mercoledì 18 dicembre 2019


 Il Club del libro e della torta di bucce di patata di Guernsey

Mary Ann Shaffer & Annie Barrows

Presentazione
È il 1946 e Juliet Ashton, giovane giornalista londinese di successo, è in cerca di un libro da scrivere. All’improvviso riceve una lettera da Dawsey Adams – che per caso ha comprato un volume che una volta le era appartenuto – e, animati dal comune amore per la lettura, cominciano a scriversi. Quando Dawsey le rivela di essere membro del Club del libro e della torta di bucce di patata di Guernsey, in Juliet si scatena la curiosità di saperne di più e inizia un’intensa corrispondenza con gli altri membri del circolo. Mentre le lettere volano avanti e indietro attraverso la Manica con storie della vita a Guernsey sotto l’occupazione tedesca, Juliet scopre che il club è straordinario e bizzarro come il nome che porta. Una commedia brillante (anche se nel corso della narrazione emergono tradimenti, bassezze, vigliaccherie) che parla di amore per i libri, di editori, scrittori e lettori, e poi di coraggio di fronte al male, di lealtà e amicizia, e di come i libri ti possano salvare la vita. Pubblicato in 37 Paesi, a lungo in vetta alla bestseller list del “New York Times”, presto un film. Un libro raro, che farete fatica a dimenticare.  Mary Ann Shaffer, nata nel 1934 in West Virginia, è stata libraia, bibliotecaria ed editor di una casa editrice. Ma il suo sogno era quello di scrivere un libro. Cominciò a interessarsi a Guernsey alla fine degli anni settanta, quando rimase bloccata a lungo nell’aeroporto dell’isola a causa di una densissima nebbia. Quando, anni dopo, spinta dal Club del libro di cui faceva parte, finalmente si decise a scrivere un romanzo, Guernsey le tornò subito alla mente. Purtroppo, mentre lo stava terminando, si ammalò gravemente e chiese alla nipote, Annie Barrows, di aiutarla. Shaffer morì nel 2008, poco prima dell’uscita del libro, ma sapendo che sarebbe stato pubblicato in altri dieci Paesi (che poi diventarono 37). Annie Barrows è autrice di libri per bambini, in particolare della serie Ivy and Bean. Dedicato con amore a mia madre, Edna Fiery Morgan, e alla mia cara amica, Julia Poppy

PRIMA PARTE
Signor Sidney Stark, Editore Stephens & Stark Ltd. 21 St James’s Place Londra SW1 8 gennaio 1946 Caro Sidney, Susan Scott è un portento. Abbiamo venduto oltre quaranta copie del libro, il che è stato bellissimo, ma ancora più entusiasmante, dal mio punto di vista, è stato il cibo. Susan è riuscita a procurarsi le tessere annonarie per lo zucchero a velo e delle uova vere per la meringa. Se per tutti i suoi pranzi letterari intende raggiungere tali vette di perfezione non mi dispiacerà affatto viaggiare per il Paese. Pensi che un generoso extra la spronerebbe a cercare del burro? Proviamoci, puoi detrarre il denaro dai miei diritti d’autore. Veniamo alle dolenti note. Mi hai chiesto come procede il lavoro sul mio nuovo libro. Non procede, Sidney. Manie inglesi sembrava così promettente, all’inizio. Del resto si dovrebbe poter scrivere mucchi di pagine sull’Associazione contro la glorificazione del coniglio inglese. Ho scovato una fotografia del Sindacato dei disinfestatori in marcia lungo una strada di Oxford con cartelloni inneggianti ABBASSO BEATRIX POTTER! Ma cos’altro si può aggiungere al riguardo, oltre a una didascalia? Niente, ecco cosa. Questo libro non mi va più. Non riesco proprio a metterci la testa e il cuore. Nonostante Izzy Bickerstaff mi sia – e mi sia stata – molto cara, non voglio più scrivere niente sotto quello pseudonimo. Non voglio più essere considerata una giornalista frivola. Riconosco, questo sì, che far ridere – o almeno sorridere – i lettori in tempo di guerra non è stata impresa da poco, però basta. Ultimamente mi sembra di non riuscire a ritrovare alcun senso di proporzione ed equilibrio, e Dio sa se sono fondamentali per chi vuole scrivere cose umoristiche. A ogni modo, sono felice che la Stephens & Stark stia guadagnando bene con Izzy Bickerstaff va in guerra. Mi risolleva l’animo dalla disfatta della mia biografia di Anne Brontë. Grazie di tutto, con affetto, Juliet P.S. Sto leggendo la raccolta epistolare della signora Montagu. Sai cosa ha scritto quella misera donna a Jane Carlyle? “Mia cara piccola Jane, tutti nascono con una vocazione, e la tua è quella di scrivere incantevoli letterine.” Spero che Jane le abbia sputato in faccia. DA SIDNEY A JULIET Signorina Juliet Ashton 81 Glebe Place Chelsea Londra SW3 10 gennaio 1946 Cara Juliet, congratulazioni! Susan Scott ha detto che durante il pranzo ti sei data al pubblico come un ubriacone al rum – e loro a te –, quindi smetti di preoccuparti del viaggio della settimana prossima. Non ho dubbi che sarà un successo. Avendo assistito alla tua elettrizzante declamazione de Il pastorello canta nella valle dell’umiliazione diciotto anni fa, so che nel giro di pochi minuti avrai tutti ai tuoi piedi. Un consiglio: forse, in questo caso, dovresti evitare di lanciare il libro in platea. Susan non vede l’ora di farti da guida per le librerie di tutto il Paese, da Bath allo Yorkshire. E, ovviamente, Sophie si sta mobilitando per prolungare il tuo viaggio fino in Scozia. Nel mio più esasperante tono da fratello maggiore le ho detto che si vedrà. Le manchi terribilmente, lo so, ma la Stephens & Stark deve restare indifferente a certe pressioni. Ho appena ricevuto i risultati delle vendite di Izzy da Londra e zone limitrofe: sono ottimi. Di nuovo congratulazioni! Non preoccuparti per Manie inglesi; è meglio che il tuo entusiasmo si sia spento adesso piuttosto che dopo aver passato sei mesi a scrivere di coniglietti. Le volgari prospettive commerciali dell’idea erano allettanti, comunque sono d’accordo sul fatto che l’argomento diventerebbe presto orribilmente lezioso. Ti verrà in mente un altro tema, uno che ti piaccia davvero. Ceniamo insieme una sera prima della tua partenza? Decidi tu quando. Con affetto, Sidney P.S. Scrivi incantevoli letterine. DA JULIET A SIDNEY 11 gennaio 1946 Caro Sidney, sì, benissimo. Possiamo andare da qualche parte sul fiume? Voglio ostriche, champagne e roast-beef, se possibile; altrimenti, va bene anche del pollo. Sono molto contenta che le vendite di Izzy siano buone. Così buone da non farmi fare i bagagli e lasciare Londra? Dal momento che tu e la S&S mi avete trasformata in un’autrice di discreto successo, offro io la cena. Con affetto, Juliet P.S. Non ho lanciato Il pastorello canta nella valle dell’umiliazione al pubblico. L’ho lanciato all’insegnante di dizione. L’idea era di gettarlo ai suoi piedi, ma ho sbagliato mira. DA JULIET A SOPHIE STRACHAN Signora Sophie Strachan Feochan Farm Presso Oban Argyll 12 gennaio 1946 Cara Sophie, certo che sarei felicissima di vederti, ma sono un automa senz’anima e senza arbitrio. Sidney mi ha obbligata ad andare a Bath, Colchester, Leeds e diverse altre amene località che ora mi sfuggono, e non posso proprio svignarmela in Scozia. Sidney aggrotterebbe la fronte, socchiuderebbe gli occhi, non mi darebbe tregua. Lo sai quanto sia esasperante averlo alle calcagna. Vorrei potermi defilare e venire nella tua fattoria per farmi viziare. Mi lasceresti appoggiare i piedi sul divano, vero? E poi mi rimboccheresti le coperte e mi porteresti il tè? Pensi che ad Alexander darebbe fastidio vedermi in pianta stabile sul suo divano? Mi hai detto che è un uomo paziente, ma forse alla lunga gli darebbe sui nervi. Perché sono così malinconica? Dovrei essere felicissima all’idea di leggere Izzy di fronte a un pubblico rapito. Sai quanto mi piaccia parlare di libri, e sai quanto io adori ricevere complimenti. Dovrei essere elettrizzata. La verità è che sono triste, più triste di quanto non sia mai stata durante la guerra. È tutto così distrutto, Sophie: le strade, gli edifici, le persone. Specialmente le persone. Forse sono soltanto i postumi di un’orrenda cena a cui ho partecipato ieri sera. Il cibo era disgustoso, ma c’era da aspettarselo. Sono stati gli invitati a darmi sui nervi: erano il più demoralizzante assortimento di individui che mi sia mai capitato di incontrare. Si è parlato solo di bombe e fame. Ti ricordi di Sarah Morecroft? C’era anche lei, tutta ossa, pelle d’oca e rossetto color sangue. Non era bella una volta? Non era pazza di quel cavallerizzo che si è trasferito a Cambridge? Lui non si è visto da nessuna parte; ora è sposata con un medico con la pelle grigia che fa schioccare la lingua prima di parlare. E comunque era un esempio di eccezionale fascino in confronto al mio accompagnatore per la serata, guarda caso celibe, probabilmente l’ultimo rimasto sulla faccia della Terra. Oddio, senti quanto sono meschina! Ti giuro, Sophie, penso proprio che in me ci sia qualcosa che non va. Tutti gli uomini che incontro sono insopportabili. Forse dovrei mirare più in basso, non fino al medico grigio che schiocca la lingua, ma un po’ più in basso sì. Non posso neppure dare la colpa alla guerra: non sono mai stata brava con gli uomini, vero? Credi che l’uomo della caldaia di St Swithin sia stato il mio unico vero amore? Improbabile, visto che non gli ho mai rivolto la parola, ma almeno è stata una passione senza delusioni. E aveva dei bellissimi capelli neri. Poi, come ben sai, c’è stato l’Anno dei Poeti. A Sidney non andavano proprio giù quei poeti, anche se non ne capisco la ragione, visto che è stato lui a presentarmeli. E il povero Adrian? Oh, non c’è bisogno che declami questo triste elenco proprio a te. Eppure, Sophie, che cos’ho che non va? Sono troppo esigente? Non voglio sposarmi tanto per il gusto di farlo. Non riesco a immaginare niente di più deprimente che passare il resto della vita accanto a qualcuno con cui non posso parlare o, peggio ancora, qualcuno con cui non posso stare in silenzio. Che lettera terribile e lamentosa! Visto? Sono riuscita a farti apprezzare il fatto di non poter venire in Scozia. Però forse potrei… il mio destino è nelle mani di Sidney. Da’ un bacio a Dominic da parte mia e digli che l’altro giorno ho visto un topo grosso quanto un terrier. Un abbraccio ad Alexander e ancora più forte a te. Juliet DA DAWSEY ADAMS, GUERNSEY, ISOLE DEL CANALE, A JULIET Signorina Juliet Ashton 81 Oakley Street Chelsea Londra SW3 12 gennaio 1946 Gentile signorina Ashton, mi chiamo Dawsey Adams e vivo nella mia fattoria a St Martin’s Parish, sull’isola di Guernsey. La conosco perché ho un vecchio libro che un tempo apparteneva a lei, Saggi scelti di Elia, di un autore il cui vero nome era Charles Lamb. All’interno della copertina era riportato il suo nome assieme all’indirizzo. Vado dritto al punto: io adoro Charles Lamb. Il libro dice scelti, quindi mi domandavo se per caso l’autore avesse scritto qualcos’altro tra cui scegliere. È questo il genere di cose che mi andrebbe di leggere, e sebbene i tedeschi se ne siano ormai andati, non ci sono più librerie a Guernsey. Vorrei chiederle una gentilezza. Potrebbe inviarmi il nome e l’indirizzo di una libreria di Londra? Mi piacerebbe ordinare per posta altre opere di Charles Lamb, e vorrei anche chiederle se qualcuno ha mai scritto la storia della sua vita e, se sì, dove sarebbe possibile trovarne una copia. Nonostante la sua mente brillante e contorta, credo che il signor Lamb debba aver convissuto con una profonda tristezza. Charles Lamb è riuscito a farmi ridere durante l’Occupazione, soprattutto quando ha scritto del maiale arrosto. Il Club del libro e della torta di bucce di patata di Guernsey ha preso vita proprio a causa di un maiale arrosto che fummo costretti a nascondere ai soldati tedeschi, perciò sento una certa affinità con il signor Lamb. Mi dispiace darle disturbo, ma ancora di più mi dispiacerebbe non sapere nulla di lui, dato che i suoi scritti me lo hanno reso amico. Sperando di non importunarla, Dawsey Adams P.S. Anche la mia amica, la signora Maugery, ha comprato un libretto che un tempo apparteneva a lei. Si chiama C’era un roveto ardente? In difesa di Mosè e dei Dieci Comandamenti. Le è molto piaciuto il suo commento a margine, “Parola di Dio o controllo delle masse???”. Ha deciso quale delle due cose? DA JULIET A DAWSEY Dawsey Adams Les Vaux Lavens La Bouvée St Martin’s, Guernsey 15 gennaio 1946 Gentile signor Adams, non abito più all’indirizzo di Oakley Street, ma sono davvero felice che la sua lettera sia riuscita a trovarmi e che il mio libro abbia trovato lei. Fu uno strazio dovermi separare da Saggi scelti di Elia. Avevo due copie del libro e un estremo bisogno di spazio sugli scaffali, tuttavia venderlo mi ha fatto sentire una traditrice. Lei ha placato la mia coscienza. Mi chiedo come abbia fatto ad arrivare a Guernsey. Forse i libri hanno un istinto segreto per cercare la strada di casa, che li porta dal loro lettore ideale. Come sarebbe bello se fosse vero! Poiché per me non c’è nulla di preferibile al frugare nelle librerie, mi sono recata da Hastings & Sons non appena ho ricevuto la sua lettera. Sono anni che mi servo da loro e ho sempre trovato il libro che volevo, più almeno altri tre che non sapevo di volere. Ho detto al signor Hastings che le interessa una copia in buone condizioni (e non un’edizione rara) di Altri saggi di Elia. Gliela spedirà per posta con annessa fattura, ed è stato molto lieto di sapere che anche lei è un ammiratore di Charles Lamb. Mi ha detto che la migliore biografia di Lamb è stata scritta da E.V. Lucas, e che si metterà in caccia di una copia per lei, anche se forse ci vorrà del tempo. Nell’attesa, la prego di accettare questo piccolo pensiero da parte mia. Sono le sue Lettere scelte. Credo le diranno più cose di lui di quanto possa fare qualsiasi biografia. E.V. Lucas sembra troppo pomposo per essere stato capace di includere il brano di Lamb che preferisco: “Buz, buz, buz, bum, bum, bum, wiz, wiz, wiz, fen, fen, fen, tinky, tinky, tinky, cranch! Alla fine verrò di certo condannato. Sono due giorni di seguito che bevo troppo. Il mio senso morale è giunto all’ultimo stadio di decomposizione e la mia religione si sta infiacchendo”. Lo troverà nelle Lettere (è a pagina 244). Sono state le prime cose di Lamb in cui mi sia imbattuta e mi vergogno di ammettere che ho comprato il libro solo perché avevo letto da qualche altra parte che un uomo di nome Lamb aveva fatto visita al suo amico, Leigh Hunt, rinchiuso in prigione per aver diffamato il principe di Galles. Mentre si trovava lì, Lamb aveva aiutato Hunt a dipingere il soffitto della sua cella di un colore azzurro cielo con nuvole bianche. Quindi, insieme, avevano dipinto un graticcio di rose rampicanti su una parete. In seguito, ho scoperto, Lamb aveva offerto del denaro per aiutare la famiglia di Hunt, sebbene lui stesso fosse poverissimo. Lamb insegnò inoltre alla figlia più piccola di Hunt a recitare il Padre Nostro al contrario. È normale voler sapere il più possibile su un uomo del genere. Ecco ciò che amo della lettura: di un libro ti può interessare un piccolo particolare, e quel piccolo particolare ti condurrà a un altro libro, e da lì arriverai a un terzo. È una progressione geometrica, di cui non si vede la fine e che ha come unico scopo il puro piacere. La macchia rossa sulla copertina, quella che sembra sangue, è proprio sangue. Un momento di disattenzione con il tagliacarte. La cartolina allegata è la riproduzione di un dipinto di Lamb a opera del suo amico William Hazlitt. Se ha tempo di rispondere a questa mia, potrebbe soddisfare qualche curiosità? Tre, per la verità. Perché una cena a base di maiale arrosto doveva restare un segreto? Com’è possibile che un maiale arrosto l’abbia spinta a dar vita a un club del libro? E infine la curiosità più urgente: cos’è una torta di bucce di patata e perché è incluso nel nome del club? Ho subaffittato un appartamento al numero 23 di Glebe Place, Chelsea, Londra SW3. Il mio appartamento di Oakley Street è stato bombardato nel 1945 e ne sento ancora la mancanza. Era meraviglioso: vedevo il Tamigi da tre finestre. So di essere fortunata ad avere comunque un posto dove vivere a Londra, ma preferisco di gran lunga piagnucolare piuttosto che fare l’elenco delle mie fortune. Sono contenta che abbia pensato a me per la sua caccia all’Elia. Cordiali saluti, Juliet Ashton P.S. Non sono mai riuscita a decidermi riguardo a Mosè: la faccenda continua a tormentarmi. DA JULIET A SIDNEY 18 gennaio 1946 Caro Sidney, questa non è una lettera, bensì un atto di scuse.Ti prego di perdonare le mie lamentele per i tè e i pranzi che hai organizzato per Izzy. Ti ho dato del tiranno? Mi rimangio tutto: sono grata alla Stephens & Stark per avermi spedita via da Londra. Bath è una splendida cittadina: adorabili schiere di case bianche e solide invece degli edifici neri e tristi di Londra o – peggio ancora – dei cumuli di macerie che un tempo erano edifici. È una gioia respirare aria pulita e fresca senza fumo di carbone né polvere. Il tempo è freddo ma non è il freddo umido di Londra. Persino la gente in strada sembra diversa: eretta, come le case, non grigia e curva come i londinesi. Susan ha detto che gli ospiti del tè pomeridiano all’Abbott si sono immensamente divertiti; almeno per me è stato così. Dopo un paio di minuti sono riuscita a schiodare la lingua dal palato e ho cominciato a godermi la situazione. Domani io e Susan partiremo per le librerie di Colchester, Norwich, King’s Lynn, Bradford e Leeds. Con affetto e ringraziamenti, Juliet DA JULIET A SIDNEY 21 gennaio 1946 Caro Sidney, viaggiare in treno di notte è di nuovo meraviglioso! Niente più attese di ore nei corridoi, niente più deviazioni per far passare le tradotte e, soprattutto, niente più tende oscuranti. Le finestre che abbiamo superato erano finalmente illuminate e ho potuto curiosare ancora una volta. Mi è mancato così tanto durante la guerra! Mi sentivo come se fossimo diventati tutti delle talpe che corrono ognuna nella propria galleria. Non mi considero una vera e propria guardona (a quelli interessano le camere da letto): io mi entusiasmo per le famiglie nei salotti o nelle cucine. Mi basta una rapida occhiata alle librerie o alle scrivanie, alle candele accese o ai vivaci cuscini del divano per immaginare vite intere. C’era un uomo maleducato e presuntuoso alla libreria Tillman, oggi. Dopo la mia presentazione su Izzy ho chiesto se qualcuno avesse domande. Questo tipo è letteralmente balzato su dalla sedia e mi si è piazzato davanti chiedendomi come fosse possibile che io, una semplice donna, avessi osato imbastardire il nome di Isaac Bickerstaff. “Il vero Isaac Bickerstaff, celebre giornalista, anzi, il cuore e l’anima della letteratura del Settecento, ormai morto e da lei profanato.” Prima ancora che riuscissi a dire una parola, una signora in ultima fila è scattata in piedi: “Oh, si sieda! Non si può profanare una persona che non è mai esistita! Non è morto perché non è mai stato vivo! Isaac Bickerstaff era lo pseudonimo con cui Joseph Addison scriveva le sue rubriche sullo ‘Spectator’! La signorina Ashton può scegliere il falso nome che le pare, quindi chiuda il becco!”. Valorosa paladina! L’uomo ha lasciato la libreria di corsa. Sidney, conosci un certo Markham V. Reynolds Jr.? Se no, potresti cercarmelo nel Who’s Who, nel Domesday Book, negli archivi di Scotland Yard? Se non lo trovi lì, magari è sull’elenco del telefono. Mi ha mandato un bellissimo bouquet di fiori primaverili all’albergo di Bath, una dozzina di rose bianche sul treno e un mucchio di rose rosse a Norwich, il tutto senza alcun messaggio, solo il biglietto da visita. Ora che ci penso: come fa a sapere dove alloggiamo io e Susan, quali treni prendiamo? Tutti i suoi fiori erano lì al mio arrivo. Non so se sentirmi lusingata o braccata. Con affetto, Juliet DA JULIET A SIDNEY 23 gennaio 1946 Caro Sidney, Susan mi ha appena riferito i risultati di vendita di Izzy: stento a crederci. Onestamente pensavo fossero tutti talmente stanchi della guerra che nessuno avrebbe gradito un promemoria e, di certo, non in un libro. Per fortuna, ancora una volta, tu avevi ragione e io torto (quasi mi uccide ammetterlo). Viaggiare, parlare di fronte a un pubblico rapito, autografare libri e incontrare gente nuova è davvero inebriante. Le donne che ho conosciuto mi hanno raccontato certe storie personali di guerra che quasi vorrei poter riavere la mia rubrica per riferirle. Ieri ho spettegolato con grande piacere con una signora di Norwich. Ha quattro figlie adolescenti e proprio la settimana scorsa la più grande è stata invitata a un ricevimento nella scuola militare del paese. Agghindata con il vestito migliore e i guanti immacolati, la ragazza si è avviata verso la scuola, ha varcato la soglia, ha dato un’occhiata al mare di splendidi visi di cadetti di fronte a lei ed è svenuta! La povera piccola non aveva mai visto in vita sua tanti maschi tutti insieme. Pensaci: un’intera generazione cresciuta senza balli, feste o corteggiamenti. Adoro vedere le librerie e incontrare i librai. I librai sono davvero una razza speciale. Nessuna persona sana di mente potrebbe aprire una libreria o farci il commesso per soldi, il margine di guadagno è davvero troppo misero. La spinta è solo un profondo amore per la lettura e per i lettori. Oltre al privilegio di conoscere le novità editoriali. Ti ricordi il lavoro che avevamo a Londra io e tua sorella? Nel negozio di libri di seconda mano del bisbetico signor Hawke? Quanto lo adoravo! Disimballava uno scatolone di libri, ce ne consegnava un paio e diceva: “Niente cenere di sigaretta, mani pulite, e per l’amor di Dio, Juliet, non fare le tue solite note a margine! Sophie, tesoro, non permetterle di bere caffè mentre legge”. E noi ce ne andavamo via con libri nuovi da leggere. Mi sorprendeva allora, e mi sorprende ancora oggi, che un sacco di persone che vagano tra gli scaffali non sappiano esattamente cosa cercano: vogliono solo dare un’occhiata in giro sperando di trovare un libro che le colpisca. Poi, siccome sono abbastanza sveglie da non fidarsi delle belle parole degli editori, fanno al libraio le tre domande fondamentali: l) di cosa parla? 2) L’ha letto? 3) È bello? Un lettore irriducibile – come me o Sophie – non sa mentire. La faccia ci smaschera sempre. Basta un sopracciglio alzato o una piega della bocca per rivelare che si tratta di un libro di scarso valore; allora il cliente sveglio chiederà un consiglio, nel qual caso lo si trascina a forza verso un volume in particolare e lo si obbliga a leggerlo. Se lo legge e lo detesta non si farà più vedere. Ma se invece gli piace sarà cliente a vita. Stai prendendo appunti? Sarebbe il caso. Un editore non dovrebbe mandare alle librerie una sola copia di presentazione, bensì molte, così tutto il personale avrebbe la possibilità di leggerle. Oggi il signor Seton mi ha detto che Izzy Bickerstaff è il regalo ideale sia per qualcuno che ti piace sia per qualcuno che non ti piace ma a cui devi comunque fare un regalo. Ha anche affermato che il trenta per cento di tutti i libri venduti viene comprato per essere regalato. Il trenta per cento??? Scherza? Susan ti ha detto cos’altro è riuscita a sistemare oltre al nostro tour? Me stessa. La conoscevo da appena mezz’ora e già mi aveva detto che tutto di me – trucco, vestiti, acconciatura e scarpe – era scialbo. La guerra era finita, non l’avevo sentito? Mi ha portato da Madame Helena per un taglio, ora sono corti e ricci anziché lunghi e lisci. Mi è stato fatto anche un leggero cachet: Susan e Madame hanno detto che avrebbe fatto risaltare i colpi di sole dei miei “bellissimi riccioli castani”. Ma io ho capito: deve coprire i capelli grigi (quattro, dai miei conti) che hanno cominciato a farsi strada. Ho comprato anche un barattolo di crema per il viso, una lozione profumatissima per le mani, un piegaciglia che mi fa stortare gli occhi ogniqualvolta lo uso. Quindi Susan ha suggerito un vestito nuovo. Le ho ricordato che la regina non aveva problemi a indossare il suo guardaroba del 1939, quindi perché dovrei averne io? Mi ha risposto che la regina non deve far colpo su degli sconosciuti, io però sì. Mi sono sentita una traditrice della Corona e del mio Paese: nessuna donna rispettabile ha abiti nuovi, ma ho dimenticato tutto quando mi sono vista allo specchio. Il mio primo vestito nuovo in quattro anni, e che vestito! È dell’esatto colore di una pesca matura e quando mi muovo ricade in bellissime pieghe. La commessa ha detto che era un esempio di “eleganza francese” e che lo sarei stata anch’io se l’avessi comprato. Cosa che ho fatto. Le scarpe nuove devono attendere, visto che solo per l’abito ho speso l’intero anno di tesseramento. Grazie a Susan, ai capelli, al viso e al vestito nuovo non assomiglio più alla trentaduenne sciatta e disordinata che ero. Sembro una trentenne vivace, raffinata e haute-coutured (se non esiste il verbo in francese dovrebbero inventarlo). A proposito del vestito nuovo e delle scarpe vecchie: non è incredibile che il razionamento sia più severo dopo la guerra che non durante? Mi rendo conto che centinaia di migliaia di persone in tutta Europa devono avere vitto, alloggio e vestiario, ma in fondo al cuore non sopporto che siano per la maggior parte tedesche. Sono ancora a corto di idee riguardo al libro che voglio scrivere. Comincio a deprimermi. Hai dei suggerimenti? Dato che mi trovo in quello che reputo il Nord del Paese, farò una telefonata interurbana a Sophie in Scozia stasera. Hai qualche messaggio per tua sorella? Tuo cognato? Tuo nipote? Questa è la lettera più lunga che abbia mai scritto, non c’è bisogno che tu contraccambi. Con affetto, Juliet DA SUSAN SCOTT A SIDNEY 25 gennaio 1946 Caro Sidney, non credere alle notizie sui giornali. Juliet non è stata né arrestata né portata via in manette. È stata solo rimproverata da uno dei poliziotti di Bradford, che è riuscito a stento a rimanere serio. Ha tirato una teiera in testa a Gilly Gilbert, sì, ma il fatto che lui sostenga di essere stato ustionato è falso: il tè era freddo. Tra l’altro è stato più sfiorato che colpito direttamente. Perfino il direttore dell’albergo ha rifiutato la nostra offerta di risarcirlo per la teiera solo ammaccata. Tuttavia è stato costretto dalle urla di Gilly a far intervenire la polizia. Ti riporto l’intera vicenda, e me ne assumo la responsabilità in toto. Avrei dovuto rifiutare la richiesta di Gilly di intervistare Juliet. So quanto sia disgustoso, uno di quegli ipocriti vermiciattoli che lavorano per il “London Hue and Cry”. Sapevo anche che Gilly e l’“LH&C” erano invidiosi del successo ottenuto dallo “Spectator” con le rubriche di Izzy Bickerstaff, e ovviamente di Juliet. Eravamo appena tornate in albergo dopo la festa organizzata dalla Brady’s Booksmith in onore di Juliet. Eravamo entrambe stanche – ma anche molto soddisfatte – quando Gilly si è materializzato all’improvviso saltando su da una poltrona della hall. Ci ha chiesto di prendere un tè con lui. Ha pregato di poter fare una breve intervista alla “nostra meravigliosa signorina Ashton, o dovrei dire l’Izzy Bickerstaff d’Inghilterra?”. Tanta piaggeria avrebbe dovuto mettermi in guardia, invece no: avevo voglia di sedermi, gongolare per il successo di Juliet e godermi un tè e pasticcini. E così è stato. La chiacchierata stava procedendo abbastanza bene ed ero sovrappensiero quando ho sentito Gilly dire: “… anche lei è stata una vedova di guerra, vero? O meglio, quasi una vedova di guerra. Doveva sposarsi con il tenente Rob Dartry, o sbaglio? Stavate facendo i preparativi per le nozze, non è così?”. Juliet ha risposto: “Come ha detto, signor Gilbert?”. Lo sai quanto è educata. “Non mi sono sbagliato, vero? Lei e il tenente Dartry avevate davvero fatto richiesta per una licenza matrimoniale. Avevate davvero preso appuntamento per sposarvi all’ufficio di Stato Civile di Chelsea, il 13 dicembre 1942, alle ore 11.00. Avevate davvero prenotato un tavolo al Ritz. Solo che lei non si è mai presentata. A me sembra evidente che lei ha piantato il tenente Dartry davanti all’altare – poveretto – e l’ha rispedito, solo e umiliato, alla sua nave, per portare il suo cuore spezzato in Birmania, dove è stato ucciso meno di tre mesi dopo.” Sono sobbalzata sulla sedia, a bocca aperta. Ero lì ferma a guardare, impotente, mentre Juliet cercava di essere educata: “Non l’ho piantato davanti all’altare, è stato il giorno prima. E non era affatto umiliato. Era sollevato. Gli ho semplicemente detto che dopotutto non volevo sposarmi. Mi creda, signor Gilbert, era un uomo felice quando è partito, contento di essersi liberato di me. Non si è ritirato in silenzio sulla sua nave, solo e tradito. Se n’è andato dritto al Club CCB e ha ballato tutta la notte con Belinda Twining”. Benché molto sorpreso, Gilly non si è perso d’animo. È tipico dei piccoli roditori come lui, vero? Ha subito pensato di avere per le mani una storia ancora più piccante per il suo giornale. “A-ha!” ha ammiccato. “Cos’è stato, allora? Alcol? Altre donne? È riaffiorato l’Oscar Wilde che era in lui?” In quel momento Juliet ha lanciato la teiera. Puoi immaginare la baraonda: il salone era pieno di gente che prendeva il tè, ed è così, ne sono sicura, che la stampa è venuta a saperlo. Pensavo che un titolo come: Izzy Bickerstaff va in guerra… un’altra volta! Cronista ferito durante tè in albergo sarebbe stato un po’ duro, ma neanche troppo male. Invece Il Romeo mancato di Juliet: un eroe caduto in Birmania è stato disgustoso, persino per uno come Gilly Gilbert e lo “Hue and Cry”. Juliet teme di aver messo in imbarazzo la Stephens & Stark, ma è davvero stanca di sentir tirare in ballo il nome di Rob Dartry in questo modo. Mi ha detto solo che Rob Dartry era un brav’uomo, davvero buono, che non è stata affatto colpa sua e che non si meritava questo! Tu lo conoscevi? Di certo la combinazione alcol e Oscar Wilde è tutta una fesseria, ma allora perché Juliet ha annullato il matrimonio? Tu lo sai? E se lo sapessi me lo diresti? No, certo. Non so neppure perché te lo sto chiedendo. I pettegolezzi si spegneranno, sicuro, però Juliet deve per forza rimanere a Londra a subire le critiche? Non credi sia il caso di prolungare il viaggio fino in Scozia? Ammetto di essere un po’ indecisa al riguardo. Le vendite là sono state spettacolari, ma Juliet ha lavorato tanto a questi pranzi e ricevimenti: non è facile alzarsi di fronte a una sala piena di sconosciuti ed elogiare se stessi e il proprio lavoro. Non è abituata quanto me a queste kermesse pubblicitarie, e penso che sia molto stanca. Domenica saremo a Leeds, quindi fammi sapere per quel giorno cosa ne pensi della Scozia. Naturalmente Gilly Gilbert è meschino e ignobile e spero faccia una brutta fine, però è anche grazie a lui se Izzy Bickerstaff va in guerra è stato catapultato nella lista dei best seller. Sono quasi tentata di scrivergli una lettera di ringraziamenti. Con affetto e fretta, Susan P.S. Hai scoperto chi è Markham V. Reynolds Jr.? Oggi ha mandato a Juliet una selva di camelie. TELEGRAMMA DA JULIET A SIDNEY TERRIBILMENTE DISPIACIUTA DI AVER IMBARAZZATO TE E LA STEPHENS & STARK STOP BACI JULIET DA SIDNEY A JULIET Signorina Juliet Ashton The Queens Hotel City Square Leeds 26 gennaio 1946 Cara Juliet, non preoccuparti per Gilly, non hai messo in imbarazzo la S&S; mi dispiace solo che il tè non fosse più caldo e che tu non abbia mirato più in basso. Quelli della stampa mi stanno braccando per avere una dichiarazione sull’ultima trovata scandalistica di Gilly e li accontenterò: non preoccuparti, dirò qualcosa sul giornalismo in questi tempi degenerati, niente su di te o Rob Dartry. Ho appena parlato con Susan per il viaggio in Scozia e, anche se so che Sophie non me lo perdonerà mai, ho deciso di no. I dati di vendita di Izzy sono in salita, molto in salita, e secondo me dovresti tornare a casa. Quelli del “Times” ti chiedono un lungo pezzo per il supplemento letterario, il primo di una serie in tre parti che hanno intenzione di pubblicare in uscite successive. Lascerò che siano loro a sorprenderti con l’argomento, però tre cose posso già dirtele con certezza: l’articolo sarà firmato Juliet Ashton, non Izzy Bickerstaff; l’argomento è serio; la cifra di cui hanno parlato significa che potrai riempire il tuo appartamento di fiori freschi ogni giorno per un anno, comprare una trapunta di seta (lord Woolton dice che non c’è più bisogno di avere la casa distrutta dalle bombe per giustificare l’acquisto di coperte nuove) e anche un paio di scarpe in vera pelle, se riesci a trovarle. Ti passerò le mie tessere. Il “Times” vuole l’articolo non prima di fine primavera, quindi avremo più tempo per pensare alla possibilità di un nuovo libro. Tutte buone ragioni per correre a casa. La più grande, comunque, è che mi manchi. Ma veniamo ora a Markham V. Reynolds Jr. In effetti so chi è, e cercarlo nel Domesday Book non sarebbe servito a nulla: è americano. È figlio ed erede di Markham V. Reynolds Sr., che un tempo deteneva il monopolio delle cartiere negli Stati Uniti mentre adesso è solo il proprietario di molti stabilimenti. Reynolds Jr., indole artistica, non si sporca le mani per fare la carta. Ci stampa sopra. È un editore. Il “New York Journal”, “The Word”, “View” sono tutti suoi, come parecchie altre riviste minori. Sapevo che era a Londra. Ufficialmente per aprire la redazione londinese di “View”, ma gira voce che abbia deciso di iniziare a pubblicare libri, ed è qui per sedurre i migliori autori d’Inghilterra offrendo loro prospettive di benessere e prosperità in America. Non sapevo che la sua strategia includesse rose e camelie, però non mi sorprende. Ha sempre avuto una dose abbondante di quella che noi chiamiamo sfacciataggine e gli americani chiamano intraprendenza. Aspetta solo di vederlo: è stato la rovina di donne più forti di te, compresa la mia segretaria. Mi dispiace dirti che è stata lei a dargli il tuo itinerario nonché il tuo indirizzo. Quella stupida ha pensato che avesse un aspetto così romantico, con “un vestito e scarpe così raffinati”. Santo cielo! Non sono riuscito a farle entrare in testa il concetto di violazione della riservatezza, quindi ho dovuto licenziarla. Ti sta dando la caccia, Juliet, non ci sono dubbi. Vuoi che lo sfidi a duello? Senza dubbio mi ucciderebbe, quindi preferirei di no. Mia cara, non posso prometterti benessere o prosperità, neanche il burro se è per questo, ma tu sai che sei l’autrice più amata di Stephens & Stark; soprattutto di Stark, vero? Andiamo a cena la prima sera che torni a casa? Con affetto, Sidney DA JULIET A SIDNEY 28 gennaio 1946 Caro Sidney, sì, verrò con piacere a cena con te. Indosserò il mio vestito nuovo e mangerò come un maiale. Sono così contenta di non aver messo in imbarazzo la S&S con la faccenda di Gilly e la teiera! Ero preoccupatissima. Anche Susan mi ha suggerito di rilasciare alla stampa una “dichiarazione misurata” su Rob Dartry e sul perché non ci siamo sposati. Non potrei mai. Onestamente non mi importerebbe sembrare una stupida, ma Rob ne verrebbe fuori anche peggio. È proprio così che andrebbe, e di certo lui non era uno stupido. Però quello sarebbe il risultato. Preferisco di gran lunga starmene zitta e fare la figura della stronza irresponsabile, volubile e dal cuore di pietra. Vorrei comunque che almeno tu fossi a conoscenza della vera ragione. Te l’avrei detto prima, ma nel 1942 eri imbarcato e non hai mai conosciuto Rob. Neanche Sophie l’ha mai conosciuto, era a Bedford quell’autunno, e dopo le ho fatto giurare di mantenere il segreto. Più rimandavo il momento di raccontare tutto, meno mi sembrava importante che tu lo sapessi, specialmente alla luce di come mi faceva apparire: stupida e senza cervello per il solo fatto di essermi fidanzata.