domenica 2 febbraio 2025

Umano e disumano: degli occhi di un giovane padre e di chi romanticizza il terrore | InOltre David Schey

 

Umano e disumano: degli occhi di un giovane padre e di chi romanticizza il terrore | InOltre
David Schey

Negli occhi di un giovane padre, un abisso di dolore e umanità contratta alla sua essenza più tragica e profonda. Togliendo per un momento i pugni dalle tasche del giubbotto, Yarden Bibas esegue senza convinzione il saluto a una folla eterogenea impostogli, pro forma, dai suoi aguzzini.

Dopo 484 inconcepibili giorni è fisicamente libero, ma di sua moglie e dei suoi figli la sorte resta ignota. Altrove nella Striscia si costruiscono palchi per la liberazione di Keith Siegel; anche intorno a lui sono schierate le falangi del male, adorne di grottesche gigantografie a guisa di scudi, emanazioni di un orrore barbarico, primordiale. L’umano e il disumano, raramente contrapposti in maniera tanto chiara nel resiliente pudore degli ostaggi, nella spettacolarizzazione propria dei carnefici.

Eppure, anche in un giorno simile c’è chi romanticizza il terrore: «il mare sullo sfondo», scrive qualcuno, «le foto dei martiri». Lo scrive in Europa, in Italia. E non si parla di schegge impazzite, nascoste dietro il muro dell’anonimato social, ma di presenze costanti entro quello che, per abitudine, si definisce «il pubblico dibattito» del mainstream, fra salotti televisivi e carta stampata. 

Ecco, questo è il privilegio del vivere gli ultimi fuochi dell’Occidente, con la sua libertà di espressione, quel free speech imperfetto ma prezioso, così arduo da definire. Tra i suoi massimi vantaggi è l’aver reso possibile, mai come negli ultimi mesi, il dénouement dei sostenitori di una visione del mondo che legge la differenza fra umano e disumano attraverso lenti sempre più distorte, inclusi quegli autori ed editori pronti a veicolare cinicamente, e spesso senza alcun contraddittorio, il messaggio di opinionisti e giornalisti non di rado trasformando (senza attenuanti, ché nel contemporaneo mondo dell’accesso democratico all’informazione non possono esservene) inesattezze e falsità in qualcosa di molto vicino alla propaganda.

Tentare una gerarchia dell’antisemitismo è possibile proprio grazie al free speech, reagente alla cartina di tornasole, specchio della salute di una società libera. La nostra è chiaramente malata; i pochi anticorpi sono ormai fiacchi. La conferma risiede nell’incapacità sociale di rigettare i nostri complici morali dell’orrore che si ripete, nell’indefesso voltarsi in silenzio dall’altra parte, battendo stizziti i piedi persino, anzi soprattutto, oggi che il velo è finalmente squarciato. 

Non è sempre facile capire dove la pochezza individuale finisca e inizi una proattiva malizia. L’allure di telecamere fari e redazioni, con relativa tendenza a creare personaggi più grandi del vero – piccoli idoli considerati alla stregua di grandi saggi – è spenta da tempo, e rivela nella più parte dei casi una desolante mediocrità intellettuale.

Così l’occidentale preda del cupio dissolvi esprime individui più spregevoli degli stessi adepti del terrore, poiché lui, l’occidentale, avrebbe quantomeno dalla sua il privilegio della storia.