martedì 18 febbraio 2025

Non assecondiamo la narrazione di chi ha interesse a liquidare l’Europa Alessandra Libutti

 

NON ASSECONDIAMO LA NARRAZIONE DI CHI HA INTERESSE A LIQUIDARE L’EUROPA 
Alessandra Libutti  
18/02/2025 
Chiariamo un equivoco e spazziamo via la retorica. L’Europa non ha deciso da sola a delegare la propria sicurezza agli Stati Uniti, né di disinvestire nella difesa e di costruire un modello economico iper-dipendente dalla globalizzazione finanziaria americana. Lo hanno voluto gli Stati Uniti.

Dobbiamo smetterla di autoflagellarci come se fossimo i soli colpevoli. La realtà è che gli Stati Uniti ci hanno spinto su questa strada, ci hanno voluti in questo modo, ci hanno invitato a sederci alla loro tavola, ci hanno fatto mangiare fino a scoppiare e oggi che non sanno più come pagare il conto, vengono a dirci che siamo grassi e pigri.

Certo, la nostra colpa è stata quella di esserci fatti ingozzare al banchetto, ma se l’Europa è colpevole di opportunismo, gli USA non sono innocenti, anzi sono gli artefici.

Per decenni, Washington ha promosso l’idea di un’Europa pacifica, integrata, orientata al commercio e al welfare, mentre loro si occupavano di esercitare il potere globale. Perché volevano il potere globale. Abbiamo costruito un modello di benessere e stabilità proprio perché gli USA ci garantivano la sicurezza militare e l’ombrello nucleare. Ci andava bene? Certo. Perché funzionava per tutti: per noi e per gli Stati Uniti. Per loro funzionava soprattutto perché così evitavano una concorrenza europea troppo aggressiva sul piano geopolitico.

Un gigante economico ha il potenziale di diventare un gigante militare se ne ha bisogno e se lo vuole, e la verità è che per decenni la politica USA è stata quella di impedirlo, annullando il bisogno fino a produrre un’assuefazione al benessere che ne annullasse la volontà. Allora diciamo le cose esattamente per come stanno: l’Europa disarmata è stata interamente un progetto americano.

Ora però ci dicono che quel modello che loro hanno voluto è sbagliato, che spendiamo troppo poco in difesa, che non siamo pronti a difenderci da soli. Eppure sono stati loro a spingerci a disinvestire in capacità strategiche autonome, a farci credere che la NATO sarebbe stata sufficiente. Lo volevano perché era economicamente vantaggioso e gli consentiva di tenere d’occhio un potenziale rivale.

E allora la morale, no grazie.

Adesso il vento è cambiato, il mondo si è fatto più pericoloso e gli USA non vogliono più pagare il conto. Perfetto. Ne hanno pienamente il diritto. Ma non hanno il diritto di raccontarci che siamo noi i colpevoli, né di affermare che l’Europa è un continente decadente e privo di visione quando cinque anni fa hanno avuto il loro Campidoglio assaltato mentre ergevano forche all’esterno gridando di impiccare il vice presidente: “Hang Mike Pence!” La verità è che siamo stati spinti in questa posizione, da chi ne traeva beneficio; dal Paese che voleva fare lo chef. Ci avevano invitato ad un pranzo, ci hanno fatto abboffare, ora ci criticano per avere mangiato. E questa è la storia.

Quanto a noi, una cosa è certa, dobbiamo uscire in fretta dalla nostra opulenza. Ma per farlo, dobbiamo smettere di comprare la narrativa di chi ci vuole deboli e colpevoli.

I fatti sono drammatici e il peggio deve ancora venire. Su questo non c’è dubbio. Da Trump e da Putin dobbiamo aspettarci il peggio del peggio, senza sconti, senza illusioni. Non ci sarà spazio per compromessi sinceri o gesti distensivi. Useranno ogni leva disponibile per destabilizzare, per imporre il loro modello per schiacciare chiunque si frapponga ai loro interessi. La storia insegna che uomini come loro non si fermano di fronte ai confini, né alle regole, né ai valori democratici.

Ma chi pensa che l’Europa finirà in ginocchio sotto il peso di questa offensiva geopolitica si lascia accecare da una prospettiva limitata, condizionata dal presente e dalla propria percezione di fragilità. È vero che l’Europa ha vissuto 80 anni di stabilità, che si è adagiata su un modello di sicurezza garantito dagli Stati Uniti, che ha evitato di assumersi il peso della difesa comune e che spesso ha privilegiato la diplomazia rispetto alla deterrenza. È vero che trovare un’unità strategica non sarà facile, che il processo sarà lento, doloroso e costellato di esitazioni. Ma avverrà. È inevitabile.

Se allontaniamo la telecamera e osserviamo il quadro più ampio, vedremo che non è la fine dell’Europa a prendere forma, ma la fine dell’Impero americano. Il dominio globale degli Stati Uniti si sta sgretolando sotto il peso della loro stessa crisi interna, del loro isolazionismo, della loro incapacità di adattarsi a un mondo multipolare. Washington non è più il fulcro del mondo libero come lo era nel dopoguerra. Non ha più la forza di imporsi come garante unico della sicurezza globale. Gli errori strategici, la polarizzazione interna, il ritorno di un nazionalismo cieco stanno accelerando il declino dell’egemonia americana.

Eppure, la Storia dimostra che la forza della civiltà europea non sta nella sua capacità di dominare con la forza bruta, ma nella sua capacità di adattarsi e reinventarsi. L’Impero americano, prima di tutto, era figlio dell’Impero britannico. E l’Impero britannico era a sua volta uno dei tanti figli dell’Impero romano. Le civiltà europee hanno sempre trovato nuovi modi di esistere, di prosperare, di plasmare il mondo. Talvolta con la spada, talvolta con la diplomazia, talvolta con il commercio e l’economia.

Se pensiamo agli Stati Uniti come ai salvatori dell’Europa dopo la Seconda guerra mondiale, dimentichiamo un dettaglio fondamentale: l’America non è mai stata un’entità separata, ma una diramazione dell’Europa stessa. Era la nostra civiltà che, reinventandosi e prosperando altrove, ha trovato una nuova forma per esistere e imporsi nel mondo.

Gli Stati Uniti non hanno “salvato” l’Europa come un’entità esterna e benevola che ha tratto in salvo un continente in rovina. Hanno semplicemente garantito la sopravvivenza di una parte di sé, perché la loro stessa identità affonda le radici in tutto ciò che l’Europa ha creato: dalla filosofia greca al diritto romano, dal Rinascimento alla Rivoluzione industriale, dall’Illuminismo alle strutture istituzionali ereditate dagli imperi europei. Hanno solo preso in mano il testimone della leadership globale, in un processo di continuità storica e non di rottura. Basta guardare Washington in cui tutto trasuda romanità.

Pensare a un’Europa fragile e un’America forte è quindi una distorsione. L’Europa ha semplicemente vissuto un momento di passaggio in cui la sua stessa proiezione oltre Atlantico ha assunto il ruolo egemone, garantendo stabilità e protezione al Vecchio Continente per una questione di puro interesse strategico. Ma la Storia non è mai statica. E se oggi gli Stati Uniti stanno perdendo la loro supremazia, se il loro modello di leadership si sta sgretolando, non è la fine di un’epoca, ma un nuovo capitolo nella lunga capacità dell’Europa di adattarsi, reinventarsi e, alla fine, dominare nuovamente.

Non siamo un continente in declino, ma una civiltà che, ciclicamente, cambia pelle. E chi oggi dà per scontato che il futuro appartenga ad altri, dimentica che il passato, in fondo, ci insegna il contrario.

L’Europa non sparirà, non verrà soggiogata da due gangster con un delirio di onnipotenza. Sarà messa alla prova, subirà colpi durissimi, dovrà superare sfide che la obbligheranno a uscire dalla sua inerzia. Ma nel lungo periodo, la sua capacità di adattamento e di evoluzione prevarrà, perché è radicata nella sua storia, nella sua cultura, nella sua identità profonda. Trump e Putin non sono altro che due eventi della Storia, due figure che lasceranno dietro di sé caos e distruzione, ma non saranno mai in grado di cancellare secoli di progresso e trasformazione.

Possono ritardare l’inevitabile, creare danni enormi, sacrificare migliaia di vite nel loro gioco di potere. Ma il loro impatto sarà temporaneo. La Storia non si ferma per loro. E il futuro non appartiene a chi vive di repressione e prepotenza, ma a chi sa adattarsi, innovare e costruire.