venerdì 22 novembre 2024

MINACCIA NUCLERARE DI PUTIN Marco Setaccioli

 


MINACCIA NUCLEARE DI PUTIN 

Marco Setaccioli 

La minaccia di utilizzo di armi nucleari da parte russa è la prova del grande nervosismo che si respira a Mosca, ora che la situazione, che pure doveva volgere al meglio per il Cremlino, dopo le presidenziali americane, ha preso una piega inaspettata, con il via libero da parte degli USA all’utilizzo di armi a lungo raggio in territorio russo, seppure dopo il gong elettorale dello scorso 5 novembre.

Non è escluso infatti che nell’entourage di Putin, si sia fatto largo il sospetto che il silenzio del neoeletto Trump rispetto alla decisione di Biden di togliere il guinzaglio ai temibili ATACMS (solo il figlio del tycoon ha informalmente protestato) nasconda in realtà un accordo tra l’Amministrazione uscente e quella entrante per giocare le due parti in commedia. Biden, non avendo più un problema di ricerca del consenso, si accollerebbe la responsabilità di potenziare al massimo la difesa ucraina, facendo trovare il nuovo (tacitamente consenziente) presidente davanti al fatto compiuto, di uno scenario diverso da quello della campagna elettorale, che giustificherebbe il mancato raggiungimento dell’obiettivo di fermare la guerra in 24 ore.

L’ok statunitense agli attacchi in profondità ha peraltro portato, a cascata, a quello franco-britannico. Fa eccezione solo la Germania, il cui premier Scholz, campione europeo di pessime scelte, non molla sull’utilizzo dei suoi TAURUS. Il cancelliere, d’altra parte, azzoppato dalle recenti consultazioni regionali, da un lato guarda con timore alle elezioni anticipate di febbraio e dall’altro, nonostante gli sbeffeggiamenti dallo zar incassati nell’ultima telefonata fatta a Mosca per chiedere il ritiro delle truppe russe, coccola la segreta speranza di utilizzare i passati rapporti privilegiati (soprattutto commerciali) tra Germania e Russia per assicurarsi un ruolo di mediatore laddove altri hanno fallito.

La logica ed il buon senso consiglierebbero al paese aggressore di non alzare il livello dello scontro, tanto più dopo che già diversi stati del sud globale, inclusi alleati di Mosca come Cina, Brasile, Sudafrica, Kazakistan e Turchia, avevano già pesantemente criticato il Cremlino a margine dell’Assemblea Onu di fine settembre dopo l’esplicita minaccia lanciata qualche giorno prima da Putin. E soprattutto ora che la Russia ha un disperato bisogno di alleati per far fronte alle sanzioni, che, lentamente ma inesorabilmente, cominciano a far traballare seriamente l’economia russa. E’ notizia di ieri che la banca centrale ha rivisto di molto al ribasso le stime di crescita dell’economia, in un paese in cui nessuno investe più e che è funestato da un’inflazione fuori controllo, da tassi di interesse al 21% (con previsioni che possa raggiungere anche il 23%), scarsa manodopera e un crollo di prezzi e vendite del petrolio che rischiano di rendere insostenibile già nel breve/medio periodo lo sforzo bellico.

Lo spauracchio nucleare, che in questo senso non ha speranze di apparire altro che un maldestro bluff, rivela anche la difficoltà di Mosca a delineare una strategia di più ampio respiro, dal momento che evocare una nuova Hiroshima può bastare sul momento a destabilizzare le opinioni pubbliche di paesi più distratti come l’Italia, ma di contro compatta e motiva il fronte interventista sorretto da Francia, Gran Bretagna, Polonia, Baltici, Finlandia, Svezia e Danimarca, nazioni per le quali la sconfitta di Kyiv o un accordo al ribasso rimangono soluzioni inaccettabili.

Di certo c’è che il fattore tempo gioca più a favore di Mosca, come all’inizio della guerra si pensava, ed anzi l’interregno che separa l’elezione di Trump dal suo insediamento potrebbe portare a nuovi ed inattesi scenari. Intanto a favoleggiare di atomica, bombe che creano tsunami ed estinzione dell’umanità vengono lanciati personaggi dall’incrollabile servilismo nei confronti del regime criminale del Cremlino e dotati anche di una fervida fantasia, alimentata da tassi alcolemici straordinariamente alti, come Medvedev e Zakharova.

La verità, da sobri, è invece che la strada per Mosca si fa sempre più stretta e che per uscire dalla crisi servirebbe che le azioni della Russia si ispirassero ai principi di diplomazia, cooperazione e rispetto per la sovranità altrui, elementi che suonano come bestemmie per la cupola mafiosa che oggi occupa il Cremlino. Ma stabilire che la legge del più forte debba prevalere sempre sul diritto internazionale è conveniente solo quando sei certo di essere e rimanere il più forte e non basta avere in mano il pulsante di autodistruzione dell’orbe terraqueo per far credere a tutti di esserlo.