lunedì 18 novembre 2024

RICORDI.Lezione di Latino(1)

 

RICORDI: LEZIONE DI LATINO (1)

Ho trovato una vecchia foto dei tempi della scuola media. Quanti ricordi di quel tempo lontano. Mi ricordo della mia insegnante di latino, materia che mi fece molto penare.

Era una signora di eta', per me, indefinibile, l'insegnante di latino. Non molto alta, magra, sempre vestita di nero, non credo sposata, capelli corvini stretti a crocchia, occhiali con montatura pesante di tartaruga, con una voce dai toni acuti quando si arrabbiava per gli errori di declinazione : rosa, rosae... In seconda media inferiore, come si chiamava allora, si iniziava a studiare il latino. Non mi ricordo molto delle lezioni a scuola. Ma cosa mi e' rimasto nella memoria sono le ore di sofferenza a casa, mandare a memoria regole grammaticali e sintattiche.

Arriva la fine dell'anno scolastico di seconda media e la pagella mi dice che il voto in latino e' un misero "cinque": condannato a studiare per la "riparazione" a settembre. La regola nella mia famiglia, consolidata dalla storia scolastica dai miei quattro fratelli e una sorella, maggiori di eta', era che nessun insegnante di "ripetizione" poteva essere autorizzato. Non c'erano soldi per pagarlo, e inoltre se uno era "rimandato" era perche' non aveva fatto il "proprio dovere", studiando per quanto bastava. Espressioni tipo "poverino non ce l'ha fatta, ha bisogno di aiuto", non esistevano. Per giunta i fratelli maggiori, piu' comprensiva mia sorella, al massimo ti dicevano "ma non ti vergogni di essere cosi' ignorante".... in dialetto mantovano: "tze n'ignorant"... Ma non era solo questo. In estate tutti, adulti e bambini, dovevano contribuire ai lavori della campagna, ognuno secondo la propria eta'. Poco tempo per studiare materie, per le quali uno aveva avuto tutte le ore necessarie durante l'anno scolastico. Avevamo quattordici mucche. Le coltivazioni erano: erba medica per il fieno, frumento, granoturco (mai conosciuto allora la parola mais), e poi vite, e frutta varia da raccogliere. A giugno quando finiva la scuola era tempo di tagliare il grano, gli adulti con le falci, e i bambini con le donne, una volta raccolto, andavano a "spigolare", che volevs dire raccogliere le spighe che erano rimaste a terra. C'era la raccolta delle pesche, albicocche e susine...per donne e bambini soprattutto. C'era da dare una mano a " rastrellare" il fieno. C'era da "guidare il cavallo" che tirava la botte,  mentre il papa'  "dava al velen" alle viti per evitare l'attacco della peronospera, oidio ecc.. Ogni giorno mio fratello primogenito, l'unico rimasto con mio papa' a coltivare la poca terra, chiamava per assegnare il lavoro ai bambini: cioè a me e a mio fratellino di quattro anni piu' giovane di me.Il lavoro che piu' piaceva, a noi due, era la sorveglianza del trattore che pompava l'acqua di irrigazione, di solito per il granoturco, piu' bisognoso di acqua nei mesi di luglio e agosto, quando la pianta sviluppava le pannocchie, e quindi determinante per la quantita' e qualita del futuro raccolto. Il nostro trattore non era un Landini, quello lo aveva, un vicino che era chiamato  "Mignolin" (non mi ricordo nè nome nè cognome). Non dimentico che dormivamo al conciliante tumtumtum del suo Landini, che entrava dalle finestre aperte per il caldo, perchè Mignolin lo faceva andare tutta la notte. Il nostro era un Fiat R25 che non andava a benzina agricola, economica ma non abbastanza, e nemmeno a nafta come il Landini di Mignolin. Andava a petrolio agricolo che tenevamo nella cisterna sulla quale a volte sedevo per gioco. Da qualche parte dovrebbe esservi anche una foto che mi immortala su quella cisterna. Vicino al trattore avevamo un "canestar" di petrolio col quale dovevamo  rifornire il trattore, ogni due ore, cercando di non versarcene addosso. Non ci siamo mai riusciti. La nostra attività, in riva al fossato, da dove si traeva l'acqua, era di usare la regolare perdita delle tubature, per fare giochi basati su piccoli canali nel terreno, costruendo microscopiche dighe, immaginando castori e lontre e gallinelle d'acqua che nuotassero, sguazzassero, nei canali da noi disegnati. Oppure ci dedicavamo alla caccia delle rane, inseguendole sulla riva, battendo con un legno, con scarsi risultati di cattura. Tutto questo avveniva pero' nel momento piu' bello della giornata: tra l'una e le quattro del pomeriggio mentre il fratellone e il papa' facevano la pennichella, e noi eravamo on the job, ma fuori da occhiute attenzioni. Di notte stavamo in una tenda, probabilmente militare, vicino al trattore a fare la guardia perché non ce lo rubassero. Verso mezzanotte arrivava Enrico che ci dava il cambio e dormiva nella tenda fino al mattino.