venerdì 25 ottobre 2019


LA MOGLIE DEL FARMACISTA.
Estratto da "Novelle"
Anton Čechov 

La cittaduzza di B., composta di due o tre vie storte, dorme d'un sonno durissimo. Nell'aria stagnante, silenzio. Si sente solo, in qualche posto lontano, probabilmente fuori di città, un cane che abbaia con fievole, arrochita voce tenorile. Presto sarà l'alba.
Tutto da un pezzo ormai si è chetato. Non dorme soltanto la giovane moglie dell'aiuto farmacista Cernomordik, titolare della farmacia di B. S'è coricata già tre volte, ma il sonno si ostina a non venire; e non si sa perché. Sta seduta presso la finestra aperta, in sola camicia, e guarda nella via. Soffoca, si annoia, è di cattivo umore... così cattivo che ha perfin voglia di piangere; ma perché, daccapo non si sa. Come un nodo le sta in petto e di continuo le sale alla gola...
A tergo, a qualche passo dalla moglie del farmacista, rannicchiato contro la parete, ronfa dolcemente lo stesso Cernomordik. Un'avida pulce gli si è confitta alla radice del naso, ma egli non sente ciò e sorride perfino, poiché sogna che tutti in città tossiscono e ininterrottamente comprano da lui le gocce del re di Danimarca. Ora non lo sveglieresti né con punture, né col cannone, né con carezze.
La farmacia si trova quasi all'estremo della città, cosicché la farmacista in distanza può veder la campagna. Ella vede come a poco a poco imbianca il lembo orientale del cielo, come poi s'imporpora, quasi per un grosso incendio. Inaspettata, da dietro un lontano cespuglio, striscia fuori una luna grande, dall'ampia faccia. E' rossa (in generale la luna, uscendo da dietro gli arbusti, è sempre, chi sa perché, enormemente confusa).
D'un tratto, in mezzo alla quiete notturna risuonano i passi di qualcuno e un tintinnio di speroni. Si odono voci.
-Sono gli ufficiali che dalla casa dell'"ispravnik" vanno al campo , pensa la farmacista.
Dopo un po' di attesa, compaiono due figure in bianche tuniche d'ufficiale: una grande e grossa, l'altra più piccola e sottile...
Pigramente, passo passo, si trascinano lungo la stecconata e discorrono forte di qualche cosa. Giunte a pari della farmacia, le due figure cominciano ad andare ancor più piano e guardano le finestre.
- Odora di farmacia... - dice lo smilzo. - Ed è la farmacia! Ah, rammento... La settimana scorsa fui qui comprai dell'olio di ricino.
C'è anche un farmacista con un viso acido e la mascella asinina.
Quella, caro, è una mascella! Proprio con una così Sansone sconfiggeva i filistei.
- Ma sì... - dice il grosso con voce di basso. - Dorme la farmacia!
Anche la moglie del farmacista dorme. C'è lì, Obtesov, una farmacista bellina.
- Ho visto. M'è piaciuta molto... Dite, dottore, possibile ch'ella sia in grado di amare quella mascella d'asino? Possibile?
- No, probabilmente non l'ama. - sospira il dottore con un'espressione come se gli dolesse pel farmacista. - Dorme ora la mammetta dietro la finestrella! Obtesov, eh? Si è distesa dal caldo... la boccuccia semiaperta e un piedino penzoloni dal letto. Quel babbeo del farmacista, penso, di questo ben di Dio non capisce nulla... Per lui, credo, che sia una donna o che sia una damigiana d'acido fenico, fa lo stesso!
- Sapete che cosa, dottore? - dice l'ufficiale, fermandosi. Su, entriamo in farmacia e compriamo qualcosa! Vedremo forse la farmacista.
- Che vi salta in mente; di notte!
- E che fa? Son ben tenuti a vendere anche di notte. Colombello, entriamo!
- E sia...
La moglie del farmacista, nascostasi dietro la tendina ode una rauca scampanellata. Volta un'occhiata al marito, che russa come prima dolcemente e sorride, si getta addosso la veste, calza le babbucce sui piedi nudi e corre in farmacia.
Dietro la porta a vetri si vedono due ombre... La moglie del farmacista alza la fiamma nella lampada e si affretta alla porta per aprire, e più non si annoia, e non è di cattivo umore, e non ha voglia di piangere, ma solo le batte forte il cuore. Entrano il dottore grassone e lo smilzo Obtesov. Ora li si può esaminare. Il panciuto dottore è abbronzato, barbuto e senz'agilità. A ogni minimo movimento la tunica gli fruscia addosso, e sul viso gli spunta il sudore.
L'ufficiale invece è roseo, senza baffi, femmineo e flessibile come un frustino inglese.
- Che cosa desiderate? - domanda loro la moglie del farmacista, tenendosi chiusa sul petto la veste.
- Datemi... e-e-eh... quindici copeche di pastiglie di menta!
La moglie del farmacista, senz'affrettarsi, prende da un palchetto un barattolo e comincia a pesare. I compratori, senza batter ciglio, le guardano la schiena; il dottore ha gli occhi socchiusi, come un gatto sazio, e il tenente è molto serio.
- E' la prima volta che vedo una signora vendere in farmacia, dice il dottore.
- Non c'è nulla di speciale... - ribatte la moglie del farmacista, sbirciando in tralice il roseo viso di Obtesov. Mio marito non ha aiutanti, e io lo aiuto sempre.
- Già... E avete una farmacietta graziosa! Quanti ce n'è di codesti vari... barattoli! E voi non avete paura di passarvela in mezzo ai veleni! Brrr!
La moglie del farmacista suggella il pacchettino e lo porge al dottore. Obtesov porge a lei la monetina. Mezzo minuto trascorre in silenzio... Gli uomini si scambiano degli sguardi, fanno un passo verso la porta, poi tornano a guardarsi.
- Datemi dieci copeche di soda, - dice il dottore.
La farmacista, di nuovo muovendosi pigramente e fiaccamente, allunga la mano verso un palchetto.
- Non avreste qui in farmacia un qualcosa di... - borbotta Obtesov, movendo le dita, - qualcosa, sapete, di allegorico, una qualche bibita vivificante... dell'acqua di Seltz, o che so io? Acqua di Seltz ne avete?
- Sì, - risponde la farmacista.
- Brava! Voi non siete una donna, ma una fata. Su, metteteci insieme un tre bottigliette!
La farmacista suggella in fretta la soda e scompare nell'oscurità dietro l'uscio.
- Un bocconcino! - dice il dottore, strizzando un occhio. - Un ananasso così, Obtesov, non lo troverete neppure all'isola di Madera.
Eh? Che ne pensate? Però... lo sentite il ronfare? E' il signor farmacista in persona che se la riposa.
Di lì a un minuto torna la farmacista e posa sul banco cinque bottiglie. E' stata adesso adesso in cantina, perciò è rossa e un po' turbata.
- Sss... piano! - dice Obtesov, quand'ella, sturate le bottiglie, lascia cadere il cavatappi. - Non fate rumore così, se no sveglierete il marito.
- Ebbene, che c'è, se anche lo sveglio?
- Dorme così dolcemente... vede voi in sogno... Alla vostra salute!
- E per giunta, - dice con voce di basso il dottore, ruttando dopo l'acqua di Seltz, - i mariti sono una storia così noiosa che ben farebbero a dormir sempre. Eh, a quest'acquetta aggiungerei un po' di vinetto di quel rosso!
- Che andate ancora a pensare! - ride la farmacista.
- Sarebbe magnifico! Peccato che nelle farmacie non si vendano alcoolici! Del resto... voi dovete pur vendere il vino come medicina.
Avete del "vinum gallicum rubrum"?
- Sì.
- Bene, ecco! Datecelo! Che il diavolo se lo scortichi, trascinatelo qua!
- Quanto ne volete?
- "Quantum satis"! Prima datecene in acqua un'oncia a testa, e poi vedremo... Obtesov, eh? Prima con acqua, e poi ormai "per se".
Il dottore e Obtesov si mettono al banco, si levano i berretti e cominciano a bere il vino rosso.
- Ed è vino, bisogna riconoscerlo, arcipessimo! "Vinum plochissimum"!
Del resto, in presenza... e-e-eh... sembra un nettare. Voi siete incantevole, signora! Vi bacio mentalmente la manina!
- Pagherei caro per far ciò non mentalmente! - dice Obtesov. Parola d'onore! Darei la vita!
- Questo poi lasciatelo stare... - dice la signora Cernomordik, avvampando e facendo il viso serio.
- Che civettina, però, siete voi! - ride piano il dottore, guardandola di sotto in su, con aria scaltra. - I vostri occhietti sparano a tutt'andare! Pif! Paf! Complimenti: avete vinto! Siamo battuti!
La farmacista guarda i loro visi coloriti, ascolta il loro chiacchierio e ben presto si anima ella stessa. Oh, si sente già così gaia! Entra in conversazione, ride, civetta e beve perfino, dopo lunghe preghiere dei clienti, un paio d'once di vino rosso.
- Se voi, ufficiali, dai campi veniste un po' più spesso in città, ella dice, - se no qui è tremendo, come ci si annoia. Io ci muoio, semplicemente.
- Sfido! - dice inorridito il dottore. - Un ananasso simile... un miracolo della natura, e in un sito sperduto! Benissimo si espresse Griboiedov: -In un sito sperduto! a Saratov! . E' ora che andiamo, però. Molto lieto della conoscenza... lietissimo! Quanto dobbiamo?
La moglie del farmacista leva gli occhi al soffitto e muove a lungo le labbra.
- Dodici rubli e quarantotto copeche! - dice.
Obtesov cava di tasca un grosso portafogli, rovista a lungo in un fascio di biglietti e regola il conto.
- Vostro marito dorme soavemente... sogna! - egli sussurra, stringendo a commiato la mano della farmacista.
- Non mi piace ascoltar sciocchezze...
- Ma quali sciocchezze? Al contrario, non sono punto sciocchezze...
Perfino Shakespeare disse: -Beato chi da giovane fu giovane! .
- Lasciate andare la mano!
Infine i compratori, dopo i lunghi discorsi, baciano alla farmacista la manina e irresoluti, come dubbiosi di aver scordato qualche cosa, escono dalla farmacia.
E lei corre rapida nella stanza da letto e siede a quella stessa finestra. Vede come il dottore e il tenente, usciti dalla farmacia, pigramente se ne scostano una ventina di passi, poi si fermano e cominciano a bisbigliarsi qualcosa. Che cosa? Il cuore le batte, le tempie pure le pulsano, e il perché ella stessa non sa... Forte palpita il cuore, come se quei due, bisbigliando laggiù, decidessero la sua sorte.
Di lì a un cinque minuti il dottore si stacca da Obtesov e va oltre, e Obtesov ritorna. Egli passa davanti alla farmacia una volta, un'altra... Ora si ferma accanto alla porta, ora da capo cammina a gran passi... Infine il campanello tintinna cautamente.
- Chi c'è? Chi è là? - ode la farmacista d'un tratto la voce del marito. - Suonano, e tu non senti! - dice severo il farmacista. Che disordini son questi!
Egli si alza, indossa la veste da camera e, tentennando nel dormiveglia, ciabattando, va in farmacia.
- Che cosa... volete? - domanda ad Obtesov.
- Date... datemi quindici copeche di pastiglie di menta.
Con un ronfare interminabile, sbadigliando sonnacchioso, e dando dei ginocchi contro il banco, il farmacista sale al palchetto e raggiunge il barattolo.
Dopo due minuti la moglie del farmacista vede come Obtesov esce dalla farmacia e, fatti pochi passi, scaglia sulla strada polverosa le pasticche di menta. Da dietro l'angolo gli viene incontro il dottore.
I due si riuniscono e, gesticolando con le braccia, scompaiono nella nebbia mattutina.
- Come sono infelice! - dice la farmacista, guardando con astio il marito che si sveste rapidamente, per rimettersi giù a dormire. - Oh, come sono infelice! - ripete, sciogliendosi d'un tratto in amare lacrime. - E nessuno, nessuno sa...
- Ho dimenticato le quindici copeche sul banco, - borbotta il farmacista, coprendosi con la coperta. - Riponile, per favore, nella scrivania. - E subito si addormenta