sera, quando è molto triste, canta. La sua voce diventa bella quando canta.

 Come mai Safinaz potrà vedere il cielo della sera solo quando avrà l'età di Gülsüm? Gliel'ho chiesto. Lei mi ha risposto: "Per colpa dell'amore".

 L'amore è una cosa brutta, Inci?

 Stasera non avevo nessuna voglia di entrare. Il tempo era davvero bello. Cantavano gli uccelli, al tramonto. Ti ricordi le foglie in cima a quel platano che si vede da un angolo del cortile... Il sole batteva proprio lì. E pure sulle ali degli uccelli. Dicono che il tramonto è bellissimo: è vero? Io non l'ho mai visto. Neanche il sorgere del sole.

 Nevin dice che gli uccelli colgono per noi le ultime luci del sole, di modo che noi vediamo il tramonto sulle loro ali. Per questo amo molto gli uccelli. E anche gli aerei. Qualche volta pure gli aerei acchiappano il sole per noi.

 Stasera il sole tramontava di nuovo sulle ali degli uccelli.

 "Guardiamoli ancora", ho detto.

 "No", ha detto la signora con le chiavi.

 Anche Zeynep le ha chiesto di chiudere la porta un po' più tardi del solito. Non poteva ritardare di più, la sera. Tu puoi ritardare, Inci?

 

 

 

15 novembre

 Oggi tutte quante hanno raccolto la loro roba. Ci siamo divertiti così tanto! Peccato che non ci fossi anche tu. Ieri il signore della televisione ha detto che ci sarà l'amnistia. È stata zia Sultan a portarci la notizia. Ogni sera va a sentire il telegiornale per sapere se ci sarà l'amnistia. Ieri sera, nella sala della TV c'era solo lei, della cella del piano superiore. Invece le ragazze erano tutte presenti. Ogni sera, le trovi sempre lì.

 Zia Sultan è arrivata di corsa, prima che il telegiornale finisse.

 "Buone notizie: c'è l'amnistia!" ha gridato mentre correva.

 D'improvviso c'è stata una gran confusione.

 Hacer ha preso il bidone dell'acqua. L'ha capovolto e ha cominciato a tamburellarci sopra. Proprio come quando ci era arrivata la notizia della nascita del nipotino di Gülsüm. Ti ricordi che aveva preparato l'helva quando aveva saputo della nascita del nipotino maschio? L'ha preparato di nuovo, il dolce, ma ne ha fatto ancora di più. Gülfidan e Nergis hanno ballato insieme. Mia madre si è travestita da danzatrice del ventre e ha fatto ridere tutte quante.

 Anche le ragazze della tua cella sono venute.

 Gülsüm ha detto loro: "Speriamo che un giorno ci sia anche per voi un'amnistia, non siate così tristi e addolorate".

 Allora Zeynep ha sorriso: "Se ci fosse anche solo per voi, noi saremmo contente lo stesso. Ma dopo tutta questa gioia arriverà la delusione. In TV non hanno detto: 'Ci sarà l'amnistia', hanno detto: 'ci stiamo pensando'. Fino ad oggi l'hanno ripetuto così tante volte! Come facciamo a prendere sul serio ciò che hanno detto oggi, visto che fino ad ora non si è realizzato niente!"

 A questo punto zia Sultan si è arrabbiata: "L'ho sentito con le mie orecchie. Non sto mica dicendo bugie! Dite così perché per voi non ci sarà nessuna amnistia".

 Ci è mancato poco che la discussione si accendesse. Quando Hacer ha cominciato a tamburellare sul bidone dell'acqua, tutte quante si sono distratte.

 Zia Sultan mi ha chiamato vicino e mi ha chiesto: "Dimmi, secondo te ci sarà l'amnistia?"

 Safinaz lo dice sempre: se ci sarà l'amnistia, lei ce la farà a uscire da qui prima di arrivare all'età di Gülsüm. Anche noi potremo uscire, se ci sarà l'amnistia. Per questo motivo la desidero tanto. Allora le ho risposto: "Ci sarà".

 "Oh! Ti mangerei quella lingua!" ha detto, e mi ha dato una caramella.

 È da stamattina che le donne della nostra cella raccolgono la loro roba. Hanno piegato pure i materassi.

 "Dove andiamo?" ho chiesto.

 Andiamo tutti a casa. Così mi hanno detto. Mia madre non sta più nella pelle. Si è messa gli orecchini che le aveva mandato mio padre. Magari un giorno ci fosse l'amnistia! Nessuna mi sgrida.

 

 

 

16 novembre

 Oggi tutte le donne hanno messo a posto la loro roba. L'amnistia non c'è stata. Il signore della televisione ha forse detto una bugia? Secondo zia, le persone grandi non dicono bugie. Inoltre non fanno andare in televisione le persone che mentono.

 A queste parole Filiz ha riso: "Quante volte abbiamo visto in TV persone che mentono..."

 Quando dicevo le bugie, tu ti arrabbiavi molto con me, Inci. Anche Zeynep si arrabbia molto. Le ho chiesto: "Secondo te, farebbero andare in televisione un uomo che dice bugie?"

 Mi ha risposto di sì.

 "Quando io dico le bugie tu ti arrabbi con me, però con lui... non ti arrabbi con lui?"

 "Noi siamo qui perché ci arrabbiamo per quelle bugie", ha detto.

 E tu, Inci, anche tu eri qui perché ti arrabbiavi per quelle bugie?

 Zia Sultan mi ha chiamato pure oggi, e mi ha chiesto se ci sarà l'amnistia. Le ho risposto: "Non ci sarà".

 Si è arrabbiata con me e mi ha mandato via. Mi ha anche detto delle parolacce. Gliele ho dette pure io. Mi ha sentito Zeynep e mi ha di nuovo punito. Oggi non posso andare nella vostra cella.

 Ma ho visto zia Sultan che è andata in quella delle ragazze. Voleva far scrivere un'istanza a Zeynep. Perché lei non ha punito zia Sultan? Mi sono arrabbiato con Zeynep: volevo dire delle parolacce anche a lei, ma poi non l'ho fatto perché se no non mi prende più nella loro stanza.

 Oggi mi annoio molto. Volevo sfogliare i libri illustrati che ci sono nella vostra stanza, ma non me lo permettono. È tutta colpa di zia Sultan. Se lei non mi avesse detto quelle parolacce, anch'io non gliele avrei dette.

 Quando ho rivelato che non ci sarebbe stata nessuna amnistia, zia Sultan ha preso in braccio il piccolo Ibo. Gli ha chiesto se ci sarebbe stata l'amnistia. Ma il piccolo Ibo non può mica parlare! Se alza il piede destro ci sarà, se alza il sinistro non ci sarà, ha detto. Poi, rivolgendosi a lui, ha continuato: "Vediamo un po': se alza il piede destro, l'amnistia ci sarà".

 Gli ha fatto il solletico al piede destro. E Ibo l'ha dondolato.

 "Ecco, ci sarà l'amnistia! Crepi chi è invidioso! Ci sarà l'amnistia!"

 Zia Sultan ha cominciato a schioccare le dita e a ballare. Ma nessuna l'ha seguita. Oggi nessuna è di buonumore. Sono tutte quante a letto. Mia madre si è tolta gli orecchini. Ha un gran mal di testa. Si è fasciata il capo con una sciarpa.

 Ho visto dalla vostra porta socchiusa che Zeynep leggeva e le altre ascoltavano. Nevin e Filiz lavoravano ai ferri. Nuran e Sevim facevano gomitoli di lana. Selma puliva i fagioli secchi arrivati dallo spaccio. Una volta lavati, vuole farne un'insalata per le ragazze.

 Non mi hanno fatto entrare. Sono in punizione. Mi sono arrabbiato.

 "Spero che vi puniscano perché leggete, così imparate! Spero che puniscano anche Zeynep. Se vengono a sapere che è arrabbiata per le bugie dette in TV, vede cosa le succede!"

 Mi annoio molto, Inci. Magari Zeynep facesse pace con me!

 

 

 

20 novembre

 Sai cos'è successo oggi? È arrivato il nuovo direttore. Ha radunato tutti quanti in cortile.

 "Chi è la vostra capogruppo?" ha chiesto.

 Si è fatta avanti Zeynep; ha risposto: "Sono io".

 Il direttore l'ha esaminata attentamente: "Qual è la tua colpa?"

 "Pensiero".

 Cosa vuol dire "colpa di pensiero", Inci? Arrabbiarsi per le bugie dette alla televisione è una colpa di pensiero?

 Il direttore ha guardato male Zeynep.

 "Hai perso il libro della biblioteca, tu!" ha gridato.

 Zeynep ha cercato di spiegare che non era stata lei a perderlo, ma il direttore non l'ha ascoltata. Pochi giorni fa nella cella è arrivata una donna grassa di nome Sümbül. Si trucca molto. Si vanta dicendo: "Il direttore è un mio amico".

 "D'ora in poi la vostra capogruppo sarà la signora Sümbül", ha detto il direttore.

 Zeynep ha obiettato: "Sono state le persone della cella a scegliermi. E io smetterò di fare la capogruppo soltanto se saranno loro a non volermi più!"

 Nevin l'ha sostenuta: "Noi, come cella, siamo contente della nostra capogruppo".

 Il direttore non le ha dato retta. Allora si è fatta avanti Filiz: "Noi non riconosciamo nessun'altra capogruppo".

 Il direttore si è arrabbiato molto.

 "D'ora in poi la vostra capogruppo sarà la signora Sümbül: avete capito o no?"

 Le ragazze della cella del piano inferiore hanno guardato le donne della nostra. Una parte di loro ha taciuto, mentre l'altra ha detto: "Sì, abbiamo capito, signor direttore".

 Zia Sultan ha fatto per baciargli la mano.

 "Che Dio vi benedica, signor direttore".

 Quando lui è andato via, Gülsüm è venuta nella cella delle ragazze. C'ero anch'io. Ha detto a Zeynep: "Figliola, noi siamo contente di te. Ma cosa possiamo fare, non si può contestare il direttore. Ci trasferirebbero da qualche altra parte. Ci rovineremmo, noi e i nostri bambini".

 Zeynep le ha accarezzato la spalla e ha replicato: "Non dico affatto che è colpa tua, cara madre, ma tutte le ingiustizie che ci hanno colpito nascono proprio da questo. Se non ci uniamo, ne subiremo ancora tante".

 

 

 

21 novembre

 Oggi non c'era nessun gusto a prendere il tè da voi. Non hanno letto né poesie né lettere. Hanno parlato solo della signora Sümbül.

 Zeynep è triste.

 "A parole mi vogliono bene. Ma nessuna mi ha difeso", dice, e si affligge.

 Nuran si lamenta di continuo: "Qualsiasi cosa tu faccia, non puoi conquistarle: forse è meglio ritirarsi nel proprio angolino e fregarsene di tutto".

 "Non penserai più?"

 Se non mi fossi fatto sentire, non si sarebbero accorte di me. Vedendomi lì, hanno voluto portarmi via, perché dovevano affrontare discorsi non adatti a me. Però poi mi hanno permesso di restare quando sorella Selma ha detto: "Se è curioso, lasciate che ci ascolti".

 Sevim ha insistito: "Picchiamo la signora Sümbül".

 Filiz ha replicato: "Scegliamo di nuovo Zeynep come nostra capogruppo. Non riconosciamo la signora Sümbül".

 Ma Nevin ha obiettato: "Essere acida non serve a niente!"

 Nevin chiama Filiz "aceto acido".

 Sevim ha cominciato a prendere in giro Nevin: "Tu rimarrai sempre uva".

 "Meglio che essere uva aspra che vuole diventare aceto!"

 Dopo queste parole Sevim ha messo il broncio.

 Io non avevo mai visto la vostra tavola da tè così triste. Mi sono annoiato. Meno male che in quel momento Selma ha letto un brano di un romanzo divertente. Raccontava di un paesino lontano. Gli abitanti dicevano sì a ogni ordine del re. Succedevano loro cose strane. Proprio come da noi, hanno detto le ragazze, e hanno riso tutte insieme. Io non ci ho capito niente, ma ho riso perché ridevano loro.

 

 

 

25 novembre

 Ormai la nostra capogruppo è la signora Sümbül. Una volta facevo arrabbiare Zeynep chiamandola "Capo Mestolo". Adesso è la signora Sümbül a mettersi davanti al pentolone con il suo mestolo. Il primo giorno ho voluto far arrabbiare anche lei, per scherzo. Ma appena l'ho chiamata "Capo Mestolo", me l'ha tirato in testa.

 "Io non sono il tuo divertimento", ha detto, fra molte parolacce.

 Dire "Capo Mestolo" è peggio delle parolacce, Inci?

 Quando la signora Sümbül distribuisce il cibo, non fa mai come faceva Zeynep. Zeynep metteva in fila tutti quanti e cercava di far bastare la pietanza. La signora Sümbül invece la dà solo a coloro che arrivano prima. I piatti di quelli che arrivano dopo rimangono vuoti. A mia madre mette poco cibo, nonostante sia tra le prime ad arrivare. Il primo giorno, quando le ha chiesto un mestolo in più per me, ha urlato:

 "Mandalo via il tuo bastardo: ogni giorno ci fa venire il mal di testa!"

 Come il signore dai capelli bianchi, anche lei mi ha chiamato "bastardo". Inci, cosa vuol dire bastardo?

 

 

 

15 dicembre

 Da quando la signora Sümbül è diventata la nostra capogruppo, noi non abbiamo pace. La mattina presto ci sveglia tutti urlando. E la sera grida a squarciagola per mandarci a letto. Ma urla così tanto che chi sta già dormendo si sveglia.

 Una volta io mi sono svegliato e mi sono messo a piangere.

 Mia madre le ha detto: "Zitta!"

 Quando è arrivato il direttore, lei si è lamentata di mia madre. E anche di me.

 Il direttore ha detto che non era consigliabile tenere lì un bambino già grande come me, e ha sgridato mia madre.

 L'ha rimproverata dicendo: "Dovete obbedire alla vostra capogruppo!"

 Mia madre piange molto perché ha paura che mi mandino via. Io voglio andare via da qui. Ma non voglio lasciare mia madre. Non amo per niente la signora Sümbül. Anche il direttore non lo amo per niente.

 

 

 

20 dicembre

 Ieri mattina la signora Sümbül ci ha svegliati di nuovo tutti urlando. In più batteva sulle ante degli armadi. La mamma del piccolo Ibo si è arrabbiata molto. Ibo era malato e sua mamma con fatica l'aveva fatto addormentare. Quando Ibo per il rumore si è svegliato, si è messo a piangere, così sua mamma ha sgridato la signora Sümbül.

 Gülfidan e Nergis hanno preso le sue parti. Loro sono compaesane della mamma di Ibo. È nato un battibecco. Quando il litigio si è fatto pesante, mia madre è corsa dalle ragazze, per avvertirle. Del resto mia madre era già molto arrabbiata con la signora Sümbül.

 "Muovetevi, saliamo su a picchiarla", ha detto alle ragazze.

 Sevim è stata quella che si è rallegrata di più davanti a questa proposta. L'ha subito seguita. E quando Nevin si è opposta, in preda all'ira le ha risposto: "Se l'avessimo già picchiata, adesso se ne starebbe zitta".

 Anche Filiz era d'accordo. Zeynep e Nevin hanno detto che prima bisognava rifletterci su. Nuran era a letto. Aveva mal di testa.

 Siamo andati nella nostra cella. Mia madre, Filiz, Gülfidan e Nergis sono saltate addosso alla signora Sümbül. Nevin ha cercato di fermarle, ma non le hanno dato retta. La maggior parte delle donne si è limitata a urlare, ciascuna dal suo letto. Una parte ha fatto finta di dormire tirandosi la trapunta sopra la testa. Solo zia Sultan si è schierata dalla parte della signora Sümbül.

 Perché zia Sultan le vuole bene, Inci? Sta sempre lì a lavare la biancheria della signora Sümbül, e poi si lamenta perché, a furia di farlo, ha le mani rovinate. Ha preso lo stesso le sue parti.

 C'è stato un gran fracasso. A sentirlo, sono arrivate le guardie. La signora Sümbül ha indicato loro, una a una, tutte quelle che le erano saltate addosso. Mia madre, Filiz, Gülfidan e Nergis. Tra tutte, quella che più voleva picchiare la signora Sümbül era Sevim, ma poi non si è fatta vedere.

 Hanno portato mia madre e Filiz in amministrazione. Cosa avranno fatto a mia madre, Inci? Io piango molto, ma lei non torna.

 

 

 

21 dicembre

 Mia madre ieri notte non è venuta. Io ho dormito con Nevin. Lei mi ha dato dei biscotti. Però non sono riuscito a mangiarli. Ho sognato tutta la notte mia madre.

 L'hanno riportata dopo l'appello del mattino. Aveva dei lividi sulle braccia. Le faceva male dappertutto. Dopo di lei hanno riportato anche Filiz. La manderanno in un altro carcere. Mi è dispiaciuto molto. Durante gli appelli mi prendeva sempre in braccio. È dispiaciuto molto anche a Filiz. Sua madre è anziana. Il carcere dove la trasferiranno è lontano.

 "Mia madre non può venire lì", dice.

 Filiz è offesa con mia madre. Mia madre, all'amministrazione, ha detto che era stata Filiz a obbligare le ragazze a picchiare la signora Sümbül. Ma io avevo sentito. Non è andata in questo modo. Era mia madre a volerla picchiare per prima. Perché mia madre ha detto così, Inci? Se non l'avesse fatto, l'avrebbero mandata in un carcere lontano?

 Meno male che non ci hanno mandato mia madre. In quel carcere lontano non prendono i bambini. Io sarei stato messo in un istituto. Sarebbe stato bello se non avessero mandato lì neanche Filiz. Magari se non avessero picchiato la signora Sümbül... A lei non è successo niente. Adesso sono ancora più arrabbiato con lei.

 Ho detto a Nevin: "Sarebbe stato bello se non avessero picchiato la signora Sümbül. Alla fine lei rimane, invece Filiz va via".

 "Ma tu all'inizio non volevi che la picchiassero?"

 "Certo che lo volevo".

 Quando Nevin ha detto che pure lei lo voleva fortemente mi sono stupito, perché lei in realtà si era opposta.

 La signora Sümbül adesso è diventata ancora più prepotente. Nevin si era opposta perché sapeva che sarebbe diventata ancora più prepotente?

 Sai cosa mi ha stupito di più? È venuto il direttore e ci ha messo paura:

 "Non dovete opporvi alla vostra capogruppo, se no finite nelle carceri più lontane!"

 Gülfidan e Nergis hanno annuito: "Ha ragione, signor direttore".

 E sai cosa ha detto la mamma di Ibo?

 "Nessun'altra persona ci può sgridare, oltre alla nostra capogruppo".

 Invece era stata proprio lei ad arrabbiarsi per prima con la signora Sümbül.

 Ti ricordi che facevamo un gioco in cui dicevamo il contrario di tutto?

 Secondo te, Inci, stanno facendo quel gioco col signor direttore, Inci?

 

 

 

2 gennaio

 A Capodanno ci siamo divertiti molto. Decisamente più dell'anno scorso. Forse tu, fuori, non ti sei divertita quanto noi. Le ragazze hanno fatto la torta per tutta la cella.

 Schiacciano ben bene dei biscotti al cioccolato e li mescolano col latte. Poi spalmano questa crema fra dei biscotti semplici. È come una vera torta. Così dicono. Io non ho mai mangiato una vera torta. Ma questa mi piace molto.

 Ci hanno messo tanti biscotti perché tutti ne ricevessero una bella fetta. Un'intera scatola di cartone. Le ragazze avevano le mani stanche a furia di schiacciarli. Zeynep ha chiamato le donne della nostra cella per farsi aiutare, ma non è andata nessuna di loro. Gülsüm aveva male alla schiena. Era a letto. Hacer si stava mettendo lo smalto alle unghie. Mia madre stava facendo scrivere una lettera a Selma. Zia Sultan, come sempre, stava lavando la biancheria della signora Sümbül. Gülfidan stava leggendo i fondi del caffè ad Ayten. Zia Seher e Ayse stavano facendo gomitoli di lana. Melahat stava rileggendo un fotoromanzo su un giornale. Così, ecco... tutte avevano da fare.

 Poi Zeynep ha scherzato: "Chi non aiuta a schiacciare i biscotti non avrà la torta".

 Gülsüm dal suo letto ha replicato: "Figliola, se non la fai mangiare a nessuna, sono sicura che non te ne passerà dalla gola neanche un boccone".

 Zeynep ha risposto: "Allora io li schiaccio per sfogare la mia rabbia contro quelli che non ci danno le nostre lettere..."

 "C'è qualcuna qui che vuole sfogare la sua rabbia?" ha chiesto Nevin.

 Allora tutto è diventato così divertente... Zia Sultan ha smesso di lavare ed è venuta di corsa: voleva schiacciare la testa di quelli che non facevano l'amnistia... Anche mia madre ha smesso di far scrivere la lettera. Sai, mio padre non viene a trovarci per colpa di una donna, ecco... invece dei biscotti, ha schiacciato la testa di quella donna. Pure Gülsüm si è alzata dal letto. Mentre schiacciava i biscotti, ha maledetto il muhtar del suo quartiere che l'aveva denunciata.

 Intorno alla bacinella di plastica dei biscotti non c'era più posto, così Hacer è rimasta fuori. Quando lo smalto si è asciugato, non c'erano più biscotti da schiacciare. Ha supplicato Zeynep di aprirne un altro pacchetto.

 "Io, a quello che mi ha messo in questa situazione..." ha iniziato a dire Hacer.

 Se ti raccontassi il resto, ti arrabbieresti di nuovo con me. Ha detto delle parolacce. Ha schiacciato tutto il pacchetto. Abbiamo fatto una torta così grande che non siamo riusciti a finirla. Magari ci fosse stata anche Filiz con noi... Ma l'hanno portata via il giorno di Capodanno. Ho pianto mentre se ne andava via. Pure lei ha pianto. Non ha salutato mia madre. Filiz avrà mangiato la torta lì dov'è andata, Inci?

 

 

 

7 gennaio

 Abbiamo ricevuto la cartolina che ci hai mandato per Capodanno. L'hai indirizzata a Gülsüm perché è la persona più anziana della cella. Le ha fatto molto piacere. Hai scritto che ti manco. "Come sta Baris?" chiedi. Questo significa che non ricevi le mie lettere.

 È arrivata una nuova ragazza alla cella del piano superiore. È ancora più giovane di Hacer. Inoltre non si trucca come lei. Si chiama Meryem. L'avevano data a un uomo anziano solo perché era ricco. Ma l'uomo aveva una moglie. E quella donna li ha denunciati. Per questo Meryem è venuta qui. Appena arrivata, mia madre l'ha picchiata.

 "Come hai fatto ad andare con un uomo che aveva già una moglie?" diceva.

 Adesso le ragazze non parlano con mia madre. E lei non mi lascia andare nella cella al piano inferiore. Ma io ci vado di nascosto. Le ragazze dicono che Meryem è andata con quell'uomo contro la sua volontà.

 "Quando divento grande, anche me mi possono dare a una che non voglio?" ho chiesto a mia madre.

 Lei ha riso: "Tu diventerai un leone. Voglio vedere chi ti potrà dare a una che non vuoi. Ti prenderò non una, ma due ragazze".

 L'ho detto a Zeynep. Ma se prendo due mogli, la seconda la portano qua, come Meryem. Così mi ha detto. Mia madre picchierebbe anche lei?

 Meryem non ha una madre. Questo è dispiaciuto molto a Gülsüm.

 "Anch'io sono cresciuta senza mamma. So bene cosa vuol dire non averla", dice.

 Meryem non ha un letto. Dorme insieme a Gülsüm. L'altra notte, mentre Gülsüm mi raccontava una favola, mi sono addormentato. Mi sono svegliato che avevo i capelli bagnati. Prima ho pensato che fosse mia madre a piangere, come sempre. Ma poi ho visto che era Meryem.

 Meryem doveva diventare l'addetta alle pulizie, invece lo è ancora la signora Zahide. Ti ricordi come l'aiutavamo? Io tenevo la paletta e tu con la scopa ci mettevi dentro la polvere.

 Grazie a questo lavoro raccolgono dei soldi da dare a lei. Nella vostra cella le ragazze continuano a fare le pulizie insieme. Ogni giorno tocca a una di loro. L'addetta pulisce soltanto la cella dove stiamo io e mia madre, ma le ragazze l'aiutano molto ugualmente. Voi condividete non solo la tavola, ma pure i lavori. Così dice Sevim. Perché le donne della nostra cella non fanno altrettanto, Inci?

 Quando Zahide andrà via, sarà Meryem a diventare l'addetta alle pulizie. Anche Hacer non riceve soldi da fuori, ma non fa le pulizie lo stesso. Ha paura che si rovini lo smalto alle unghie. Adesso cucina per la signora Sümbül. Poi mangiano insieme. L'altro giorno mi ha dato di nascosto una polpetta. Se la vedesse la signora Sümbül, si arrabbierebbe con lei ma, quando non c'è, Hacer qualche volta mi dà di nascosto da mangiare.

 Quando Meryem diventerà l'addetta alle pulizie, aiuterò anche lei. Faccio bene secondo te, Inci?

 

 

 

20 gennaio

 Le ragazze, oggi, hanno fatto di nuova la torta, per tutti. Anch'io ho schiacciato i biscotti, insieme a loro.

 "Ecco, a te", dicevo mentre li schiacciavo.

 Proprio come fa mia madre. Zeynep mi ha preso in giro.

 "Di' un po', a chi stai schiacciando la testa tu?" ha chiesto.

 "A quello che non dà le mie lettere a Inci".

 A queste parole, ha iniziato a ridere di più.

 Sai cosa mi ha detto? "Schiacciagliela anche per me".

 Gliel'ho schiacciata per tutti e due.

 Sai perché le ragazze hanno fatto la torta oggi? È andata via la signora Sümbül. Ma noi mangiavamo sempre la torta insieme a chi veniva scarcerata. Stavolta l'abbiamo mangiata dopo che la signora Sümbül è andata via. Per esserci liberati di lei. Tutta la cella ha festeggiato la sua scarcerazione. Pure Hacer.

 Solo zia Sultan era dispiaciuta. Ma anche lei ha mangiato la torta. Zeynep ci ha scherzato su: "Se ora venisse la signora Sümbül e ti vedesse mangiare la torta, cosa direbbe?"

 "Ma chi se ne frega: che venga e veda!"

 Sai che proprio in quel momento hanno aperto la porta che dà sull'esterno... Le ragazze hanno iniziato a gridare, per scherzo: "Ahh... c'è stato un errore. La signora Sümbül è tornata!"

 Zia Sultan ha buttato via il piatto della torta. È corsa alla porta per accoglierla. Ma era stata aperta soltanto perché erano arrivati dallo spaccio alcuni pacchetti.

 Quando zia Sultan li ha visti, ha detto: "Volevo solo vedere cos'era arrivato dallo spaccio".

 Però zia Sultan non aveva ordinato niente per sé. Mangiava insieme alla signora Sümbül, perché lavava la sua biancheria. Adesso non ha un soldo. Non può più comprare allo spaccio.

 Ho guardato se il naso di zia Sultan stava crescendo. Non è successo niente. Se Pinocchio avesse fatto come zia Sultan, a lui sarebbe cresciuto, vero?

 

 

 

15 gennaio

 Da quando la signora Sümbül è andata via, non abbiamo più una capogruppo. Per questo si litiga molto quando si distribuiscono le pietanze. Ognuna fa come meglio crede. Chi ci va per prima, raccoglie tutti i pezzi di carne.

 Ieri è stata Zeynep a servire, come una volta. Zia Sultan non è andata a prendere il cibo. Dopo che tutti avevamo finito di mangiare, ha iniziato a urlare a squarciagola: "Ho fame. Vi chiederò conto di questo. Vi denuncerò al direttore!"

 Le ragazze le hanno detto: "Vieni che ti diamo qualcosa da mangiare".

 Ma lei non ha voluto.

 Ha sbraitato dicendo che avevano preso tutti i pezzi di carne che c'erano nella pietanza. Ma non era vero. L'ho visto con i miei occhi. La maggior parte della carne l'avevano data a me, perché a me piace molto. Zeynep ha cercato di spiegarlo a zia Sultan, però lei non l'ha ascoltata.

 Anzi, le è saltata addosso dicendo: "Anche a me piace la carne; anch'io sono una persona".

 Zeynep le ha detto che io devo ancora crescere e devo mangiare molta carne. Allora zia Sultan ha cominciato a insultarla; Zeynep non si è trattenuta e le ha dato uno schiaffo. Questo poi le è dispiaciuto molto. Si è fatta prendere dalla rabbia. Così ha detto.

 Le ragazze hanno parlato a lungo nella vostra stanza. Anch'io volevo andarci, ma non mi hanno accolto.

 Pure zia Seher ha biasimato Zeynep. Non si devono alzare le mani contro una persona più grande di te. Ma si può contro una più piccola? Una volta ho visto zia Seher picchiare Ayse.

 Oggi hanno scarcerato Ayse. Pure suo marito. Zia Seher ha pianto molto mentre sua nuora andava via. Ma non perché si stava separando da lei. Perché Ayse è andata e lei è rimasta.

 Zeynep non è scesa dal letto tutto il giorno. Non ha neanche servito da mangiare. L'ha voluto servire Sevim. Ma lei, per non fare ingiustizie, si è messa a contare i pezzi di carne. Quando le guardie sono venute a ritirare il pentolone vuoto, era ancora lì che contava. Alla fine Hacer e Meryem si sono stancate di fare la coda.

 Se ne sono andate dicendo: "È meglio mangiare un pezzo di pane".

 Quando era la signora Sümbül a servire, metteva più carne nel piatto di zia Sultan. Ma lei ormai è decisamente cresciuta. Inoltre continua a ingrassare. È diventata un pallone. Deve crescere ancora di più, Inci?

 

 

 

2 febbraio

 Sorella Selma è diventata la nostra nuova capogruppo. Adesso è lei a servirci il cibo. La aiutano le ragazze della vostra cella. Servono seguendo un ordine preciso. Non si litiga più.

 Sorella Selma dorme nella nostra cella, ma mangia insieme alle ragazze. Magari mia madre mangiasse insieme a loro!

 "Perché noi non mangiamo con voi?" ho chiesto a Zeynep.

 Tutti quelli che sanno condividere possono mangiare con loro. Mia madre non l'ha ancora imparato. Per questo noi non possiamo mangiare insieme a loro.

 È dispiaciuto pure a Selma il fatto che Zeynep avesse picchiato zia Sultan.

 "Anche se ci arrabbiamo, non dobbiamo farlo vedere", ha detto.

 Ma pure lei, quando si arrabbia, lo mostra a tutti. La ruga che ha tra le sopracciglia diventa subito più profonda.

 Sono state le ragazze a volere Selma come capogruppo. Anche Gülsüm ne era davvero entusiasta. Ne ha parlato con la cella del piano superiore.

 "Nella distribuzione del cibo, le ragazze si comportavano onestamente. Quando raccoglievano soldi per le pulizie, non facevano differenze. Insieme a Selma, che siano loro a condurre loro tutto", ha detto.

 Anche Nevin ha parlato: "Al direttore, quando arriverà, proporremo Selma. Se c'è qualcuna che è contraria, lo dica ora. Discutiamone tra noi. Può il direttore conoscere meglio di noi i nostri problemi? Avete visto cosa ha fatto la signora Sümbül. Noi non vogliamo una seconda signora Sümbül".

 Mentre diceva così, ha guardato in cagnesco zia Sultan.

 Poi è arrivato il direttore.

 Ci siamo raccolti in cortile.

 Il direttore ha iniziato il suo discorso dicendo: "Come capogruppo..."

 In quel momento tutte hanno gridato insieme:

 "Vogliamo la signora Selma, sì, sorella Selma!"

 Zia Sultan era malata; non è uscita in cortile.

 Il direttore ha esitato, poi ha domandato a Selma: "Sei qui per motivi politici?"

 Lei ha fatto un passo avanti. La ruga tra le sopracciglia era ora più profonda.

 "No", ha risposto.

 Selma è diventata la capogruppo perché tutte erano d'accordo.

 Appena il direttore è andato via, zia Sultan è guarita. Aveva fatto un sogno. C'era l'amnistia. Anche per le ragazze.

 "Io e la signora Selma uscivamo da quella porta a braccetto. Speriamo che Dio ci faccia vedere a tutte quante quei giorni", ha detto.

 C'era Nevin a distribuire la pietanza. Ha sorriso: "Non sarà mica finita nel pentolone l'amnistia, zia Sultan..." ha scherzato.

 Può l'amnistia cadere in un pentolone, Inci? Somiglia ai fagioli oppure ai ceci?

 

 

 

20 febbraio

 Ti ricordi Melahat... Sai cos'ha fatto oggi? Si è nascosta nel bagno per spaventare zia Seher. Ma invece in bagno è andata Ayten, anziché Seher. Melahat le ha fatto segno: "Zitta!"

 La lampada del bagno era di nuovo guasta. Nel buio Ayten non ha visto Melahat. Le si scorgeva solo il luccichio dei denti.

 "Aiuto, c'è un fantasma qui in bagno!" ha urlato.

 Siamo corsi tutti lì davanti, però nessuno è entrato dentro, per la paura. Alla fine è arrivata la guardia e ha preso il manganello in mano. Gülsüm le ha detto: "Mi raccomando, fa' attenzione, il manganello non funziona con gli spiriti".

 A queste parole la guardia si è fermata.

 "Ehi, ragazza, chi c'è?... Esci subito fuori!" ha gridato.

 E zia Seher: "Ora basta! Se fosse lo spirito di un uomo..." ha detto, e ha cominciato a pregare.

 Melahat era davvero spaventata e non fiatava. Le era venuto anche da starnutire, ma l'ha trattenuto. Però poi ha improvvisamente ceduto. Per prima è scappata via la guardiana.

 Alla fine Melahat è uscita mortificata dal bagno. Se le ragazze non l'avessero fermata, la guardia l'avrebbe picchiata con il suo manganello.

 Melahat è forse uno spirito? Se non ci fossero state le ragazze, il manganello avrebbe funzionato su di lei?

 

 

 

3 marzo

 Le stufe non si accenderanno più. L'aria è ancora fredda, ma è finito il carbone. Ogni giorno era Zahide ad accendere la stufa del piano superiore. Adesso è contenta di sapere che non deve più farlo. Così avrà un lavoro in meno. Quando portava la legna, io e Nevin la aiutavamo. Ti ricordi, una volta portavo la legna con te e nel petto mi suonava qualcosa - mi ero spaventato. Pensavo fosse il tintinnio delle pentole. Tu avevi riso. Era il mio cuore a suonare. Adesso lo so.

 La settimana scorsa portavo di nuovo la legna con Nevin. Le ho chiesto: "Anche a te batte il cuore?"

 Sì, le batte. A tutti batte. Ma c'è chi ha il cuore limpido e chi invece c'è l'ha cupo. Si capisce da fuori chi ha il cuore limpido e chi invece cupo, Inci? L'ho chiesto a Nevin: "È la cosa più difficile al mondo distinguerli", mi ha detto.

 Ho chiesto a Zahide: "Qual è la cosa più difficile al mondo?"

 Mi ha risposto che è accendere la stufa con la legna bagnata, senza usare carta. Quello che dice Nevin è ancora più difficile che accendere la stufa con la legna bagnata?

 Zahide fra poco andrà via. Ma non è per niente contenta. Suo marito è cattivissimo. Zahide è qui perché ha voluto ucciderlo. Non ama neppure i figli. Lei non ama nessuno. Quando era molto giovane amava un ragazzo, ma l'hanno data in sposa a un altro.

 Lei e quel ragazzo avevano deciso di scappare insieme. Ma quando è tornata a casa per prendersi il fagotto con la sua roba, i fratelli l'hanno presa e l'hanno chiusa a chiave in una stanza. L'hanno riempita di botte. Zahide da allora non ha più amato nessuno.

 "Adesso gli amori sono fatti di nylon. Ai nostri tempi sì che esistevano i veri amori", dice.

 Mia madre ha una camicia di nylon. Il filo dove stendiamo il bucato è di nylon.

 Cara Inci, come può essere fatto di nylon l'amore?

 

 

 

15 marzo

 Ieri sera ci siamo spaventati molto. È scoppiato un incendio in una delle celle dei maschi. Tutte quante si sono agitate per paura che arrivasse anche da noi.

 Dovevi vedere la nostra cella. C'è stato un fracasso incredibile. La maggior parte delle donne piangeva e urlava. Zia Sultan si strappava i capelli dicendo: "Ci arrostiremo come topi; aiutaci, 'amnistia', aiutaci!"

 L'amnistia arriva forse quando i carcerati stanno per arrostire, Inci?

 Meryem era sempre taciturna. Ha iniziato anche lei a strillare, improvvisamente, e si è strappata i vestiti. Sono corse tutte alla porta del cortile. Si sono calpestate a vicenda. Ayten è caduta a terra. L'hanno quasi schiacciata.

 Melahat ha cercato di raccogliere subito la sua roba. Ha perso gli orecchini. Nell'ansia di trovarli, si è fatta cogliere dall'agitazione.

 "Chi mi ha preso gli orecchini deve subito riportarmeli!" ha iniziato a urlare, a squarciagola.

 Li ha trovati Gülsüm. Ce li aveva alle orecchie.

 E mia madre ha fatto arrabbiare Ayten: "Una cella dei maschi sta bruciando: il tuo amore sarà già diventato un kebab!"

 Il marito di Ayten, oltre a lei, ha denunciato anche l'uomo con cui voleva sposarsi. Pure lui è qui, in una cella dei maschi. Quando Ayten ha sentito le parole di mia madre, si è attaccata alle sbarre di ferro e ha iniziato a strillare: "Amore mio Yusuf, amore mio!... Vuoi davvero lasciarmi?"

 Intanto cercava di far sentire la sua voce anche alle guardie fuori: "È successo qualcosa al mio Yusuf?"

 Nevin e Zeynep hanno cercato di calmare le donne, ma nessuna ha dato loro retta. Anch'io, all'inizio, ho avuto paura. Ho cominciato a piangere. Nevin mi ha preso in braccio.

 "Non succede niente, non ti preoccupare".

 Allora ho taciuto.

 Zia Seher ha detto che forse con l'incendio avrebbero aperto le porte e ci avrebbero liberati. A sentire queste parole, Meryem ha iniziato a piangere ancora di più.

 "Io non ho un posto in cui andare: dove sto, per la strada?"

 Un paio di giorni fa è arrivata una tizia che si trucca come la signora Sümbül. È anche grassa come lei. Si chiama Aysel. La signora Aysel ha detto a Meryem: "Ti porto con me".

 Allora Gülsüm si è arrabbiata e si è agitata molto.

 "Mi raccomando, non andare con lei, se vai non hai la mia benedizione".

 In quel caos Gülsüm ha perso la sua borsa. Ha avvertito Nevin e lei ha detto: "Chi ha preso quella borsa vada a buttarla in bagno. Se la cerchiamo e la troviamo, questa persona fa una brutta fine".

 Dopo un po' è andata sorella Selma a guardare in bagno. La borsa era lì. Zia Sultan dice che sotto la scala c'è un santo. La borsa l'ha presa questo santo e poi l'ha lasciata in bagno.

 Una volta questo santo ha preso gli orecchini di mia madre. Ma quella volta li aveva messi nella tasca di zia Sultan. Io non ho mai visto un santo. Tu l'hai mai visto?

 Anche il figlio di zia Seher si trova in una delle celle dei maschi. Ha messo subito una candela nel posto in cui si trova questo santo. Anche zia Sultan ogni volta che va al processo gli accende una candela, chiedendogli di farla uscire da qui. Ma il santo non l'ascolta.

 Lui ha la forza di fare tutto, Inci?

 Poi abbiamo saputo che l'incendio si era spento. Non è successo niente al figlio di zia Seher. In realtà non era un vero incendio. Ha solo preso fuoco un materasso. C'è stato un po' di fumo e basta.

 Zia Seher ha detto: "D'ora in poi, quando vado al processo accenderò una candela al santo. Hai visto come ha esaudito il mio desiderio? Ha protetto mio figlio. Io ho il cuore buono, per questo mi protegge. Mi farà uscire da qui".

 Zia Sultan si è arrabbiata: "Vuoi dirmi che io ho il cuore cattivo?"

 Zia Seher l'ha presa in giro: "Non mi raccontare che era stato il santo a metterti quegli orecchini in tasca. Mentre tutti pensavano a salvarsi, non ti sei vergognata di rubare la borsa di Gülsüm? Lo fai già fuori da qui, almeno non farlo alle tue amiche, con cui condividi lo stesso destino".

 Si sono prese per i capelli. Le ha separate Nevin, non senza difficoltà. Zia Sultan e zia Seher sono andate dalla guardia e si sono lamentate a vicenda. Il secondino ha picchiato tutte e due con il manganello. Nevin ha obiettato, ma lui non l'ha ascoltata.

 Oggi ho molto sonno. Stanotte non abbiamo dormito per niente. Ho scritto questa lettera insieme a Nevin per raccontarti dell'incendio. Come sarebbe bello se il santo ti portasse questa mia lettera, non trovi Inci?

 

 

 

20 marzo

 Ieri è arrivata una nuova signora guardia, ma non è anziana come l'altra guardiana. È molto giovane. Forse più giovane di te, Inci.

 Siccome è appena arrivata, tutte l'hanno invitata a prendere un tè. Anche Gülsüm l'ha invitata. Si è pure inchinata a baciarle la mano.

 Questo è dispiaciuto molto a Nevin. L'ho sentita poi parlare con Gülsüm. Nevin le ha chiesto perché mai le avesse baciato la mano.

 "È una persona 'grande', da rispettare", ha risposto Gülsüm.

 Ma quella guardia è molto più giovane di lei. E anche di te. Perché Gülsüm dice che è grande, Inci?

 

 

 

30 marzo

 Sai cos'è successo oggi? Sono andato all'ospedale insieme a mia madre. Ti ricordi, una volta lei mi aveva dato in braccio a mio padre e lui mi aveva comprato una ciambella al sesamo lungo la strada. Ecco, era da allora che non uscivo.

 Quanto è grande fuori! Anche il cielo è enorme. Sono stati tre giovani a portare mia madre all'ospedale. Avevano tutti il fucile. Se mia madre fosse fuggita, le avrebbero sparato. Ma lei non è scappata.

 Uno dei giovani mi ha portato a passeggio nel giardino dell'ospedale. Vediamo se indovini cosa ho visto! Un aquilone!

 L'avevo visto con te per la prima volta l'anno scorso. Non sapevo che cosa fosse: eri stata tu a dirmi che era un aquilone. Era enorme quello che avevamo visto insieme, ed era nel nostro cielo. Questa volta non era così grande. Ma era azzurro come l'altro. A quel giovane ho detto: "Guarda, è scappato un aquilone!"

 "Fammelo vedere! Da dove sarà fuggito?"

 "Dal nostro cielo. Ma non sparargli!"

 A quel giovane sono venute le lacrime agli occhi quando ho detto così. Mi ha comprato una ciambella al sesamo. Esattamente come mio padre.

 Il giovane non ha sparato all'aquilone. Forse non avrebbe sparato neanche a mia madre. Quell'aquilone come ha fatto a scappare, Inci?

 

 

 

5 aprile

 Ormai anch'io ho un uccello. Un uccello in carne e ossa. È la verità. Se vuoi, chiedilo a Nuran. L'ho trovato insieme a lei. Era caduto nel cortile. È piccolissimo. Quando l'abbiamo trovato, stava tremando. Nuran l'ha preso in mano. Io subito ho avuto paura. Aveva un becco enorme, più grande della sua testa. Pensavo che mi mordesse. Ma è rimasto così com'era.

 La sua mamma aveva fatto un nido in una fessura nel muro del cortile. È caduto da lì. Nuran gli ha accarezzato le piume. Ha detto che non poteva farci niente. Me l'ha posato sul palmo della mano. Nel petto aveva come un tintinnio di pentole. Ho chiesto se per caso l'uccellino aveva portato della legna. Si era spaventato: ecco perché gli batteva il cuore.

 Ti ricordi che passava un gatto zoppo sopra il muro del cortile? Una volta era sceso e io l'avevo accarezzato. Oltre a quel gatto, io non ho mai visto nessun animale da vicino. Sono stato molto felice di trovare questo uccello.

 L'abbiamo portato nella vostra cella. Tutte le ragazze si sono raccolte intorno a noi. Hanno detto che, una volta rimasto solo, sarebbe morto.

 "Lo teniamo noi", si sono offerte.

 Nuran ha risposto: "Quello è l'uccello di Baris".

 Abbiamo trovato una scatolina. Dentro ci abbiamo messo dell'ovatta. Zeynep gli ha aperto il becco e gli ha dato qualcosa da mangiare. Ma lui non è riuscito a deglutire. Ho molta paura che muoia. Mi hanno detto che, se si abitua un po', mangia e non muore. Gli manca molto la sua mamma. Forse gli manca pure il suo papà. Lui vorrebbe venire a trovarlo, Inci?

 

 

 

10 aprile

 Il mio uccellino non è morto. Mangia anche dalla mia mano. A poco a poco si sta riprendendo.

 "Vivrà", ha sentenziato Nuran.

 Voglio che rimanga sempre con me. Però mi hanno detto che quando crescerà un po' vorrà volare.

 "Allora mi lascerà e se ne andrà via?" ho chiesto.

 Quando arriverà il momento di volare, dovrà andare via. Gli uccelli non possono vivere come schiavi. E i bambini, Inci? Loro possono vivere come schiavi?

 Ho chiamato Baris il mio uccello. Baris il Piccolo!

 

 

 

16 aprile

 Ormai Baris il Piccolo mi riconosce. Quando mi vede fa cip cip. Mi chiede la pappa. Forse crede che io sia suo padre.

 Io vado a fargli visita. Lo faccio uscire dal suo nido. Gli compro la ciambella al sesamo. Qui non c'è quella vera, ma io gliela prendo per finta.

 Nuran dice che saremo noi a insegnargli a volare, perché non ha la mamma. Quando imparerà a volare, mi lascerà e se ne andrà via. Posso non insegnargli a volare?

 Gli uccelli vogliono volare e il nocciolo dell'albicocca vuole crescere... Me l'ha detto Gülsüm. A lei mancano molto gli alberi davanti a casa sua. Dentro un pezzo di cotone bagnato avevamo messo dei fagioli secchi. Sono germogliati. Gülsüm li guarda e sospira. Mi racconta sempre dei suoi alberi. Nel giardino ha un enorme albero di albicocche. Fiorisce in questa stagione.

 Le cime dei pioppi che si vedono da un angolo del cortile non fioriscono così. Io non ho mai visto un ramo con i fiori.

 Insieme a Gülsüm ho seminato un nocciolo di albicocca in un recipiente. Ha accumulato in una latta di olio la terra del cortile che scopava. Per anni ha nascosto, nella borsa dove tiene i soldi, un nocciolo delle prime albicocche del suo albero. Abbiamo seminato quello.

 "Quando inizia a crescere?" le ho chiesto.

 "Quando il tuo uccello volerà", mi ha risposto Gülsüm.

 Quando il mio uccello volerà, il nocciolo dell'albicocca avrà il primo germoglio verde. Come i fagioli.

 Ho chiesto a Gülsüm se l'albero sarà suo. Mi ha detto che potrebbe essere mio se lo innaffio e lo curo.

 Ormai non sono più tanto triste per il mio uccello che volerà via. Quando succederà il nocciolo dell'albicocca avrà i suoi primi germogli e io li curerò. Gli darò dell'acqua. Il mio uccello verrà a farmi visita. Se il mio albero cresce, forse si posa su un suo ramo.

 

 

 

22 aprile

 A Baris insegniamo a volare.

 Io salgo sul letto a castello. Quello in alto. Adagio Baris sul palmo della mano. Lo lascio andare lentamente. E Nuran apre le due mani e lo prende. All'inizio cadeva subito. Adesso ha cominciato ad aprire le ali, piano piano. Fra poco sarà in grado di volare.

 La mattina, appena si apre la porta, vado a vedere il nocciolo dell'albicocca. La terra è ancora piatta. Se il mio albero non cresce, a chi darò l'acqua una volta che il mio uccello sarà volato via?

 

 

 

25 aprile

 Baris oggi si è messo a volare qua e là. Ma è successa un'altra cosa ancora più bella. È venuta sua mamma a fargli visita. L'avevamo portato in cortile perché prendesse il sole. In quel momento sopra di noi ha cominciato a volare un uccello grande. Ha continuato a girare proprio sopra il nostro cortile.

 Nuran ha detto che era la mamma di Baris, però non si posava accanto a lui perché era spaventata da noi. Ma poi si è avvicinata, dicendosi probabilmente che succedesse quel che doveva succedere. Eravamo quasi tutti lì: Zeynep, Nevin, Nuran, Sevim, Gülsüm, Safinaz, Melahat, Hacer, la signora Aysel, Selma, zia Sultan, zia Seher, Gülfidan e Nergis, la mamma del piccolo Ibo... Pure lui era lì.

 La mamma di Baris si è posata in mezzo a tutti noi. Ha baciato il piccolo Baris sul becco. Anche Baris l'ha baciata. Si sono abbracciati. E insieme hanno volteggiato. Avevano abbassato le ali verso terra. Mentre volteggiavano, le battevano. Sembravano volare dalla gioia, ma in realtà non volavano affatto.

 Baris era felicissimo. Ha chiesto di suo padre. La mamma gli ha detto che anche lui sarebbe venuto. Adesso aveva da fare, per questo non c' era. Il padre di Baris non si è risposato. La mamma ha preso in braccio Baris. L'ha annusato.

 Allora Gülsüm ha iniziato a piangere. Anche Safinaz. I figli di Safinaz non vengono a farle visita. Perché non vengono, Inci?

 

 

 

27 aprile

 Baris è andato via.

 Il mio uccello non c'è più.

 Ieri era giorno di visite. Durante questi giorni è vietato uscire in cortile. Proprio durante il giorno di visite è arrivato il padre di Baris. Forse ha pensato che a Baris sarebbe dispiaciuto se non fosse venuto a fargli visita. Nuran ha detto: "È arrivata la mamma di Baris".

 Ma io ho visto bene, era suo padre quello. Baris l'ha riconosciuto. L'ha chiamato tra le sbarre di ferro. Ha voluto avvicinarsi a suo padre.

 Nuran ha detto: "Lasciamolo andare. Se non va, poi gli dispiace".

 Io non volevo che andasse. Ma era venuto suo padre. Forse voleva tenere in braccio Baris. Lui non sa ancora volare bene. L'abbiamo messo in una scatola del latte. Ci abbiamo attaccato un filo. L'abbiamo fatta passare attraverso le sbarre di ferro. Lentamente l'abbiamo lasciata. Baris è uscito dalla scatola. È andato vicino a suo padre.

 Ma proprio in quel momento è arrivato un gatto in cortile! Se tu sapessi quanto ci siamo spaventati... Siamo corsi alle sbarre. Abbiamo fatto di tutto per cacciare via il gatto! Abbiamo gridato. Abbiamo tirato le scatoline vuote di fiammiferi per cacciarlo. Poteva mangiarsi il nostro uccello!

 È venuta pure Zahide a cacciarlo via. Credevo che lei non amasse nessuno. Invece amava il nostro uccello. Sai che cosa ha tirato per cacciarlo? Il suo pacchetto di sigarette. Ne conteneva ancora tre. Sai come sono preziose le sue sigarette...

 Poi non siamo più riusciti a vedere il nostro uccello. Allora io ho iniziato a piangere a dirotto. Piangevo perché avevo paura che il gatto se lo fosse mangiato. Alla fine Nevin si è rivolta alla nuova signora guardia.

 "Il nostro uccello è rimasto nel cortile. Se lo mangerà il gatto. Può aprire la porta e portarcelo?"

 La signora guardia si è stupita molto.

 "Ma di quale uccello state parlando?"

 È vietato tenere uccelli. Così ha detto. Non ce l'ha portato. Non ha neanche aperto la porta.

 Solo oggi siamo potuti uscire in cortile. Sono corso subito, ma Baris non c'era. C'era invece la scatola del latte. C'era anche il filo che le avevamo legato. Ma lui non c'era.

 Mi dispiacerebbe davvero molto se il gatto se lo fosse mangiato. Ma se l'avesse fatto ci sarebbero rimaste le piume. Così ha detto Nuran. Le piume non c'erano. Forse il gatto se l'è mangiato. Vero Inci?

 "Sarà andato con suo padre", dice Zeynep.

 Ma non sarebbe andato via senza dirmi "arrivederci". Se ne sarà mica andato pure lui come te senza dirmi "arrivederci"?

 Anche il nocciolo dell'albicocca non è germogliato. Io gli do l'acqua ma non mi dice niente. Se ci fosse stato il mio uccello, mi avrebbe parlato.

 Baris ritornerà qui, vero Inci?

 

 

 

28 aprile

 Sono due giorni che aspetto Baris. Ma lui non viene.

 Zeynep mi ha fatto la torta. Io però non ne avevo voglia. La metà l'ho tenuta da parte per Baris. Lui non è venuto. Se avesse saputo che tenevo la torta da parte per lui, sarebbe venuto. Non è così, Inci?

 

 

 

30 aprile

 Guardo sempre il cielo. Passano gli uccelli. Ma nessuno si posa nel cortile.

 Io e Zeynep li chiamiamo e chiediamo loro di Baris. Quelli non rispondono.

 La torta di Baris è andata a male. L'abbiamo buttata. Anche se venisse, non ci sarebbe più la torta.

 Zeynep mi ha promesso:

 "Se viene, gliela faccio di nuovo".

 

 

 

1 maggio

 Oggi nel nostro cielo è comparso non il mio uccello, ma un aquilone. Era enorme. Era ancora più grande di quello che abbiamo visto insieme. Ed era di un rosso acceso!

 Era così bello che neanche tu avrai mai visto un aquilone del genere! Ho chiamato subito Zeynep. E lei ha avvisato le ragazze. Sono corse tutte in cortile. È venuta anche mia madre. Pure zia Sultan e zia Seher. Abbiamo guardato tutti quanti l'aquilone. L'abbiamo salutato con la mano. Ci ha visti la guardia, ferma a un angolo del muro. Ha riferito il nostro saluto a un altro dei secondini, che è venuto subito.

 "Andate tutte dentro!" ha intimato.

 "Non è ancora sera: noi non entriamo!" ha risposto Nevin.

 "A voi sembra grande anche un cortile piccolo come il palmo della mano, non è vero?" ha brontolato Gülsüm tra sé.

 Zia Seher aveva steso il bucato; ha detto:

 "Non vado via senza raccogliere la biancheria. Quando mi allontano, o la buttano per terra o la fanno scomparire".

 Mentre lo diceva, guardava con la coda dell'occhio zia Sultan, che è saltata subito su: "Cosa vuoi insinuare?"

 È scoppiata una lite. E la guardia è andata a dire al direttore: "Le detenute non vogliono entrare".

 Il direttore è diventato una furia. Ne ha dette di tutti i colori: "Ora stanno esagerando. Alzano troppo la voce. Di sicuro sono le ragazze giovani a provocare le altre. Mi chiedevo cosa avrebbero fatto oggi. Lasciale pure stare lì, lo so io come mandare via quell'aquilone".

 Il direttore è apparso sul muro del cortile. Ha chiamato le guardie:

 "Muovetevi! Trovate chi fa volare l'aquilone e prendeteglielo!" ha urlato.

 Le guardie sono andate via di corsa. È passato un sacco di tempo. Sono tornate tutte quante sudate marce. Hanno detto che il vento cambiava direzione continuamente. Non riuscivano a trovare il proprietario dell'aquilone. A questo punto il direttore si è arrabbiato molto. Ha detto una delle parolacce che ti irritano tanto, Inci.

 Poi ha ordinato: "Portate qui il tubo, subito!"

 Dopo un po' i secondini sono arrivati con un enorme tubo. Dal muro hanno spruzzato dell'acqua verso l'aquilone. Ma era molto in alto. Non l'hanno nemmeno sfiorato.

 Sai che proprio in quel momento il vento ha cambiato direzione... Il direttore e i secondini si sono bagnati completamente. L'acqua è finita addosso a loro. Allora non siamo riusciti a trattenerci e abbiamo iniziato a ridere.

 Dovevi vedere come si è infuriato il direttore. Si è messo a gridare, con tutta l'acqua che gli scendeva addosso.

 "Sparate... vi dico di sparare subito a quell'aquilone!"

 Anche le guardie si erano bagnate, e molto. Hanno alzato i fucili, ma pure questi erano fradici.

 Uno dei secondini ha mirato all'aquilone e ha sparato. Ma non è riuscito a colpirlo. Allora io ho cominciato a piangere.

 "Non sparate all'aquilone, per favore, non sparategli!" ho gridato.

 Il direttore si è irritato ancora di più.

 "Vi dico di sparargli!" ha ruggito.

 Anche un'altra guardia ha voluto sparare ma, se non sbaglio, pure il suo fucile si era bagnato e non ha funzionato.

 Il direttore si è messo a saltellare dalla rabbia. Proprio come il signore dai capelli bianchi. Quel signore si era arrabbiato per il libro. Lui aveva avuto paura del libro, allora il direttore forse ha avuto paura dell'aquilone?

 Che danno avrebbe potuto fargli, Inci? Perché il direttore voleva colpirlo a ogni costo?

 Hanno fatto di tutto per abbatterlo, ma non ci sono riusciti. Allora il direttore ha rovesciato la sua ira su di noi. Puoi immaginarti quello che è successo...

 

 

 

2 maggio

 Con Nevin scrivo l'ultima mia lettera. Nevin va via, e anche Zeynep se ne va. Vanno via pure Nuran e Sevim. Colpa del direttore.

 "Volete essere voi a scegliere la vostra capogruppo! Vi diciamo di entrare e voi non obbedite! Questo non è un bordello dove potete fare tutto ciò che vi passa per la mente! Metterete la testa a posto dove andrete a finire ora! E che sia una lezione per quelle che rimangono qui! Non pensiate di esservi salvate! Dovete sapere che siete delle detenute! Fate quello che vi si dice di fare!"

 Così ha detto il direttore. Trasferendo le ragazze in altre carceri, avrebbe rovinato la loro unione. Ha detto proprio così.

 Adesso io con l'aiuto di chi ti scriverò? Nevin dice che Selma potrebbe scrivere per me. Però io non capisco le lettere che scrive lei! L'ho detto a Selma. Mi ha promesso di scrivere in modo che io capisca.

 La ruga che ha tra le sopracciglia è diventata enorme. È molto arrabbiata con il direttore. Anch'io lo sono. Hanno chiuso definitivamente la cella del piano inferiore. La trasformeranno in un deposito. Le donne vanno di continuo a guardare la porta chiusa a chiave. La maggior parte di loro si mette a piangere. Pure zia Sultan sembra triste.

 Si lamenta dicendo: "Adesso a chi farò scrivere le mie lettere e le mie istanze?"

 Io piango spesso. Le ragazze hanno raccolto i vostri kilim, le vostre tovaglie e i vostri cuscini. Li manderanno a casa. Nel carcere dove andranno non accettano neanche i materassi.

 "Non piangere", mi dice Nevin. "Non piangere: dove andiamo, ci sono delle ragazze come noi".

 "Nei loro cieli volano gli aquiloni?"

 Zeynep mi ha detto che voi, ovunque andrete, incontrerete gli aquiloni.

 Che non sparino su quegli aquiloni, Inci...

 

 

 

Da te non me l'aspettavo, Inci. Hai cercato di parlare con la mia voce. Questo non va bene. Magari avessi parlato direttamente con la tua!

 E poi, perché hai cambiato i nomi di tutte quante e hai lasciato solo il mio? È evidente, avrai detto "tanto è un bambino, non si offende mica". Infatti hai lasciato pure il nome del piccolo Ibo.

 Ma anche i bambini si offendono. Come gli uccelli. Ti ricordi che una volta avevo tirato un sassolino a un uccello, quello si era offeso ed era scappato via...

 Adesso io non riesco a scappare, Inci.

 Ma quando divento grande forse scappo.

 Come quell'aquilone azzurro...