lunedì 2 dicembre 2019


RICORDI: LA STUFA LUCIDATA COL MINIO
Marinella Bellin

...inutile dire che la stufa era un ospite d'onore...

La mia casa era composta da due stanze. In una si dormiva, nell'altra si viveva, soprattutto d'inverno. La stanza da “giorno” la ricordo benissimo. Si entrava attraversando il cortile e salutando i nonni. Si salivano le scale e, da un terrazzo coperto, si accedeva. A sinistra sul lato corto, c'era la stufa a legna e il lavandino con acqua rigorosamente gelida. Sulla parete lunga il fornello a gas con bombola e la dispensa beige, bellissima, piena di cassetti e di ante. Poi la porta della zona notte. Sulla parete di fronte alla stufa, negli anni è arrivato un divano verde e la radio. L'altra parete lunga prevedeva una porta finestra che dava su di un balconcino, uno specchio con mensola dove papà si rasava con pennello e schiuma, per finire con un armadio a muro. Al centro della stanza, un tavolo (rigorosamente con piano in marmo, gelido) che nascondeva un'asse di legno ed un mattarello (su qualche mia foto compare). Inutile dire che la stufa era l'ospite d'onore. Forniva tutto: profumo, calore, cibo, acqua calda, asciugava i panni, aprendo il forno riscaldava i piedi e andava costantemente alimentata e coccolata. A me toccava pulirne la base e i cerchi con il “minio”, una crema argentata in tubetto. Da fredda (eheheh) la si scartavetrava e poi lucidava come si fa con le scarpe, con uno straccio si stendeva il minio ovunque (aveva un profumo che mi piaceva) e poi, con un altro straccio possibilmente di lana (le canottiere di papà) ci si dava di olio di gomito. Prima di andare a nanna in una stanza totalmente gelida, dal forno uno dei genitori estraeva un mattone “pieno”, non forato e caldissimo, lo avvolgeva nella Gazzetta del Popolo che ogni tanto compravamo e lo portava nel mio lettino posandolo laggiù dove, a breve, avrei posato i piedini.