venerdì 13 dicembre 2019



IL GRAN FIUME PO
Guido Conti
Mondadori, 2012

INCIPIT
La mattina presto, un uomo intabarrato remava in piedi, muovendosi lentamente tra i pioppeti senza fare rumore. Si aggirava con calma, cercando di non dare nell’occhio, con il fucile in spalla e la canna da pesca appoggiata alla barca. Stava con la testa alta, come il cane che fiuta nell’a- ria la presenza della preda nascosta. Il Po continuava a essere alto. Lungo le sponde, oltre gli argini, si sentivano i rumori delle camionette, il crepitio secco di qualche moto che attraversava la pianura e gli aerei degli alleati che passavano in cielo come stormi di uccelli d’argento. L’uomo si muoveva cauto, attento a non dare troppo nell’occhio. Si era alzato col buio, quando l’orizzonte accennava a schiarirsi a oriente, dopo i festeggiamenti per la Liberazione. La sua barca l’aveva salvata nascon- dendola sotto un pagliaio, in una casa abbandonata, prima che i tedeschi arrivassero sul Po a razziare tutto quello che trovavano: porte, serrande, tinozze di legno, tutto ciò che poteva stare a galla diventava una zattera capace di portarli dall’altra parte del fiume, sulla sponda sinistra, verso la salvezza e il ritorno in Germania. Per molti soldati quei legni di fortuna furono trappole senza ritorno. Gli americani avevano già costruito un ponte tra Stellata e Ficarolo, il 24 aprile 1945, il giorno prima della fine della guerra, ma quel ponte di barche e i traghetti di legno per le traversate erano andati perduti durante la ritirata tedesca. L’uomo aveva scelto di scendere più in basso, dove il fiume curvava in un’ansa appartata. Girava per nascondersi meglio a ridosso della riva, guardando attenta- mente la superficie dell’acqua che portava a valle quello che lui cercava.