UNA GIURIA DI SOLE DONNE
Susan Glaspell
Recensione
Michela Bilotta
Magistrale racconto poliziesco. Una storia che anticipa i tempi e sa di rivincita.
Una giuria di sole donne è un piccolo capolavoro di indagine psicologica e di racconto poliziesco, nonché illuminante spaccato sulle questioni di genere. Scritto nel 1917 da Susan Glaspell, scrittrice statunitense considerata una delle autrici teatrali più importanti del secolo scorso e anticipatrice del femminismo, si presenta come un testo di raffinata fattura e dall’apporto rivoluzionario per l’epoca.
Le due protagoniste, la signora Hale e la signora Peters, vengono condotte dai rispettivi mariti, ovvero il testimone e lo sceriffo, nella cucina di una fattoria dove, durante la notte, è stato assassinato il proprietario. Il loro compito è raccogliere gli oggetti personali di Minnie, moglie della vittima e unica accusata del delitto, perché le vengano consegnati in carcere, dove la donna è in attesa di giudizio. A sua difesa, Minnie dice di non essersi accorta di nulla, a causa del sonno pesante.
Ma, mentre al piano di sopra i due uomini cercano invano prove e indizi, lasciando le mogli alle loro piccole e insignificanti occupazioni, le donne iniziano a investigare per loro conto focalizzando l’attenzione su dettagli - trascurati dai mariti - che si riveleranno decisivi per far emergere la verità.
QUANDO I DETTAGLI NASCONDONO LA VERITA’
La storia appare fortemente innovativa anche perché anticipa due elementi che diventeranno comuni nei romanzi e nei film di genere: le vicende che si svolgono all’interno della stessa stanza (viene alla mente il Delitto perfetto di Hitchcock) e le indagini psicologiche che superano la tradizionale divisione manichea tra bene e male, rendendo il confine più sfumato e chiamando in causa il lettore. A quest’ultimo, infatti, viene consegnato come lascito prezioso il dubbio sulle forme, spesso insospettabili, che può assumere il male al di là delle apparenze. E sulla voragine che spesso separa la legge dalla giustizia.
UNA GIURIA DI SOLE DONNE: PICCOLA RIVINCITA AL FEMMINILE
Tratto da una pièce teatrale scritta dalla stessa autrice, Una giuria di sole donne è anche una piccola rivincita che le protagoniste, in rappresentanza dell’universo femminile del tempo, si prendono sull’autorità maschile. Un’autorità che, con evidente presunzione, ne sminuisce i meriti e le capacità, relegando le due donne a occupazioni di secondaria importanza, in modo da non intaccare il proprio consolidato predominio nelle indagini, così come nella vita.
Ma quali sono gli elementi rivelatori che catturano l’attenzione delle protagoniste nella cucina della fattoria? E cosa scopriranno di Minnie Foster, la moglie accusata di aver strangolato la vittima?
Per saperlo, come si dice, non resta che dedicarsi a questa godibilissima lettura per restarne affascinati e sedotti.
E anche per lasciar spazio a una riflessione amara sull’attualità dei fenomeni e delle dinamiche denunciate dal libro.
UNA GIURIA DI SOLE DONNE
Appena aprì la controporta, Martha Hale fu investita dal vento di tramontana e rientrò di corsa a prendere la grande sciarpa di lana. Mentre se l’avvolgeva in fretta attorno al capo, osservò scandalizzata la sua cucina. Erano venuti a cercarla perché era successa una cosa incredibile – con ogni probabilità, la più incredibile mai capitata nella contea di Dickson. Quell’occhiata, a ogni modo, confermò che la cucina non era per nulla in condizioni di essere lasciata: il pane era pronto per essere impastato, e non aveva ancora finito di setacciare la farina.
Odiava lasciare le cose a metà; era impegnata in quel lavoro quando dalla città erano venuti a prendere il signor Hale, e poi era arrivato lo sceriffo, di corsa, a dirle che sua moglie chiedeva se poteva venire anche lei – aggiungendo, con un sorriso sarcastico, che forse si era impaurita e voleva che fosse presente un’altra donna. Allora aveva lasciato tutto com’era.
«Martha!» la chiamò il marito, impaziente. «Non farci aspettare al freddo».
Lei riaprì la controporta e raggiunse i tre uomini e la donna che l’aspettavano sul calesse.
Stringendosi addosso il vestito, diede un’altra occhiata alla donna con cui divideva il sedile posteriore. Aveva conosciuto la signora Peters l’anno prima, alla fiera della contea, e di lei ricordava che non sembrava affatto la moglie di uno sceriffo. Era minuta e gracile, con una vocina sottile sottile. La signora Gorman, moglie dello sceriffo in carica finché non era stato eletto Peters, ogni volta che apriva bocca ribadiva l’autorità della Legge. Ma se la signora Peters non sembrava la moglie di uno sceriffo, ci pensava il marito a rimettere le cose a posto. Era fatto su misura per quell’incarico – un omone dalla voce tonante che sembrava nato per far rispettare la legge; erano tutti convinti che sapesse distinguere un delinquente da un cittadino onesto. Proprio in quel momento, con dispiacere, la signora Hale si rammentò che quell’uomo allegro e sempre gentile con tutti stava andando a casa Wright per motivi di lavoro.
«Non si sta molto bene in questo periodo dell’anno» azzardò finalmente la signora Peters, come se pensasse che anche loro, come gli uomini, dovessero far conversazione.
La signora Hale non fece in tempo a rispondere, perché erano saliti su una collinetta e dalla sommità si scorgeva la casa dei Wright, e quella vista le fece passare la voglia di parlare. In quella fredda mattina di marzo, la casa sembrava proprio isolata. Come sempre, del resto. Era stata costruita in una conca, e anche i pioppi sparsi tutto intorno parlavano di solitudine. Guardando la casa, gli uomini discutevano dell’accaduto. Il pubblico ministero della contea si sporse da un lato del calesse e continuò a fissarla, sempre più vicina.
«Sono contenta che sia venuta» disse la signora Peters, nervosa, mentre con la compagna si preparava a seguire gli uomini attraverso la porta della cucina.
Con un piede sul gradino e la mano sul pomello, Martha Hale sentì per un attimo che non avrebbe dovuto varcare quella soglia. Il motivo era semplice; non l’aveva mai varcata prima. Ci aveva pensato, ogni tanto, e si era detta: «Devo proprio andare a trovarla, Minnie Foster» – pensava ancora a lei come a Minnie Foster, per quanto fosse la signora Wright già da vent’anni. Poi però capitava sempre qualcosa da fare, e Minnie Foster le passava di mente. Adesso, alla fine, era arrivato il momento.
Gli uomini entrarono e si avvicinarono alla stufa. Le donne rimasero accanto alla porta, vicine. Il giovane Henderson, il pubblico ministero, si voltò e disse: «Venite più vicino alla stufa, signore».
La signora Peters fece un passo avanti, poi si fermò. «Non ho… freddo», disse.
E così le due donne rimasero accanto alla porta, senza nemmeno guardarsi attorno, almeno per il momento.
Gli uomini dissero che era stata proprio una buona idea, mandare avanti il vice-sceriffo ad accendere il fuoco; poi Peters si allontanò dalla stufa, si sbottonò il cappotto e appoggiò le mani sul tavolo; era il momento di mettersi al lavoro. «Dunque, signor Hale» disse in tono quasi formale, «prima di toccare qualsiasi cosa, racconti al signor Henderson che cosa ha visto quando è stato qui ieri mattina».
Il pubblico ministero stava perlustrando la cucina.
«A proposito» disse, «avete spostato niente?». Si rivolse allo sceriffo. «È tutto come lo ha lasciato ieri?».
Peters guardò dalla credenza all’acquaio, e da quello a una piccola sedia a dondolo logora, di poco spostata rispetto al tavolo.
«Tale e quale».
«Sarebbe stato meglio lasciare qualcuno, ieri» aggiunse il pubblico ministero.
«Oh – ieri» ribatté lo sceriffo con un gesto della mano, come a dire che il giorno prima c’era stato ben altro a cui pensare. «Ieri ho dovuto mandare Frank a Morris Center per quel tale che è uscito di senno. Senta, George, ieri è stata una giornataccia. Sapevo che sarebbe tornato da Omaha oggi, e siccome qui avevo pensato a tutto io…».
«Dunque, signor Hale» continuò il pubblico ministero, lasciando intendere che ormai non valeva la pena discutere, «mi dica che cosa è successo ieri mattina, quando è arrivato qui».
La signora Hale, appoggiata alla porta, provava quel senso di vuoto allo stomaco che hanno le madri quando un figlio sta per aprire bocca alla recita scolastica. Quando raccontava qualcosa, il suo Lewis perdeva spesso il filo e si confondeva. Sperò che stavolta parlasse con semplicità, limitandosi all’essenziale, senza perdersi in chiacchiere che avrebbero soltanto peggiorato le cose per Minnie Foster. Non rispose subito, e a lei sembrò che avesse un aspetto strano – come se a stare in quella cucina, e a dover parlare di quanto aveva visto, si sentisse quasi male.
«Dunque, signor Hale?» lo sollecitò il pubblico ministero.
«Io e Harry scendevamo in città con un carico di patate» cominciò il marito della signora Hale.
Harry era il figlio maggiore. In quel momento non era con loro, per il semplice motivo che il giorno prima le patate non erano mai arrivate in città, e lui ce le stava portando adesso; quando lo sceriffo si era fermato a dire che il signor Hale doveva andare a casa Wright e raccontare al pubblico ministero tutta la storia sul posto, dove si poteva avere un riscontro immediato alle sue parole, Harry era già partito. A tutte le emozioni che provava la signora Hale si aggiunse allora il timore che Harry non fosse vestito abbastanza pesante – nessuno si era accorto di quanto pungeva la tramontana.
«Arriviamo da là» continuò Hale, indicando la strada che avevano appena percorso, «e appena vediamo la casa io dico a Harry: ‘Guardiamo se mi riesce di convincere John Wright a mettere il telefono’. Perché, vede», spiegò a Henderson, «se non trovo qualcun altro che ci sta, quelli non portano la linea fino a qui, su una strada secondaria, oppure mi chiedono un prezzo che non posso permettermi di pagare. Ne avevo già discusso, con Wright, però mi aveva liquidato perché secondo lui la gente parlava troppo, e lui voleva starsene in santa pace – credo che lo sappiate, non era certo un chiacchierone. E però ho pensato che forse, se andavo a trovarlo a casa e gliene parlavo davanti alla moglie, e gli dicevo che tutte le signore andavano pazze per il telefono, e che era un bene per la nostra strada – insomma, spiego a Harry tutto quello che gli voglio dire, ma gli dico pure che non sapevo quanto gliene importava a John di accontentare la moglie…».
Eccolo lì – a perdersi in chiacchiere come al solito. La signora Hale cercò di attirare l’attenzione del marito, ma fortunatamente il pubblico ministero lo interruppe dicendo:
«Ne parliamo dopo, signor Hale. La questione mi interessa, davvero, ma ora sono ansioso di arrivare al punto, a quello che è successo quando lei è arrivato qui».
Stavolta, quando ricominciò, Hale era più concentrato:
«Non vedo e non sento nulla. Busso. Sembra tutto tranquillo. Di certo saranno alzati, mi dico – erano le otto passate. Così busso di nuovo, più forte, e mi sembra di sentire qualcuno che risponde ‘Avanti’. Non ero sicuro – non lo sono nemmeno adesso. Però apro la porta – quella» e puntò il dito verso le due donne. «E là, sulla sedia a dondolo» indicò anche quella «vedo la signora Wright».
Tutti guardarono la sedia a dondolo. La signora Hale pensò che non si addiceva affatto a Minnie Foster – almeno alla Minnie Foster di vent’anni prima. Era dipinta di rosso, annerita dalla sporcizia, con lo schienale a stecche di legno; quella di mezzo era rotta, e tutta la sedia pendeva da un lato.
«Che aspetto aveva?» domandò il pubblico ministero.
«Bè», rispose Hale, «mi è sembrata… strana».
«Come sarebbe a dire… strana?».
Mentre faceva la domanda, il pubblico ministero tirò fuori un taccuino e una matita. Alla signora Hale non piacque affatto. Tenne lo sguardo fisso sul marito, come se volesse impedirgli di dire qualcosa di non necessario, che se finiva su quel taccuino avrebbe portato soltanto guai.
Hale invece rispose con prudenza, come se fosse rimasto colpito anche lui dalla matita.
«Voglio dire, come una persona che non sa cosa fare. E poi sembrava… esausta».
«Come si comportò quando la vide?».
«Bè, quasi non ha reagito – in un senso o nell’altro. A malapena se n’è accorta. Allora le chiedo: ‘Come sta, signora Wright? Fa freddo, vero?’. E lei mi risponde: ‘Ah, sì?’ – e seguita a stropicciare il grembiule.
«La cosa mi sorprende. Non mi invita ad avvicinarmi al fuoco, non mi fa accomodare; resta lì seduta e mi guarda. Allora dico: ‘Vorrei parlare con John’.
«Poi… si mette a ridere. Se vogliamo dire così.
«Penso a Harry, che era rimasto fuori con i cavalli, e allora le chiedo, un po’ più forte: ‘Posso parlare con John?’. ‘No’, risponde lei un po’ confusa. ‘Non è in casa?’ dico io. Mi guarda. ‘Sì’ dice, ‘è in casa’. ‘E allora perché non ci posso parlare?’, faccio; ormai avevo quasi perso la pazienza. ‘Perché è morto,’ spiega lei, sempre confusa, e si rimette a stropicciare il grembiule. ‘Morto?’ dico io, e Dio mi è testimone che non credevo alle mie orecchie.
«Lei fa cenno di sì, abbassa appena il capo senza scomporsi nemmeno un po’, e seguita a dondolare.
«‘Insomma, dov’è?’ insisto io, perché non sapevo che altro dire.
«Lei indica di sopra… così, e basta» e puntò un dito verso il soffitto.
«Allora mi alzo, con l’idea di salire le scale. A quel punto però… non so più decidermi. Mi sposto da qui a lì; poi dico: ‘E come è morto?’.
«‘Con la corda al collo,’ fa lei; e si rimette a stropicciare il grembiule».
Hale tacque, e restò immobile a fissare la sedia a dondolo, come se avesse ancora davanti agli occhi la donna che ci stava seduta il giorno prima. Nessuno parlava; era come se ce l’avessero tutti davanti agli occhi.
«E poi cosa ha fatto?» il pubblico ministero ruppe finalmente il silenzio.
«Sono andato a chiamare Harry. Magari può aiutarmi, ho pensato. Lo porto dentro e andiamo di sopra». La sua voce si ridusse quasi a un bisbiglio. «E lui era là – disteso sul…».
«Sarà meglio riparlarne di sopra» disse il pubblico ministero, interrompendolo, «così può mostrarci tutto per bene. Vada avanti».
«Bè, il mio primo pensiero fu di sfilargli la corda dal collo. Sembrava ancora…».
Tacque, con una smorfia.
«Harry però gli si avvicina e dice: ‘No, è proprio morto, e sarà meglio non toccare nulla’. Allora torniamo giù.
«Lei stava ancora seduta allo stesso modo. ‘Non ha avvertito nessuno?’ le domando. ‘No’ risponde lei, impassibile.
«‘Chi è stato, signora Wright?’ domanda Harry. Lo dice tutto serio, tanto che lei smette di stropicciare il grembiule. ‘Non lo so’ risponde. ‘Non lo sa?’ insiste Harry. ‘Non dormivate nello stesso letto?’. ‘Sì’, fa lei, ‘ma ero girata dall’altra parte’. ‘Qualcuno gli ha messo un cappio al collo, lo ha strozzato, e lei non si è nemmeno svegliata?’ dice Harry. ‘No, non mi sono svegliata,’ ribatte lei.
«Forse ce lo leggeva in faccia che ci sembrava impossibile, perché subito dopo aggiunge: ‘Ho il sonno profondo’.
«Harry voleva farle qualche altra domanda, ma io gli dico che forse non toccava a noi, e bisognava che prima raccontasse la sua storia al medico legale o allo sceriffo. Harry allora corre più in fretta che può fino a High Road – a casa dei Rivers; loro ce l’hanno, il telefono».
«E la donna cosa ha fatto, quando ha capito che stavate per chiamare il medico legale?». Il pubblico ministero stringeva la matita, pronto a scrivere.
«Si è spostata da quella sedia a quest’altra» Hale indicò una seggiola in un angolo «ed è rimasta a guardare il pavimento con le mani giunte. Mi sembrava giusto fare un po’ di conversazione, e allora le dico che ero venuto a vedere se John ci stava a far mettere il telefono; a sentir quella frase attacca a ridere, poi smette, e mi guarda – spaventata».
Sentendo la matita correre sul foglio, l’uomo che stava raccontando quella storia alzò gli occhi.
«Non so… forse spaventata non è la parola giusta», si sbrigò ad aggiungere. «Non voglio dire cose sbagliate. Harry è tornato quasi subito, poi è arrivato il dottor Lloyd e poi lei, signor Peters, e credo che sia tutto qui; il resto lo sapete anche voi».
Tirò un sospiro di sollievo, e si sciolse un poco, per rilassarsi. Si sciolsero un poco tutti. Il pubblico ministero si avvicinò alla porta che dava sulle scale.
«Prima andiamo di sopra – poi penseremo al granaio e al resto».
Si fermò a guardare la cucina.
«È proprio sicuro che qui non c’erano indizi?» domandò allo sceriffo. «Niente che facesse pensare a… un movente?».
Anche lo sceriffo si guardò attorno, come se volesse convincersi di nuovo.
«Ci sono solo arnesi da cucina», disse, con una risatina. «Cose senza importanza».
Il pubblico ministero stava controllando la credenza – un pezzo insolito, sproporzionato, mezzo armadio e mezza credenza, con la parte superiore incassata nel muro e quella inferiore ricavata da una vecchia madia. Come affascinato da quello strano mobile prese una sedia, aprì gli sportelli in alto e ci guardò dentro. Un attimo dopo tirò fuori una mano tutta appiccicosa.
«Che disastro» commentò infastidito.
Le due donne si erano avvicinate, e ora fu la moglie dello sceriffo a parlare.
«Oh – la frutta» esclamò, guardando la signora Hale, sicura che potesse capirla.
Si rivolse al pubblico ministero e spiegò: «Ieri sera era molto preoccupata per il freddo. Mi ha detto che se si spegneva il fuoco i vasi di conserva potevano spaccarsi».
Il marito della signora Peters scoppiò a ridere.
«Bè, voi donne non vi batte nessuno! La trattengono con l’accusa di omicidio, e si preoccupa della conserva!».
Il giovane pubblico ministero storse le labbra.
«Ho paura che quando avremo finito con lei avrà cose più serie della conserva di cui preoccuparsi».
«Oh, bè» ribatté il marito della signora Hale, con benevola supponenza, «le donne sono abituate a preoccuparsi per delle bazzecole».
Le due donne si avvicinarono ancora di più, senza rispondere. Il pubblico ministero sembrò improvvisamente ricordarsi delle buone maniere – e pensare al futuro rinnovo del suo incarico.
«Eppure», dichiarò con tutta la premura del giovane politico, «per quanto possano preoccuparsi, che faremmo senza le signore?».
Le donne non risposero, né allentarono la tensione. Il pubblico ministero si avvicinò all’acquaio e cominciò a lavarsi le mani. Si voltò, per asciugarle con la bandinella – che dovette far girare a lungo prima di trovare un punto pulito.
«Che asciugamano sporco. Non è gran che come donna di casa, non direste, signore?».
Urtò con il piede alcuni tegami sporchi sotto all’acquaio.
«In una fattoria c’è sempre molto lavoro», rispose la signora Hale, seria.
«Poco ma sicuro. Eppure» con un leggero inchino «so che nella contea di Dickson ci sono fattorie dove non si vedono asciugamani come questo». Gli diede uno strattone per mostrarlo in tutta la sua lunghezza.
«Gli asciugamani si sporcano in fretta. Le mani degli uomini non sempre sono pulite come dovrebbero».
«Ah, solidarietà femminile, vedo», rise. Si fermò e la guardò dritta negli occhi. «Lei e la signora Wright eravate vicine di casa. Suppongo che foste anche amiche».
Martha Hale scosse la testa.
«Negli ultimi anni ci siamo viste poco. Non entro in questa casa da… sarà più di un anno».
«E perché? Non le stava simpatica?».
«Sì che mi stava simpatica», ribatté lei, con decisione. «Ma la moglie di un fattore ha sempre qualche faccenda da sbrigare, signor Henderson. E poi…» si guardò attorno.
«Sì?» la incoraggiò lui.
«Non mi è mai sembrato un posto molto allegro», concluse, rivolta più a se stessa che a lui.
«No» concordò il pubblico ministero. «Credo proprio che nessuno lo definirebbe allegro. Non potrei dire che fosse molto brava a mandare avanti una casa».
«Bè, nemmeno Wright», borbottò lei.
«Vuol dire che non andavano d’accordo?» fu svelto a ribattere.
«No; non voglio dire nulla» protestò lei, risoluta. E allontanandosi un po’ da lui, aggiunse: «Però non credo che un posto diventasse più allegro solo perché c’era John Wright».
«Ne parliamo più tardi, signora Hale» tagliò corto lui. «Ora sono impaziente di vedere come stanno le cose di sopra».
Si avvicinò alla porta delle scale, seguito dagli altri due.
«Va bene se la signora Peters prende delle cose?» domandò lo sceriffo. «Qualche vestito, sa – e altre cosette. Ieri ce ne siamo andati di corsa».
Il pubblico ministero guardò le donne che stavano per lasciar sole tra gli arnesi da cucina.
«Certo… la signora Peters», disse, continuando però a fissare la donna che non era la signora Peters, la robusta contadina in piedi dietro alla moglie dello sceriffo. «Ovviamente; la signora Peters è dalla nostra», riprese, col tono di chi accorda la sua fiducia. «E tenga gli occhi aperti, signora Peters, per qualsiasi dettaglio che le sembri utile. Non si sa mai; voi signore potreste trovare qualche indizio che ci porti al movente – è proprio quello che ci serve».
Il signor Hale si diede una pacca sulla fronte, come un comico che si prepara a dire una battuta.
«Ma le signore lo riconoscerebbero un indizio, se lo trovassero?» esclamò; poi, buttata fuori quella spiritosaggine, seguì gli altri per le scale.
Le due donne restarono immobili, e ascoltarono in silenzio i passi degli uomini, prima sui gradini e poi nella stanza al piano di sopra.
Allora, come scrollandosi di dosso qualcosa, la signora Hale cominciò a sistemare i tegami sporchi sotto l’acquaio, che il piede arrogante del pubblico ministero aveva messo in disordine.
«Per me sarebbe insopportabile. Degli uomini in giro per la cucina» commentò seccata, «a ficcare il naso e a criticare».
«Bè, fanno solo il loro dovere» disse la moglie dello sceriffo, remissiva come sempre.
«Il dovere, va benissimo» rispose brusca la signora Hale; «ma secondo me il vice-sceriffo quando è venuto ad accendere il fuoco ce ne ha messo del suo, qui». Diede un altro strattone all’asciugamano. «Vorrei averci pensato prima! Mi sembra scorretto criticarla perché non tiene tutto a puntino, quando se n’è dovuta andare con tanta fretta».
Si guardò attorno. Di sicuro quella cucina non era «a puntino». Le cadde l’occhio su un barattolo di zucchero, poggiato su una mensola bassa. Il barattolo, di legno, era senza coperchio, e accanto c’era un sacchetto di carta – mezzo pieno.
La signora Hale si avvicinò.
«Lo stava riempiendo», disse tra sé, a voce bassa.
Pensò alla farina nella propria cucina, a casa, metà setacciata, metà no. L’avevano interrotta prima che potesse finire. E Minnie Foster? Cosa l’aveva interrotta? Perché non aveva finito, lei? Stava per metterci mano, infastidita come sempre da un lavoro incompiuto, poi si guardò attorno e si accorse che la signora Peters la stava osservando; non voleva che pensasse anche lei a qualcosa di cominciato e poi – chissà perché – lasciato a metà.
«Che peccato per la frutta» commentò; si avvicinò alla credenza, che il pubblico ministero aveva lasciato aperta, e salì sulla sedia borbottando: «Magari si è salvato qualcosa».
C’era poco da sperare, eppure «Ecco un vasetto ancora intero», disse alla fine. Lo tenne controluce. «E di ciliegie, poi». Guardò di nuovo nella credenza. «Bè, ho paura che sia rimasto solo questo».
Con un sospiro scese dalla sedia, andò all’acquaio e ripulì il vasetto.
«Le dispiacerà moltissimo, dopo tanta fatica e tutto quel caldo. Ricordo ancora il pomeriggio in cui ho messo via le mie ciliegie, l’estate scorsa».
Posò il vasetto sul tavolo e, sospirando di nuovo, fece per sedersi sulla sedia a dondolo. Poi cambiò idea. C’era qualcosa che non glielo permetteva. Si raddrizzò, fece un passo indietro, e mentre si voltava restò un poco a fissare la sedia, pensando all’altra donna mentre «stropicciava il grembiule».
La vocina della moglie dello sceriffo la interruppe: «Devo prendere quelle cose; sono nell’armadio della stanza di fronte». Aprì la porta che dava nell’altra stanza, fece per entrare e poi si tirò indietro. «Vuole venire con me, signora Hale?» domandò, nervosa. «Potrebbe… potrebbe aiutarmi a trovarle».
Tornarono quasi subito – la gelida crudezza di quella stanza chiusa non invitava certo a trattenersi.
«Cielo, che freddo!» protestò la signora Peters; lasciò cadere tutto sul tavolo e corse vicino alla stufa.
La signora Hale rimase a guardare i vestiti che la donna detenuta in città aveva chiesto.
«Wright era proprio uno spilorcio!» sentenziò, raccogliendo una gonna nera e malandata che portava i segni di troppi rammendi. «Forse è per questo che la moglie stava tanto per conto suo. Magari pensava di non essere all’altezza di noialtre; è difficile stare allegri con le toppe ai vestiti. Una volta era sempre carina; era piena di vita – quando era ancora Minnie Foster, una ragazza di città che cantava nel coro. Ma questo… bè, succedeva venti anni fa».
Con cura, e non senza tenerezza, ripiegò quei vestiti malandati e li raccolse tutti in un angolo del tavolo. Guardò la signora Peters, e nei suoi occhi vide qualcosa che la irritò.
«A lei però non importa niente», disse tra sé. «Che differenza fa, per lei, se da ragazza Minnie Foster aveva dei bei vestiti?».
Poi la guardò di nuovo, e non ne fu più tanto sicura; a pensarci bene, non era mai stata sicura di niente, a proposito della signora Peters. Aveva sempre quell’aria così contrita, eppure i suoi occhi guardavano tutto come se sapessero andare al fondo delle cose.
«È tutto qui quello che deve prendere?» domandò la signora Hale.
«No», rispose la moglie dello sceriffo; «mi ha detto anche di portarle un grembiule. È una richiesta un po’ strana» azzardò con la sua vocina nervosa, «non c’è molto da sporcarsi in prigione, lo sa il cielo. Ma forse vuole solo sentirsi… normale. Quando siamo abituate a portare il grembiule… Ha detto che sono nel cassetto in basso della credenza. Sì… eccoli. E poi, lo scialle che tiene appeso dietro alla porta delle scale».
Prese la mantellina grigia e la fissò per alcuni istanti.
A un tratto la signora Hale le venne vicino: «Signora Peters!».
«Sì, signora Hale?».
«Pensa che… sia stata lei?».
Lo spavento offuscò la strana luce che brillava negli occhi della signora Peters.
«Oh, non lo so» rispose l’altra, col tono di chi vuole evitare un argomento spiacevole.
«Bè, secondo me, no» affermò decisa la signora Hale. «Chiede un grembiule, e lo scialle. Si preoccupa della frutta».
«Il signor Peters dice…». Sentì dei passi nella stanza di sopra; tacque, guardò in alto, poi continuò a voce più bassa: «Il signor Peters dice che per lei si sta mettendo male. Il signor Henderson sa essere terribilmente sarcastico, e se la mangerà in un boccone quando testimonierà che… non si è svegliata».
Per un attimo la signora Hale non seppe cosa rispondere. Poi, «Bè, certo nemmeno John Wright si è svegliato – quando gli hanno messo la corda al collo» bisbigliò.
«No, davvero, è strano» ribatté d’un fiato la signora Peters. «Secondo loro è un modo davvero… bizzarro di uccidere un uomo».
Si mise a ridere; quando sentì il suono della propria risata, tacque subito.
«È per quello che ha detto il signor Hale» disse la signora Hale, con decisione. «Quando c’era un fucile in casa… È questo che non gli riesce di capire».
«Il signor Henderson, uscendo, ha detto che per istruire il processo gli basta un movente. Qualcosa che dimostri un accesso di rabbia – o di qualcos’altro».
«Bè, qua intorno di tracce di rabbia non ne vedo», replicò la signora Hale, «non…». Tacque. Era come se i suoi pensieri fossero inciampati in qualcosa. Stavolta le era caduto l’occhio su un canovaccio, al centro del tavolo. Si avvicinò. Metà del tavolo era stata pulita, l’altra metà era ancora tutta sporca. Lentamente, quasi senza volerlo, spostò lo sguardo verso il barattolo di zucchero col sacchetto mezzo vuoto accanto. Lavori cominciati – e non finiti.
Un attimo dopo fece un passo indietro e disse, come per togliersi un peso:
«Chissà come sta andando di sopra. Spero che lassù la casa sia un po’ più in ordine. Sa», e tacque, come per farsi forza «non mi sembra giusto: metterla sotto chiave in città e venire quassù a rivoltarle la casa contro!».
«Ma, signora Hale» disse la moglie dello sceriffo, «la legge è legge».
«Ah, bè…» rispose la signora Hale.
Guardò la stufa, borbottando qualcosa su come non ci fosse tanto da vantarsi per quel fuoco. Ci trafficò un po’ e quando si raddrizzò disse, più agguerrita:
«La legge è legge – e una cattiva stufa è una cattiva stufa. Ce lo farebbe da mangiare, lei, su questa?» e indicò con l’attizzatoio una crepa nel rivestimento. Aprì lo sportello del forno e fece per criticare anche quello; ma fu distratta dai propri pensieri, e rifletté su cosa poteva voler dire, un anno dopo l’altro, dover combattere con quell’arnese. Il pensiero di Minnie Foster che cercava di cucinare in quel forno – e il pensiero di lei che non era mai andata a trovarla…
Sentì, con sorpresa, la signora Peters che diceva: «Alla fine ci si scoraggia… ci si perde d’animo».
La moglie dello sceriffo aveva guardato la stufa, l’acquaio, perfino il secchio che avevano portato da fuori. Le due donne rimasero in silenzio; sopra di loro si sentivano i passi degli uomini che cercavano indizi contro la donna che aveva faticato in quella cucina. Ecco, in quel momento la moglie dello sceriffo aveva lo sguardo di chi sa andare al fondo delle cose. Quando la signora Hale le si rivolse di nuovo, fu con gentilezza:
«Meglio levarsi qualcosa di dosso, signora Peters. O sarà come non aver nulla, quando usciamo».
La signora Peters andò in fondo alla stanza per appendere la mantellina di pelliccia. Un attimo dopo esclamò: «Guardi un po’ qui; stava cucendo una trapunta». Le mostrò un grosso cesto da cucito, pieno fino all’orlo di pezze di stoffa.
La signora Hale ne sparse qualcuna sul tavolo.
«Un disegno a capanna», disse, accostandole. «Bello, vero?».
Erano così impegnate con la trapunta che non sentirono i passi sui gradini. Nell’attimo in cui la porta delle scale si aprì, la signora Hale stava dicendo:
«Secondo lei voleva cucirla insieme o soltanto fermare la stoffa con dei nodi?».
Lo sceriffo alzò le braccia.
«Si domandano se voleva cucirla o annodarla!».
Risero del comportamento delle due donne, scaldandosi le mani sul fuoco, e poi il pubblico ministero disse, concitato:
«Bene, ora occupiamoci del granaio».
«Non capisco che c’è di tanto strano» commentò la signora Hale, risentita, quando la porta esterna si richiuse dietro ai tre uomini «se passiamo il tempo con le nostre cose mentre aspettiamo che trovino questi indizi. Non capisco che ci sia da ridere».
«Loro hanno cose più importanti per le mani» disse la moglie dello sceriffo, quasi a volerli giustificare.
Si rimisero a guardare le pezze di stoffa per la trapunta. La signora Hale osservava con ammirazione quelle cuciture così dritte e regolari, preoccupata per la donna che le aveva fatte, quando sentì la moglie dello sceriffo che diceva, con uno strano tono:
«Guardi un po’ qui».
Si voltò e prese la pezza che l’altra le porgeva.
«Le cuciture», continuò la signora Peters, agitata. «Sono tutte così precise – e guardi invece… questa. Insomma, è come se non sapesse cosa stava facendo!».
I loro sguardi si incrociarono – e tra di loro passò qualcosa, come un lampo; poi, quasi con fatica, tornarono a guardare altrove. La signora Hale restò immobile, seduta, con le dita su quella cucitura tanto diversa dalle altre. Poi tirò il filo e cominciò a disfarla.
«Oh, ma che fa, signora Hale?» domandò la moglie dello sceriffo, sgomenta.
«Tolgo solo un punto o due, tanto sono cuciti male» rispose con calma la signora Hale.
«Ma non dobbiamo toccare niente» insisté la signora Peters, senza troppa convinzione.
«Arrivo solo fino a qui» ribatté la signora Hale, sempre con calma.
Infilò un ago e cominciò a rifare la cucitura. Per un po’ lavorò in silenzio. Poi sentì quella vocina timida:
«Signora Hale!».
«Sì, signora Peters?».
«Secondo lei perché era così… nervosa?».
«Oh, io non lo so» rispose la signora Hale, come se non valesse la pena perderci del tempo. «Non so nemmeno se era… nervosa. A volte mi basta essere un po’ stanca e cucio malissimo».
Tagliò il filo coi denti, e con la coda dell’occhio guardò la signora Peters. Il volto asciutto della moglie dello sceriffo sembrava di pietra, lo sguardo fisso nel vuoto. Un attimo dopo si scosse, e farfugliò a voce bassa:
«Bè, devo impacchettare quei vestiti. Possono finire da un momento all’altro. Chissà dove lo trovo un pezzo di carta – e lo spago».
«Nella credenza, forse», suggerì la signora Hale, dopo aver dato un’occhiata in giro.
Doveva ancora disfare un pezzetto di cucitura. Con la signora Peters che le dava le spalle, Martha Hale guardò di nuovo la pezza, confrontandola con le cuciture precise delle altre. La differenza era sorprendente. Tenerla in mano le dava una strana sensazione, come se ascoltasse i pensieri agitati della donna che, forse, ci si era dedicata per trovare un po’ di calma.
La voce della signora Peters la scosse.
«Guardi qui, una gabbia per uccelli» disse. «Aveva un uccello, signora Hale?».
«Bè, non lo so». Si voltò a guardare la gabbia, in mano alla signora Peters. «È tanto tempo che non vengo qui». Sospirò. «L’anno scorso passò un ambulante, che vendeva dei canarini per poco – ma non so se lei ne prese uno. Forse sì. Cantava proprio bene, anche lei…».
La signora Peters tornò a guardare la cucina.
«È un po’ strano, pensare a un uccellino qui». Cercò di sorridere – come per difendersi. «Però doveva averne uno – altrimenti che se ne faceva di una gabbia? Chissà che gli è successo».
«Magari lo ha preso il gatto» suggerì la signora Hale, rimettendosi a cucire.
«No; sui gatti la pensa come tanta gente – le fanno paura. Quando ieri l’hanno portata a casa nostra il mio micino è entrato nella stanza e lei, sconvolta, mi ha supplicato di mandarlo via».
«Anche mia sorella Bessie era così» disse la signora Hale, ridendo.
La moglie dello sceriffo non rispose. Quel silenzio improvviso fece voltare la signora Hale. La signora Peters stava fissando la gabbia.
«Guardi la porticina», disse piano. «È rotta. Qualcuno ha spezzato un cardine».
La signora Hale si avvicinò.
«Qualcuno l’ha… maltrattata, questa gabbietta».
I loro sguardi tornarono a incrociarsi – ansiosi, spaventati, interrogativi. Per un attimo restarono immobili e in silenzio. Poi la signora Hale, voltando le spalle, disse bruscamente:
«Se proprio devono trovare delle prove, vorrei che avessero finito. Non mi piace questo posto».
«Però sono tanto contenta che sia venuta con me, signora Hale». La signora Peters posò la gabbia sul tavolo e si sedette. «Mi sarei sentita molto sola… qui dentro».
«Sì, vero?» concordò la signora Hale, sforzandosi di sembrare tranquilla. Aveva preso il cesto per il cucito; lo posò di nuovo sulle ginocchia e bisbigliò, cambiando tono: «Sa cosa vorrei davvero, signora Peters? Essere venuta a trovarla, ogni tanto. Vorrei proprio… averlo fatto».
«Era sempre occupata, signora Hale. Con la casa… e i figli».
«Ce l’avrei fatta, se avessi voluto» insisté la signora Hale. «Rimandavo sempre perché non era un posto allegro – ma è proprio per questo che sarei dovuta venire. Io…» si guardò attorno «… non mi è mai piaciuto questo posto. Forse perché è in una conca e non si vede la strada. Non so, è un posto pieno di solitudine, è sempre stato così. Vorrei essere venuta a trovare Minnie Foster, ogni tanto. Ora capisco…». Non riuscì a finire la frase.
«Su, non deve rimproverarsi», la esortò la signora Peters. «Non so come, però a volte non si capisce davvero come vivono gli altri finché… non succede qualcosa».
«Senza figli c’è meno lavoro» rifletté la signora Hale, dopo un attimo di silenzio, «ma anche vivere in una casa silenziosa… e Wright stava fuori a lavorare tutto il giorno… e non le faceva compagnia nemmeno quando rientrava. Lo conosceva John Wright, signora Peters?».
«Non proprio. L’ho visto qualche volta in città. Dicono che era un brav’uomo».
«Bravo, come no» concesse cupa la vicina di John Wright. «Non beveva, manteneva la parola come quasi tutti, credo, e pagava i debiti. Ma era un uomo duro, signora Peters. Solo passare la giornata con lui…». Tacque, percorsa da un brivido. «Come un vento gelido che ti arriva fino al midollo». Guardò la gabbietta, sul tavolo, e aggiunse con amarezza: «Lo credo bene, che ha voluto un uccellino!».
A un tratto si chinò in avanti, fissando intensamente la gabbietta. «Ma secondo lei, che gli è successo?».
«Chissà», ribatté la signora Peters; «forse si è ammalato ed è morto».
Detto questo, aprì e chiuse la porticina scardinata. La guardavano entrambe come incantate.
«E lei – lei la conosceva?» domandò la signora Hale, con una nota più gentile nella voce.
«Non fino a ieri, quando l’hanno portata da me» rispose la moglie dello sceriffo.
«Lei… Ora che ci penso, lei era proprio come un uccellino. Dolce, graziosa, ma un po’ timida e… con la testa per aria. Quanto deve essere cambiata».
Rimase assorta in quel pensiero per parecchio tempo. Alla fine, come se avesse avuto una buona idea, o si sentisse sollevata perché poteva parlare di cose di tutti i giorni, esclamò:
«Senta, signora Peters, perché non le prende anche la trapunta? Forse l’aiuterà a distrarsi».
«Bè, mi sembra proprio una buona idea, signora Hale» convenne la moglie dello sceriffo, come se fosse contenta anche lei per quella piccola cortesia. «Nessuno avrà niente in contrario, vero? Ora, però, che devo prendere? Chissà se le pezze sono tutte qui – e gli arnesi da cucito?».
Guardarono dentro al cesto.
«Sembra che ci sia tutto» disse la signora Hale, prendendo un rotolo di stoffa. Sotto c’era una scatoletta. «Ecco, le forbici e le altre cose devono essere qua dentro». La tirò fuori. «Che bella! Sono sicura che ce l’ha da molto tempo – da quando era signorina».
La soppesò per un attimo; poi, con un sospiro, l’aprì.
Subito portò la mano al viso.
«Cielo!».
La signora Peters si avvicinò, poi si voltò.
«C’è qualcosa, in questo pezzetto di seta», balbettò la signora Hale.
«Non sono le forbici» osservò la signora Peters, turbata.
Con mano tremante, la signora Hale sollevò un lembo del tessuto. «Oh, signora Peters!» esclamò. «È…».
La signora Peters si chinò sulla scatoletta.
«L’uccellino», bisbigliò.
«Ma, signora Peters!» sbottò la signora Hale. «Lo guardi! Il collo – guardi il collo! È tutto… storto».
Allontanò la scatola da sé.
La moglie dello sceriffo si chinò di nuovo, ancora più vicino.
«Qualcuno glielo ha spezzato», disse con voce bassa e profonda.
Gli sguardi delle due donne si incontrarono ancora una volta – come quelli di chi ha cominciato a capire, ed è sempre più inorridito. La signora Peters guardò l’uccellino morto e poi la porticina della gabbia. Tornò a fissare la compagna. Proprio in quel momento, sentirono un rumore che veniva da fuori. La signora Hale fece scivolare la scatola sotto le pezze, nel cesto, e si lasciò cadere sulla sedia. La signora Peters restò in piedi, aggrappata al bordo del tavolo. Erano il pubblico ministero e lo sceriffo.
«Bene, signore» disse il primo, col tono di chi passa dalle cose serie alle bazzecole, «avete capito se voleva cucirla o annodarla?».
«Secondo noi», rispose la moglie dello sceriffo, un po’ scossa, «aveva deciso per i nodi».
Il pubblico ministero era troppo soprappensiero per accorgersi del cambio di tono alla fine della frase.
«Bene, è molto interessante, proprio», rispose con indulgenza. Poi vide la gabbietta.
«E l’uccellino? È volato via?».
«Secondo noi lo ha preso il gatto», intervenne la signora Hale senza scomporsi.
Lui camminava avanti e indietro per la cucina, assorto in chissà quali pensieri.
«C’è un gatto?» domandò, distratto.
La signora Hale guardò la moglie dello sceriffo.
«Bè, ora no», rispose la signora Peters. «Sono animali superstiziosi, sa; se succede qualcosa se ne vanno».
Si appoggiò allo schienale.
Il pubblico ministero non le badò. «Non c’è traccia di effrazione» disse a Peters, come per riprendere una conversazione interrotta. «Era la loro corda. Torniamo di sopra e controlliamo tutto ancora una volta, palmo a palmo. Deve essere stato qualcuno che sapeva…».
Chiudendosi, la porta delle scale attutì le loro voci.
Le due donne non si mossero, né si guardarono, ma era come se avessero scorto qualcosa che non volevano vedere. E quando aprirono bocca fu come se avessero paura di quello che dicevano, eppure non potessero fare a meno di parlare.
«Doveva piacerle quell’uccellino» disse Martha Hale, a voce bassa, lentamente. «Voleva seppellirlo in quella bella scatola».
«Quando ero bambina», replicò la signora Peters, con un filo di voce, «la mia gattina… un ragazzo prese un’accetta, e davanti ai miei occhi… prima che potessi fare qualcosa…». Si coprì il volto. «Se non mi avessero fermato l’avrei…» si trattenne, guardò di sopra, ascoltò il rumore dei passi, e concluse a voce bassa «… gli avrei fatto del male».
Restarono sedute, senza muoversi né parlare.
«Chissà com’è», riprese infine la signora Hale, muovendosi a tastoni su un terreno accidentato, «vivere senza figli». Percorse lentamente la cucina con lo sguardo, come se ora comprendesse ciò che quella stanza aveva significato in tanti anni. «No, a Wright non doveva piacere l’uccellino», continuò. «Cantava. Anche la moglie cantava. Li ha fatti smettere tutti e due». La sua voce si indurì.
La signora Peters si mosse, a disagio.
«Non lo sappiamo come è morto l’uccellino».
«Io lo conoscevo, John Wright», fu la risposta della signora Hale.
«La notte scorsa, in questa casa, è successa una cosa tremenda, signora Hale», ribatté la moglie dello sceriffo. «Uccidere un uomo mentre dorme – mettergli una corda al collo e soffocarlo».
La signora Hale tese una mano verso la gabbietta.
«Non lo sappiamo chi l’ha ucciso», sibilò a voce bassa la signora Peters. «Non lo sappiamo».
La signora Hale non si mosse. «Anni e anni di… nulla, e poi un uccellino che canta per te; mi sembra tremendo… ritornare a quel silenzio… una volta zittito l’uccellino».
Sembrava che non fosse lei a parlare, ma qualcosa che aveva dentro, che la signora Peters capiva, e a cui poteva rispondere.
«Io lo conosco bene, il silenzio», disse con voce piatta. «Quando vivevamo nel Dakota, e il mio primo figlio morì… aveva appena due anni… e io non avevo nessuno che…».
La signora Hale si agitò.
«Ma quanto ci mettono, a trovare questi indizi?».
«Lo conosco bene, il silenzio», ripeté la signora Peters, allo stesso modo. Poi si ricompose. «La legge deve punire i delitti, signora Hale» disse con la solita vocina.
«Vorrei che avesse conosciuto Minnie Foster», fu la risposta, «quando portava il suo vestito bianco coi nastri blu, e cantava nel coro».
L’immagine di quella ragazza, il pensiero di aver abitato vicino a lei per venti anni, e aver lasciato che la sua vita si spegnesse, le fu di colpo insopportabile.
«Oh, come vorrei essere venuta a trovarla, ogni tanto!» sbottò. «Questo sì che è un delitto! Ma chi lo punirà?».
«Non faccia così», disse la signora Peters, guardando impaurita verso le scale.
«Avrei dovuto capire che aveva bisogno di aiuto! Glielo dico io, è assurdo, signora Peters. Viviamo vicine, eppure siamo così lontane. E dobbiamo tutte sopportare le stesse cose… a guardarci non sembra, ma sono le stesse cose! Se non fosse che – perché io e lei lo capiamo? Perché sappiamo… quello che sappiamo adesso?».
Si coprì gli occhi con una mano. Poi guardò il vasetto di frutta sul tavolo, lo prese e sbottò, tutto d’un fiato:
«Se fossi in lei, non le direi che la frutta si è rovinata! Non glielo dica. Le dica invece che è tutto a posto – tutto. Ecco – prenda questo per dimostrarglielo! Forse – forse non saprà mai se i vasetti si sono rotti o no!».
Le voltò le spalle.
La signora Peters prese il vasetto di conserva come se fosse contenta – come se toccare un oggetto familiare, avere qualcosa da fare bastasse a distrarla da tutto il resto. Si alzò, cercò qualcosa per fare un pacchetto, poi prese una sottoveste dai vestiti che aveva portato dalla stanza di fronte e cominciò nervosamente ad avvolgere il vasetto.
«Cielo!» esclamò a voce alta, impostata, «meno male che gli uomini non potevano sentirci! Agitarsi tanto per una bazzecola come un… canarino morto». Si affrettò a nasconderlo. «Come se c’entrasse qualcosa con… con… Cielo, chissà come riderebbero».
Sentirono dei passi sui gradini.
«Forse sì…» mormorò la signora Hale, «e forse no».
«No, Peters» disse il pubblico ministero, risoluto; «è tutto chiaro, tranne il movente. Ma sa come sono le giurie, quando si tratta di una donna. Se ci fosse qualche prova – qualcosa da poter mostrare. Qualcosa per istruire il processo. Qualcosa che giustifichi un modo così goffo di uccidere».
Di nascosto, la signora Hale guardò la signora Peters. Anche lei la stava guardando. Subito distolsero lo sguardo. La porta esterna si aprì, ed entrò il signor Hale.
«I cavalli sono pronti» riferì. «Fa un gran freddo».
«Voglio restare un po’ qui da solo» annunciò all’improvviso il pubblico ministero. «Potrebbe mandare Frank a prendermi?» domandò allo sceriffo. «Voglio controllare tutto di nuovo. Non sono soddisfatto, credo che si possa fare di meglio».
Per un attimo, gli sguardi delle due donne si incrociarono di nuovo.
Lo sceriffo si avvicinò al tavolo.
«Non vuole vedere che cosa ha preso la signora Peters?».
Il pubblico ministero raccolse il grembiule. Si mise a ridere.
«Oh, sono sicuro che le signore non hanno scelto niente di pericoloso».
La signora Hale teneva una mano sul cesto dove era nascosta la scatoletta. Sentì che avrebbe dovuto toglierla, ma non sembrava esserne capace. Il pubblico ministero prese una delle pezze che lei aveva usato per coprire la scatoletta. Gli occhi le bruciavano come il fuoco. Se lui avesse preso il cesto glielo avrebbe strappato di mano.
Invece non lo prese. Continuando a ridere, si voltò e disse:
«No; la signora Peters non ha bisogno di nessuno che la controlli. Quanto a questo, la moglie di uno sceriffo è sposata con la Legge. Ci ha mai pensato, signora Peters?».
La signora Peters era rimasta in piedi accanto al tavolo. La signora Hale le lanciò un’occhiata, ma non riuscì a guardarla in faccia. La signora Peters si era voltata. Quando parlò, fu a voce bassa.
«Non ci ho mai pensato… ma deve essere così».
«Sposata con la Legge!» ridacchiò il marito della signora Peters. Si avviò alla porta, e disse al pubblico ministero:
«Venga solo un attimo, George. Vorrei dare un’altra occhiata alle finestre».
«Oh – le finestre» ripeté il pubblico ministero, sarcastico.
«Torniamo subito, signor Hale» disse lo sceriffo al fattore che li aspettava sulla soglia.
Hale tornò a occuparsi dei cavalli. Lo sceriffo seguì il pubblico ministero nell’altra stanza. Di nuovo – per un ultimo istante – le due donne restarono da sole nella cucina.
Martha Hale si alzò di scatto, stringendo le mani, guardando l’altra; dipendeva tutto da lei. Dapprima non riuscì a distinguere i suoi occhi, perché la moglie dello sceriffo era rimasta girata, da quando le avevano ricordato di essere sposata con la Legge. Ora la signora Hale la fece voltare. I suoi occhi, la fecero voltare. La signora Peters si mosse controvoglia, lentamente, finché i suoi occhi non incontrarono quelli dell’altra. Per un attimo si imprigionarono a vicenda in uno sguardo fisso, ardente; non riuscivano a liberarsene, non battevano ciglio. Poi Martha Hale indicò con gli occhi il cesto dove era nascosta l’unica cosa che poteva assicurare la condanna dell’altra – la donna che non era lì, e che pure era stata insieme a loro per tutto il tempo.
Per un attimo, la signora Peters restò immobile. Poi si decise. Scattò in avanti, frugò tra le pezze, trovò la scatoletta e cercò di metterla nella borsa. Era troppo grossa. Disperata, l’aprì e fece per tirare fuori l’uccellino, ma si bloccò – non riusciva a toccarlo. Restò in piedi, svuotata, come una sciocca.
Sentirono la maniglia che girava. Martha Hale tolse la scatola di mano alla moglie dello sceriffo, e la infilò nella tasca del cappotto proprio mentre lo sceriffo e il pubblico ministero rientravano in cucina.
«Bè, Henry» disse il pubblico ministero, scherzando, «almeno abbiamo scoperto che non la voleva cucire insieme. Preferiva… com’è che dite, signore?».
La signora Hale teneva la mano sulla tasca del cappotto.
«Un bel nodo, signor Henderson».