sabato 23 novembre 2024

"LA METAMORFOSI" DI FRANZ KAFKA Estratto da "Lezioni di Letteratura" Vladimir Nabokov

  



"LA METAMORFOSI" DI FRANZ KAFKA 
Estratto da "Lezioni di letteratura"
              Vladimir Nabokov 

Per quanto acutamente e mirabilmente si analizzi un racconto, una composizione musicale o un quadro, ci sarà sempre qualcuno che rimarrà indifferente, qualcuno che non sentirà il brivido lungo la schiena. « E prenderemo su di noi il mistero delle cose, » dice malinconicamente re Lear riferendosi a sé e a Cordelia; ed è anche il mio suggerimento a chiunque prenda sul serio l’arte. Un pover’uomo viene derubato del cappotto (Il cappotto di Gogol’); un altro povero diavolo si trasforma in un insetto (La metamorfosi di Kafka) — e allora? Non c’è una risposta razionale a questo « E allora? ». Possiamo smontare il racconto, possiamo scoprire come combaciano le sue tessere, come una parte della struttura corrisponde a un’altra; ma dovete avere in voi qualche cellula, qualche gene, qualche germe che vibri in risposta a sensazioni che non potete né definire né rifiutare. « Bellezza » più « pietas » : è la formula che più si avvicina a una definizione dell’arte. Dove c’è bellezza, c’è anche compassione, per la semplice ragione che la bellezza deve morire : la bellezza muore sempre, la forma muore con la materia, il mondo muore con l’individuo. Se qualcuno coglie nella Metamorfosi di Kafka qualcosa di più di una fantasia entomologica, mi congratulo con lui perché è entrato nel novero dei buoni e grandi lettori.


Ho intenzione di parlare della fantasia e della realtà e del loro rapporto reciproco. Se consideriamo II Dottor Jekyll e Mister Hyde un’allegoria — la lotta tra il Bene e il Male all’interno di ogni uomo —, è un’allegoria scipita e infantile. Per quanti vi scorgono un’allegoria, il suo teatro d’ombre dovrebbe anche postulare eventi fisici che il buon senso riconosce impossibili; ma in realtà nella composizione del racconto, vista da una mentalità prosaica, niente sembra andare a prima vista contro la generale esperienza umana. Voglio tuttavia insinuare che, a una seconda occhiata, la composizione del racconto va realmente contro la generale esperienza umana, e che Utterson e gli altri personaggi che stanno intorno a Jekyll sono, in un certo senso, fantastici quanto il signor Hyde. Se non riusciamo a vederli in una luce fantastica, non c’è incanto. E se l’incantatore se ne va e rimangono solo il narratore e il pedagogo, non è una gran compagnia.


La storia di Jekyll e di Hyde è ben costruita, ma è una vecchia storia. La sua morale è insensata perché in realtà non vengono raffigurati né il bene né il male; tutto sommato, sono dati entrambi per scontati, e la lotta avviene tra due sagome vuote. L’incanto è nell’arte del ricamo di Stevenson; ma poiché arte e pensiero, forma e materia sono inseparabili, ci deve essere qualcosa dello stesso tipo anche nella struttura del racconto. Andiamoci cauti, però. Penso comunque che ci sia un difetto nella realizzazione artistica di quest’opera di Stevenson — se dobbiamo considerare separatamente forma e contenuto — difetto che non c’è invece nel Cappotto di Gogol e nella Metamorfosi di Kafka. L’aspetto fantastico dello sfondo — Utterson, Enfield, Poole, Lanyon e la loro Londra — non è della stessa qualità dell’aspetto fantastico della « hydizzazione » di Jekyll. C’è una crepa nel quadro, una mancanza di unità.


Il cappotto, Il Dottor Jekyll e Mister Hyde e La metamorfosi : tutti e tre sono comunemente definiti delle « fantasie ». Dal mio punto di vista, ogni opera d’arte di grande rilievo è una fantasia, in quanto riflette il particolarissimo mondo di un particolarissimo individuo. Ma quando si definiscono fantasie questi tre racconti, si vuol semplicemente dire che i loro soggetti si allontanano da quella che viene comunemente chiamata realtà. Esaminiamo dunque che cosa sia la realtà, per scoprire in quale modo e in quale misura le cosiddette fantasie si allontanano dalla cosiddetta realtà.


Prendiamo tre tipi di uomini che camminano nello stesso paesaggio. Il primo è un uomo di città che si gode una meritata vacanza. Il secondo è un botanico professionista. Il terzo è un agricoltore del luogo. Il primo, l’uomo di città, è quello che si definisce un tipo realistico, concreto, pratico : vede gli alberi come alberi e sa dalla sua carta che la strada che sta percorrendo è una strada nuova che porta a Newton, dove c’è un buon ristorante raccomandatogli da un collega d’ufficio. Il botanico si guarda attorno e vede l’ambiente che lo circonda in termini di vegetazione, di unità biologiche precise, classificate come alberi e erbe, fiori e felci specifiche, e per lui la realtà è questa, a lui il mondo dell’imperturbabile turista (che non sa distinguere una quercia da un olmo) sembra un mondo fantastico, vago, nebuloso, irreale. Infine il mondo dell’agricoltore locale si differenzia dagli altri due in quanto intensamente personale ed emotivo : egli è nato


 


 


 


 


 


 


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ed è cresciuto lì, e conosce ogni sentiero e ogni singolo albero e ogni ombra di ogni albero su ogni sentiero, e tutto questo è collegato, anche sul piano affettivo, con il suo lavoro quotidiano e la sua infanzia e mille altre cose che gli altri due — il turista prosaico e il botanico tassonomista — non possono assolutamente conoscere in quel determinato luogo e in quel determinato momento. Il nostro agricoltore non saprà nulla del rapporto tra la vegetazione che lo circonda e una concezione botanica del mondo, e il botanico non saprà nulla, che abbia per lui qualche importanza, di quel granaio o di quel campo o di quella vecchia casa sotto i pioppi, che galleggiano, per così dire, nel contesto delle memorie personali di chi è nato lì.


Abbiamo dunque tre mondi differenti — tre uomini, uomini normali, con realtà differenti — e naturalmente potremmo far intervenire molte altre creature: un cieco con un cane, un cacciatore con un cane, un cane con il suo padrone, un pittore alla ricerca di un tramonto, una ragazza rimasta senza benzina ecc. In ognuno di questi casi avremmo un mondo completamente diverso dagli altri, perché quasi tutte le parole oggettive, albero, strada, fiore, cielo, granaio, pollice, pioggia, hanno per ognuno connotazioni soggettive totalmente differenti. Anzi questa vita soggettiva è talmente forte da rendere la cosiddetta esistenza oggettiva un guscio rotto e vuoto. Il solo modo per tornare alla realtà oggettiva è questo: prendere questi diversi mondi individuali, mescolarli bene insieme, raccogliere una goccia di questa miscela e chiamarla realtà oggettiva. In essa sentiremo una particella di follia se per quella località è passato un pazzo, o una particella di totale e stupenda assurdità se un uomo ha guardato un bel campo e ha immaginato che lì potesse sorgere una bella fabbrica di bottoni o di bombe; ma nel complesso queste particelle di follia sarebbero diluite nella goccia di realtà oggettiva che guardiamo controluce nella nostra provetta. Inoltre questa realtà oggettiva conterrà qualcosa che andrà oltre le illusioni ottiche e gli esperimenti di laboratorio. Avrà elementi di poesia, di nobile emozione, di energia e di sforzo (e anche qui il re dei bottoni potrebbe trovare il suo giusto posto), di pietà, orgoglio e passione — e anche la voglia di una buona bistecca nel ristorante raccomandato sulla strada.


Perciò quando diciamo realtà, pensiamo in realtà a tutto questo... in un’unica goccia : a un campione medio di una miscela di mille e mille realtà individuali. Ed è in questo senso che io uso il termine realtà anche in contesti quali i mondi del Cappotto, del Dottor Jekyll e Mister Hyde e della Metamorfosi, che sono specifiche fantasie.


Nel Cappotto e nella Metamorfosi c’è una figura centrale dotata di una certa dose di pathos umano, in mezzo a personaggi grotteschi o senza cuore, a figure ridicole o orripilanti, a somari che si pavoneggiano come zebre o a ibridi tra ratti e conigli. La qualità umana del protagonista del Cappotto è differente da quella di Gregor nel racconto di Kafka, ma questa patetica qualità umana è presente in entrambi. Nel Dottor Jekyll e Mister Hyde non c’è questo pathos umano, non c’è vibrazione nella gola del racconto, non c’è niente di quel « Non posso fuggire, non posso fuggire, disse lo storno » (così straziante nella fantasia di Sterne, Un viaggio sentimentale). Certo, Stevenson dedica molte pagine all’orrore della sorte di Jekyll, ma in fondo è soltanto uno splendido spettacolo di burattini. La bellezza degli incubi personali di Kafka e di Gogol è che i loro personaggi umani centrali appartengono allo stesso mondo fantastico dei personaggi umani che li circondano, solo che il protagonista cerca di uscire da quel mondo, di gettar via la maschera, di trascendere il mantello o il carapace. Nel racconto di Stevenson mancano invece questa unità e questo contrasto. Gli Utterson, i Poole e gli Enfield vorrebbero essere personaggi normali della vita quotidiana; ma in realtà sono personaggi derivati da Dickens, e di conseguenza fantasmi che non appartengono del tutto alla realtà artistica di Stevenson, nello stesso modo in cui la nebbia di Stevenson viene da uno studio dickensiano per avvolgere una Londra convenzionale. Affermo, addirittura, che la pozione magica di Jekyll è più reale della vita di Utterson. Il tema fantastico di Jekyll e Hyde, d’altro canto, vorrebbe porsi in contrasto con questa Londra convenzionale, mentre di fatto c’è la stessa differenza che esiste tra un tema gotico medievale e un tema dickensiano. Non è la stessa che c’è tra un mondo assurdo e il pateticamente assurdo di BaSmackin, o tra un mondo assurdo e il tragicamente assurdo Gregor.


Il tema Jekyll-Hyde non forma un’unità perfetta con l’ambiente, perché è una fantasia di tipo differente da quella dell’ambiente. In Jekyll non c’è nulla di particolarmente patetico o tragico. Godiamo ogni particolare del meraviglioso gioco di destrezza, del magnifico trucco, ma non entrano in gioco fremiti emotivi, e se sia Jekyll o Hyde ad avere la meglio è cosa assolutamente indifferente per ogni buon lettore. Sono distinzioni piuttosto sottili, ed è difficile esprimerle in una forma semplice. Quando un filosofo francese, lucido ma un po’ superficiale, chiese al profondo ma oscuro filosofo tedesco Hegel di esprimere le proprie opinioni in forma concisa, Hegel ribattè duramente : « Sono cose di cui non si può parlare né concisamente né in francese. » Noi ignoreremo il problema se Hegel avesse ragione o torto, ma cercheremo di definire in modo conciso la differenza tra il racconto di tipo gogoliano-kafkiano e quello di tipo stevensoniano.


In Gogol’ e in Kafka l’assurdo protagonista appartiene al mondo assurdo che gli sta attorno, ma tenta, pateticamente e tragicamente, di lottare per uscirne e di entrare nel mondo degli umani — e muore nella disperazione. In Stevenson l’irreale protagonista appartiene a una specie d’irrealtà totalmente diversa da quella del mondo circostante. È un personaggio gotico in un ambiente dickensiano, e quando lotta e poi muore, c’è nel suo destino soltanto un pathos convenzionale. Non intendo assoluta-mente dire che il racconto di Stevenson sia un fallimento; nei suoi limiti convenzionali è un piccolo capolavoro, ma ha soltanto due dimensioni, mentre i racconti di Gogol’ e di Kafka ne hanno cinque o sei.


Nato nel 1883 a Fraga, Franz Kafka proveniva da una famiglia ebrea di lingua tedesca. È il più grande scrittore tedesco della nostra epoca; in confronto a lui, poeti come Rilke o romanzieri come Thomas Mann sono nani o santini di gesso. Studiò legge all’università tedesca di Praga e, a partire dal 1908, lavorò come piccolo impiegato nell’ufficio molto gogoliano di una società d’assicurazioni. Quasi nessuna delle sue opere oggi famose — tra le quali i romanzi II processo (1925) e II castello (1926) — fu pubblicata mentre era in vita. Il suo maggior racconto, La metamorfosi (Die Werwandlung), fu scritto nell'autunno 1912 e pubblicato a Lipsia nell’ottobre 1915. Nel 1917 cominciò a tossir sangue e il resto della sua vita, sette anni in tutto, fu punteggiato da soggiorni nei sanatori dell’Europa centrale. In quegli ultimi anni della sua breve esistenza (morì a quarantun anni), ebbe una felice relazione amorosa e nel 1923 visse con l’amica a Berlino, non lontano da dove abitavo io. Nella primavera del 1924 andò in un sanatorio vicino a Vienna, dove morì il 3 giugno, di tubercolosi alla faringe. Fu sepolto nel cimitero ebraico di Praga. Chiese al suo amico Max Brod di bruciare tutto ciò che lui aveva scritto, compreso il materiale già edito. Ma per fortuna Brod non ottemperò al suo desiderio.


Prima di cominciare a parlare della Metamorfosi, voglio sba-


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razzarmi di due punti di vista. Di quello di Max Brod, secondo il quale la categoria della santità, e non quella della letteratura, è la sola che possa farci comprendere gli scritti di Kafka. Kafka era anzitutto un artista, e benché si possa sostenere che ogni artista è una specie di santo (personalmente lo sento moltissimo), non penso che nel genio di Kafka si possano leggere implicazioni religiose. Il secondo è il punto di vista freudiano. I biografi freudiani di Kafka, come Neider in The Frozen Sea (1948), sostengono per esempio che alla base della Metamorfosi vi sia il complesso rapporto dello scrittore con il padre e il suo permanente senso di colpa; sostengono anche che nel simbolismo mitico i bambini sono rappresentati da parassiti — cosa di cui dubito — e aggiungono che Kafka usa il simbolo dell’insetto per rappresentare il figlio secondo questi postulati freudiani. L’insetto, dicono, caratterizza in modo appropriato il suo senso d’indegnità di fronte al padre. Io rifiuto queste sciocchezze. E lo stesso Kafka era estremamente critico nei confronti delle teorie freudiane. Considerava la psicoanalisi (cito le sue parole testuali) « un irrimediabile errore », e riteneva le teorie di Freud immagini molto rozze, molto approssimative, che non rendevano giustizia ai particolari o, cosa ancora più importante, all’essenza dei problemi. È un’altra ragione per sbarazzarmi della chiave di lettura freudiana e concentrarmi, invece, sul momento artistico.


Chi influì maggiormente su Kafka fu Flaubert. Flaubert che detestava la prosa leziosa avrebbe applaudito l’atteggiamento di Kafka verso il proprio strumento. Kafka amava attingere i suoi termini dal linguaggio della legge e della scienza, dando loro una sorta di precisione ironica, senza alcuna intrusione dei sentimenti personali dell’autore; era esattamente il metodo con il quale Flaubert aveva raggiunto una singolare efficacia poetica.


L’eroe della Metamorfosi è Gregor Samsa, figlio di due borghesi di Praga, filistei flaubertiani, persone interessate soltanto agli aspetti materiali della vita e di gusti volgari. Circa cinque anni prima, il vecchio Samsa ha perso quasi tutto il suo denaro, e a quel punto suo figlio Gregor ha trovato un posto da uno dei creditori di suo padre ed è diventato un commesso viaggiatore in telerie. Suo padre ha smesso completamente di lavorare, sua sorella Grete è troppo giovane per impiegarsi, sua madre soffre d’asma; di conseguenza Gregor non soltanto mantiene la famiglia, ma ha anche trovato l’appartamento dove ora vivono. Questo appartamento, in un condominio di Charlotte Strasse, per essere precisi, è diviso in segmenti, come si dividerà anche lui. Siamo a Praga, Europa centrale, nel 1912 : i domestici costano talmente poco che i Samsa possono permettersi una cameriera, Anna, di sedici anni (uno meno di Grete), e una cuoca. Gregor è quasi sempre via, ma quando comincia il racconto sta trascorrendo una notte a casa tra due viaggi d’affari, ed è allora che accade quell’orribile cosa.


Un mattino, al risveglio di sonni inquieti, Gregor Samsa si trovò trasformato in un enorme insetto. Sdraiato nel letto sulla schiena dura come una corazza, bastava che alzasse un po’ la testa per vedersi il ventre convesso, bruniccio, spartito da solchi arcuati; in cima al ventre la coperta, sul punto di scivolare per terra, si reggeva a malapena. Davanti agli occhi gli si agitavano le gambe, molto più numerose di prima, ma di una sottigliezza desolante.


« Che cosa mi è capitato? » pensò. Non stava sognando [...]


Gregor girò gli occhi verso la finestra, e al vedere il brutto tempo — si udivano le gocce di pioggia battere sulla lamiera del davanzale — si sentì invadere dalla malinconia. « E se cercassi di dimenticare queste stravaganze facendo un’altra dormitina? » pensò; ma non poté mandare ad effetto il suo proposito : era abituato a dormire sul fianco destro e, nello stato attuale, gli era impossibile assumere tale posizione. Per quanta forza mettesse nel girarsi sul fianco, ogni volta ripiombava indietro supino. Tentò almeno cento volte, chiudendo gli occhi {1}per non vedere quelle gambette divincolantisi, e a un certo punto smise perché un dolore leggero, sordo, mai provato prima cominciò a pungergli il fianco.


«Buon Dio,» pensò, «che mestiere faticoso ho scelto! Dover prendere il treno tutti i santi giorni... Ho molte più preoccupazioni che se lavorassi in proprio a casa, e per di più ho da sobbarcarmi a questa tortura dei viaggi, all’affanno delle coincidenze, a pasti irregolari e cattivi, a contatti umani sempre diversi, mai stabili. All’inferno tutto quanto! » Sentì un lieve pizzicorino sul ventre; lentamente, appoggiandosi sul dorso, si spinse più in su verso il capezzale, per poter sollevare meglio la testa, e scoprì il punto dove prudeva: era coperto di tanti puntolini bianchi, di cui non riusciva a capire la natura; con una delle gambe provò a toccarlo, ma la ritirò subito, perché brividi di freddo lo percorsero tutto.1


Ora qual è esattamente il « parassita » nel quale il povero Ciregor, lo squallido viaggiatore di commercio, è stato così d’improvviso trasformato? Appartiene ovviamente al tipo degli « artropodi » (« zampe articolate »), di cui fanno parte gli insetti, i ragni, i centopiedi e i crostacei. Se le « gambe numerose » citate all’inizio sono più di sei, Gregor dal punto di vista zoologico non sarebbe un insetto. Ma un uomo che si sveglia sulla schiena e scopre di avere anche solo sei gambe che vibrano nell’aria è autorizzato a ritenere che sei sia un numero sufficiente a giustificare l’aggettivo « numerose ». Supponiamo dunque che Gregor abbia sei zampe, che sia un insetto.


Ma quale insetto? I commentatori dicono scarafaggio, che naturalmente non ha senso. Uno scarafaggio è un insetto di forma piatta con grosse zampe, e Gregor è tutto fuor che piatto : è convesso da entrambe le parti, ventre e schiena, e ha le gambe piccole. È simile a uno scarafaggio solo per un aspetto : la colorazione bruna. Niente altro. A parte questo, ha un enorme ventre convesso diviso in segmenti e una solida schiena arrotondata che fa pensare alle elitre. Nei coleotteri queste elitre nascondono piccole fragili ali che possono allargarsi e portare l’insetto per chilometri in un volo brancolante. Curiosamente, Gregor coleottero non s’accorge mai di avere delle ali sotto il solido rivestimento del suo dorso. (È da parte mia un’osservazione molto sottile di cui dovreste far tesoro per tutta la vita. Certi Gregor, certi Mario e Maria non sanno di avere le ali.) Inoltre ha delle robuste mandibole. Si serve di questi organi per girare la chiave in una serratura stando eretto sulle gambe posteriori, sul terzo paio di gambe (piccole e forti), e questo ci dà la lunghezza del suo corpo, che misura circa novanta centimetri. Nel corso del racconto, si abitua a poco a poco a servirsi delle sue nuove appendici : i piedi, le antenne. Questo coleottero bruno, convesso, grande quanto un cane, è molto largo. Io lo immaginerei così :


 


 


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Nell’originale tedesco la vecchia serva lo chiama Mistfaker, cioè « scarabeo stercorario ». È evidente che la brava donna aggiunge questo epiteto solo per mostrarsi cordiale. Tecnicamente non è affatto uno scarabeo stercorario. È solo un grosso coleottero. (Devo aggiungere che né Gregor né Kafka lo hanno visto con troppa chiarezza.)


Esaminiamo più da vicino la trasformazione. Il cambiamento, benché impressionante, non è poi tanto strano quanto si potrebbe presumere a prima vista. Paul L. Landsberg osserva in The Kafka Problem, a cura di Angel Flores (1946): «Quando andiamo a letto in un ambiente che non ci è familiare, siamo soggetti ad avere al risveglio un attimo di smarrimento, un senso improvviso d’irrealtà, e questa esperienza deve ripetersi più e più volte nell’esistenza di un viaggiatore di commercio, un modo di vivere che rende impossibile qualsiasi senso di continuità. » Il senso della realtà dipende dalla continuità, dalla durata. In fondo, svegliarsi insetto, non è molto differente dallo svegliarsi Napoleone o George Washington. (Ho conosciuto uno che si svegliò Imperatore del Brasile.) D’altro canto, l’isolamento e l’estraneità della cosiddetta realtà — sono cose che, dopo tutto, caratterizzano costantemente l’artista, Il genio, lo scopritore. La famiglia Samsa intorno all’insetto fantastico non è altro che la mediocrità che circonda il genio.


PARTE PRIMA


Parlerò ora della struttura. La prima parte del racconto può essere divisa in sette scene o segmenti :


Scena I Gregor si sveglia. È solo. È già stato trasformato in un coleottero, ma le sue impressioni umane si mescolano ancora ai suoi istinti d’insetto. La scena si chiude con l’introduzione dell’elemento, ancora umano, del tempo.


« E volse gli occhi alla sveglia che ticchettava sul cassettone. Santo cielo! pensò. Erano le sei e mezzo: le sfere continuavano a girare tranquille, erano anzi già oltre, si avvicinavano ai tre quarti. Che la soneria non avesse funzionato? [...] Il prossimo Il treno partiva alle sette : per arrivare a prenderlo avrebbe dovuto correre a perdifiato, e il campionario era ancora da riavvolgere, e lui stesso non si sentiva troppo fresco e in gamba. Del resto, fosse anche riuscito a prenderlo, i fulmini del principale non glieli cavava più nessuno, perché al treno delle cinque era andato ad aspettarlo' il fattorino della ditta; e sicuramente già da un pezzo aveva ormai riferito che lui era mancato alla partenza. »2 Pensa di darsi malato, ma conclude che il medico della cassa mutua


lo attesterebbe in perfetta salute. « E si poteva poi dire che in questo caso avesse tutti i torti? In realtà Gregor, a parte una sonnolenza veramente fuori luogo dopo tanto dormire, si sentiva benissimo, aveva anzi un appetito particolarmente gagliardo. » 3


Scena II I tre membri della famiglia bussano alle porte della sua camera e gli parlano rispettivamente dal corridoio, dal tinello e dalla camera della sorella. I familiari di Gregor sono i suoi parassiti : lo sfruttano, lo corrodono dalFinterno. È il suo prurito di coleottero in termini umani. Il patetico desiderio di trovare una qualche protezione dal tradimento, dalla crudeltà e dalla sozzura è il fattore che ha finito col formare il suo carapace, il suo guscio di insetto, che all'inizio sembra solido e sicuro ma si rivela in seguito vulnerabile come lo erano stati la sua carne umana malata e il suo spirito. Quale dei tre parassiti — padre, madre e sorella — è il più crudele? All'inizio parrebbe il padre. Ma il peggiore non è lui : è la sorella, che George ama ma che lo tradisce a partire dalla scena dei mobili a metà del racconto. Nella seconda scena comincia il tema della porta: « Sentì bussare lievemente alla porta dietro il letto. Gregor, chiamò una voce — quella di sua madre — manca un quarto alle sette, non dovevi partire? Dolcissima voce. All’udire la propria in risposta, Gregor inorridì : era indubbiamente la sua voce di prima, ma vi si mescolava, come salendo dai precordi, un irreprimibile pigolio lamentoso. [...] Sì, sì, grazie, mamma, mi alzo subito. Evidentemente la porta di legno non permise che di là ci si accorgesse della voce mutata [...] Ma il breve dialogo aveva richiamato l’attenzione degli altri familiari sul fatto che Gregor, contro ogni previsione, era ancora in casa; e già a una delle porte laterali bussava il padre, piano, ma a pugno chiuso. Gregor, Gregor, chiamò, che succede ? E dopo un breve intervallo levò di nuovo, più profondo,


Il richiamo ammonitore: Gregor! Gregor! Intanto all’uscio dirimpetto si udiva la sommessa implorazione della sorella : Gregor! Non stai bene? Ti serve qualcosa? Ecco, son pronto,» rispose lui in tutte e due le direzioni, e si sforzò di togliere alla voce ogni inflessione strana pronunziando molto chiaramente le singole parole e intercalandole con lunghe pause. Il padre infatti


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


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se ne tornò alla sua colazione, ma la sorella sussurrò : Apri, Gregor, te ne scongiuro. Ma Gregor si guardò bene dall'aprire, anzi lodò in cuor suo l’abitudine presa viaggiando di chiudere sempre, anche a casa, tutte le porte a chiave. »4


Scena III L’alzarsi dal letto, cimento pianificato dall’uomo ma attuato dall’insetto. Gregor pensa ancora al proprio corpo in termini umani, ma ora la parte inferiore di un essere umano è la parte posteriore di un coleottero e la parte superiore di un essere umano è la parte anteriore del coleottero. Un uomo a quattro zampe gli sembra corrispondere a un coleottero su tutte e sei. Ma non se ne rende ancora ben conto e cerca insistentemente di reggersi sul terzo paio di gambe. « Cercò di uscire dal letto dapprima con la metà inferiore del corpo: ma questa parte, che egli non era ancora riuscito a scorgere, né a figurarsene l’aspetto, si dimostrò difficile a smuoversi; gli ci volle un tempo infinito; allora, quasi fuori di sé, raccolta ogni energia, si buttò in avanti alla cieca, ma sbagliò direzione, picchiò con violenza contro il fondo del letto, sentì un male atroce e capì che quella zona del suo corpo era forse, per il momento, proprio la più sensibile. [...] Ma allora: Prima che siano passate le sette e un quarto, disse tra sé, devo assolutamente essere in piedi. Del resto, nel frattempo, saran già venuti a chiedere mie notizie dall’ufficio : aprono prima delle sette. E si dispose a far uscire dal letto, con una sola spinta, l’intero corpo. Lasciandosi cadere giù a quel modo, purché badasse a tenere il capo ben sollevato, poteva sperare di non farsi male. La schiena sembrava dura: battendo sul tappeto non avrebbe sofferto. Più che altro lo preoccupava il pensiero di non poter evitare di fare parecchio rumore, il che avrebbe certo provocato, se non spavento, perlomeno apprensione dietro tutte le porte. Ma era un rischio da correre. [...] Però... a prescindere dal fatto che le porte erano chiuse a chiave, era proprio il caso di chiamare aiuto? Nonostante la situazione angosciosa, quel pensiero lo costrinse a sorridere. » 5


Scena IV Sta ancora dibattendosi quando il tema della famiglia, o delle porte, riprende il sopravvento, e nel corso di questa scena egli cade finalmente dal letto con un tonfo sordo. La conversazione è un po’ sul tipo di un coro greco. Dall’ufficio di Gregor è venuto il procuratore a chiedere come mai Gregor non si è presentato alla stazione. Questa sinistra rapidità nel controllare la negligenza di un dipendente ha tutte le caratteristiche di un brutto sogno. Si ripete il dialogo attraverso le porte, come nella seconda scena. Si noti la sequenza: il procuratore parla a Gregor dal tinello di sinistra; la sorella di Gregor, Grete, parla ;il fratello dalla camera a destra; la madre e il padre si uniscono col procuratore nel tinello. Gregor può ancora parlare, ma la sua voce diventa sempre più indistinta, e ben presto le sue parole risultino incomprensibili. (In Finnegans Wake, scritto da James Joyce venti anni dopo, due lavandaie che si parlano attraverso un fiume e trasformano a poco a poco in un grosso olmo e in una pietra.) Gregor non capisce perché sua sorella dalla camera a destra non si è unita agli altri. « Certo si era appena alzata, e non aveva ancora iniziato a vestirsi. E perché piangeva? Perché lui non si alzava e non apriva al procuratore, perché stava rischiando di perdere il posto, sicché il principale avrebbe ricominciato a perseguitare i genitori con le vecchie ingiunzioni? » 6


Il povero Gregor è talmente abituato a essere solo uno strumento sfruttato dai familiari da non porsi neppure l’ipotesi della compassione; non pensa neppure che Grete possa sentirsi in pena per lui. Madre e sorella si parlano attraverso la camera di Gregor.


La sorella e la serva vengono mandate a chiamare un medico un fabbro. « Gregor intanto si era fatto molto più calmo. Dunque, gli altri non capivano le sue parole, benché a lui fossero parse abbastanza chiare, più chiare di prima, forse perché il suo orecchio vi aveva fatto l’abitudine. Ad ogni modo, ormai la gente era del parere che in lui vi fosse qualcosa non del tutto regolare, ed era disposta ad aiutarlo. La prontezza, la sicurezza con cui erano state prese le prime misure, lo rincoravano: si sentiva nuovamente accolto nella cerchia umana e sperava da quei due uomini, il medico e il fabbro, che non gli apparivano ben distinti, qualcosa di grandioso e di sorprendente. » 7


Scena V Gregor apre la porta: « Lentamente Gregor si spinse verso l’uscio con la sedia; poi, scostata quest’ultima, si appoggiò lutto eretto al battente — i polpastrelli delle sue zampine erano un po’ appiccicosi — e per un istante si riposò dallo sforzo; quindi si accinse a girare con la bocca la chiave nella serratura. Purtroppo gli pareva di non aver denti; e con che cosa allora afferrare la chiave? In compenso però le mascelle erano ben robuste, col loro aiuto la chiave poté essere smossa, anche se, così lucendo, si ferì, e un liquido bruno gli sfuggì di bocca, cadendo sulla chiave e sgocciolando a terra. [...] Dato che fu costretto ad aprirla così, l’aveva già dischiusa abbastanza largamente senza che nessuno l’avesse ancora scorto. Dovette girare adagio intorno al battente, mettendoci tutta la prudenza, per evitare di andare goffamente a gambe all’aria prima di entrare nell’altra stanza. Era ancora tutto impegnato in quel difficile movimento, né aveva modo di preoccuparsi d’altro, quando udì un sonoro <oh! >, qualcosa di simile a un sibilo di vento, uscir di bocca al procuratore, e poi subito lo vide, lui che era il più vicino all’uscio, premersi la mano contro la bocca aperta e lentamente indietreggiare, come spinto da una forza invisibile e graduale. La mamma — che, nonostante la presenza del procuratore, portava ancora i capelli sciolti, alla guisa notturna, e tutti irti — guardò il padre giungendo le mani, fece due passi in direzione di Gregor e infine cadde, mentre le gonne le si sparpagliavano intorno, il volto invisibilmente sprofondato nel seno. Il padre strinse il pugno con aria irata, quasi volesse ricacciare Gregor nella sua stanza, si guardò attorno incerto nel tinello, si coprì gli occhi con le due mani e scoppiò in un pianto che gli squassava il petto possente. » 8


Scena VI Gregor cerca di calmare il procuratore per non farsi licenziare. « Ecco, disse Gregor, ben consapevole di essere stato l’unico a mantenere la calma, ora mi vesto, riavvolgo il campionario e parto immediatamente. Volete lasciarmi partire una buona volta? Ecco, lo vede anche lei, signor procuratore, non sono testardo, lavorare mi piace; certo, i miei viaggi mi affaticano, ma senza di essi non vivrei. Dove va, signor procuratore? In ufficio, vero? Mi promette di riferire ogni cosa fedelmente? Vede, per un momento uno può non sentirsi in grado di lavorare, ma allora è giusto che ci si ricordi quel che ha fatto prima e che si abbia fiducia in lui, nella sua capacità di riprendere il lavoro con più zelo e impegno che mai. »9 Ma il procuratore, inorridito e come in trance, s’avvia vacillando verso la scala per fuggire. Gregor avanza verso di lui — ed è un pezzo stupendo — sul paio più arretrato delle sue sei gambe, ma « ecco che subito, perso l’equilibrio, con un piccolo grido cadde sulle sue zampette. All’istante, per la prima volta quella mattina, provò una sensazione fìsica di benessere : posate ben salde al suolo, le gambe (se ne accorse con gioia) gli ubbidivano perfettamente, fremevano anzi dalla voglia di portarlo dove voleva andare; e già gli pareva di essere sul punto di liberarsi da ogni sofferenza ».10 Sua madre balza in piedi e, indietreggiando per allontanarsi da lui, rovescia dalla tavola apparecchiata il bricco del caffè, che si riversa sul tappeto. « Mamma, mamma, disse Gregor sottovoce guardando su a lei. Per un momento non pensò affatto al procuratore, ma vedendo il caffè che si spandeva non riuscì a trattenere un ripetuto schiocco delle mascelle verso l’alto. All’udirlo, la madre cacciò un altro urlo. » 11 Ora Gregor, nel tentativo di raggiungere il procuratore, « prese la rincorsa per esser certo di acchiapparlo; l’altro probabilmente ne ebbe il sospetto, perché fece un balzo di parecchi gradini e sparì, non senza gettare un <Uh!> che echeggiò per l’intera scala ».12


Scena VII II padre ricaccia brutalmente Gregor nella sua stanza, pestando i piedi e brandendo un bastone in una mano c un giornale nell’altra. Gregor ha qualche difficoltà a passare per la porta socchiusa, ma, costretto da suo padre, ci prova linché non vi rimane incastrato. « Il suo corpo si sollevò da un lato e rimase bloccato nel bel mezzo della soglia, con un fianco tutto lacero, mentre sul bianco battente apparivano chiazze ripugnanti. Era immobilizzato e non si sarebbe più tolto di lì — con le zampette che da un lato penzolavano inerti nel vuoto, dall’altro si schiacciavano dolorosamente a terra — se il babbo non gli avesse menato una gran botta, stavolta davvero liberatoria. Perdendo molto sangue si precipitò in camera; l’uscio fu richiuso col bastone, e finalmente tutto tacque intorno a lui. »13


PARTE SECONDA


Scena I Si compie il primo tentativo di dar da mangiare al coleottero Gregor. Immaginando che la sua condizione sia una sorta di malattia abominevole, ma non disperata, che potrebbe passare col tempo, lo sottopongono all’inizio alla dieta di un essere umano ammalato e lui scopre che gli viene offerto un pasto a base di latte. Siamo continuamente consapevoli di quelle porte, porte che si aprono e si chiudono furtive nel crepuscolo. Dalla cucina, attraverso l’anticamera, sino alla porta della camera di Gregor che dà sull’anticamera, giunge un rumore di passi leggeri, quelli della sorella, che lo risveglia dal sonno, ed egli trova una ciotola di latte deposta in camera propria. Una delle sue zampette è stata danneggiata nello scontro con il padre; migliorerà col tempo, ma in questa scena Gregor zoppica e se la trascina dietro, inutile. È grosso per essere un insetto, ma è più piccolo e più fragile di un essere umano. Gregor si butta sul latte. Ahimè, mentre la sua mente ancora umana accetta con entusiasmo l’idea di quella zuppa dolciastra, con il morbido pane bianco immerso nel latte, il suo stomaco e i suoi organi gustativi di coleottero rifiutano un pasto da mammifero. Benché affamatissimo, il latte lo disgusta ed egli si ritira strisciando al centro della stanza.


Scena II Continua il tema della porta e si introduce il tema della durata. Incominciamo a seguire il corso normale delle giornate e delle serate di Gregor in quel fantastico inverno del 1912 e la sua scoperta della sicurezza del divano. Ma guardiamo e ascoltiamo con Gregor attraverso la fessura della porta del tinello a sinistra. Suo padre aveva l’abitudine di leggere ad alta voce i giornali alla moglie e alla figlia. Naturalmente, questa abitudine è stata ora interrotta e l’appartamento è silenzioso anche se non deserto, ma tutto sommato la famiglia si sta abituando alla situazione. C’è il figlio e fratello precipitato in una mostruosa trasformazione, che avrebbe dovuto farli fuggire in strada a cercare aiuto con urli e pianti in un’incontrollabile compassione —- e invece eccoli qui, i tre filistei, che prendono la cosa con la massima calma.


Non so se avete letto un paio d’anni fa sui giornali la storia di quella coppia di adolescenti che assassinarono la madre della ragazza. Incomincia con una scena molto kafkiana : la madre della ragazza, tornata a casa, ha trovato la figlia e il ragazzo a letto, e il ragazzo l’ha colpita — più volte — con un martello e l’ha trascinata via. Ma la donna in cucina continua a dibattersi e a gemere e il ragazzo dice alla sua bella : « Dammi quel martello, credo che dovrò ancora colpirla. » La ragazza gli dà invece un coltello e lui pugnala la donna più e più volte, sino a farla morire, convinto probabilmente che tutto questo è solo un fumetto: tu colpisci una persona e la persona vede una quantità di stelle e di punti esclamativi, e a poco a poco rinviene, nella puntata successiva. Nella vita fisica, però, non esistono puntate successive, e ora il ragazzo e la ragazza devono sbarazzarsi del cadavere. « Oh, il gesso di Parigi, la dissolverà completamente. » Ma certo — che idea meravigliosa — mettere il cadavere nella vasca da bagno, coprirlo di gesso ed è fatta. Intanto, con la madre sotto il gesso (che non funziona — gesso sbagliato, forse), il ragazzo e la ragazza danno una festa per gli amici. Che divertimento! Buona musica in cassetta e buona birra in lattina. « Ma non potete andare in bagno, ragazzi. Il bagno è in disordine. »


Sto cercando di farvi capire che nella cosiddetta vita reale troviamo a volte una grande somiglianza con la situazione del racconto fantastico di Kafka. Notate la curiosa mentalità dei i retini di Kafka che si godono il giornale della sera nonostante l'orrore incredibile al centro del loro appartamento. « Che vita tranquilla facevano i miei! si disse Gregor, fissando l’oscurità dinanzi a sé, e provò un senso d’orgoglio all’idea di aver potuto assicurare ai genitori e alla sorella una vita simile in una casa cosi bella. » 14 La stanza è alta e vuota e l’insetto comincia a prevalere sull’uomo. È alta la « stanza nella quale non poteva che giacere disteso sul pavimento; e tuttavia quell’angoscia gli riusciva inspiegabile, dato che da cinque anni era la sua camera... Con un moto quasi inconscio, e non senza provare una certa vergogna, si rifugiò sotto il divano. Lì, benché sentisse il dorso un po’ schiacciato e non avesse spazio da alzare il capo, provò subito un vivo senso di benessere; peccato solo che, per stare tutto sotto il divano, il suo corpo fosse troppo largo ».15


Scena III La sorella di Gregor arriva con tutta una scelta di cibi. Porta via la ciotola di latte, non certo a mani nude ma con uno straccio, poiché è stata toccata dal mostro disgustoso. Tuttavia è una creaturina astuta questa sorella, e porta tutta una scelta — verdura marcia, formaggio vecchio, ossa coperte da una salsa bianca coagulata — e Gregor sfreccia verso questo banchetto. « Uno dopo l’altro, con gli occhi che lagrimavano di contentezza, divorò rapido la verdura, il formaggio e la salsa; i cibi freschi, invece, non gli piacquero, ne trovò l’odore insopportabile e anzi li scostò un po’ da quelli che voleva mangiare. » 16 La sorella gira lentamente la chiave nella toppa, come per avvertirlo di ritirarsi, c viene a ripulire mentre Gregor, gonfio di cibo, cerca di nascondersi sotto il divano.


Scena IV Grete, la sorella, acquista nuova importanza. È lei che dà da mangiare al coleottero; è lei sola che entra nella sua tana, sospirando e certe volte invocando i santi — è una famiglia molto cristiana. In uno splendido brano, la cuoca si butta in ginocchio davanti alla signora Samsa, supplicando di licenziarla. Poi, con le lacrime agli occhi, ringrazia i Samsa per averle permesso di andarsene — come una schiava liberata — e, senza che nessuno glielo chieda, giura solennemente di non far mai parola con nessuno di quello che sta succedendo in casa. « Così ogni giorno Gregor riceveva il suo pasto : la prima volta al mattino, quando i genitori e la domestica dormivano ancora, la seconda volta dopo il pranzo di mezzogiorno, mentre i genitori facevano un altro sonnellino e la sorella spediva la domestica a fare qualche commissione. Certamente neanche loro volevano lasciarlo morire di fame, ma forse non erano in grado di sopportare che notizie indirette sui suoi pasti; o forse la sorella voleva risparmiar loro anche il più piccolo dispiacere, dato che senza dubbio soffrivano già abbastanza. » 17


Scena V È una scena molto penosa in cui trapela che Gregor, nel suo passato umano, è stato ingannato dai familiari. Aveva accettato quell’orribile impiego in quella ditta da incubo perché voleva aiutare il padre che, cinque anni prima, aveva fatto bancarotta. « Tutti si erano abituati a questo stato di cose, sia i familiari che lui; loro accettavano il denaro con gratitudine, lui lo dava con piacere; ma quel calore profondo di un tempo non si ripeteva più. Soltanto la sorella gli aveva conservato il suo affetto, ed egli accarezzava un segreto disegno: poiché era, a differenza di lui, amante di musica e suonava con passione il violino, l’anno prossimo l’avrebbe iscritta al conservatorio, incurante delle grosse spese che ciò comportava e che in qualche modo sarebbe riuscito a pareggiare. Quando, nelle sue brevi soste in città, Gregor discorreva con la sorella, sovente parlavano del conservatorio, ma sempre come d’un bel sogno che non si sarebbe mai realizzato. Ai genitori spiacevano anche quegli innocenti accenni, ma Gregor in realtà ci pensava molto concretamente e si proponeva di dare il solenne annuncio la vigilia di Natale. » 18


Ma ora Gregor sente suo padre spiegare che « malgrado tanti infortuni, era residuata dai vecchi tempi una sommetta, certamente non cospicua, ma arrotondata dagli interessi non riscossi tutti quegli anni; inoltre, i soldi che mensilmente Gregor portava a casa — tenendo per sé solo qualche fiorino — non erano stati spesi interamente, e accumulandosi avevano finito per formare un capitaletto. Era vero che con quel denaro in più il padre avrebbe potuto ulteriormente ridurre il debito contratto verso il principale, anticipando in misura notevole il licenziamento di Gregor dalla ditta; ma ormai che aveva disposto così, tanto meglio, indubbiamente ».19 La famiglia crede che questa somma dovrebbe rimanere intatta per qualunque necessità, ma intanto come affrontare le spese quotidiane? Il padre non lavora da cinque anni e non ci si può aspettare che faccia molto. E l’asma vieta alla madre qualsiasi occupazione. O forse toccava « alla sorella, ancora una bimba, appena diciassettenne, tanto felice di vivere come viveva, vestendosi bene, dormendo fin tardi, dando ima mano alle faccende di casa, concedendosi qualche modesto svago e, soprattutto, suonando il violino? Ogni volta che il discorso cadeva su questa necessità quotidiana di denaro, Gregor si allontanava dall’uscio e, lasciatosi andare sul sofà di cuoio lì accanto, si sentiva avvampare di vergogna e di tristezza ».20


Scena VI Inizia un nuovo rapporto tra fratello e sorella, basato stavolta su una finestra anziché su una porta. Gregor « affrontava la grossa fatica di spingere una poltrona sino alla finestra, vi si arrampicava su e, appoggiato al davanzale, guardava fuori; era evidentemente, per lui, un modo di ricordare il senso di liberazione che lo stare affacciato alla finestra gli aveva sempre dato ».21 Gregor, o Kafka, sembra credere che l’impulso di accostarsi alla finestra sia un ricordo della sua esperienza umana. I n realtà è la tipica reazione dell’insetto alla luce : vicino ai vetri delle finestre si trovano polverosi insetti di ogni genere, una tarma sdraiata sul dorso, un falangio zoppicante, poveri insetti in un angolo incappati in una ragnatela, una mosca che ronzando cerca ancora di conquistare la lastra di vetro. La vista umana di Gregor si sta indebolendo, al punto che non riesce più a vedere bene neanche il lato opposto della strada. Il particolare umano è dominato dall’idea generale dell’insetto. (Ma noi cerchiamo di non essere insetti. Studiamo anzitutto ogni particolare di questo racconto; l’idea generale affiorerà da sola più avanti, quando avremo tutti i dati che ci occorrono.)


Sua sorella non capisce che Gregor ha conservato un cuore umano, una sensibilità umana, un senso umano della decenza, della vergogna, dell’umiltà, e un patetico orgoglio. Lo disturba orrendamente per il rumore e la fretta con cui spalanca la finestra per respirare un po’ d’aria fresca, e non si prende la briga di nascondere il proprio disgusto per l’orribile fetore di quella tana. Come non nasconde le proprie reazioni quando lo vede. Un giorno, circa un mese dopo la metamorfosi di Gregor, « e non c’era più, quindi, particolare motivo perché la ragazza si stupisse dell’aspetto di lui — ella entrò nella stanza un po’ prima del solito e trovò Gregor che, immobile e ritto in quell’atteggiamento terrificante, guardava dalla finestra. [...] Ella non solo non entrò, fece anche un balzo indietro e sbatté la porta con tale violenza, da far supporre a qualunque estraneo di averlo trovato appostato all’uscio per morderla. Gregor corse subito a nascondersi sotto il divano, ma dovette aspettare sino a mezzodì prima che la sorella, assai più sconvolta del consueto, rifacesse la sua comparsa ».22 Sono cose che fanno male, e nessuno sa quanto. In una squisita dimostrazione di sensibilità, per risparmiarle lo spettacolo ripugnante di se stesso, Gregor un giorno « si mise sulla schiena il lenzuolo (gli ci vollero ben quattro ore di fatica), lo portò fino al divano e lo accomodò in modo da coprirsene tutto, così che la sorella, anche chinandosi, non potesse vederlo [...] Gregor credette di cogliere un suo sguardo di gratitudine quando con la testa rimosse pian piano il lembo del panno, ad accertare l’effetto prodotto su di lei da quella novità ».23


Bisognerebbe notare quanto è buono e gentile il nostro povero piccolo mostro. La sua qualità di coleottero, mentre deforma e degrada il suo corpo, sembra far affiorare tutta la sua tenerezza umana. Il suo altruismo totale, la sua costante preoccupazione per i bisogni degli altri, acquistano grande rilievo sullo sfondo della sua orribile sorte. L’arte di Kafka consiste da un lato nell’accumulare gli elementi d’insetto di Gregor, tutti i particolari dolorosi del suo rivestimento d’insetto, e dall’altro nel tenere ben viva e limpida davanti agli occhi del lettore la sua tenera e squisita natura umana.


Scena VII È la scena del trasporto dei mobili. Sono trascorsi due mesi. Sinora soltanto la sorella è entrata nella camera; ma Gregor dice a se stesso: mia sorella è solo una bambina; si è assunta il compito di badare a me per pura avventatezza infantile. Mia madre capirebbe meglio la situazione. E poi nella settima scena la madre, asmatica, debole, confusionaria, entra per la prima volta nella sua stanza. Kafka prepara la scena con cura. Per svagarsi, Gregor ha preso l’abitudine di camminare sulle pareti e sul soffitto. È al culmine della magra euforia che il suo essere scarabeo può dargli. « La sorella, accortasi del nuovo passatempo escogitato da Gregor, a causa delle tracce di muco lasciate qua e là al suo passaggio, ebbe l’idea, per agevolarlo il più possibile in tal senso, di togliere dalla stanza i mobili che lo impacciavano, e in primo luogo il comò e la scrivania. » 24 E la madre viene fatta entrare perché dia una mano a portar via i mobili. Si presenta sulla soglia con esclamazioni di gaia impazienza all’idea di rivedere il figlio, una reazione assurda e automatica sostituita da un profondo silenzio all’ingresso nella camera del mistero. « La sorella si accertò anzitutto che la camera fosse in perfetto ordine, poi la fece entrare. Gregor si era affrettato a tirare ancor più giù il lenzuolo e ad ampliarne le pieghe, in modo che sembrasse davvero gettato a caso sul divano. Anche stavolta si trattenne dal curiosare da sotto il panno: rinunciava per ora a vedere la mamma, felice soltanto della sua presenza. Vieni pure, non lo si vede, disse la ragazza, e si capiva che intanto guidava la mamma per mano. » 25


Le donne si affaccendano a smuovere i pesanti mobili finché In madre non esprime un pensiero umano, ingenuo ma tenero, edile ma non privo di sentimento, quando dice: « ...non ti sembri i che portandogli via i mobili gli dimostreremmo che abbiam perso ogni speranza in una sua guarigione, che lo abbandoniamo a se stesso? Per me, la miglior cosa sarebbe che cercassimo di Lisciare la stanza esattamente com’era prima; così Gregor, quando tornerà tra noi, troverà ogni cosa immutata, e gli sarà facile dimenticare al più presto questo brutto periodo. » 26 Gregor è dilaniato tra due emozioni. La sua qualità di insetto gli suggerisce che una stanza vuota con le pareti nude sarebbe più adatta il suo strisciare — ha bisogno soltanto di qualche nicchia in cui nascondersi e dell’indispensabile divano — e che non saprebbe che farsene di tutte queste comodità e ornamenti umani. Ma la voce, della madre gli ricorda il suo passato di uomo. Purtroppo In sorella ha acquisito una strana sicurezza di sé e si è abituata .1 considerarsi un’esperta nelle questioni riguardanti Gregor, anche contro i genitori. «E più ancora, forse, agiva sul suo animo la tendenza all’esaltazione propria delle ragazze della sua età, e che i crea ogni occasione di sfogarsi ; forse era quella che spingeva Grete a rendere più che mai atroce la condizione di Gregor, così da poterglisi dedicare ancor più totalmente. » 27 È una nota curiosa : la sorella dispotica, la sorella forte delle fiabe, la bella impicciona che la fa da padrona con lo scemo della famiglia, le sorelle cattive di Cenerentola, il simbolo crudele della salute, della gioventù e della bellezza in fiore nella casa del disastro e della polvere. Decidono dunque di portar via la roba, ma devono fare veramente una gran fatica con il cassettone. Gregor è in un terribile stato di panico. Teneva in quel cassettone la sega da traforo con la quale aveva l’abitudine di fabbricare oggetti quando era a casa dal lavoro, il suo unico hobby.


Scena VIII Gregor cerca almeno di salvare il quadro nella cornice da lui costruita con la sua amata sega da traforo. Kafka varia i propri effetti, nel senso che ogni volta che il coleottero viene visto dai suoi familiari, appare in una nuova posizione, in un nuovo punto. Qui Gregor corre fuori del suo nascondiglio, senza essere visto dalle due donne che ora s’affannano con la scrivania, e si arrampica sulla parete per acquattarsi sul quadro, con il suo ventre caldo e asciutto sul fresco confortevole vetro. La madre non è di grande aiuto in questo spostamento di mobili e deve essere sorretta da Grete. Grete rimarrà sempre forte e gagliarda, mentre non solo il fratello ma i genitori saranno presto (dopo la scena del lancio delle mele) sul punto di sprofondare in qualche torpido sogno, in uno stato di apatico e decrepito oblio; ma Grete con la solida salute della sua adolescenza rubizza continuerà a sorreggerli.


Scena IX Nonostante gli sforzi di Grete, la madre finisce per vedere Gregor, una « enorme macchia bruna sulla tappezzeria a fiori; ancor prima di acquistare consapevolezza che quella cosa che vedeva era Gregor, gridò con voce rauca, squarciata : Mio Dio, mio Dio! e, a braccia aperte, in atto di totale abbandono, cadde sul divano dove rimase immobile. Ah, Gregor! gridò la sorella alzando il pugno e saettandolo con lo sguardo : dal giorno della metamorfosi, erano le prime parole che gli rivolgeva direttamente. »28 Poi si precipita nel tinello in cerca di qualcosa che possa far rinvenire la madre dallo svenimento. « Gregor pensò di aiutarla (a salvare il quadro c’era tempo), ma era incollato al vetro e se ne staccò con uno strappone; dopo di che corse anche lui nella camera accanto, quasi fosse ancora in grado, come un tempo, di consigliarla sul da farsi, ma non seppe che starsene inerte alle sue spalle, mentre Grete frugava tra le boccette; quando poi ella si voltò, fu atterrita al vederlo e lasciò cadere a terra un’ampolla che si ruppe; una scheggia ferì Gregor in faccia, un medicinale corrosivo gli si sparse attorno. Senz’altro indugio, Grete raccolse quante più boccette poté ed entrò dalla madre, richiudendo l’uscio con un calcio. Adesso Gregor era separato dalla mamma, che forse era in pericolo di morte per colpa sua; non poteva aprire la porta, se non voleva che la sorella abbandonasse la mamma e fuggisse, e perciò non gli rimaneva che aspettare. Oppresso dal cruccio e dal rimorso, cominciò a passeggiare per la camera e, dopo aver strisciato ovunque, sulle pareti, sui mobili, sul soffitto, quando già gli pareva che tutta la stanza gli girasse intorno, si lasciò cadere disperato nel bel mezzo della tavola. »29 C’è dunque un cambiamento nelle rispettive posizioni dei vari membri della famiglia: la madre (sul divano) e la sorella sono nella stanza in mezzo; Gregor in un angolo della stanza di sinistra. A questo punto torna a casa il padre ed entra nel tinello.


Gregor « corse verso la porta della sua stanza e vi si appoggiò contro: in tal modo suo padre, entrando dall’anticamera, avrebbe subito capito che lui non desiderava di meglio che rientrare subito là dentro: non c’era nessun bisogno d’incitarlo, bastava aprirgli la porta e sarebbe scomparso all’istante ».30


Scena X Viene ora la scena del lancio delle mele. Il padre di Gregor è cambiato ed è ora al massimo del suo potere. Non è più l’uomo che giaceva a letto sopraffatto dalla stanchezza e poteva a stento alzare un braccio in segno di saluto, l’uomo che quando usciva strascicava faticosamente i piedi con un bastone a gruccia. « Ora invece era in perfetta forma: indossava una bella livrea da commesso bancario, azzurra con i bottoni d’oro; sull’alto colletto rigido della giubba si diffondeva un possente doppio mento, e gli occhi neri, sotto le folte sopracciglia, brillavano attenti e giovanili, mentre la chioma bianca, solitamente scomposta, era meticolosamente pettinata, lucente e spartita da una scriminatura. Con un lancio che attraversò tutta la stanza, gettò sul divano il berretto adorno di un monogramma d’oro probabilmente di qualche banca — e respingendo indietro i lunghi lembi dell’uniforme, le mani affondate nelle tasche dei pantaloni, avanzò verso Gregor col volto pieno d’ira. Pur essendo incerto sul da farsi, sollevava molto in alto i piedi, tanto che Gregor stupì dell’enorme grandezza delle sue suole. » 31


Come al solito, Gregor è enormemente interessato ai movimenti delle gambe umane, dei grossi e spessi piedi umani, tanto differenti dalle sue esili e guizzanti appendici. Abbiamo qui una ripetizione del tema del rallentatore. (Anche il procuratore, indietreggiando e scalpicciando i piedi, arretra a rilento.) Ora padre e figlio fanno lentamente il giro della stanza : l’intera operazione non sembra quasi nemmeno un inseguimento, tanta è la lentezza con cui è condotta. Poi il padre comincia a bombardare Gregor con i soli proiettili che il tinello può fornirgli — mele, piccole mele rosse — e Gregor viene respinto nella stanza di mezzo, nel cuore della sua natura di insetto. Una mela, « gettata con poca forza, gli sfiorò la schiena senza fargli male; ma un’altra, seguendola immediatamente, gli si conficcò nel dorso. Gregor tentò di trascinarsi avanti, quasi che il cambiar posto potesse lenire lo strano, incredibile dolore che risentiva; restò invece come inchiodato al suolo e si contrasse in un totale sconvolgimento dei sensi. Con l’ultimo sguardo vide spalancarsi l’uscio della sua stanza, irromperne la mamma in camicia, precedendo la sorella, che l’aveva svestita per rimetterla dal deliquio, dirigersi verso il babbo mentre le gonne attorcigliate le cadevano a terra una dopo l’altra, gettarsi sul babbo inciampando nei panni, abbracciandolo, cingendogli la nuca con le mani e implorare — ma in quel momento la sua vista venne meno— misericordia per Gregor ».32


Finisce così la seconda parte. Riassumiamo la situazione. La sorella è decisamente diventata un’avversaria del fratello. Una volta forse gli voleva bene, ma ora lo guarda con disgusto e con rabbia. Nella signora Samsa lottano l’asma e il sentimento. È una madre piuttosto meccanica, con un po’ di meccanico amor materno per il figlio, ma vedremo tra poco che anche lei è pronta ad abbandonarlo. Il padre, come già notato, ha raggiunto un certo grado di forza imponente e di brutalità. Era impaziente sin dall’inizio di ferire fisicamente il figlio indifeso, e ora la mela da lui lanciata si è conficcata nella povera carne di coleottero di Gregor.


PARTE TERZA


Scena I « Per un mese Gregor soffrì della grave ferita riportata: la mela, che nessuno osava togliere, gli era rimasta conficcata quale visibile ricordo nelle carni. Ma l’accaduto era evidentemente servito a ricordare anche al babbo che, con tutta la bruttezza e la ripugnanza del suo attuale aspetto, Gregor era un membro della famiglia, e non si poteva quindi trattarlo da nemico : al contrario, unico dovere dei familiari di fronte a lui era di reprimere il ribrezzo e di pazientare, null’altro. »33 Riprende il tema della porta, poiché ora, di sera, l’uscio che collega la camera buia di Gregor al tinello illuminato viene lasciato aperto. È una situazione sottile. Nella scena precedente, padre e madre hanno raggiunto il loro massimo livello d’energia, lui quando con la sua uniforme splendente raccoglieva quelle piccole bombe rosse, simboli di fecondità e di virilità; lei, la madre, spostando mobili nonostante i suoi fragili condotti respiratori. Ma dopo questo culmine, c’è una caduta, un indebolimento. Sembra quasi che anche il padre sia sul punto di disgregarsi e' di diventare un debole insetto. Dalla porta aperta sembra passare una strana corrente. La malattia di Gregor è contagiosa, pare che l’abbia presa il padre, la debolezza, lo squallore, la sporcizia. « Il babbo, poco dopo terminata la cena, si addormentava sulla poltrona; la mamma e la sorella si raccomandavano a vicenda di tacere; la mamma, curva sotto la lampada, cuciva biancheria fine per un negozio di mode; la sorella, avendo trovato un impiego di commessa, la sera studiava stenografia e francese, nella speranza di ottenere in seguito qualche posto migliore. Ogni tanto il babbo si svegliava e, come fosse del tutto ignaro di aver dormito, diceva alla mamma: Quanto hai cucito oggi! poi subito richiudeva gli occhi, mentre le due donne si scambiavano uno stanco sorriso.


« Il babbo, per una singolare testardaggine, quand’era a casa rifiutava di togliersi l’uniforme di servizio; e mentre la vestaglia inutilizzata restava appesa all’attaccapanni, lui, tutto vestito, sonnecchiava al suo posto, come se dovesse sempre essere pronto per il servizio e anche a casa aspettasse la chiamata di un superiore. Di conseguenza l’uniforme, ad onta delle cure che le dedicavano la mamma e la sorella, andò perdendo la sua lucentezza (tanto più che fin dall’inizio non era nuova); spesso Gregor passava intere serate a guardare quell’abito sempre più macchiato, coi soli bottoni d’oro costantemente lucidi e splendidi, entro il quale il vecchio, benché scomodissimo, dormiva tranquillo. » 34 II padre rifiuta sempre di andare a letto quando è il momento di farlo, nonostante gli incitamenti della madre e della sorella, finché le due donne non lo sollevano sotto le ascelle dalla sua sedia. Allora, « appoggiato alle due donne, si sollevava faticosamente, come se il corpo gli fosse di estremo peso, si faceva guidare da loro fino alla porta, quindi, accomiatandosi con un cenno, se ne andava da solo, mentre la madre gettava il cucito e la sorella smetteva di scrivere, per corrergli appresso e dargli ancora aiuto ».35 L’uniforme del padre finisce per assomigliare a quella di un coleottero, grosso ma un po’ annerito. La sua stanca affaticata famiglia deve trasportarlo da una stanza all’altra e metterlo a letto.


Scena II Continua la disgregazione della famiglia Samsa. Licenziano la domestica e devono assumere un’ancor meno costosa donna di fatica, una gigantesca e ossuta creatura che viene a sbrigare i lavori più pesanti. Dovete tener presente che era molto più faticoso far pulizia e cucinare a Praga nel 1912 che a Ithaca nel 1954. Devono vendere alcuni gioielli di famiglia. « Ma il maggior rammarico era sempre dovuto al fatto di non poter lasciare quell'appartamento, ormai troppo grande nelle mutate circostanze, perché il trasferimento di Gregor appariva un problema insolubile. Gregor, in realtà, si rendeva conto di non essere lui la causa del mancato trasloco : non sarebbe stato difficile metterlo in un’apposita cassa, con qualche foro per l’aria; no, quello che maggiormente disanimava i suoi dal cambiar casa era l’assoluto scoramento in cui si trovavano, era il pensiero di essere vittime di una sciagura che non aveva l’uguale nella cerchia dei parenti e degli amici. » 36 La famiglia è completamente egocentrica e non le restano più forze dopo aver adempito ai suoi obblighi quotidiani.


Scena III Si presenta alla mente di Gregor un ultimo lampo di memoria umana sollecitato dall’impulso, ancora vivo in lui, di aiutare i familiari. Ricorda persino vaghe fidanzate, « ma, invece di soccorrere lui e i suoi, sembravano sempre inaccessibili; e quando scomparivano, egli ne era lieto ».37 La scena è soprattutto dedicata a Grete, che è ora chiaramente la cattiva della storia. « Ormai la sorella, senza curarsi di ciò che avrebbe potuto meglio accontentarlo, ogni mattina e ogni dopopranzo, prima di correre al lavoro, gli spingeva con una pedata nella stanza un cibo qualunque, e la sera lo ritirava con un colpo di scopa, indifferente al fatto che lui l’avesse appena assaggiato o nemmeno toccato, come il più delle volte accadeva. Anche al riordino della stanza provvedeva adesso ogni sera, e non avrebbe potuto sbrigarsela più in fretta. Sulle pareti si vedevano strisce di sudiciume, qua e là giacevano cumuli di polvere e di spazzatura. Nei primi tempi Gregor, ogni volta che la sorella entrava, quasi per significarle il suo rimprovero si metteva negli angoli più bisognosi di pulizia; ma anche se ci fosse rimasto un’intera settimana, la sorella era incorreggibile : vedeva il sudiciume, ma aveva deciso di non toglierlo. D’altra parte, mostrando una suscettibilità assolutamente singolare — che del resto si era propagata all’intera famiglia — non ammetteva che altri provvedessero a questo lavoro. » 38 Una volta che sua madre ha ripulito a fondo la camera con molti secchi d’acqua — e l’umidità ha messo a disagio Gregor — nasce una grottesca baruffa familiare. La sorella scoppia in un pianto convulso, mentre i genitori la guardano stupefatti e smarriti; ma « subito cominciarono ad animarsi; e da un lato il babbo rimbrottava la mamma perché voleva intromettersi nel riordino della stanza di Gregor, dall’altro la sorella strillava che non avrebbe mai più potuto riordinarla; e la mamma cercava di trascinare verso la camera da letto il babbo, che era eccitato al punto di perdere la testa, la sorella, scossa dai singhiozzi, tempestava la tavola coi piccoli pugni, e Gregor fischiava forte d: rabbia perché nessuno pensava a chiudere l’uscio per risparmiargli quella vista e quel fracasso ».39


Scena IV S’instaura uno strano rapporto tra Gregor e l’ossuta donna di fatica, che di fronte a lui prova un senso di divertimento, e non di paura, e che di fatto lo trova abbastanza simpatico. « Vieni un po’ qui, vecchio bacarozzo, »40 gli dice. Fuori sta piovendo, forse è il primo segno della primavera.


Scena V Arrivano i pigionanti, i tre pigionanti barbuti, con la mania dell’ordine. Sono creature meccaniche; le loro barbe sono maschere di rispettabilità, ma in realtà sono tre grette canaglie, questi signori dall’aria seria. In questa scena avviene una grande modifica nell’appartamento. I pigionanti occupano la camera dei genitori all’estrema sinistra, oltre il tinello. I genitori si trasferiscono nella camera della sorella, a destra di quella di Gregor, e Grete deve dormire in tinello; quindi non ha più una stanza propria, perché è lì che gli inquilini consumano i pasti e passano le serate. Inoltre, i tre pigionanti barbuti hanno portato in questo appartamento ammobiliato dei mobili loro. Hanno una passione diabolica per l’ordine superficiale e tutte le suppellettili che non gli servono finiscono nella camera di Gregor. È dunque esattamente il contrario di ciò che era accaduto nella scena dei mobili (scena VII della seconda parte), quando si era tentato di sgombrare completamente la stanza. Avevamo avuto allora il riflusso della mobilia, abbiamo ora il flusso di ritorno, i relitti trascinati a riva, l’affluire di ciarpame d’ogni genere; e curiosamente Gregor, pur essendo un coleottero molto malato — la ferita sta andando in putrefazione e lui ha perso l’appetito — prova un ( erto piacere da insetto a strisciare tra quelle cianfrusaglie polverose.


In questa v scena della terza parte, nella quale avvengono tutti i cambiamenti, viene descritto anche il modo in cui sono mutati i pasti familiari. Al movimento meccanico degli automi barbuti corrisponde la reazione automatica dei Samsa. Gregor vede i pigionanti « sedersi in cima al tavolo, al medesimo punto in cui nel passato sedeva lui stesso a mangiare col babbo e con la mamma, spiegare i tovaglioli, impugnare coltello e forchetta. Subito apparve sulla soglia la mamma con un piatto di carne; dietro a lei la sorella, con un altro piatto colmo di patate. Dalle vivande saliva denso il fumo. I signori si chinarono sulle pietanze apparecchiate, quasi a volerle esaminare prima del pasto, ed effettivamente quello che sedeva in mezzo (e che sembrava esercitare una certa autorità sugli altri) tagliò dal piatto una fetta di carne, senza dubbio per accertare se era abbastanza tenera e se non fosse il caso di rimandarla in cucina. L’esame lo soddisfece, e la mamma e la sorella, che erano state a osservarlo' trepidanti, sorrisero respirando di sollievo ».41 Si ricorderà il profondo e invidioso interesse di Gregor per i grandi piedi; adesso lo sdentato Gregor s’interessa anche dei denti : « Al disopra dei rumori di vario genere che accompagnavano il pasto, si udiva quello dei denti occupati a masticare, e Gregor se ne stupì : pareva quasi che gli volessero mostrare che per mangiare ci volevano i denti, e che con le più potenti mascelle sdentate non si veniva a capo di nulla. E dire che ho appetito, pensò Gregor crucciato, ma non di quella roba lì. Come mangiano di gusto quei signori, mentre io sto andandomene all’altro mondo ! » 42


Scena VI In questa grande scena di-musica, i pigionanti hanno sentito Grete che suona il violino in cucina e, rispondendo automaticamente al valore di divertimento della musica, la invitano a suonare per loro. I tre inquilini e i tre Samsa si riuniscono nel tinello.


Non voglio inimicarmi gli amanti della musica, ma voglio far notare che in termini generali la musica, quale viene recepita dai consumatori, appartiene nella! scala delle arti a una forma più primitiva, più animalesca che non la letteratura o la pittura. Sto considerando la musica in genere non in termini di creazione individuale, d’immaginazione compositiva, nei quali ovviamente eguaglia le arti della letteratura e della pittura, ma nei termini dell’impatto che esercita sull’ascoltatore medio. Un grande compositore, un grande scrittore e un grande pittore sono fratelli. Ma io penso che l’impatto della musica, in una forma generalizzata e primitiva, sull’ascoltatore è di qualità inferiore a quello del libro o del quadro medio. Alludo soprattutto all'influenza carezzevole, cullante, intorpidente della musica su certa gente, per esempio attraverso la radio o i dischi.


Nel racconto di Kafka c’è semplicemente una ragazza che strimpella alla meglio un violino, il che corrisponde al pezzo di musica registrata o trasmessa con i mezzi elettrici di oggi. Ciò che Kafka pensava della musica in generale è esattamente ciò che ho appena detto : il suo carattere animalesco di mezzo per stordire e intontire. Bisogna tener presente questo atteggiamento nell’interpretare una frase molto importante e fraintesa da certi traduttori. Dice letteralmente : « Era Gregor proprio una bestia, se la musica a tal punto lo affascinava? » In altri termini, nella sua forma umana la musica lo interessava poco, ma in questa scena, come coleottero, ad essa soccombe. « Gli pareva di veder disegnarsi davanti a lui la via verso un cibo desiderato quanto sconosciuto. » 43 La scena prosegue in questo modo : « Non si chiedeva come mai, negli ultimi tempi, aveva smesso di farsi tanti scrupoli verso gli altri, mentre prima quella sua sensibilità lo aveva riempito d’orgoglio. In quel momento avrebbe avuto ben ragione di nascondersi, sudicio com’era a causa della polvere che gli riempiva la stanza e si sollevava alla minima mossa; con i fili, i capelli e i resti di cibo che gli si erano appresi alla schiena e ai fianchi. Ma la sua indifferenza verso ogni cosa era ormai troppo grande perché si coricasse sulla schiena e si sfregasse sul tappeto, come in passato faceva più volte al giorno; e nonostante fosse in così misere condizioni, non esitò ad avanzare alquanto sull’immacolato pavimento del tinello. » 44


All’inizio nessuno s’accorge di lui. I pigionanti, delusi nella loro aspettativa di ascoltare una bella musica di violino, si sono raccolti vicino alla finestra e stanno solo aspettando che la musica finisca. Eppure, secondo Gregor, la sorella sta suonando benissimo. « Venne avanti un altro poco, tenendo il capo rasente al suolo, sforzandosi d’incontrare quegli occhi. Dunque era proprio una bestia, se la musica a tal punto lo affascinava? Gli pareva di veder disegnarsi davanti a lui la via verso un cibo desiderato quanto sconosciuto. Era deciso a spingersi fino alla sorella, a tirarla per la veste finché capisse che doveva andare col violino nella sua stanza, giacché nessuno avrebbe saputo ripagarla della sua musica come voleva ripagarla lui. Dalla sua stanza non l’avrebbe più lasciata uscire, almeno finché fosse rimasto in vita; stavolta gli sarebbe stato utile il suo aspetto orripilante: appostato nello stesso tempo a tutte le entrate della camera, avrebbe sbuffato di collera contro gli intrusi. E lei doveva restare spontaneamente, non per forza : doveva sedersi accanto a lui sul divano e tendergli l’orecchio, ed egli le avrebbe confidato la sua ferma intenzione di farla entrare al conservatorio, intenzione che, se non fosse sopravvenuta questa disgrazia, pensava di annunciare pubblicamente lo scorso Natale — ma era già passato Natale? — senza curarsi delle possibili obiezioni. La confidenza avrebbe fatto scoppiar la sorella in un pianto di commozione, e Gregor, sollevandosi fino alla sua ascella, le avrebbe baciato il collo, che, da quando andava al negozio, ella portava libero da nastri e collettini. » 45


D’improvviso il pigionante di mezzo lo vede, ma anziché scacciare Gregor, il padre si preoccupa di tranquillizzare i pigionanti e (in un capovolgimento delle sue azioni) « si precipitò verso di loro a braccia spalancate, cercando di sospingerli nella loro camera e al tempo stesso d’intercettare col proprio corpo la vista di Gregor. Ottenne piuttosto il risultato di incollerirli, non si capiva di preciso se per il suo contegno, o perché ora si rendevano conto di aver avuto, a loro insaputa, un essere come Gregor per vicino di camera. Chiesero al padre spiegazioni, alzando a loro volta le braccia, stiracchiandosi inquieti le barbe e ripiegando lentamente verso la loro stanza ».46 La sorella corre nella camera dei pigionanti e rifà rapidamente i letti. « Il babbo sembrava nuovamente in preda al suo fanatismo, al punto da dimenticare affatto il rispetto dovuto agli ospiti : li spingeva senza tregua, finché, raggiunta la soglia della stanza, il signore di mezzo diede un tremendo colpo col piede, costringendo in tal modo il babbo a fermarsi. Da questo momento dichiaro,) disse alzando le mani e cercando con lo sguardo anche la mamma e la sorella, che tenuto conto della disgustosa situazione esistente in questa casa e in questa famiglia, e qui sputò, breve e deciso, sul pavimento, do disdetta immediata di questa stanza. S’intende che, per i giorni trascorsi qui, non pagherò un soldo; anzi, mi riservo di esaminare l’eventualità di richiederle giudizialmente un indennizzo, che, mi creda, non avrò difficoltà a motivare. Tacque e guardò dritto dinanzi a sé, come se aspettasse qualcosa; e infatti i suoi due amici fecero coro all’istante : Anche noi diamo disdetta immediata. Dopo di che, il primo afferrò la maniglia e con gran fracasso chiuse l’uscio. » 47


Scena VII La sorella è completamente smascherata; il suo tradimento è assoluto e, per Gregor, fatale : « Non pronuncerò il nome di mio fratello di fronte a questa bestiaccia, e perciò vi dico semplicemente : dobbiamo far di tutto per liberarcene. [...]


« Dobbiamo cercare di liberarcene, ripeté la sorella, parlando ora al babbo, poiché la tosse della mamma le impediva di sentire, o finirete per rimetterci la vita tutti e due, ve lo garantisco. Quando si è costretti a un lavoro duro come il nostro, non si può essere sottoposti, stando a casa, a questo eterno tormento. Neanch’io ci resisto più. E scoppiò a piangere tanto dirottamente che le sue lacrime gocciolavano sul viso della mamma, ed ella, con gesto meccanico, le asciugava via via. »48 Entrambi i genitori riconoscono che Gregor non è in grado di capirli, e quindi non è possibile arrivare a un accordo con lui.


« Deve andarsene, gridò la sorella, non c’è altra via, babbo. E tu devi soltanto sforzarti di non credere che questo sia Gregor. La nostra sfortuna è stata proprio di averlo creduto per tanto tempo. Com’è possibile che sia Gregor? Se lo fosse, si sarebbe accorto da un pezzo come sia assurdo che degli esseri umani possano convivere con una bestia simile; se ne sarebbe andato da sé, e noi non avremmo più avuto un fratello, ma avremmo potuto vivere ancora onorando la sua memoria. Questa bestia invece sta qui a perseguitarci, spaventa i nostri ospiti, aspira evidentemente a impadronirsi di tutta la casa e a farci dormire in strada. » 49


L’essere sparito come fratello umano e il dover ora sparire come coleottero infligge a Gregor l’ultimo colpo. Dolorosamente, debole e malconcio com’è, rientra strisciando in camera propria. Ma sulla soglia si volta, e il suo sguardo si posa sulla madre, che si è addormentata. « Era appena entrato nella sua stanza, quando l’uscio fu richiuso e sprangato furiosamente, e la chiave girò nella toppa. Il rumore improvviso spaventò Gregor al punto che le zampine gli si piegarono sotto. Era stata la sorella ad avere tutta quella fretta : aspettando ch’egli uscisse si era alzata, poi lo aveva raggiunto con un balzo leggero che lui non aveva nemmeno udito. Finalmente ! gridò ai genitori nel momento in cui faceva scattare la serratura. »50 Nella sua camera buia, Gregor scopre di non potersi muovere e, benché soffra, gli sembra che il suo male stia scomparendo. « Non si accorgeva neppure della mela marcia che gli stava conficcata nella schiena, né dell’infiammazione circostante, tutta coperta di morbida polvere. Con amore commosso, ripensò ai suoi familiari. Della necessità della propria scomparsa era convinto, se possibile, ancor più fermamente della sorella. Rimase in quello stato di vacua e tranquilla riflessione finché l’orologio del campanile suonò le tre del mattino; vide allora dalla finestra cominciare a sbiancarsi ogni cosa, poi, senza esserne cosciente, chinò definitivamente il capo e dalle narici esalò fievole l’ultimo respiro. »51


Scena VIII II corpo morto e secco di Gregor viene scoperto il mattino dopo dalla donna di fatica e un grande, caldo senso di sollievo permea il mondo d’insetti della sua spregevole famiglia. È un punto da notare con attenzione e con amore. Gregor è un essere umano in vesti d’insetto; i suoi familiari sono insetti in vesti di persone. Morto Gregor, le loro anime d’insetti si rendono improvvisamente conto di essere libere di godersela, « Vieni un momento in camera nostra, Grete, disse la signora Samsa{2}con un malinconico sorriso, e Grete, data un’ultima occhiata alla spoglia, seguì i genitori nella stanza matrimoniale. La serva chiuse l’uscio e spalancò ben bene la finestra. Era ancor presto, ma all’aria fresca si mescolava già un lieve tepore. Marzo stava ormai per finire. » 52


Scena IX Abbiamo una splendida immagine dei pigionanti che chiedono accigliati la colazione, ma ai quali si mostra invece il cadavere di Gregor. Li si invita a entrare nella sua stanza. « Essi obbedirono e, con le mani infilate nelle tasche delle giacchette un po’ logore, si fermarono in piedi, nella stanza ormai piena di luce, attorno alla salma. » 53 Qual è la parola chiave qui? Logore nel sole. Come in una fiaba, nel Lieto fine di una fiaba, l’incantesimo maligno si dissolve con la morte del mago. I pigionanti appaiono logori, non sono più pericolosi, mentre i membri della famiglia Samsa ingigantiscono, acquistano potere e vitalità. La scena si chiude con una ripetizione del tema della scala, nello stesso modo in cui si era allontanato, al rallentatore, il procuratore, aggrappandosi alla ringhiera. Quando il signor Samsa ordina loro di andarsene, i pigionanti sono già domati. « Tutti e tre, in anticamera, tolsero i cappelli dall’attaccapanni, i bastoni dal portaombrelli, s’inchinarono silenziosi ed uscirono dalla casa. » 54 Scendono ora, tre pigionanti barbuti, automi, fantocci a orologeria, mentre la famiglia Samsa s’affaccia alla ringhiera per guardarli scendere. La scala che serpeggia all’interno del condominio imita, per così dire, le gambe articolate di un insetto; e i pigionanti ora spariscono, ora riappaiono, scendendo sempre più giù, da un pianerottolo all’altro, da un’articolazione all’altra. A un certo punto incontrano un garzone di macellaio che sta salendo con una cesta verso di loro e poi sopra di loro, in un fiero atteggiamento con la cesta piena di rosse bistecche e di succulente interiora — rossa carne cruda, luogo di cova di grasse mosche lucenti.


Scena X La scena finale è splendida nella sua ironica semplicità. Splende il sole primaverile sui Samsa che stanno scrivendo le loro tre lettere — articolazioni, zampe congiunte, zampe felici, tre insetti che scrivono le loro lettere — di giustificazione ai rispettivi datori di lavoro. « Decisero di dedicare quel giorno al riposo e a una passeggiata : era una piccola vacanza che non solo si erano meritati, ma di cui avevano assoluto bisogno. »55 Congedandosi dopo il lavoro del mattino, la donna di fatica sorride amabilmente all’informare la famiglia che « quanto alla questione di portar via quell’affare di là, volevo dire, non hanno da preoccuparsi. È già tutto fatto. La signora Samsa e Grete chinarono il capo sulle loro lettere, come se volessero riprendere a scrivere; il signor Samsa, intuendo che la donna aveva voglia di raccontare ogni cosa per benino da principio, respinse decisamente quel proposito tendendo il braccio. [...]


« Stasera la si licenzia, disse il signor Samsa, ma né la moglie né la figlia gli diedero risposta : evidentemente l’irruzione della serva aveva rotto di nuovo, per loro due, la tranquillità appena conquistata. Si alzarono, andarono alla finestra e rimasero lì, tenendosi abbracciate. Il signor Samsa, dalla sua poltrona, si girò verso di loro e le osservò un poco in silenzio, poi le chiamò : Avanti, venite qua. Dimenticate una buona volta le vecchie faccende e prendetevi un po’ cura di me.) Le due donne gli obbedirono subito, gli fecero delle carezze e terminarono in fretta i loro scritti.


« Poi uscirono tutti insieme — era la prima volta dopo tanti mesi — e presero un tram che li portò in aperta campagna fuori della città. Erano soli nella carrozza tutta piena della calda luce del sole. Comodamente appoggiati agli schienali, discussero le prospettive che si aprivano per il futuro. Risultò che, attentamente considerate, queste erano tutt’altro che sfavorevoli : i tre loro impieghi, anche se nessuno ne aveva mai fatto cenno agli altri, erano decisamente vantaggiosi e, ciò che più importa, suscettibili di sviluppo. Naturalmente, per alleviare la situazione immediata, il modo più facile era quello di cambiar casa : avrebbero cercato un quartierino più piccolo e più economico, ma in posizione migliore e comunque più pratico dell’attuale che era stato scelto da Gregor. Mentre così chiacchieravano, i coniugi Samsa, guardando la loro figliola farsi sempre più vivace, si avvidero quasi contemporaneamente come, nonostante tutto il soffrire che le aveva smunto le guance, negli ultimi tempi ella si fosse trasformata in una bella e florida giovinetta. Si fecero più zitti, e quasi inconsciamente, intendendosi con gli sguardi, convennero che presto sarebbe giunto il momento di trovarle un buon marito. E, quasi a confermare quei nuovi sogni e buoni propositi, al termine del percorso la ragazza si alzò per prima, stirando le giovani membra. »{3}56


Permettetemi di riassumere alcuni dei temi principali del racconto :


1. Il numero tre ha una notevole importanza. Il racconto è diviso in tre parti. Nella stanza di Gregor ci sono tre porte. La sua famiglia si compone di tre persone. Compaiono nel corso della storia tre domestiche. Tre pigionanti hanno tre barbe. Tre Samsa scrivono tre lettere. Occorre stare molto attenti a non sopravvalutare l’importanza dei simboli, perché una volta che il simbolo è enucleato dal contesto artistico del libro, si perde ogni senso di godimento. Esistono simboli artistici ed esistono simboli banali, artificiali e persino stupidi. Troverete molti di questi sciocchi simboli nelle interpretazioni psicoanalitiche e mitologiche di Kafka, in quella miscela alla moda di sesso e mito che tanto affascina i cervelli mediocri. In altre parole, i simboli possono essere originali come possono essere stupidi e triti. E l’astratto valore simbolico di un’opera d’arte non dovrebbe mai prevalere sulla sua bella, ardente vita.


Perciò il solo significato emblematico o araldico, più che simbolico, della Metamorfosi è il rilievo dato al numero tre. Ha in realtà un significato tecnico. La trinità, il terzetto, la triade, il trittico sono ovvie forme artistiche come, per esempio, le tre immagini della gioventù, della maturità e della vecchiaia, o qualsiasi altro soggetto triplice. Un trittico è un quadro o una scultura diviso in tre scomparti, ed è esattamente questo l’effetto che Kafka ottiene, per esempio, con le sue tre stanze all’inizio del racconto : il tinello, la camera di Gregor e quella della sorella, dove Gregor è nella stanza centrale. Inoltre la struttura in tre parti fa pensare ai tre atti di una commedia. Bisogna infine osservare che la fantasia di Kafka è vigorosamente logica : e che cosa è più tipico della logica che la triade tesi-antitesi-sintesi? Limiteremo perciò il simbolo kafkiano del tre al suo significato estetico e logico e ignoreremo completamente tutti quei miti che i mitologi sessuali vi leggono sotto la guida dello stregone viennese.


2. Un’altra linea tematica è il motivo delle porte, dell’aprirsi e chiudersi delle porte, che percorre l’intero racconto.


3. Una terza linea tematica concerne gli alti e bassi delle fortune della famiglia Samsa, l’equilibrio sottile tra le loro floride condizioni e la patetica e disperata condizione di Gregor.


Ci sono anche altri sottotemi, ma questi sono i soli indispensabili alla comprensione del racconto.


Notate poi lo stile di Kafka. La sua lucidità, il suo tono preciso e formale, in così clamoroso contrasto con il contenuto da incubo del racconto. Non ci sono metafore poetiche che adornino questa nuda storia in bianco e nero. La limpidezza dello stile sottolinea la cupa ricchezza della fantasia. Contrasto e unità, stile e materia, linguaggio e intreccio sono perfettamente integrati.


NOTE


DV Franz Kafka, Die Verwandlung, in Erzahlungen. Gesammelte Werke, herausgegeben von Max Brod, S. Fischer Verlag, Frankfurt am Main 1952.


LM Franz Kafka, La metamorfosi, trad. it. di Emilio Castellani, Garzanti, Milano 1974.


1 dv, pp. 71-72; lm, pp. 21-22.


2 DV, pp. 73-74; LM, pp. 23-24.


3 DV, p. 74; LM, p. 24.


4 DV, pp. 74-75; LI, pp. 24-25.


5 DV, pp. 76-78; LM, pp. 26-28.


6 DV, p. 8i; LM, pp. 31-32.


7 DV, p. 85; LM, p. 35.


8 DV, pp. 85-87; LM, pp. 36-37.


9 DV, p. 88; LM, pp. 38-39.


10 DV, p. 90; LM, p. 41.


11 DV, p. 91; LM, pp. 41-42.


1 2 DV, p. 91 ; LM, p. 42.


13 DV, p. 93; LM, p. 44.


14 DV, p. 95; LM, pp. 45-46.


15 DV, p. 96; LM, pp. 46-47.


16 DV, p. 98; LM, p. 49.


17 DV, p. 99; LM, pp. 49-50.


18 DV, p. 102; LM, p. 53.


19 DV, p. 103; LM, p. 54.


20 DV, p. 104; LM, p. 55.


2 1 DV, p. 104; LM, p. 55.


22 DV, p. 106; LM, pp. 56-57.


23 DV, pp. 106-107; LMJ P- 57-


24 DV, p. 108; LM, p. 59.


25 DV, p. 109; LM, p. 59.


26 DV, pp. 109-Ilo; LM, p. 60.


27 DV, p. I I I ; LM, p. 62.


28 DV, pp. II3-II4; LM, pp. 64-65.


29 DV, p. 114; LM, p. 65.


30 DV, p. 115; LM, p. 66.


31 DV, p. Il6; LM, p. 67.


32 DV, pp. II7-I18; LM, pp. 68-69.


33 DV, p. Il8; LM, p. 69.


34 DV, pp. I 19-I20; LM, pp. 7O-71.


35 DV, pp. 120-121; LM, p. 72.


36 DV, p. 131 ; LM, pp. 72-73.


37 DV, p. 122; LM, pp. 73-74.


38 DV, p. 123; LM, p. 74.


39 DV, p. 124; LM, p. 75.


40 DV, p. 125; LM, p. 76.


41 DV, p. 127; LM, p. 78.


42 DV, pp. 127-128; LM, p. 79.


43 DV, p. 130; LM, p. 8l.


44 DV, p. 129; LM, p. 80.


45 DV, p. 130; LM, pp. 81-82.


46 DV, p. 131; LM, p. 82.


47 DV, p. I32; LM, p. 83.


48 DV, pp. 133-134; LM, pp. 84-85.


49 DV, p. I34; LM, pp. 85-86.


50 DV, p. 136; LM, p. 87.


51 DV, pp. I36-I37; LM, p. 88.


52 DV, p. 138; LM, p. 90.


53 DV, p. 138; LM, p. 90.


54 DV, p. 139; LM, p. 91.


55 DV, p. 140; LM, p. 92.


56 DV, pp. 141-142; LM, pp. 92-94.