mercoledì 27 novembre 2024

ISLAM E NAZIFASCISMO Alberto Rosselli

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ISLAM E NAZIFASCISMO

Alberto Rosselli


Dal 1933 e fino al 1945 fiorì un’alleanza che avrebbe potuto modificare l’assetto mediorientale. La storia degli intensi e complessi rapporti dei leader musulmani con Hitler e Mussolini.

Il cognome Hitler tradotto in Abu Ali (il redentore), i giovani Nasser e al-Sadat tra la gioventù hitleriana a Norimberga ad acclamare il fuhrer “liberatore” dei musulmani, la spada berbera dell’Islam offerta a Tripoli a un Mussolini che la leva ben alta a cavallo. Il mondo arabo faceva un grande affidamento sull’Asse Roma-Berlino, in chiave anti britannica e francese. È una verità storica poco considerata, che il giornalista e saggista Alberto Rosselli, esperto in geopolitica e dinamiche della diplomazia, illustra con lucidità in uno dei suoi lavori, il volume “Islam e Nazifascismo. Un’alleanza che avrebbe potuto modificare l’assetto mediorientale”.

A ben vedere, sembra naturale e storicamente scontata la convergenza d’intenti, negli anni Trenta, tra i due regimi europei e il pur variegato mondo islamico (ugualmente antisemita), nel quale la religione maomettana faceva e fa tuttora da collante tra popolazioni diverse.

Gli avversari comuni erano gli stessi: l’Inghilterra e la Francia colonialiste. Coincidevano anche i territori, mediorientali, nei quali il Führer e il duce avevano tutto l’interesse a godere della ribellione dei musulmani contro le potenze europee che dalla fine della Prima guerra mondiale dominavano quelle aree. Resta da vedere quale destino avrebbero incontrato i cooperatori islamici del nazifascismo una volta portato a termine, con la loro collaborazione, il processo di “liberazione” a vantaggio di Germania e Italia.

Non abbiamo però difficoltà ad immaginare il peggio per i mediorientali, conoscendo i caratteri totalitari e xenofobi delle dittature nere. Hitler e Mussolini avrebbero gettato presto la maschera e da “protettori” dell’Islam lo avrebbero schiacciato, scatenando probabilmente campagne di genocidio etnico, dal momento che l’ideologia hitleriana considerava inferiori anche i popoli africani ed arabi, tanto sotto il profilo etnico-culturale che biologico. “E la terra sarà pura”: una volta debritannizzato Egitto e Medio Oriente e defrancesizzata l’Africa Settentrionale, la razza eletta ariana avrebbe avuto agio di estendere ai popoli locali la campagna esiziale di arianizzazione del pianeta.

L’elemento che più saldò i progetti di Hitler e dei vertici religiosi arabi è rappresentato certamente dall’antisemitismo. La comune, radicata ostilità nei confronti degli ebrei e la condivisione di progetti avversi alle democrazie occidentali anglo-francesi favorirono tre quarti di secolo fa l’intesa tra due mondi distanti: le dittature europee e il complesso movimento indipendentista arabo.

Rosselli non nasconde che una delle ragioni per cui l’argomento sia stato poco sviluppato in Italia deriva da “un malinteso senso di rispetto per la ‘causa palestinese’ e dagli evidenti contraccolpi che una tale imbarazzante esperienza avrebbe potuto suscitare”, a danno di un popolo ora schiacciato dal sionismo, secondo l’orientamento prevalente tra gli italiani.

Dall’inizio degli anni Trenta, non pochi leader musulmani videro nella Germania nazista: una grande opportunità di riscatto ed anche un modello ideologico dal quale trarre insegnamenti.

Il nazionalismo arabo spinse certi movimenti mediorientali a rivolgersi al potenziale alleato in funzione anti colonialista, oltre all’antiebraismo, che avvicinava il Führer a milioni di musulmani. In documenti ufficiali si nota: l’esagerata convinzione di molti nordafricani e mediorientali che Hitler fosse addirittura un amante se non addirittura un occulto seguace dell’Islam.

In certi ambienti arabi, per piaggeria filogermanica, si arrivò a sostenere che le prime tribù germaniche fossero originarie di Jaramanah, piccolo villaggio siriano non lontano da Damasco, a dimostrazione di antiche discendenze comuni.

Ecco, perciò, gli insistenti contatti del nazifascimo, tra il 1933 e il 1945, con il capo spirituale dei musulmani palestinesi (il gran mufti di Gerusalemme al-Husaynì) e i movimenti pan-islamici, panarabi e nazionalisti di Maghreb, Egitto, Palestina, Mesopotamia.

I motivi che spinsero quella comunità religiosa ad unire i propri destini al dittatore tedesco e a Mussolini sollevano indubbiamente una grande curiosità, tanto più in considerazione dell’attuale contesto geopolitico internazionale, caratterizzato dalla recrudescenza dell’estremismo islamico, che si scatena contro l’Occidente.

Si consideri, che oltre ad una consistenza politica e ideologica l’alleanza aveva anche una dimensione strategica e militare. Esisteva il piano di una grande manovra a tenaglia, tra Egitto e Transcaucasia nel 1942: dopo gli auspicati, ma mai avvenuti successi dell’offensiva del gen. Rommel verso l’Egitto e dell’avanzata dell’Asse sul fronte russo caucasico, l’ambiziosa “Operazione Aida” avrebbe fatto forte affidamento sulla collaborazione dei popoli musulmani locali. E se “Aida” fallì, avvenne per la debolezza italo-tedesca e per l’entrata in guerra del colosso USA, non certo per un ripensamento dell’Islam filohitleriano. Anzi, l’intesa islamo-nazista proseguì negli anni Cinquanta, in Egitto e Siria, con l’afflusso di funzionari e militari tedeschi, per la complicità dell’URSS, in funzione antisraelita.