domenica 5 gennaio 2025

PALESTINA TRA PROPAGANDA E REALTÀ Gioele Joel




PALESTINA TRA PROPAGANDA E REALTÀ 

Gioele Joel

Tra le bufale e i miti che nel corso dei decenni si sono radicati attorno ad Israele, ci sarebbe solo l'imbarazzo della scelta. Vale la pena soffermarsi su quello che potrebbe essere definito come il primo in assoluto, vero e proprio cavallo di battaglia sul quale si innesta tutta la costruzione menzognera della propaganda propalestinese: quello secondo cui il ritorno (perché di ritorno si tratta) del popolo ebraico in Terra di Israele sarebbe avvenuto a danno della popolazione araba locale, che sarebbe stata insediata su quella terra "da tempo immemore".

Peccato che la realtà dei fatti e i dati dicano l'esatto opposto.

Prima di analizzare i dati, partiamo dai nomi (anch'essi importanti). Il termine "Palestina" (come anche "Mesopotamia") non ha nulla a che vedere con la tradizione del mondo musulmano in generale e arabo in particolare. Questo termine è stato reintrodotto per designare l'area assegnata al popolo ebraico (ai fini della nascita del proprio Stato, in virtù del Mandato britannico per la Palestina) dalle Grandi Potenze, prima con la conferenza di pace di Versailles, per essere poi ufficializzato con la conferenza di Sanremo. Tuttavia, l'Organizzazione Sionistica - a Versailles come in ogni altra occasione - ha sempre utilizzato - giustamente - per identificare il territorio assegnato il termine "Eretz Israel". L'utilizzo del termine "Palestina" (dal latino "Palaestina", che a sua volta deriva da "Philistia", ossia "terra dei filistei") fu il primo grande tentativo, nella storia, di separare il popolo ebraico dalla terra di Israele, e venne attuato dall'imperatore romano Adriano, il quale, dopo l'ultima guerra giudaica (132 - 135 d.C, quando terminò l'ultima rivolta giudaica contro l'Impero romano), rinominò la Giudea "Syria - Palaestina" e Gerusalemme "Aelia Capitolina", per vendicarsi della forte e pugnace resistenza del popolo ebraico alla conquista romana. Queste denominazioni sono rimaste in vigore durante tutto il periodo bizantino, per poi cadere in disuso con la conquista araba del 638 d.C e nei 4 secoli di dominio dell'impero ottomano sull'area (che va dal 1517 al 1917, anno in cui l'impero ottomano si dissolse e perse i suoi territori, in seguito alla sconfitta nella prima guerra mondiale, territori che poi passarono alle Grandi Potenze vincitrici, che li amministrarono in via temporanea e autolimitata, creando in quelle zone il sistema dei mandati internazionali, che aveva lo scopo pratico di consentire ai popoli di quelle terre di realizzare il proprio diritto all'autodeterminazione, attraverso la creazione di un proprio Stato nazionale autonomo e indipendente: https://www.facebook.com/share/p/14ixcW2eit/). Tra l'altro, quando Adriano cambiò nome alla Giudea, i filistei erano un'antichissima popolazione di origine indoeuropea già scomparsa da secoli: essi, dunque, non hanno NESSUN LEGAME CON gli attuali PALESTINESI, che invece sono una popolazione araba che ha assunto questa denominazione solo a partire dagli anni '60 del secolo scorso. Infatti, in nessun documento ufficiale britannico, della Società delle Nazioni o dell'ONU precedente agli anni '60, si è mai menzionata la popolazione araba del Mandato come "palestinese": veniva indicata, semplicemente, come "popolazione araba".

La denominazione "Palestina" è stata reintrodotta per la prima volta, dopo 14 secoli dalla sconfitta dei bizantini ad opera degli arabi avvenuta nel VII secolo d.C (essendo un termine europeo - in particolare cristiano - il termine "Palestina" ovviamente non era in uso neanche durante i 4 secoli di dominio ottomano dal 1517 al 1917), dall'amministrazione inglese nel 1922, quando prese possesso di quest'area come potenza mandataria nel sistema dei mandati internazionali, previsto dall'art.22 dell'ex Patto della Società delle Nazioni (e la cui validità è rimasta confermata in forza dell'art.80 dello Statuto dell'ONU). Ma si tratta di una denominazione completamente estranea alla tradizione musulmana e araba. Contrariamente alle menzogne della propaganda propalestinese, la presenza ebraica in Eretz Israel non è mai venuta meno nel corso dei secoli, sia durante l'occupazione bizantina (quando agli ebrei era vietato risiedere a Gerusalemme), sia durante il dominio arabo (che si rivelò un po' più tollerante rispetto a quello bizantino). 


Prima di vedere cosa ci dicono i dati, occorre però definire il territorio in questione. Oggi in questa operazione siamo facilitati, perché possiamo fare riferimento a cartine che rappresentano Israele (ancorché talvolta con confini controversi) o che rappresentano il territorio del Mandato per la Palestina (ossia tutta la Palestina "dal fiume al mare", a ovest del fiume Giordano), che ha preceduto lo Stato di Israele e che ne ha sancito i confini legali secondo il diritto internazionale (in particolare, in base al principio universale dell'uti possidetis iuris). Ma questi confini, oggi noti, sono naturalmente una creazione moderna delle Grandi Potenze, che nel caso del Mandato per la Palestina si è consolidata in modo quasi definitivo tra il 1920 e il 1927. Infatti, durante i 4 secoli precedenti di dominio dell'impero ottomano, l'area era suddivisa amministrativamente in maniera del tutto diversa e con criteri e logiche assai differenti. Potete vederlo comparando la cartina della prima foto (che mostra appunto la suddivisione amministrativa ottomana fino al 1917) e la cartina della seconda foto (che invece mostra la suddivisione amministrativa del Mandato britannico per la Palestina).


Vediamo ora cosa ci dicono i dati di censo (quelli ottomani e - per il periodo mandatario - quelli britannici), i report delle autorità ottomane nonché consolari europee (redatti però durante il XIX secolo, quindi ancora durante il periodo ottomano) nonché i documenti britannici e le relazioni dibattute dalla Commissione permanente dei Mandati internazionali. 


L'area geografica su cui sarà focalizzata l'attenzione è quella indicata nella cartina di cui alla prima foto, con riferimento ai distretti amministrativi dei Sangiaccati (nell'impero ottomano, il "Sangiaccato" indicava la suddivisione amministrativa delle province) di Acri, di Nablus e di quello autonomo di Gerusalemme. Per il periodo mandatario invece (la cartina nella seconda foto), il riferimento è alla parte occidentale del Mandato per la Palestina, quella in giallo scuro/arancione chiaro, che si colloca tra il Mar Mediterraneo e il fiume Giordano (la Palestina c.d "dal fiume al mare", mi è capitato di chiedere a diversi storpi cerebrali propal a quale fiume e a quale mare facessero riferimento, quando, come pecore ammaestrate, scendevano in piazza a manifestare contro Israele gridando lo slogan genocida "Palestina libera dal fiume al mare", e neanche lo sapevano, per dire il livello di questi patetici bipedi ignoranti oligofrenici. Gliel'ho chiesto per curiosità antropologica e sociologica, mi piace studiare questi elementi, sono molto più curiosi e interessanti di topi da laboratorio), istituita appositamente per creare lo Stato ebraico (ossia la ragion d'essere dell'istituzione del Mandato per la Palestina). Invece l'area a est del fiume Giordano (quella in verde), denominata "Transgiordania", non ci interessa (in quanto l'amministrazione britannica la lasciò ad esclusiva pertinenza araba, ai fini della creazione di uno Stato arabo, istituendo il Mandato per la Transgiordania, dal quale nacque poi, nel 1946, lo Stato indipendente del regno di Giordania). 


Le prime statistiche affidabili sul territorio della Palestina a ovest del Giordano, furono pubblicate in Inghilterra nel 1858 da Sir John Murray, nelle sue famose guide. Questi dati vennero poi ripresi dall'Enciclopedia Britannica nel 1860, e ad essi si aggiungono quelli redatti sempre nello stesso periodo da missionari in loco e dai consoli (russi, francesi e inglesi) presenti a Gerusalemme. I dati ufficiali ottomani sono molto scarsi, a causa della guerra combattuta negli anni '30 del XIX secolo tra l'Impero ottomano e l'Egitto di Muhmad Alì Pashà (capostipite della famiglia reale che regnò in Egitto fino al 1952, quando il colpo di Stato di Nasser detronizzò re Faruk. Alì Pashà era albanese, ma ciò non deve stupire, perché tale mobilità all'interno dell'Impero ottomano era abbastanza diffusa e frequente), che devastò completamente il territorio sottoposto alla nostra attenzione.


Le statistiche dell'epoca, comunque, indicano tutte il numero di abitanti complessivi presenti sul territorio a metà XIX secolo come compreso tra 250.000 e 300.000 persone (cifra comprensiva di tutti i gruppi etnici, linguistici e religiosi). Oggi la popolazione presente in Israele e nei territori amministrati - in base agli Accordi di Oslo - dall'ANP (nella stessa identica superficie geografica complessiva) ammonta a circa 13.500.000 persone (la popolazione oggi è circa 50 volte superiore): cioè l'intera area era pressoché DISABITATA, ad eccezione di pochissimi centri urbani. Non è MAI ESISTITO, prima di Israele, un POPOLO ivi stanziato e, meno che mai, UNO STATO PALESTINESE (non esiste neanche oggi per la verità, ma questo è un altro discorso). Israele non ha "espropriato" o tantomeno "rubato" proprio un bel niente a nessuno (oltre ad avere la legittimazione dei trattati internazionali ai fini della costituzione di uno Stato ebraico, tra l'altro, la gran parte delle terre sono state anche regolarmente acquistate da privati ebrei, pagandole anche molto di più di più del loro reale valore, ma anche questo gli ignoranti che parlano a vanvera di Israele non lo sanno). Altro che "colonizzazione". Io piuttosto farei colonizzare i loro cervelli storpi e le loro teste vuote e bacate da qualche neurone, oltre che le librerie (ammesso che ne abbiano) dentro le loro case da qualche libro (prima però occorrerebbe spiegargli con pazienza che cosa siano i libri, cioè quei cosi rettangolari con le pagine di carta che si girano, forse se gli fai il disegnino capiscono).


E com'era composta questa popolazione, compresa tra le 250.000 e le 300.00 persone, in base all'etnia, alla fede religiosa e alla lingua parlata? I dati ci dicono che circa 140.000 erano musulmani stanziali di varie etnie (arabi, turchi, circassi, curdi e diverse altre ancora), circa 65.000 erano beduini nomadi, 55.000 cristiani di lingua araba (ma non arabi etnicamente, parlavano solo arabo), circa 35.000 ebrei e 5.000 drusi.


Nel 1893, ci fu un nuovo censimento ottomano, e queste cifre vengono riprese 2 anni dopo in modo più analitico dal geografo francese Vital Cuinet, che ha compiuto il primo studio strutturato e sistematico sulla composizione della popolazione locale. In particolare, le ricerche di Cuinet ci dicono che nel 1893 la popolazione era cresciuta già a 457.592 persone, quindi di circa il 50% in 35 anni (un incremento demografico senza eguali nelle altre aree limitrofe). Cuinet imputa questa crescita massiccia all'immigrazione di due gruppi in particolare: ebrei (che passano da circa 35.000 a quasi 60.000) e i musulmani stanziali (che passano da circa 140.000 a ben 252.000). Gli ebrei provenivano per lo più dall'Est Europa e dallo Yemen, i musulmani stanziali invece da diverse aree dell'Impero ottomano. Per la precisione, Cuinet divise i musulmani in turchi, curdi, circassi, bosniaci, albanesi, turcomanni e arabi (che quindi erano una minoranza), gli arabi a loro volta erano suddivisi in base alle rispettive aree di provenienza (che corrispondono agli odierni Egitto, Libano, Arabia Saudita, Siria, Algeria e Iraq. Come vedete, non sono mai esistiti i "palestinesi"). 


Quali sono i fattori che hanno condotto a un tale considerevole aumento di popolazione? Sono molteplici: l'apertura di nuove scuole prevalentemente religiose (in particolare cristiane ed ebraiche) e di ospedali, le prime e importanti opere di bonificazione (fatte soprattutto dai pionieri ebrei) nonché la costruzione di infrastrutture viarie sempre più moderne, che ovviamente erano indispensabili per le nuove e vivaci attività economiche che stavano nascendo e si stavano sviluppando, soprattutto - anche qui - grazie alla presenza di immigrati ebrei europei (sono stati gli ebrei a portare il progresso in quelle terre: tecnologico, industriale, economico e commerciale, e così via). Questo dato ci dice una cosa molto precisa: quando nuovi insediamenti ebraici sono stati costruiti e si sono ampliati per il territorio, nello stesso periodo sono anche aumentati i musulmani stanziali nelle zone adiacenti agli insediamenti ebraici sparsi per il territorio. Ciò significa che gli insediamenti ebraici hanno ATTIRATO nuova manodopera, che la sola immigrazione ebraica non era in grado di soddisfare. Non solo: ma i turchi (in maniera del tutto illegale) limitavano anche fortemente l'immigrazione ebraica. Lo stesso fenomeno - ossia la limitazione dell'immigrazione ebraica in Palestina, anche in quel caso in maniera del tutto illegale e illegittima - si è verificato - ma stavolta con numeri ben maggiori - nel periodo mandatario, da parte della Gran Bretagna. 


Alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, i dati relativi alla popolazione delle province oggetto della nostra attenzione sono i seguenti: in totale, circa 650.000 abitanti, dei quali oltre 95.000 erano ebrei. Anche in questo periodo, il grosso aumento della popolazione è rappresentato da ebrei e arabi immigrati, mentre gli incrementi di cristiani, beduini e drusi sono stati molto modesti.


E veniamo ora alla Palestina mandataria, ossia la parte oggetto del Mandato per la Palestina (che vedete nella cartina della seconda foto, quella in giallo scuro/arancione chiaro), compresa tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo (mentre la parte a est del fiume Giordano, che gli inglesi sganciarono dal Mandato per la Palestina e amministrarono in nome differente sotto un altro Mandato, denominato appunto "Mandato per la Transgiordania", da cui poi è nato nel 1946 lo Stato di Giordania, non ci interessa).


Il primo censimento da parte dell'amministrazione britannica, nel 1921, mostra un drastico calo della popolazione complessiva. Come mai? A causa degli eventi bellici immediatamente precedenti: nel 1917 e nel 1918 il territorio si trovava proprio in prima linea negli scontri armati tra inglesi e turchi. Questi durissimi combattimenti provocarono la morte di moltissime persone, e agli scontri armati si aggiunsero anche le razzie dei turchi: ad esempio, a causa della guerra, soltanto a Gerusalemme sono morti oltre 8.000 ebrei per fame e malattie. Tra il 1914 e il 1917 sono morti complessivamente oltre 15.000 ebrei a causa degli stenti e della guerra (cioè circa il 16% della popolazione ebraica complessiva). Altre decine di migliaia di persone - ebrei compresi - furono invece espulse dalle proprie case. A ciò si aggiunse altresì la spontanea emigrazione da parte degli arabi che avevano casa e famiglia in altre zone dell'impero, nonché degli ebrei e dei cristiani (che ancora non erano tutti divenuti di cittadinanza ottomana).


Il censimento britannico più indicativo risale al 1931, e ci indica una popolazione totale del territorio del Mandato britannico per la Palestina (quello a ovest del fiume Giordano) pari a circa 969.268 abitanti, quindi con un incremento demografico - anche stavolta - superiore al 50% rispetto al 1914. Di questa popolazione complessiva, il censimento britannico afferma che il 14% (circa 135.000 persone) era "di recente immigrazione", la cui cospicua maggioranza era ebraica, mentre quella musulmana e cristiana era una netta minoranza percentualmente molto ridotta. Merita di essere eviedenziato come gli inglesi utilizzassero alternativamente il termine "musulmano" o "arabo", senza ulteriori distinzioni etniche. Ma nei dati forniti dagli inglesi ci sono diversi elementi che colpiscono. Da un lato, infatti, essi pongono l'accento sull'incremento demografico della popolazione ebraica come "frutto (cioè conseguenza) dell'immigrazione", la quale ultima quindi ne rappresenterebbe la causa - ricordo che lo scopo principale del Mandato per la Palestina era quello di favorire, tramite l'Agenzia ebraica istituita ad hoc in base al Mandato stesso, l'immigrazione ebraica nel territorio mandatario - dall'altro invece mettono in rilievo come la popolazione "musulmana NATIVA" fosse cresciuta "in modo incredibile". In altri passi ufficiali, scrivono di "tassi di crescita demografica senza precedenti". In altri ancora, parlano di "prodigio demografico". In realtà, da una lettura più attenta dei report ufficiali inglesi, emerge che "i musulmani presenti sul territorio" parlano "ben 23 lingue diverse", nonché, per la prima volta, viene menzionata anche "la popolazione araba cristiana, che parla 21 lingue diverse". In più documenti, vengono indicate in totale ben 51 lingue diverse parlate dalla "popolazione araba locale". 


La contraddizione in cui incappano i dati forniti dai britannici è evidente: come si fa ad affermare che c'era stata una "crescita demografica senza precedenti della popolazione araba locale" e, al tempo stesso, affermare che questa "popolazione indigena dalla presenza millenaria nel territorio" parlasse ben 51 lingue diverse? Una tale differenza linguistica, evidentemente, era il frutto di una massiccia e recente immigrazione. Tant'è vero che molti rapporti ufficiali e corrispondenze private dei funzionari inglesi parlavano apertamente di un "imponente e costante afflusso di immigrati arabi illegali", che attraversavano indisturbati (e in maniera irregolare, contrariamente agli ebrei) le "porose" frontiere del Mandato, soprattutto quelle con la Transgiordania e la Siria.


Riguardo al caso della Siria, durante la XXVII Sessione della Commissione Permanente dei Mandati a Ginevra (tenutasi nel giugno del 1935), venne preso in esame il rapporto ufficiale del governatore della regione di Hauran in Siria del 12 agosto del 1934, che stigmatizzava con allarmismo l'emigrazione di circa 35.000 arabi siriani verso la Palestina, avvenuta nel giro di pochi mesi. Sempre nello stesso anno, gli immigrati ebrei in Palestina furono 45.267. Tuttavia, nonostante questi dati, le autorità britanniche hanno sempre definito l'immigrazione araba come "insignificante", al contrario di quella ebraica (pur essendo numericamente simile). 


Quindi, anche le cifre del primo censimento britannico del 1931, che attestano la presenza di circa 700.000 "arabi" o "musulmani" rispetto ai 550.000 precedenti alla Prima Guerra Mondiale, smentiscono il mito che l'immigrazione ebraica avrebbe allontanato la popolazione araba dal territorio. Anzi, è vero esattamente il contrario: l'immigrazione ebraica ha favorito l'immigrazione araba, ne è stata sostanzialmente un catalizzatore. Infatti, soprattutto durante gli anni '20 e gli anni '30, gli insediamenti arabi sono cresciuti numerosi e si sono ampliati, vicino a quelli ebraici e nelle grandi città come Gerusalemme, Haifa, Tel Aviv e Giaffa. 


Quando, nel 1947, gli inglesi decisero di rinunciare al ruolo di mandatari, la popolazione complessiva era indicata intorno a 1.940.000 abitanti (praticamente quasi 2 milioni di abitanti): di questi, 1.310.000 erano arabi e 630.000 ebrei (a causa della forte - e illegale - limitazione dell'immigraziine ebraica in Palestina, da parte dei turchi prima e soprattutto, in numeri ben maggiori, degli inglesi poi, durante il periodo mandatario, dal 1922 al 1947, a fronte invece dell'atteggiamento totalmente lassista verso le svariate decine di migliaia di immigrati arabi irregolari che arrivavano ogni anno). Di nuovo, vediamo anche qui una crescita demografica della popolazione che è raddoppiata rispetto al 1931. 


Ormai da diversi anni, si parlava ESCLUSIVAMENTE di popolazione ebraica da un lato e araba tout court dall'altro: non si faceva alcuna distinzione tra le loro diverse componenti (beduini, drusi, cristiani e arabi di nuova e recente immigrazione). Infatti, la commissione anglo - americana, in un suo rapporto ufficiale del 1945, dichiarò che "la crescita naturale della comunità araba nel Mandato per la Palestina è stata la cosa più incredibile nella storia sociale del Mandato". 

Il tasso di natalità della "popolazione araba locale" in quel determinato periodo storico non aveva eguali né in tutto il Medio Oriente né in Europa, ma solo negli Stati Uniti (tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo), che notoriamente in quel periodo erano una paese a forte e massiccia immigrazione. 


I dati ci dicono che nelle aree di forte presenza degli insediamenti ebraici (fascia costiera, valle di Esdraelon, Galilea e Gerusalemme) la popolazione araba (escludendo quindi i beduini nomadi e cristiani) si è QUINTUPLICATA: dai 92.300 abitanti nel 1893 sono passati a circa 463.000 nel 1947, mentre in Giudea, Samaria e Gaza (territori con minore presenza ebraica), la popolazione araba è poco più che raddoppiata: da 233.500 abitanti nel 1893 a 517.000 abitanti nel 1947. 

In conclusione: l'immigrazione e la presenza ebraica in Palestina non ha allontanato gli arabi dal territorio, avendone anzi al contrario favorito una massiccia immigrazione. 


Oggi gli arabi c.d (a partire dal 1970) "palestinesi" presenti nell'inesistente "Stato di Palestina" sono quasi quasi 5.300.000 (5 milioni e trecentomila): quasi 3 milioni in Giudea e Samaria (c.d "Cisgiordania" o "West Bank), circa 2.300.000 nella Striscia di Gaza (che non farebbe neanche parte dell'inesistente "Stato di Palestina" con a capo l'ANP, essendo sotto il controllo di Hamas dal 2006, anche se ormai non più). Ah, per non parlare poi dei 2 milioni di arabi "palestinesi" con cittadinanza israeliana, perfettamente integrati in Israele e con eguali diritti civili, politici e sociali degli ebrei israeliani (in Israele potete trovarne ricoprire cariche pubbliche e ruoli di potere, ad esempio come giudici, fare gli imprenditori, gli avvocati, i chirurghi, anche primari etc). In uno Stato arabo in cui ad essere gli ospiti fossero gli ebrei (cioè a situazione invertita), ciò non solo non sarebbe possibile, ma di ebrei non ve ne sarebbero proprio, perché sarebbero stati tutti cacciati o peggio ancora sterminati. Invece, essendo gli arabi palestinesi ospiti in Israele, si moltiplicano esponenzialmente. 

Quindi aggiungendo anche gli arabi israeliani siamo intorno ai 7.200.000 di arabi "palestinesi" nell'intero territorio di Israele: dal 1947 ad oggi si sono moltiplicati di oltre 5,5 volte (tra non molto quasi di 6 volte). 

Insomma, mica male per uno Stato che pratica il "genocidio" (quest'accusa, infatti, risale a ben prima della guerra di Gaza, essendo uno dei tanti tropi e cliché della propaganda antisionista dei propal usati contro Israele: gli altri sono "territori palestinesi occupati", "insediamenti illegali", "apartheid" e via di questo passo): l'unico caso nella Storia in cui, la popolazione vittima del genocidio, anziché ridursi e decimarsi, si quintuplica (nell'ordine di grandezza di milioni di unità). Un caso di "genocidio" quantomeno singolare e curioso.