sabato 4 gennaio 2025

SCAMBI David Lodge

 


SCAMBI 

David Lodge

Sono stato incuriosito da questo romanzo leggendo commenti sullo humour inglese di David Lodge, docente universitario britannico, dopo la sua morte avvenuta il primo gennaio di questo nuovo anno.

Scambi è   ambientato nel mondo accademico negli anni sessanta Il romanzo è semiserio e pieno di vicende e colpi di scena grotteschi.  E’ interessante scoprire il mondo universitario americano e quello britannico attraverso gli occhi dei due docenti e, sempre tramite loro, riaffacciarsi alle contestazioni giovanili degli anni sessanta (il libro è del 1975). La palma della simpatia, per me,  va allo strambo Charles Boon, un ex studente di Rummidge che il professor Swallow aveva sempre giudicato senza prospettive e che, incredibilmente, ritrova a Euphoria dove è diventato una sorta di star della radio.

Lodge riesce a produrre un riuscito quadretto "dal basso" del Flower Power sessantottino, e a giocare  con gli stereotipi di una California e una  Inghilterra reinventate in cui tutto si svolge, applicando l'acutissimo humour che caratterizza la trama. 

[...] Philip Swallow amava la lettura in tutte le sue espressioni con genuino trasporto [...] (e) quando esempi più nobili della parola scritta non si trovavano sottomano, leggeva con attenzione persino il retro di una scatola di fiocchi di granturco, le clausole in caratteri piccoli dei biglietti ferroviari e la pubblicità sui blocchetti di francobolli.[...]

SCAMBI

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IL VOLO

ln alto, molto al disopra del Polo Nord, il primo gennaio 1969, due professori di letteratura inglese si dirigevano l`uno verso l’altro alla velocità combinata di milleduecento miglia all’ora. La cabina pressurizzata dei due Boeing 707 li proteggeva dall’aria rarefatta e fredda e la prudente sistemazione delle rotte aeree internazionali li salvaguardava dal rischio di collisione. Benché non si fossero mai incontrati, i due uomini si conoscevano di nome. In effetti, erano in procinto di scambiarsi i relativi posti di lavoro per i successivi sei mesi e, in un’epoca di spostamenti meno frenetici, l’incrociarsi delle rispettive strade avrebbe potuto essere sottolineato da un simpatico gesto umano. Per esempio, dai ponti di due piroscafi di linea che si fossero incontrati nel mezzo dell`Atlantico, ognuno dei due, mettendo a fuoco per caso contemporaneamente il cannocchiale sull’altro, avrebbe potuto fare un cenno con la mano libera. Oppure, più plausibilmente, attraverso i finestrini di due scompartimenti ferroviari fermi fianco a fianco nella stessa stazioncina dell’Hampshire o del Midwest, avrebbero potuto mimare una dichiarazione di reciproca stima. Quello dei due più imbarazzato avrebbe provato sollievo sentendo che finalmente il treno si metteva in moto, per scoprire però subito dopo che era l’altro che si stava muovendo per primo...

Comunque non era questo il caso, dal momento che i due tizi erano in aereo, uno annoiato e l'altro timoroso di guardar fuori del finestrino; e, dal momento che in ogni caso gli aerei erano troppo distanti l’uno dall’altro per essere reciprocamente visibili a occhio nudo, l’incrociarsi delle loro strade in un punto fermo del mondo che ruotava passò inosservato a chiunque tranne che al narratore di questa duplice storia.

Duplice o duplex, oltre ad avere il generale significato di doppio, si usa nel gergo delle telecomunicazioni per indicare sistemi che consentono trasmissioni concomitanti nelle opposte direzioni. Se volete, provate a immaginare che ognuno di questi professori di letteratura inglese (per caso entrambi quarantenni) fosse legato al paese natio, al posto di lavoro e al focolare domestico da un cordone ombelicale infinitamente elastico, fatto di emozioni, modi di pensare e valori, che si tendesse sempre più fino a diventare invisibile, ma senza mai giungere al punto di rottura, mentre lui sfreccia nell’aria alla velocita di seicento miglia all’ora. Immaginate poi che, mentre i due si superano sopra la calotta polare, i piloti dei rispettivi Boeing, in disprezzo ai regolamenti e alle possibilità tecniche, cominciassero a eseguire una serie di festose acrobazie, incrociandosi, scendendo in picchiata, innalzandosi, facendo il giro della morte, come due uccelli azzurri che si accoppiassero, in modo da aggrovigliare completamente i succitati cordoni ombelicali, prima di proseguire giudiziosamente per le proprie strade in ossequio ai regolamenti. Ne consegue che, quando i due uomini atterrano l’uno nella zona dell’altro e si dedicano ai loro affari e svaghi, qualsiasi emozione del professore A, mandata al suo ambiente originario, sarà sentita dal professore B e viceversa e l’intero apparato vibrerà di emozioni da un terminale all’altro. In altre parole, non deve sorprendere che, se due uomini si scambiano i posti di lavoro per sei mesi, questo fatto eserciti un’influenza sui reciproci destini e che ognuno recepisca in un cerro senso l’esperienza dell’altro, malgrado le possibili differenze esistenti fra gli ambienti, i caratteri e i comportamenti degli interessati. Una di queste differenze noi la possiamo cogliere con un colpo d’occhio dall`alto della nostra privilegiata posizione di narratori (più alta di quella di qualsiasi jet). Dalla posizione rigida ed eretta e dalla esagerata gratitudine verso la hostess che gli serve un bicchiere di succo d'arancia, è ovvio che Philip Swallow, in rotta verso ovest, non è abituato ai viaggi aerei, mentre per Morris Zapp, sprofondato nel sedile del suo apparecchio diretto a est, intento a masticare un sigaro spento (una hostess gli aveva ordinato di spegnerlo) e a guardare in cagnesco la scarsa dose di ghiaccio che si scioglie nel bicchiere di plastica contenente bourbon, l’esperienza di voli a lunga distanza è tediosamente familiare.

Philip Swallow ha in realtà già volato prima d’ora, ma così raramente e a intervalli così distanziati, che a ogni occasione soffre lo stesso trauma, un susseguirsi di timore e di sicurezza, che opprime e rilassa il suo sistema nervoso, con ritmo continuo e spossante. Quando è ancora a terra e si prepara al viaggio, pensa con allegria a volare, librandosi sempre più su, lontano nell’azzurro infinito, cullato dall’apparecchio che, visto a distanza, sembra del tutto a proprio agio nel suo elemento, come se fosse stato creato nel cielo stesso. Questa fiducia comincia ad affievolirsi un po` quando egli giunge all`aeroporto e trasale udendo la stridente voce dei motori del jet. Quando sono in volo gli aerei sembrano molto piccoli, sulla pista di decollo molto grandi. Quindi da vicino dovrebbero sembrare ancora più grandi, ma in realtà non è così. Il suo aereo, per esempio, a guardarlo dalla finestra della sala di raduno dei passeggeri, sembra insufficiente a contenere tutta quella gente che deve salirci. Questa impressione è rafforzata quando imbocca il tunnel che lo porta all’abitacolo dell’apparecchio: uno stretto cunicolo, pieno di braccia che si dimenano. Ma quando lui e gli altri passeggeri si sono seduti, torna la sensazione di benessere. I sedili sono notevolmente confortevoli al punto che ci si sente proprio contenti di accomodarcisi sopra, ed è rassicurante che il corridoio resti libero, se si vuole percorrerlo. Una musica carezzevole sta suonando, l’illuminazione è riposante. Una hostess gli offre il giornale del mattino. Il suo bagaglio è tranquillamente stipato da qualche parte sull’aereo e, anche se non lo fosse, in ogni caso quel che gli succede non è affar suo, il che è la cosa più importante. Volare è dopotutto il solo modo di viaggiare. Ma, appena l’aereo rulla sulla pista, Philip commette l’errore di osservare fuori del finestrino le ali che sussultano lievemente in su e in giù. I pannelli e i bulloni sono spiacevolmente evidenti, le scritte verniciate appaiono rovinate dalle intemperie, vi sono strisce di fuliggine sul rivestimento del motore. Gli si affaccia minaccioso alla mente il pensiero che, dopotutto, sta affidando la propria vita a una macchina, opera delle mani dell`uomo, quindi fallace e soggetta a deteriorarsi. E si va avanti così, anche dopo che l`aereo si è librato senza incidenti nel cielo: momenti di fiducia e di spensieratezza contrappuntati da fitte di panico e di senso del vuoto.

Il sangue freddo dei suoi compagni di viaggio è per lui un’inesauribile fonte di meraviglia e osserva il loro comportamento con molta attenzione, Per Philip Swallow volare è fondamentalmente un’azione drammatica ed egli vi si accosta come un attore dilettante, deciso a fare la sua parte in una compagnia di professionisti che conoscono a memoria il copione. A dire il vero, egli affronta con lo stesso spirito la maggior parte delle prove della vita. E’ un uomo complesso e di natura debole, poco sicuro di sé, ansioso di piacere, molto suggestionabile.

Sarebbe naturale, ma scorretto, dedurre che Morris Zapp non abbia sofferto di simili inquietudini durante il suo volo. Essendo da lunga data utente abituale delle linee nazionali, avendo sorvolato la maggior parte degli stati dell`Unione occupato in conferenze, lezioni, incarichi, non gli era sfuggito che gli aerei qualche volta precipitano.

Essendo per natura diffidente nei riguardi dell`Universo e del suo Spirito Guida, cui alludeva talvolta chiamandolo Improvvidenza ("Come si può attribuire tutto ciò," avrebbe chiesto indicando il cielo notturno punteggiato di stelle sopra il Pacifico, "a qualcosa chiamata Provvidenza? Guardate che spreco!"), egli di rado saliva a bordo di un apparecchio senza chiedersi, con una parte del suo cervello alacre, se non fosse in procinto di apparire come notizia sensazionale sotto il titolo DISASTRO AEREO DELLA SETTIMANA sulle reti televisive nazionali. Di solito questi pensieri malsani lo coglievano solo all`inizio e alla fine del volo, poiché aveva letto da qualche parte che l`ottanta per cento degli incidenti aerei accadono al decollo o all’atterraggio, una statistica che non lo aveva sorpreso, essendo stato in parecchie occasioni per un’ora e più in attesa di atterrare sopra l’aeroporto di Esseph, mentre altri cinquanta aerei facevano caroselli in quello spazio, altri cinquanta decollavano a intervalli di novanta secondi e tutta la delicata operazione era controllata da un computer. Cosicché, era sufficiente che saltasse un fusibile e il cielo sarebbe apparso come se la rivalità fra compagnie aeree fosse degenerata in guerra aperta e le società avessero assunto come piloti ex kamikaze incaricati di annientare nell`aria gli uni le apparecchiature degli altri, i Boeing della TWA tesi a investire quelli della Pan Am, i DC8 delle American Airlines pronti a distruggere quelli delle United proprio nel Cielo Amico, gli aerei del servizio locale disposti a scontrarsi frontalmente con i rivali, mentre dalle nuvole piovevano ali, fusoliere, motori, passeggeri, gabinetti chimici, menù, hostess, posate di plastica (Morris Zapp sapeva sfoderare una fantasia apocalittica all’occorrenza... ma chi non ce l’ha in America in questi giorni?), in una definitiva catastrofe da inquinamento industriale.

Prendendo il volo diretto per Londra con rotta polare, preferito al viaggio a due tappe via New York, Zapp calcola di aver ridotto la possibilità di essere coinvolto in una simile battaglia campale del cinquanta per cento. Ma a questo confortante pensiero si contrappone in modo negativo il fatto che sta viaggiando su un volo charter e gli apparecchi dei voli charter (aveva letto anche questo) hanno più probabilità di precipitare degli aerei dei voli di linea, essendo, egli lo arguisce, mezzi meccanici che avevano da tempo superato il loro periodo di fulgore, acquistati come rottami dalle grosse compagnie aeree da parte di operatori da quattro soldi e rivenduti parecchie volte a società di minor peso (questo, per esempio, apparteneva a una compagnia chiamata Orbit, ma il fittizio nome latino non gli ispirava fiducia e avrebbe scommesso volentieri che una foto ai raggi ultravioletti avrebbe svelato un palinsesto con gli stemmi di quattordici diverse compagnie sotto la vernice più recente), guidati da piloti da tempo sul viale del tramonto, alcolizzati e schizoidi, individui con le mani tremanti, provati da atterraggi d’emergenza, da bufere di neve e da dirottamenti da parte di arabi fanatici e cubani nostalgici avvezzi a maneggiar candelotti di dinamite e pistole comprate ai grandi magazzini.

Inoltre questo è il suo primo volo sopra l`oceano (sì, Morris Zapp non aveva mai lasciato prima la protezione della massa terrestre del Nordamerica, un record unico di cui andava orgoglioso fra i colleghi dell`università) e non sa nuotare. Il rituale alquanto ostico dell’istruzione sull‘uso dei giubbotti di salvataggio gonfiabili, all'inizio del viaggio, lo ha turbato. Quel congegno di canapa e gomma dev’essere nato dalla fantasia di un maniaco e, in caso di emergenza, egli ha la stessa possibilità di infilarvisi quanto di allacciarsi il corpetto della hostess che ha fatto la dimostrazione.

Per di più una ricerca a tentoni non serve a scovare il giubbotto di salvataggio là dove si suppone che sia, cioè sotto il sedile. Solo la sua riluttanza ad assumere un atteggiamento poco dignitoso di fronte a una bionda con occhiali giganteschi nel sedile accanto lo dissuase dal piegarsi ginocchioni per procedere a un controllo più accurato. Si limita a lasciare che le sue braccia lunghe e scimmiesche penzolino goffamente oltre il bordo del sedile e le dita sfiorino la zona sottostante con discrezione, nello stile usato per appiccicare la gomma da masticare o le crosticine del naso. A un certo punto dell'affannosa ricerca, sente qualcosa di promettente: ma è solo la gamba della sua vicina, gamba che viene ritirata con indignazione. Si volta verso la donna, non per scusarsi (Morris Zapp non si scusava mai) ma per lanciarle la famosa "occhiata Zapp", garantita per incenerire ogni essere umano, fosse il preside dell'università o un membro del gruppo delle Pantere Nere, che si avventurasse sulla sua strada nel raggio di venti miglia, ma si trova a fronteggiare un’impenetrabile cortina di capelli biondi.

Alla fine abbandona la ricerca del giubbotto di salvataggio, avendo riflettuto sul fatto che il mare sotto il suo culo al momento era comunque ghiaccio solido (non che questo fosse comunque un pensiero rassicurante). NO, questo non era il più felice dei voli per Morris J. Zapp (“Jeova," era solito mormorate con l`angolo della bocca, alle ragazze che lo interrogavano sul suo secondo nome; nome che non lo tradiva mai: tutte le donne aspiravano a essere scopate da un dio, era la fonte di ogni religione. "Ma guardate la mitologia, Leda e il Cigno, Iside e Osiride, Maria e lo Spirito Santo!" Così si esprimeva Zapp nel suo corso per laureati, inchiodando un paio di recalcitranti suore ai loro sedili con l’ "occhiata Zapp"). C’è qualcosa di buffo su quest’aereo, dice a se stesso, non solo l’improbabile nome latino della compagnia aerea, il giubbotto di salvataggio sparito, i miliardi di tonnellate di ghiaccio sotto di lui e il minuscolo cubetto che si scioglie nel bourbon davanti a lui, c’è qualcosa d’altro, qualcosa che non ha ancora afferrato. Mentre Morris Zapp sta dedicandosi a questo problema, noi ci riserveremo un po' di tempo per spiegare qualcosa sulle circostanze che avevano portato lui e Philip Swallow nei cieli polari alla stessa ora imprecisata (a questo punto gli orologi non sono più attendibili).

Fra l'università di stato di Euphoria (familiarmente nota come Euphoric State) e l'università di Rummidge si era stabilito un piano per lo scambio di professori ospiti nella seconda parte di ogni anno accademico. Come due università tanto diverse per fama e così distanti nello spazio si trovassero collegate in questa maniera si spiega in modo semplice. Era accaduto che gli architetti di entrambi i campus, indipendentemente, si fossero fatti venire la stessa idea per trovare un elemento caratteristico per i loro progetti: e cioè una riproduzione della torre pendente di Pisa, costruita in pietra e il doppio dell’originale all’Euphoric State, di mattoni rossi e in scala a Rummidge, ma in entrambi i casi restituita alla posizione verticale. Il piano di scambio fra insenanti era stato avviato per sottolineare questa coincidenza.

Secondo l`accordo iniziale, ciascun visitatore percepiva lo stipendio al quale aveva diritto per il grado e l’anzianità secondo i parametri dell`istituto ospitante, ma poiché nessun americano potrebbe sopravvivere per più di pochi giorni con lo stipendio mensile pagato a Rummidge, l`Euphoric State pagava la differenza per il suo professore, versando contemporaneamente ai propri ospiti inglesi uno stipendio che superava i loro sogni più incontrollati e conferendo loro, senza fare distinzioni, il titolo di professori ospiti. Non era solo a causa di queste condizioni che l’organizzazione favoriva sensibilmente i partecipanti di nazionalità britannica. Euphoria, il piccolo ma popoloso stato sulla costa occidentale americana, situato fra la California settentrionale e la California meridionale, con le sue montagne, i laghi e i fiumi, le sue foreste di sequoie, le spiagge dorate e l’impareggiabile baia (attraverso cui, a Plotinus, l’università fronteggia la scintillante, incantevole città di Esseph), è considerato da molti esperti cosmopoliti come una delle più piacevoli località del mondo. Neppure i campanilisti più convinti invece avrebbero esaltato altrettanto Rummidge, una grande città industriale sgraziata, scompostamente adagiata nelle Midlands inglesi, all’incrocio di tre autostrade, ventisei linee ferroviarie e una mezza dozzina di canali stagnanti.

Inoltre Euphoric State, con un irriducibile sfruttamento delle sue risorse, si era realizzata come una delle più importanti università americane, accaparrandosi i più insigni studiosi che potesse reperire e conservandone la fedeltà col fornire generosamente laboratori, biblioteche, sovvenzioni per la ricerca e belle segretarie con lunghe gambe.

In quell'anno 1969, Euphoric State aveva forse raggiunto il suo apice come centro d'insegnamento ed era già in fase di declino, dovuto, in parte, al rapido sfaldamento provocato dagli studenti contestatori e, in parte, alla repressione esercitata dal governatore dello stato Ronald Duck, un ex attore del cinema, appartenente alla destra conservatrice. Ma erano tali le qualità del corpo insegnante più anziano dell’università e la vastità dei mezzi accumulati, che sarebbero occorsi molti anni prima che la sua posizione si indebolisse seriamente. In poche parole Euphoric State era ancora un nome che godeva gran prestigio nelle sale comuni dei docenti di tutto il mondo.

Rummidge invece non si era mai elevata come scuola al disopra della mediocrità per dimensione e fama, e recentemente aveva subito il mortificante destino della maggior parte degli atenei inglesi del suo tipo (di recente costituzione). Dopo aver coraggiosamente rivaleggiato per cinquant’anni con le due università apprezzate soprattutto per il fatto di essere antiche, alla resa dei conti era stata senza riguardo superata in popolarità e prestigio da un gruppo di università apprezzare da tutti per essere nuove. Lo stato d`animo era quindi di depressione e scoraggiamento, più o meno come sarebbe stato l'umore della classe media di una società che non avesse mai avuto una rivoluzione borghese, ma che fosse passata direttamente dal potere aristocratico a quello proletario.

Per queste e altre ragioni, gli insegnanti più qualificati e con maggior diritto di anzianità facevano a gara per avere l’onore di rappresentare Rummidge a Euphoric State, mentre l’università di stato di Euphoria, se la verità va proprio detta, aveva talvolta incontrato non poche resistenze nel persuadere un qualsiasi membro della facoltà a recarsi a Rummidge. Nessuno di quel corpo scelto di docenti, che collezionavano sovvenzioni e borse di studio come alcuni collezionano cappelli, aveva infarti la minima intenzione di insegnare durante la visita in Europa e men che meno di insegnare a Rummidge, di cui solo pochi avevano sentito parlare. Di conseguenza, i professori americani in trasferta a Rummidge erano solitamente giovani e/o mediocri, accaniti anglofili che non riuscivano a trovare altro mezzo per andare in Inghilterra, oppure, molto raramente, degli specialisti in una di quelle discipline "esoteriche" in cui Rummidge, grazie al sostegno delle industrie locali, aveva raggiunto una supremazia indiscussa: la tecnologia degli elettrodomestici, la scienza degli pneumatici e la biochimica dei semi di cacao.

Lo scambio tra Philip Swallow e Morris Zapp, tuttavia, costituiva un capovolgimento dello schema consueto. Zapp era un letterato eminente, Swallow invece no. Zapp era l'uomo che aveva pubblicato sul PMLA (Publications of the Modern Language Association of America) i suoi articoli mentre era ancora studente e che, quando gli era stato offerto il suo primo lavoro, un invidiabile incarico a Euphoric State, aveva preteso il doppio dello stipendio corrente e l’aveva ottenuto; Zapp era il critico che, non ancora trentenne, aveva pubblicato cinque libri diabolicamente intelligenti (di cui quattro su Jane Austen) e che, alla stessa precoce età, aveva ottenuto la cattedra di professore ordinario. Swallow invece era scarsamente conosciuto al di fuori del suo dipartimento, non aveva pubblicato nulla a parte una manciata di saggi e di recensioni e aveva risalito lentamente la graduatoria, con scatti di stipendio annuali, fino a ottenere l’incarico di "lettore" e a questo livello si trovava fermo adesso, con minime prospettive di avanzamento. Non che Philip mancasse di intelligenza o di capacità, ma non era ambizioso e gli facevano difetto la volontà e quella specie di istinto da killer di cui Zapp era abbondantemente fornito.

A questo proposito bisogna dire che i due uomini possedevano le caratteristiche proprie del sistema educativo che li aveva formati. In America non è troppo difficile ottenere il baccalaureato. Lo studente può fare molto di testa sua, accumula le ore di frequenza necessarie per la promozione con tutto comodo, gli è facile imbrogliare e nel complesso prova poca ansia e incertezza nei riguardi del risultato finale. Lo studente è quindi libero di concentrare la propria attenzione sui normali interessi di quegli ultimi anni di adolescenza: gli sport, gli alcolici, i divertimenti e il sesso. E al livello accademico successivo che cominciano le difficoltà e la tensione, quando lo studente viene temprato da una serie di corsi faticosi e valutazioni rigorose finché è considerato degno di ricevere l’abbraccio rituale del conferimento del Ph.D.[1] A questo punto ha investito nel procedimento tanto di quel tempo e denaro che qualsiasi carriera diversa da quella accademica gli è divenuta impensabile e una riuscita men che felice, insopportabile. In breve, è stato forgiato in modo da lanciarsi nella professione con la grinta di un operatore di Wall Street. Con il suo dottorato in tasca è un libero imprenditore che vende i suoi servigi al miglior offerente e firma un contratto individuale con il suo datore di lavoro.

Nel sistema educativo britannico la gara è aperta e si conclude molto prima. ln base al regolamento scolastico inglese, il mazzo di carte umano è mescolato e tagliato quattro volte, a undici anni, a sedici, a diciotto e a venti, e felice è colui che riesce primo ad ogni esame di ammissione ma soprattutto nell'ultimo. Gli esami finali si chiamano appunto finals, come a significare che dopo di essi nulla di importante potrà più accadere. Lo studente universitario britannico è quindi un’anima persa, un essere solitario privo di certezze su quel che sta facendo o su chi desidera compiacere. Nelle sale da te contigue alla Biblioteca bodleiana[2] o accanto al British Museum, lo si può riconoscere facilmente dallo sguardo opaco, l`occhio vacuo del veterano con shock da bombardamento, per il quale non esiste più nulla di reale da quando ci fu la "grande offensiva". Questo, a breve scadenza, non rappresenta un grosso svantaggio, purché riesca ad accaparrarsi un primo lavoro, dato che nelle università britanniche il diritto di permanenza in carica è virtualmente automatico e la paga standard; ma a una certa età, quando l’idea di una promozione o del conseguimento di una cattedra comincia a occupare la sua mente, può darsi che l’insegnante guardi indietro con malinconica nostalgia ai giorni in cui il suo spirito era pronto e vivace e tutto teso verso un`unica meta certa.

Philip Swallow era stato fatto e disfatto dal "sistema" proprio in questo modo. Gli era piaciuto affrontare gli esami e li aveva sempre superati brillantemente. Il momento culminante della sua vita era stato rappresentato, sotto molti aspetti, proprio da quegli esami conclusivi. Spesso sognava di essere ancora una volta impegnato in tali prove ed erano sogni felici. Da sveglio ricordava senza difficoltà le domande cui, in quel caldo giugno lontano, aveva scelto di rispondere. Nei mesi precedenti si era preparato con cura meticolosa, riempiendo goccia a goccia la mente di nozioni distillate a tal punto che, la vigilia del primo esame (testi in inglese antico), quasi quasi ne traboccava. Ogni mattina, nei dieci giorni successivi, aveva portato il prezioso recipiente nell’aula degli esami e ne aveva versato la giusta quantità sulle pagine del foglio regolamentare. Giorno per giorno il livello era diminuito, finché al decimo giorno il recipiente era stato completamente svuotato, la tazza prosciugata, la credenza vuota. Negli anni che erano seguiti Swallow si era impegnato a colmare nuovamente la propria mente, ma le cose erano ormai cambiate. Il principio di finalità non esisteva più, mancava il momento della "grande resa dei conti" a cui far riferimento mentre accumulava il suo sapere, sicché questo tendeva a dileguarsi con la stessa rapidità con cui era stato acquisito.

Philip Swallow amava la lettura in tutte le sue espressioni con genuino trasporto. Era altrettanto felice con Beowulf [3]che con Virginia Woolf, si trovava altrettanto bene con Aspettando Godot che con Gummer Gurton’s Needle[4] e a tempo perso, quando esempi più nobili della parola scritta non si trovavano sottomano, leggeva con attenzione persino il retro di una scatola di fiocchi di granturco, le clausole in caratteri piccoli dei biglietti ferroviari e la pubblicità sui blocchetti di francobolli. Il fatto di essere entusiasta di tutto, senza distinzioni, gli impediva pero di trovarsi un "campicello" da coltivare in proprio. Il suo primo lavoro di ricerca era stato imperniato su Jane Austen, ma poi la sua attenzione era stata attratta da argomenti talmente disparati, quali i sermoni medievali, una raccolta di sonetti elisabettiani, la tragedia eroica nella Restaurazione, i libelli satirici del Settecento, i romanzi di William Godwin, la poesia di Elizabeth Barrett Browning e le anticipazioni del teatro dell’assurdo nelle commedie di George Bernard Shaw, da non riuscire a portare a termine nessuno dei lavori progettati. Infatti prima ancora di completare la bibliografia preliminare, quasi sempre gli capitava di provare interesse per qualcosa di completamente diverso e la sua attenzione veniva sviata. Correva qua e la tra gli scaffali di LETTERATURA INGLESE come un bambino in un negozio di giocattoli, così riluttante a scegliere un articolo escludendo gli altri, da finire col ritrovarsi a mani vuote.


Vi era soltanto un aspetto per cui Philip era riconosciuto come un uomo di particolare valore, anche se solo entro i confini del suo dipartimento. Era un eccezionale esaminatore di laureandi: scrupoloso, coscienzioso, severo, tuttavia giusto. Nessuno sarebbe stato in grado di assegnare un voto così ricco di sfumature come BUONO+ / BUONO +?+ con tanta convinzione o giustificarlo con tanta efficacia e persuasione. Nelle riunioni del dipartimento per discutere la stesura dei questionati, era molto temuto dai colleghi a causa del suo occhio acuto nell'individuare i punti poco chiari, le domande ripetute dai compiti degli anni precedenti, la negligente disattenzione che avrebbe permesso ai candidati di sfruttare un solo argomento in due diverse risposte.


I suoi questionari, invece, erano opere d’arte, su cui sgobbava con amorevole cura per molte ore, aggiustandoli e perfezionandoli, soppesando ogni parola, manipolando abilmente gli "oppure" e i "sia", bilanciando saggiamente le domande difficili sugli autori popolari con domande facili su autori oscuri, invitando i candidati a considerare, illustrate, commentare, analizzare, interpretare, valutare con perspicacia oppure (ultimo espediente) a discutere vivaci epigrammi di sua invenzione, fatti passate per brani di anonimi critici.


Un collega aveva una volta affermato che Philip avrebbe dovuto pubblicare i suoi testi d’esame. Il suggerimento era stato dato per scherzo ma Philip si era sentito piuttosto attratto dall’idea, vedendo in essa, in un breve momento di esaltazione, una proposta mandata dal cielo per porre fine alla sua aridità professionale. Aveva concepito un’opera critica di stile assolutamente rivoluzionario, un conciso ed esauriente compendio di letteratura inglese costituito interamente di domande inframmezzate da ampi spazi bianchi: un miracolo di stringatezza, eloquenza e riflessione da leggere e rileggere, su cui meditate, domande cariche di significato ed enigmatiche come haiku[5], memorabili come proverbi che, per così dire, contenessero in sé, appena accennato e astutamente suggerito, lo spunto delle loro stesse risposte.


Raccolta di domande di letteratura inglese di Philip Swallow: un libro che poteva essere paragonato ai Pensieri di Pascal o alle Ricerche filosofiche di Wittgenstein.


Ma il progetto non era Stato portato avanti più di quanto non fosse accaduto con i suoi soliti lavori accademici, e nel frattempo gli studenti di Rummidge avevano cominciato a tumultuare per l’abolizione degli esami convenzionali, cosicché quella sua unica particolare abilità aveva rischiato di diventare superflua. Vi erano stati momenti, recentemente, in cui aveva cominciato a chiedersi se fosse proprio adatto a quella carriera in cui si era avventurato circa quindici anni prima, non tanto per scelta personale, quanto sotto la spinta del suo straordinario esame di laurea.


Gli era stata assegnata automaticamente una borsa di studio ed egli aveva seguito il consiglio del suo professore di scrivere una tesi per il dottorato in lettere sulle opere giovanili di Jane Austen. Dopo circa due anni questo lavoro era ben lungi dall’essere terminato e, pensando che un cambiamento di ambiente potesse aiutarlo a superare un momento di inattività, aveva fatto domanda per una borsa di studio in America e per un posto di assistente all’università di Rummidge. Con sua grande sorpresa li aveva ottenuti entrambi (ancora merito di quell’esame di laurea!) e Rummidge gli aveva proposto generosamente di rimandare la sua nomina di un anno, così da non dover fare una scelta fra le due cose. Egli non aveva avuto seriamente intenzione di andare in America in quel momento, poiché si era sentimentalmente legato a Hilary Broome, una studentessa già laureata che si stava occupando della poesia pastorale dell’era augustea, tuttavia aveva avuto 1’impressione che la borsa di studio americana fosse un’oppotunità da non rifiutarsi con leggerezza.


Così era andato a Harvard ed era stato estremamente infelice per parecchi mesi. Lavorando per conto proprio, nel tentativo di terminare la sua tesi, si era farro pochi amici; dal momento che non possedeva un’auto e che comunque non sapeva guidare, aveva trovato difficile muoversi liberamente. Una certa vigliaccheria e una vaga imprecisata fedeltà nei riguardi di Hilary Broome gli avevano impedito di dare appuntamenti alle altezzose ragazze di Radcliff. Aveva preso l’abitudine di fare lunghe passeggiare solitarie per le strade di Cambridge e dintorni, pedinato dalle auto della polizia, i cui occupanti giudicavano quel suo camminare senza scopo implicitamente sospetto.


Le otturazioni applicate ai denti prima di sciogliersi dall`abbraccio del Servizio sanitario nazionale erano tutte saltate via e un borioso dentista di Boston lo aveva informato che gli era immediatamente necessario un lavoro odontoiatrico valutabile in un migliaio di dollari. Poiché questa somma rappresentava circa un terzo del suo guadagno totale, Philip aveva pensato di aver trovato un valido pretesto per interrompere il corso di studi e fare un onorevole ritorno in Inghilterra. Tuttavia il fondo universitario per i borsisti stranieri si era offerto prontamente di far fronte alla spesa, attingendo alle sue sconfinate riserve, e così egli aveva scritto a Hilary Broome chiedendole di sposarlo. Hilary, che si stava annoiando sempre più con la poesia pastorale dell’età augustea, aveva reso i libri in biblioteca, aveva comprato un vestito da sposa già confezionato e si era imbarcata sul primo aereo disponibile per raggiungerlo. Erano stati uniti in matrimonio a Boston da un sacerdote nella chiesa episcopale appena tre settimane dopo la proposta di Philip.


Una delle condizioni della borsa di studio era l`impegno a viaggiare in lungo e in largo negli USA, e per i borsisti veniva, a questo scopo, noleggiata un’auto. In occasione della luna di miele e per sfuggire ai rigori dell'inverno nel New England, la giovane coppia aveva deciso di iniziare il viaggio immediatamente. Con Hilary al volante di una Impala Chevrolet nuova fiammante, si erano diretti a sud, verso la Florida, a volte lasciando l’autostrada per fare l'amore con grande passione sul sedile posteriore sorprendentemente ampio. Dalla Florida avevano attraversato la parte meridionale degli Stati Uniti a tappe molto comode, finché erano giunti a Euphoria e si erano sistemati per l’estate in una mansarda in cima alla collina nella città di Esseph. Dal loro letto matrimoniale guardavano proprio in linea retta al di là della baia i verdeggianti pendii di Plotinus, località di Euphoric State.


Questa lunga luna di miele era stata la chiave che aveva permesso a Philip Swallow di iniziare la sua avventura americana. Egli aveva scoperto in se stesso un insospettato e a lungo represso desiderio dei piaceri dei sensi, che aveva appagato non solo nel letto matrimoniale con Hilary, ma anche con le semplici e piacevoli cose che fanno parte dello stile di vita degli americani, come le docce, la birra fredda, i supermercati, le piscine riscaldate all’aria aperta e i gelati dai molti gusti. Il sole splendeva. Philip era rilassato, fiducioso, felice. Aveva imparato a guidare e lanciava la maestosa Impala su e giù per le colline che si snodano come montagne russe, con la spavalderia di uno del luogo, mentre la radio andava a pieno volume.


Aveva frequentato le taverne e i locali notturni della sponda meridionale, dove i Beat in quei giorni davano i loro concerti di musica jazz e poesia e si era sentito legato in modo eccitante allo spirito del tempo. Aveva finito perfino la sua tesi per il dottorato in lettere, quasi senza sforzo. Era stato l’ultimo importante progetto portato a termine.


Hilary era incinta di quattro mesi, quando a settembre erano tornati a salpare alla volta del1’Inghilterra. Pioveva forte la mattina che avevano attraccato a Southampton e Philip si era preso un raffreddore che era durato circa un anno. Avevano affittato un appartamento ammobiliato per sei mesi a Rummidge, umido e pieno di correnti d’aria e, dopo la nascita della bambina, si erano spostati in una villetta a schiera, piccola, umida e piena di correnti d’aria, da cui, tre anni dopo, con un secondo bambino e un altro in viaggio, si erano trasferiti in una villa vittoriana, vasta, umida ed esposta alle correnti d’aria. I bambini impedivano a Hilary di lavorare e lo stipendio di Philip era scarso. La loro vita era stata portata avanti fra tante piccole privazioni, denominatore comune, a quel tempo, di tutte le coppie simili alle loro e lui forse non se ne sarebbe lamentato se non avesse in precedenza goduto una vita più agiata. Qualche volta si era trovato fra le mani qualche istantanea sua e di Hilary a Euphoria, abbronzati, fiduciosi e allegri e, passandosi velocemente una mano fra i capelli che cominciavano a diradarsi, aveva fissato quelle immagini con invidioso stupore, come se si fosse trattato di ricchi e lontani parenti, che non aveva mai visto in carne e ossa.


Ecco perché vi e un raggio di luce negli occhi di Philip Swallow mentre siede nel Boeing della Boac, sorseggiando il suo succo d’arancia; ecco perché, anche se l’aereo sta sobbalzando in modo assai terrificante a causa di ciò che il comandante con pacatezza, attraverso l’altoparlante, ha appena descritto come un punto di moderata turbolenza, egli non vorrebbe essere in nessun altro luogo al mondo.


Sebbene avesse seguito dai giornali la più recente cronaca degli Stati Uniti e fosse pienamente consapevole del fatto che era diventato un paese violento e più che mai drammatico, spaccato da profonde divisioni ideologiche e razziali, traumatizzato da delitti politici, con le università in rivolta, le città paralizzate dal caos, la campagna inquinata e devastata, sentimentalmente per lui è ancora una specie di paradiso, il posto dove una volta era stato celibe e libero e poteva esserlo ancora. Pregusta con ansia, con un godimento semplice e infantile, la luce del sole, il ghiaccio nelle bevande, le bevande, i ricevimenti, il tabacco a buon mercato e le infinite varietà di gelato; non vede l’ora di essere chiamato "professore" e di venir elogiato per il suo accento da sconosciute telefoniste, di trovarsi al centro dell`interesse per il solo fatto di essere inglese, di dedicarsi ancora a riacquistare la padronanza della parlata americana, un po’ arrugginita da tutti quegli anni di lontananza.


Al ritorno di Philip dal suo corso di studio, l'idioma americano, di recente acquisito, gli si era spento rapidamente sulle labbra sotto lo sguardo stupito e critico dei colleghi di Rummidge. Dieci anni più tardi, qualche vocabolo americano, sia erudito sia comune, era diventato accettabile, anzi di moda, nel circoli accademici britannici, ma, e questo era l’eterno ritornello della sua vita, allora per lui era stato troppo tardi per cambiate stile, lo stile di un docente inglese, assolutamente convenzionale, che deve tutelare la purezza della lingua. Tuttavia il linguaggio americano conservava ancora per Philip un sottile segreto incantesimo. Era forse il retaggio di una fanciullezza in periodo di guerra, il fatto che i film di Hollywood e alcune copie a brandelli del Saturday Evening Post avessero stabilito in quegli anni cruciali un profondo legame psichico fra l'inglese degli americani e le leccornie di cui era stato privato dal razionamento? Forse, ma vi era anche un’attrazione puramente estetica, più difficile da analizzare, un delicato suono di accenti spostati, ingegnose contrazioni, buffi pleonasmi, brillanti traslati, che egli ora fa rivivere in sé, man mano che le coste della Gran Bretagna si allontanano e quelle dell’America gli corrono incontro. Come una zitella beneficiaria di un grosso e inatteso legato parte immediatamente per Parigi e, in uno scompartimento della Freccia d’oro, protesa verso occasionali interlocutori, si esercita con entusiasmo a usare le frasi della lingua francese, rimembranze dei tempi di scuola o che ha appreso leggendo i menù dei ristoranti o durante le gite di un giorno a Boulogne, così Philip Swallow, ancorato al sedile del suo Boeing a causa della turbolenza, emette con le labbra suoni soffocati dal ronzio dei motori del jet per provare intonazioni e frasi semidimenticate, proprie del gergo americano.


Non è una zitella, Philip Swallow, anzi, è marito e padre di tre bambini, ma in questa occasione viaggia solo. Ed è un piacere raro, questo, di non avere nessuno che gli sia di peso, un piacere che, sebbene si vergogni ad ammetterlo, lo renderebbe euforico anche se la sua destinazione fosse la Mongolia.


Ora, per esempio, la hostess gli pone davanti un pasto di dubbia collocazione (potrebbe essere la seconda colazione o anche la cena, chi lo sa e chi se ne interessa a quattro miglia al disopra del mondo che gira), ma allettante: salmone affumicato, pollo e riso, budino alla pesca, tutto ordinatamente suddiviso su un vassoio di plastica, formaggio e biscotti avvolti nel cellophane, posateria "usa e getta", saliera personale e pepiera in dimensioni da casa delle bambole. Mangia tutto, molto lentamente, gustandolo, accetta una seconda tazza di caffè e apre un pacchetto di sigarette eccezionalmente lunghe.


Non accade nient’altro. Nessuno gli chiede di tagliargli il pollo o di garantire sulla commestibilità del salmone affumicato, il vassoio non viene improvvisamente lanciato in aria accanto a lui né scivola rumorosamente sul pavimento, la sua tazza di caffè non gli viene strappata dalle labbra in modo da rovesciarne il contenuto bollente sui pantaloni; il vestito non conserva ricordi del pasto, come briciole di biscotti unti di burro o macchie di budino alla pesca e gocce di maionese. Tutto ciò, riflette, deve assomigliare alla mancanza di peso nello spazio, oppure alla diminuzione della forza di gravità nelle passeggiate lunari, un’insolita sensazione di galleggiare e di essere liberi, un improvviso calo dello sforzo comunemente richiesto dalle normali attività fisiche. E ciò non durerà solo per oggi, ma per sei interi mesi. Si attacca a questo pensiero con colpevole allegria. Colpevole perché non può assolversi del tutto dalla colpa di aver abbandonato Hilary, che forse perfino in questo momento sta sorvegliando cupa il rozzo comportamento a tavola dei tre giovani Swallow.


Unica consolazione del momento è il pensiero che la separazione non se l’era cercata lui. Philip Swallow effettivamente non aveva chiesto di partecipare al progetto di scambio Rummidge-Euphoria, vuoi a causa di un legittimo pudore riguardo ai suoi meriti, vuoi perché da tempo si era ridotto a pensare a se stesso come a un essere eccessivamente condizionato dalle responsabilità domestiche per prendere in considerazione simili avventure. Ciò era quanto aveva detto a Gordon Masters, il capo del suo dipartimento, quando quest'ultimo gli aveva chiesto se non intendesse far domanda per lo scambio con Euphoria.


"No, davvero, Gordon. Non sarebbe giusto, lo sai, turbare a questo punto l'istruzione dei bambini. Robert il prossimo anno prenderà la licenza elementare e non manca molto a che Amanda si trovi nel pieno della preparazione per il diploma di scuola media."


"Mmm... mmm... andarci tu," aveva risposto Masters. Questa abitudine di mangiarsi la prima parte delle frasi rendeva stressante comunicare con lui, come pure il suo modo di chiudere un occhio mentre ti guardava come se prendesse la mira nel mirino di un fucile. In effetti era un appassionato sportivo e le pareti della sua stanza testimoniavano della sua abilità di cacciatore con animali impagliati che ruggivano in silenzio. L'inizio strozzato di ogni sua frase derivava invece, secondo l’opinione di Philip, dalla sua permanenza nell’esercito, dove in molte espressioni è importante solo la parola finale dell`ordine.


Grazie al lungo allenamento, Philip era in grado di seguire abbastanza bene il flusso verbale di Masters, quindi aveva risposto con sicurezza: "Oh, no! Non potrei lasciare Hilary ad affrontare tutto da sola. Non per sei mesi."


"Mmm... mmmagino di no," aveva borbottato Masters, esprimendo una certa delusione o frustrazione, resa evidente dal modo in cui spostava in continuazione il peso del corpo da un piede all’altro. "Mmm... mmmportunità comunque."


Aguzzando ogni fibra del suo cervello, Philip era riuscito a poco a poco a captare 1'informazione che il candidato di quell’anno per il piano di scambio si era ritirato all’ultimo momento, perché gli era stata offerta una cattedra in Australia. Sembrava che il comitato incaricato dell’esecuzione del progetto fosse orientato a rimpiazzarlo con una certa urgenza e che Masters, che ne era il presidente, fosse pronto a ottenere il posto per Philip, nel caso a lui interessasse.


"Mmm... mmmpensaci," aveva concluso.


Philip ci aveva pensato tutto il giorno. Con studiata indifferenza ne aveva accennato a Hilary, mentre lavavano i piatti dopo cena.


"Devi accettare quel posto," aveva detto lei, dopo un istante di riflessione. "Hai bisogno di un cambiamento, di una variante. Qui ti stai fossilizzando."


Philip non aveva potuto negarlo. "Ma allora che si fa con i bambini? Con la licenza elementare di Robert?" aveva chiesto, stringendo delicatamente un piatto gocciolante, come se avesse tenuto fra le mani la speranza.


Hilary aveva fatto una pausa più lunga per riflettere. "Vacci da solo,“ aveva concluso. "Io resterò qui con i bambini."


"No, non sarebbe giusto," aveva protestato lui, "non ci penso neppure."


"Mi arrangerò," aveva deciso lei, prendendo il piatto. "Comunque è del tutto fuori questione che si parta tutti con un così breve preavviso. Come si farebbe per la casa, tanto per cominciare? Non la si può lasciare vuota d'inverno. C’è la spesa del viaggio..."


"Devo ammettere," aveva commentato Philip, cambiando l’acqua della rigovernatura e agitando con entusiasmo la schiuma, "che se vado per conto mio, probabilmente potrei mettere da parte parecchio denaro. Abbastanza per pagare il riscaldamento centrale, penso." L’installazione del riscaldamento centrale nella loro casa fredda, umida e con molti locali, era stata a lungo un sogno impossibile per i Swallow.


"Tu vai, caro," aveva detto Hilary, con un sorriso coraggioso. "Non devi perdere questa occasione. Gordon potrebbe non essere più il presidente di questo comitato."


"Devo dire che è stato molto gentile da parte sua pensare proprio a me.”


“Ti lamenti sempre che non ti stima."


"Lo so. Capisco di essere stato piuttosto ingiusto con lui."


In effetti Gordon Masters aveva deciso di appoggiare Philip per lo scambio con Euphoria perché voleva assegnare il posto di primo lettore a un membro molto più giovane del dipartimento, un filologo prolifico che era stato allettato da offerte da parte di nuove università, e sarebbe stato meno imbarazzante farlo mentre Philip era assente. Lui non doveva saperlo, naturalmente, sebbene un individuo meno ingenuo avrebbe potuto sospettarlo.


"Sei sicura che non ti dispiaccia?" aveva chiesto a Hilary, e lo avrebbe chiesto almeno una volta al giorno, fino alla partenza.


Lo fece ancora quando lei lo accompagnò alla stazione di Rummidge. "Sei proprio sicura che non ti dispiaccia?"


"Caro, quante volte ancora te lo devo dire? Naturalmente mancherai a tutti noi... E noi mancheremo a te, spero," lo aveva preso in giro lei dolcemente.


"Sì, è naturale."


Era proprio quella la causa del suo senso di colpa. Onestamente non pensava che gli sarebbero mancati. Non provava rancore verso i suoi figli, ma era convinto che se la sarebbe cavata proprio bene senza di loro, grazie al cielo, per sei mesi. E quanto a Hillary, be', trovava difficile dopo tutti quegli anni pensare a lei, dal punto di vista ontologico, come a un essere distinto dalla propria prole. Nel suo campo visivo lei esisteva soprattutto come una trasmettitrice di informazioni, avvertimenti, richieste, impegni riguardanti Amanda, Robert e Matthew. Se lei fosse partita per l’America lasciando lui a casa a occuparsi dei bambini, gli sarebbe mancata davvero. Ma se nel quadretto non vi fossero stati i bambini, non avrebbe potuto trovare facilmente una ragione della necessità di una moglie.


C’era sempre l’aspetto sessuale, naturalmente, ma negli ultimi anni nel matrimonio Swallow, esso aveva recitato un ruolo in costante declino. Dopo la lunga luna di miele in America non era mai più stata la stessa cosa (ma capita mai?). In America, per esempio, Hilary aveva avuto la tendenza a emettere un grido acuto, che Philip trovava profondamente eccitante, nel momento cruciale. Ma nella loro prima notte a Rummidge, mentre preparavano il letto nell’appartamento che avevano affittato in un vecchio edificio malamente riadattato, uno sconosciuto aveva tossito leggermente, ma in maniera percettibile, nella stanza attigua e da quel momento in avanti, sebbene si fossero ingegnati per isolarsi nel modo migliore, quando era necessario, gli orgasmi di Hilary (se poi c’erano) non erano stati sottolineati che da un sospiro sibilante, piuttosto simile all’aria che scappa da un materassino di gomma.


Nel corso della loro vita matrimoniale a Rummidge, Hilary non aveva mai respinto i suoi approcci, ma non li aveva mai neppure realmente incoraggiati. Accoglieva i suoi amplessi con la stessa calma, la stessa disponibilità lievemente assorta con cui preparava la prima colazione o gli stirava le camicie. Lentamente, col passare degli anni, l`interesse personale di Philip per il lato fisico del loro matrimonio era calato, ma pensava che la cosa fosse del tutto normale.


L’improvvisa esplosione della rivoluzione sessuale a metà degli anni sessanta lo aveva in realtà un po' turbato. Il giornale della domenica, che aveva sempre acquistato da quando era entrato all’università, un periodico serio, stampato con molta oculatezza, rigurgitante di recensioni di libri e di brani tratti dalle memorie di statisti, bruscamente era uscito con una fioritura di tette e di foto a colori di indumenti osé. Le sue allieve improvvisamente avevano cominciato a vestirsi come tante prostitute, con gonne così corte che lui, quando gli sfuggiva il loro nome, era in grado di distinguerle dal colore degli slip. Era divenuto scomodo leggere a casa i romanzi contemporanei, per la paura che uno dei bambini sbirciasse sopra la sua spalla. Film e televisione trasmettevano lo stesso messaggio: gli altri avevano rapporti sessuali più frequenti e più variati.


Ma li avevano davvero? Da sempre vi erano stati, lo si sapeva, più adulteri nell’immaginazione che nella realtà e senza dubbio lo stesso principio poteva applicarsi all’orgasmo. Osservando le facce dei suoi colleghi nella sala comune dei docenti, si era sentito rassicurato: non si scorgeva alcun sintomo tipico del desiderio appagato. Vi erano naturalmente gli studenti, tutti sapevano che il sesso era la loto maggiore occupazione. Come insegnante Philip ne vedeva soprattutto gli svantaggi: tutta la faccenda li spossava, li distraeva dal loro lavoro, le ragazze si ritrovavano incinte e saltavano gli esami oppure si affidavano alla pillola e ne soffrivano gli effetti collaterali. Ma quel che lui invidiava loro era quel mondo pieno di eccitanti opportunità in cui si muovevano, un mondo di gambe messe in mostra, di manuali sul sesso in vendita alle edicole delle stazioni, di musica erotica e di nudità in primo piano sulla scena e sullo schermo. La sua adolescenza sembrava una povera cosa meschina al confronto; per attivare a soddisfare curiosità e desideri, aveva dovuto accontentarsi di sfogliate i testi classici più audaci della Penguin e di ballare l’ultimo valzer al college, quando venivano abbassate le luci e potevi tenere la tua partner, avvolta in metri di scivoloso taffetà, abbastanza stretta da sentire l’elastico delle sue giarrettiere contro le tue cosce.


C’era qualcosa che invidiava veramente ai giovani: il loto modo di danzare, anche se non aveva mai confidato questo pensiero a nessuno. Con il pretesto di compiacere i suoi bambini e con un’espressione accuratamente studiata in modo da esprimere divertita disapprovazione, guardava Top of the Pops e simili programmi televisivi con una penosa mescolanza di piacere e di rammarico.


Come erano incantevoli quelle cosce che saettavano e quelle natiche che si contraevano, teste che dondolavano e seni che si agitavano, come era deliziosamente sciocco e liberatorio tutto ciò! E come in prospettiva apparivano infinitamente tristi i balli della sua giovinezza, quei fox-trot e swing ballati con movenze rigide simili a quelle dei robot, per i quali poi lui si era rivelato assolutamente inadatto.


Questo nuovo modo di danzare sembrava facile, libero dalla paura di sbagliare, di camminare sui piedi della partner o di guidarla come se fosse una macchina dell’autoscontro contro un`altra coppia-robot. Doveva essere facile, sentiva dentro di sé che avrebbe potuto farlo, ma naturalmente ora era troppo tardi, proprio come era troppo tardi per pettinarsi i capelli in avanti, o per indossare camicie vistose, o per convincere Hilary a provare nuove posizioni erotiche.


In breve, se Philip si sentiva un derelitto nel campo del sesso, era per il suo spirito decisamente mesto. Non gli era mai venuto in mente che vi era ancora tempo per precipitarsi fra le orde dionisiache, né che poteva essere infedele a Hilary con una delle giovani nubili che sciamavano nei corridoi del dipartimento di inglese a Rummidge. Tali idee, cioè, non erano mai sorte nel suo consapevole "io", tipicamente britannico. Il suo inconscio, invece, poteva ricevere impulsi diversi e forse in profondità, giù in fondo all’origine della sua attuale contentezza, c’è la previsione di un’avventura amorosa. Se questo però è il motivo della sua gioia, nessun sentore ne è pervenuto all’ego di Philip. In questo momento il progetto più licenzioso che ha in mente è di passare la prossima domenica a letto fumando, leggendo i giornali e guardando la televisione. Beatitudine! Nessun bisogno di alzarsi per preparare la colazione per la famiglia, lavare l'auto, tagliare l’erba, adempiere agli altri compiti profani della giornata festiva britannica. Dopotutto non c’è alcun bisogno di andare a spasso di domenica pomeriggio. Nessun bisogno di balzare sveglio dalla poltrona, appesantito dal pasto domenicale, per aiutare Hilary a radunare e vestire i loro piagnucolosi bambini; nessun bisogno di tentare di trovare una nuova, insulsa meta per una gira in auto o di trascinarsi fino a uno dei parchi della zona, dove altri gruppetti di gente vagano svogliatamente, come anime dannate dell’inferno, investiti da raffiche di polvere, fra vortici di rifiuti e foglie secche, dietro altalene scricchiolanti e campi di calcio abbandonati, pozze d’acqua stagnanti e laghi artificiali dove le barche a remi sono legate con catene, per decreto domenicale, come per sottolineare l’impossibilità di scappare. Bene, più nulla di tutto ciò per sei mesi.


Philip schiaccia la sigaretta e ne accende un’altra. Le pipe non sono ammesse in aereo.


Controlla l’orologio. Adesso c’è meno di metà strada da percorrere. C’è un’eccitazione generale a bordo. Si guarda attorno attentamente, ansioso di non perdere una battuta. La gente indossa le piccole cuffie di plastica che, quando si sono imbarcati sull’aereo, giacevano su ciascun sedile in trasparenti involucri.


Sul davanti dello scompartimento turistico una hostess sta giocherellando con uno strano congegno. Che bello! Proiettano un film, anzi una pellicola, come dicono gli americani. C’è una tassa supplementare. Philip la page con piacere. Un'anziana signora rugosa gli mostra, attraverso il corridoio, come attaccare la cuffia che è già dotata, come scopre, di trasmissione auricolare su tre canali: Bartok, Muzak e sciocchezzuole per bambini. Condizionato dalla sua preparazione culturale a scegliere Bartok, dopo pochi minuti gira su Muzak, una fresca interpretazione sussurrata di... ma come si chiama? "Queste piccole follie..."?


Nel frattempo, tornando all’altro Boeing, Morris Zapp ha appena scoperto che cosa c’è che lo sconcerta in questo volo. La rivelazione è la conseguenza dell’attraversamento dell’aereo in tutta la sua lunghezza fino alla toilette e lo colpisce come una battuta a scoppio ritardato in un film comico, proprio mentre sta portando a termine le sue necessità fisiologiche. Lungo la via del ritorno, verifica la fondatezza del suo sospetto, esaminando, senza farsene accorgere, ogni fila di sedili, finché raggiunge il suo posto nella parte anteriore dell’aereo. Si lascia cadere pesantemente e, secondo la sua abitudine quando riflette intensamente, accavalla le gambe e si mette a suonare un difficile brano a percussione battendo con le unghie sulla suola della scarpa destra.


Tranne lui, ogni passeggero sull’aereo è una donna.


Che cosa può dedurne? Le probabilità che si verificasse per caso una situazione del genere erano praticamente nulle. L’Improvvidenza aveva colpito ancora. In caso di emergenza, che possibilità avrebbe avuto (prima le donne e i bambini!), essendo il centocinquantaseiesimo nella coda, di salire sui canotti di salvataggio?


"Mi scusi." E’ l`occhialuta bionda sul sedile accanto. Ha una rivista aperta in grembo, con l’indice premuto sulla pagina come per tenere il segno. "Posso chiedere la sua opinione su un problema di galateo?"


Lui sogghigna, guardando la rivista. "Non mi dica che Ramparts pubblica una rubrica di galateo,"


"Se una signora vede un uomo con la patta aperta, deve dirglielo?"


"Certamente."


"La sua patta è aperta, signore," dice la ragazza e riprende a leggere la sua copia di Ramparts, alzandola fino a nascondersi la faccia, mentre Morris mette a posto frettolosamente il suo abbigliamento.


"Ehi, volevo dire," continua lui in tono discorsivo, poiché Morris Zapp non crede nell’efficacia di lasciar cadere, nei rapporti sociali, situazioni imbarazzanti, "ehi, non ha notato niente di buffo, riguardo a questo aereo?"


"Buffo?"


"A proposito dei passeggeri."


La rivista viene abbassata mentre gli occhiali a telescopio della bionda si volgono lentamente verso di lui. "Che lei è il solo uomo, immagino."


"Lo ha notato anche lei!" esclama Morris. "La cosa mi è balenata in mente solo ora. Mi ha colpito proprio in mezzo agli occhi. Mentre ero nel cesso... Ecco perché... Grazie per avermi avvertito, comunque." Abbozza un gesto in direzione del cavallo dei pantaloni.


"Non c’è di che," risponde la ragazza. "Ma come le è accaduto, poi, di finire su questo volo charter?"


"Una delle mie studentesse mi ha venduto il suo biglietto."


"Ora è tutto chiaro," dice la giovane donna. "Avevo intuito che lei non avesse bisogno di abortire."


BBBAAANNNGGG... finalmente la verità si fa strada con gran fragore nel cervello di Morris Zapp! Lancia un’occhiata al disopra della spalliera del sedile. Centocinquantacinque donne schierate, in atteggiamenti diversi, alcune dormono, altre sferruzzano, altre guardano fuori del finestrino, tutte (e la cosa lo colpisce solo ora) silenziose in maniera innaturale, assorte nei propri pensieri, depresse. Qualche sguardo incontra il suo ed egli trasale sotto quel bagliore omicida. Torna a voltarsi, lievemente disgustato, verso la bionda, indica con un cenno appena abbozzato del pollice sopra la propria spalla e sussurra con voce rauca: "Intende dire che tutte quelle donne...?"


Lei annuisce.


"Corpo di una balena!" Zapp, dato che la sua riserva di imprecazioni è diventata banale a causa dell’ininterrotto uso quotidiano, è incline a far ricorso a espressioni stranamente ricercare, nei momenti di grande tensione.


"Scusi la mia domanda," dice la bionda, "ma sono curiosa. Ha acquistato il pacchetto completo, viaggio andata e ritorno, parcella del chirurgo, degenza di cinque giorni con stanza privata e gita a Stratford-on-Avon?"


"Che cosa ha a che fare Stratford-on-Avon con tutto questo, per amor del cielo?"


"Hanno pensato che fosse il caso di tirarci su, dopo. Andiamo a vedere una rappresentazione."


"Tutto è bene quel che finisce bene?" sbotta fulmineo. Ma la battuta nasconde un profondo disagio. Naturalmente ha già sentito parlare di questi viaggi organizzati dagli stati dove l’aborto è difficile da ottenere e che si giovano della nuova legislazione permissiva della Gran Bretagna. In una conversazione superficiale avrebbe liquidato la faccenda solo come un esempio della legge della domanda e dell’offerta, forse con qualche parola scherzosa sugli inglesi che finalmente avevano trovato il modo di riequilibrare la loro bilancia dei pagamenti. Morris Zapp non era né pudico né reazionario. Aveva partecipato molte volte a votazioni per l’abrogazione della legge sull’aborto di Euphoria (come pure per le leggi contro fornicazione, masturbazione, adulterio, sodomia, fellatio, incontri sessuali in cui venivano assume posizioni non naturali: Euphoria era stata dapprima colonizzata da una setta puritana dalla mente ristretta, i cui tabu erano rimasti fossilizzati nel codice ufficiale dello stato, codice che, se applicato con rigore, avrebbe richiesto l’arresto del novanta per cento degli attuali cittadini).


Ma è ben diverso trovarsi intrappolato in un aereo con centocinquantacinque donne decise a eliminare la conseguenza del loro peccato. Il pensiero di quei centocinquantacinque clandestini già condannati gli fa serpeggiare brividi freddi lungo la spina dorsale e un`improvvisa vibrazione dell’apparecchio, mentre penetra nell’area di turbolenza recentemente affrontata da Philip Swallow, lo lascia tremante di paura.


Perché Morris Zapp è l’esatto corrispondente nel ventesimo secolo del Falso Cristiano - Falso Ateo di Swift. Sotto la dura scorza dell’ebreo libero pensatore (proprio il genere di cui, secondo T.S. Eliot, una comunità armonica potrebbe benissimo fare a meno), batte un cuore di giudeo-cristiano all’antica, pieno di timor di Dio. Se gli astronauti dell’Apollo avessero riferito di aver trovato un messaggio scolpito a lettere cubitali sull’altra faccia della Luna: LE RIVEIAZIONI SULLA MIA MORTE SONO MOLTO ESAGERATE,[6] la cosa non avrebbe sorpreso eccessivamente Morris Zapp; avrebbe semplicemente confermato i suoi dubbi segreti. Al momento si sente dolorosamente vulnerabile al castigo divino. Non può credere che l’Improvvidenza, il vecchio Padre di Nessuno, se ne stia tranquillamente appollaiata nel cielo, mentre servizi di collegamento locali a uso dell’aborto gli ronzano proprio sotto il naso, inquinando la stratosfera e provocando il crampo dello scrittore all’angelo addetto a stilare i verbali. Nossignore, un giorno o l'altro schiaccerà uno di quegli aerei, cancellandolo dal cielo, e perché non proprio questo? Zapp cade nell’autocommiserazione. Perché  dovuto essere punito assieme a tutte queste donne incoscienti e insensibili? Lui aveva messo incinta una ragazza solo una volta in vita sua e ne aveva fatto una donna rispettabile (lei poi aveva divorziato tre anni dopo, ma quella era un’altra storia, un’accusa alla volta, per favore). E’ un complotto. Tutto a causa di quella piccola puttana che gli ha venduto il biglietto a meno di metà prezzo; lui non aveva saputo rinunciare all’affare, ma al momento si era meravigliato della generosità della ragazza, poiché solo una settimana prima si era rifiutato di aumentarle il voto da sufficiente a buono. Probabilmente appena le era saltato il ciclo mestruale si era precipitata a prenotare un posto sul volo diretto per l’aborto, poi aveva avuto esito negativo al test per la gravidanza e aveva pensato fra sé: "So quel che farò, il professor Zapp sta per andare in Europa, gli venderò il mio biglietto e che l'aereo possa cadere colpito da un fulmine!" Una bella ricompensa per aver tentato di tenere alto il livello accademico.

Si rende conto che la ragazza del sedile accanto lo sta studiando con interesse.

"Lei è un insegnante universitario?" gli chiede.

"Sì, a Euphoric State."

"Davvero? Che cosa insegna? Io mi sto specializzando in antropologia al college di Euphoria.”

"Al college di Euphoria? Non é quella scuola cattolica a Esseph?"

"Esatto."

"Allora che cosa ci fa su quest’aereo?" sibila, mentre tutta la sua indignazione morale si ridesta e il suo superstizioso timor di Dio si concentra su questa bionda travagante. Se perfino i cattolici saltano sul carrozzone dell’aborto, che speranza resta alla razza umana?

"Sono una cattolica progressista," dice la ragazza con serietà.

I suoi occhi dietro gli occhiali smisurati sono limpidi e imperturbabili. Morris Zapp sente salirgli al capo un’ondata di zelo missionario. Vuol fare una buona azione, vuole insegnare a questa innocente la differenza fra il bene e il peccato, distoglierla dalle sue intenzioni malvagie. Un tizzone strappato al fuoco infernale poteva essere sufficiente a garantirgli un felice atterraggio. Si piega in avanti con sollecitudine.

"Ascolta, piccola, lascia che ti dia qualche consiglio paterno. Non farlo. Non ti perdonerai mai. Fa’ nascere il bambino, fallo adottare, nessuna fatica. Le agenzie per l’adozione reclamano a gran voce nuovo materiale. Poi può darsi che il padre ti voglia sposare, quando vedrà il piccolo, spesso lo fanno, lo sai."

"Non può."

"E’ già sposato, vero?" Morris Zapp scuoce la testa, per la depravazione del suo sesso.

"No, è un prete.”

Zapp piega la testa, nasconde la faccia tra le mani.

"Si sente bene?"

"Solo un po’ di nausea del mattino," borbotta attraverso le dita. Alza la resta. "Questo prete, ripaga il viaggio a spese del fondo parrocchiale? Ha fatto una colletta straordinaria o qualcosa del genere?"

"Non ne sa nulla.”

"Non gli hai detto che sei incinta?"

"Non voglio che debba scegliere tra me e i suoi voti."

"C’è ancora qualche voto che rispetta?"

"Povertà, castità, obbedienza," mormora la ragazza, pensierosa, "Be’, immagino che sia ancora povero."

"Così, chi paga questo viaggio?"

"Io di sera lavoro sulla riva meridionale."

"Uno di quei locali di spogliarelli?"

"No, un negozio di dischi. A dire il vero, il primo anno del college ho lavorato come spogliarellista. Ma poi mi sono resa conto che il prezzo da pagare era troppo alto, così ho smesso."

"Sono molto cari, quei locali, eh?"

"Il prezzo era troppo alto per me, intendo, non per i c1ienti," risponde la ragazza, un tantino sprezzante. "Fu quando mi interessai della liberazione della donna."

"La liberazione della donna? Che cos’è?" chiede Morris Zapp, intuendo che qualcosa non lo convince. "Mai sentita." (Pochi la conoscevano, in quel primo giorno del 1969.)

"Ne sentirete parlare di sicuro, professore," replica la ragazza.

Nel frattempo, anche Philip Swallow ha avviato una conversazione con un compagno di viaggio.

Terminato il film (era un western, la rumorosa colonna sonora gli aveva procurato il mal di testa e aveva guardato la battaglia finale a colpi di pistola con la cuffia sintonizzata su Muzak), scopre che la sua joie de vivre è svanita. Comincia a stancarsi di stare fermo, si dimena sul sedile nello sforzo di trovare una nuova posizione per i suoi arti indolenziti, il rumore smorzato dei motori del jet gli dà sui nervi e il guardare fuori del finestrino gli procura ancora la vertigine. Prova a leggere la copia del Times avuta in omaggio, ma non riesce a concentrarsi. Ciò di cui ha veramente bisogno è una bella tazza di tè. E’ metà pomeriggio al suo orologio, ma quando si fa coraggio e lo domanda a una hostess di passaggio, quella gli risponde brevemente che entro un'ora verrà servita la prima colazione. Lui ha già fatto una prima colazione quel giorno e non ne desidera un’altra in modo particolare, ma naturalmente si tratta di un inconveniente del cambio di fuso orario.

A Euphoria adesso sono le...? Sette od otto ore in meno rispetto a Londra, o in più? Si deve aggiungere o sottrarre? E’ ancora il giorno della partenza o è già domani? Oppure ieri? Vediamo, il sole sorge a est... Aggrotta le sopracciglia per lo sforzo mentale, ma il suo calcolo non ha senso.

"Be’, mi venisse un colpo!"

Philip sbatte gli occhi osservando il giovane che si è fermato nel corridoio laterale. Il suo aspetto è impressionante. Indossa pantaloni scamosciati, svasati al fondo, un tipo di giacchetta fuori misura di stoffa grossolana, con frange che pendono fino alle ginocchia sopra una camicia a vistose strisce rosa e gialle. Gli ondulati capelli rossicci gli cadono sulle spalle e ha dei baffi da bandito di una sfumatura leggermente più scura. Sulla giacchetta, disposti in tre file ordinate come medaglie militari, vi sono una dozzina o più di distintivi in colori psichedelici.

"Si ricorda di me, vero, Mr Swallow?"

"Be’..." Philip si spreme le meningi. C’è qualcosa di vagamente familiare, ma... Poi l’occhio sinistro del giovane improvvisamente si mette a roteare obliquamente in modo sconcertante, come se si fosse accorto che un motore si sta staccando dall’ala, e allora Philip ricorda.

"Boon! Buon Dio, non ti avevo riconosciuto... Sei... ehm... cambiato."

Boon ridacchia felice. "Fantastico! Non mi dica che è in viaggio per Euphoric State?"

"Be’, sì, a dir la verità è proprio così."

"Splendido! Anch’io!"

"Tu?"

"Non si ricorda di aver scritto una lettera di referenze per me?"

"Moltissime lettere di referenze, Boon."

"Be’, sì, è come con le macchine mangiasoldi, sa, bisogna tener tirata la leva. Mai disperare. E allora, tombola! Non c’è nessuno seduto vicino a lei? No? La raggiungo in un secondo. Stavo andando a darmi una rinfrescata, non scappi." Riprende il cammino verso la toilette, scontrandosi quasi con una hostess che viene dalla direzione opposta. Boon la sorregge con gesto fermo a due mani. "Scusa, tesoro," gli sente dire Philip e lei gli rivolge un sorriso indulgente. Sempre lo stesso vecchio Boon!

Un incontro casuale con Charles Boon, in circostanze normali, non avrebbe allietato il cuore di Philip Swallow. Il giovane si era laureato un paio d’anni addietro, dopo una carriera studentesca a Rummidge in cui si era distinto come individuo polemico e piantagrane. Apparteneva a una categoria di studenti cui Philip si riferiva in privato (rivelando in tal modo la sua età) come al dipartimento dei teddy boys. Erano giovani intelligenti di origine plebea che, diversamente dai tradizionali borsisti (come era stato Philip stesso), non mostravano rispetto per i valori sociali e culturali dell’istituto a cui erano stati ammessi, ma conservavano fino al giorno della laurea un atteggiamento di ostentata volgarità nel vestiario, nel comportamento e nel modo di esprimersi. Giungevano in ritardo in classe, non lavati, non rasati, con addosso indumenti nei quali sembrava avessero dormito, si sdraiavano scomposti nei banchi, arrotolandosi le sigarette e spegnendole sui mobili, sogghignavano di fronte all’entusiasmo ingenuo dei compagni, rispondevano con monosillabi alle domande, consegnavano temi perspicaci, scritti in stile sconcertante e distruttivo. Forse per compensare i propri preconcetti, il corpo insegnante di Rummidge ammetteva ogni anno regolarmente tre o quattro di questi studenti. Immancabilmente causavano problemi di disciplina. Nella sua indimenticabile carriera universitaria, Charles Boon aveva coinvolto il giornale studentesco Rumble, di cui era direttore, in una costosa causa per diffamazione intentata dalla moglie del sindaco di Rummidge e aveva costretto la direttrice del convitto ad andare in pensione prematuramente per un disturbo nervoso di cui tuttora soffriva. Si era presentato ubriaco alle gare universitarie; si era battuto invano per la distribuzione gratuita di contraccettivi alla fine del ballo delle matricole e si era difeso, con successo, in tribunale dall’accusa di taccheggiamento da parte della libreria universitaria.

Come insegnante di Boon al terzo anno, Philip aveva recitato un ruolo minore, ma stressante, in alcune di queste vicende. Dopo un consiglio di professori durato dieci ore, nove delle quali passate a discutete le prove d’esame di Boon, gli era stato assegnato un voto che rappresentava un compromesso, accettato a malincuore sia da quelli che volevano respingerlo, che da quelli che volevano dargli il massimo dei voti.

Il giorno della laurea Philip aveva stretto la mano a Boon con la gioiosa convinzione che in futuro non avrebbe avuto più nulla a che fare con lui, ma la speranza si era rivelata infondata. Sebbene Boon non fosse riuscito a qualificarsi per una borsa di studio per laureati, aveva continuato a frequentare i corridoi della facoltà di lettere per alcuni mesi, facendo credere agli studenti di essere stato assunto come ricercatore, sperando così di mettere il dipartimento in condizione di dargli effettivamente l’incarico.

Dopo che questa mossa era fallita, Boon finalmente era scomparso da Rummidge, ma non dalla vita di Philip. Raramente trascorreva una settimana senza richieste di informazioni riservate sul carattere, l’intelligenza e l’adattabilità per una sistemazione nel mondo del lavoro riguardanti Mr Charles Boon. Dapprima solitamente si trattava di posti di insegnante o di borse di studio per laureati in patria o all'estero. Più tardi, le domande d’impiego di Boon avevano avuto connotati imprevedibili e bizzarri, come se fossero state compilate da qualcuno che gettasse i dadi per necessità, senza però darsi pena di prender nota del risultato. Qualche volta puntava a posti assurdamente elevati, qualche altra grottescamente modesti. A un certo punto aspirò all’incarico di addetto culturale nel servizio diplomatico, o di direttore esecutivo della programmazione televisiva del Ghana, poi fu disposto a sistemarsi come caporeparto alla fabbrica di viti Walsall, o addetto ai gabinetti della corporazione di Southport. Se Boon aveva ottenuto qualcuno di quei posti, evidentemente non era riuscito a conservarlo a lungo, perché il fiume delle richieste di informazioni non si era mai prosciugato. Dapprima Philip aveva risposto sinceramente, ma dopo un po' aveva compreso che in questo modo si autocondannava a una corrispondenza che sarebbe durata una vita. Allora aveva iniziato a occultare qualcuno dei lati meno encomiabili del carattere e del curriculum del suo ex allievo. Aveva finito col rispondere a ogni richiesta di informazioni con uno sfacciato panegirico, adatto per tutti gli usi, conservato perennemente in uno schedario nel suo studio al dipartimento e questo attestato doveva alla fine aver procurato a Boon qualche genere di borsa di studio di perfezionamento a Euphoric State. Ora lo spergiuro di Philip ricadeva su di lui, come spesso accade con questo genere di peccati. Era maledettamente imbarazzante che entrambi se ne stessero andando a Euphoric State nello stesso momento. Sperava con fervore di non essere riconosciuto come il responsabile della formazione di Boon, E doveva essere impedito a Boon a ogni costo di iscriversi ai suoi corsi.

A dispetto di queste preoccupazioni, Philip non è del tutto dispiaciuto di trovarsi sullo stesso aereo di Charles Boon. Infatti attende il ritorno dell'altro con qualcosa di simile all’impazienza. E’ perché è annoiato del viaggio, spiega a se stesso, è felice di avere compagnia per le ultime lunghe ore di questo interminabile volo, ma, in realtà, desidera darsi delle arie. La gloria della sua avventura necessita, dopotutto, di essere messa in risalto per qualcuno in grado di notare come il possesso di un biglietto aereo abbia trasformato il mediocre insegnante di Rummidge nel "professore ospite" Philip Swallow, membro del jet-set accademico, determinato a portare la cultura inglese dalla parte opposta del globo.


E per una volta lui sarà in vantaggio rispetto a Boon, data la sua precedente esperienza americana. Boon sarà ansioso di ricevere consigli e informazioni: sulla necessità di guardare dapprima a sinistra attraversando la strada, per esempio, riguardo alla "scuola pubblica" che ha un significato opposto in Inghilterra e su altre parole dall’accezione del tutto differente.


Spaventerà anche un po’ Boon con la severità dei programmi universitari americani. Sì, ha molto da dire a Charles Boon.


"Ora," dice Boon, sprofondandosi nel sedile di fianco a quello di Philip, "lasci che le faccia un quadro dettagliato sulla situazione a Euphoria."


Philip lo guarda a bocca aperta "Vuoi dire che ci sei già stato?"


Boon sembra sorpreso. "Certo, questo è il mio secondo anno. Sono tornato a casa solo per Natale."


"Ah!" mormora Philip.


"Immagino che abbia già visitato l’Inghilterra parecchie volte, professor Zapp," dice la bionda, il cui nome è Mary Makepeace.


"Mai."


"Davvero? Deve essere molto emozionato allora. Tutti questi anni d'insegnamento della letteratura inglese e ora finalmente va a vedere dove e accaduto tutto ciò."


"E’ proprio questo che mi fa paura."


"Se avrò tempo, visiterò la tomba della mia bisnonna. E’ nel cimitero di un villaggio nella contea di Durham. Non crede che tutto ciò sia poetico?"


"Farai seppellire lì il feto?"


Mary Makepeace gira la testa e guarda fuori del finestrino. La parola "scusami" sale alle labbra di Morris, ma lui la trattiene.


"Non vuoi affrontare la realtà, vero? Vuoi fingere che sia come andare dal dentista, come farsi estrarre un dente."


"Non mi sono mai fatta estrarre un dente," replica lei e lui le crede. La ragazza continua a guardare fuori del finestrino, benché non vi sia nulla da vedere, tranne le nuvole che si estendono fino all'orizzonte, come un rotolo senza fine di materiale isolante per i tetti.


"Scusami," dice Zapp, meravigliandosi lui stesso.


Mary Makepeace torna a voltare la resta nella sua direzione.


"Che cosa le prende, professor Zapp? Non ha voglia di andare ln Inghilterra?"


"Hai indovinato."


"Perché? Dove sta andando?"


"In una topaia chiamata Rummidge. Non devi fingere di averne sentito parlare."


"Perché ci va?"


"E’ una lunga storia."


Lo era davvero, e la stessa domanda posta da Mary Makepeace era sgorgata dalle labbra di un gran numero di colleghi malfidenti quando era stato annunciato che Morris Zapp sarebbe stato il candidato dell’anno per il piano di scambio Euphoria-Rummidge. Perché Morris Zapp, che aveva sempre sostenuto di essere diventato un’autorità nel campo della letteratura inglese non malgrado, ma proprio per il fatto di non aver mai messo piede in quel paese, perché proprio lui, fra tutti, doveva improvvisamente partecipare all’emigrazione annuale per l’Europa? E perché, la domanda era ancora più incalzante, perché proprio un uomo che avrebbe potuto ottenere solo con un cenno del mignolo una borsa Guggenheim, e passare un anno piacevole studiando a Oxford o a Londra o sulla Costa Azzurra, se lo preferiva, voleva condannarsi a un lavoro forzato di sei mesi a Rummidge? Rummidge? Dov’era? Che cos’era? Coloro che lo sapevano raccapricciavano e facevano smorfie di disgusto. Coloro che lo ignoravano andavano a casa a consultare enciclopedie e atlanti, tornando poi a confabulare con i colleghi, del tutto sconcertati. Se era un intrigo di Morris per favorire la propria carriera, nessuno era in grado di fornire un parere esauriente su come la cosa avrebbe funzionato. La spiegazione preferita era che Zapp alla fine si fosse stancato della contestazione studentesca, con i suoi scioperi, le proteste, i problemi, le richieste non negoziabili, e fosse disposto ad andarsene dovunque, perfino a Rummidge, per amore di un po’ di pace e di tranquillità. Nessuno in realtà osava controllare questa supposizione con l’interessato, poiché la sua opposizione di fronte alla prepotenza degli studenti era altrettanto leggendaria quanto il suo sarcasmo.


Alla fine poi era circolata voce che Morris stesse andando in Inghilterra per conto suo e tutto si era chiarito: gli Zapp si stavano separando. Il pettegolezzo si era spento a poco a poco, dopotutto non c’era nulla di insolito, solo un altro divorzio.


In effetti, la realtà era più complessa di questa versione. Désirée, la seconda moglie di Morris, voleva il divorzio, ma Morris no. Non era tanto da Désirée che egli era restio a dividersi, quanto dai suoi bambini, Elizabeth e Darcy, i tesori del cuore, altrimenti poco sentimentale, di Morris Zapp. Désirée era sicura di ottenere la custodia di entrambi i bambini (nessun giudice, per quanto salomonico, avrebbe separato una coppia di gemelli) e Morris si sarebbe ridotto a condurli al parco o al cinema una volta al mese. Aveva sperimentato quella trafila tempo addietro con la figlia avuta dalla prima moglie, che era cresciuta, di conseguenza, provando per lui la stessa considerazione che provava per l’agente dell’assicurazione, a cui presumibilmente lo accostava nella sua fantasia infantile, quando si presentava all’ingresso a intervalli regolari con un timido sorriso accattivante e le tasche piene di "premi" in dolciumi. Questa volta gli sarebbe costato trecento dollari a visita in biglietti d’aereo, poiché Désirée aveva deciso di trasferirsi a New York. Morris era nato e cresciuto in quella città, ma non aveva intenzione di tornarvi; in effetti non avrebbe provato alcun rimpianto se non l’avesse più rivista: alla luce della sua ultima visita, era solo una questione di tempo prima che la spazzatura nelle strade raggiungesse il livello degli attici e l’intera popolazione ne fosse soffocata.


No, non aveva voglia di affrontare ancora tutte le battaglie del divorzio. Aveva supplicato Désirée di offrire un’altra possibilità al loro matrimonio, per amore dei bambini. Lei era stata irremovibile. Aveva affermato che lui aveva comunque una pessima influenza sui figli e, quanto a lei, non avrebbe mai potuto essere una persona completamente realizzata, finché fosse rimasta sposata con lui.


"Che cosa ho fatto?" aveva domandato Morris in tono retorico, agitando le braccia.


"Mi mangi viva."


"Pensavo ti piacesse!"


"Non intendo quello, sei fissato con le oscenità! Intendo psicologicamente. Essere sposata con te è come essere divorata lentamente da un pitone. Sono solo un boccone semidigerito nel tuo ego. E io voglio uscirne, voglio essere libera, voglio essere ancora una persona."


"Senti," aveva detto lui, "piantiamola con questa merda di discorsi da analisi di gruppo. Si tratta di quella studentessa con cui mi hai scoperto l’estate scorsa, vero?"


"No, ma servirà per ottenere il divorzio. Il fatto di avermi piantata al ricevimento del rettore per andare a casa a scopare la baby-sitter farà un certo effetto sul giudice."


"Ti ho detto che è tornata all’Est, non so nemmeno il suo indirizzo."


"Non mi interessa. Non riesci a ficcarti in testa che non mi riguarda dove tieni il tuo cazzo grande, grosso e circonciso? Per quel che mi importa, potresti sbatterti tutta la squadra femminile di hockey su prato ogni sera. Tutto questo è già superato."


"Senti, parliamone da persone ragionevoli," aveva replicato lui, tanto preoccupato da spegnere perfino il televisore che trasmetteva la partita di football e che aveva continuato a guardare di sottecchi durante tutto il dialogo.


Dopo un’ora di estenuanti discussioni, Désirée aveva accettato un compromesso: avrebbe rimandato l’inizio delle pratiche per il divorzio di sei mesi, a condizione che lui lasciasse la casa


"Per dove?" aveva borbottato Morris.


"Puoi trovarti una camera da qualche parte, oppure va’ a vivere con una delle tue studentesse, sono sicura che avrai abbondanza di offerte."


Morris Zapp si era accigliato, prevedendo l’umiliante figura che avrebbe fatto all’interno e all’esterno dell’università, un uomo buttato fuori da casa sua, che lava le camicie alla lavanderia del campus e consuma pasti solitari al club della facoltà.


"Me ne andrò," aveva detto. "Prenderò una vacanza di sei mesi alla fine del trimestre. Dammi tempo fino a Natale."


"Dove andrai?"


"Da qualche parte" Gli era venuta un’ispirazione e aveva aggiunto: "Forse in Europa,"


"ln Europa? Tu?"


L'aveva guardata sornione, con la coda dell’occhio. Per anni Désirée lo aveva seccato perché la portasse in Europa e lui aveva sempre rifiutato. Perché Morris Zapp era una cosa rara fra i professori americani di discipline classiche, era un uomo perfettamente integrato. Gli piaceva l’America, in particolare Euphoria. Le sue necessità erano semplici: un clima temperato, una buona biblioteca, abbondanza di culi invitanti attorno e denaro sufficiente per permettergli sigari e liquori e per mantenere una comoda casa moderna e due macchine. Le prime tre voci erano, per così dire, risorse naturali di Euphoria e la quarta, il denaro, lo aveva ottenuto dopo anni di eroiche fatiche. Non capiva come avrebbe potuto migliorare il suo destino viaggiando, non certamente trascinandosi in giro per l’Europa con Désirée e i piccoli.


"Il viaggiare limita" era uno dei proverbi di Zapp. Tuttavia, quando era giunta la crisi, era stato pronto a sacrificare questo principio nell’interesse della pace domestica.


"Perché non ci andiamo tutti?" aveva chiesto. Aveva osservato i diversi stati d’animo susseguirsi sul viso di Désirée, la voglia dell`Europa che doveva competere con il disgusto per lui. Il disgusto vinse per KO.


"Va' a farti fottere da solo!" aveva risposto Désirée, ed era uscita dalla stanza.


Morris si era preparato una bevanda robusta, aveva messo sul piatto dell’hi-fi un long-playing di Aretha Franklin e si era seduto a meditare. Era in un brutto pasticcio. Ora, per salvare la faccia, doveva andare in Europa. Ma sarebbe stato difficile, con un preavviso così breve. Non poteva permettersi di andarci a spese sue: anche se lo stipendio era notevole, c’erano tuttavia la casa da mandare avanti, Désirée da mantenere come era abituata, per non parlare del pagamento degli alimenti a Martha.


Non poteva far domanda per ottenere una vacanza studio pagata, perché era appena stato via per due trimestri. Era troppo tardi anche per chiedere una borsa Guggenheim o Fulbright e aveva la convinzione che le università europee non assumessero professori ospiti con la stessa facilità con cui lo si faceva negli Stati Uniti.


La mattina successiva aveva telefonato al rettore.


"Bill? Senti, voglio andare in Europa per sei mesi, subito dopo Natale, se possibile. Ho bisogno di una sistemazione. Che cos'hai da propormi?"


"Dove in Europa, Morris?"


"Dovunque, Bill."


"Inghi1terra?"


"Perfino in Inghilterra.”


"Perbacco, Morris, avrei preferito che me l'avessi chiesto prima. C’era un’occasione di prim’ordine a Parigi, con l’UNESCO mi sono già messo d’accordo con Ed Waring di sociologia, proprio una settimana fa."


"Risparmiami le occasioni perdute, Bill, che altro hai?"


Vi era stato un fruscio di carte. "Be`, c’è lo scambio con Rummidge, ma non credo che ti interessi, Morris."


"Su, dammi qualche informazione.”


Bill gliel’aveva data, concludendo: "Vedi, non va per un tipo Come te."


"Lo accetto."


Bill aveva tentato di dissuaderlo per un po’, poi aveva confessato che il posto di Rummidge era già stato offerto a un giovane assistente di metallurgia.


"Digli che non può più: averlo, digli che ti sei sbagliato.”


"Non posso farlo, Morris, sii ragionevole."


"Fagli avere alla svelta una promozione come professore universitario aggiunto. Non discuterà."


Bill Moser aveva esitato, poi con un sospiro aveva capitolato: "Vedrò quel che posso fare, Morris."


"Fantastico, Bill! Non lo dimenticherò."


La voce di Bill era scesa di una tonalità, facendosi più confidenziale. "Perché questo improvviso trasporto per l’Europa, Morris? Gli studenti ti hanno stancato?"


"Stai scherzando, Bill? No. Penso di aver bisogno di un cambiamento, di una nuova prospettiva, dello stimolo di una cultura diversa."


Bill Moser si era sbellicato dalle risate.


Morris Zapp non era sorpreso che Bill fosse incredulo. Ma c'era una parte di verità in quella risposta che l’altro non avrebbe accettato se non mascherata da un’evidente bugia.


Per anni Morris Zapp, dotato com’era di buona salute, aveva dato per scontata una grande fiducia in se stesso e considerava le ricorrenti crisi di identità dei suoi colleghi come sintomi di ipocondria psichica. Recentemente tuttavia si era sorpreso a meditare sul significato della propria vita. In parte era una conseguenza del suo successo. Era professore titolare di una delle più prestigiose università d'America, ubicata tra l'altro in una posizione invidiabile, aveva già avuto l’incarico di preside del suo dipartimento per tre anni, secondo il sistema di avvicendamento in uso a Euphoric State, era uno studioso molto stimato con una lista di pubblicazioni lunga e impressionante. Poteva aumentare ancora notevolmente il suo stipendio o spostandosi in qualche abominevole località del Texas o del Midwest, dove nessuno sano di mente sarebbe andato per mille dollari al giorno, oppure entrando nel settore amministrativo, e cercando un lavoro come rettore di un college da qualche parte, il che, nell`attuale situazione dei campus nazionali, equivaleva a un biglietto diretto per una sepoltura precoce. All’età di quarant’anni, in breve, Morris Zapp non riusciva a immaginare di poter realizzare nulla che non avesse già realizzato e ciò lo deprimeva.


C’era naturalmente il suo lavoro di ricerca, ma parte del piacere se n`era andata quando tale lavoro aveva cessato di essere un mezzo per ottenere uno scopo. Non poteva più accrescere la sua fama, poteva solo danneggiarla, aggiungendo ulteriori voci alla sua bibliografia, e questa consapevolezza lo frenava, lo rendeva più prudente.


Qualche anno prima si era impegnato con grande entusiasmo in un ambizioso progetto critico: una serie di saggi su Jane Austen, per analizzare l’intera raccolta di opere, un romanzo alla volta, dicendo proprio tutto ciò che si poteva dirne. L’intenzione era stata di scrivere qualcosa di assolutamente esauriente, prendendo in esame i romanzi da ogni angolo immaginabile, storico, biografico, retorico, mitico, freudiano, junghiano, esistenzialista, marxista, strutturalista, cristiano-allegorico, etico, esponenziale, linguistico, fenomenologico, archetipico, e chi più ne ha più ne metta. Cosicché una volta scritto ciascun saggio, non vi sarebbe semplicemente stato nient’altro da dire sul romanzo in questione. Lo scopo dell`esercitazione, come era stato spesso costretto a spiegare con tanta pazienza quanta era riuscito a racimolarne, non era di accrescere il godimento e la comprensione di Jane Austen da parte degli altri, ancor meno di rendere omaggio alla stessa romanziera, ma di bloccare definitivamente la produzione di altre porcherie sull'argomento. I saggi non sarebbero stati scritti per il lettore comune, ma per 1o specialista che, consultato Zapp, avrebbe scoperto che il libro, l’articolo o la tesi che stava progettando di fare era già stato anticipato e addirittura reso inutile. Dopo Zapp, il resto sarebbe stato silenzio. Il pensiero gli aveva procurato profonda soddisfazione. In momenti di esaltazione, aveva sognato di proseguire, una volta sistemata Jane Austen, facendo lo stesso lavoro sugli altri maggiori romanzieri inglesi, poi i poeti e i drammaturghi, usando magari il computer e squadre di studenti già laureati, opportunamente istruiti, riducendo inesorabilmente l’area della letteratura inglese disponibile per libere critiche, diffondendo costernazione in tutti gli addetti ai lavori, costringendo in cassa integrazione i suoi colleghi a frotte: mettendo il bavaglio alle pubblicazioni periodiche, il famoso dipartimento di inglese sarebbe stato lasciato nella desolazione, una città di fantasmi.


Come forse appare ovvio, Morris Zapp non aveva grande stima dei suoi compagni di lavoro nel vigneto della letteratura. Gli sembravano creature imprecise, incostanti, irresponsabili, che si rotolavano nel relativismo come ippopotami nel fango, con le narici appena appena protese a inalare l’aria del buon senso. Tolleravano di buon grado che esistessero opinioni contrarie e perfino loro, per grazia di Dio, qualche volta cambiavano parere. I paretici tentativi di approfondimento erano annullati dai loro inutili interrogativi. Essi amavano cominciare un articolo con formule del tipo "Voglio porre domande su... questo o quest’altro", e sembrava che pensassero di aver fatto il loro dovere di intellettuali semplicemente sollevando i problemi. Questi comportamenti facevano impazzire di rabbia Morris Zapp. Qualsiasi dannato sciocco, sosteneva, è in grado di pensare delle domande: sono le risposte che distinguono gli uomini dai ragazzi. Se non si sa rispondere ai propri interrogativi significa o che non ci si è preparati o che non erano veri interrogativi. Nell’uno o nell'altro caso, si farebbe meglio a tenere la bocca chiusa. Ai giorni nostri non ci si può addentrare nella saggistica inglese senza imbattersi in domande disattese che qualche dannato sciocco ha lasciato cadere imprudentemente; sarebbe come voler riparare una crepa in un solaio pieno di mobili polverosi e sgangherati. Be’, il suo saggio avrebbe posto fine a tutto ciò, almeno per quanto riguardava Jane Austen.


Ma il lavoro aveva proceduto lentamente: non era ancora arrivato nemmeno a metà dell’analisi di Buonsenso e sensibilità e già era evidente che ogni singolo saggio avrebbe compreso parecchi volumi. Salvo articoli occasionali, ormai da parecchi anni Zapp non aveva pubblicato nulla. Qualche volta gli era capitato di interessarsi a un problema e di ricordarsi, dopo averci meditato su per alcune ore, di averlo già risolto in modo molto sodisfacente alcuni anni prima.


In quello stesso periodo, ma non era riuscito a capire se come causa o effetto, aveva cominciato a sentire un certo disagio verso il proprio corpo. Era facile all’indigestione dopo succulenti pranzi al ristorante, di solito aveva bisogno di prendere una pillola per dormire prima di andare a letto, gli stava venendo la pancia e trovava sempre più difficile raggiungere più di un orgasmo in un singolo rapporto, o almeno di questo si lamentava con gli amici, mentre bevevano una birra. La verità era che di quei tempi gli era impossibile averne anche uno solo e Désirée aveva meno motivi di risentimento di quanto credesse sulla baby-sitter dell’estate precedente.


Le cose non andavano come il solito, considerate le capacità amatorie di Zapp, anche se era una realtà triste, che avrebbe a malapena ammesso con se stesso, figuriamoci con qualcun altro. Pubblicamente non avrebbe riconosciuto neppure che si stava accorgendo di quanto fosse faticoso conservare l’attenzione degli studenti, mentre l’atmosfera del campus diventava sempre più ostile ai tradizionali valori accademici. Il suo metodo d’insegnamento era staro programmato per scuotere studenti educati in modo convenzionale, distogliendoli da un atteggiamento di superficiale riverenza nei confronti della letteratura, per portarli a rivolgersi a essa con maggior distacco e rigore intellettuale. Ma ben poco poteva fare con allievi apertamente in contestazione, sia verso l’argomento sia verso i suoi titoli professionali.


Le battute mordaci di Morris affondavano senza danno nell’ovatta protettiva dello stile espressivo banale e sconnesso delle nuove generazioni, diventato così alla moda che perfino gli studenti laureati più brillanti, professionisti profondamente seri, si sentivano costretti a conformarvisi. Nei seminari si sentivano in dovere di biascicare: cioè... è come Joyce... be', il tizio vuol essere moderno, voglio dire che ha masticato un po' di simbolismo, Dio è morto e tutto il resto... cioé, lui è impegnato a mostrarsi intelligente, pensa che tutto abbia un significato, per amor del cielo... ce la fate a seguirmi?" Jane Austen certamente non era la scrittrice adatta per conquistare i cuori delle nuove generazioni. Qualche volta Morris si svegliava sudato a causa degli incubi notturni in cui vedeva gli studenti sfilare intorno al campus, recando manifesti che dichiaravano che KNIGHTLEY[7] E’ UN LECCAPIEDI e FANNY PRICE[8] E’ UNA PUTTANA. Forse stava invecchiando, forse dopotutto avrebbe tratto vantaggio da un cambiamento di ambiente.


In questo modo Morris Zapp aveva reso razionale la decisione impostagli dall’ultimatum di Désirée. Ma ora, mentre sedeva accanto a Mary Makepeace incinta, tutti questi motivi gli erano sembrati poco convincenti. Se aveva davvero bisogno di un cambiamento, era abbastanza sicuro che non fosse del tipo che poteva offrirgli l’Inghilterra. Non aveva né simpatia né stima per i britannici. Quelli che aveva conosciuto, emigrati e professori ospiti, si comportavano per lo più come omosessuali e poi, cosa che trovava sconcertante, risultavano non esserlo. Ai ricevimenti mangiavano voracemente canapés e tracannavano gin come se fossero stati appena rilasciati dalla prigione, e parlavano continuamente con voci acute e stridule sulla diversità esistente fra il metodo universitario inglese e quello americano, mostrando chiaramente di ritenere quest’ultimo come una gigantesca frode piuttosto divertente, di cui erano personalmente decisi a prendersi la fetta più grossa nel minor tempo possibile.


Le loro pubblicazioni erano insipide e dilettantesche, documentate in modo inadeguato, argomentate negligentemente e cosparse di tanti errori, citazioni sbagliate, attribuzioni inesatte e date scorrette da rendere sorprendente che riuscissero a farsi mettere il proprio nome esatto sulla copertina.


Ciononostante, avevano la sfacciataggine di trattare gli studiosi americani, lui incluso, con beffarda condiscendenza nei loro schifosi periodici. Se lo sentiva nel sangue che non si sarebbe divertito in Inghilterra, con la prospettiva della noia e della solitudine, soprattutto perché aveva fatto un piccolo voto provvisorio di non essere infedele a Désirée, solo per irritarla; inoltre quello era il peggior luogo possibile per proseguire il suo lavoro di ricerca. Una volta affondato nel pantano senza fondo delle abitudini inglesi, non sarebbe più riuscito a mantenere chiari e vividi nella sua mente i mitici archetipi, i modelli dell’iterativo linguaggio figurato, i temi psicologici. Jane Austen poteva diventare ai suoi occhi realista, come era accaduto con tanti altri lettori, con conseguenze fin troppo evidenti sulla critica che la riguardava.


Nel modo di vedere di Morris Zapp, la radice di ogni errore critico stava nell`ingenua confusione fra letteratura e vita. La vita era trasparente, la letteratura opaca, la vita era un sistema aperto, la letteratura un sistema chiuso. La vita era fatta di cose, la letteratura di parole. La vita annoverava fatti e conseguenze concrete: cioè quando temi che il tuo aereo si schianti, lo fai perché temi la morte; quando vuoi portarti a letto una ragazza, lo fai perché ti piace il sesso. La letteratura invece non è così lineare, non va accettata per come ci appare a una prima lettura, e, nel caso del romanzo, è necessaria una buona dose di fantasia e di intuizione per decifrare il codice della realtà apparente. Questo era stato il motivo per cui, come professionista, era stato attirato da quel genere letterario. Ogni critico, anche il più sprovveduto, deve saper cogliete, dietro i fatti narrati, il vero senso delle parole dell’autore.


L'incapacità di tenere ben distinte vita e letteratura porta a ogni genere di eresia e di assurdità. La suddivisione tra libri che "piacciono“ e "non piacciono" e le preferenze accordate ai vari autori erano vere e proprie sciocchezze, come sempre ricordava ai suoi studenti. Qualche volta li aveva scandalizzati affermando che, personalmente, restando a un livello terra terra e soggettivo, trovava Jane Austen una spina nel fianco.


Tutto ciò che sapeva dell'Inghilterra lo metteva in guardia sul fatto che la l’eresia fioriva con particolare vigore, alimentata indubbiamente dai numerosi ricordi tangibili di un’effettiva realtà storica dei grandi autori, ricordi disseminati nel paese: registri battesimali, case con targhe, letti fasulli, studi ricostruiti, incisioni su pietre tombali e simile robaccia. Be’, una cosa che non avrebbe certamente fatto durante il suo soggiorno in Inghilterra sarebbe stata la visita alla tomba di Jane Austen. Ma deve aver espresso quel suo pensiero ad alta voce, perché ora Mary Makepeace gli sta domandando se Jane Austen era il nome della sua bisnonna. Lui le risponde che lo ritiene molto improbabile.


Nel frattempo Philip Swallow si sta chiedendo, sempre più angosciato, quando terminerà questo volo. Charles Boon ha continuato a parlargli per ore, almeno così gli sembra, concedendosi poche pause. Gli ha detto tutto sulla situazione politica di Euphoria in generale e di Euphoric State in particolare. Le fazioni, i punti in discussione, gli scontri, il governatore Duck, il rettore Binde, il sindaco Holmes, lo sceriffo O’Keene; il terzo mondo, gli hippy, le Pantere Nere, i professori liberals; la marijuana, la letteratura negra, la libertà sessuale, l’ecologia, la libertà di parola, la violenza della polizia, i ghetti, i problemi di alloggi decenti, i trasporti scolastici, il Vietnam; gli scioperi, gli incendi dolosi, i cortei, i sit-in, i seminari, l’amore libero, le riunioni.


Philip ha rinunciato a tentare di seguire i particolari delle argomentazioni di Boon, ma tutto quel fiume di parole può essere riassunto brevemente dai distinrivi che Charles ostenta:


LEGALIZZATE LA MARIJUANA


NORMAN O. BROWN PRESIDENTE


SALVATE LA BAIA: PENSATE ALL'ACQUA, NON ALLA GUERRA


BRUCIATE LE CARTOLINE PRECETTO


INTERRUZIONE NELLA REALTA’ — IL SERVIZIO SARA’ RIPRESO


APPENA POSSIBILE


ESISTE LA FELICITA (DAVVERO)


TENETE DIO LONTANO DALL’AMERICA


BOICOITTATE IL VINO

VOGLIAMO KROOP

SCAMBIATEVI IL PARTNER

BOICOTTATE I TARTUFI

FOTTETE DUCK!

A dispetto di se stesso, Philip è divertito da qualche slogan. E’ chiaramente un nuovo mezzo espressivo letterario la scritta sui distintivi, qualcosa tra l’epigramma classico e la lirica imagistica.[9] Senza dubbio non passerà molto tempo prima che qualche studente già laureato scriva una tesi su questo genere letterario. Senza dubbio Charles Boon la sta già facendo.

"Qual è l'argomento della tua tesi, Boon?" chiede, interrompendo con decisione una complicata disquisizione legale su un gruppo perseguitato che si chiama Euphoria 99.

"Eh?" Boon sembra sorpreso.

"Stai facendo un Master o un Pb.D.?"

"Oh, sì. Sto ancora preparando il Master. Un lavoretto da poco, naturalmente, solo un trattato molto breve."

"Su che cosa?"

"Be’, non ho ancora deciso l’argomento. Per dirti la verità, Phil, non ho molto tempo per il lavoro, per il lavoro universitario, voglio dire."

A un certo punto della conversazione Boon era passato al tu confidenziale e aveva cominciato a chiamare Philip col nome di battesimo, usando per di più il diminutivo che lui ha sempre detestato. A Philip dà fastidio questa confidenza, ma non gli riesce di pensare a un modo per frenarla, anche se ha rifiutato l’invito di Boon a chiamarlo Charles.

"Che altro tipo di lavoro fai?" chiede ironicamente.

"Be`, sai, ho la trasmissione radiofonica."

"Il Charley Boon Show?" si informa Philip, ridendo di cuore.

"Esatto, la conosci?"

Boon non ride. Il solito vecchio Boon, bugiardo, sfrontato, inventore di menzogne fantasiose.

"No," risponde Philip, "parlamene."

"Oh, è solo un programma della tarda serata, con interventi telefonici in diretta da parte degli ascoltatori Sai, la gente chiama e parla di ciò che la tormenta e fa domande. Qualche volta ho un ospite. Ehi, devi partecipare al mio programma, una sera"

"Sarò pagato?"

"Temo di no. Avrai una registrazione gratuita su nastro del programma e una foto a colori di noi due al microfono."

Philip è un po’ sconvolto dalla singolarità di quanto ha saputo. E’ plausibile? Sarà vero? Forse si tratta di una rete radiofonica dell’università. "Quante volte hai fatto questo programma?" domanda alla fine.

"Ogni sera, cioè ogni mattina, l’anno passato. Da mezzanotte alle due."

"Ogni notte? Non mi meraviglio che i tuoi studi ne risentano."

"Per dire la verità, Phil, non mi preoccupo troppo per i miei studi. Mi sta bene essere iscritto a Euphoric State, perché mi permette di stare in America senza fare il servizio militare. Ma in realtà non mi servono più i titoli accademici. Ho deciso che il mio futuro è nei mass-media."

"Il Charley Boon Show?"

"E’ solo l’inizio. Sto trattando con una rete televisiva per cominciare un programma sperimentale. A essere sinceri, sto volando a loro spese, mi hanno mandato in Inghilterra per studiare qualche programma europeo. Poi c’è l’Euphoric Times”

"Che cos’è?"

"Un giornale d’avanguardia. Tengo una rubrica settimanale per loro e adesso vogliono farmene assumere la direzione."

"La direzione?"

"Io invece sto pensando di fondare un giornale in concorrenza."

Philip scruta con sguardo indagatore Boon, il cui occhio sinistro improvvisamente si sposta di lato. Philip si rilassa: dopotutto si tratta di un gran mucchio di bugie. Nessun programma radio, nessuno spettacolo in TV, nessun conto spese, nessuna rubrica giornalistica. E’ solo fantasia, nata dal desiderio di affermarsi, come il posto di assistente per la ricerca a Rummidge e la carriera nel corpo diplomatico. Certo Boon è cambiato, non solo nell`aspetto e nell’abito, i suoi modi sono più sicuri, più tranquilli, la sua maniera di parlare ha perso un po' della cadenza londinese con quelle occlusive glottali, assomiglia un po’ a David Frost. Philip ha sempre pensato di disprezzare David Frost, ma ora capisce che, sia pure a denti stretti, lo deve stimare molto, se si è così seccato all’idea che Charles Boon si sia lanciato con successo in quella stessa carriera.

Un bugiardello straordinariamente credibile, quel Boon, perfino dopo anni di conoscenza abbastanza intima riusciva a dartela a bere, solo quel suo occhio ballerino lo tradiva. Be’, ne avrebbe cavato un buon argomento per la sua prossima lettera a casa. "Guarda un po’, ho incontrato sull’aereo l’incorreggibile Charles Boon, naturalmente lo ricorderai il bluff del dipartimento di inglese, che si è laureato un paio d’anni fa. Era tutto agghindato all’ultima moda, con i capelli giù per le spalle, ma come sempre munito di storie inverosimili. Naturalmente mi ha trattato con infinita condiscendenza, ma è così ingenuo che non ci si può offendere."

Mentre il monologo di Boon prosegue, il filo dei suoi pensieri è interrotto dalla voce del comandante: "L’atterraggio è previsto entro una ventina di minuti. Spero che il volo sia stato piacevole." Nella parte anteriore della cabina si accende la scritta con l'avviso di allacciare le cinture di sicurezza.

"Be’, Phil, è meglio che torni al mio posto," dice Boon.

"Sì, certo, sono contento di averti rivisto."

"Se c`è qualcosa che posso fare per re, Phil, telefonami. Il mio numero è nell’elenco."

"Sì, ma sono già staro in America, lo sai. Grazie comunque per l'offerta,"

Boon agita la mano in segno di protesta. "La segreteria telefonica è inserita giorno e notte."

Poi, di fronte allo sbalordito Philip, Charles Boon si alza e, sotto gli occhi di una hostess che si aggira lì attorno, oltrepassa tranquillamente la tenda che separa la cabina di prima classe.

"Dovremmo essere sopra l’Inghilterra," dice Mary Makepeace, guardando fuori del finestrino.

"Piove?" chiede Zapp.

"No, il cielo è limpido. Si possono vedere tutti i campicelli, sembra una trapunta patchwork”

"Non può essere l’Inghilterra, se non piove. Dobbiamo essere fuori rotta."

"C’è una grande chiazza scura laggiù. Dev’essere una città"

"Probabilmente è Rummidge. Una grande chiazza scura dovrebbe essere proprio Rummidge."

E ora nei due Boeing cade contemporaneamente quel particolare silenzio che precede l’atterraggio di un aereo di linea. Il rumore dei motori è più attutito e la conversazione dei passeggeri si fa più sommessa, come per un tacito accordo. Gli aerei cominciano a perdere quota, sembra che lo facciano goffamente, con una serie di sbandamenti, di cadute a balzelloni, come se rotolassero giù da un’enorme scala. I passeggeri deglutiscono per attenuare la pressione sui timpani, chiudono gli occhi, controllano se i passaporti e i sacchetti da usare in caso di nausea sono al loro posto. Il tempo passa molto lentamente. Ognuno per un po’ è solo con i propri pensieri. Ma è difficile ragionare coerentemente, oscillando e sbandando fra cielo e terra. Philip pensa a Hilary che sorrideva coraggiosamente e ai bambini che agitavano le mani sconsolati alla stazione di Rummidge, mentre il treno si allontanava, pensa a un tema che ha dimenticato di restituire a uno studente, all’eventuale costo di un tassì dall’aeroporto a Plotinus. Il futuro sembra spaventosamente vuoto e ha un improvviso attacco di nostalgia. Poi si domanda se l’aereo si schianterà e come sarebbe la morte, se vi è Dio e dove ha messo gli scontrini del bagaglio.

Morris Zapp é incerto se stare a Londra per qualche giorno o andare direttamente a Rummidge e affrontare subito il peggio. Pensa ai suoi gemelli, che giocavano stranamente tranquilli in un angolo del cortile e avevano abbandonato a malincuore il gioco per salutarlo e a come Désirée si era rifiutata di far l’amore la sera prima della sua partenza, sarebbe stata la prima volta dopo tanti mesi; ricorda la prima ragazza che aveva avuto, Rose Finkelpearl, la figlia del pescivendolo del vicino isolato, e come si era sentito perplesso quando anche la sua seconda ragazza puzzava lievemente di pesce e si chiede quanta gente all`aeroporto saprà il motivo per cui questo charter e in arrivo in Inghilterra. Gli aerei virano e si inclinano. Un gruppo di sobborghi spunta improvvisamente dietro la testa di Mary Makepeace e poi sparisce di nuovo.

Intorno all’aereo di Swallow turbinano le nubi e i finestrini sono sferzati dalla pioggia. Poi scorrono via rapidamente case, colline, alberi, hangar, autobotti, ben riconoscibili uno dopo l’altro, come vecchi amici dopo una lunga separazione.

Bam!!!

Bam!!!

Proprio nello stesso momento, distanti però fra loro seimila miglia, i due aerei atterrano.

2

L’INSERIMENTO

Philip Swallow aveva affittato un appartamento nella metà superiore di una casa a due piani in fondo a Pythagoras Drive, una delle tante strade residenziali dal nome classico e dall'aspetto romantico che si avvitavano su per le colline verdeggianti di Plotinus, Euphoria. L’affitto era modesto, considerando i prezzi medi di Euphoria, perché l’abitazione sorgeva in quella che era definita "zona di smottamenti". In realtà il terreno era slittato in direzione della baia di Esseph e si era mosso dal suo posto originario per ben più di tre metri; questa circostanza aveva indotto il padrone di casa a traslocare in gran fretta, affittando i locali a inquilini o troppo indigenti o troppo incuranti della vita per lamentarsi. Philip non rientrava in nessuna di queste due categorie, ma aveva appreso la verità sul numero 1037 di Pythagoras Drive solo dopo aver firmato un contratto d'affitto semestrale. La sera stessa in cui vi si era installato aveva appreso l'intera storia da Melanie Byrd, una ragazza dall’aspetto sano e robusto e la più graziosa delle tre che occupavano il piano terra, mentre questa si prendeva gentilmente la briga di mostrargli il funzionamento della lavabiancheria comune, situata nel seminterrato. Al momento Philip si era sentito ingannato, ma dopo poco si era adattato con facilità alla situazione. Anche se l’appartamento non era eccessivamente a buon mercato, costava tuttavia abbastanza poco, tanto più che, come gli fece presente Melanie, non esisteva alcun luogo veramente sicuro in tutta Euphoria, in quanto la sua singolare e pittoresca conformazione era il prodotto di un’enorme faglia che correva lungo tutto lo stato. Questo spostamento di strati geologici era stato la causa di un terremoto disastroso nel diciannovesimo secolo e i sismologi, nonché le sette locali degli avventisti, ne prevedevano uno identico prima della fine del ventesimo secolo: un caso insolito e impressionante di concordanza di opinioni tra scienza e superstizione.

Quando, ogni mattina, Philip tirava le tende del suo soggiorno, la finestra si riempiva, come in un tour de force visivo dei primi film in cinerama, di immagini del paesaggio antistante. In primo piano, a destra e a sinistra, le case e i giardini dei membri più abbienti della facoltà di Euphoria parevano abbarbicarsi, in un abbraccio pittoresco, ai fianchi delle colline di Plotinus. Al disotto, dove queste si appiattivano per poi incontrarsi con la costa, si estendeva il campus con i suoi edifici bianchi, i sentieri tra il verde, il campanile, la piazza, le sale per le conferenze e i laboratori, il tutto fiancheggiato dalle strade rettilinee che portavano al centro di Plotinus. La baia occupava la zona intermedia e si allungava da entrambi i lari al di fuori della visuale, sicché l’occhio scorreva spontaneamente lungo il grande arco panoramico, sfiorava l’autostrada costiera densa di traffico, svoltava al di là della baia per rutta l`estensione del ponte di Esseph (16.093 metri di lunghezza, da barriera a barriera) fino al profilo suggestivo della città - gli scuri grattacieli del centro in contrasto con le bianche colline residenziali - da cui lo sguardo balzava al di là delle curve aggraziare del ponte sospeso del Silver Span, porta del Pacifico, per posarsi sui pendii verdeggianti della contea di Miranda, celebre per le foreste di abeti e l’incantevole litorale marino.

In questo vasto panorama si muovevano in continuazione, persino di primo mattino, tutti i mezzi di trasporto conosciuti: navi, yacht, auto, camion, treni, aerei, elicotteri e hovercraft e richiamavano alla mente di Philip la copertina illustrata a colori del libro per ragazzi. Le meraviglie dei mezzi di trasporto moderni, che aveva ricevuto in regalo al suo decimo compleanno. Quello era il connubio perfetto, penso Philip Swallow, tra natura e civiltà, uno spettacolo in cui con una sola occhiata si riusciva a cogliere l`esaltazione dell’abilità tecnologica dell'uomo e lo splendore del mondo naturale. L’armonia di quel panorama era tuttavia, come ben sapeva, illusoria. Appena fuori della portata della sua vista, a sinistra, indugiava sul grande porto industriale e militare di Ashland una cappa di fumo e, a destra, le raffinerie di petrolio di St. Gabriel esalavano i loro vapori nell`aria limpida. La baia, che ammiccava con tanta grazia nel sole del mattino, era, secondo Charles Boon e altre fonti, avvelenata dalle scorie industriali e dalle acque di scarico non depurate e veniva progressivamente ridotta dalla quantità di rifiuti e di materiale di riporto che vi rovesciavano dentro senza il minimo scrupolo.

Nonostante tutto questo, pensò Philip quasi con un senso di colpa, osservato a quella distanza e incorniciato dal telaio della finestra lo scenario era ancora magnifico.

Morris Zapp era certamente meno entusiasta di quel che poteva scorgere dalla sua stanza: una sfilata di orticelli umidi con i panni stesi a sgocciolare e il capanno degli attrezzi imputridito, alberi enormi dall’aria torva, tetti sudici, guglie di chiese e ciminiere di fabbriche. E’ vero che quando, a Rummidge, si era messo alla ricerca di un alloggio ammobiliato aveva rinunciato a qualsiasi criterio estetico di scelta, avendo scoperto molto rapidamente che era da considerarsi fortunato chiunque riuscisse a trovare dei locali in cui si potesse mantenere la temperatura a un livello consono all’organismo umano e che fossero forniti delle comodità più rudimentali della vita civile, nonché arredati con una combinazione di colori e tappezzerie che non inducesse al vomito al primo impatto. Zapp aveva preso in considerazione la possibilità di vivere in albergo, ma in prossimità del campus universitario gli alberghi erano, se possibile, ancora peggio delle case private. Alla fine aveva optato per un appartamento all`ultimo piano di un'enorme casa di proprietà di un medico irlandese e della sua numerosa famiglia. Con le proprie mani il dottor O’Shea aveva trasformato la mansarda in abitazione per la madre anziana e il fatto che questa fosse morta da poco, come il medico insistette a dire, costituiva una felice concomitanza per Morris, giacché adesso trovava libera una tale invidiabile sistemazione. Il particolare, a parere dell’americano, non era un argomento favorevole alla conclusione dell’affare; al contrario, il Dottor O’Shea pareva convinto che il fattore sentimentale legato all’appartamento meritasse, da parte di uno straniero strappato al seno della famiglia, un’aggiunta di cinque dollari in più la settimana. O’Shea indicò la poltrona in cui la madre era stata colta dall’attacco che le era stato fatale e, rimbalzando sul materasso per dimostrarne l’elasticità, trovò modo di esprimere con un sospiro l’amara riflessione che era trascorso meno di un mese da quando proprio in quel letto l’amata genitrice era passata a miglior vita.

Morris aveva affittato l’appartamento perché dotato di riscaldamento centrale, una benedizione sconosciuta alle altre case che aveva visitato. Purtroppo il funzionamento dei radiatori elettrici risultò programmato in modo così ostinato e perverso da raggiungere il massimo del calore quando era il momento di dormire e da spegnersi automaticamente appena era l’ora di alzarsi, dopo di che i radiatori emettevano un flusso di aria tiepida che andava scemando nell’ambiente sempre più gelido finché era tempo di tornare a letto. Quel tipo di riscaldamento, spiegò O'Shea, era estremamente economico perché alimentato da elettricità a prezzo ridotto, cionondimeno a Morris sembrò che fosse solamente un sistema costoso per farsi delle gran sudate a letto.

Fortunatamente le camere erano fornite di antiquate stufette a gas che, tenute accese al massimo, creavano nella stanza una temperatura tollerabile, comunque giudicata eccessiva da O’Shea il quale, entrando nell’appartamento, teneva un braccio alzato a ripararsi la faccia quasi avesse fatto irruzione in una casa in fiamme.

Nei primi giorni del suo insediamento a Rummidge, la preoccupazione principale di Morris Zapp era stata semplicemente quella di tenersi al caldo. Arrivando in auto direttamente dall’aeroporto, aveva preso alloggio in una camera d’albergo dall’aspetto sepolcrale e, quando il mattino seguente si era svegliato, aveva visto uscirgli dalla bocca una nuvola di vapore. Una cosa del genere non gli era mai capitata dentro casa e la sua prima impressione era stata quella di aver preso fuoco. Quando aveva traslocato con i bagagli in casa O’Shea, aveva riempito di cibi precotti il microfrigorifero, chiuso a chiave la porta, acceso tutte le stufe e trascorso un paio di giorni a scongelarsi. Solo allora si era sentito pronto per fare un giro di ispezione nel campus di Rummidge e presentarsi al dipartimento di inglese.

Philip Swallow era molto più impaziente di presentarsi al suo posto di lavoro. La mattina stessa del suo arrivo aveva fatto una passeggiata, dopo una deliziosa colazione a base di succo d’arancia, pancetta, frittelle e sciroppo d’acero (che sciroppo! com’era piacevole riscoprire sensazioni dimenticate), per andare alla ricerca del Dealer Hall, la sede del dipartimento di inglese. Pioveva, così come era piovuto il giorno prima. Inizialmente questa era stata per Philip una delusione, dato che nei suoi ricordi Euphoria era sempre immersa in perpetuo splendore, essendosi dimenticato, o forse non sapendo, che esisteva una stagione piovosa nei mesi invernali Ma si trattava peraltro di una pioggerella sottile e leggera e l’aria era tiepida e profumata, l’erba verde, le piante e gli arbusti in piena vegetazione e in alcuni casi fioriti e carichi di frutti. A Euphoria non esisteva un vero inverno, l’autunno si teneva per mano con la primavera e l’estate e le tre stagioni ballavano la giga per tutto l’anno, confondendo in allegria il mondo vegetale. Philip sentiva il sangue scorrergli eccitato nelle vene.

Non aveva avuto difficoltà a trovare il Dealer Hall, un edificio ampio e quadrato in stile neoclassico. Gli fu tuttavia impedito di entrare da un cordone di poliziotti addetti al campus. C’era una massa di studenti e di personale dell’università che si aggirava lì intorno e un giovane dai capelli lunghi e con il distintivo con la scritta VOGLIAMO KROOP all’occhiello della giacca di pelle lo aveva informato che stavano passando al setaccio l’edificio per trovare una bomba che vi era stata nascosta, a quanto pareva, durante la notte. La perlustrazione avrebbe potuto durare ancora parecchie ore, era venuto a sapere Philip, ma mentre stava per allontanarsi era terminata all’improvviso con un’esplosione soffocata nella parte alta dell`edificio e con un gran tintinnio di vetri infranti.

Come Morris Zapp aveva appreso molto più tardi, la sua prima apparizione al dipartimento di inglese di Rummidge aveva suscitato un’impressione sfavorevole. La segretaria, la giovane Alice Slade, di ritorno dall'intervallo per il caffè con l’amica Miss Mackintosh di egittologia, l’aveva notato mentre, piegato in due davanti al tabellone per le comunicazioni del dipartimento, tossiva, ansimava e lasciava cadere cenere di sigaro qua e là sul pavimento. Miss Slade si era domandata se quello non fosse per caso uno studente anziano che si sentiva male e aveva chiesto alla compagna di correre a chiamare il custode, ma Miss Mackintosh aveva azzardato l’ipotesi che l’individuo stesse semplicemente ridendo, come in effetti avveniva. Quel tabellone aveva ricordato a Morris le prime opere di Robert Rauschenberg:[10] era un collage di pezzi di carta di formati diversi attaccati con le puntine - fogli intestati, pagine di taccuino, cartoncini di omaggio, facciate di quaderni universitari strappate in modo grossolano, buste rovesciate, fatture annullate, persino frammenti di carta da pacchi con pezzi di nastro adesi o ancora incollati. Il tutto recava messaggi misteriosi indirizzati agli studenti dalla facoltà, che riguardavano corsi, appuntamenti, assegnazioni di lavori e libri. Queste comunicazioni erano state scarabocchiate a matita, a inchiostro o con penne biro colorate in calligrafie diverse e scarsamente decifrabili. Evidentemente lì dentro la fine dell’era pre-Gutenberg non aveva avuto conseguenze: vivevano tuttora immersi in piena cultura amanuense. A Morris pareva di capire meglio adesso ciò che intendeva McLuhan:[11] c’era un richiamo tattile in quel cartellone, veniva voglia di allungare la mano e di toccare la sua superficie ruvida e irregolare. In quanto mezzo per trasmettere informazioni, era la cosa più bizzarra che avesse mai visto da molti anni.

Zapp ridacchiava ancora tra sé mentre la segretaria in minigonna gli faceva strada lungo il corridoio fino al suo ufficio, continuando a guardarsi dietro le spalle con un’espressione che a lui era parsa nervosa. Camminare lungo i corridoi del Dealer Hall era come passare attraverso la sala degli uomini illustri di qualche associazione di lingue moderne, ma Morris non aveva riconosciuto alcun nome sulle targhe, a eccezione di quello impresso sulla porta davanti a cui si era infine fermata Miss Slade: MR PH. SWALLOW. Quel nome gli suonava vagamente familiare, aveva riflettuto mentre la ragazza armeggiava maldestra con la chiave (che tipo eccitabile, quella pupa...), ma non era riuscito ad associarlo con una qualche pubblicazione, bensì unicamente con la corrispondenza relativa al suo viaggio. Già, Swallow era l’individuo con cui era stato effettuato lo scambio.

Gli era tornato in mente Luke Hogan, l’attuale direttore del dipartimento di inglese di Euphoria, quando, mentre stringeva nella sua enorme mano la lettera di Swallow (manoscritta, naturalmente, lo ricordava benissimo), si era rivolto a lui lamentandosi con il suo forte accento da cow-boy del Montana: "Maledizione, Morris, che ne facciamo di questo Swallow? Qui sostiene di non avere un suo settore particolare di studio!" Morris gli aveva consigliato di affidare a Philip un corso di routine (inglese 99) sull’introduzione ai generi letterari e sulla metodologia della critica, destinato ai laureandi in inglese, e un corso sulla struttura e composizione del romanzo (inglese 305). Dato che il professore residente e incaricato, lo scrittore Garth Robinson, era in realtà molto poco residente all’università di Euphoric State, occupato com’era in un ciclo quasi ininterrotto di sovvenzioni, borse di studio, licenze sociali e periodi di cura per disintossicarsi dall'alcool, il suo corso (inglese 505) toccava di solito a qualche membro poco entusiasta e ancor meno qualificato del corpo insegnante. Come aveva detto Morris: "Se Swallow si incasina con il 305, nessuno se ne accorgerà. E qualsiasi buffone con un Ph.D. dovrebbe essere in grado di insegnare inglese”

"Non ha un Ph.D.," aveva risposto Hogan,

"Cosa? Non ha un dottorato di ricerca?"

"In Inghilterra c’è un sistema diverso, Morris. Il Ph.D. non è così importante”

"Vuoi dire che le cattedre sono ereditarie?"

Ricordando l’episodio, a Morris Zapp era venuto in mente che, prima di lasciare Euphoria, non gli era riuscito di carpire la minima informazione da Rummidge che riguardasse il proprio programma di insegnamento.

La ragazza era riuscita infine ad aprire la porta e l’americano era entrato, rimanendo piacevolmente sorpreso: la stanza era grande e comoda, bene ammobiliata, con tanto di scrivania, tavolo, sedie e scaffali tutti dello stesso tipo di legno scuro e lucido, un’ampia poltrona e un tappeto piuttosto bello. Oltre a questo era calda. La stessa sensazione di sorpresa e di apparente insolubile contraddizione Morris l’avrebbe provata più volte durante la sua prima settimana a Rummidge. Opulenza pubblica e squallore privato, era stata la sua definizione. Lo standard di vita domestico dei professori di Rummidge era di gran lunga inferiore a quello dei membri della facoltà di Euphoric State, ma nell’università inglese persino un insegnante di prima nomina disponeva di uno studio spazioso tutto per lui, e l'edificio occupato dal corpo accademico e dal personale era stato costruito come un albergo Hilton e tale da mettere decisamente in ombra il club di facoltà a Euphoric State. Persino la palazzina che ospitava lo studio di Morris disponeva di una sala piacevole e spaziosa dove si poteva bere caffè appena fatto e tè, serviti in tazze di vera porcellana da due donne dall’aria materna; il Dealer Hall, invece, poteva gloriarsi unicamente di una stanzetta dal pavimento cosparso di bicchieri di carta e mozziconi di sigarette, dove ci si preparava da soli il caffè solubile che sapeva di disinfettante bollente. Parlare di "opulenza pubblica" nei riguardi di Rummidge era forse esagerato e non si poteva certamente attribuirla all’amministrazione socialista di cui aveva sentito tanto discutere.

Si trattava piuttosto di una sottile fascia di prerogative che si snodava lungo tutta una vita di privazioni e monotonia. Anche se all’insegnante universitario britannico non toccava niente altro, godeva pero del diritto a una stanza che poteva chiamare sua, a un luogo decoroso dove sedersi a leggere il giornale, e a un cesso dove agli studenti era proibito entrare. Questo pareva essere il principio basilare. Tale logica deduzione, tuttavia, non si era ancora presentata alla mente di Zapp allorché aveva girato lo sguardo per la prima volta sullo studio di Philip Swallow. Era ancora in stato di shock culturale e aveva provato una leggera vertigine quando aveva guardato fuori della finestra e aveva visto il campanile familiare di Euphoric State infiammato di un rosso acceso e ridotto a metà della sua lunghezza normale, come un fallo detumescente.

"C’è un po' d’aria viziata, qui dentro, temo," disse la segretaria facendo l’atto di aprire la finestra. Morris, che già si crogiolava al tepore del radiatore, balzò goffamente in avanti per impedirglielo e la ragazza indietreggiò con un brivido, quasi lui stesse per infilarle una mano sotto la gonna, il che, date le dimensioni della stessa, non sarebbe stato poi tanto difficile, poteva benissimo capitare accidentalmente mentre uno le stringeva semplicemente la mano.

Morris cercò di tranquillizzarla parlando del più e del meno.

"Oggi non pare che ci sia molta gente nel campus."

La ragazza lo guardò come se fosse appena giunto dallo spazio extraterrestre. "Sono in vacanza," spiegò.

"Ah... e il professor Masters é qui in giro?”

"No, è in Ungheria. Tornerà all’inizio della sessione."

"E’ a un congresso?"

"No, a caccia di maiali selvatici, a quanto mi hanno detto."

L'americano si chiese se avesse udito bene, ma decise di lasciar perdere. "E gli altri professori?" domandò.

"Ce n’è uno solo,"

"Gli altri insegnanti, intendo dire."

"Sono in vacanza," ripeté la ragazza con deliberata lentezza, come se si rivolgesse a un bambino semideficiente, "fanno una capatina qui di tanto in tanto, ma questa mattina non ho visto nessuno."

"Con chi dovrei incontrami per discutere il mio programma di lavoro?"

"Il professor Busby mi ha detto qualcosa in proposito proprio l’altro giorno…”

"Sì?" incalzo Morris, dopo una pausa.

"Ora l’ho dimenticato," ribatté la segretaria con aria depressa.

"Me ne vado quest’estate per sposarmi," aggiunse, come se avesse preso quella decisione in quanto era l’unica via per uscire da una situazione disperata.

"Rallegramenti. Pensa che ci possa essere qualcosa per me in segreteria?"

"Be’, non è da escludere. Vado a dare un’occhiata," disse la ragazza, ovviamente felice di tagliare la corda.

Morris Zapp rimase solo nello studio. Si sedette alla scrivania e cominciò ad aprire i cassetti. In quello in alto a destra c`era una busta indirizzata a lui. Conteneva una lunga lettera, scritta a mano, di Philip Swallow.

Caro professor Zapp,

immagino che userà la mia stanza, durante la sua permanenza qui. Purtroppo temo di aver perso la chiave dell’armadietto dei registri, perciò se ha qualche documento riservato le consiglio di metterlo sotto il tappeto, come faccio sempre io. I miei libri sono naturalmente a sua completa disposizione, tuttavia la pregherei di evitare di prestarli agli studenti, dato che hanno la pessima abitudine di scriverci sopra.

Ho saputo da Busby che con tutta probabilità lei si occuperà come tutor dei miei studenti. I gruppi del secondo anno sono piuttosto difficili da trattare, in special modo gli universitari con la media alta, ma il gruppo delle matricole è alquanto vivace e credo che troverà molto interessanti anche i gruppi dei laureandi. Ci sono alcune cosette che vorrei tenesse a mente: Brenda Archer soffre tremendamente di tensione nervosa premestruale e perciò non si deve sorprendere se la ragazza scoppia a piangere spesso e volentieri. Il gruppo del terzo anno crea dei problemi perché Robin Kenworth, che era una volta il ragazzo di Alice Murphy, ultimamente si è messo a uscire con Miranda Wattkins e, siccome appartengono tutti al medesimo gruppo, può darsi che si creino delle situazioni di antagonismo...

La lettera proseguiva su questo tono per parecchie pagine, con la descrizione dei particolari intimi, emotivi, psicologici e fisiologici degli studenti in questione. Morris era sbalordito e sconcertato. Che tipo di uomo poteva essere mai costui che pareva conoscere i suoi studenti meglio delle loro stesse madri e che, da quel che si deduceva, si prendeva tanto a cuore la loro sorte?

Aprì gli altri cassetti della scrivania, sperando di trovare ulteriori indizi su quel personaggio così eccentrico, ma erano tutti vuoti, a eccezione di uno che conteneva un pezzo di gesso, una penna a sfera esaurita, due scovolini per pipa piegati e una scatola di latta che un tempo aveva contenuto trenta grammi di tabacco Three Nuns Empire Blend. Sherlock Holmes sarebbe giunto indubbiamente a qualche conclusione... Morris proseguì la sua indagine esaminando i libri sugli scaffali che confermarono la candida ammissione di Swallow di non avere un suo proprio campo di ricerca: si trattava infatti di una raccolta eterogenea di letteratura inglese, con una limitatissima rappresentanza della critica moderna che non includeva alcun saggio di Morris! Tutti gli scomparti del mobile-libreria erano vuoti eccetto l’ultimo in alto, che Morris non riuscì a raggiungere. La sua inaccessibilità lo convinse che dovesse contenere l’elemento rivelatore che lui si attendeva... una dozzina di bottiglie vuote di gin, per esempio, o una collezione di indumenti intimi femminili... sicché salì su una sedia per raggiungere il pomolo dello sportello scorrevole che, però, era bloccato. L`intera libreria comincio a ondeggiare sotto i suoi strattoni, finché la serratura improvvisamente scattò e centocinquantasette lattine vuote di tabacco Three Nuns Empire Blend glicaddero sulla testa.

"Le è stata assegnata la stanza numero 426," disse Mabel Lee, la minuta segretaria asiatica. "E’ lo studio del professor Zapp”

"Già," fece Philip. "Lui occuperà il mio a Rummidge."

Mabel Lee sfoderò un sorriso amichevole ma distratto, come quello di una hostess d’aereo, a cui in realtà assomigliava con quella blusa bianca e fresca e l`abito scamiciato rosso rubino.

L'ufficio del dipartimento era pieno di gente che aveva appena avuto il permesso di entrare nell’edificio e che stava discutendo animatamente della bomba esplosa al quarto piano, nei servizi degli uomini. Le opinioni parevano equamente divise tra coloro che ne davano la colpa agli studenti del terzo mondo, già intenzionati a indire uno sciopero all’inizio del trimestre, e quelli che pensavano a una manovra della polizia per screditare gli studenti del terzo mondo e il loro sciopero. Sebbene il tono della conversazione fosse eccitato, Swallow non vi percepì la nota di risentimento o di timore che si era aspettato.

"Questo... ehm... genere di cose capita spesso?" domandò.

"Eh... come? Be`, credo che questa sia la prima bomba che abbiamo avuto al Dealer," lo rassicurò ambiguamente Mabel Lee, cominciando a consegnargli le chiavi della stanza, assieme a una sfilza di moduli e opuscoli che gli illustro brevemente, mettendoli in ordine sul bancone che divideva l’ufficio. "Documento di identificazione, non dimentichi di firmarlo; richiesta di autorizzazione per il parcheggio; opuscoli sull’assicurazione sanitaria, scelga la formula che desidera; richiesta per l’affitto di una macchina per scrivere, manuale o elettrica come preferisce; compendio dei corsi, modulo per l’esenzione dalla tassa sul reddito, chiave dell`ascensore di questo edificio, chiave del locale delle fotocopie - si ricordi di firmare il registro ogni volta che usa la macchina... Avviserò il professor Hogan del suo arrivo," concluse la segretaria. "ln questo momento è occupato con il capo dei vigili del fuoco. Sono certa che le telefonerà."

Philip trovò la sua stanza al quarto piano. Un giovane olivastro con una folta zazzera di capelli crespi era accovacciato accanto alla porta e stava fumando una sigaretta. Indossava una specie di giubbotto militare da combattimento, mimetizzato, e dava proprio l’impressione, Philip non poté esimersi dal pensarlo, di essere il tipico individuo che potrebbe piazzare una bomba in qualsiasi posto. Mentre Philip infilava la chiave nella serratura Yale, il giovanotto scattò in piedi. Il distintivo fluorescente VOGLIAMO KROOP, che aveva all’occhiello, mandò un bagliore.

"Il professor Swallow?"

"Sì?"

"Potrei parlarle?"

"Cosa? Adesso?"

"Adesso sarebbe fantastico.“

"Be'... sono appena arrivato..."

"Deve girare due volte la chiave nella toppa."

Era vero. La porta si aprì di colpo e a Philip caddero alcuni fogli, il giovane li raccolse con sveltezza e questo gli diede la possibilità di seguire Swallow nella stanza. C’era odore di chiuso e di sigaro. Philip aprì la finestra e osservò con soddisfazione che si affacciava su una stretta balconata.

"Una bella vista," disse il giovane che gli era scivolato silenziosamente alle spalle. Philip sobbalzò.

"Cosa possa fare per lei, Mr... ehm..."

"Smith. Wily[12] Smith."

"Willy?"

"Wily."

Wily si appollaiò sull’unica parte della scrivania che non fosse coperta di libri. Il primo pensiero di Philip fu che Zapp fosse piuttosto trascurato e che non avrebbe dovuto lasciare la stanza in simile stato di disordine. Poi si accorse che molti di quei volumi erano ancora imballati ed erano stati spediti per posta a suo nome. "Bontà divina," mormorò.

"Qual è il problema, professor Swallow?"

"Questi libri... da che parte arrivano?"

"Sono gli editori a mandarli. Sperano che li voglia adottare per i suoi corsi"

"E se non li adotto?"

"Li può tenere lo stesso. A meno che non voglia venderli. Conosco un tipo che le darà il cinquanta per cento..."

"No, no," protestò Philip, strappando con foga l'involucro delle enormi e pesanti antologie e quello dei libri più sottili, le edizioni economiche dalle copertine lucide e seducenti. Ricevere un volume in omaggio era cosa ambita e molto rara in Inghilterra e adesso la vista di quel bottino inaspettato lo faceva quasi delirare per la gioia, che avrebbe voluto gustarsi in solitudine senza la presenza di Wily Smith.

"Per quale ragione desidera vedermi, Mr Smith?"

"Lei terrà il corso inglese 305 il prossimo trimestre, vero?"

"Veramente non so ancora che cosa insegnerò e in che corso. Cos’è inglese 305?"

"Composizione e struttura del romanzo."

Philip rise. "Allora quel corso non fa certamente per me. Io non riuscirei a comporre un romanzo neanche per salvarmi la vita."

Wily Smith aggrottò la fronte e, dopo aver infilato una mano dentro il giubbotto militare, ne estrasse non una bomba, come Philip aveva temuto, bensì un manuale sui corsi offerti dalla facoltà. "Inglese 305," lesse ad alta voce, "corso avanzato: struttura e composizione di un romanzo di ampio respiro. Iscrizioni limitate. Trimestre invernale. Professore: Philip Swallow."

Philip prese il manuale dalle mani del giovanotto e lesse per conto proprio. "Dio mio!" esclamò, "devo bloccare questa faccenda immediatamente!"

Grazie all’aiuto di Wily Smith telefonò al direttore del dipartimento. "Professor Hogan, sono spiacente di disturbarla così presto, ma..."

"Mr Swallow!" La voce di Hogan rimbombò dentro e fuori la cornetta. "Sono felicissimo di sentire che è arrivato. Il viaggio è andato bene?"

"Niente male, grazie. Io..."

"Ottimo! Dove è alloggiato, Mr Swallow?"

"Al club della facoltà, per il momento, mentre cerco..."

"Ottimo, ottimo, Mr Swallow. Lei e io dobbiamo fare colazione insieme al più presto."

"Bene, è molto gentile, ma ciò che io..."

"Ottimo. Ora che ci penso, mia moglie e io aspettiamo degli amici per bere qualcosa insieme, sabato, verso le cinque. Ce la farà a venire?"

"Be', sì, molte grazie. Quanto ai corsi che dovrei tenere..."

"Ottimo, ottimo. E come si è sistemato, Mr Swallow?"

"Ah, bene, grazie," ribatté meccanicamente Philip. "Cioè no, voglio dire che..." Ma era ormai troppo tardi. Con un ultimo "ottimo", Hogan aveva riattaccato,

"Allora, posso far parte del suo corso?" chiese Wily.

"Io glielo sconsiglierei proprio," ribatté Philip. "Perché mai ci tiene tanto, poi?"

"C’è un romanzo che voglio scrivere. E’ la storia di un ragazzino negro che cresce nel ghetto..."

"Non sarà un pò troppo difficile?" chiese Philip. "Intendo dire che se lei non è veramente..."

Ebbe un’esitazione. Gli era stato assicurato da Charles Boon che "negro" era il termine giusto da usare al giorno d’oggi, tuttavia non gli riusciva di pronunciare quella parola che a Rummidge era associata alle espressioni più crude del pregiudizio razziale. "...Se non ne ha fatto lei stesso l’esperienza diretta," aggiunse, cercando di rimediare.

"Ma certo! E’ una storia autobiografica. L’unica cosa che mi manca è la tecnica."

"Autobiografica?" Swallow esaminò accuratamente il giovanotto, stringendo le palpebre e piegando leggermente di lato la testa. La carnagione di Wily Smith aveva più o meno lo stesso colorito che aveva lui una settimana dopo il ritorno dalle ferie, quando l’abbronzatura cominciava a scolorirsi e a farsi giallastra.

"Ne è sicuro?" chiese.

"Sicuro che ne sono sicuro!" Wily Smith pareva offeso, anzi, pareva aver subito un affronto.

Philip decise di cambiate argomento in fretta: "Mi dica, per favore... quel suo distintivo... che significa KROOP?"

Gli venne spiegato che Kroop era il nome di un assistente del dipartimento di inglese a cui di recente era stato rifiutato il prolungamento dell'incarico. "Ma sta mettendo radici un movimento per mantenergli il posto," spiegò Wily. "E' un insegnante veramente fantastico e i suoi corsi sono superaffollati. Gli altri professori sostengono che non ha pubblicato abbastanza, ma in realtà ce l’hanno con lui a causa delle recensioni 'super' che si becca ogni volta sul Notiziario."

E che cos’era questo notiziario? Dalle parole dell’aspirante scrittore doveva trattarsi di una specie di guida ai corsi e ai rispettivi insegnanti, a uso e consumo degli universitari, basata sui questionari compilati dagli studenti dei trimestri precedenti. Wily ne estrasse l’ultimo numero da un delle sue capaci tasche e glielo mostrò.

"Lei non c’è ancora qui, professor Swallow," disse, "ma ci si troverà il prossimo trimestre."

"Davvero?" domando Philip aprendo a caso quell’insolita pubblicazione.

lnglese 142. Poesia pastorale augustea. Professore: Howard Ringbaum. Biennio e Triennio, Iscrizioni limitate.

Ringbaum, secondo i resoconti pervenuti, non si sforza affatto di rendere interessante il suo argomento. Uno studente ci ha detto: "Sembra avere un’ottima conoscenza della sua materia, ma non ammette domande e discussioni perché gli interrompono il filo del discorso." Un commento di un altro studente è stato: "Noioso. Noioso. Noioso." Ringbaum è molto stretto di voti ed è portato a fare domande a trabocchetto.

"Bene," commentò Philip con un sorriso nervoso. "Non usano mezzi termini, a quanto pare." Sfogliò le altre pagine del manuale che riguardavano i corsi d’inglese.

Inglese 213. Il libro è morto? La crisi della comunicazione nella cultura contemporanea

Professore: Karl Kroop. Iscrizioni limitate.

Alzatevi presto il giorno delle iscrizioni per riuscire a far inserire il vostro nome in questo corso giustamente popolare, un viaggio psichedelico interdisciplinare sui mezzi di comunicazione di massa. "Fa sembrare McLuhan una lumaca," è stato uno dei commenti. Un altro studente entusiasta ha detto: "E’ il corso più fantastico che abbia mai seguito," c’è molto da leggere ma il sistema di valutazione è piuttosto flessibile. Kroop si interessa ai suoi allievi ed è sempre disponibile.

"Chi formula i questionari?" si informò Philip.

"Io," rispose Wily Smith. "Allora, mi accetta nel suo corso?"

"Ci penserò," rispose Philip e continuò a esaminare la pubblicazione.

Inglese 350. Jane Aurten e la teoria del romanzo. Professore: Morris J. Zapp.

Seminario per laureati. Iscrizioni limitate.

Le relazioni sul corso sono per la maggior parte favorevoli. Zapp viene descritto come un insegnante vanitoso e sarcastico, stretto di voti, ma brillante e stimolante. "Con lui Jane Austen è fantasticamente moderna," è stato il commento di uno studente. L'iscrizione al corso è consigliata solo ai laureati.

Miss Slade era sul punto di bussare alla porta di Morris Zapp per informarlo che in segreteria non c’era alcun fascicolo sul suo programma di lavoro, quando sentì il fragore di centocinquantasette lattine di tabacco che precipitavano dal ripiano della libreria. L’americano ascoltò il ticchettio veloce dei tacchi della ragazza che si allontanava correndo. Non la sentì più tornare indietro e nessun altro si presentò per violare la sua privacy.

Quasi ogni giorno Morris andava all’università per lavorare alla sua critica su Buonsenso e sensibilità e all'inizio tutta quella quiete e tranquillità gli sembravano molto piacevoli, ma dopo un po’ di tempo quella pace in assoluto cominciò a diventare opprimente. A Euphoria gli davano continuamente la caccia studenti, colleghi, amministratori e segretarie. Non si era atteso di essere impegnato a Rummidge nello stesso modo, almeno nei primi giorni, ma alquanto vagamente si era immaginato che i vari membri della facoltà si sarebbero presentati e gli avrebbero mostrato l’università e offerto consigli e ospitalità, secondo le consuetudini. In tutta modestia, Morris Zapp era convinto di essere il pesce più grosso che avesse mai nuotato in quello stagno accademico e si era preparato a un’accoglienza se possibile entusiasta a cui avrebbero partecipato in molti.

Quando si accorse invece che nessuno si interessava a lui, si sentì perduto. Aveva ormai dimenticato l’arte, coltivata in gioventù, di far sapere al prossimo della sua esistenza. Era abituato a lasciare che fossero gli altri a entrare in azione. Ma non ci fu alcuna azione.

Con l’avvicinarsi dell’inizio della sessione, il corridoio del dipartimento perse il suo silenzio di tomba, l'aria di luogo abbandonato dal genere umano. A uno a uno gli insegnanti cominciarono a tornare al loro posto. Seduto alla scrivania Zapp li udiva camminare lungo il corridoio, salutarsi a vicenda, ridere e aprire e chiudere le porte. Ma quando lui si avventurava fuori dello studio gli pareva che tutti lo evitassero: si chiudevano dentro le rispettive stanze appena lui usciva dalla sua, oppure lo guardavano senza vederlo, quasi che lui fosse l’uomo addetto al riscaldamento centrale. Appena, poi, ebbe deciso di prendere l’iniziativa, tendendo un’imboscata ai colleghi britannici nel momento in cui passavano accanto alla sua porta durante l’intervallo del caffè, in modo da catturarne qualcuno e trascinarlo dentro il suo studio, avvenne che cominciassero ad accusare la sua presenza. Mentre gli passavano accanto gli lanciavano un sorriso frettoloso o facevano un cenno col capo, a sottintendere una certa familiarità superficiale, ma non rallentavano il passo né interrompevano la conversazione. Il loro nuovo modo di comportarsi fece capire che sapevano benissimo chi fosse Morris, rendendo così superfluo, da parte sua, il tentativo di presentarsi e non offrendo allo stesso tempo la possibilità di fare effettivamente conoscenza. L’americano cominciò a pensare che il suo passaggio attraverso il dipartimento di inglese di Rummidge sarebbe avvenuto senza che anima viva gli rivolgesse la parola.

L'avrebbero tenuto isolato per sei mesi, limitandosi al sorrisetto o al cenno di capo, e poi le acque si sarebbero richiuse su di lui, lasciando intatta la superficie, come se non fosse mai stata disturbata.

Morris si sentiva andare a pezzi, vedendosi trattato a tal modo, e i suoi organi vocali cominciarono a deteriorarsi per mancanza di applicazione; nelle rare occasioni in cui parlava la sua stessa voce gli risuonava nelle orecchie estranea e roca. Camminava su e giù per lo studio, come un detenuto nella sua cella, chiedendosi cosa mai avesse fatto per meritarsi un trattamento simile. Che avesse l’alito cattivo? Che lo sospettassero di lavorare per la CIA?

Abbandonato al suo isolamento, Morris istintivamente cercò consolazione nei mezzi di comunicazione di massa. Era sempre stato un radio-e-video-dipendente: nel suo studio a Euphoric State teneva la radio permanentemente sintonizzata sulla sua stazione FM favorita, specializzata in motivi rock e soul, aveva il televisore a colori a casa, sia in studio sia in soggiorno, perché lavorava meglio se guardava nel frattempo le trasmissioni sportive. (Era soprattutto il baseball che gli facilitava il flusso delle parole, ma anche football, hockey e basket funzionavano bene.)

Subito dopo il suo trasferimento nella mansarda di Rummidge, aveva preso in affitto un televisore, ma i programmi l’avevano deluso. Per la maggior parte erano drammatizzazioni di libri già letti oppure telefilm americani a puntate che aveva già visto.

Naturalmente non esistevano né baseball, né football, né hockey, né basket. C’era il calcio, a cui credette di potersi interessare con il passar del tempo, perché vi fiutava una mescolanza di abilità, violenza, furbizia ed eleganza tale da farne un autentico sport spettacolare, ma il tempo che gli veniva dedicato nelle trasmissioni era piuttosto limitato. Il sabato pomeriggio c’era un programma sportivo di quattro ore e Morris si era seduto a guardarlo speranzoso, ma pareva che fosse stato ideato apposta per spingere fuori casa la gente, verso gli stadi, i supermercati, o qualsiasi altro posto pur di evitare di assistere alle gare femminili di tiro con l’arco, i campionati di nuoto della contea, i tornei di pesca e uno di ping-pong, presentati tutti in successione e con grande rapidità. Morris aveva cambiato canale e allora gli era apparsa sul teleschermo, velata dal nevischio, una gara appassionante: una sorta di cross-country su sedie a rotelle.

C’era stato un breve idillio con Radio Uno, idillio degenerato in una specie di matrimonio sadomasochistico. Quel mattino, nel gelido albergo di Rummidge, quando, al risveglio, aveva scoperto che il respiro gli si trasformava in vapore, Morris aveva acceso la sua radio a transistor e ascoltato sulla frequenza AM quella due gli era apparsa come un’esilarante satira delle peggiori trasmissioni americane, un programma, vale a dire, basato sulla formula semplice ma efficace di parodiare comunicati commerciali. Invece di fare la pubblicità ai prodotti, il disc-jockey reclamizzava se stesso con un profluvio di sciocchezze intese a comunicare al pubblico quanto lui fosse simpatico, divertente e spiritoso e successivamente allargava il discorso comprendendo anche i suoi ascoltatori, i cui nomi e indirizzi e numeri di targa affidava all’etere con molta determinazione, talvolta assieme agli auguri per il compleanno. Di quando in quando mandava in onda delle canzonette su di lui, passando poi a raccontare, sempre con lo stesso tono allegro, di un incidente multiplo avvenuto sull’autostrada.

Questo tipo di presa in giro divertì molto Morris, nonostante pensasse che così di buon’ora la trasmissione fosse sprecata, ma quando, finito il programma, ne seguì uno quasi identico, cominciò a sentirsi inquieto. Per il popolo britannico quella della parodia doveva essere una specie di fissazione, pensò, perché persino le previsioni del tempo venivano annunciate con lo stesso spirito satirico: con arguzia venivano comunicate tutte le combinazioni meteorologiche possibili per le successive ventiquattro ore, senza prendere alcun impegno specifico neppure riguardo alle temperature già registrate. Fu solo dopo quattro programmi consecutivi, basati quasi esattamente sulla stessa formula, che la verità apparve agli occhi di Morris in tutta la sua mostruosità: Radio Uno era sempre e soltanto questo.

In quei giorni di isolamento l’unico contatto umano che gli riuscì di avere fu con il dottor O’Shea che saliva a guardare la televisione a colori e a bere whisky, forse con l’intento di sfuggire per un’ora o due alle gioie familiari. Bussava infatti alla porta con discrezione ed entrava nella stanza in punta di piedi, strizzando l’occhio ripetutamente, mentre alzava un dito con circospezione, come per impedire all’americano di parlare finché non avesse richiuso la porta, escludendo in tal modo gli strilli di Mrs O’Shea e dei bambini che salivano dal fondo delle scale. O’Shea era un enigma per Morris. Non aveva l’aspetto di un dottore, o almeno non assomigliava a quelli che conosceva lui, quelli cioè con l'aria florida e lustra, proprietari di automobili immense e di case fastose, che facevano impallidire tutte quelle del vicinato. Gli abiti di O’Shea erano stropicciati e consunti, le camicie sfilacciate e la piccola macchina che guidava aveva visto tempi migliori. Pareva fosse sempre in arretrato di sonno, a corto di denaro, privo di ogni genere di svaghi e di qualsiasi altra cosa che non fossero le preoccupazioni. Di conseguenza, le poche cose che Morris possedeva sembravano procurare al dottore dei veri e propri accessi di invidia reverenziale, come se i suoi occhi non avessero mai visto una tale opulenza.

Aveva esaminato il registratore giapponese a cassette di Morris con la curiosità, mista a timore e avidità, di un selvaggio del diciannovesimo secolo che si trovasse tra le mani la scatola del missionario contenente l’acciarino e la pietra focaia. O’Shea era strabiliato dal fatto che un uomo possedesse un tal numero di camicie da poterne inviare in lavanderia mezza dozzina per volta e quando era stato invitato a versarsi da bere, gli era risultato difficile (ma non impossibile) operare una scelta fra tre varietà di whisky. Mentre maneggiava le bottiglie si era messo a gemere e a borbottare alla vista delle etichette. "Madre di Dio, guarda cosa vedo... un bourbon genuino del Kentucky, Old Grandad... eccolo qui il nonnetto con l’aria di star benone... chi ci crederebbe..."

Quando era stato installato il televisore a colori, il dottor O’Shea si era quasi sentito male per l’eccitazione. Aveva seguito su per le scale gli addetti alla consegna, intralciandone i passi con il suo continuo andirivieni per la stanza e, dopo che gli uomini se n’erano andati, era rimasto a sedere per ore, rapito, davanti al segnale di sintonizzazione, alzandosi solo di quando in quando per appoggiare con reverenza la mano sull’apparecchio, quasi si attendesse di ricevere qualche influsso benefico da quel contatto. "Davvero, se non l’avessi vista con i miei occhi, non ci avrei creduto," disse con un sospiro. "Lei è un uomo fortunato, Mr Zapp."

"Ma l’ho semplicemente preso a nolo," protestò Morris sbalordito. "Chiunque può prendere un televisore a nolo. Costa solo pochi dollari la settimana."

"Be’, si fa presto a dirlo, Mr Zapp, A un uomo nella sua posizione pare una cosa molto semplice, ma è più facile dirlo che farlo, Mr Zapp."

"Senta, se c’è qualcosa che le piacerebbe vedere, salga pure..."

"Lei è molto gentile a invitarmi con tanta generosità, è pieno di considerazione… e io la prendo in parola." E lo fece. Sfortunatamente, i gusti di O’Shea nei confronti della televisione erano tutti rivolti agli sceneggiati e ai serial: lacrimosi che seguiva con incredibile ingenuità e candore. Aveva delle reazioni assurde: si agitava sulla poltrona e si contorceva, picchiando il pugno sul bracciolo, oppure dava di gomito nelle costole di Morris con grande vigore, commentando contemporaneamente l’azione con un flusso ininterrotto di opinioni personali. "Ah-ah! Ti hanno beccato, bello mio, e tu non te l’aspettavi!... Oh, Cos’è? Cosa succede, cosa combini, sgualdrinella? Ah, ora va meg1io... va meglio. No, NON FARLO! NON FARLO! Madre di Dio, quel ragazzo mi farà morire..." e così via. Per fortuna il dottor O'Shea a metà programma cadeva addormentato, esausto per l’intensa partecipazione alla vicenda e per le fatiche del suo lavoro quotidiano; allora Morris abbassava l’audio e prendeva in mano un libro. Ma questo non significava esattamente stare in compagnia.

Con grande avvilimento, Philip Swallow si rese conto che l’unica attrattiva sociale a Euphoric State risultava essere la sua apparente amicizia con Charles Boon. Sbadatamente, mentre parlava con Wily Smith, aveva accennato alla cosa e nel giro di poche ore la notizia aveva fatto il giro del campus. Il suo studio si cominciò a riempire di gente ansiosa di sentirsi raccontare qualche aneddoto studentesco su Charles Boon e prima della fine del pomeriggio la moglie del direttore del dipartimento, Mrs Hogan, gli aveva telefonato per chiedergli aiuto al fine di persuadere Boon a partecipare al suo cocktail. Era difficile crederlo, eppure a Euphoric State tutti andavano pazzi per il programma radiofonico di Charles Boon. Alla prima occasione lo ascoltò anche Philip e in seguito, spinto da un impulso sadomasochistico, continuò a trovare altre occasioni per farlo.

La formula di base era la consueta: il microfono aperto per chiunque volesse telefonare e discutere di vari argomenti con il presentatore oppure con altri. Ma il Charles Boon Show era per molti aspetti diverso dai soliti programmi imperniati sulle conversazioni con gli ascoltatori. Per cominciare era trasmesso da una stazione emittente non commerciale, la QXYZ, sovvenzionata da contributi di simpatizzanti o da donazioni di qualche istituzione, che non subiva pertanto pressioni né dalle aziende né dai politici. Inoltre, mentre nella maggior parte delle trasmissioni in diretta il presentatore era il tipico uomo della strada, moderato, conciliante ed elusivo, disposto a esaminare equamente tutti gli aspetti di un problema, sempre paziente, infinitamente cortese, ma in definitiva senza una propria opinione, Charles Boon era volutamente e violentemente intransigente nelle sue convinzioni. Là dove il presentatore comune offriva sicurezza, facendo le veci di un padre o di uno zio a cui ci si confida fiduciosi, Boon assumeva invece il ruolo di figlio-ribelle-contestatore. Le sue erano posizioni estremamente radicali su tutti gli argomenti, che potevano riguardare la droga, il sesso, i gruppi etnici, il Vietnam, e discuteva animatamente con gli interlocutori, giungendo persino a insolentirli se non erano d`accordo con lui. Anzi, talvolta abusava del controllo della linea telefonica e interrompeva bruscamente la comunicazione. Si mormorava in giro che collezionasse i numeri telefonici delle ragazze con le voci più attraenti, per richiamarle alla fine della trasmissione e combinare un incontro. A volte Boon iniziava il programma con la lettura di un brano di Wittgenstein o Camus, oppure di una sua poesia, come punto di partenza per un dialogo con il pubblico. E di pubblico ne aveva tanto ed estremamente vario: studenti, professori, hippy, ragazzi scappati di casa, gente che soffriva di insonnia, drogati e Hells Angels: si sintonizzavano puntualmente sulla QXYZ a mezzanotte. C’era anche la casalinga, in attesa del marito tiratardi, che gli confidava le sue disavventure matrimoniali, o il camionista che, inferocito dall’aver ascoltato le citazioni di Boon o di Camus, usciva dall’autostrada per gridare dal telefono d’emergenza la sua incoerente protesta.

Sul Charley Boon Show era già fioriva una notevole aneddotica e a Philip capitava talmente spesso di essere intrattenuto con il racconto degli episodi salienti di trasmissioni precedenti da convincersi alla fine di averle ascoltate di persona: per esempio Boon che assiste durante il travaglio una donna incinta e la rassicura parlando, oppure Boon che dissuade dal suicidio un pastore protestante omosessuale, o quella volta che Boon sollecitò e ottenne in tutta la baia riflessioni post coitus sulla rivoluzione sessuale da coppie con il telefono accanto al letto.

Nel suo programma, naturalmente, non esisteva pubblicità, ma tanto per infastidire le emittenti rivali, Boon informava talvolta gli ascoltatori, senza essere pagato né sollecitato, su qualche ristorante, film o vendita straordinaria di camicie che avevano attirato la sua attenzione.

A Philip pareva evidente che, sotto quella parvenza di cultura, di eccentricità, capacità di comunicativa e partecipazione umana, non vi fosse altro che un uomo di spettacolo pieno di grinta, ma per la comunità locale la trasmissione era senza alcun dubbio qualcosa di irresistibilmente nuovo, audace e autentico.

"Non è venuto con lei Mr Boon?" fu la prima domanda che gli rivolse la sua ospite, quando si presento alla lussuosa casa stile ranch degli Hogan per il ricevimento. Gli occhi della padrona di casa lo squadrarono sospettosi da capo a piedi, come se si fosse nascosto Boon da qualche parte. Philip le assicurò di avergli fatto avere l’invito e passò a salutare Hogan, che era comparso in quel momento. Il professore gli prese le dita nella stretta della sua enorme mano callosa e quasi gliele stritolò.

"Ehilà, Mr Swallow, sono felicissimo di vederla!" esclamò, facendogli strada attraverso un ampio soggiorno, in cui erano già riunite una quarantina di persone, poi gli versò una dose gigante di gin e acqua tonica. "Dunque, chi le piacerebbe conoscere? Quasi tutto il dipartimento di inglese è riunito qui, mi pare."

Nella mente di Philip si fece strada un solo nome. "Non ho ancora incontrato Mr Kroop," disse.

La mascella di Hogan assunse un colorito verdastro. "Kroop?"

“Ho letto dappertutto il suo nome sui distintivi," spiegò Philip, tentando di fare dello spirito, per coprire quella che era stata evidentemente una gaffe.

"Sì? Oh, sì! Già, già... temo proprio che non vedrete molto spesso Mr Kroop ai nostri cocktail... Howard!". La mano enorme di Hogan si abbatté come una mazza sulle spalle di un giovanotto occhialuto, dal colorito giallastro, che incrociava nelle vicinanze, con un bicchiere colmo di scotch che stava avvicinando alle labbra protese. L’interpellato barcollò leggermente sotto il colpo, ma evitò con abilita di versare il suo whisky. Philip fu presentaro a Howard Ringbaum.

"Stavo dicendo a Mr Swallow," spiegò Hogan, "che Karl Kroop non si vede spesso alle nostre riunioni di facoltà."

"Ho sentito dire," rispose Ringbaum, "che il nostro Karl ha avuto un ripensamento riguardo al suo corso. Il prossimo quadrimestre a Il libro é morto? toglierà il punto interrogativo!"

Hogan sghignazzò allegramente e diede una botta tra le scapole a Ringbaum, prima di allontanarsi. Questi vacillò di nuovo, ma ancora una volta riuscì a mantenersi in equilibrio.

"A cosa sta lavorando?" domandò a Philip.

"Oh, per il momento cerco semplicemente di organizzare il materiale per il mio corso."

Ringbaum fece un cenno di impazienza con il capo. "Qual è il suo campo di ricerca?"

Philip rispose in modo evasivo. "Il suo è la poesia pastorale augustea, mi pare," disse.

Il giovane insegnante assunse un’aria compiaciuta. "Giusto. Come lo sa? Ha letto il mio articolo su College English?”

"Ho sfogliato il Notiziario, l’altro giorno."

Ringbaum si incupì. "Non crederà certo a tutto quel che c’è scritto li sopra?"

"Oh, no, naturalmente. Cosa ne pensa lei, allora, di questo Kroop?" chiese Philip.

"Non ne penso proprio niente. Anch’io ho in ballo l’assegnazione di una cattedra per questo trimestre, ma se non l’ottengo non ci sarà nessuno qui che andrà in giro portando distintivi con la scritta VOGLIAMO RINGBAUM,"

"Questa faccenda dell’assegnazione delle cattedre mi sembra crei uno stato di enorme tensione."

"Accadrà lo stesso in Inghilterra, immagino."

"Oh, no. La conferma non è che una formalità. In pratica, una volta che ti hanno conferito la nomina non possono più liberarsi di te... a meno che uno non seduca una delle sue allieve o faccia qualcosa di ugualmente scandaloso," spiegò Philip ridendo.

"Qui si possono scopare quante ragazze si vogliono," rispose Ringbaum, senza sorridere, "però se non si pubblica qualcosa di buono...“ Si passò un dito sulla gola con gesto espressivo.

"Ehi, Howard!"

Un giovanotto in camicia di seta nera a grana grossa e con un foulard rosso annodato attorno al collo si avvicinò al compagno di Philip. Si tirava dietro una piacevole bionda in pigiama palazzo rosa. "Ehi, Howard, mi hanno appena raccontato che c’è un tizio inglese che ha chiesto a Hogan di presentarlo a Karl Kroop. Mi sarebbe piaciuto tanto vedere la faccia che ha fatto il vecchio."

"Chiediglielo," disse Ringbaum, facendo un cenno in direzione di Philip.

Swallow arrossì e ridacchiò impacciato.

"Oh, mio Dio, non sarà lei il tizio inglese, per caso?"

"Ne hai fatta un’altra delle tue, Sy caro," disse la donna.

"Sono molto spiacente," riprese il giovanotto. "Sono Sy Gootblatt e questa è Bella. Da come è vestita penserà che si sia appena alzata dal letto e non si sbaglierebbe di molto."

"Non gli dia retta, Mr Swallow," disse Bella. "Che ne pensa di Euphoria?"

Delle due domande che ai ricevimenti tutti gli facevano senza eccezione, questa era quella che preferiva. La seconda era: "A cosa sta lavorando?”

"A cosa sta lavorando attualmente, Mr Swa1low?" gli chiese infatti Luke Hogan quando si incontrarono nuovamente.

"Luke," interloquì Mrs Hogan, salvando Philip dal dover escogitare una risposta plausibile, "credo proprio che Charles Boon sia finalmente arrivato."

A quell'annuncio seguì una certa confusione nella sala e tutte le teste si voltarono in direzione dell’entrata. Boon era effettivamente arrivato, deliberatamente provocatorio in jeans e maglietta, in compagnia di una militante delle Pantere Nere, bella e altezzosa, che sarebbe intervenuta sul tardi nel suo programma di quella notte. Si sedettero entrambi in un angolo della stanza a bere Bloody Mary e concessero benevola udienza ai membri della facoltà e alle loro mogli che si stringevano attorno a loro estasiati.

La Pantera Nera era di poche parole e si limitò a girare freddamente lo sguardo sull’arredamento opulento degli Hogan, quasi calcolasse quanto ci avrebbero impiegato quei mobili a prendere fuoco, ma Boon compensò ampiamente quella mancanza di loquacità. Philip, che aveva calcolato di essere lui il polo d’attrazione della serata, si trovò dimenticato e negletto ai bordi di quella piccola corte. Seccato, vagabondò fuori del soggiorno e uscì sulla terrazza

C'era una donna, sola, appoggiata alla balaustra, che fissava pensosa la baia, dove era in atto un tramonto spettacolare con il sole arancione che pareva una palla in bilico sui cavi di sospensione del ponte del Silver Span. Philip si arresto a circa quattro metri di distanza e disse: "Che serata incantevole!"

La donna lo guardò con aria ironica. "Giàaa..." commentò strascicando la voce.

Philip sorseggiò nervosamente il suo gin. La presenza cupa e silenziosa della sconosciuta lo metteva a disagio e turbava il godimento di quel panorama stupendo. Decise allora di rientrate in soggiorno.

"Se torna dentro..." cominciò a dire la donna.

"Sì?"

"Mi metterebbe un po` di ghiaccio in questo drink?"

"Certamente," rispose Philip, prendendo il bicchiere. "Dell’altro ghiaccio, allora?"

"Dell’altro ghiaccio e dell’altra vodka. Niente acqua. E cerchi, sotto il banco del bar, la bottiglia con l’etichetta Smirnoff. Lasci perdere il bottiglione da un gallone che c’è sopra. E’ vodka da quattro soldi."

Trovata la bottiglia di Smirnoff Philip riempì il bicchiere della donna, ma mal calcolando il volume da riservare ai cubetti di ghiaccio, inesperto com’era nel servire i liquori, li aggiunse per ultimi e in scarsa quantità. In fondo alla stanza Boon stava illustrando in maniera enfatica e prolissa i suoi progetti per un futuro programma d’arte concepito per la televisione. "Qualcosa di completamente diverso... l`artista in azione... puntare la macchina da presa su uno scultore al lavoro per un mese o due, poi far scorrere la pellicola a circa cinquantamila fotogrammi al secondo, vedere la scultura che prende forma, mettere un oggetto davanti a due pittori e farglielo ritrarre, usando due macchine da presa e uno schermo diviso a meta... il contrasto... vendere all’asta i quadri alla fine della trasmissione..." Philip riempì fino all’orlo il suo bicchiere e tenendo in mano anche l’altro uscì sulla terrazza.

"Grazie," disse la donna. "Quel piccolo stronzo è ancora lì dentro che blatera?"

"Be’, sì... effettivamente."

"Lei non è un suo ammiratore?"

"No di certo."

"Brindiamo alla bella notizia."

Alzarono i bicchieri e bevvero.

"Uau!" esclamò la donna. "Questo drink e micidiale!"

"Ho semplicemente seguito le sue istruzioni."

"Fino all`ultima goccia," ribatté la donna. "Non mi pare di conoscerla, è qui di passaggio?"

"Si. Mi chiamo Philip Swallow e sono qui per un programma di scambio con il professor Zapp."

"Ha detto Zapp?"

"Lo conosce?"

"Molto bene. E’ mio marito."

Philip quasi si strozzò con il suo gin-tonic. "Lei é Mrs Zapp?"

"Perché è così sorpreso? Pensa che io sia troppo vecchia? Oppure troppo giovane?"

"No, no!..," esclamò Philip.

"No... cosa?" Gli occhi verdi e acuti della donna brillarono ironicamente divertiti. Aveva capelli rossi e un viso interessante, anche se non propriamente grazioso, e aveva l’aria di trascurare un po’ il proprio aspetto. Swallow penso che avesse circa trentacinque anni.

"Sono sorpreso perché avevo pensato che fosse andata a Rummidge con suo marito.“

"Sua moglie è qui con lei?"

Mrs Zapp rispose con un ampio gesto a indicare che la deduzione di Philip era evidentemente priva di fondamento.

"Mi sarebbe piaciuto portarla con me, ma il mio incarico qui è stato deciso con un tempo di preavviso piuttosto breve e inoltre abbiamo dei figli e si poneva il problema della scuola, della casa, e così via..." si affrettò a dire Philip e si ascoltò parlare senza sosta, per quel che gli parve un’eternità, quasi si stesse giustificando in tribunale davanti a un`accusa formale. Si sentiva sempre più sciocco, ma la donna con il suo silenzio e il suo sguardo sarcastico lo spingeva inspiegabilmente a proseguire, coinvolgendolo sempre più in un implicito senso di colpa. "Anche lei ha dei bambini?" concluse disperato.

"Due. Sono gemelli. Un bambino e una bambina. Hanno nove anni.”

"Ah, allora capirà di certo i nostri problemi."

"Dubito di avere i suoi stessi problemi, Mr Sparrow."[13]

"Swallow,"

"Mr Swallow. Mi scusi... un uccello decisamente più simpatico…" Mrs Zapp si voltò a contemplare il sole che in quel momento stava sprofondando nel mare, al di là del Silver Span, poi bevve, pensosa, una lunga sorsata dal suo bicchiere. “…E’ un volatile meno portato alla promiscuità, per esempio. Che ne pensa sua moglie di questo viaggio, Mr Swallow? Intendo dire, è d’accordo con lei su questa faccenda dei bambini, della scuola, della casa e tutto il testo? Non le importa di essere stata lasciata sola in Inghilterra?"

"Be’, abbiamo discusso tutto questo a lungo. Si è trattato di una decisione difficile. Alla fine ho lasciato a lei la scelta..." Philip si trovò nuovamente a scivolate nel pantano di un’autodifesa forzata. "Dopo tutto era lei la parte perdente nel contratto."

"Quale contratto?"

"E un modo di dire inglese. Voglio dire che per me si e trattato di una magnifica opportunità, una specie di vacanza pagata, se così si può definire, ma per lei si tratta di continuare sempre la stessa vita, con in più l’aggiunta della solitudine. Be’, lei mi capisce... anche lei avrà provato certamente la stessa cosa.”

"lo? Perché Morris è in Inghilterra? Ma è magnifico, davvero, è magnifico!"

Philip, educatamente, finse di non aver udito l’ultima osservazione.

"Solo il fatto di potersi allungare con tutto comodo nel proprio letto," proseguì Mrs Zapp distendendo le braccia e rivelando con quel gesto una peluria color ruggine sotto le ascelle, "senza trovarsi vicino un altro corpo umano che ti soffia in faccia zaffate di whisky e che continua a infilarti le sue sporche manacce in mezzo alle cosce..."

"Credo proprio sia tempo che rientri," disse Philip,

"E’ imbarazzato, Mr Spattow... cioè Swallow? Mi dispiace. Parliamo d’altro. Il panorama. Non pensa che sia un gran bel panorama? Anche noi, da casa nostra, abbiamo una bella vista, sa? Tutti a Plotinus hanno la stessa vista, eccetto i bianchi poveri e i negri giù nella parte bassa. Se si abita a Plotinus bisogna per forza avete una bella vista. E la prima cosa che la gente chiede quando compra una casa. C’è una bella vista? Ogni volta che uno va a cena o a una festa trova che la casa è diversa e le tende alle finestre sono diverse, ma c'è sempre la stessa merda di vista. Alle volte mi vien voglia di urlare."

"Temo di non essere d’accordo con lei," ribatté Philip, "io non me ne stanco mai."

"Ma lei non ha vissuto qui per dieci anni. Aspetti e vedrà. Non si può far fretta alla nausea, sa...”

"Be’, credo che dopo Rummidge..."

"Cos’è?”

"La località da cui provengo. Dove è andato suo marito."

"Oh, già. Come si chiama? Rubbish?"[14]

"Rummidge.”

"Mi pareva che avesse detto Rubbish." La donna scoppiò a ridere senza alcun ritegno, rovesciandosi sull’abito un po’ di vodka. "Merda!" esclamò. "Com’è allora questa Rummidge? Morris ha cercaro di darmi a intendere che è il meglio, ma tutti dicono che è il buco del culo dell’Inghilterra."

"Entrambe le definizioni sarebbero esagerate," rispose Philip. "E’ una grande citta industriale, con i consueti relativi vantaggi e svantaggi."

"Quali sono i vantaggi?"

Philip si spremette le meningi, ma non gli venne in mente nulla. "Adesso dovrei proprio rientrare in casa," disse. "Non ho ancora conosciuto nessuno."

"Si rilassi, Mr Sparrow. Li incontrerà tutti di nuovo. ln questo posto, a tutte le feste, si ritrovano sempre le stesse persone. Mi parli ancora di Rubbish. No, a pensarci meglio mi parli ancora della sua famiglia."

Philip preferì rispondere alla prima richiesta. "Be’, non è poi tanto orrenda come dicono," rispose.

"La sua famiglia?"

"No, Rummidge. Intendo dire che ci sono una buona pinacoteca e un’orchestra sinfonica, un teatro stabile, insomma questo genere di cose. Poi si può facilmente uscire di città per fare delle scampagnate." Mrs Zapp si era nuovamente fatta silenziosa e Philip ricominciò ad ascoltare se stesso, registrando la propria insincerità. Lui odiava i concerti, visitava raramente le gallerie d'arte e non si recava al teatro cittadino più di una volta l'anno. E quanto all’andare in campagna, la cosa rappresentava per lui, la domenica pomeriggio, un sacrificio tremendo. E in ogni caso, che razza di pregio era mai quello se la cosa migliore - di Rummidge consisteva nel potersene allontanare con facilità? "Le scuole sono piuttosto buone," aggiunse. "Almeno una o due..."

"Scuole? Lei mi sembra davvero ossessionato dalla scuola."

"Be`, non pensa anche lei che l’istruzione sia terribilmente importante?"

"No, penso che l’ossessione della nostra cultura per la scuola finirà col distruggere proprio la nostra stessa cu1tura."

"Eh?"

"Ogni generazione educa se stessa a guadagnare abbastanza denaro per educate la generazione successiva, ma intanto nessuno se ne fa niente dell’istruzione che ha ricevuto. Ci si ammazza di fatica per mandate a scuola i propri figli, che apprenderanno ad ammazzarsi di fatica per mandate a scuola i loro. A cosa serve tutto questo?"

"Be’, allora si potrebbe sostenere la stessa cosa riguardo al matrimonio e al fatto di crearsi una famiglia."

"Esatto! E’ esattamente quello che sostengo io!" esclamò Mrs Zapp. Poi gettò un’occhiata affrettata all’orologio e disse con il tono di chi si è trattenuto troppo a lungo: "Santo cielo! Devo proprio andare!"

Non volendo fare un’entrata teatrale alla Noél Coward in compagnia di Mrs Zapp, Philip le auguro la buona sera e indugiò da solo sulla terrazza Quando ritenne di averle lasciato il tempo sufficiente per andarsene, decise di rituffarsi nella calca e di cercare qualcuno simpaticamente disposto a offrirgli un passaggio in auto e che, magari, lo invitasse a dividere la cena con lui. Proprio allora si rese conto che la casa si era fatta stranamente silenziosa.

Allarmato, si affrettò a rientrare attraverso la porta-finestra e scoprì che il soggiorno era completamente vuoto, fatta eccezione per una donna di colore, o meglio una negra, intenta a svuotare i portacenere. I due, sorpresi, si fissarono a vicenda per qualche minuto.

"Ehm, dove sono gli altri?" balbetto Philip.

"Tutti andati a casa," ribatté la donna,

"Oh, povero me! Dove posso trovare il professor Hogan? O Mrs Hogan?"

"Tutti andati a casa."

"Ma questa è la loro casa," protestò Philip. "Desideravo solo salutarli."

"Andati a mangiare in qualche parte, credo," rispose la donna, con una scrollata di spalle e riprese, con lentezza, il suo giro tra i portacenere.

"Maledizione," mormorò Philip. Da fuori udì provenire il rumore dell’avviamento di un motore, corse verso la porta e fece appena in tempo a vedere Mrs Zapp che si allontanava al volante di una familiare bianca.

A Rummidge, Morris Zapp se ne stava in piedi a fumare un sigaro (uno degli ultimi della provvista che si era portato in Inghilterra) davanti alla finestra del suo studio, e intanto ascoltava 1o scalpiccio dei piedi che si affrettavano oltre la sua porta. Era arrivata l’ora del tè e Morris era indeciso se andare a prenderne una tazza e portarsela nella sua stanza, o rimanere a berla nella sala comune dei professori anziani, dove i membri della facoltà lontani da lui si radunavano in un angolo a spettegolare, mentre quelli vicini a lui se ne stavano seduti immobili e lo spiavano da sopra il giornale. Fissò con sguardo depresso la corte interna dell’edificio, un quadrato erboso coperto da un sottile strato di neve. Da parecchi giorni la temperatura oscillava intorno allo zero ed era difficile distinguere se il sedimento che ispessiva l’atmosfera fosse pioggia, nevischio o smog. Attraverso tutto quel grigiore l’occhio rosso del sole, che durante la giornata era riuscito a malapena a trascinarsi sopra il livello dei tetti, stava scomparendo opaco sotto l’orizzonte disegnando una macchia color ruggine sulla neve. Che tempo davvero deprimente e come rispecchiava i suoi sentimenti! pensò Morris. In quel momento qualcuno bussò.

Si voltò di scatto. Bussavano alla ma porta! Ci doveva essere un errore. Oppure era uno scherzo giocato dal suo udito! L’oscurità della stanza (non aveva ancora acceso la luce) rendeva la cosa plausibile. Ma no... ci fu un altro colpo alla porta. “Avanti!" disse con voce sottile e gracchiante; si schiarì la gola. "Avanti!"

Emozionato, si mosse in direzione della porta per accogliere il visitatore e accendere le lampade, ma inciampò in una sedia e gli cadde di mano il sigaro che, rotolando, andò a finire sotto la scrivania. Vi si tuffò sotto per riprenderlo proprio nel momento in cui si apriva la potta. Una lama di luce penetrò dal corridoio cadendo sul pavimento, ma il sigaro rimase introvabile.

Una voce femminile disse: "Professor Zapp?"

"Ehilà, venga dentro. Mi accenderebbe la luce, per favore?"

Scattò l’interruttore e Morris udì la donna trattenere il fiato.

"Dov’è, professore?"

"Qui sotto," rispose Zapp e si trovò a fissare un paio di spessi stivali foderati di pelo e l’orlo ispido di un pellicciotto. A questo si aggiunse un istante dopo un viso femminile capovolto, stretto in una sciarpa, col naso rosso e l`aspetto preoccupato. "Sono subito da lei," aggiunse, "mi è caduto un sigaro da qualche parte, qui sotto."

"Oh..." commentò la donna, osservandolo con occhi spalancati.

"Non è del sigaro che mi preoccupo," spiegò Morris, strisciando attorno al mobile, "ma del tappeto... CRISTO!"

Un dolore acuto gli trapassò la mano, facendogliela sollevare di scatto, Si agitò freneticamente per sgusciare fuori di sotto la scrivania, ma per la fretta vi sbatté contro la testa. Si alzò e si aggirò barcollando per la stanza, imprecando sommessamente e tenendo la mano destra stretta sotto l`ascella sinistra, mentre con l’altra si comprimeva la tempia destra. Con la coda dell’occhio intravide la donna impellicciata che si ritraeva da lui, chiedendosi cosa fosse successo. Morris si lasciò cadere su una poltrona, emettendo flebili lamenti.

"Tornerò un altro momento," disse la donna.

"No, non mi lasci!" replico affannato Zapp. "Può darsi che abbia bisogno di assistenza medica!"

Il pellicciotto si chinò su di lui e gli allontanò dalla fronte la mano. "Ha un bernoccolo proprio qui," disse, "ma non vedo alcuna ferita. Dovrà metterci un pò di balsamo di belladonna."

"Lei conosce una bella donna?"

La visitatrice fece una risatina. "Non deve sentirsi davvero tanto male," commentò. "Cosa le è successo alla mano?"

"Me la sono bruciata con il sigaro." Morris tolse da sotto l’ascella la mano dolorante e l'aprì pian pianino.

"Non riesco a vedere niente," disse la donna, esanimandola.

"Ecco!" Morris indicò un piccolo rigonfiamento alla base del pollice.

"Oh, credo che sia meglio non toccarle affatto queste piccole bruciature."

Morris guardò la donna con aria di rimprovero, poi si alzò in piedi, andò alla scrivania e si accese un altro sigaro. Lo fece con mani tremanti e si preparò una battuta su come riprendersi da un incidente "di fumo", ma quando si voltò per dirla, la donna era sparita. Scrollò le spalle e andò verso la porta per chiuderla, ma strada facendo inciampò in un paio di stivali che sbucavano da sotto la scrivania

"Cosa sta facendo?" chiese.

"Cerco il suo sigaro."

"Lasci perdere."

"D’accordo," fu la risposta soffocata. "Ma non si può lasciar perdere il tappeto, visto che non è suo."

"Non è neanche suo, se è per questo."

"E’ di mio marito."

"Di suo marito?"

La donna, che aveva l’aspetto di un orso bruno appena uscito dal letargo, arretrò lentamente di sotto la scrivania e si mise in piedi. Tra il pollice e l’indice della mano guantata stringeva un mozzicone di sigaro, schiacciato e umidiccio. "Non ho avuto modo di presentarmi," disse. "Sono Hilary Swallow. La moglie di Philip."

"Oh! Morris Zapp." L'americano sorrise e le porse la mano.

Mrs Swallow vi depositò il mozzicone di sigaro.

"Non credo che abbia fatto danni," proseguì la donna. "E’ solo che si tratta di un tappeto indiano molto bello. Apparteneva alla nonna di Philip. Come sta?" aggiunse di colpo, sfilandosi un guanto e allungando la mano verso di lui. Morris fece appena in tempo a liberarsi del mozzicone e gliela strinse.

"Felice cli conoscerla, Mrs Swallow. Vuole accomodarsi?"

"Grazie, ma non posso fermarmi. Mi spiace di essere arrivata senza preavviso, ma mio marito ha scritto per chiedermi un suo libro. Devo spedirglielo. Ha detto che dovrebbe essere qui, in qualche posto. Le spiace se io..." Hilary fece un gesto in direzione degli scaffali.

"Faccia pure. Posso aiutarla? Qual è il titolo del libro?"

La donna arrossì leggermente. “Ha detto che si chiama Impariamo a scrivere un romanzo. Non capisco a cosa gli serva."

Morris fece una risatina, poi aggrottò la fronte. "Forse desidera scriverne uno," rispose, mentre tra sé pensava: "Che Dio aiuti gli studenti di inglese 505."

Mrs Swallow osservò attentamente gli scaffali e sbuffò impaziente. Morris, aspirando il suo sigaro, l’esaminava intanto con curiosità. Era difficile capire che tipo di donna fosse nascosto sotto la sciarpa di lana, l’enorme cappotto informe di pelo, gli stivali con le spesse cerniere. Tutto ciò che si riusciva a scorgere era un viso anonimo, rotondo, con le guance rosa, il naso arrossato sulla punta e un accenno di doppio mento. Il naso rosso era evidentemente la conseguenza di un raffreddore, dato che continuava ad asciugarselo con un kleenex e che respirava a fatica. Morris si avvicinò alla libreria. "E così lei non è andata con suo marito a Euphoria?"

"No."

"Perché?”

Lo sguardo che Mrs Swallow gli lanciò non avrebbe potuto essere più ostile se lui le avesse chiesto che marca di assorbenti igienici adoperava. "Per una serie di problemi personali e familiari," rispose.

"già, e tu devi rappresentarne uno, tesoro," disse Zapp, ma solo tra sé e sé. Ad alta voce invece chiese: "Qual è il nome dell’autore?"

"Non è riuscito a ricordarlo. E’ un libro che ha comprato di seconda mano, un anno fa, a una bancarella. Gli pare che abbia la copertina verde."

"La copertina verde..." Morris fece scorrere l’indice sulla fila di volumi. "Signora, posso farle una domanda personale su suo marito?"

Hilary lo guardò allarmata. "Ma... non saprei... dipende..."

"Vede quel ripiano sopra la sua testa? Dietro quello sportello ci sono centocinquantasette lattine di tabacco. Tutte della stessa marca. So quante sono perché un giorno mi sono cadute tutte sulla testa."

"Le sono cadute in testa? Ma come?"

"Ho semplicemente aperto lo sportello e mi sono cadute addosso."

L'ombra di un sorriso aleggio sulle labbra di Mrs Swallow.

"Spero che non si sia fatto male!"

"No. Erano vuote. Ma sono curioso di sapere perché suo marito ne fa collezione."

"Oh, non credo proprio che le collezioni. Credo soltanto che non sopporti l’idea di buttarle via. Fa cosi con tutto. E’ questo che voleva sapere?"

"Sì, è questo, più o meno." Morris in realtà si chiedeva perché mai un uomo che consumava una tale quantità di tabacco acquistasse delle scatolette cosi piccole, invece di prendere un barattolo da una libbra, come quelli che Luke Hogan teneva sulla sua scrivania; pensò però che una domanda del genere sarebbe stata considerata sicuramente troppo personale da Mrs Swallow.

"A quanto pare il libro non c’è," disse con un sospiro Hilary, "Comunque adesso devo andare."

"Glielo cercherò io."

"Oh, non si preoccupi. Non penso che sia poi cosi importante. Mi spiace averle dato tanto disturbo."

"Lei è la benvenuta. A dire il vero, non vengono in molti a trovarmi."

"Be', è stato un piacere fare la sua conoscenza, professor Zapp. Spero che questo soggiorno a Rummidge sia di suo gradimento. Se Philip fosse qui, la inviterei a cena una di queste sere, ma data la situazione, lei capisce…" Hilary sorrise, con l’aria di rammaricarsi.

"Ma se suo marito fosse qui, io non ci sarei," ribatté Morris con ironia.

Mrs Swallow parve sconcertata. Aprì parecchie volte la bocca, senza che ne uscisse parola. Alla fine disse: "Bene, non voglio farle perdere altro tempo." E se ne andò in fretta, chiudendosi la porta alle spalle.

"Puttanella scontrosa e piena di arie," borbottò Morris. Per quanto poco desiderasse la compagnia di quella donna, moriva dalla voglia di fare un pasto decente cucinato in casa. Era ormai stanco dei cibi precotti da consumarsi guardando la TV e dei ristoranti asiatici, che costituivano il meglio di quanto Rummidge fosse in grado di offrire a un uomo solo.

Cinque minuti più tardi trovò Impariamo a scrivere un romanzo. La copertina si era staccata dalla costolatura ed era quella la ragione per cui non l’avevano individuato in precedenza. Era stato pubblicato nel 1927 e faceva parte di una serie che includeva Impariamo a tessere un tappetoImpariamo ad andare a pesca e Impariamo a fotografare divertendoci.

"Ogni romanzo deve narrare una vicenda," iniziava il libro.

"Oh, povero me, proprio così!" commentò Morris, ironico.

Ci sono tre generi di romanzo: quello che finisce bene, quello che finisce male e quello che non ha una vera conclusione.

" Viva Aristotele! Morris Zapp era affascinato suo malgrado. Tornò a guardare il frontespizio per controllare il nome dell’au tore: A. Beamish, tra le cui opere si annoveravano la bella fan.ciulla di ghiaccioMistero selvaggioGlynix dei Glen eccetera.

Riprese a leggere.

Il genere di racconto preferibile è quello che finisce bene; al secondo posto viene quello che finisce male, mentre come ultimo annoveriamo il romanzo, che non ha una fine e che reputiamo il peggiore. Al novellino si consiglia di iniziare con il primo genere cli narrativa. In effetti, a meno che non vi sia il Genio in voi, non dovrete mai cimentarvi in nessun altro genere.

"Ben detto, Beamish," mormorò Morris. Dopotutto, un discorso sbattuto li così chiaro e tondo forse non avrebbe fatto male agli studenti del 305, bastardi lazzaroni e presuntuosi per la maggior parte, convinti di poter scrivere il Grande Romanzo Americano limitandosi a battere a macchina le loro confessioni con tutti i nomi cambiati. Mise il libro da parte per leggerlo più avanti. Poi, un giorno, lo avrebbe riportato a Mrs Swallow, all’ora di cena, e sarebbe rimasto sulla porta, con l’acquolina in bocca. Si era convinto che quella donna fosse una buona cuoca e lui si vantava di riconoscere una buona cuoca tra mille con la stessa facilità con cui riconosceva una che ci stava subito (raramente le due persone coincidevano). Cibo semplice e genuino, lo presagiva; nessuna fantasia, naturalmente, ma le porzioni sarebbero state abbondanti.

Bussarono alla potta "Avanti!" gridò, sperando che Mrs Swallow si fosse pentita e fosse tornata indietro per invitatlo a dividere con lei una cena a base di pollo. Fu invece un uomo a entrare con foga, un uomo piccolo, energico, anziano, con baffi spessi e occhi piccoli e vivaci. Indossava una giacca di tweed, tutt’altro che impeccabile, e avanzò nella stanza tenendo entrambe le mani protese. "Mmm... mmm..." belò, "mmm... Mmmasrers..." Con una doppia stretta di mano sollevò e abbassò come una pompa la mano di Morris. “Mmm,…mmm…, Zapp... Mmmbene? Mmmmm... tazza di tè?" Smise di belare e piegò la testa di lato, chiudendo un occhio. Zapp dedusse di essere alla presenza del capo del dipartimento di inglese di Rummidge, tornato a casa dalla sua battuta di caccia ai maiali selvatici, che lo invitava a partecipare ai rinfreschi nella sala comune dei professori anziani.

Evidentemente l’arrivo del professor Masters era il segnale che tutti i membri della facoltà attendevano, quasi qualche oscuro tabù impedisse loro di presentarsi a lui prima che il capo l’avesse formalmente accolto nella tribù. Ora, nella sala dei professori anziani si affrettarono tutti a farsi avanti e a radunarsi attorno alla poltrona dell'ospite, sorridendo, chiacchierando e subissandolo di offerte di razze di tè e biscotti al cioccolato; gli chiesero del suo viaggio, si informarono sulla sua salute e su come procedeva il suo lavoro, gli offrirono consigli tardivi su possibili sistemazioni e infine interpretarono a suo beneficio i mugolii strozzati di Gordon Masters.

"Come fate a capire cosa diavolo sta dicendo?" chiese Morris a Bob Busby, un uomo barbuto e vivace in blazer, con cui si era ritrovato a camminare nel parcheggio, o meglio a correre, perché Busby aveva un passo scattante che le gambe corte di Morris non riuscivano a reggere.

"Immagino che sia l'abitudine."

"Il vecchio ha il palato fesso o qualcosa del genere? Non sarà che i baffi gli si impigliano nei denti quando parla?"

"E’ un grand`uomo, sa, davvero!" ribatté in tono di sottile rimprovero Busby, allungando il passo.

"Davvero?" ripeté ansimando Morris.

"Be’, lo era, così mi hanno detto. Prima della guerra era uno studioso molto brillante, da giovane. E’ staro fatto prigioniero a Dunkerque, sa. Bisogna capire...“

"Che cosa ha pubblicato?"

"Niente."

“Niente?"

"Nulla che si sia riusciti a trovare. Una volta avevamo qui uno studente, un certo Boon, che aveva organizzato un gioco a premi bibliografico per scoprire una qualsiasi pubblicazione di Gordon. Gli studenti passarono a palmo a palmo la biblioteca, ma non cavarono un ragno dal buco e Boon si tenne il premio!"

Busby fece una risata secca, come un latrato. "Che tipo, quel Boon! Che faccia rosta! Mi chiedo che fine abbia fatto."

Morris era stanco morto, ma la curiosità lo spinse a trorterellare dietro all’inglese. "Com’è successo," ansimò, "che Masters sia stato nominato capo del vostro dipartimento?"

"E’ accaduto prima della guerra. Gordon era straordinariamente giovane, naturalmente, per avere quella carica, ma il vicerettore dell’epoca era un tipo dedito alle armi, alla caccia e alla pesca. Si era portato tutti i candidati giù in un posto che aveva nello Yorkshire, per una battuta di caccia al gallo cedrone. E naturalmente l’abilità di Gordon suscitò grande impressione. Si racconta che il candidato con la qualifica più alta abbia avuto un incidente fatale con il fucile. Si dice anche che Gordon gli abbia sparato... Io però non ci credo."

Morris non aveva più fiato per stargli dietro. "Dovrete raccontarmi il resto un’altra volta!" gridò alla sagoma di Busby che si allontanava nella semioscurità del parcheggio malamente illuminato.

"Certo, buona notte, buona notte!" A giudicare dal rumore dei passi sulla ghiaia Busby si era messo al galoppo. Così Morris rimase solo, al buio. La fiammata di cordialità accesa dal ritorno di Masters pareva essersi spenta con la stessa rapidità con cui era divampata.

Ma le emozioni della giornata non erano ancora finite. Quella stessa sera fece la conoscenza di un membro della famiglia O’Shea che fino ad allora era stato nascosto al suo sguardo. All’ora consueta il dottore bussò alla sua porta e spinse dentro la stanza una ragazzina sui quindici anni, dall’aspetto trasandato, ma abbastanza sexy, con capelli nerissimi e guance incavate, che con aria umile se ne rimase impalata in mezzo alla stanza, torcendosi le mani e lanciando da sotto le lunghe ciglia scure occhiate furtive a Morris Zapp.

"Questa è Bernadette," disse O’Shea con aria tetra. "Senza dubbio l’avrà vista per casa."

"No, ciao, Bernadette," rispose Morris.

“Di’ buona sera al signore, Bernadette," proseguì O’Shea, dando alla ragazza uno spintone che la fece avanzare traballando nella stanza.

"Buona sera, signore," ripeté Bernadette, facendo un piccolo inchino impacciato.

"I suoi modi mancano di finezza, Mr Zapp," sussurrò abbastanza forte O’Shea. "Ma dobbiamo compatirla. Un mese fa era a Sligo, a mungere le vacche. E’ una parente di mia moglie, i suoi hanno lì una fattoria."

Morris dedusse che Bernadette fosse venuta a vivere dagli O’Shea come domestica-schiava, o meglio "alla pari", secondo la definizione del dottore, che l’aveva portata con sé a vedere la televisione a colori come premio. "Se la cosa non la disturba, Mr Zapp" aggiunse.

"Per carità! Cosa vuoi vedere, Bernadette? Top of the Pops?"

"Oh, no... non esattamente, Mr Zapp," precisò O`Shea. "Sul secondo canale della BBC c’è un documentario sulle Piccole Suore della Misericordia, e Bernadette ha una zia in quell`ordine. Con il nostro apparecchio, giù dabbasso, non riusciamo a prendete il secondo, capisce?"

Non era certamente il genere di spettacolo televisivo che Morris aveva in mente e così, dopo aver acceso il televisore, si ritirò in camera da letto con una copia di Playboy che gli era appena arrivata con la posta. Sdraiato sul letto, penultimo luogo di riposo di Mrs O'Shea senior, fece scorrere lo sguardo sulle poppe di Miss Gennaio e poi passò a leggere un reportage fotografico sulle più recenti auto sportive, inclusa la Lotus Europa che aveva appena ordinato.

Una delle poche soddisfazioni che Morris si era ripromesso durante il suo soggiorno in Inghilterra era l’acquisto di una nuova auto sportiva per rimpiazzare la Chevrolet Corvair che aveva acquistato nel 1965, proprio tre giorni prima che Ralph Nader[15] pubblicasse l'articol "Pericolosa a ogni velocità", riducendo in tal modo, nel giro di ventiquattro ore, di circa millecinquecento dollari il valore della macchina e privando contemporaneamente Morris del piacere di possederla. Lui aveva lasciato a Désirée l'incarico di vendere la Corvair a qualsiasi prezzo riuscisse a ottenere, prezzo non certo alto, ma pensava di risparmiare un bel po' sulla Lotus, facendosela consegnare in Inghilterra per spedirla lui stesso a Euphoria. Playboy, era lieto di constatarlo, approvava incondizionatamente la Lotus.

Tornato in soggiorno per prendere un sigaro, trovò O`Shea addormentato e Bernadette con l’aria annoiata e immusonita.

Sullo schermo uno stuolo di monache, riprese da dietro, stava cantando un inno.

"Hai già riconosciuto tua zia?" chiese.

Bernadette scosse il capo. Bussarono alla porta e la testa di uno dei bambini di O’Shea fece capolino. "Per favore, signore, dica a papà che ha telefonato Mr Reilly e che Mrs Reilly ha uno dei suoi attacchi."

Chiamate del genere erano di prammatica nella vita del dottor O'Shea, che pareva trascorrere un numero sterminato di ore per strada, tanto più se lo si paragonava ai medici americani che, secondo l’esperienza di Morris, avevano l`abitudine di visitare i pazienti a domicilio solo se questi erano effettivamente morti.

Svegliato dal suo pisolino, O’Shea se ne andò borbottando e lamentandosi sottovoce. Si offrì di portar via Bernadette, ma Morris gli disse che poteva restare fino al termine del programma e se ne tornò in camera da letto. Pochi minuti dopo sentì le note dell’inno sacro trasformarsi nel ritmo travolgente di un motivo di grande successo dei Jackson Five. Per l’lrlanda c`era ancora speranza, allora!

Erano passati pochi istanti quando si udirono dei passi risuonare rumorosamente per le scale e l`audio della televisione venne sintonizzato nuovamente sulla musica sacra. Morris entrò nel soggiorno nel momento stesso in cui O’Shea vi si precipitava dentro attraverso la porta spalancata. Bernadette si rannicchiò nella poltrona, guardando sia l`uno sia l’altro, come se cercasse di calcolare chi l’avrebbe picchiata per primo.

“Mr Zapp, il diavolo mi porti, ma non riesco assolutamente a far partire la macchina! Sarebbe così gentile da darmi una spinta giù per la strada? Lo farebbe Mrs O’Shea, ma proprio adesso sta allattando il piccolo."

“Vuole adoperare la mia auto?" chiese Morris, mostrandogli le chiavi.

La mascella di O’Shea ricadde con tristezza. "Dio la benedica, Mr Zapp, lei è la generosità in persona, ma non oserei prendermi una simile responsabilità."

“Su, coraggio, è solo un’automobile a nolo."

"Sì, ma... e l’assicurazione?" O’Shea si infervorò in una dissertazione sull’argomento talmente prolissa che Morris cominciò a ; temere per la vita di Mrs Reilly. Allora tagliò corto, offrendosi di fare da autista al dottore. O`Shea lo ringraziò con effusione e galoppò giù per le scale, voltandosi solo per gridare a Bernadette di uscire dalla stanza di Morris. "Fai con comodo," disse Zapp alla ragazza e seguì il dottore.

Tra un’indicazione e l’altra sulla direzione da seguire lungo i vicoli male illuminati, O’Shea si prodigo in iperbolici complimenti sull’auto che il professore aveva noleggiato all’aeroporto di Londra e che altro non era che una comunissima Austin un po' giù di giri. A stento Morris riusciva a immaginare quale sarebbe stata la reazione di O’Shea quando l’avesse visto al volante della Lotus, color arancione bruciato, con i sedili di cuoio nero ribaltabili, fari a scomparsa, specchietti laterali aerodinamici, lampade alogene, telecomandi e stereo a otto piste. Madre di Dio, gli sarebbe venuto un infarto all’istante.

"Giù di là, laggiù alla sua sinistra," disse il dottore. "Ecco Mr Reilly sulla porta che ci aspetta. Dio la benedica, Mr Zapp. E’ veramente magnanimo da parte sua uscire di casa in una notte come questa!"

"Non c'è di che," rispose Morris, accostando di fianco alla casa e cercando di resistere agli sforzi dello sconvolto Mr Reilly che voleva estrarlo a tutti i costi dal posto di guida, nella evidente convinzione che fosse lui il dottore.

Era stata effettivamente una buona azione, un gesto inconsueto per Morris Zapp. La rivelazione di aver veramente provato un nobile sentimento lo colpì come una mazzata mentre, seduto nel salotto freddo e tetro di casa Reilly, attendeva che O`Shea terminasse la sua opera di soccorso e tornò a colpirlo ancora mentre, con lui accanto, guidava verso casa lungo le strade piene di ombre, ascoltando solo a metà la disgustosa descrizione della malattia di Mrs Reilly. Con il pensiero Morris tornò agli avvenimenti della giornata: l’aiuto prestato a Mrs Swallow nella ricerca del libro per il marito, il permesso concesso alla ragazzina irlandese di guardare la televisione, l’accompagnare O’Shea fin dalla sua paziente... Si domandò che cosa gli stesse accadendo. Che fosse stato contagiato da qualche morbo inglese che induceva a essere cortesi? Doveva starci attento.

Philip aveva deciso che ce l’avrebbe fatta a tornare a piedi da casa Hogan, ma quando cominciò a piovere si pentì di non aver telefonato per chiamare un tassì. Si rendeva conto che era ora di cercarsi un’auto, un acquisto che continuava a rimandare per timore di rimanere invischiato con qualche venditore di macchine usate americano che senza dubbio sarebbe stato ancor più venale, intimidatorio e infido del suo corrispettivo inglese. Quando arrivò davanti alla casa di Pythagoras Drive si accorse di aver dimenticato la chiave della porta d’entrata... il colpo di grazia di una serata che gli era andata di traverso per colpa di Charles Boon e di Mrs Zapp. Fortunatamente c’era qualcuno in casa, perché riusciva a percepire un debole suono di musica; dovette però suonare il campanello parecchie volte prima che la porta, trattenuta da una catenella, fosse schiusa di qualche centimetro e che la faccia di Melanie Byrd apparisse attraverso l’apertura, scrutandolo con sguardo apprensivo.

"Oh, salve! E’ lei!" disse la ragazza, illuminandosi in volto.

"Sono terribilmente spiacente. Ho dimenticato le chiavi."

La ragazza aprì la porta, girandosi contemporaneamente per gridare: "E’ tutto a posto. E’ solo il professor Swallow!" E con una risatina gli spiegò: "Credevamo che fossero i piedipiatti. Stavamo fumando."

“Fumando?" Fu allora che le sue narici captarono l’odore dolciastro e pungente che stagnava nell`aria. "Oh, già, naturalmente." Quel "naturalmente" era un tentativo di sembrare disinvolto, ma riuscì solo a farlo apparire imbarazzato, come in realtà era.

"Vuole unirsi a noi?"

"Grazie, ma non fumo. Non... cioè..."

Philip si impappinò, Melanie rise. "Prenda allora una tazza di caffè. L’erba è facoltativa."

"Molte grazie, ma farei meglio a prepararmi qualcosa da mangiare..." Melanie, Philip non poté fare a meno di notarlo, era veramente attraente in un abito bianco di foggia indiana che le giungeva fino ai piedi nudi, con i lunghi capelli castani sciolti sulle spalle e gli occhi lucidi e dilatati. "...prima del caffè..." aggiunse.

"E’ avanzata della pizza dalla nostra cena. Se le piace..."

Oh, sì, sì affrettò a rassicurarla, gli piaceva moltissimo. Attraversò con Melanie l‘atrio e la seguì in soggiorno, illuminato da un enorme globo arancione sospeso a circa mezzo metro da terra che spargeva attorno un bagliore livido. La stanza era ammobiliata con tavoli bassi, materassi, cuscini, una poltrona gonfiabile e un complicato impianto stereo apparentemente costoso, da cui usciva una lamentosa musica indiana. Le pareti erano coperte di poster psichedelici e il pavimento era cosparso di portacenere, piatti, tazze, bicchieri, riviste e copertine di dischi. Nel locale c’erano tre giovanotti e due ragazze. Queste ultime erano le compagne di appartamento di Melanie e Philip le conosceva già. Melanie gli presento distrattamente gli altri tre, i cui nomi lui dimenticò immediatamente, limitandosi a riconoscerli dal costume fantasioso che indossavano. Uno portava un’uniforme da soldato confederato, l’altro stivali da cow-boy e un cappotto di pelle sdrucito, lungo fino alle caviglie, e il terzo aveva casacca e pantaloni da judo ampi e neri come la sua pelle. Inoltre, per chiarire la sua posizione nel contesto razziale, inforcava occhiali da sole con la montatura nera.

Philip si sedette su uno dei materassi e, mentre lo faceva, sentì le spalle del suo abito di taglio inglese salire fino a toccargli le orecchie. Nel vano tentativo di adattarsi allo stile e all’abbigliamento degli altri, si tolse allora la giacca e allentò il nodo della cravatta. Melanie gli portò un piatto con la pizza e Carol gli versò un bicchiere di vino rosso e aspro da una piccola damigiana. Mentre mangiava, gli altri si passavano ciò che lui pensava fosse uno "spinello". Quando ebbe terminato la pizza si accese in fretta la pipa, evitando così di dover condividere la droga.

Sbuffando nell’aria nuvolette di fumo, fece un resoconto piuttosto umoristico, che fu ben accolto, di come si era trovato da solo nella casa degli Hogan.

"Cercavi di pomiciare con quella donna?" chiese il lottatore negro.

"No, no, era lei che mi aveva bloccato. In effetti è la moglie dell’uomo che sostituisco qui, il professor Zapp"

Melanie ebbe un sobbalzo. "Non lo sapevo."

"Lo conosci?" chiese Philip.

“Vagamente."

"E’ un fascista," affermò il confederato, "ben conosciuto al campus. Tutti conoscono Zapp."

"Una volta ho fatto un corso con lui," disse il cow-boy. "Mi ha dato uno schifoso sufficiente per un tema che aveva preso ottimo l’ultima volta che l’avevo adoperato. Gliel’ho anche detto."

"E lui cosa ti ha risposto?"

"Vaffanculo."

"Accidenti!" Il lottatore negro si sbellicò dalle risate.

"E che ne dite di Kroop?" chiese il confederato. "Kroop lascia che gli studenti si diano il voto da soli."

"Ci prendi in giro," disse Deirdre.

"E’ vero, lo giuro."

"E si danno tutti il massimo?" chiese il lottatore negro.

"E’ curioso, ma non succede. In effetti c’è persino stata una tipa che si è bocciata da sola."

"Ma va’!"

"Non è una balla. Kroop ha cercato di farle cambiare idea, le ha detto che la sua dissertazione era quanto meno sufficiente, ma no, lei ha insistito per essere bocciata."

Philip chiese a Melanie se studiava a Euphoric State.

"Ero iscritta. Ma poi non ho più frequentato, ho mollato."

"Per sempre?"

"No, non so. Forse."

A quanto pareva, tutti erano, o erano stati, studenti in quell’università, ma allo stesso modo di Melanie erano vaghi e reticenti sulle loro attività precedenti e sui loro progetti. Parevano vivere unicamente nel presente. Per Philip, che aguzzava continuamente lo sguardo per scrutare il futuro o si guardava alle spalle con ansia, rievocando il passato, quei ragazzi erano quasi incomprensibili. Però lo incuriosivano e gli erano simpatici. Insegnò loro un gioco inventato da lui, in cui ognuno doveva dire il titolo di un libro che non aveva letto e segnava un punto a suo favore per ogni persona che lo aveva letto. Il confederato e Carol vinsero insieme, segnando quattro punti sui cinque a disposizione, con Il lupo della steppa e La storia di O rispettivamente. Poi Philip propose Oliver Twist, che di solito lo faceva vincere, ma nessuno pareva saperne niente.

"Come si chiama questo gioco?" chiese Melanie.

"Umiliazione."

"Accidenti, che nome! Umiliazione!"

"E’ perché per vincere, o per impedire agli altri di vincere, bisogna umiliarsi, capisci? E un po’ come il sistema di va1utazione di Kroop."

Circolò un altro spinello e questa volta Philip ne aspirò una boccata o due. Non parve accadesse nulla di speciale, ma in ogni caso lui aveva continuato a bere vino rosso in quantità sufficiente per stare al passo con l’atmosfera eccitata, in continuo crescendo, della festa che ormai lo coinvolgeva. Ché di festa si trattava, o meglio di un "incontro di gruppo". Questo era un termine nuovo per Philip e i giovani si dettero da fare per spiegarglielo.

"Al limite, è come dire che uno si libera delle sue inibizioni."

"Supera cioè la solitudine, la paura di morire."

"Capisci cos’è che ti sta sulle palle.”

Cominciarono a raccontarsi a vicenda di altri incontri.

"Il peggio è all’inizio," spiegò Carol, "quando, cioè, uno si sente tutto freddo dentro, teso, una frana, e vorrebbe non esserci andato."

"Nel gruppo a cui ho partecipato io," disse il confederato, "non sapevamo chi fosse il capo e lui non si è fatto riconoscere. Lo ha fatto apposta, cioè, e noi siamo rimasti seduti per un’ora nel più assoluto silenzio. Proprio per un'ora."

"Quasi come in uno dei miei seminari," scherzò Philip, ma tutti erano troppo assorbiti dall’argomento per reagire alla sua battuta.

"Il nostro capogruppo," disse Carol, "ha avuto un’idea fortissima per rompere il ghiaccio. Tutti hanno dovuto svuotare sul tavolo il portafogli o la borsetta. Lo scopo era di mettere in mostra quello che di solito si tiene nascosto; rivoltarsi, cioè, come un guanto... C’erano preservativi, tampax, vecchie lettere d’amore, medagliette religiose, foto pornografiche... non avete idea di cosa è venuto fuori. C’era, per esempio, un tipo che aveva la foto di un uomo sulla spiaggia, tutto nudo eccetto che per una pistola nella fondina. Si è poi saputo che era il padre del tizio! Che ne dite?”

"Bestiale," commentò il confederato.

"Facciamolo adesso," propose Philip, gettando il suo portafogli nel cerchio dei giovani.

Carol ne sparse il contenuto sul pavimento. "Non vale. C’è proprio quello che uno si aspetta di trovarci. Tutto molto noioso e morale."

"Proprio come me," sospirò Philip. "A chi tocca, adesso?"

Nessun altro però possedeva un portafogli o una borsetta da svuotare.

"E’ una scemata," disse il cow-boy. "Nel mio gruppo impariamo a comunicare con il corpo."

"Questi sono i tuoi bambini?” chiese Melanie, esaminando le fotografie. "Sono carini, ma sembrano un po’ tristi."

"Probabilmente perché io sono un padre represso e con loro sono una frana," rispose Philip.

"E questa è tua moglie?"

"Anche lei è repressa, una frana..." Gli piaceva quella parola nuova, che trovava molto carica di significato. "Siamo una famiglia molto complessata, tutti una frana."

"E’ molto carina."

"E’ una foto di molto tempo fa..." rispose Philip. “Persino io ero molto carino, allora.“

"Penso che tu lo sia anche adesso," disse Melanie. Si sporse in avanti e lo baciò sulla bocca.

Philip fu investito da una sensazione fisica che da vent’anni non provava più, un flusso caldo, struggente, che sgorgava da qualche punto vitale del centro del suo corpo e si irradiava in ogni direzione, diminuendo gradualmente fino a raggiungere le estremità. In quell’unico bacio ricatturò l’estasi dell’erotismo di un adolescente e anche... tutto l’imbarazzo. Non aveva il coraggio di guardare Melanie e si fissava invece la punta delle scarpe, muto e con le orecchie in fiamme. Imbecille! Fifone!

"Guardate, vi faccio vedere io," disse il cow-boy, sfilandosi il cappotto di pelle. Si alzò e spinse di lato con il piede il vasellame che ingombrava il pavimento.

Melanie ammucchiò l’uno sull’altro i piatti sparsi sul pavimento e li portò in cucina. Philip trotterellò davanti a lei, per aprire le porte, felice alla prospettiva di un téte-a-téte davanti al lavandino. Si trovava più a suo agio lavando i piatti che comunicando con il linguaggio del corpo.

"Ti lavo o ti asciugo?" chiese. Poiché Melanie pareva non capire, aggiunse: "Posso aiutarti a lavare i piatti?"

"Oh, io li lascio a mollo nell’acqua."

"A me non dispiace lavarli, sai," azzardò Philip. "A dire la verità, mi diverto."

Melanie rise, mostrando due file di denti bianchissimi. Uno degli incisivi superiori era storto, l`unica imperfezione che gli riuscisse di scoprire in lei in quel momento. Sembrava una ragazza da cartellone con quel lungo abito bianco stretto sotto il seno che le cadeva giù dritto fino ai piedi nudi.

"Lasciamoli lì."

La seguì di nuovo nel soggiorno. Il cow-boy era in piedi, schiena contro schiena con Carol nel mezzo della stanza. "Ciò che dobbiamo fare è comunicare, strofinandoci l’uno contro l’altra," spiegò, accompagnando le parole con l’azione, "attraverso la spina dorsale, le scapole..."

"Il culo..."

"Giusto, il culo. Quasi tutti non sentono niente con la schiena, perché non la usano mai, è morta, afferrate il concetto?"

Il cow-boy fece posto al confederato e andò a controllare i movimenti di Deirdre e del lottatore negro.

"Vuoi provare?" chiese Melanie.

"Va bene."

La schiena della ragazza era morbida e diritta contro la sua spina dorsale di studioso un po' curva, e il sedere di lei, premuto con fermezza contro le sue gambe sottili, gli procurava un senso di beatitudine. Melanie aveva gettato indietro i capelli e adesso le ciocche gli scendevano sul petto. Lei ridacchiava.

"Ehi, Philip, cosa stai cercando di dirmi con le tue scapole?"

Qualcuno abbassò la luce e accese la musica sitar. Tutti cominciarono a dondolarsi, a rigirarsi, a strofinarsi nella penombra fumosa e arancione, risonante di accordi metallici; era una specie di danza a cui tutti partecipavano e anche lui, finalmente, ballava.,, una danza libera, improvvisata, dionisiaca, proprio quello che da tanto tempo desiderava ardentemente fare.

Gli occhi di Melanie erano fissi nei suoi, senza vederlo. Ascoltava la musica con il corpo, con le palpebre, con i capezzoli, con gli alluci. La musica era attutita, ma loro non perdevano il ritmo. Lei oscillava, lui oscillava, tutti oscillavano, dondolando appena la testa, seguendo il tempo, rispondendo all`improvvisa accelerazione e rallentamento delle dita che pizzicavano lo strumento e al leggero picchiettare sul cembalo, ai mutamenti repentini e alle oscillazioni di suoni e toni. Poi il ritmo si fece più veloce e tutti seguendo la musica accelerarono i movimenti, si contorcevano, sussultavano, pestavano i piedi, alzavano le braccia, schioccavano le dita e battevano le mani. I capelli di Melanie catturavano in un milione di fili sottili la luce arancione e spazzavano il pavimento o volavano verso il soffitto, mentre lei si piegava o si raddrizzava sul busto. Le pupille roteavano, il sudore luccicava, il seno rimbalzava, la carne colpiva la carne; grida acute ed estatiche trapassavano il fumo. Poi, improvvisamente, la musica finì ed essi ricaddero sui cuscini affannati, in un lago di sudore e ridendo a crepapelle.

La dimostrazione successiva del cow-boy fu quella del massaggio eseguito con i piedi. Philip si sdraio a pancia in giù e Melanie gli passeggiò sulla schiena a piedi nudi. Era un’esperienza frammista di piacere e di dolore. Sebbene tenesse la faccia premuta contro il pavimento duro e torcesse il collo mentre il respiro pareva fuoruscire dai polmoni con violenza, le scapole quasi gli trapassavano il petto, e la spina dorsale scricchiolava come un cardine arrugginito, avrebbe potuto avere un orgasmo senza difficoltà; non c’era neppure da sorprendersi, a pensarci bene: per ricevere questo genere di trattamento molti uomini sborsano fior di quattrini nei bordelli. Emise una specie di gemito mentre la ragazza gli stava in equilibrio sulle natiche. Lei saltò giù immediatamente.

"Ti ho fatto male?"

"No, no, va benissimo. Continua"

"Adesso tocca a me."

No, lui protestò, era troppo pesante, troppo goffo, le avrebbe spezzato la schiena. Ma lei insistette e si prostrò davanti a lui nel suo abito bianco, come una vergine pronta al sacrificio. Altro che bordello... Con la coda dell’occhio Philip aveva visto Carol saltare su e giù dalla massiccia figura del negro che mugolava "Calpestami, bambina, calpestami!" e in un angolo buio il cow-boy e il confederato erano impegnati in qualcosa di estremamente complicato con Deirdre, qualcosa che veniva accompagnato da grugniti e respiri profondi.

"Su, Philip, comincia," lo esortò Melanie.

Lui si tolse scarpe e calze e salì con circospezione sulla schiena della ragazza, tenendosi in equilibrio con le braccia allargate mentre sentiva la carne e le ossa cedere sono il suo peso. Oddio, che terribile senso di godimento provava nel massaggiare con i suoi piedi callosi quel soffice corpo; si doveva provare qualcosa di simile pigiando l’uva. Era la cupa gioia dei sensi descritta da D. H. Lawrence quella che provava nel dominare la ragazza supina, anche se era preoccupato per il suo bel seno compresso contro il pavimento duro, senza protezione alcuna, dato che se non sbagliava Melanie non portava reggiseno.

"Ti faccio male?"

"No, no, è magnifico, mi fa bene alle vertebre, lo sento."

Si mise in equilibrio con un piede ben piantato nell’incavo della schiena e con l’altro piede massaggio leggermente la rotondità delle natiche, una dopo l’altra. Il piede, decise Philip, era una zona erogena del corpo troppo poco conosciuta. Poi perse l’equilibrio e fece un passo indietro, finendo su una tazza da caffè e il suo piattino, che andarono in pezzi.

"Oh, povera me," disse Melanie, "non ti sarai tagliato il piede, vero?"

"No, ma è meglio sbarazzarci di questi cocci." Si infilò le scarpe e strascicò i piedi fino alla cucina portando i frammenti raccolti. Mentre li stava gettando nella pattumiera il cow-boy entrò di corsa e cominciò ad aprire ante e cassetti. Aveva addosso solo un paio di mutandoni colorati.

"Hai visto l’olio in qualche posto, Philip?"

"Hanno di nuovo fame?"

"No, no, ci svestiamo e ci strofiniamo a vicenda con l’olio. L’hai mai provato? E’ fantastico. Ah!" Estrasse da un armadietto una lattina di olio di mais e la fece piroettare in aria con fare trionfante.

"Hai bisogno anche del sale e del pepe?" Philip pronunciò la sua battuta con poco convincimento, ma il cow-boy era già uscito. "Su muoviti," gli gridò, voltandosi appena. "La festa comincia a scaldarsi."

Philip si allacciò le scarpe lentamente, posticipando una decisione. Poi andò in anticamera. Dal soggiorno immerso nella semioscurità giungevano risate, esclamazioni e ancora musica sitar. La porta era socchiusa. Esitò sulla soglia, poi proseguì fuori dell’appartamento e salì su per le scale verso le sue stanze silenziose, mentre una parte di se stesso mormorava:

"Sei troppo vecchio per questo genere di cose, Swallow, ti sentiresti terribilmente imbarazzato e faresti una figura orribile, e poi non pensi a Hilary?" E l’altra parte imprecava: "Merda!" (Una parola che fu sorpreso di sentirsi dire, anche se mentalmente.) "Merda, Swallow, quando mai sei stato giovane abbastanza per questo genere di cose? E’ solo che hai paura, una fifa blu di tua moglie... pensa solo a quello che hai perso... spalmare l’olio dell’insalata sul corpo di Melanie Byrd, Pensaci!" E pensandoci Philip, giunto davanti alla sua porta, si volse, domandandosi se non fosse il caso di tornar giù, e fu sorpreso di scoprire che Melanie l`aveva seguito silenziosamente su per le scale.

"Ti spiace se resto nel tuo appartamento per questa notte?" gli sussurrò. "Per combinazione ho saputo che uno di quei tipi laggiù ha appena avuto lo scolo."

"No, no, entra," mormorò Philip quasi senza fiato e la lasciò passare improvvisamente sobrio, con il cuore in tumulto e le viscere che gli si scioglievano, mentre si chiedeva cosa stesse succedendo... dopo dodici anni di monogamia aveva forse intenzione di fare l'amore con un’altra donna? Così, semplicemente senza preliminari, senza trattative? Accese la luce all’interno e tutti e due sbatterono gli occhi nell’improvviso bagliore. Persino Melanie pareva un pochino intimidita.

"Dove mi consigli di dormire?" chiese la ragazza.

"Non lo so, dove vuoi tu." Le fece strada attraverso l`ingresso, spalancando tutte le porte come un facchino d’albergo. "Questa è la camera da letto," aggiunse, accendendo la luce e mostrando un letto enorme che, quando vi si sdraiava di notte, gli pareva ampio come un campo da gioco. "Oppure c’è quest'altra stanza che uso come studio ma dove esiste un altro letto." Entrò e tolse in fretta alcuni libri e delle carte da un divano-letto. "E’ molto comodo," disse, comprimendo il materasso con le dita della mano aperte, "Scegli cosa preferisci."

"Be’, penso che dipenda se hai voglia di scopare o no."

Philip sobbalzò. "Be’, tu che ne pensi?"

"Preferirei di no, a dirti la verità, Philip. Non è nulla di personale, solo che sono stanca morta." Sbadigliò come un gatto.

"In questo caso, vai nel mio letto, io dormirò qui."

"Oh, no, prendo io il divano." Melanie vi si sedette sopra con energia. "E’ comodissimo, veramente."

"Bene, se insisti... il bagno è in fondo all’ingresso."

"Grazie. E veramente gentile da parte tua…”

"Non c’è di che," ribatté Philip, ritraendosi dalla stanza. Non sapeva se rallegrarsi o no di essere messo alla porta e l'indecisione lo tenne sveglio e lo portò a rotolarsi da una parte e dall'altra nel suo immenso letto. Accese la radio-sveglia, tenendola bassa, sperando che gli avrebbe conciliato il sonno. Era la stessa stazione della notte prima e trasmetteva il Charley Boon Show.

La Pantera Nera stava spiegando a un ascoltatore al telefono come applicare la teoria rivoluzionaria marxista-leninista alla situazione delle minoranze razziali oppresse nell’ultimo stadio del capitalismo industriale. Philip spense la radio. Pochi minuti dopo andò in bagno a cercarsi un’aspirina. La porta dello studio era socchiusa e senza premeditazione vi entrò. Melanie dormiva pacificamente, ne poteva udire il respiro profondo e regolare. Si sedette alla scrivania e accese la lampada da lettura. La luce incappucciata gettò un debole chiarore sulla ragazza addormentata, con i lunghi capelli sparsi romanticamente sul cuscino, e un braccio nudo che pendeva sul pavimento. Philip, in pigiama, rimase seduto a guardarla finché non cominciò a formicolargli un piede. Mentre cercava di ristabilire la circolazione strofinandolo, Melanie aprì gli occhi, lo fissò prima senza vederlo, poi spaventata e infine, se pur insonnolita, lo riconobbe.

"Stavo cercando un libro," spiegò Swallow, continuando a massaggiarsi il piede, "non riesco a dormire." Ebbe una risatina nervosa. "Sono troppo eccitato... al pensiero di averti qui..."

Melanie alzò un angolo della leggera coperta in un silenzioso gesto di invito.

"E’ molto carino da parte tua, ma sei sicura che non ti dispiaccia?" mormorò Philip come se parlasse con qualcuno che gli aveva fatto posto in uno scompartimento ferroviario pieno di gente. Nel letto c’era effettivamente poco posto, quando vi si infilò dentro, e dovette afferrarsi a Melanie per non cader fuori.

Era calda e nuda ed era meraviglioso aggrapparsi a lei. "Oh!" lui disse, e "Ah!" Ma nel complesso non fu una cosa soddisfacente.

La ragazza era ancora mezzo addormentata e lui era mezzo sconvolto dalla novità della situazione. Venne troppo presto e le diede poco piacere. Dopo, nel sonno, la ragazza gli strinse le braccia attorno al collo e piagnucolò: "Papà." Furtivamente Philip si sciolse dal suo abbraccio e tornò con passo lento al suo enorme letto. Non vi si sdraio sopra; vi si inginocchiò accanto, come se fosse un catafalco dove giaceva il cadavere di Hilary che lui aveva assassinato, e affondò la faccia tra le mani. O Dio, il rimorso, il rimorso!

Morris Zapp provò qualche fitta di rimorso mentre ascoltava, facendosi piccolo dietro la porta, le urla di dolore di Bernadette e le imprecazioni di O’Shea che stava somministrando alla ragazzina una serie di colpi di cinghia per castigo. L’aveva infatti sorpresa nell’atto di leggere un libro osceno e non solo leggeva, ma commetteva atti illeciti su se stessa allo stesso tempo, una pratica che (tuonò O’Shea) non solo costituiva un peccato mortale che avrebbe trascinato la sua anima dritto all’inferno se fosse morta prima di confessarsi (cosa che, a stare alle grida di Bernadette, pareva molto probabile), ma era anche causa certa di degradazione fisica e morale, che portava alla cecità, alla sterilita, al cancro della cervice, alla schizofrenia, alla ninfomania e alla paralisi generale dovuta alla pazzia… Morris si sentiva colpevolizzato perché il libro osceno in questione era la copia di Playboy che aveva sfogliato precedentemente quella sera, e che lui stesso aveva dato a Bernadette un`ora prima, dopo averla sorpresa a leggere la rivista alla luce incerta della televisione, di ritorno dall’aver portato avanti e indietro il dottore per la visita a Mrs Reilly. La ragazzina era talmente intenta che aveva tardato un microsecondo di troppo a chiudere la rivista e a spingerla sotto la poltrona. Tutta rossa e ingobbita aveva balbettato una scusa, avvicinandosi alla porta con aria furtiva.

"Ti piace Playboy?" aveva chiesto Morris con voce rassicurante. Lei aveva scosso il capo insospettita. "Ecco, te lo presto," aveva aggiunto, lanciandole il giornale che cadendo a terra si aprì per caso proprio alla pagina in cui Miss Gennaio metteva in mostra con fare invitante davanti all’obiettivo il suo sederino.

Bernadette fece un ghigno sorprendentemente privo di denti.

"Grazie, signore", disse e afferrata con sveltezza la rivista era sparita.

Ora le sue urla si erano calmate e trasformate in singhiozzi soffocati e, sentendo i passi dell’oltraggiato pater familias che si avvicinavano, Zapp si affrettò a tornare alla sua poltrona e accese il televisore.

"Mr Zapp!" esclamò O’Shea irrompendo nella stanza e prendendo posizione tra Morris e l’apparecchio televisivo.

"Si accomodi."

"Mr Zapp, non è affar mio sindacare le sue letture..."

"Le spiacerebbe alzare di poco il braccio destro?" domandò Morris. "Mi sta coprendo parte dello schermo."

O’Shea, compiacente, alzò il braccio venendo così ad assomigliare a un testimone che presti giuramento in tribunale. Sotto la sua ascella la pubblicità di un budino di fragola si gonfiò come una pustola oscena. "...ma le devo chiedere di non portare la pornografia a casa mia."

"Pornografia? Ma se non posseggo neppure un pornografo," ribatté con arguzia Morris, sicuro che la battuta sarebbe stata nuova per O`Shea.

"Mi riferisco a quella rivista disgustosa che Bernadette ha preso dalla sua stanza. A sua insaputa, suppongo..."

A questo interrogativo non posto Morris evitò di rispondere, visto che la spiata da parte di Bernadette non c’era stata. "Non si riferisce per caso al mio ultimo numero di Playboy? Ma è ridicolo! Per amor del cielo, Playboy non è pornografia. Ci sono degli ecclesiastici tra i suoi lettori. Ci sono persino dei sacerdoti che scrivono per la rivista."

"Saranno dei pastori protestanti," sbuffò O’Shea.

"Posso averla indietro, per favore?" chiese Morris. "La rivista."

"L`ho distrutta, Mr Zapp," dichiarò con severità O`Shea. Morris non gli credette. Nel giro di trenta minuti il dottore si sarebbe rintanato in qualche angolo a sbavare sulle fotografie di Playboy. Non quelle delle ragazze, naturalmente, ma le inserzioni pubblicitarie a colori delle marche di whisky e di impianti stereo".

Alla televisione erano terminati gli spot pubblicitari e iniziava la presentazione della serie prediletta da O’Shea, accompagnata dall`inconfondibile tema musicale. Il dottore cominciò a sbirciare con la coda dell`occhio, pur mantenendo un atteggiamento rigido e risentito.

"Perché non si siede a guardare?" chiese Morris.

O'Shea si calò lentamente nella sua poltrona abituale.

"Non c'è nulla di personale, lei capisce, Mr Zapp," borbottò impacciato. "Ma Mrs O’Shea mi spellerebbe vivo se scoprisse che la ragazzina legge quella roba. Per il fatto che è sua nipote si sente responsabile della moralità della fanciulla."

"E’ più che naturale," convenne Morris con voce melensa.

"Scotch o bourbon?"

"Un goccetto di scotch mi andrebbe bene, Mr Zapp. Mi scusi per lo sfogo di prima."

"Se 1o dimentichi."

"Siamo uomini di mondo, naturalmente, ma la ragazzina è appena arrivata da Sligo... penso che ci sentiremmo tutti e due più tranquilli se lei tenesse sotto chiave quel genere di materiale scottante."

"Crede che Bernadette possa introdursi nelle mie stanze?"

"Be’, durante il giorno entra per fare le pulizie."

"Ma davvero?"

Morris pagava trenta scellini extra per questo servizio e dubitava molto che quel denaro, o almeno una parte, finisse nelle tasche di Bernadette. Il mattino seguente, superandola lungo le scale, le fece scivolare in mano un biglietto da una sterlina. “Ho saputo che sei tu che pulisci il mio appartamento," le disse.

"Brava, hai fatto un buon lavoro,"

Lei gli fece balenare un sorriso sdentato e lo guardò con occhi ardenti. "Vuoi che venga da te stanotte?" chiese.

"No, no." Morris scosse il capo allarmato. "Stai equivocando..." Ma la ragazza aveva udito il passo pesante di Mrs O'Shea sul pianerottolo ed era già scomparsa. C’era stato un tempo in cui Morris non si sarebbe lasciato sfuggire un`occasione del genere, con o senza denti, ma adesso, forse per via dell’età o del clima, non 1o sapeva bene, non se la sentiva, non poteva affrontare quello sforzo e le sue possibili complicazioni. Gli era facilissimo immaginare le conseguenze se fosse stato sorpreso dagli O’Shea a letto con Bernadette, o anche dietro la porta mentre lei lo supplicava di farla entrare. Non era assolutamente il caso di rischiare di doversi trovare un altro appartamento a Rummidge, nel bel mezzo dell`inverno. Per evitare qualsiasi incidente e per concedersi una ben meritata vacanza, decise di fare una gita a Londra e di passarvi la notte.

Philip si svegliò tutto sudato da un sogno in cui si trovava a casa sua, in cucina, a lavare i piatti. Questi cadevano l`uno dopo l’a1tro dalle sue dita senza vigore e andavano a frantumarsi sulle piastrelle sotto il lavandino. Melanie che, a quel che pareva, lo stava aiutando, osservava con sgomento i pezzi di coccio che continuavano ad aumentare. Lui emise un gemito e si strofinò gli occhi. Dapprima si rese conto solo di un senso di malessere fisico: mal di stomaco, mal di testa e il sapore di zolfo in bocca. Poi, mentre si recava in bagno, il suo sguardo annebbiato fu attratto, attraverso la porta socchiusa dello studio, dalle lenzuola gettate in disordine sul divano e ricordò. "Melanie?" biascicò.

Non ci fu risposta. ll bagno era vuoto. Così pure la cucina. Tirò le tende in soggiorno e si ritrasse sotto l’ondata di luce che invadeva la stanza. Vuota. La ragazza era andata via.

E adesso?

La sua anima, come il suo stomaco, era sconvolta. La disinvolta compiacenza con cui Melanie aveva accettato di soddisfare il suo desiderio, goffo e stanco, sembrava in retrospettiva scioccante, commovente, eccitante, incomprensibile. Non riusciva a indovinare quale significato lei potesse attribuire a quell’avvenimento e non sapeva, pertanto, come lui si sarebbe comportato al loro prossimo incontro. Tuttavia, ricordò a se stesso mentre si teneva la testa dolorante tra le mani, i problemi di etichetta erano assolutamente secondari rispetto a quelli di etica. La questione di base era: desiderava farlo di nuovo? O piuttosto (poiché quella era una domanda stupida, chi poteva non desiderare di farlo?), qualora se ne fosse presentata l’occasione, avrebbe fatto di nuovo l’amore con Melanie? Non per niente, penso tetro, guardando fuori della finestra, aveva preso residenza in una zona ad alto rischio.

Passò parecchio tempo quel giorno proprio a guardare fuori della finestra, riluttante a uscire dal suo appartamento fino a che non fosse giunto a una decisione sul suo comportamento nei riguardi della ragazza, se cioè coltivare quel rapporto oppure fingere che non fosse accaduto nulla. Pensò di chiedere un’interurbana per l'Inghilterra, per vedere se il suono della voce di Hilary avrebbe agito come un elettrochoc sulla sua mente ottenebrata, ma all'ultimo momento gliene mancò il coraggio e chiese invece alla centralinista di passargli l’Interflora. Il sole tramontò sulla sua indecisione. Andò a letto presto e si svegliò nel mezzo della notte dopo un sogno fortemente erotico. Era chiaro che stava regredendo rapidamente al periodo adolescenziale. Accese la radio e la prima parola che percepì fu “inquinamento". Charles Boon stava parlando della fine del mondo. A quanto pareva, l`esercito degli Stati Uniti aveva seppellito alcuni contenitori metallici di gas nervino, sufficienti ad ammazzare tutta la popolazione del globo, ricoperti da un rivestimento di calcestruzzo, nelle profondità di certe grotte sotterranee, ma sfortunatamente l’esercito aveva trascurato il fatto che le caverne in questione si trovavano sul percorso di quella stessa falda geologica che correva lungo lo stato di Euphoria.

La prima cosa da fare, decise Philip, era incontrarsi con Melanie e avere con lei una discussione franca e aperta. Se le avesse spiegato i suoi sentimenti, probabilmente lei li avrebbe visti nella giusta prospettiva. Ciò che Philip aveva in mente, in modo vago, era un rapporto maturo, amichevole, rilassato, che non avrebbe comportato implicitamente il fatto di dormire insieme, ma non ne avrebbe neppure esclusa la possibilità. Sì, all’indomani avrebbe rivisto Melanie. Si addormentò di nuovo e questa volta sognò di essere l’ultimo uomo a lasciare Esseph nel momento in cui veniva investita da un secondo e definitivo terremoto. Era da solo su un aereo in decollo dall'aeroporto di Esseph, che rullava rumorosamente lungo la pista. Guardando fuori del finestrino, si avvide che grosse crepe impazzite si stavano allargando su tutta l’ampia striscia asfaltata. Proprio nel momento stesso in cui il suolo pareva aprirsi per inghiottirlo, l’aereo si sollevò. Salì quasi in verticale e poi si inclinò in una virata e Philip, dal finestrino, ebbe davanti agli occhi sgranati l’incredibile visione dei palazzi, delle cupole, dei grattacieli avvolti dalle nubi e di tutta la città di Esseph che bruciavano, crollavano e scivolavano lentamente dentro il mare.

Il mattino seguente la baia e la città erano ancora al loro posto, sorridenti nello splendore del sole, in attesa del colpo alla nuca del terremoto. Chi non c’era, invece, era Melanie, introvabile sia quel giorno sia in quelli successivi. Philip entrò e uscì dalla casa a tutte le ore possibili, trovò dei pretesti per indugiare nell’atrio e fischiettò non troppo in sordina salendo le scale, ma tutto ciò non sortì alcun effetto. Vide abbastanza spesso Carol e Deirdre e alla fine trovò il coraggio di chieder loro se Melanie fosse in casa. No, risposero, era andata via per alcuni giorni. C’era qualcosa che potevano fare per lui? Le ringraziò: no, niente.

Quel pomeriggio inciampò in un paio di stivali che scoprì appartenere al cow-boy, semisdraiato sul pavimento, appena fuori della porta di Howard Ringbaum, in attesa di un colloquio.

"Ciao!" disse il cow-boy con un ghigno. "Come sta Melanie?"

"Non saprei dirti," rispose Philip. "Ultimamente non l’ho vista, e tu?"

Il cow-boy scosse il capo.

La voce sottile e nasale di Ringbaum fluttuo nel corridoio: pare che abbia confuso le parole satira e satiro, Miss Lennox. La satira è un genere di composizione poetica; un satiro è un essere lascivo, metà uomo e metà caprone, che trascorre il suo tempo dando la caccia alle ninfe."

"Devo andare,“ disse Philip.

"Ciao," disse il cow-boy, "e stammi bene."

Era più facile dirlo che farlo. Philip cominciava a sentirsi in preda a un’ossessione. A un certo punto, quella notte, ebbe la certezza che fosse di Melanie la voce che parlava con Charles Boon alla radio. Quando l’accese, con suo grande disappunto captò solo l'ultima parte della conversazione. "Non pensi," stava dicendo Melanie, "che si debba tendere a un rapporto interpersonale, totalmente nuovo, basato sul condividere piuttosto che sul possedere? Voglio dire, cioè, una specie di socialismo delle emozioni...”

"Continua!"

"E un socialismo delle sensazioni e..."

"Sì?"

"Be’, questo e tutto, credo."

"Bene, grazie, a ogni modo. Sei stata fantastica."

"Be’, è quello che penso, Charles. Buona notte."

"Buona notte e chiama ancora. In qualsiasi momento," aggiunse Boon in tono allusivo. La ragazza (ma era Melanie?) rise e tolse la comunicazione.

"Questa è QXYZ, radio underground, la stazione che il governatore Duck ha cercato di mettere a tacere. Chiamate 024-9898 e diteci tutto ciò che pensate."

Philip balzò dal letto, si infilò frettolosamente la vestaglia e corse giù per le scale all’appartamento a pianterreno. Suonò il campanello. Dopo un po’ Deirdre venne alla porta e dall’interno chiese: "Chi è?"

"Sono io, Philip Swallow. Voglio parlare con Melanie."

Deirdre aprì la porta. "Non c’è."

"L`ho appena sentita parlare alla radio. Ha telefonato al Charles Boon Show."

"Be', non ha chiamato da qui."

"Ne sei proprio sicura?"

Deirdre spalancò la porta. "Vuoi perquisire l’appartamento?" chiese in tono ironico.

"Sono terribilmente spiacente," si scusò Philip.

Devo dare un taglio a tutto questo, si disse mentre risaliva le scale. Ho bisogno di svagarmi, di qualche distrazione. Il primo giorno in cui si trovò senza impegni prese un autobus, attraversò il lungo ponte a due livelli e arrivo nel centro di Esseph. Discese dall'autobus esattamente nello stesso momento (sebbene sette ore prima a causa del fuso orario) in cui Morris Zapp, seduto nella grill-room dell’Hilton di Londra, affondava con enorme soddisfazione i denti nella prima bistecca dall’aria invitante che avesse mangiato dal suo arrivo in Inghilterra.

L'Hilton era un albergo maledettamente costoso, ma Morris pensò che dopo tre settimane a Rummidge si meritava qualche piacevole consolazione e in ogni caso si era accertato di aver speso bene il proprio denaro. Occupava una stanza al sedicesimo piano, ammobiliata con lusso, insonorizzata e calda. Da quando ne aveva preso possesso si era già fatto due docce, aveva camminato nudo sulla moquette immergendosi nel flusso di aria calda, si era infilato nel letto per guardare la televisione e si era fatto servire in camera la seconda colazione, un sandwich a molti strati con contorno di patate fritte preceduto da un abbondante Manhattan e seguito da una torta di mele à la mode. Tutte semplici piacevolezze in America, che però in esilio parevano diventate qualcosa di assolutamente irraggiungibile e di deliziosamente gustoso.

Forse era giunto, tuttavia, il momento di mettere il naso fuori della porta girevole e dare un`occhiata alla famosa vita notturna della capitale, si disse mentre usciva lemme lemme, soddisfatto e a pancia piena, dalla sala da pranzo dopo aver cenato. Scelse nella rivendita di tabacco della hall un costoso Panatella, si infilò cappotto, guanti e il cappello alla Kruscev di pelo sintetico nero che aveva acquistato in un grande magazzino di Rummidge e salpò alla ventura nella rigida notte londinese. Cammino per Piccadilly fino al Circus e poi percorrendo la Shaftesbury Avenue si ritrovò a Soho. Ogni pochi metri, procacciatori infreddoliti davanti alle porte dei locali di spogliarello gli si avvicinavano.

Ora, Morris Zapp, che per anni aveva vissuto sulla soglia di uno dei più famosi centri dell’industria dello strip-tease, cioè il South Strand di Esseph, non aveva mai fatto un`esperienza del genere. I libri osceni, sì. La pornografia era un diversivo accettato dalla intellighenzia di Euphoria. Ma lo spogliarello, con tutte le varianti fantasiose escogitate nei locali di Esseph...

Era proprio uno spogliarello quello che, per la prima volta in vita sua, Philip Swallow stava guardando in quel momento. Dopo essersi avviato per il South Strand allo scopo di dare un`occhiata al vecchio quartiere, si ritrovava adesso, incredulo e a bocca aperta, a fissare l’infilata di locali strip due sembravano fare a gomitate lungo tutta la Cortez Avenue - ping-pong, roulette, lucidatura di scarpe, barbecue, lotta libera, ballo a go-go... tutto si svolgeva a seno nudo e sedere scoperto. Dove una volta si vedevano saloons dall’aria severa, caffè, negozi di artigianato, gallerie di quadri, locali notturni impegnati e scantinati frequentati da poeti, adesso era tutta un’esplosione di RAGAZZE! RAGAZZE! RAGAZZE! e STRIP, STRIP, STRIP in lettere cubitali al neon che lampeggiavano contro il sole (perché era ancora pomeriggio a Euphoria) con l’intento di attrarre i maschi oziosi nell’oscurità fumosa, al di là delle tende di velluto, da cui provenivano il ritmo e i colpi della musica rock e dove le ragazze, che secondo le fotografie all’esterno avevano seni enormi e lucenti come le testate dei missili, BALLANO DAVANTI A VOI COMPLETAMENTE NUDE SENZA NASCONDERVI NIENTE...

...era solo a uso dei provincialotti, dei turisti e degli uomini d’affari. La sua reputazione di intellettuale sofisticato sarebbe andata distrutta nel momento stesso in cui Morris fosse stato sorpreso da un collega o da uno studente a frequentare un bar-strip del South Strand. "Ma come? Morris Zapp a uno spettacolo di spogliarello? Morris che paga per vedere le tette nude? Come mai?... Morris non è riuscito a trovarne a sufficienza in questi ultimi tempi?" E così via; si sarebbero divertiti alle sue spalle.

Sicché Morris non aveva mai varcato la soglia di uno di quei locali, sebbene fosse stato spesso assalito da un moto di curiosità triviale nel passarvi davanti per andare al cinema o al ristorante; e adesso si trovava nel bel mezzo del quartiere malfamato di Soho, a seimila miglia da casa, sconosciuto tra gli sconosciuti che avrebbero potuto notarlo (tra l’altro i passanti erano pochi per via del buio e del freddo), e penso: "Perché no?" E si infilò nel primo locale porno che gli capitò a tiro, sotto il naso dell’indiano depresso che stazionava davanti alla porta.

"E perché no?" pensò Philip Swallow. "E qualcosa che non ho mai visto e che ho sempre desiderato vedere, che male c`è? Chi lo verrà mai a sapere? In ogni caso, è un fenomeno socioculturale di grande interesse. Mi chiedo, pero, quanto costi."

Camminò su e giù per tutta la lunghezza della Avenue accertandosi quali locali notturni fossero già aperti a quell’ora ancor giovane del giorno e alla fine scelse un piccolo bar, chiamato Pussycat go-go, che prometteva danzatrici nude, senza la spesa del coperto o di altri extra. Respirò profondamente e si tuffò nell’oscurità.

"Buona sera, signore," disse l’indiano, con un sorriso tutto denti, "una sterlina, prego, signore. Lo spettacolo va a cominciare, signore."

Morris pagò la sterlina e passò dietro una tenda di panno spesso e attraverso una porta a ventola. La stanza in cui entrò era piccola e male illuminata. Un riflettore gettava una macchia di luce viola sul palcoscenico e un amplificatore antiquato sibilava una penosa musica pop. Il locale era gelido e, a eccezione di Morris, completamente vuoto. Si sedette nel mezzo della prima fila di sedie e attese. Dopo qualche minuto tornò nell’ingresso.

"Ehi," disse all`indiano.

"Vuole bere, signore? Una birra, signore?"

"Vorrei vedere il numero di spogliarello."

"Certo, signore. Un momento solo, signore. Un poco di pazienza. La ragazza arriva presto, signore."

"Ce n’è solo una?"

"Una per volta, signore."

"Fa un freddo cane, li dentro."

"Porto una stufetta, signore."

Morris tornò al suo posto e l`indiano lo seguì con una stufai elettrica di dimensioni ridotte e con un cordone lunghissimo, ma non lungo abbastanza per giungere fino a Morris. A qualche metro dal suo sedile la stufetta irradiava una debole luce nell’oscurità violetta. Morris si mise il cappello e i guanti, si abbottono il cappotto e accese retro un altro sigaro, ben deciso a restare fino alla fine. Aveva commesso un errore madornale, ma non voleva ammetterlo. così rimase seduto a fumare, fissando il palcoscenico vuoto, soffregando di tanto in tanto le membra intirizzite per riattivare la circolazione.

Philip Swallow non si annoiava affatto. Era entrato convinto di essere stato imbrogliato e che sarebbe rimasto deluso, frustrato e infastidito dallo spettacolo (non era forse una convinzione comune che il sesso commercializzato diventa una contraffazione e una noia?); scoprì invece che si divertiva moltissimo mentre, sorseggiando un gin-tonic (costoso, a un dollaro e cinquanta, ma era vero che non si pagava il coperto), guardava rapito una delle tre bellissime danzatrici che si esibivano completamente nude a meno di tre metri dal suo naso. E le ragazze non solo erano belle, ma avevano inopinatamente un aspetto sano e intelligente, completamente diverso da quello trasandato e sguaiato che si era immaginato; anzi, veniva quasi da pensare che ballassero nude non per denaro ma per divertimento, come se, tutte contente di battere i piedi e scuotere le anche al suono della musica pop, avessero deciso che era il caso di togliersi i vestiti e dare un po’ di innocuo divertimento anche agli altri. Erano in tre e mentre la prima ballava, la seconda serviva da bere e la terza si riposava.

indossavano slip e canottiere, di misura ridotta come magliette per bambini e si infilavano e sfilavano questi semplici indumenti con modestia e senza imbarazzo sotto gli occhi della clientela del bar, dato che in quel locale affollato non esisteva uno spogliatoio.

Strip-tease era un termine errato perché non c’era nessun tease, nessun solleticamento malizioso nel loro numero. Le ragazze si davano un colpetto sulla spalla, al momento del cambio, con lo stesso piglio cameratesco e premuroso di una squadra di staffetta di una scuola privata di suore. Niente di sordido, niente di volgare.

Morris aveva fumato metà del suo sigaro quando udì una voce di donna provenire da dietro la tenda di panno; la voce parlava con foga, in tono di protesta o di scusa, non riusciva a capirlo perché la ragazza aveva un raffreddore di testa. Alla fine l’indiano l’accompagnò dietro un sommario paravento posto in un angolo della stanza. Quando la donna passò accanto a Morris, strascicando un paio di stivali pelosi come quelli di Mrs Swallow, con un fazzoletto in testa e una borsetta di plastica con la lampo, il suo fascino non era superiore a quello di Miss Piano Quinquennale per la Siberia. L`indiano, tuttavia, era palesemente convinto di aver salvato la sua reputazione. Era tutto un sorriso.

Prese in mano il microfono e fissando lo sguardo su Zapp, che era ancora l’unico cliente, disse con voce tonante: "Buona sera, signore e signori! Il nostro primo numero questa sera é ‘Fifì la cameriera francese’! Grazie!"

La musica crebbe di volume appena l’uomo cominciò a manovrare le manopole del suo registratore e una bionda con indosso un minuscolo grembiulino di pizzo sopra la biancheria intima nera e con calze pure nere fece un passo dentro il cerchio di luce viola e si mise in posa con il piumino della polvere in mano.

"Ma bene! Che io sia dannato!" esclamò a voce alta Zapp.

Mary Makepeace (perché proprio di lei si trattava) fece un passo in avanti, schermandosi gli occhi dalla luce. "Chi è? Conosco questa voce!"

"Com’é andata a Stratford-on-Avon?"

"Ehi, professor Zapp, cosa ci fa qui?"

"Stavo per farti la stessa domanda,"

L’indiano si affrettò a intervenire. "Per favore, per favore, ai clienti non è permesso conversare con le artiste. Sii gentile, Fifì, continua con il tuo numero."

"Sì, continua, Fifì," aggiunse Morris.

"Ma questo non è un cliente, è uno che conosco," ribatté Mary Makepeace. "Non mi spoglierei davanti a lui nemmeno per sogno. E poi non c’è nessun altro nella sala. Sarebbe una cosa indecente."

"Ma lo spogliarello deve essere indecente, altrimenti che senso ha?" disse Morris.

"Per favore, Fifì, comincia, forse arriveranno altri c1ienti,” supplicò l’indiano.

"NO," replicò Mary.

"Sei licenziata!" sbottò l’indiano.

"Va bene," disse Mary.

"Vieni a bere qualcosa con me?" domandò Morris.

“Dove?"

"All’Hilton?"

"Mi hai convinta," rispose Mary, passando al tu. "Vado a prendermi il cappotto."

Morris Zapp si affrettò fuori in cerca di un tassì. La serata sembrava essersi improvvisamente rianimata... e già pregustava uno scambio di idee molto intimo con Mary Makepeace nel calduccio della sua stanza d’albergo. Mentre il tassì si staccava dal marciapiede, Morris passò un braccio attorno alle spalle della ragazza.

"Cosa ci fa una brava ragazza come te in un postaccio come quello?" chiese. "Tanto per usare una frase fatta..."

"Spero sia chiaro che vengo semplicemente a bere qualcosa con te, caro il mio professor Zapp?"

"Certo," rispose lui in tono mellifluo, "a far cosa, se no?“

"In primo luogo ricordati che sono ancora incinta. Non ho abortito."

"Sono lieto di sentirtelo dire," rispose Morris con voce spenta, ritraendo il braccio.

"Lo immaginavo. Ma sia chiaro che non c’è stato nulla di etico nella mia decisione. Sono ancora convinta che una donna abbia il diritto di decidere del suo destino biologico."

"Davvero?"

"Ma all'ultimo momento ho avuto una fifa blu E’ stato per via dell’ospedale. Tutte quelle ragazze che si aggiravano in pantofole con le guance rigate di lacrime. Tutto quel sangue nelle tazze dei gabinetti..."

Morris fu scosso da un brivido. "Per favore, risparmiami i dettag1i," supplicò. "Ma cos’è questa storia dello spogliarello? Non è una forma di sfruttamento della donna?"

"Certamente, ma io ho un disperato bisogno di guadagnarmi il pane. Questa è l’unica attività che si possa svolgere senza un permesso di lavoro."

"Perché vuoi restate in questo schifoso paese?"

"Per avere qui il bambino. Voglio che abbia la doppia nazionalità, così potrà evitare di essere richiamato quando sarà grande."

"Come sai se sarà un maschio?"

"In ogni caso è meglio qui. In questo paese non si paga nulla per avere un bambino,"

"Ma per quanto ancora riuscirai a continuare questo lavoro? Oppure chiamerai il tuo numero: `Fifì, la cameriera con il pancione’?..."

"Vedo che il tuo senso dell’umorismo non è cambiato, Zapp."

"Faccio del mio meglio," ribatté Morris.

Nel frattempo, Philip stringeva amorosamente in mano il suo quarto gin-tonic e dopo aver studiato per più di due ore l’anatomia delle tre ragazze Pussycat go-go aveva raggiunto, così gli sembrava, un alto livello di conoscenza introspettiva del gap generazionale: si trattava della differenza d’età. I giovani erano più giovani. E quindi più belli. La loro pelle era più luminosa e avevano ancora i denti del giudizio, la pancia era piatta, il petto (ah!) sodo, le cosce (ah! ah!) non erano piene di venuzze come il formaggio danese blu. C’era una soluzione per colmare questo divario? Sì, la soluzione era l’amore, naturalmente. L’amore di ragazze come Melanie, disposte a concedere con generosità la loro carne giovane e soda a un vecchio tronco nodoso come lui, ridando così vigore alla linfa vitale, Melanie! Quanto sembrava semplice e buono il suo gesto, adesso, visto nella giusta luce del suo nuovo modo di percepire le cose e quanto sciocco era stato lui a complicarlo con i sentimenti e la morale.

Alla fine si alzò in piedi per andar via. Aveva di nuovo il formicolio al piede, ma il suo cuore era stracolmo di affetto per il resto dell’umanità. Uscendo dal Pussycat go-go, abbagliato dai raggi del sole che cadevano obliqui sulla Cortez Avenue e con passi incerti per il gin e il piede intorpidito, non si meravigliò affatto di scontrarsi proprio con Melanie Byrd, quasi questa si fosse materializzata sul marciapiede in ottemperanza ai suoi desideri.

"Ma... cosa, il professor Swallow!"

"Melaniel Mia cara ragazza!" esclamò Philip, afferrandola affettuosamente con tutt’e due le mani. "Dove sei stata? Perché sei fuggita lontano da me?"

"Non sono fuggita via da nessuno, professore."

"Philip, ti prego."

"Sono semplicemente rimasta qui in città con una persona"

"Un amico?" chiese Philip in tono ansioso.

"Un’amica. Suo marito è in prigione; è uno del gruppo Euphoria 99, li conosci? Lei si sente un po’ sola e allora..."

"Anch`io mi sento solo. Torna a Plorinus con me, Melanie!" supplicò Philip e alle sue orecchie le parole risuonarono cariche di passione e altamente poetiche.

"Be’, al momento sono piuttosto impegnata, Philip."

"Vieni a vivere con me e sii il mio amore. E noi tutti i piaceri gusteremo..." Philip citò Marlowe[16] avvolgendo la ragazza in un’occhiata lasciva.

"Ehi, professore, calmati," rispose Melanie, sorridendogli con aria preoccupata e cercando contemporaneamente di liberare le braccia dalla sua stretta. "Le ragazze go-go ti hanno fatto andare su di giri. Ma sono veramente tutte nude?"

"Completamente nude. Ma non sono belle come te, Melanie."

"Sei molto carino a dirmi questo," disse la ragazza sciogliendosi dall’abbraccio. "Adesso però devo proprio andare, ci vediamo," aggiunse, incamminandosi con passo svelto verso 1’incrocio tra Cortez Avenue e Main Street. Philip le zoppicò dietro. L`Avenue cominciava a essere intasata dal traffico. Le auto suonavano il clacson e rombavano sulla strada mentre sui marciapiedi la gente si urtava.

"Melanie! Non puoi sparire di nuovo. Hai dimenticato quello che è accaduto l’altra notte?"

"Devi proprio raccontarlo a tutti quelli che passano?"

Philip abbassò la voce. "E’ stata la prima volta che ho fatto una cosa simile."

La ragazza si arrestò di colpo e lo fissò con occhi sbarrati.

"Vuoi dire... che eri vergine?"

"Voglio dire, a parte mia moglie, naturalmente."

Con gesto amichevole Melanie gli posò una mano sul braccio.

"Mi spiace, Philip. Se mi fossi resa conto di quanto fosse importante la cosa per te, non mi sarei lasciata coinvolgere.”

"Immagino che per te non abbia significato nulla..." mormorò lui con amarezza, abbassando il capo. Il sole era calato dietro i tetti delle case e Philip rabbrividì sotto le improvvise folate di vento della baia. Ogni gioia era stata cancellata da quel pomeriggio.

"Sono cose che capitano quando si è un po’ gasati. E’ stato divertente, ma..." Melanie alzò le spalle.

"So di non essere stato all’altezza," farfugliò lui, "ma dammi un’altra possibi1ità."

"Philip, per favore!"

"Almeno vieni a cena con me. Dobbiamo parlare."

La ragazza scosse il capo. "Mi spiace, non posso. Ho un appuntamento."

"Un appuntamento? Con chi?"

"Oh, con un tale. In realtà lo conosco pochissimo e non voglio farlo aspettare”

"Che vai a fare con lui?"

Melanie sospirò. "Se proprio ci tieni a saperlo, vado ad aiutarlo a cercare casa. Pare che il suo compagno di stanza abbia fatto un 'viaggio' con l'LSD e abbia dato fuoco all’appartamento, ieri sera. Ci sentiamo, Philip."

"Potrebbe dormire in quella stanza in più che ho io, se vuoi," propose disperato Philip, aggrappandosi al suo braccio.

Melanie aggrottò la fronte ed ebbe un’esitazione. "Hai una camera libera?"

"Sì, solo per pochi giorni, finché trova una sistemazione. Fagli una telefonata per dirglielo e poi vieni a cena con me!"

"Puoi dirglielo tu stesso," rispose la ragazza. "E’ laggiù, davanti a Modern Times

Attraverso il fiume di macchine che vibravano sommessamente con i fari accesi, Philip aguzzò gli occhi in direzione di Modern Times, la libreria che era stata una volta il famoso quartier generale della generazione beat. Lì fuori, leggermente curvo per difendersi dal vento, con le mani affondate nelle tasche dei jeans, c’era Charles Boon.

3

LA CORRISPONDENZA

Hilary a Philip


Carissimo,


molte grazie per la tua lettera. Siamo stati tutti felici di sentire che eri arrivato bene, specialmente Matthew, che ha visto alla televisione delle immagini di un disastro aereo in America ed era convinto che si trattasse del tuo apparecchio. Ora è preoccupato per quel che gli hai detto della casa in cui abiti, che sta per scivolare in mare da un momento all’altro, perciò, per favore, spiegati meglio nella prossima lettera.


Spero che le ragazze al piano di sotto abbiano pietà del tuo stato di celibe e si offrano di lavarti le camicie, attaccarti i bottoni eccetera. Non riesco a immaginarti alle prese con quella lavatrice nel seminterrato.


Tra parentesi, mi dispiace, ma la nostra lavatrice sta facendo un terribile rumore stridente e il tecnico dice che stanno per rompersi i cuscinetti e la riparazione costerà ventuno sterline. Vale la pena o do dentro la vecchia, mentre funziona ancora, per una nuova?


Sì, il panorama lo ricordo proprio bene, anche se dall’altro lato della baia, naturalmente; ti rammenti quella buffa, piccola mansarda che avevamo a Esseph? Quando eravamo giovani e incoscienti... Be', non è il caso di diventare sentimentale adesso, con te a seimila miglia di distanza e io che devo ancora rigovernare.


Oh, prima che me ne dimentichi; non sono riuscita a trovare Impariamo a scrivere un romanzo da nessuna parte, né qui né in università, anche se nel tuo studio non ho potuto fare una ricerca veramente accurata perché è occupato da Mr Zapp. Non posso dire che mi sia simpatico. Ho chiesto a Bob Busby come si trovasse e lui mi ha risposto che pochissimi lo avevano visto, sembra che sia un tipo piuttosto taciturno e scostante, che trascorre la maggior parte del tempo chiuso nella sua stanza.


Strano il tuo incontro con quel briccone di Charles Boon sull'aereo e il fatto che abbia tanto successo laggiù. Gli americani sono piuttosto sempliciotti, vero?


Ti abbraccio con affetto.


Hilary


Désirée a Morris


Caro Morris,


grazie della tua lettera, davvero. L'ho gustata. ln particolar modo il pezzetto sul dottor O’Shea e i quattro diversi tipi di prese di corrente nella tua camera; e quando poi racconti del tabellone del dipartimento anche i bambini si sono divertiti a leggerti.


Suppongo che sia la prima vera lettera che abbia mai ricevuto da te. Cioè, a parte gli scarabocchi sulla carta degli alberghi per dirmi di venirti incontro all’aeroporto o di spedirti gli appunti per la conferenza. Ti ha fatto sembrare quasi umano, in un certo senso. Si vedeva benissimo che hai tentato disperatamente di essere brillante e affascinante. Ma va tutto bene, finché non abbocco. Non lo faccio, mi capisci, Morris? NON CI CASCO.


Non cambierò parere per il divorzio, perciò, per favore, non consumare il nastro della macchina per scrivere cercando di convincermi. Anzi, non astenerti, a causa mia, dall’avere rapporti sessuali. Cera un’allusione in questo senso nella tua lettera e mi dispiacerebbe se, quando tornerai, tu avessi la sensazione di aver buttato via per niente l’occasione di farti sei mesi di buone scopate.


A proposito, la Lotus Europa che hai già ordinato non è un’auto un po’ troppo giovanile per te? Ne ho vista una nel centro commerciale di Esseph ieri e, be', francamente è proprio un pene con le ruote, vero? Per quanto riguarda la Corvair, non mi sono dimenticata di attaccare un avviso alla Co-op l’altra settimana, ma finora vi è stata solo una telefonata e io sfortunatamente ero fuori. Ha risposto Darcy e sa Dio che cosa ha detto.


Il trimestre invernale comincia questa settimana e... Sorpresa, sorpresa! Ci sono sintomi di disordini al campus. Una bomba è esplosa nel cesso degli uomini al quarto piano del Dealer Hall la settimana scorsa, probabilmente intendevano farla scoppiare mentre uno dei tuoi colleghi faceva la cacca, ma l’edificio è stato evacuato in seguito a una soffiata Gli Hogan mi hanno invitato a uno schifoso cocktail, ma non ho parlato molto con nessuno degli invitati, c’era la solita folla di idioti più un nuovo elemento, Charles Boon dell’omonimo programma radiofonico. Ah, già, quasi mi dimenticavo, ho conosciuto il tipo che occupa il tuo posto, Philip Swallow. Ero un po’ sbronza al momento e ho continuato a chiamarlo Sparrow, ma l’ha presa bene, stringendo i denti. Gesù, se tutti gli inglesi sono come lui, non so come farai a sopravvivere. Non aveva neppure...


Coincidenza: proprio mentre stavo scrivendo l’ultima frase, ho guardato fuori della finestra e chi stava risalendo il viale se non Mr Swallow in persona? Non stava tanto camminando a dire il vero, quanto trascinandosi sulle mani e sulle ginocchia. Si era inerpicato fin qui a piedi dall’università; ha detto che sulla carta stradale non gli era sembrato così lontano e non si era reso conto che la via era praticamente verticale. E’ risultato poi che era lui il tizio che aveva telefonato per la Corvair ed era venuto a vederla. E’ stato molto imbarazzante per me averlo conosciuto dagli Hogan, perché ovviamente ho dovuto dirgli tutto di Nader eccetera. E naturalmente quindi ha deciso diversamente. In effetti mi dispiaceva per lui. Sembra che sia stato già convinto ad affittare una casa costruita in un’area di smottamento. Così, se poi avesse comprato anche la Corvair, il rischio statistico nella sua polizza assicurativa avrebbe raggiunto livelli schifosamente alti, sia se usciva sia se stava a casa.


E’ tutto molto tranquillo e piacevole qui senza di re, Morris. Ho girato il televisore verso il muro e passo un sacco di tempo a leggere e ad ascoltare musica classica. Caikovskij, Rimskii-Korsakov e Sibelius, tutto quel romanticismo slavo che hai cercato di farmi detestare fin dalla prima volta che ci siamo incontrati.


I gemelli stanno bene. Passano molto tempo nascosti insieme da qualche parte e suppongo che facciano qualche esperimento di genere sessuale, ma secondo me non posso farci nulla. La biologia è la loro grande passione del momento. Hanno poi mostrato anche un interesse per il giardinaggio, interesse che ho incoraggiato regalando loro un angolo soleggiato del nostro giardino scosceso. Ti mandano tutto il loro affetto. Sarebbe ipocrita da parte mia fare altrettanto.


Désirée


PS. No, non ho visto qui attorno Melanie. Perché non le scrivi tu stesso?


Hilary a Philip


Carissimo,


questa mattina è passato di qui un fattorino da parte di Johnson con un enorme mazzo di rose rosse che, secondo lui, avevi mandato tu per mezzo dell’Interflora. Ho detto che doveva esserci un errore, poiché non era il mio compleanno né altra ricorrenza, ma non ha voluto riportare i fiori al negozio.


Allora ho telefonato a Johnson e mi hanno risposto che, sì, li avevi ordinati proprio tu. Philip, c’è qualcosa che non va? Non è da te. Le rose in gennaio devono esserti costate un occhio della testa. Erano di serra, naturalmente, e stanno già sfiorendo.


Hai ricevuto la mia ultima lettera in cui ti scrivevo che non ero riuscita a trovare Impariamo a scrivere un romanzo? Mi sembra che sia passato un sacco di tempo dall’ultima volta che mi hai dato tue notizie. Hai già cominciato l’insegnamento?


Ho incontrato Janet Dempsey al supermercato e mi ha detto che Robin è deciso a trasferirsi altrove se non ottiene una promozione in questa sessione. Ma certamente non possono scavalcarti e dargli una cattedra di ruolo, non pensi? E molto più giovane. Scrivi presto, ti bacio con affetto.


Hilary


PS. Il rumore della lavatrice sta peggiorando.


Philip a Hilary


Tesoro,


mi sono sentito afflitto da un senso di colpa appena ho letto la tua lettera questa mattina. Mea culpa, però è stata una settimana piuttosto frenetica, con l'inizio della sessione o trimestre, come lo chiamano qui, e avevo sperato che le rose ti avrebbero rassicurato sul fatto che ero vivo, vegeto e ti pensavo. Al contrario, sembra che abbiano ottenuto l’effetto opposto. Ti confesso che la sera prima avevo ingurgitato una discreta dose di gin e forse le rose erano l'atto di ammenda. Il cocktail era offerto da Luke Hogan, il preside del dipartimento, la cui moglie si è servita del mio aiuto per convincere Charles Boon a intervenire e a essere il protagonista, una trovata di cui avrei fatto volentieri a meno. Fra gli ospiti c'era Mrs Zapp, piuttosto alticcia, di umore decisamente aggressivo. Non l’ho trovata simpatica, ma da allora, per una strana coincidenza, ho dovuto rivedere alquanto il mio giudizio a suo favore. Sono stato attirato da un annuncio circa una Chevrolet Corvair di seconda mano, che risultò essere la seconda macchina degli Zapp. Ma quando Mrs Zapp ha capito chi ero, mi ha detto che la Corvair è considerata un tipo d’auto poco sicura e con molta onestà mi ha consigliato di non acquistarla.


Gli Zapp vivono in una casa lussuosa, che era molto in disordine quando ci sono arrivato, in cima a una collina incredibilmente ripida. Ci sono anche due giovani Zapp, gemelli, che si chiamano un po' assurdamente Elizabeth e Darcy (Zapp è un cultore di Jane Austen, ovviamente -anzi è il cultore di Jane Austen secondo l'opinione di molta gente). Il pettegolezzo che circola qui è che il loro matrimonio è a pezzi, Mrs Zapp l’ha annunciato anche a me, probabilmente per giustificare i suoi modi bizzarri che, a quanto mi dici, sono anche una prerogativa del marito.


Il tasso di divorzio qui è straordinariamente alto. E’ piuttosto sconcertante quando si è abituati a vivere in un ambiente sociale più stabile. E’ altrettanto sconcertante il fatto che tutti, compresa Mrs Zapp, usino parolacce in continuazione, anche davanti ai bambini. Da principio fa una certa impressione udire le mogli degli insegnanti, e anche delle graziose ragazze, dire merda e va’ a farti fottere come si potrebbe dire accipicchia o maledizione. E quasi come la prima settimana sotto le armi.


Ti confesso che mi sono sentito un po' un novellino questa settimana quando sono andato a conoscere le classi affidatemi. Il metodo d’insegnamento è alquanto diverso e gli studenti sono molto più eterogenei di quanto non siano in Inghilterra Hanno letto le cose più strane e trascurano le più ovvie. L'altro giorno nella mia classe è venuto uno studente, decisamente sveglio, che pare abbia letto solo due autori, Gurdjieff (è così che si scrive?) e un tale di nome Asimov, ma non ha mai sentito parlare di E.M. Forster.


Sto insegnando in due corsi, il che significa che vedo due gruppi di studenti tre volte la settimana, per novanta minuti, o meglio lo farei se non ci fosse lo sciopero per gli studenti del terzo mondo. C’è un allievo che si chiama Wily (sic) Smith, che sostiene di essere negro, anche se in realtà la sua pelle non è più chiara della mia, che ha continuato a importunarmi dal giorno del mio arrivo perché gli permettessi di iscriversi al mio corso di composizione. Be', alla fine ho acconsentito e poi, alla prima occasione, che cosa pensi sia successo? Il sedicente negro Wily Smith ha arringato i compagni per convincerli ad appoggiare lo sciopero, boicottando le mie lezioni. Non c'era nulla di personale, naturalmente, come è stato così cortese da spiegarmi, ma mi è sembrata una bella sfacciataggine!


Be’, tesoro, spero che la lunghezza di questa lettera compenserà la mia negligenza di prima. Per favore, rassicura Matthew sul fatto che la mia casa non sta per scivolare in mare. Quanto a Robin Dempsey, penso sia improbabile che ottenga quest’anno una cattedra di ruolo, dato che le prospettive di promozione sono quelle che sono a Rummidge, ma non a causa della mia concorrenza, temo. Ha pubblicato un bel numero di articoli.


Ti bacio.


Philip


Morris a Désirée


Benissimo, allora sei decisa a divorziare da me, Désirée. D’accordo, odiami a , morte, ma non spezzarmi il cuore. Cioè, se devi proprio farlo, puniscimi, ma non c’è bisogno per questo di essere così sadica. A meno che tu non stia scherzando. Stai scherzando, vero? Non hai sul serio gettato al vento l’occasione di vendere la Corvair a Swallow? Non lo hai veramente consigliato di non comperarla? Proprio Swallow, che molto probabilmente è il solo acquirente possibile di una Corvair usata nello stato di Euphoria Se per caso il signor Swallow ci sta ancora pensando, telefonagli immediatamente, per favore, e proponigli di abbassargli il prezzo di un paio di centinaia di dollari. Offrigli anche i buoni benzina e un pieno, se serve.


Désirée, la tua lettera non ha fatto nulla per rallegrare una settimana pesante. Non è vero dopotutto che non ci sono studenti nelle università britanniche: questa settimana sono finalmente tornati dalle loro prolungate vacanze natalizie. Peccato, stavo appena cominciando ad ambientarmi. Ora l’insegnamento mi ha riportato al punto di partenza. Giuro che l’organizzazione che regna qui sarà la mia morte. Ho detto organizzazione? Be', e un Lapsus lingue. Non c’è organizzazione. Hanno invece ciò che chiamano corsi didattici. Tre studenti e io, un’ora alla volta. In teoria si dovrebbe discutere qualche testo che io ho assegnato. A quanto pare può trattarsi di qualsiasi cosa mi venga in mente, tranne per il fatto che la libreria universitaria non ha niente di ciò che mi viene in mente. Ma, supponendo che gli studenti e io ce la facciamo a trovare un accordo su qualche libro di cui si possano mettere insieme quattro copie, uno di loro alla fine scrive un saggio e lo legge ad alta voce agli altri. Dopo circa tre minuti gli occhi degli altri due prendono un'espressione assente e i loro corpi cominciano ad afflosciarsi sulle sedie. E’ evidente che hanno smesso di ascoltare. Io da parte mia cerco disperatamente di seguire, ma non riesco a capire una parola a causa dell’accento dialettale del tizio che legge. All’improvviso lui si ferma. "Grazie," dico, lanciandogli un sorriso riconoscente. Mi guarda con disapprovazione, mentre si soffia il naso, poi riprende a leggere dal punto in cui si era fermato, a metà frase. Gli altri due studenti si riscuotono per un po’, si scambiano occhiate e risatine. E’ il massimo dell'interesse che riescono a dimostrare. Quando il tizio che legge il saggio finalmente conclude, chiedo loro di commentarlo. Silenzio. Evitano il mio sguardo. Mi offro di commentate io stesso. Cade ancora il silenzio. E’ tutto così tranquillo che, come si usa dire, si potrebbe sentir crescere la barba dei ragazzi. Disperatamente pongo a uno di loro una domanda diretta. "Che cosa pensa del saggio, Miss Archer?" Miss Archer, in deliquio, cade dalla sedia.


Be’, per essere onesti, è accaduto solo una volta e c’entrava qualcosa con il ciclo mestruale della fanciulla il fatto che lei fosse svenuta, ma in un certo modo la cosa è sembrata emblematica.


Che tu ci creda o no, provo una certa nostalgia per gli intrighi di Euphoria. Ciò che servirebbe a questo posto e di diventare il bersaglio di qualche bomba. Potrebbero cominciare con il far saltare in aria il preside del dipartimento di inglese, un certo Gordon Masters, il cui principale interesse è uccidere selvaggina e appenderne le spoglie alle pareti del suo studio. E’ stato fatto prigioniero a Dunkerque e ha trascorso il periodo bellico in un campo di concentramento.


Non riesco a immaginare come i tedeschi lo abbiano sopportato. Manda avanti il dipartimento con molto dello spirito di Dunkerque, come una ritirata strategica contro forze schiaccianti, intendendo per tali gli studenti, gli amministratori, il consiglio di facoltà, i capelli lunghi dei ragazzi, le gonne corte delle ragazze, la promiscuità, gli schedari, le penne a sfera, in breve, tutto ciò che è moderno. Ho capito che era matto dalla prima volta che l'ho visto, o almeno mezzo matto, perché rivela la follia solo in un occhio ed è abbastanza astuto da tenerlo chiuso per la maggior parte del tempo, mentre ipnotizza i professori con l'altro. Ma loro non sembrano farci caso. La tolleranza di questa gente è tale da rivoltare lo stomaco.


Se noti una certa acredine nella mia prosa odierna e se per caso ipotizzi di qualche ferita inflitta a quel tenero virgulto che è il mio orgoglio, non ti sbagli di molto, Désirée, mia cara. Oggi sono stato in biblioteca a sfogliare le raccolte del Supplemento letterario del Times per cercarvi una certa cosa, quando del tutto per caso mi è capitata sott’occhio una lunga recensione di quella commemorazione di Jackson Milestone, a cui ho collaborato nel 1964, ricordi? No, naturalmente, tu lo fai di proposito di dimenticare tutto quanto ho scritto.


Comunque, fidati della mia parola, ho contribuito con un magnifico pezzo su Dialettica apollineo-dionisiaca nei romanzi di Jane Austen a quella pubblicazione, ma per qualche strana ragione non avevo mai visto prima d’ora questa particolare recensione. Naturalmente ho dato una rapida scorsa alle colonne della rivista per sapere se c'era qualche accenno alla mia collaborazione, e infatti eccolo: "...Riferendoci al saggio del professor Zapp..." e mi e bastata un’occhiata per rendermi conto che il mio pezzo è stato gratificato di un ampio commento.


Prove a immaginare di ricevere lettere anonime o telefonate oscene, o di scoprire che un sicario ti ha seguito tutto il giorno ovunque tu sia andata, puntandoti una pistola nel mezzo della schiena. Intendo dire, immagina la sorpresa di scoprite che nel mondo c’è tanta cattiveria che proviene da fonte sconosciuta rivolta proprio contro di te, senza che tu possa individuarne l’origine o giustificarla. Poiché questo tizio voleva davvero ferirmi, non era contento, cioè, di rovesciare il suo disprezzo sulle mie argomentazioni e sulla mia testimonianza letteraria, sulla mia precisione e sul mio stile, di dimostrare che il mio articolo era una specie di monumento di imbecillità e iniquità nel campo della cultura, ha voluto anche il mio sangue e le mie palle, ha voluto ridurre il mio ego in polpette.


Naturalmente non c‘è bisogno di dire che l’autore era completamente fuori di senno, che la sua relazione sul mio saggio era una buffonata e le sue argomentazioni personali cosparse di falsi presupposti ed errori tali che anche un bambino avrebbe potuto scoprire. Ma, ma... questo è l’inghippo, non c’è nulla che io possa fare. Intendo dire che non posso scrivere al Supplemento letterario del Times dicendo, come si usa solitamente: "La mia attenzione è stata attratta da una recensione pubblicata nel vostro giornale cinque anni fa…", sembrerei solo ridicolo. E’ questo che mi irrita di tutta la faccenda, lo scorrere del tempo. Per me è successo soltanto ora, ma per tutti gli altri ormai è storia.


Per tutti questi anni me ne sono andato in giro con una ferita che ignoravo mi fosse stata inflitta. Tutti i miei amici devono aver saputo, devono aver visto il coltello che mi sporgeva fra le scapole, ma nessun figlio di puttana ha avuto la decenza di riferirmelo. Avevano paura che staccassi a morsi le loro fottute teste, probabilmente, e lo avrei fatto, ma in fondo a che servono gli amici? E il mio nemico chi è? Qualche studente del Ph.D. che ho bocciato? Qualche erudito inglese, il cui libro ho liquidato con una nota a fondo pagina? Qualche tizio la cui madre ho investito con la mia auto senza accorgermene? Ricordi, Désirée, un sobbalzo particolarmente violento sulla strada, mentre guidavo da qualche parte quattro o cinque anni fa?


Désirée, la tua preoccupazione che io debba avere una vita sessuale piena mentre sto qui è commovente, ma dovresti pensarci due volte prima di mettere per iscritto questi pensieri generosi: potrebbero danneggiare la tua domanda di divorzio, anche se continuo a sperare che il nostro problema coniugale non sia irrisolvibile. In ogni caso, non sono disposto ad approfittare della tua gentile concessione. Qui è inverno, Désirée, il periodo stagionale morto, quando la linfa è al suo livello più basso.


Parlami di più dei gemelli. O, meglio, chiedi loro di scrivere due righe al loro vecchio papà, se il sistema scolastico di Euphoria impartisce ancora un tipo d’istruzione superato come la scrittura. E’ però interessante la storia del giardinaggio. O’Shea è ciò che potresti definire un pioniere in questo campo. Crede nella coltivazione lasciata al caso. Il suo cortile è un’area incolta di erbacce e cataste di carbone, sgangherati equipaggiamenti sportivi e carrozzine senza ruote, cavoli, vasche per uccelli sporche di terra e grandi alberi tristi che muoiono a poco a poco di qualche misteriosa malattia. So come devono sentirsi.


Ti bacio.


Morris


PS. Ho scritto a M., ma la lettera è tornata indietro con il timbro SCONOSCIUTO. Cerca di darmi il suo nuovo indirizzo, per favore, guardando nell’archivio del rettore.



Hilary a Philip


Carissimo,


tante grazie della tua lunga e interessante lettera. Peccato però che tu abbia dovuto metterci quelle parolacce, perché non ho potuto farla leggere ad Amanda, anche se lei mi ha tormentata per giorni. Sei un po’ incosciente, caro, non ti sembra? Naturalmente i bambini ci tengono a leggere le tue lettere e ti dirò che mi è sembrato proprio fuori luogo che tu ce le abbia introdotte.


Non mi hai detto, fra l’altro, che c'è stata l’esplosione di una bomba nel tuo edificio, poco dopo il tuo arrivo, ma immagino che tu non abbia voluto farci stare in pensiero. Sei stato in pericolo? Se le cose peggioreranno ancora, dovrai davvero tornare a casa e all’inferno i soldi!


Tra l’altro, dal momento che non hai risposto alla mia domanda riguardo alla lavatrice, ne ho comprata una nuova. E’ completamente automatica e piuttosto costosa, ma è eccezionale.


Ho saputo della bomba da Mr Zapp. Un incontro molto strano, di cui ti devo parlare. Ha fatto un salto qui l`altra sera, portando Impariamo a scrivere un romanzo, che alla fine ha trovato nel tuo studio. Era il momento più inopportuno per venire, verso le sei, proprio mentre stavo per portare in tavola la cena, ma ho capito che dovevo invitarlo a entrare, dato che si era preso il disturbo di portarmi il libro e sembrava piuttosto patetico in piedi nel fango fuori della porta d’ingresso, con addosso le calosce e un assurdo cappello del tipo di quelli dei cosacchi. Non ho dovuto pregarlo, mi ha quasi travolto nella foga di entrare in casa. L'ho fatto accomodare nella stanza sul davanti per offrirgli uno sherry, un po’ alla svelta, ma era gelida come un iceberg (non mi preoccupo di accendervi il fuoco, ora che tu non ci sei), così ho dovuto condurlo in sala da pranzo, dove i bambini stavano cominciando a litigare perché erano affamati. Gli ho domandato se gli rincresceva finire il suo drink, mentre servivo la cena ai bambini, sperando che le mie parole gli suggerissero di andarsene al più presto; ma lui ha risposto di no, che non gli rincresceva e che dovevo mangiare anch’io, si è tolto il cappello e il soprabito e si è seduto a fissarci. Intendo proprio dire fissarci. I suoi occhi seguivano ogni movimento dal piatto di portata ai nostri piatti, alla bocca. Ero molto imbarazzata. I bambini erano diventati stranamente silenziosi e vedevo Amanda e Robert che si guardavano l’un l'altra e arrossivano in viso, mentre scoppiavano in risatine soffocate. Alla fine ho dovuto chiedergli se gli sarebbe piaciuto unirsi a noi, a tavola.


Non penso di aver mai visto una persona dalla corporatura così massiccia muoversi con tanta rapidità. E’ stata una vera fortuna che avessi cucinato un pezzo di carne piuttosto grosso perché non ne è rimasta molta attaccata all`osso, dopo che Mr Zapp ha preso la sua terza porzione. Anche se i suoi modi a tavola lasciavano parecchio a desiderare, non gli ho davvero lesinato il cibo, dal momento che era palesemente bramoso di una buona cucina casalinga.


Ha anche fatto del suo meglio per intrattenere i bambini e ha avuto davvero un gran successo con Amanda, perché pare sappia tutto delle sue canzoni pop preferite, i nomi dei cantanti e i titoli dei dischi, quanto sono saliti nella hit parade e così via, il che a me è sembrato proprio straordinario per un uomo della sua età e professione, ma ha impressionato i bambini enormemente, specialmente Amanda, come ti ho detto.


Immaginavo però che avrebbe avuto il tatto di battersela abbastanza presto dopo cena e ho servito il caffe immediatamente, con fare allusivo. Ma non ho avuto questa fortuna. Se n’è rimasto ancora seduto a raccontare storie, devo ammettere piuttosto spassose, sulla strana famiglia in cui vive (un dottore che si chiama O`Shea, ne hai sentito parlare?), finché alla fine ho dovuto mandare Matthew a letto e Robert e Amanda a fare i compiti.


Quando ho cominciato ostentatamente a sparecchiare la tavola ha insistito per aiutarmi a rigovernare. Chiaramente non aveva la più pallida idea di come si facesse, e ha rotto due piatti e un bicchiere prima che riuscissi a fermarlo.


A questo punto ho cominciato a farmi prendere un po' dal panico, e intanto mi chiedevo se sarei mai riuscita a mandarlo fuori di casa. Poi all’improvviso lui è cambiato completamente. Mi ha chiesto dove fosse il gabinetto e quando e tornato era completamente vestito per uscire e accigliato in volto. Ha grugnito un arrivederci e un secco ringraziamento, poi si è precipitato fuori nella tormenta di neve. Ha messo in moto l’auto e mollato la frizione troppo alla svelta e, come risultato, si e impantanato nel fango. Sentivo le ruote girare a vuoto e il motore gemere, finché non sono riuscita più a sopportarlo. Allora ho indossato la pelliccia e gli stivali e sono uscita per dargli una spinta. Sono stata molto brava a tirarlo fuori, ma, durante l’operazione, ho perso l’equilibrio e sono caduta a gambe all’aria.


Mentre mi tiravo su da terra, l'ho visto scomparire dietro l’angolo slittando in maniera incontrollata e non si e neppure fermato per dirmi grazie. Se Mrs Zapp vuol divorziare da lui, ha tutta la mia simpatia.


Questa mattina ho rivisto Janet Dempsey (è come se avessimo deciso insieme di fare la spesa al supermercato lo stesso giorno) e mi ha detto che Robin è sicuro di essere nell’elenco di Gordon per le nomine alle cattedre di ruolo. Tu ci sei? Quel che più mi da fastidio è come Janet dia per scontato che io debba essere esultante per la carriera di suo marito, alla stessa maniera in cui lo è lei, e mi irrita anche il modo ostentato con cui non allude mai alla tua, né si informa al riguardo, come se tu fossi una questione chiusa. Il professor Zapp sostiene che devi sforzarti di farti avanti nell’ambiente universitario, che nessuno ottiene niente se non lo chiede e io sono propensa a dargli ragione.


Vuoi ancora che ti spedisca Impariamo a scrivere un romanzo? Che libretto buffo! C’è un intero capitolo dedicato a come stendere un romanzo epistolare, ma certamente nessuno l’ha più fatto dal diciottesimo secolo in poi, no?


Bacioni da tutti noi


Hilary


Philip a Hilary


Tesoro,


tante grazie della tua lettera. Che tipo straordinario deve essere quello Zapp! Spero che non ti infastidisca più. Francamente, più ne sento parlare, meno mi piace. Preferirei in particolare che Amanda non lo vedesse più, se non è assolutamente inevitabile. Il fatto è che quell’uomo è del tutto amorale quando ci sono di mezzo le donne, anche se non è, a quanto ne so, un Adone.


Sento che potrebbe avere un'influenza pericolosamente deviante su una ragazzina sensibile dell’età di Amanda. Così almeno deduco dal racconto di Mrs Zapp che, durante un ricevimento pieno di gente sbronza e chiassosa a cui siamo stati invitati entrambi sabato scorso, mi ha enunciato un elenco dei peccati del marito. I nostri ospiti erano Sy e Bella Gootblatt. Lui è un giovane professore associato di questa università, molto brillante, credo, che ha scritto un trattato esauriente su Hooker. C’erano gli Hogan e altre tre coppie, tutti del dipartimento di inglese, il che può aver l’aria di una cosa un po’ troppo ristretta, ma devi pensate che il dipartimento di inglese qui è vasto come tutta la facoltà di lettere di Rummidge.


Il ritmo di una cena a Plotinus richiede un po’ di tempo per abituarvisi. Per cominciare, l’invito per le otto significa per le otto e trenta o le nove, come ho capito dalla costernazione dipinta sul viso del mio ospite, quando sono apparso sulla soglia di casa sua un minuto dopo l’ora stabilita; e perfino quando tutti gli invitati sono riuniti c’è ancora molto tempo da dedicate al bere, prima di sedersi effettivamente a tavola. Durante tutto questo periodo la padrona di casa (Bella Gootblatt, in camicetta trasparente e sgualciti pantaloni svasati di velluto) porta dalla cucina deliziosi bocconcini: salsicce arrotolate con pancetta croccante, fonduta, salse di panna acida, teneri cuori di carciofo, pesce affumicato e simili appetitose squisitezze, così da aumentate la sete e gustare abbondanti cocktail a base di whisky e daiquiri, preparati dal padrone di casa. La conseguenza è che, quando finalmente ci si siede a tavola, circa alle undici di sera, tutti sono completamente ubriachi e non hanno più fame. Il cibo è mezzo rovinato per essere stato tenuto in caldo per tanto tempo. Gli ospiti bevono vino in grande abbondanza, per tentare di cacciar giù una quantità accettabile di vivande, e così diventano più ubriachi che mai. Tutti gridano a squarciagola e raccontano freneticamente barzellette, ridono sguaiatamente e poi qualcuno finisce col dire qualcosa di un po’ troppo offensivo e all’improvviso tira aria di massacro.


Mrs Zapp a cena era seduta accanto a me. Quando eravamo ancora a tavola davanti al caffè e ai resti di un gateau al cioccolato, dolce in modo nauseante, ho tentato di bloccate il flusso dei suoi ricordi intimi, insegnando alla compagnia a giocare a "Umiliazione". Ricordi quel mio vecchio gioco? Non hai idea di quanto sia stato difficile far capire loro il concetto base. Al primo giro hanno continuato a elencare i libri che avevano letto e che pensavano che tutti gli altri non avessero letto. Ma quando finalmente ne hanno afferrato il senso, hanno cominciato a giocare con uno zelo quasi eccessivo, specialmente un tipo giovane che si chiama Ringbaum che ha concluso la serata con una terribile lite con il nostro ospite e ha lasciato la casa tutto risentito. Noialtri ci siamo trattenuti ancora per circa un’ora, soprattutto (almeno per quanto riguardava me, che ero proprio stremato) per allentate la tensione creata da questo episodio increscioso con Ringbaum.


Mi chiedi della bomba, già, pensavo che non fosse il caso di darti una preoccupazione, parlandotene. L’incidente non si è ripetuto, anche se nel campus c’è ancora un bel po’ di scompiglio per lo sciopero. Mentre ti scrivo, seduto nel mio "ufficio", come lo chiamano, sento i canti che si elevano dai picchetti davanti all’entrata del Mather, proprio sotto la mia finestra: C’E’ SCIOPERO,


CHIUDETE. C’E’ SCIOPERO, CHIUDETE! Uno slogan molto strano in un ambiente accademico. Al cancello di tanto in tanto c’è uno scontro fra i picchetti e la gente che cerca di passare, allora la polizia del campus interviene e qualche volta lo fanno anche le forze di polizia di Plotinus e di solito c’è un tafferuglio e qualche arresto. Ieri la polizia ha fatto irruzione nel campus, con gli studenti che correvano in tutte le direzioni.


Ero seduto alla mia scrivania a leggere Lycidas[17] quando Wily Smith si è precipitate nello studio e ha chiuso la porta dietro di sé, appoggiandovisi contro con gli occhi chiusi, proprio come nei film. Portava un casco da motociclista per difendersi dai manganelli della polizia (sfollagente, come li chiamane con termine alquanto minaccioso) e aveva la faccia lucida di vaselina, che si pensa serva a proteggere la pelle dai gas lacrimogeni. Gli ho chiesto che cosa volesse e mi ha risposto che desiderava consultarmi. Avevo i miei dubbi in proposito, ma in ossequio al mio dovere gli ho rivolto domande circa il suo romanzo sul ghetto. Ha risposto distrattamente rizzando le orecchie ad ascoltare i rumori provocati dalla polizia nell'edificio. Poi mi ha chiesto se poteva usare la mia finestra. Gli ho risposto: "Si, certo." Ha scavalcato il telaio ed è sceso sul balconcino. Dopo pochi minuti mi sono affacciato, ma era scomparso. Probabilmente avrà trovato una finestra aperta lungo il cornicione e se ne sarà andato così. Il rumore a poco a poco si è affievolito e io sono andato avanti a leggere Lycidas…


Non ho idea se io sia stato proposto per una nomina a una cattedra, ma preferisco rimanere nell’ignoranza, per non avere poi la mortificazione di sapere che sono stato definitivamente bocciato. Se Dempsey vuole ficcare il naso in queste faccende, lascialo fare. Da parte mia credo che ci sarebbe molto da dire sul metodo inglese e le sue manovre occulte a favore di queste o di quello.


Qui per esempio è una vera giungla, in cui i più deboli falliscono. C’è stata una rissa spaventosa, proseguita per tutta questa settimana, per un problema di nomine che ha coinvolto anche Ringbaum, e io sono felice di esserne fuori.


Sarai sorpresa di apprendere che Charles Boon al momento vive con me. Ha dovuto lasciare il precedente alloggio di punto in bianco per un incendio e gli ho offerto di ospitarlo provvisoriamente, dietro richiesta della sua ragazza, che vive qui sotto. Non posso dire che si sia dedicato con molta foga alla ricerca di un nuovo appartamento, ma non mi da molto disturbo, perché dorme praticamente tutto il giorno e di notte è fuori.


Ti abbraccio.


Philip


Morris a Désirée


Che aspetto ha, Désirée, per l’amor del cielo? Che tipo di uomo è? Intendo Swallow. I canini gli sporgono sopra il labbro inferiore? La sua stretta di mano è fredda e viscida? I suoi occhi hanno un bagliore omicida?


L'ha scritta lui, Désirée, ha scritte lui quella recensione, per un dispetto del tutto gratuito, in un giorno di sole di cinque anni fa ha intinto la penna nel fiele e l’ha conficcata nel cuore del mio splendido parto letterario. Non posso dimostrarlo ancora, ma le prove indiziarie sono schiaccianti.


Quando penso che l'hai dissuaso dall’acquistare la Corvair!... la perfetta vendetta! Désirée, come hai potuto?


Ho trovato una copia di quella pubblicazione, capisci, a casa sua. Nel cesso, per essere esatti. E’ un cesso anche molto strano, una stanza grande, evidentemente destinata originariamente a qualche altro scopo, forse una sala da ballo, in cui il wc è stato sistemato su di un piedistallo in un angolo. Un pavimento piastrellato e una piccola lampada a olio, che arde per impedire alle condutture dell'acqua di gelare, danno a tutto il posto un'atmosfera claustrale, leggermente spettrale. Ci sono libri anche lì, non scelti appositamente per essere letti sulla tazza, ma in quanto straripano nel resto della casa, che è praticamente rivestita di orrendi vecchi libri, che puzzano di muffa e di sterco di tignole. Quel libro di Milestone è rimasto a fermentare nel mio subconscio, fin da quando ho letto quella recensione nel Supplemento letterario del Times, così ho riconosciuto immediatamente la rilegatura e le lettere dorate. Una strana coincidenza, ho pensato fra me, mentre prendevo il volume dallo scaffale, perché, in fondo, quel libro non era quel che si dice un successo mondiale, e l'ho sfogliato mentre sedevo sulla tazza. Immagina l'emozione quando sono arrivato al mio articolo e ho trovato che i passaggi che erano stari segnati corrispondevano esattamente a quelli citati dal recensore del Supplemento letterario del Times,. Prova a pensare all’effetto sul mio intestino.


Perché non mi scrivi più, Désirée? Sono qui solo, in queste lunghe notti inglesi. Proprio per darti un’idea di come sono solo, questa sera andrò al seminario degli insegnanti del dipartimento di inglese per ascoltare una conferenza sulla linguistica e la critica letteraria


Ti bacio.


Morris


Désirée a Morris

Caro Morris,

se proprio lo vuoi sapere, Philip Swallow é alto circa un metro e ottantatré centimetri e pesa, direi, circa sessantaquattro chili, cioè è alto, scarno e curvo. Tiene la testa piegata in avanti, come se troppo spesso l'avesse picchiata sulla cornice della porta. I capelli sembrano molli e opachi come l'ovatta per lucidare le scarpe prima dell’uso e stanno abbondantemente scomparendo dalle tempie. Ha la forfora, ma chi non ce l’ha? Ha begli occhi. Non posso dire assolutamente nulla a favore dei suoi denti, però non sporgono come zanne. La sua stretta di mano è di una temperatura normale, anche se un po’ flaccida. Fuma una di quelle pipe brevettate ad aria fredda che gli macchia di tabacco tutte le dita.

Ho avuto l’occasione di osservare tutto ciò perché ero seduta accanto a lui a cena sabato scorso. I Gootblatt mi avevano invitata. Pare che siano tutti d’accordo nel pensare che io sia sola in tua assenza e quindi devo essere invitata.

Ne è venuta fuori una serata proprio sensazionale, con il nostro amico Swallow al centro dell’azione.

Poiché il suo spirito britannico voleva prodigarsi per raddrizzare quella che sembrava destinata a essere una serata noiosa, ci ha insegnato un gioco che si vanta di aver inventato lui e che si chiama "Umiliazione". Gli ho assicurato di essere sposata con il "campione del mondo"; ma no, ha risposto, si trattava di un gioco che si vince umiliando se stessi. In sostanza ognuno nomina un libro che non ha letto, ma che da per scontato che gli altri abbiano letto, e si ottiene un punto per ogni giocatore che l'ha effettivamente letto. Afferri? Be’, Howard Ringbaum non c’è riuscito. Tu conosci Howard, ha un desiderio patologico di successo e un timore altrettanto patologico di essere ritenuto incolto, e questo gioco ha messo le sue due ossessioni in lotta l’una contro l’altra, poiché poteva vincere la partita solo rivelando qualche lacuna nella sua cultura. Dapprima la sua psiche non riusciva proprio ad assimilare il paradosso e ha nominato un libro del diciottesimo secolo così sconosciuto che non riesco a ricordarne neppure il titolo. Naturalmente è arrivato ultimo nel punteggio finale e ha messo il broncio. Ha dichiarato che era un gioco stupido e si è rifiutato di partecipare al giro successivo. "Passo, passo," ha detto con un sogghigno beffardo, come Mrs Elton a Box Hill (forse non leggo i tuoi libri, Zapp, ma ricordo abbastanza bene la mia Jane Austen). Mi sono però accorta che seguiva la partita con molta attenzione, corrugando le sopracciglia e attorcigliandosi il tovagliolo fra le dita, come se finalmente cominciasse a essergli chiaro il significato del gioco.

In realtà, è abbastanza complicato, una specie di poker intellettuale, che mette a nudo le magagne.

Per esempio, è saltato fuori che Luke Hogan non aveva mai letto Il Paradiso riconquistato[18]. Capisco che non sia il suo campo, ma essere preside del dipartimento di inglese a Euphoric State senza aver mai letto Il Paradiso riconquistato ti dà da pensare, no? Ho capito che Howard stava entrando in gioco, diventando lievemente pallido, quando ha compreso che Luke stava dicendo la verità.

Be', al terzo giro Sy stava conducendo la gara con Hiawatha[19] poiché Mr Swallow era la sola persona oltre a lui che non l'avesse letto, quando all’improvviso Howard ha battuto il pugno sul tavolo, ha proteso la mascella di quasi due metri e ha esclamato: "Amleto!"

Be', ovviamente ci siamo messi tutti a ridere, anche se non sembrava una gran battuta. In realtà non lo era affatto. Howard ha ammesso di aver visto il film con Laurence Olivier, ma di non aver mai letto il testo di Amleto. Naturalmente nessuno gli ha creduto e ciò lo ha gettato nella disperazione. Ha detto che noi lo pensavamo un bugiardo e Sy gli ha fatto capire che era più o meno così. Dopo di che Howard è andato su tutte le furie e ha insistito a voler giurare di non aver mai letto quell’opera. Sy si è scusato a denti stretti per aver dubitato delle sue parole, Nel frattempo, è naturale, era sparita ogni traccia di euforia a causa dell’imbarazzo. Howard se n’è andato e noi abbiamo giocato ancora un po’, cercando di fingere che non fosse accaduto nulla.

Un incidente gustoso, devi ammetterlo, ma aspetta che ti racconti il seguito, Howard Ringbaum inaspettatamente ha perso la riconferma dell'incarico tre giorni dopo e tutti hanno pensato che fosse perché il dipartimento di inglese non osava dare una carica a un uomo che aveva ammesso pubblicamente di non aver letto Amleto. La storiella ha girato per tutto il campus, logicamente, e c’è stato anche un paragrafo che vi alludeva nell’Eupboric State Daily. Inoltre, poiché si era creato un inatteso vuoto nel dipartimento, è stato ripreso in considerazione il caso Kroop e alla fine gli hanno offerto l’incarico.

Non so se abbia letto o no Amleto, ma nessuno glielo ha chiesto. Gli studenti sono folli di gioia. Ringbaum è convinto che Swallow abbia tramato per screditarlo di fronte a Hogan. Quanto a Mr Swallow é beatamene all’oscuro della propria responsabilità in tutta la drammatica vicenda.

Mi dispiace doverti rivelare che l'improvvisa mania dei gemelli per il giardinaggio è risultata essere un tentativo di coltivare la marijuana. Ho dovuto sradicare tutte le piante e bruciarle prima che i piedipiatti venissero a saperlo.

Mi hanno detto che Melanie non si è iscritta questo trimestre, così non ho potuto avere il suo indirizzo dall’università.

Désirée

Hilary a Philip

Carissimo,

questa mattina mi sono presa un terribile spavento. Bob Busby mi ha telefonato per chiedermi come stavi. Ho risposto che stavi bene per quanto ne sapevo, e lui ha soggiunto: "Magnifico! Allora è uscito dall'ospedale?" E mi ha confidato una storia spaventosa che aveva appreso dagli studenti: che tu eri stato preso come ostaggio da una banda di feroci Pantere Nere e tenuto fuori da una finestra del quarto piano appeso per le caviglie e che alla fine, quando la polizia ha fatto irruzione nell’edificio sparando all’impazzata con le pistole, ti hanno colpito a un braccio. E’ stato solo verso la metà di questo terrificante racconto che ho capito che si trattava di una versione deformata e infiorata di un aneddoto della tua ultima lettera, che presumibilmente io stessa ho messo in circolazione. Forse ne ho accennato a Janet Dempsey.

Incidentalmente Bob mi ha anche detto che Robin si è preso una tremenda lezione da Morris Zapp nell’ultimo seminario di docenti. Sembra che Mr Zapp, malgrado un certo aspetto da uomo di Neanderthal e i suoi modi zotici, in realtà sia veramente informato su persone come Chomsky, Saussure e Lévi-Strauss con cui Robin aveva umiliato voi tutti, o almeno ne sa abbastanza da far fare a Robin la figura dello sciocco. Intuisco che i presenti abbiano ricavato una gran soddisfazione dalla piega presa dalla riunione. Comunque, ho cominciato a pensare a Morris Zapp con maggior benevolenza, il che è stata una fortuna per lui quando ieri sera è capitato di nuovo qui, per chiedermi un favore un po’ particolare.

Gli ci è voluto un sacco di tempo per arrivare al punto. Ha continuato a guardarsi attorno nella stanza e a chiedermi della casa, di quante camere ha e se non mi sentissi troppo sola a starmene per conto mio, finché ho cominciato ad aver paura che volesse trasferirsi da noi. Ma no, è risultato che cercava una sistemazione per un’amica, una giovane signora, e si chiedeva se potevo accondiscendere, come favore speciale, a darle ima stanza in affitto. Gli ho risposto che un tempo tenevamo degli studenti in casa, ma avevamo trovato la cosa così disastrosa, che avevamo giurato di non aver mai più altri inquilini. Mi è sembrato un po’ abbacchiato a queste parole, così gli ho chiesto se aveva dato un’occhiata ai giornali di Rummidge. Ha scosso la testa tristemente e mi ha risposto che non c`era nulla da fare: aveva già provato a diversi indirizzi e nessuno voleva prendere la ragazza. La gente era prevenuta contro di lei, ha affermato. Gli ho domandato, impietosita, se fosse di colore. No, ha risposto che era incinta.

Be', dopo tutto ciò che mi hai scritto nella tua ultima lettera sulla reputazione di Mr Zapp, ho tratto le mie conclusioni, che dovevano essere scritte sulla mia faccia in modo abbastanza evidente, perché si è affrettato ad assicurarmi che non era lui il responsabile. L’aveva incontrata sull’aereo venendo qui e lui era la sola persona che lei conoscesse in Inghilterra, così gli si e rivolta per aiuto. E’ una ragazza americana venuta in Inghilterra per abortire, ma all'ultimo momento ha deciso di rinunciare a farlo. Vuole avere il bambino in Inghilterra perché così avrebbe la doppia nazionalità e, se fosse un maschio, non dovrebbe fare il servizio di leva, nel caso in cui la guerra del Vietnam fosse ancora in corso tra vent’anni. Ha lavorato per un po' senza regolare aurorizzazione a Soho come cameriera, ma ha dovuto smettere perché la gravidanza è diventata evidente. E poi le hanno anche rubato del denaro.

Questa storia mi è sembrata così incredibile che mi sono chiesta se non potesse averla inventata. Non sapevo che pensare. Gli ho chiesto dove fosse la ragazza, e con mio grande stupore mi ha risposto che era fuori in macchina. Be', era una notte gelida, così gli ho detto di portarla in casa. E’ uscito veloce come un razzo e io l’ho seguito alla porta d'ingresso. Pareva la scena di un romanzo vittoriano... la neve, la donna che ha peccato eccetera... ma con svolgimento contrario, perché lei stava entrando al coperto, invece di essere cacciata fuori.

Riesci a capirmi? Confesso di essermi sentita un filino romantica mentre lei varcava la soglia con i fiocchi di neve che si scioglievano fra i suoi lunghi capelli biondi. Stava diventando livida dal freddo, poverina, praticamente ammutolita per lo stesso motivo o per timidezza. Si chiama Mary Makepeace. Al momento non mi è sembrato che ci fosse altro da fare che invitarla a restare per la notte, così ho fatto un po’ di minestra (il professor Zapp ne ha divorato tre scodelle) e l’ho spedita a letto con una borsa d'acqua calda. A Mr Zapp ho detto che le avrei permesso di restare qualche giorno finché non si fosse deciso qualcosa, ma che non potevo impegnarmi a tenerla a tempo indefinito.

Tuttavia sto seriamente pensando di farla restare. Sembra una ragazza molto carina e mi farebbe compagnia la sera. Sai che qualche volta di notte ho paura? Sono sciocca, lo so, ma è così. Devo vedere se conoscendoci più intimamente andiamo d'accordo, naturalmente, e non ho fatto promesse. Ma se Mary si fermasse, immagino che tu non avresti obiezioni. Paga per il vitto e l'alloggio ovviamente, a quanto pare non ha perso tutto il denaro, e Mr Zapp ha insistito molto sul fatto che l'avrebbe aiutata finanziariamente. Penso se lo possa permettere. Ieri guidava un’auto sportiva bassa e lunga di color arancione dall'aria costosa, che dovrebbe sostituire quella che tu non gli hai comprato.

Spero tra parentesi che Charles Boon contribuisca al tuo, di affitto. Un accenno in questo senso servirebbe a liberarti di lui.

Bacioni.

Hilary

PS Mr Zapp mi ha detto specificatamente che, se ti ho scritto di Mary, dovresti considerare ogni notizia su di lei come riservata

Philip a Hilary

Tesoro,

solo due righe in fretta per dirti che ci penserei su molto attentamente prima di prendere in casa questa donna di Zapp. E certamente è la donna di Zapp. Se poi il padre del bambino sia lui o no, è un’altra faccenda, ma non riguarda la probabile natura dei loro rapporti. Posso capire che tu ti senta dispiaciuta per la ragazza e desideri aiutarla, ma penso che tu debba tener conto di te stessa e dei bambini, specialmente di Amanda. Adesso è in un’età molto delicata e fragile, hai riflettuto sulle conseguenze che avere una ragazza madre in casa potrebbe provocare? Lo stesso principio vale per Robert. Non riesco a credere che sarebbe un’esperienza positiva per i bambini. Poi Zapp continuerebbe senza dubbio a entrare e uscire da casa a tutte le ore del giorno e forse anche della notte. Ci hai riflettuto? Io sono una persona abbastanza tollerante, ma mi rifiuto di offrire in casa mia una camera a Mr Zapp per andare a letto con la sua donna incinta e mi chiedo se saresti all'altezza di gestire una situazione simile, qualora ti si presentasse. Poi, che ti piaccia o no, bisogna sfidare le chiacchiere della gente, e non intendo solo i vicini, ma anche l’ambiente dell’università. ln definitiva, non sono favorevole a questa soluzione. Ma, naturalmente, devi fare ciò che ritieni meglio.

La situazione qui sta peggiorando. Sono state fracassate delle finestre, gli schedari di una delle piccole biblioteche specializzate sono stati sparpagliati sul pavimento. A mezzogiorno c'è sempre lo scontro di rito che io osservo dal balcone del mio studio. Una gran folla di studenti ostile alla polizia, anche se non del tutto solidale con gli scioperanti, si riunisce a guardare il costituirsi dei picchetti. Alla fine qualcuno viene spintonato, interviene la polizia, la folla ulula e schiamazza, si lanciano sassi e dalla mischia escono di corsa i poliziotti, trascinandosi dietro qualche malcapitato studente, che portano momentaneamente in cella nell’edificio dell’amministrazione, inseguiti dalla folla tumultuante. Al sicuro sul mio balcone, mi sento piuttosto vigliacco, come quegli antichi re che osservavano le battaglie in corso da torri appositamente costruite. A casa poi si rivede il tutto al telegiornale delle televisioni locali. E il mattino successivo ci sono resoconto e foto nell’Euphoric State Daily, che e il giornale del campus, preparato con incredibile velocità e professionalità dagli studenti, che fa sembrare il nostro Rumble, tra l’altro solo settimanale, un prodotto piuttosto dilettantesco.

Ti bacio.

Philip

PS. Spero tu capisca che Mary Makepeace è quasi certamente agli occhi della legge un’immigrata clandestina e che tu porresti andare nei pasticci

Hilary a Philip

Caro Philip,

tanto vale che venga subito al punto. Ho ricevuto da Euphoria quella che credo si chiami lettera intrisa di veleno, cioè una lettera anonima. Dice che tu hai una relazione con la figlia di Morris Zapp. So che non è vero, ma, ti prego, scrivimi subito e dimmi che non è così. Continuo a scoppiare in lacrime e non posso dire a nessuno il perché.

Ti bacio.

Hilary

XY42 AB 151 INTL PLOTINUS EUPH 60 9

WESTERN UNION

MRS HILARY SWALLOW

49 ST JOHNS RD

RUMMIDGE

INGHILTERRA

CAZZATE SOLO CAZZATE TUTTE FESSERIE STOP FIGLIA DI ZAPP SOLO NOVE ANNI STOP SEGUE LETTERA BACI PHILIP

PHILIP SWALLOW

I057 PYTHAGORAS DR

PLOTINUS EUPH

Moris a Désirée

Vuoi farmi un favore, Désirée, e spostare il tuo culo fino al numero 1037 di Pythagoras Drive, per cercar di scoprire che diavolo sta succedendo lì? Ho ricevuto una lettera senza firma questa mattina in cui si dice che Philip Swallow convive a quell'indirizzo con Melanie. Puoi anche ridere, ma fa’ lo stesso un controllo per me, lo farai? C’è una sorta di logica atroce nel ragionamento che mi fa pensare che possa essere proprio vero. Si adatterebbe alla mia idea su Swallow e al ruolo che lui sembra destinato a recitare nella mia vita. Dopo avermi distrutto come personaggio accademico nel Supplemento Letterario del Times, prosegue scopandomi la figlia. La cosa quadra. Tremo, Désirée, tremo.

Morris

PS La busta ha il timbro postale dell’università, perciò deve essere qualcuno della facoltà o della segreteria ad aver spedito la lettera. Chi?

Philip a Hilary

Carissima Hilary,

questa è la lettera più difficile che abbia mai scritto. Morris Zapp ha un’altra figlia, oltre a quella di nove anni. Si chiama Melanie e ho dormito con lei una volta. Solo una volta. Perciò il telegramma che ti ho spedito non era completamente vero. Ma non era neppure una bugia. Solo ora ho scoperto che Zapp é il padre di Melanie ed è stato un colpo per me, come lo sarà stato per te. Lascia che ti spieghi.

Melanie è la figlia di Zapp, nata dal primo matrimonio. Si fa chiamare Melanie Byrd, che è il cognome da ragazza della madre, perché non vuole essere collegata con il padre a Euphoric State, per molte buone ragioni. E’ venuta qui come allieva, perché, in quanto figlia di un membro incaricato della facoltà, ha diritto all’istruzione gratuita, ma è rimasta lontano da Zapp il più possibile e ha tenuto segreta la loro parentela. Ho avuto tutte queste informazioni da Mrs Zapp e da Melanie, oggi pomeriggio.

Erano a casa mia tutt'e due insieme, quando sono rientrato. Devo spiegarti che Melanie è una delle ragazze del pianterreno. Nei primi tempi della mia permanenza qui, sono capitato giù del tutto casualmente durante una festa improvvisata. Ero appena tornato dal cocktail degli Hogan ed ero già un po' sbronzo. E poi un po' per quello e un po’ per il resto ero, credo, su di giri, ma quando hanno cominciato a organizzare un’orgia, mi sono ritirato con garbo.

Melanie però ha fatto altrettanto. Ha dato per scontato che avremmo dormito insieme e così purtroppo è accaduto.

Non proverò a giustificarmi o a scusarmi. Dopo mi sono dato del disgraziato, pensando a quello che ti avevo fatto. Non è stata neppure una cosa particolarmente piacevole al momento, perché io ero intontito dall'alcool e Melanie mezzo addormentata. Sono assolutamente certo che l’accaduto non ha significato proprio nulla per lei e, devi credermi, è capitato solo in quell’occasione. In effetti, da allora, e sarebbe buffo in un contesto meno doloroso, è diventata la ragazza fissa di Charles Boon. Date le circostanze mi è sembrato che non fosse il caso cli sconvolgerti raccontandoti l’episodio, che ormai è caduto nell’oblio.

La tua lettera, però, ha risvegliato la mia coscienza colpevole, anche se per un po’ non ho collegato Melanie con Morris Zapp. Credevo che qualcuno avesse farro uno scherzo piuttosto stupido, chi e per quale motivo non potevo e non posso ancora immaginare, ma mi ha messo in una difficile alternativa morale.

Be`, come vedi avevo scelto la strada più facile, una strada che, ne sono convinto, sarebbe stata più facile anche per te. Ma quando ho scoperto la verità sulla faccenda, ho deciso immediatamente di confessarti tutto. Ora è quasi mezzanotte, così ti renderai conto di come ho trovato difficile scriverti. Mi dispiace tanto, Hilary. Ti prego, perdonami Ti bacio.

Philip

Désirée a Morris

Caro Morris,

per quanto detesti farti un favore, la curiosità ha avuto la meglio su di me, così mi sono precipitata al numero 1057 di Pythagoras Drive, secondo le tue perentorie istruzioni. Ho dovuto fare una deviazione attraverso la zona del centro, poiché c'era un ingorgo di traffico dovuto alle agitazioni del campus, all`imboccatura di Cable Street. Riuscivo a sentire lo scoppio delle bombe lacrimogene, un sacco di urla e un elicottero della polizia che girava continuamente sopra la mia testa: ti assicuro che qui, ogni giorno che passa, la situazione diventa più simile al Vietnam.

Il 1037 di Pythagoras Drive è stato trasformato in due appartamenti. Nessuno ha risposto al campanello del pianterreno, così sono salita e ho provato all’appartamento del piano superiore. Finalmente Melanie ha aperto la porta, con la faccia rossa e i capelli arruffati. Prima di cominciare a digrignare i denti e a maneggiare il frustino, fammi terminare. Eravamo entrambe sorprese, Melanie di più, naturalmente.

"Désirée? Che fai qui?" ha esclamato. "Potrei farti la stessa domanda," ho ribattuto nel miglior stile alla Perry Mason. "Pensavo che qui abitasse Philip Swallow." "Sì, ma ora è fuori."

"Chi è, Melanie? La Gestapo?" ha chiesto una voce dall’interno. Ho guardato al disopra delle spalle di Melanie e ho visto Charles Boon appoggiato contro il muro, con indosso un accappatoio di spugna, che fumava una sigaretta. "Qualcuno che cerca Philip," ha replicato la ragazza, "Philip è fuori," ha risposto lui. "E’ all’università." "Vi dispiace se aspetto?" ho domandato. Melanie ha scrollato le spalle: "Fa’ come vuoi."

Ho varcato la soglia e sono entrata nell’appartamento. Melanie ha chiuso la porta e mi ha seguito. "Questa é Désirée, la seconda moglie di mio padre," mi ha presentato allo stupito Boon. "E questo è…” “Conosco già Mr Boon, cara,” l’ho interrotta, “eravamo allo stesso ricevimento poche settimane fa. Non ho avuto l’opportunità, Mr Boon," ho cinguettato, "di dirle quanto detesti il suo programma." Ha sorriso e ha soffiato fumo serrando i denti, mentre escogitava una risposta; aveva un occhio puntato su di me, l’altro invece roteava per la stanza, come per cercare l’ispirazione. "Se a qualcuno della sua età piacesse la mia trasmissione," ha detto alla fine, "saprei di aver fallito." Ci siamo scambiati per un po` battute come colpi di fioretto, soppesandoci reciprocamente. Era evidente che Boon viveva nell’appartamento di Swallow, il che, devo dire, mi ha molto sorpreso perché avevo sempre capito dalle parole di Swallow che non poteva sopportare quel tipo. Comunque, sembrava che Boon e Melanie fossero stati a letto insieme quel pomeriggio e poiché nessuno dei due ha mostrato segni di panico quando la chiave di Swallow ha girato nella serratura della porta d’ingresso, ho arguito che non erano assolutamente preoccupati di tener nascosto il loro rapporto.

Naturalmente lui si è sorpreso di vedermi lì e si è affannato a preparare il tè per tutti noi, ma non mi è sembrato particolarmente sulla difensiva. Avevo appena deciso che il suo legame con Melanie era solo un po' simile a quello esistente fra zio e nipote, quando è saltato fuori che tu eri il padre della ragazza. Si è sbiancato in volto, Morris. Voglio dire che, se avesse appena scoperto di aver scopato la sua, di figlia, non sarebbe sembrato pin scosso.

Riflettendoci, credo che ci sia qualcosa di incestuoso ad andare a letto con la figlia del tizio con cui ti sei scambiato il lavoro. Quantunque, se avesse un rapporto sessuale con Melanie, al momento sarebbe un rapporto proprio da pervertiti, poiché di sicuro c'entra anche Charles Boon.

Quanto all'autore della lettera anonima, azzarderò la congettura che si tratti di Howard Ringbaum: lui ha un motivo ed è abbastanza tirchio da usare le strutture postali dell’università allo scopo. Penso sia il tipo di individuo che si abbasserebbe a fare una telefonata libidinosa a carico del destinatario, se potesse farla franca.

Désirée

Morris a Désirée

Molte grazie per la tua rapida risposta, ma perché non hai chiesto a Swallow di dirti tutto, chiaro e tondo, santo cielo? Accludo una fotocopia della lettera anonima, così porrai affrontarlo mostrandogliela. Che verme!

Mrs Swallow mi è sembrata infelice ultimamente, tanto che ho avuto un forte sospetto che anche lei abbia ricevuto una di quelle lettere. Ho scoperto che è una persona dall'animo gentile e mi dispiace per lei. A proposito, mi ha detto che Boon un tempo era allievo di Swallow. Sì, sono vecchi amici, per cui è anche troppo probabile che abbiano fatto qualche gioco depravato, accoppiandosi con Melanie. Povera piccola Melanie. Mi dispiace davvero per lei. Non mi aspettavo certo che fosse ancora vergine o roba del genere, ma non è una cosa positiva per una ragazzina venir passata da un tizio all’altro.

Forse se io e te potessimo ricominciare daccapo, Désirée, porrebbe venire a vivere con noi.

Morris


Désirée a Morris


Caro Morris,


la pianti di recitare la commedia del genitore ansioso, prima di farmi morire dal ridere? E un po' tardi per cominciare a preoccuparci di dare una stabile vita domestica alla "piccola Melanie". Avresti dovuto pensarci prima di piantare in asso lei e sua madre. La piccola Melanie, nel caso lo avessi dimenticato, non te lo ha perdonato e, poiché era per me che l’hai piantata in asso (lasciandole un biglietto da cinque dollari per comprarsi le caramelle, se ricordo bene, il più sordido compromesso per tacitare la coscienza di cui ci si rammenti), non trabocca proprio d’amore neppure per me.


Non ho intenzione di affrontare Philip Swallow con il tuo sporco pezzo di carta. Né lui né Melanie mi devono qualche spiegazione. Scrivi loro, se vuoi, e interrogali tu stesso. Ma prima di farti trasportare dalla tua fin troppo giusta indignazione e dal momento che le spiegazioni sono all’ordine del giorno, potresti anche dire la verità su quella pollastrella bionda che hai sistemato dalla generosissima Mrs Swallow. Corre voce che sia incinta. Zapp, non dirmi che vuoi inquinare il pianeta con un altro piccolo Zapp. Ho sentito parlare dell’ipocrisia degli inglesi, ma non sapevo che fosse contagiosa


Désirée


Philip a Hilary


Carissima Hilary,


sono passate due settimane da quando ti ho scritto e mi rendo conto di essere in grande tensione, mentre aspetto la tua risposta. Se non hai già scritto, ti prego, non farmi attendere ancora. Mi ero illuso che, dal momento che avevo vuotato completamente il sacco, tu potessi perdonare e dimenticare e che si potesse gettare tutta la storia alle nostre spalle. Spero che non penserai al divorzio o a qualcosa di altrettanto sciocco.


E’ molto difficile discutere di queste cose per lettera. Come si fa ad appianare un malinteso quando si è lontani seimila miglia? Abbiamo bisogno di vederci, parlare, baciarci e fare pace. Stavo pensando, perché non vieni qui a Pasqua, per un viaggetto di diciassette giorni? So che il biglietto è costoso, ma al diavolo! Tua madre potrebbe curare i bambini durante le vacanze, no? O forse potresti addirittura lasciarli a quella ragazza, Mary Makepeace. Sarebbe un periodo veramente rilassante per noi due, lontano dai ragazzi e da tutto. Quella che viene chiamata "seconda luna di miele". Mi pare una frase fatta piuttosto orrenda, ma l’idea non e poi così male. Ricordi che spasso in quel piccolo e modesto appartamento a Esseph?


Pensaci seriamente, tesoro, e non farti scoraggiare dai disordini degli studenti. Alcuni indizi dicono che alla fine del trimestre invernale le cose si calmeranno e si troverà qualche tipo di compromesso fra studenti e amministrazione. Oggi per la prima volta dopo settimane non ci sono stati arresti. Forse il tempo ha qualcosa a che fare con questo. La primavera è arrivata davvero, le colline sono verdi, il cielo azzurro, e ci sono diciotto gradi all`ombra. La baia scintilla sotto il sole e i cavi del Silver Span luccicano all'orizzonte come corde di un’arpa. Oggi ho attraversato il campus a mezzogiorno e si riusciva a cogliere il cambio d’umore. Ragazze con abiti estivi e gente che suonava la chitarra. Ti piacerebbe. Tanti baci da


Philip


Morris a Désirée


Non ci crederai, lo so, ma io e Mary Makepeace siamo solo buoni amici. Non ho una storia d'amore con lei. Ammetto che il pensiero mi è balenato in testa, ma era incinta quando l’ho incontrata la prima volta e io sono schizzinoso nei confronti delle ragazze che sono già state messe incinte da altri tizi. Come se fosse una profanazione, se riesci a capirmi.


Specialmente in questo caso, dato che il padre è un prete cattolico. Ti ho detto che l’aereo con cui ho volato era pieno di donne che andavano ad abortire in Inghilterra? Mary era una di loro, era seduta accanto a me e abbiamo parlato. Poche settimane fa, un pomeriggio sono tornato all’università e ho trovato O’Shea in agguato in anticamera. E’ saltato fuori per venirmi incontro da dietro l’orologio di suo nonno e mi ha trascinato nel salotto buono, che, in questo periodo dell’anno, è come il Polo Nord, enormi poltrone imbottite sbucano dalle brume come iceberg. O’Shea era molto agitato. Ha detto che una giovane donna, che era evidentemente "in una certa condizione" ma non portava l’anello nuziale, mi aveva cercato e aveva insistito per aspettarmi nel mio appartamento. Naturalmente era Mary, aveva deciso di restare in Inghilterra e di avere il bambino, ma aveva appena perso il lavoro e le era stato rubato del denaro e si rivolgeva per aiuto all'unica persona che conoscesse nel paese, cioè a me. Ho cercato di placare O’Shea, ma lui era pieno di timor di Dio, oltre che di quello di Mrs O’Shea. Era chiaro che nulla lo avrebbe convinto che non ero io il responsabile della "condizione" di Mary. Mi ha dato un ultimatum: o se ne andava Mary o me ne andavo io.


Non potevo assolutamente abbandonare la ragazza, così ho tentato di trovarle una sistemazione. Ma per quella sera non c’era nulla da fare a Rummidge. Le affittacamere con cui abbiamo parlato consideravano ovviamente Mary una puttana e me un gangster da quattro soldi. Non sono riuscito a trovare nemmeno un albergo che ammettesse di avere una stanza libera. Allora siamo passati per caso davanti alla casa di Mrs Swallow e ho pensato: perché non provare con lei? La cosa ha riscosso successo. ln effetti le due sono diventare amicone e sembra che Mary resti lì finché avrà il bambino. Non mi sembrava il caso di annoiarti con tutto ciò e non pensavo Swallow così spregevole da correre a raccontarti questa storia .


Morris


Hilary a Philip


Caro Philip,


molte grazie per la tua ultima lettera. Mi dispiace di non aver risposto subito a quella precedente, ma come a te ci sono volute sei o sette settimane per deciderti a parlarmi di Melanie Zapp (o Byrd), mi sembrava di essere autorizzata a prendere altrettanto tempo per riflettere sulla mia risposta.


Ciò non significa che stia pensando al divorzio, una reazione eccessivamente pavida la tua, secondo me. Tengo conto del fatto che sei stato assolutamente sincero con me e che non sei più in rapporto con la ragazza. Devo dire che è stara una sfortuna che di tutte le giovani donne che ci sono a Euphoria tu ti sia imbattuto proprio nella figlia di Zapp.


E anche un po' ridicolo, per non dire ipocrita, che tu ti preoccupi tanto della cattiva influenza di Zapp su tua figlia. Ho fatto leggere a Mary la tua lettera e lei sostiene che la tua ansia ossessiva di proteggere l’innocenza di Amanda indica che sei innamorato di lei e che la tua storia con Melanie è un surrogato per soddisfare il tuo desiderio incestuoso. Una teoria interessante, lo devi ammettere. Melanie assomiglia in qualcosa ad Amanda?


Quanto alla tua proposta che io prenda l`aereo per Euphoria per una vacanza, temo non sia possibile. Prima di tutto non mi sognerei mai di chiedere a Mary o a mia madre di assumersi la responsabilità dei bambini e penso che non ci si possa permettere di far venire anche loro a Euphoria, e ciò riguarda anche me, per lo stesso motivo. Vedi, Philip, ho deciso di non aspettare più per il riscaldamento centrale, ma l'ho già chiesto, con pagamento a rate. E’ stata la prima cosa che ho fatto, dopo aver ricevuto la tua lettera su Melanie: ho preso l'elenco del telefono e ho cominciato a chiamare qua e là ditte di impianti, per avere un preventivo. Forse sembrerà ridicolo, ma per me era del tutto logico. Ho pensato a me stessa, che sono qui a sgobbare duramente, a mandare avanti casa e famiglia senza aiuto per amore della carriera di mio marito e per l'educazione dei miei figli, e, mentre lo faccio, non sto neppure al caldo. Se lui non può aspettare ad avere rapporti sessuali finché non torna a casa, perché io devo aspettare per il riscaldamento? Probabilmente una donna più sensuale si sarebbe presa un amante per ripicca.


Mr Zapp mi ha aiutato gentilmente con i preventivi ed è riuscito a ridurre il preventivo più basso di cento sterline: non è stato bravo? Ma naturalmente le spese sono abbastanza gravose e l'anticipo ha fatto andare in rosso il nostro conto corrente, perciò ti prego di mandarmi subito dell’altro denaro.


Ma anche trascurando la spesa e il problema dei bambini, Philip, penso che non partirei comunque. Ho letto con molta attenzione la tua lettera e sono arrivata alla conclusione che tu desideri la mia presenza soprattutto per avere un rapporto sessuale legittimo. Immagino che tu abbia paura di tentare altre avventure extraconiugali, ma la primavera di Euphoria ti ha scaldato il sangue al punto che sei pronto a farmi viaggiare per seimila miglia per appagare i tuoi sensi. Temo che troverei troppo stressante venire da te in questo contesto, Philip. Il costo di un’escursione di diciassette giorni è di centosessantacinque sterline, quindici scellini e sei pence e niente di ciò che posso fare a letto varrebbe quel denaro.


Ti sembro aspra? Non volevo esserlo. Mary dice che gli uomini cercano sempre di porre fine a una lite con una donna violentandola, letteralmente o simbolicamente, così è evidente che anche tu sei conforme a quel tipo. Mary è piena di teorie affascinanti sugli uomini e le donne. Dice che c'è un Movimento per la liberazione della donna che ha preso l’avvio in America. Ne hai avuto qualche sentore?


Sono stata contenta di apprendere che alla fine le cose si stanno calmando nel campus di Euphoria. Che tu ci creda o no, forse anche qui avremo qualche disordine da parte degli studenti. Si parla di un sit-in per la prossima sessione. Sembra che i più anziani membri del corpo insegnante siano stati colti dal panico. Secondo Morris, Gordon Masters e completamente fuori di sé, ha cominciato ad andare al dipartimento con addosso la vecchia uniforme dell'esercito territoriale.


Ti bacio.


Hilary


Désirée a Morris


Caro Morris,


per quanto strano, ti credo circa questa Mary Makepeace anche se il riferimento alla profanazione è stato sgradevole, come solo tu sai esserlo. Ma non prendertela con Philip Swallow per la fuga di notizie. E’ stata la tua ragazza irlandese, la sdentata Bernadette, se l’ortografia con cui ha denunciato te e la rua "puttana dai capelli gialli" può essere un indizio in una lettera macchiata, unta, rigata di lacrime che ho ricevuto l'altro giorno, senza firma.


Hai mai sentito parlare della liberazione della donna, Morris? L'ho appena scoperta. Cioè, avevo letto di come hanno fatto saltare la gara per Miss America il novembre scorso, ma avevo pensato che fossero un gruppo di svitare. Per niente. Hanno appena avviato un dibattito di gruppo a Plotinus e ci sono andata l`altra sera. Sono stata affascinata. Ragazzo, ti hanno fregato!


Désirée

4

LA STAMPA

COPPIA ecologica, terrestre, cerca fratelli acquatici per pacifica ammucchiata.

COPPIA trentenne, moglie grassa, amerebbe incontrarsi con coppia molto discreta.

MI MANDANO in orbita Dylan, Hesse, Bach, i cuccioli di procione, l’erba, le spiagge e il sesso. Voglio entrare in sintonia con ragazza egualmente orientata.

RAGAZZE bisessuali cercansi, due o più, per allegro gruppo con uomo trentenne e altri. Probabile partecipazione moglie belloccia. Su richiesta aggregasi cugino travestito molto femminile e grazioso. Discrezione assicurata a giovani nubili o casalinghe stanche, desiderose sperimentare gioie amore di gruppo. Foto opzionale ma apprezzata. Anche se incerte, scrivete.

"Piccola pubblicità", Euphoric Times

LE DONNE DI PLOTINUS IN MARCIA

Sabato, per celebrate la Giornata internazionale della donna, ha fatto la sua prima apparizione per strada il Movimento di liberazione femminile di Plotinus. Ecco alcune delle scritte che le donne inalberavano A CHE TI SERVE, BIONDINA, PASSARE PER CRETINA? AMORE A PAGAMENTO E IL CORPO E’ PIU’ CONTENTO.

ASILI D’INFANZIA GRATIS 24 ORE SU 24. Quest’ultimo striscione ha indotto una portoricana a fermare il corteo per chiedere dove poteva trovare uno di questi asili. Le è stato risposto con rammarico che questi centri sono di là da venire.

Plotinus Gazette

UN GIARDINO DEL POPOLO PER PLOTINUS

Questo fine settimana in un’area abbandonata in Poplar Avenue, tra Clifton e King Street, si sono radunati studenti e gente della zona per costruire quello che hanno battezzato il "Giardino del popolo". L’università aveva acquistato questo lotto due anni fa ma da allora è stato utilizzato solo come parcheggio abusivo. Il portavoce dei Giardinieri ha detto: "Questo terreno non appartiene all’università. Se dovesse appartenere a qualcuno, i proprietari sarebbero gli indiani Costanoa, ai quali fu strappato con la forza duecento anni fa. Se i Costanoa si presentassero qui, noi ci trasferiremmo altrove con gioia. Nel frattempo ci disponiamo a fornire uno spazio aperto alla gente di Plotinus. L’università si è dimostrata indifferente ai bisogni della comunità."

I Giardinieri hanno lavorato durante il fine settimana, hanno scavato e livellato il terreno e deposto strati di zolle erbose.

"Non avrei mai creduto di veder lavorare un hippy," ha commentato un anziano residente della vicina Pole Street.

Plotinus Gazette

RIUNIONE STRAORDINARIA

DEL COMITATO DELLUNIONE STUDENTESCA Dl RUMMIDGE

Saranno messi in discussione i seguenti punti dell’ordine del giorno n. 4. Il comitato dell’Unione studentesca esorta il corpo esecutivo a passare all’azione diretta nel caso che il consiglio d’amministrazione dell’università, durante la seduta di mercoledì prossimo, non dia la sua approvazione alle seguenti richieste:

a) accettazione in toto del documento "Partecipazione studentesca", presentato nel novembre scorso al consiglio di amministrazione e al senato accademico;

b) insediamento immediato di una commissione di inchiesta che valuti la funzionalità delle strutture universitarie;

c) sospensione di tutte le lezioni nei vari dipartimenti per la durata di due giorni per dare spazio a un dibattito sulla costituzione della commissione stessa e sul campo d’azione.

FRANA A PYTHAGORAS AVENUE

Una casa in Pythagoras Avenue dovrà essere evacuata a causa di uno smottamento che l’ha resa pericolante. Lo hanno deciso oggi i funzionari dell’assessorato all’edilizia. Sabato alla 1.30 del mattino, dopo un temporale di notevole violenza, gli abitanti del numero 1037 di Pythagoras Drive sono stati svegliati dal movimento della loro villetta che, slittando, ha compiuto una rotazione di 45°. Non si è avuto alcun ferito.

Plotinus Gazette

PRECISAZIONE SUL LOTTO SITO IN POPLAR AVENUE

TRA CLIFTON E KING STREET

Questa proprietà fu acquistata diciotto mesi or sono dall’università. Per mancanza di fondi l’amministrazione non ha potuto procedere a costruirvi un complesso sportivo. I fondi sono stati ora reperiti e il progetto di un campo da gioco ha preso l’avvio.

Per ovviare a qualsiasi supposizione errata da parte di coloro (tra cui molti mossi da genuino entusiasmo) che sono impegnati in opere di miglioria del terreno, è necessario chiarire che qualsiasi altro lavoro non autorizzato risulterebbe del tutto inutile.

Ufficio informazioni, State University of Euphoria

IL PARADISO RICONQUISTATO

Nel "Giardino del popolo" di Plotinus è in preparazione un nuovo Eden; un’iniziativa spontanea e coraggiosa, e forse quella con maggior impatto nella lotta tra la Società alternativa di amore e pace e la congrega militarindustriale universitaria. Nel Giardino ora non lavorano solo gli studenti e il popolo, a loro si sono aggiunti uomini e donne di ogni ceto, bambini, casalinghe e persino professori!

Euphoric Times



UNA PROPOSTA PER FAR CORRERE A RUMMIDGE

IL GRAND PRIX

Un consorzio di operatoti commerciali di Rummidge e di tifosi di corse automobilistiche, di recente costituzione, ha presentato ieri un progetto al fine di adoperare la circonvallazione interna della città per le gare automobilistiche di Formula uno. "Il nuovo sistema di raccordo anulare è perfetto per questo genere di corse," ha detto il portavoce del gruppo, Jack Scott. "Pare quasi sia stato progettato a bella posta."

Rummidge Evening Mail

ARRESTATI UN PROFESSORE DI EUPHORIA E ALCUNI STUDENTI

PER FURTO DI MATTONI

Sabato sono state arrestate sedici persone, tra cui un professore universitario inglese in visita di scambio, per aver rubato mattoni usati da un edificio in demolizione, già chiesa luterana, in Buchanan Street.

I mattoni, per un valore di circa sette dollari e mezzo, erano destinati, a quel che sembra, al Giardino del popolo, dove si sta costruendo uno stagno per i pesci.

Plotinus Gazette

STUDENTI ATTIVISTI OCCUPANO L’AULA MAGNA

DELL’UNIVERSITA’ DI RUMMIDGE

Per poter partecipare alla loro seduta di ieri pomeriggio, i membri del consiglio d’amministrazione dell'università di Rummidge hanno dovuto farsi strada a fatica attraverso i picchetti degli studenti.

Costoro chiedevano che fosse aperta anche agli esterni la riunione indetta per discutere il documento Partecipazione studentesco, presentato dal Comitato unitario degli studenti stessi. Alla fine è stato permesso al presidente e ad altri due membri del Comitato di rivolgersi al consiglio, ma gli amministratori si sono rifiutati di dare una risposta immediata alle rivendicazioni studentesche.

Non appena la situazione è stata risaputa, circa centocinquanta studenti, già equipaggiati con sacchi a pelo e coperte, hanno preso possesso dell’aula magna. Dopo una discussione sulla struttura ideale da dare all’università, gli attivisti hanno improvvisato una discoteca nella sala stessa. Alle due di notte circa ottantacinque studenti si trovavano ancora dentro l’aula magna. Questa mattina sul tardi avrà luogo un’assemblea straordinaria generale per discutere l’occupazione degli altri edifici dell’università.

Rummidge Morning Post

RILASCIATI IL PROFESSORE INGLESE E GLI STUDENTI

Il professor Philip Swallow, insegnante britannico in visita presso il dipartimento di inglese, che faceva parte del gruppo di sedici persone arrestate sabato per il presunto furto di mattoni da un edificio in demolizione situato in Buchanan Street, è stato rilasciato ieri dal tribunale. Le accuse contro i sedici imputati, per la maggior parte studenti dell’università di Euphoria, non hanno avuto seguito in quanto il proprietario dei mattoni, Mr Joe Mattiessen, si è rifiutato di sporgere denuncia. Alcuni studenti del professor Swallow, in attesa davanti all’uscita del tribunale, hanno festeggiato il loro insegnante quando questi ne è emerso sorridendo.

"Non ero mai stato messo al fresco prima d’ora," ha detto il professore, "è stata un'esperienza memorabile, ma non ci tengo a ripeterla."

Euphoric State Daily

DICHIARAZIONE DEL RETTORE BINDE

Ci è stato regalato un Giardino che non avevamo né progettato né richiesto e il risultato è che nessuno adesso ne è veramente soddisfatto. Chi ha lavorato al Giardino si preoccupa del futuro del suo dono, chi abita nella zona si preoccupa del rumore, della confusione e de1l’eventuale comportamento di chi lo frequenta. L’amministrazione cittadina si preoccupa di come controllare gli atti di vandalismo e criminalità commessi al Giardino. Molti contribuenti sono indignati per ciò che considerano un’appropriazione indebita di beni appartenenti all’università e quindi allo stato. Gli organizzatori di gare interne, nell’ambito dell’università, sono disperati di fronte alla prospettiva di perdere un campo sportivo. I più sono angosciati da questo stato di conflittualità, mentre alcuni sperano che sfoci in uno scontro vero e proprio. Quanto a me, sento il fardello di tutte queste preoccupazioni e di altre di cui non ho parlato.

E allora quale sarà la prima mossa? Saremo costretti a innalzare uno steccato per ristabilire un fatto troppo convenientemente trascurato, cioè che il terreno è effettivamente di proprietà dell’università, e per escludere dall’area stessa chiunque non sia autorizzato a entrarci. E’ un modo spiacevole di far valere i propri diritti, ma non esiste altra alternativa.

Comunicato stampa della direzione,

State University of Euphoria

DIFENDIAMO IL GIARDINO!

Abbiamo giurato solennemente di difendere il Giardino e di passare alla rappresaglia contro l’università, se questa dovesse iniziare le ostilità verso il Giardino. Se combatteremo insieme, così come abbiamo lavorato insieme, a squadre, con decisione e in spirito di fraternità, vinceremo!

NIENTE STACCIONATA CONTRO IL POPOLO

NIENTE RUSPE

SIATE PADRONI DEL SILENZIO, PADRONI DELIA NOTTE

CON PALE E FUCILI

POTERE AL POPOLO ARMATO

I Giardinieri

Proclama distribuito per le strade di Plotinus

SOSTENETE L’OCCUPAZIONE

Studenti di Rummidge! All’assemblea di oggi appoggiare l’occupazione e unitevi a noi nell’aula magna. Fate vedere all’università che questa è la vostra università e non la loro.

Volantino distribuito dal Comitato attivisti per l’occupazione



LA POLIZIA OCCUPA IL GIARDINO, SPARA, FA USO


DI GAS LACRIMOGENI. PASSANTI E STUDENTI FERITI.


DICHIARATO LO STATO DI EMERGENZA E IL COPRIFUOCO


La concentrazione di studenti di ieri alle dodici, a cui ha fatto seguito un corteo, si è conclusa in uno scontro violento tra polizia e dimostranti, scontro che si e protratto per tutto il pomeriggio. Sessanta persone sono state ricoverate in ospedale e verso sera il gas ha raggiunto la parte meridionale del campus e le zone residenziali circostanti. La polizia, che, con ostentazione, imbracciava fucili caricati a pallini, ha farro fuoco contro la folla crescente e molti sono fuggiti con la faccia coperta di sangue. Un poliziotto è stato pugnalato e altri tre presentano piccole ferite dovute al lancio di pietre o a schegge di vetri infranti. Il governatore Duck ha chiesto l’inrervento della guardia nazionale ed è stato applicato il coprifuoco tra le ventidue e le sei del mattino.


Una ditta di costruzioni di Esseph è arrivata ieri mattina alle sei, dopo che la polizia aveva sgomberato il Giardino del popolo, allontanando gli studenti e altri dimostranti che vi avevano passato la notte, e ha proceduto all’erezione di una recinzione metallica alta tre metri.


(continua in reconda pagina)


Euphoric State Daily


PROSEGUE LO STATO DI AGITAZIONE Dl RUMMIDGE


L’assemblea straordinaria dell’Unione studentesca dell’università di Rummidge, a cui hanno partecipato più di mille studenti, ha votato oggi una mozione per appoggiare e proseguire la manifestazione di protesta iniziata ieri sera da centocinquanta estremisti di sinistra. Al termine dell'assemblea, gli studenti si sono recati tutti insieme nell'aula magna e una delegazione si é fatta strada fino alla segreteria del vicerettore, professor Stewart Stroud, chiedendo che questi venisse di persona ad ascoltare le loro rimostranze.


"E’ stata una perdita di tempo," ha commentato in seguito uno degli studenti presenti al colloquio. "Non ha dimostrato alcuna comprensione per le nostre legittime richieste. Noi vogliamo poter partecipare in modo democratico alle decisioni che l’università intende prendere."


Gli studenti hanno occupato parecchi locali nell’isolato degli uffici amministrativi, causando, a quanto riferisce un funzionario, "considerevole allarme" tra il personale della segreteria.


Rummidge Evening Mail


GIARDINIERI E POLIZIOTTI, SCONTRI NEL CENTRO DI PLOTINUS


Durante tutto questo fine settimana i sostenitori del Giardino del popolo, attualmente recintato con una staccionata, hanno giocato con la polizia e le forze della guardia nazionale come il gatto con il topo. Sabato hanno fatto irruzione nel centro commerciale di Plotinus, poi si sono mossi in ordine sparso in un’area di tre isolati a nord di Shamrock Avenue, finché si sono trovati davanti a uno schieramento di guardie che li hanno ricacciati indietro con la punta della baionetta.


Verso l’una di notte gli uomini dello sceriffo di Miranda County hanno sorpreso e picchiato a sangue un giovane che con una bomboletta di vernice spray stava scrivendo "Benvenuti a Praga" su una vetrina dei grandi magazzini Cooper. Il fermato, che è staro trascinato di peso alla stazione di polizia, è stato identificato per Wily Smith, ventun anni, studente negro dell’università di Euphoric State.


Domenica un imponente corteo di "custodi" del Giardino si è snodato lungo le strade di Plotinus. I dimostranti hanno deposto in ogni area libera che oltrepassavano Giardini del popolo in miniatura. Lo sceriffo O’Keene ha dato ordine ai suoi uomini di eliminare i fiori e le zolle erbose e quando gliene è stata chiesta la ragione ha risposto: "Costituiscono una violazione di proprietà privata.”


Esseph Chronicle


UNIVERSITA’ IN GUERRA.


L'ALLARME DI UN PROFESSORE DI RUMMIDGE


Gordon Masters, professore di letteratura inglese all’università di Rummidge, ha condannato in termini molto duri la manifestazione studentesca in corso.


"La situazione assomiglia pericolosamente a quella dell’Europa nel l940,” ha dichiarato ieri. "L’ultimatum inaccettabile seguito dalla Blitzkrieg e l’occupazione dei territori confinanti erano la strategia di base di Hitler. Ma come non abbiamo ceduto allora, non cederemo adesso."


Sulla parete del suo studio il professor Masters ha appeso una mappa che riproduce il piano d’insieme del sistema di riscaldamento centrale dell’università. “I condotti del1’acqua calda corrono attraverso un dedalo di tunnel che potrebbero essere utilizzati in modo eccellente come quartier generale della resistenza, nel caso il senato accademico e l’amministrazione fossero costretti a entrare in clandestinità," ha spiegato. "Non dubito che il vicerettore disponga di un bunker segreto dove potersi rifugiare con breve preavviso."


Dall’ufficio del vicerettore non è giunto alcun commento.


Rummidge Morning Post


E’ DECEDUTO ROBERTS FERITO NEGLI SCONTRI


INDETTO UN REFERENDUM DAGLI STUDENTI


IL SENATO ACCADEMICO INDICE UNA SEDUTA SUL GIARDINO


Titoli di testa, Euphoric State Daily


NOI ACCUSIAMO! NOI VINCEREMO!


Il popolo di Plotinus sa chi è responsabile della morte di John Roberts.


Il rettore Binde, che ha dichiarato guerra alla gente a causa di un pezzo di terra.


Lo sceriffo O’Keene, che ha armato i suoi segugi in uniforme blu e li ha sguinzagliati per le strade armati di fucili.


Il porco senza nome che ha sparato due scariche di pallettoni nella schiena di un giovane inerme a distanza ravvicinata.


La nostra terra è dissacrata, ma lo spirito del Giardino è vivo a Shamrock Avenue e Howle Plaza.


Il popolo di Plotinus è unito contro i porci e i tiranni.


Le barriere di merda della provocazione stanno crollando, mentre contro i porci eleviamo barricare d`amore.


Hippy, politicanti, topi di biblioteca, sportivi, casalinghe che vogliono la pace e checche, tutti si strappano la maschera d’isolamento e aprono il loro cuore.


Euphoric Times


GORDON MASTERS DIMISSIONARIO


Il professor Gordon H. Masters, insegnante di letteratura inglese all’università di Rummidge, ha rassegnato ieri le dimissioni nelle mani del vicerettore, che le ha accettate "con rammarico".


Come era ben noto, in questi ultimi tempi il professor Masters, che sarebbe andato in pensione tra qualche anno, non godeva di buona salute e, a detta di amici e conoscenti, le attuali agitazioni studentesche lo avevano sottoposto a una tensione che lo aveva sovraffaticato.


Le dimissioni del professor Masters sono effettive dall’ottobre prossimo, ma l’insegnante ha già lasciato Rummidge per un periodo di riposo e di cura.


Rummidge Morning Post


ELICOTTERO IRRORA I DIMOSTRANTI.


IL CAMPUS SOTTO LA COLTRE DEI GAS LACRIMOGENI


Un elicottero della guardia nazionale ha sorvolato a bassa quota ieri il campus di Euphoric State, spruzzando gas lacrimogeni su circa settecento tra studenti e insegnanti intrappolati a Howle Plaza dai soldati che li avevano accerchiati.


L’uso del gas era stato autorizzato dallo sceriffo di Miranda County, Hank O’Keene, allo scopo di disperdere gli ultimi partecipanti di un corteo di tremila dimostranti che marciavano in memoria di John Roberts. Il gas è stato trascinato dal vento a centinaia di metri di distanza, è calato sulla zona residenziale, è penetrato nelle aule universitarie e negli uffici, si è infiltrato nelle corsie dell’ospedale dell’università. A circa un chilometro di distanza, gli effetti del gas si sono fatti sentire anche nella piscina di Blueberry Creek, frequentata dalle mogli e dai bambini degli insegnanti. Un gruppo di insegnanti ha protestato energicamente con il rettore Binde contro l’uso indiscriminato di gas da parte dei tutori dell’ordine.


Esseph Chronicle


L'OPINIONE DI UN BAMBINO DI OTTO ANNI


SULLA CONTESTAZIONE


Io in vece non sono riuscito a vedere il giardino del poppolo, ma capivo che era bello. Il Giardino era stato fatto non solo con le mani ma con il cuore della gente, e loro volevano che stava lì per sempre. C’erano centinaia di persone che costruivano il giardino e così non sapremo mai se avevano in mente che doveva restare.


I polizziotti si rovinano la vita a fare i polizziotti e neppure sono delle persone normali: sembrano tutti molto nervosi e strani.


Componimento inviato da un maestro elementare di Plotinus


all’Euphoric State Daily


DIBATTITO IN AULA MAGNA


E stato organizzato per questo fine settimana un dibattito sul tema: "L’università e la comunità".


Qual è il ruolo dell’università nella società moderna?


Qual è la giustificazione sociale dell’istruzione universitaria?


Cosa pensa veramente la gente comune dell’università e degli studenti?


Questi sono alcuni degli interrogativi che metteremo in discussione.


Volantino dell’università di Rummidge


UNO SCOLARETTO DI RUMMIDGE SUGLI STUDENTI


A tanti studenti non piacce come sono le università adesso, ecco perché prottestano e fanno le marcie. Quando gli studenti saranno vecchi capiranno che invece erano buone. Gli studenti fanno perdere tempo alla polizzia e alla gente credo per divertirsi. Tanti studenti sono frichetoni e sembrano sciemi e non anno cervello.


Penso che sono stupidi perché getano le bombe puzzolenti alla gente a posta perché voliono farsi vedere. Anno i capelli lunghi e sono barboni. Sembra che non si lavano. Anno vestiti orribili e non anno soldi. Littigano per strada e rompono tutto quello che ci capita.


Alcuni studenti sono intelliggenti, anno bei vestiti, bei capelli e belle case e non sono stupidi.


se uno studente viene da me e mi parla io vado via. Come se io ero un gatto e lo studente mi prende in braccio e sembra gentile, ma dopo mi fa apezzi per l’esperimenti


Alcuni studenti sono bravi ma anno le arie.


Non mi piacciono gli studenti perché fanno tutti quello che fa uno e portano i vestiti uguali e parlano come americani e fumano la droga e si fanno le ignezzioni per essere felici e parlano di amore e pace se non sono felici.


se io ero la polizzia li impicherei.


Componimento inviato a Rumble da un allievo


DOCENTI UNIVERSITARI PROPONGONO UNA MEDIAZIONE


Da parte dell’Associazione docenti non di ruolo dell’università di Rummidge è stata avanzata la proposta di nominare un mediatore che presieda le trattative tra l’amministrazione dell’università e il corpo esecutivo dell'Unione studentesca per tentare di far cessare l’occupazione. Oggi infatti gli studenti hanno votato di continuare lo stato di agitazione con le medesime modalità.


Il candidato proposto come possibile interlocutore è il professor Morris Zapp dell’università di stato di Euphoria, USA, attualmente a Rummidge in visita-scambio.


Rummidge Evening Mail


TERREMOTO TERAPEUTICO


I terremoti, ha sostenuto ieri un oratore al dibattito su ecologia e politica ad Euphoric State, sono sempre stati una forma di protesta della natura contro le costruzioni solide e compatte che soffocano la buona terra. Piantando gli alberi si libera la terra e pertanto si prevengono i terremoti.


Plotinus Gazette


IL RETTORE PROPONE DI AFFITTARE IL GIARDINO.


IL SINDACO E’ DUBBIOSO. I DIMOSTRANTI PROGETTANO


UN CORTEO COLOSSALE PER IL 30 MAGGIO


Alla conferenza stampa di ieri il rettore Harold Binde ha proposto la sua soluzione per il dibattuto problema del futuro del Giardino del popolo. L’università potrebbe dare in affitto alla città di Plotinus parte dei suoi terreni, incorporando per quanto possibile l’attuale sistemazione del lotto contestato, perché siano trasformati in parco pubblico.


Il consiglio municipale della città di Plotinus prenderà probabilmente in considerazione l’offerta durante la sua prossima riunione, ma si dice che il sindaco abbia già espresso parere contrario. Ci sono anche ragionevoli dubbi sulla volontà del governatore Duck, membro ex officio del consiglio di facoltà, di concedere il permesso per l’approvazione del contratto d’affitto, in quanto è ostinatamente contrario a qualsiasi concessione nei confronti dei Giardinieri.


Nel contempo questi ultimi stanno preparando una marcia senza precedenti, attraverso le strade di Plotinus, per il 30 maggio. Gli organizzatori asseriscono che si tratterrà di una manifestazione pacifica, non violenta, ma i cittadini locali che hanno avuto sentore di un afflusso di marciatori, provenienti persino da Madison e da New York, stimano sui cinquantamila partecipanti, sono molto preoccupati.


"E’ stata fatta richiesta per un nulla-osta alla marcia," ci ha confermato un rappresentante del consiglio, "e gli organi competenti la stanno per il momento esaminando."


Esseph Chronicle


UN CUBO DI GHIACCIO SFONDA UN TETTO


Ieri notte un cubo di ghiaccio verde della misura di circa venti centimetri ha sfondato il retro di una casa di Rummidge sud, danneggiando una stanza all'ultimo piano. La stanza era vuota e non ci sono stati feriti.


In un primo momento si era pensato si trattasse di un chicco di grandine abnorme, ma successive analisi chimiche hanno stabilito che si trattava di un blocco di orina congelata, scaricata probabilmente, in violazione alle norme, da un aereo di linea in volo ad alta quota.


"Sono rimasto di strucco," ha detto questa mattina il padrone di casa, dottor Brendan O’Shea. "Non so nemmeno se sono assicurato per questo genere di cose. Certa gente potrebbe dire che si tratta di causa di forza maggiore."


Rummidge Evening Mail

5

LO SCAMBIO

"Non pensi che sia un po' piccolo?"

"Per me va bene."

"Negli ultimi tempi ho avuto l’impressione che fosse piuttosto minuscolo."

"Un recente studio ha rivelato che il novanta per cento degli uomini americani pensa che il proprio pene sia di misura al di sotto della media."

"Mi pare più che naturale ambire a far parte del primo dieci per cento."

"Non esiste un dieci per cento di maggiorati, sciocco! Sono solo quelli che non se ne preoccupano e non voglio credere che tutti gli altri siano sotto la media."

"Non sono mai stato bravo in statistica,"

"Sono davvero delusa di te, Philip. Non credevo che avessi problemi di virilità. Era questo che mi piaceva in te."

"Il mio pene piccolo?"

"Il tuo modo di non pretendere sempre un'ovazione per la tua efficienza sessuale. Con Morris ogni volta doveva essere una chiavata da quattro asterischi. Se non gemevo, non roteavo gli occhi e non avevo la schiuma alla bocca nell’orgasmo, mi accusava di essere frigida."

"Apparteneva al novanta per cento?"

"Ma no!"

"Ah!"

"Comunque a te sembra più piccolo perché lo guardi dall’alto in basso, è una visione di scorcio."

"Può darsi."

"Va' a dargli un’occhiata allo specchio."

"No, credo alle tue parole."

Ma la mattina successiva, asciugandosi dopo la doccia, Philip restò in piedi sulla sedia a esaminarsi il tronco nello specchio sopra il lavabo. Era vero che l’angolo visuale normalmente a disposizione dell’individuo doveva tener conto di un effetto di prospettiva, anche se non nella misura che avrebbe desiderato.

Quarant’anni erano un’età in cui era d’obbligo cominciare a preoccuparsi delle proprie capacità sessuali, ma Philip solo recentemente aveva preso coscienza di modelli con cui potersi confrontare. Probabilmente dai tempi della scuola non aveva più avuto l’opportunità di dare una comoda occhiata a un altro organo maschile, finché non era giunto a Euphoria. Da allora i peni gli erano stati ostentati da ogni parte. Prima c’era stato Charles Boon, che, contestando l’uso dei pigiami, si faceva vedere in giro per l’appartamento di Pythagoras Drive come Dio l`aveva fatto.

Poi i negozi di dischi lungo Cable Avenue avevano cominciato a esibire l'album di John Lennon e Yoko Ono con in copertina un primo piano nudo della celebre coppia. C’era stato poi il protagonista di Sono un ficcanaso giallo, che erano andati a vedere a Esseph, facendo due ore di coda assieme a coloro che Désirée aveva descritto come "un paio di centinaia di altri guardoni di mezz’età, speranzosi di riceverne stimoli sessuali" (il che, doveva ammetterlo, era avvenuto); c’era stato anche il giovane spettatore di un gruppo teatrale di avanguardia, che aveva preso in contropiede gli attori togliendosi i vestiti prima di loro. Tutte queste esibizioni avevano inculcato in Philip un complesso di inferiorità. Désirée invece non sembrava preoccupata.

"Ora sai che cosa vuol dire crescere col seno piatto in una civiltà di pettorute," diceva.

"Secondo me il tuo seno è molto bello."

"E quello di tua moglie?"

"Hilary?"

"E’ ben fatta?"

"Ha una bella figura, sì. Ma guarda che..."

"Che cosa?"

"Non potrebbe fare a meno del reggiseno come fai tu."

"Perché?"

"Be’, sai, le ballerebbe tutto."

"Ballerebbe? Non vuoi dire ballerebbero?"

"Va bene, si, ballerebbero."

"E chi lo dice che non dovrebbero ballare? Chi lo dice che devono sporgete in fuori, rigidi come davanzali? Te lo dico io chi, le fabbriche di reggiseni."

"Forse hai ragione."

"Come ti sentiresti tu se dovessi portare sempre un sospensorio?"

"Lo odierei, ma scommetto che diventerebbe di moda, se pubblicizzato su Euphoric Times

"Morris é sempre stato fautore delle tette grosse. Non so perché mi abbia sposato. Non so perché io l’abbia sposato. Perché la gente si sposa? Tu perché hai sposato Hilary?"

"Non lo so. Mi sentivo solo allora. Sì, è quello il motivo. Se me lo chiedi, ti rispondo che la solitudine ha molta responsabilità."

Philip scese dalla sedia e finì di asciugarsi. Si frizionò il talco sulla pelle, sentendo, con un certo piacere narcisistico, il recente ingrossamento di tessuto adiposo che gli era comparso sui fianchi e sul torace. Da quando aveva smesso di fumare, aveva cominciato a metter su peso e gli sembrava che gli donasse. La gabbia toracica ora era ricoperta da uno strato levigato di carne e le clavicole non sporgevano più in fuori, con quella spaventosa rigidezza che dava l’impressione che avesse inghiottito un appendiabiti.

Si infilò un kimono di cotone che Désirée gli aveva prestato.

Il suo accappatoio l’aveva dimenticato in Pythagoras Drive e Charles Boon se l’era preso così spesso che Philip non si era più preoccupato di recuperarlo. Quando Boon non girava per l’appartamento ostentatamente nudo, era costantemente impegnato a grattargli i vestiti. Come era più bella la vita in Socrates Avenue! Come sembrava provvidenziale, in retrospettiva, lo smottamento che lo aveva buttato fuori da una casa per introdurlo in un’altra! Il kimono prestatogli da Désirée aveva disegni marini blu e verdi, era profilato di spugna ed era molto comodo. Lo faceva sembrare (e anche sentire) vagamente atletico e vigoroso, come un lottatore orientale.

Guardò accigliato la sua immagine nello specchio, stringendo gli occhi e dilatando le narici. Ultimamente si specchiava a lungo, sperando di cogliere su di sé qualche atteggiamento o espressione rivelatori e indicativi.

Si diresse silenziosamente nella sua camera da letto, spinse indietro le coperte e schiacciò un po' il cuscino. Era il suo un gesto rituale in omaggio alle convenzioni, quello di alzarsi presto e tornare nella sua camera per spiegazzare le lenzuola, dopo aver dormito con Désirée. Chi pensava di prendere in giro non riusciva a immaginarlo. Non i gemelli di sicuro, perché Désirée, col terribile metodo progressista dei genitori americani, credeva di poter trattare i bambini come gli adulti e aveva di certo spiegato loro la vera natura della sua relazione con lui. Vorrei che la spiegasse a me, pensò ironicamente, contemplandosi in un altro specchio, accidenti se ci capisco qualche cosa.

Benché per natura non appartenesse alla categoria delle persone mattiniere, Philip non trovava alcuna difficoltà ad alzarsi di buon’ora in queste assolate mattine in Socrates Avenue 3462. Gli piaceva fare la doccia con spruzzi d'acqua calda penetranti come raggi laser, girare a piedi nudi sui tappeti nella casa silenziosa, prendere possesso della cucina, che era come il ponte di comando di una nave spaziale, guidata da un computer, tutta splendente di bianco e acciaio immacolato, con i suoi quadranti e l’immenso frigorifero che ronzava.

Philip apparecchiò per la prima colazione sua e dei gemelli, mescolò in una brocca del succo di arancia gelato, mise le fette di pancetta sulla griglia elettrica, la regolò su una temperatura bassa e versò acqua bollente su una bustina di te. Strascicando un paio di vecchie ciabatte, portò il suo te in giardino, attraverso il patio, e si accovacciò contro un muro assolato per bearsi dell’immancabile vista. Era una mattina molto tranquilla e limpida. Le acque della baia si estendevano piatte e si potevano quasi contare i cavi del Silver Span. Giù nel traffico incessante dell’autostrada litoranea, auto e camion scorrevano simili a giocattoli, ma il rumore e i vapori della benzina non giungevano fino a lui. Lì l’aria era fresca e dolce, profumata dalla vegetazione subtropicale che cresceva abbondante nei giardini della ricca Plotinus.

Un jet argenteo, di cui non si udiva il rombo dei motori, planò da nord quasi a livello dei suoi occhi, e lui seguì il pigro avanzare dell’aereo attraverso lo schermo gigante del cielo. Era un'ora bella, quella, per arrivare a Euphoria. Si poteva quasi immaginare come doveva essere apparsa ai primi marinai che, probabilmente solo per caso, navigarono quello stretto canale ora attraversato dal Silver Span e videro quella meravigliosa baia così come Dio l’aveva creata. Com’era quel passaggio del Grande Gatsby[20]? "Un fresco seno verde del nuovo mondo... per un magico attimo passeggero, l’uomo deve aver trattenuto il respiro alla presenza di questo continente..." Nello stesso momento in cui Philip scovò nella sua mente questa citazione la pace del mattino fu spezzata da un orrendo baccano, come se una gigantesca falciatrice passasse nel cielo. Un’ombra scura simile a un ragno sfrecciò attraverso i giardini verso il pendio della collina: il primo elicottero della giornata piombò all’improvviso sul campus di Euphoric State.

Philip rientrò in casa. Elizabeth e Darcy erano in piedi. Vennero in cucina in pigiama, sbadigliando e fregandosi gli occhi, spingendo all’indietro i lunghi capelli arruffati. Non soltanto erano gemelli identici, ma per rendere le cose ancora più difficili, Darcy aveva sembianze quasi effeminate, cosicché era sull’apparecchio dei denti di Elizabeth che Philip faceva affidamento per distinguerli uno dall’altro. Erano una coppia impenetrabile. Comunicando fra loro per via telepatica, erano stranamente laconici nell’uso del linguaggio normale. Philip trovava la cosa riposante, a confronto con i suoi bambini, che avevano parlato precocemente ed erano instancabilmente curiosi e talvolta anche imbarazzanti. Spesso si chiedeva che cosa pensassero di lui i gemelli, ma loro non tradivano alcun sentimento.

"Buon giorno," li salutò allegramente, "credo stia venendo il caldo."

"Ciao," mormorarono educatamente, "ciao, Philip."

Si sedettero al banco della colazione e cominciarono a sgranocchiare un’abbondante dose di uno speciale cereale rivestito di zucchero.

"Vi va del bacon?"

Scossero la testa, con la bocca piena di cereali. Philip tolse dalla griglia le croccanti, informi strisce di bacon e si fece un panino e un’a1tra tazza di tè.

"Che cosa volete oggi per pranzo?" indagò. I gemelli si guardarono.

"Burro di arachidi e gelatina di frutta," disse Darcy.

"Benissimo. E tu, Elizabeth?" Ma non era necessario chiederlo.

"La stessa cosa, per favore."

Lui preparò i panini con il pane bianco già affettato, ricco di vitamine, ma totalmente senza sapore, che sembrava piacere tanto a loro, e li impacchettò, con una mela per ciascuno, nel cestino della colazione. I gemelli presero un’altra porzione di cereali. L’Euphoric Times aveva di recente riportato un esperimento in cui dei topi nutriti con confezioni di fiocchi di granturco erano stati trovati più sani di altri topi allevati con fiocchi di granturco sciolti. Ne parlò loro, sorrisero educatamente.

"Vi siete lavati?" si informò.

Mentre si lavavano, mise a bollire sul fuoco il bricco per il caffè di Désirée e prese in mano il Chronicle del giorno prima. "Deve essere una protesta pacifica, non violenta, gli organizzatori insistono su questo punto," lesse. "Ma i cittadini locali, sentendo dire che si calcola che cinquantamila persone possono convergere a Plotinus per l’occasione da luoghi lontani come Madison e New York, sono preoccupati." Guardò fuori della finestra, giù dove l’elicottero sfrecciava e volteggiava come una libellula sul centro di Plotinus. Più di duemila soldati erano in città, alcuni bivaccavano proprio nel Giardino. Si diceva che innaffiassero i fiori di nascosto. Certo spesso si aveva 1’impressione che i soldati volessero gettare le armi e unirsi agli studenti che protestavano, specialmente quando le giovani sostenitrici del Giardino li schernivano svestendosi fino alla vita e opponendo i seni nudi alle loro baionette, una contrapposizione di hardware e software, che i fotografi dell’ Euphoric Times trovavano irresistibile. La maggior parte dei soldati erano giovani appena arruolati nella guardia nazionale per sfuggire al Vietnam in qualsiasi modo e sembravano proprio quei ragazzi in uniforme che si vedevano nei notiziari televisivi sul Vietnam, sbigottiti e infelici e che, se abbastanza temerari, mimavano gesti simbolici di pace verso le cineprese. In effetti, tutto l'episodio del Giardino assomigliava molto a una guerra in miniatura, con l’università al posto del regime di Thieu, la guardia nazionale al posto dell’esercito, gli studenti e gli hippy al posto dei Vietcong; violenza in crescendo, voglia di sterminio, elicotteri, distruzione della vegetazione, stato di guerriglia, tutto combaciava perfettamente. Era un argomento da trattare al Charles Boon Show, non riusciva a pensare a nient’altro da dire.

I gemelli ricomparvero in cucina per prendere i rispettivi cestini, sembravano appena un po’ più puliti e ordinati con blue jeans, scarpe da ginnastica e maglietta stinta,

"Avere salutato vostra madre?"

Senza convinzione gridarono un "Ciao, Désirée" mentre se ne andavano, ricevendo in risposta un suono soffocato. Philip sistemò su un vassoio caffè, succo d`arancia, focaccine tostate e miele e lo portò nella stanza di Désirée.

"Ciao!" disse lei, "il tuo tempismo è impressionante!"

"E’ una bella giornata," disse lui, posando il vassoio e andando alla finestra. Orientò le asticelle delle veneziane, cosicché la luce del sole attraversò la stanza in lunghe strisce. Le trecce rosse di Désirée fiammeggiavano contro i cuscini color zafferano del lettone.

"Era un elicottero quello che stava per divellere il tetto di casa?" domandò lei, gettandosi con gusto sulla colazione.

"Sì, ero in giardino."

"Quel figlio di puttana! I piccoli sono andati a scuola?"

"Sì, ho preparato loro i panini con burro di arachidi. Ho usato l’ultimo barattolo,"

"Già, devo andare a far la spesa, oggi. Hai qualche programma?"

"Sì, quello di recarmi all'università, questa mattina. I professori di inglese faranno una veglia sui gradini del Dealer."

"Una... che cosa?"

"Sono d’accordo che la parola sia inadatta, ma la chiamano così. Una veglia è una cosa che dura per tutta una notte, no? Noi ci limiteremo a sederci sui gradini per un’ora o due, è una protesta silenziosa."

"Credi che Duck rinuncerà alla guardia nazionale perché i professori di inglese smettono di parlare per un’ora o due? Ammetto che sarebbe un bel successo, ma.,."

"A quanto ho capito la protesta è rivolta a Binde. E’ stato incoraggiato a tener testa a Duck e a O’Keene."

"Binde?" Désirée sbuffò con aria di scherno. "Il rettore bifronte?"

“Be’, devi ammettere che è in una posizione difficile. Che cosa faresti al suo posto?"

"Non potrei essere al suo posto. L’università dello stato di Euphoria non ha mai avuto una donna rettore in tutta la sua storia. A proposito, stai in casa questa sera? Perché, se esci, dovremo chiamare una baby-sitter. Ho la lezione di karate."

"Starò fuori fino a tardi. Devo partecipare a questa disgraziata trasmissione con Charles Boon."

"Ah, già. Di che cosa parlerai?"

"Dovrò dire la mia impressione sull’ambiente di Euphoria, dal punto di vista britannico."

"Mi sembra facile."

"Ma io non mi sento più britannico. Per lo meno, non tanto quanto lo ero prima. Ma neppure americano, però. ‘Vagando fra due mondi, uno perduto, l'altro incapace di nascere.’[21]

"Ti faranno un mucchio di domande sul Giardino, comunque, come a uno dei suoi sostenitori più famosi."

"E’ stato un caso, lo sai."

"Nulla è del tutto casuale."

"Non ho mai provato niente più che una moderata simpatia per il Giardino. Non ci ho mai neppure messo piede. Ora della gente assolutamente sconosciuta mi avvicina, mi stringe la mano e si congratula con me per il mio contributo. Tutto questo è molto imbarazzante."

"C’è una specie di marea che trascina gli esseri umani, Philip. Sei stato coinvolto in questo processo storico."

"Mi sento proprio un impostore."

"Allora perché vai a quella veglia?"

"Se non ci vado, sembrerà che sia passato dall’altra parte e questo non è vero. Comunque, ho molto a cuore il problema di eliminare i soldati dal campus."

"Be’, sta' attento a non farti arrestare. Potrebbe non essere facile liberarti dietro cauzione la prossima volta."

Désirée finì la sua focaccina, si leccò le dita e si adagiò sui cuscini con una tazza di caffè accostata alle labbra.

"Sai," disse, "ti sta proprio bene il kimono."

"Dove posso trovarne uno uguale?"

"Tieni questo. Morris non si metteva mai ’sto dannato coso. Gliel’ho comprato come regalo di Natale, due anni fa. A proposito, hai scritto a Hilary? O speri che un’altra lettera anonima faccia il lavoro per te?"

"Non so che cosa dirle." Percorse la stanza su e giù, tentando, senza un motivo logico, di evitare di pestare le strisce fatte dalla luce solare. Tre immagini di lui convergevano nel trittico di specchi sul tavolo da toilette di Désirée e gli volgevano le spalle, quando si girava per tornare sui suoi passi.

"Dille che cosa è successo e quello che intendi fare."

"Ma io non so che cosa farò. Non ho fatto progetti."

"Non sta per scadere il tuo incarico?"

"Lo so, lo so," rispose disperato, passandosi le dita tra i capelli. "Ma non sono abituato a queste situazioni. Non ho alcuna esperienza di adulterio. Non so che cosa sia meglio per Hilary, per i bambini, per me, per te."

"Non preoccuparti per me," lo interruppe Désirée, "dimenticati di me."

"Come posso?"

"Ti dirò una cosa. Non ho intenzione di risposarmi, nel caso ti fosse passato per la resta."

"Stai per avere il divorzio, no?"

"Certo, ma d’ora in avanti sarò una donna libera. Me ne starò per conto mio, senza più avere un paio di palle attorno al collo."

Dovette sembrarle offeso, perché proseguì: "Nulla di personale, Philip; sai che mi piaci un sacco. Stiamo bene insieme, anche ai piccoli piaci."

"Davvero? Me lo domando spesso."

"Certo, li porti al parco e roba del genere. Morris non lo faceva mai."

"E’ buffo, è una delle cose di cui pensavo di essermi liberato, quando sono venuto qui. Deve essere più forte di me."

"Tu qui sei il benvenuto, puoi restare quanto vuoi, o andartene. Sentiti del tutto libero di fare quello che ritieni meglio."

"Mi sono sentito proprio libero in queste ultime settimane," rispose, "più libero di quanto mi sia mai sentito in vita mia."

Désirée gli lanciò uno dei suoi rari sorrisi: "Sei molto carino."

Saltò fuori del letto e si grattò attraverso la camicia da notte di cotone.

"Preferirei che potessimo andare avanti così all`infinito. Tu, io e i gemelli. E Hilary e i bambini, felici e inconsapevoli."

"Quanto tempo resterai ancora?"

"Be’, lo scambio con Rummidge ufficialmente si concluderà entro un mese."

"Potresti restare a Euphoric State, se lo desideri? Voglio dire, ti darebbero un lavoro?"

"Non c’è speranza."

"Qualcuno mi ha riferito che c’è un giudizio formidabile su di te nell’ultimo Notiziario.

"E’ stato Wily Smith."

"Sei troppo modesto, Philip."

Sfilandosi la camicia da notte dalla testa, Désirée si diresse verso l’attigua stanza da bagno. Philip la seguì con l’aria di apprezzare lo spettacolo e si sedette sul coperchio del water, mentre lei faceva la doccia,

"Non potresti ottenere un lavoro in qualche college più modesto qua attorno?" gridò la donna attraverso il sibilo dell’acqua calda.

"Forse. Ma ci sarebbero dei problemi per i visti. Naturalmente non ce ne sarebbero, se sposassi una cittadina americana."

"Sembra un ricatto."

"Non è questo che intendevo." Si alzò in piedi e la sua immagine sorse a sua volta a fronteggiarlo sul lavabo. "Dovrei radermi. Questa conversazione sta diventando sempre più utopistica. Tornerò a casa fra un mese, naturalmente. A casa da Hilary e dai bambini. Tornerò a Rummidge, tornerò in Inghilterra."

"Lo desideri?"

"Niente affatto."

"Potresti lavorare per me, se ti fa piacere."

"Per te?”

"Come governante. Lo fai molto bene, molto meglio di me. Io voglio tornare a lavorare."

Lui rise. "Quanto mi pagheresti?"

"Non molto. Ma non ci sarebbero problemi di visti. Mi prenderesti un asciugamano dall’armadietto, tesoro?"

Lui tenne l’asciugamano aperto, mentre lei usciva dalla doccia risplendente di gocce d’acqua e cominciò a strofinarla energicamente.

“Mmm… che bello!" Dopo un po' aggiunse: "Davvero, dovresti scrivere a casa, sai."

"Tu l'hai detto a Morris?"

"A Morris non devo alcuna spiegazione. Inoltre filerebbe come un razzo a dirlo a tua mog1ie."

"Non ci avevo pensato. Naturalmente entrambi sanno che io sto qui..."

"Ma pensano che ci sia qui anche Melanie, come chaperon. O sono io invece che dovrei sorvegliare te e Melanie? Ho perso completamente il filo." ·

"Io l’ho perso da settimane," ribatté Philip massaggiandola con meno energia. Si era inginocchiato ora, mentre le asciugava le gambe. "Lo sai che tutto questo è molto eccitante?"

"Calmati, bambino," disse Désirée, "devi fare una veglia, non ti ricordi?"

Tesoro,

tante grazie per la tua ultima lettera. Sono contento di sapere che sei guarita dalla tua infreddatura. A me non è ancora venuto il raffreddare da fieno, spero di non essere allergico al polline di Euphoria. A proposito, ho una relazione con Mrs Zapp. Avrei dovuto accennartene prima, ma mi è andato via di…

Cara Hilary,

non “tesoro” perché ho perso il diritto a questo vezzeggiativo. Soltanto pochi mesi dopo il mio rapporto con Melanie…

Carissima Hilary,

hai dimostrato un grande intuito quando hai affermato che sembravo più allegro e rilassato nelle mie ultime lettere. Senza entrare troppo nei particolari, ultimamente sono stato a letto con Désirée Zapp tre o quattro volte la settimana e la cosa mi ha fatto molto bene…

Mentre si recava al campus, continuò a comporre mentalmente lettere per Hilary, stracciandole, sempre mentalmente, appena cominciate. I suoi pensieri sembravano volgere, senza che lui potesse controllarli, verso l'assurdo, il sentimentale, l’osceno appena cercava di unire in un’unica inquadratura immagini di casa, di Rummidge, di Hilary e dei bambini e della sua attuale esistenza. Era difficile credere che, solo salendo su un aereo, potesse tornare in poche ore nel grigio ambiente, umido e monotono, da cui era venuto. Difficile come credere di poter attraversare lo specchio del tavolo da toilette di Désirée e ritrovarsi nella sua camera da letro. Se solo avesse potuto, quando fosse venuto il momento, mandare a casa un pupazzo al suo posto, uno Swallow robot, programmato per lavare i piatti, assumersi corsi universitari, pagare le rate dell’ipoteca il giorno 3 di ogni mese, mentre lui invece se ne restava nascosto a Euphoria, si faceva crescere i capelli, tranquillamente acquattato con Désirée... Nessuno se ne sarebbe accorto a Rummidge. Al contrario, se fosse tornato di persona nell’attuale condizione mentale avrebbero detto che era un impostore. Per favore il vero Philip Swallow vuole alzarsi in piedi? Piacerebbe anche a me affrontarlo, pensava Philip guidando la Corvair nelle strette curve di Socrates Avenue, mentre gli pneumatici stridevano dolcemente sull’asfalto e case e giardini si susseguivano rapidamente nello specchietto retrovisore.

Aveva finito poi col guidare l’auto di Morris Zapp. "Solo per tenere la batteria sotto carica," aveva detto Désirée, pochi giorni dopo che lui si era trasferito in casa di lei. "Mi dà fastidio vederti prendere l'autobus ogni mattina, con l’auto ferma in garage"

Vedi tutto è cominciato la notte della frana. Mrs Zapp e io eravamo stati invitati ancora allo stesso ricevimento e lei mi ha offerto un passaggio a casa, perché era scoppiato una specie di uragano tropicale... Pythagoras Drive era come un fiume in piena. La pioggia fendeva a grandi raffiche i raggi dei fari, tambureggiava sul tetto dell'auto e quasi bloccava i tergicristallo. I lampioni stradali erano spenti, probabilmente a causa di un corto circuito. Era come guidare sul fondo del mare.

"Gesù Cristo," aveva mormorato Désirée, sbirciando attraverso il parabrezza inondato di pioggia, "penso che mi fermerò, dopo che avrò lasciato giù lei."

Per educazione lui l’aveva invitata a prendere una tazza di caffè e, con sua grande sorpresa, lei aveva accettato. "Si bagnerà moltissimo, temo," disse lui.

"Ho un ombrello. Facciamo una corsa."

Avevano fatto una corsa, finendo dritti sul fianco della casa.

"Non riesco a capire," aveva detto Philip, "la porta d’ingresso dovrebbe essere qui."

"Forse lei è ubriaco," aveva replicato Désirée, in tono indifferente. Malgrado l'ombrello era bagnata fradicia e Philip completamente inzuppato. Inoltre avevano avuto la sensazione di essere immersi in parecchi centimetri di fango, anziché camminare sul sentiero del giardino.

"Sono assolutamente sobrio," aveva risposto cercando a tentoni nel buio i gradini della veranda.

"Qualcuno avrà spostato la casa," aveva ribattuto lei con sarcasmo.

Il che in un certo senso era proprio vero. Girando un angolo dell’edificio alla ricerca della porta d’ingresso, si erano imbattuti in tre ragazze terrorizzate, in un abbigliamento notturno tutto schizzato di fango: Melanie, Carol, Deirdre, che erano appena state sbalzate fuori dei loro letti, quando la casa aveva ruotato su se stessa, compiendo un ampio arco (per sua fortuna Charles Boon era al caldo e all`asciutto nel suo confortevole studio)

"Pensavamo che fosse un terremoto," dissero, "che fosse la fine del mondo."

"Fareste meglio a venire a casa mia," aveva proposto Désirée.

E’ stato, come vedi, solo un atto caritatevole e doveva essere una sistemazione provvisoria. Tanto per avere un tetto sopra testa, finché avessimo potuto tornare in Pythagoras Drive, o trovare altre soluzioni…

Carol e Deirdre se n’erano andate presto, Melanie si era installata, con Charles Boon, nell'area meridionale del campus; si erano gettati anima e corpo nella causa del Giardino e volevano essere vicini al teatro della lotta. Alla fine, di tutti i profughi della frana, solo Philip era rimasto nella casa degli Zapp.

Aveva tenuto duro in attesa di sapere se la casa di Pythagoras Drive sarebbe stata sicura: Désirée gli aveva detto di non preoccuparsi. Aveva cominciato a cercare senza metodo un altro appartamento: Désirée gli aveva detto di fare con calma. Non gli sembrava di essere inopportuno, imponendole la sua presenza, perché lei usciva spesso la sera per delle riunioni e lui le risparmiava il fastidio di trovare delle baby-sitter. Désirée poi era il tipo che si alzava tardi e apprezzava la disponibilità di lui a preparare la colazione per i gemelli e a spedirli a scuola. Quasi senza accorgersene erano scivolati nell’abitudine, era più o meno come essere sposati. La domenica lui conduceva i gemelli al parco nazionale, sull'altro lato delle colline di Plotinus, e li portava a fare gite in pineta. Aveva la sensazione di tornare a una versione più comoda e adeguata della sua vita in Inghilterra. L’interregno di Pythagoras Drive sembrava un sogno fatto sotto narcosi, man mano che svaniva nel passato. C’era stato qualcosa di innaturale e di morboso, dopotutto, qualcosa di ignobile e ridicolo nel ruolo che vi aveva recitato, un parassita di mezz’età in una società alternativa, che bazzicava gente giovane con l’aria umile e suadente, ansioso di piacere, di non offendere, speranzoso di partecipare a un gioco che non era mai stato attuato, il gioco che aveva visto fare quella sera a pianterreno, nell’appartamento delle ragazze con il cow-boy, il confederato e il lottatore negro. Sembrava non l’avessero ripetuto oppure stavano attenti a farlo quando lui era fuori. Non aveva più subodorato neppure un accenno di orgia da quella notte in poi, anche se era rimasto con i sensi vigili per cogliere un segnale. Il massimo che aveva fatto per accostarsi a un amore di gruppo era stato di leggere la piccola pubblicità in stile postmoderno sull’Euphoric Times. Forse avrebbe potuto pubblicare un annuncio lui stesso. Professore britannico, non particolarmente inserito, amante Jane Austen, Top of the Pops, gin-tonic, parteciperebbe orgia, principiante promettente. Oppure un messaggio personale. Melanie. Offrimi una seconda possibilità. Ho bisogno di te, ma non posso dirtelo. Sano sveglio nella mia camera e ti aspetto. Sveglio e sudato nel buio ad ascoltare i suoni ovattati di lei e Charles che facevano l’amore nella stanza accanto. Era diventato davvero morboso. Poi la frana aveva spazzato via tutto, una Sodoma e Gomorra di fantasie segrete e di desideri inappagati.

Si era sentito un altro uomo nell’atmosfera tranquilla, inizialmente asessuata, del nido lussuoso di Désirée Zapp, in cima alla salita di Socrates Avenue.

Aveva iniziato a mangiare e a dormire meglio. Insieme, lui e Désirée avevano smesso di fumare.

"Se getti via quella pipa puzzolente, io getterò via le mie sigarette puzzolenti, facciamo un patto?"

Era stato il karate a farla decidere di smettere, diceva, perché si era sentita umiliata a respirare faticosamente dopo dieci minuti di esercizi. Philip aveva trovato questa rinuncia sorprendentemente facile e aveva deciso che in fondo non aveva mai amato veramente la pipa. Era stato felice di essersi liberato di tutti gli accessori ingombranti che il fumo comportava. Ora che le giornate erano calde, poteva indossare pantaloni leggeri e camicie aderenti, senza mettere in mostra sul torace protuberanze antiestetiche che sembravano cisti. Tuttavia adesso beveva di più, di solito un paio di gin-tonic prima di cena, vino o birra durante il pasto e magari uno scotch più tardi, mentre guardavano alla televisione la loro rivoluzione quotidiana.

Una sera, durante questo solito rito, Philip aveva detto: “Oggi ho trovato un appartamento carino. In Pole Street."

“Perché non resti qui?" aveva chiesto Désirée senza distogliere lo sguardo dallo schermo. "C’é un sacco di posto."

"Non posso continuare a imporre la mia presenza."

"Se vuoi, puoi pagarmi l'affitto."

"Benissimo," aveva risposto lui, "quanto chiedi?"

"Che ne dici di quindici dollari la settimana per la stanza, più venti dollari per cibo e liquori e altri tre dollari per riscaldamento e luce, per un totale di trentotto dollari alla settimana o centosessanta dollari al mese?"

"Santo cielo!" aveva esclamato Philip, "cogli subito la palla al balzo!"

"Ci stavo già pensando, mi sembra sia una soluzione molto conveniente per me. A proposito, sei a casa domani sera? Ho una riunione di terapia di gruppo."

Philip si fermò a un semaforo rosso e abbassò il finestrino.

Il ronzio di un elicottero lo avvertì che era ancora nella zona militare, tuttavia da nessun altro indizio si sarebbe potuto arguire che da questa parte del campus vi fossero disordini all’università, penso mentre guidava l’auto attraverso l’ampio ingresso sul lato ovest, oltre i prati e le siepi, dove i getti degli irrigatori d’acqua corrente si iridavano alla luce del sole e un solitario addetto alla vigilanza alzò pigramente una mano a salutarlo dalla sua garitta. Ma man mano che si avvicinava al Dealer, i segni della lotta si fecero più evidenti: finestre fracassate e chiuse con assi di legno, volantini e contenitori di gas lacrimogeno che ingombravano i viali, soldati della guardia nazionale e polizia del campus che pattugliavano con circospezione i viottoli, sorvegliavano gli edifici e parlottavano nei walkie-talkie. Trovò un posto libero nel parcheggio dietro il Dealer, mettendosi di fianco a Luke Hogan, appena arrivato con la sua grossa Thunderbird verde.

"Ha una bella macchina, Phil," gli disse il rettore. "Morris Zapp ne aveva una uguale."

Philip cambiò con disinvoltura argomento. "C’è una cosa da dire, riguardo a questi disordini al campus," osservò, "che rendono più facile il parcheggio."

Hogan annuì tristemente. Il momento critico non era affatto uno scherzo per lui, stretto tra colleghi radicali e conservatori.

"Mi dispiace davvero, Phil, che abbia dovuto essere nostro ospite in un periodo come questo."

"Ma no, lo trovo molto interessante, forse anche più di quanto si penserebbe."

"Lei dovrebbe tornare un altro anno."

"E se le chiedessi un lavoro permanente?" domandò Philip, tra il serio e il faceto, ripensando al suo discorso con Désirée.

La risposta di Hogan, invece, fu del tutto seria. Un’espressione di grande sofferenza passò sulla sua grossa faccia scura, bruciata dal sole e solcata da rughe, come un paesaggio western.

"Perbacco, Phil, se solo potessi..."

"Stavo scherzando."

"Be’, sul Notiziario c'è stato un articolo molto buono su di lei... E di questi tempi è importante insegnare, molto importante?

"Non ho pubblicazioni alle mie spalle, lo so."

"Ma devo ammettere, Phil..." Luke Hogan sospirò. "Per farle un’offerta adatta alla sua età e con la sua esperienza, dovrebbe aver scritto almeno un libro o due. Se fosse negro, naturalmente, sarebbe diverso. O, meglio ancora, indiano. Che cosa non darei per avere un indiano indigeno con il Ph.D.!" mormorò con aria sognante, come un uomo in un’isola deserta che pensi a una bistecca con patate fritte. Una delle condizioni imposte per risolvere lo sciopero del trimestre precedente era stato un impegno dell’università ad assumere un maggior numero di professori del terzo mondo, ma quasi tutte le altre università del paese stavano inseguendo la stessa preda, cosicché l’elemento umano stava scarseggiando.

"Questa è un’altra questione. Io poi non ho il Ph.D.," osservò Philip.

Era un fatto già noto a Hogan, ma lui chiaramente considerava di cattivo gusto sottolinearlo, per cui non rispose. Entrarono nel Dealer e attesero in silenzio l’ascensore. Un comunicato sulla parete, scritto rozzamente, avvertiva: VEGLIA DEI PROFESSORI DI INGLESE, SUI GRADINI DEL DEALER, ORE 11. Quando la porta dell’ascensore si aprì dolcemente ed essi entrarono, Karl Kroop si affrettò a raggiungerli. Era un uomo basso, occhialuto, con i capelli radi, un personaggio antieroico, addirittura in modo deludente, lo aveva giudicato Philip la prima volta in cui aveva capito di chi si trattava. Portava ancora sul bavero della giacca il distintivo con la scritta: VOGLIAMO KROOP, come un veterano porterebbe una medaglia al valore. O forse lo ostentava solo per mettere in imbarazzo Hogan, che aveva presieduto entrambe le riunioni per il suo licenziamento e poi per la sua riassunzione.

"Salve Luke, salve Philip!" li salutò allegramente. "Ehi, ragazzi, ci vediamo più tardi sui gradini?"

Hogan rispose con un sorriso tirato: "Purtroppo questa mattina sarò impegnato con una commissione, Karl." Poi, appena l’ascensore si aprì, ne balzò fuori e scomparve nel suo studio.

"Fottuto liberale!" brontolò Kroop.

"Be’, anch’io sono un liberale," obiettò Philip.

"Allora vorrei," disse Kroop, battendo una mano sulla spalla di Philip, "che ci fossero più liberali come te, Philip, pronti a dichiarare il loro liberalismo chiaro e tondo, ad andare in galera per la causa. Vieni alla veglia?"

"Oh, sì!" rispose Philip arrossendo.

Appena entrò nell’ufficio del dipartimento per controllare la sua cassetta della posta, Mabel Lee lo salutò. "Salve, professor Swallow, Mr Boon le ha lasciato un appunto nella sua casella postale." Affettò un sorriso. "A quanto sento, lei parteciperà alla trasmissione, stasera. L’ascolterò di certo."

"Oh, povero me, non glielo consiglio!"

Prese una copia dell’Euphoric State Daily dalla pila di giornali sul banco e diede una scorsa alla prima pagina: ORDINE DI REPRESSIONE EMANATO DALLO SCERIFFO O’KEENE... GLI ALTRI CAMPUS PROMETTONO AIUTO... MEDICI E SCIENZIATI ESAMINANO I COSIDDETTI GAS TOSSICI. DONNE E BAMBINI MARCIANO SUL GIARDINO PER PROTESTA. C’era una fotografia del Giardino, che era stato ridotto in poco tempo a un desolato appezzamento polveroso, con qualche residuo di attrezzatura sportiva e qualche arbusto avvizzito in un angolo, circondato dall’ormai familiare recinzione metallica. Pochi soldati all’interno, una folla di donne e bambini all’esterno, come un campo di concentramento surreale al contrario. Qualcosa per il Charles Boon Show! "Chi sono i veri prigionieri? Chi è dentro o chi è fuori della staccionata?" Eccetera, eccetera.

Sollevò lo sportello di quella che chiamava ancora la sua colombaia, con gran divertimento dei colleghi americani. Un pacchetto di forma strana, con l’indirizzo scritto dalla calligrafia di Hilary, gli procurò un attimo di malessere, finché vide che era arrivato per mare e che era stato impostato mesi prima. In quei giorni la posta che giungeva dall’estero lo turbava, ricordandogli i legami e le responsabilità che aveva oltre confine; in particolare, rifuggiva dalle lettere di Hilary spedite per via aerea, missive azzurro pallido, sottili come ostie, con il profilo nitido della regina in alto a destra, che trasmetteva ai suoi occhi colpevoli un dolente biasimo per la sua condotta. Non che, per la verità, il contenuto delle ultime lettere di Hilary esprimesse la sensazione che vi fossero da parte sua recriminazioni o sospetti. Raccontava in tono abbastanza affabile dei bambini, di Mary Makepeace e di Morris Zapp, che sembrava stesse assumendo un ruolo preminente nelle vicende di Rummidge di quei tempi, dopo che aveva risolto con successo un accenno di agitazione studentesca che sembrava dovesse aver luogo... In realtà, Philip recepiva molto poco le notizie che Hilary gli dava, poiché scorreva le righe nella nitida calligrafia rotonda il più rapidamente possibile, per tranquillizzarsi sul fatto che nessuna voce della sua infedeltà si fosse diffusa a Rummidge, per rimbalzargli addosso in un grido di risentimento e di collera.

Non era un segreto a Plotinus e dintorni che lui vivesse in casa di Zapp, ma la gente era troppo presa dai disordini per il Giardino per cercare di saperne di più. O era così, oppure, come sosteneva Désirée, la gente pensava che Philip fosse un gay, poiché aveva preso con sé nell’appartamento Charles Boon, e che lei fosse una lesbica a causa del Movimento di liberazione della donna, così nessuno immaginava che fra i due potesse esserci una relazione. Inoltre Howard Ringbaum, che era il maggior indiziato come autore della lettera calunniosa riguardo a Melanie (il cow-boy, che era uno dei suoi allievi, avrebbe potuto essere la sua fonte di informazione), se n’era andato da Euphoria, in quanto gli era srato offerto un lavoro in Canada ed era stato lasciato libero, dopo un breve preavviso, da un Hogan molto sollevato.

Philip lesse l’appunto di Charles Boon, che gli rammentava l’ora e il luogo della trasmissione. Ripensò al loro incontro sull’aereo, sembrava avvenuto anni prima. "Ehi, dovrebbe partecipare al mio programma, una sera..." Molte cose erano cambiate da allora e anche il suo atteggiamento verso Charles Boon, che aveva oscillato attraverso tutta una gamma di sentimenti: divertimento, fastidio, invidia, ira, furiosa gelosia sessuale e ora, esaurita ogni carica emotiva, era subentrato una specie di riluttante rispetto.

ln questo periodo si vedeva Boon dappertutto, per le strade, alla televisione, dovunque ci fosse una marcia, una dimostrazione, ben visibile per una bianca ingessatura su un braccio, come se sfidasse la polizia e rompergli l’altro. Il suo sangue freddo, la sua sfacciataggine, la sicurezza di sé non conoscevano limiti, si trasformavano in qualcosa di molto simile al coraggio. L’infatuazione di Melanie, che non dava segno di cedimento, era diventata ora un po’ più comprensibile.

Philip sgualcì l’appunto e lo gettò nel cestino per la carta straccia. Il pacchetto giunto dall’Inghilterra lo avrebbe aperto nell’intimità del suo studio. Andandoci, passò dal gabinetto degli uomini al quarto piano, dove era scoppiata la bomba il primo giorno della sua attività lì, ora restaurato e ridipinto. Dicevano che la vista attraverso la finestra collocata sopra l’orinatoio, orientata proprio in direzione della baia fino al Silver Span, era la più bella che si potesse godere al mondo da una posizione del genere, ma quel giorno Philip tenne gli occhi bassi. Sì, certo, lo vedeva in prospettiva.

Mi devi credere, Hilary, non c’era assolutamente niente di erotico, neanche un po’. Nelle poche occasioni in cui ci vedevamo a quel tempo non eravamo particolarmente attratti l’uno dall’altra e in ogni caso Désirée era tutta presa, con l’entusiasmo di una neofita, dalla sua conversione alla causa della liberazione della donna ed era molto ostile agli uomini in generale. In effetti quello che gradiva della nostra sistemazione…

"Oh, povera me!" aveva sospirato Désirée dopo che avevano fatto l'amore la prima volta.

"Che c’è?"

"E’ stato bello finché è durato."

"E’ stato sensazionale," aveva risposto lui, "ma sono venuto troppo presto!"

"Non intendevo quello, sciocco! Volevo dire che la nostra castità è stata bella finché è durata."

"Castità?"

"Avevo sempre desiderato essere casta. Era stato così bello in queste ultime poche settimane, non ti pare, vivere come fratello e sorella? Ora abbiamo una relazione, come tutti gli altri. Com’è banale!"

"Non è necessario andare avanti, se non ti va," aveva obiettato lui.

"Non si può tornare indietro, una volta che si è cominciato. Si può solo proseguire."

"Bene," aveva convenuto lui e per confermare questo principio, il mattino seguente l`aveva svegliata presto per rifare l’amore. C’era voluto molto tempo per eccitarla, ma alla fine era venuta con una serie di sussulti a schiena inarcata che avevano sollevato letteralmente Philip dal letto.

"Se non sapessi che l’orgasmo vaginale è un mito," aveva osservato lei dopo, "avresti potuto burlarti di me. Non è mai stato così bello con Morris."

"Stento a crederlo, ma è carino dirmelo da parte tua."

"E’ vero. La sua tecnica era straordinaria, nei primi tempi però, ma io mi sentivo sempre come una macchina in collaudo. Ero collaudata, come si dice, fino a essere distrutta."

Philip entrò nel suo studio, aprì la finestra e sedette alla scrivania. Il pacco di Hilary conteneva ovviamente un libro ed era contrassegnato con un DANNEGGIATO DALL’ACQUA MARINA, il che spiegava il suo aspetto strano, quasi sinistro. Tolse la carta che lo avvolgeva e trovò un volume deformato, sbiadito, sciupato, che al momento non riconobbe. Mancava il dorso e le pagine erano incollate insieme. Riuscì pero ad aprirlo nel mezzo e lesse: "I flash-back devono essere usati con parsimonia, comunque. Rallentano il procedere della storia e confondono il lettore. La vita, dopotutto, va avanti, non indietro."

Si riunirono con un certo imbarazzo sui gradini del Dealer Hall, professori, docenti e assistenti del dipartimento di inglese. Karl Kroop si dava un gran daffare a distribuire bracciali neri. Si vedevano pochi manifesti d’aspetto casereccio, che dichiaravano VIA LE TRUPPE DAL CAMPUS e ORA BASTA CON L’OCCUPAZIONE. Philip fece cenni col capo e sorrisi agli amici e ai conoscenti confusi tra una folla in maniche di camicia e vestiti estivi.

Era una bella giornata per una dimostrazione. L’atmosfera per la verità era più quella di un picnic che di una veglia. Karl Kroop doveva aver avuto la stessa impressione, perché richiamò all’ordine il gruppo, battendo le mani.

"Ehi, gente, questa dovrebbe essere una dimostrazione silenziosa," disse, "e penso che conferireste maggior dignità alla vostra protesta rinunciando a fumare durante la veglia."

"E anche a bere e a far l'amore," aggiunse un burlone nell’ultima fila. Sy Gootblatt, che stava di fianco a Philip, mugugnò e gettò via la sigaretta.

"Va bene per te, che hai già smesso," disse. "Come hai fatto?"

"Mi rifaccio con più alcool e più sesso," rispose Philip, sorridendo. Aveva scoperto che dire la verità fingendo di scherzare era il modo più sicuro per proteggere i propri segreti a Euphoria.

"Già, ma poi come fai con la sigaretta del dopocoito? Non ti manca?"8

"Veramente io fumavo la pipa."

"E ricordate," disse solennemente Karl Kroop, "se i piedipiatti o i soldati cercano di disperdere questa riunione, fatevi trascinare via di peso, ma non opponete resistenza. Se qualche porco vi maltratta, accertatevi di avere il suo numero di matricola, non che quei fottuti di questi tempi portino i numeri di matricola. Qualche domanda?"

“Se usano il gas?" chiese qualcuno.

"Allora siamo fregati. In quel caso ritiratevi con la maggior dignità possibile. Camminate, non correte."

Alla fine prevalse la moderazione. La facoltà di inglese annoverava pochi radicali veri e nessun aspirante martire. Le parole di Karl Kroop avevano ricordato loro che, nell'attuale clima di incertezza, tutti, anche se magari solo un pochino, erano compromessi. Tecnicamente stavano violando il divieto del governatore Duck alle pubbliche assemblee nei campus.

Tutto è cominciato con il mio arresto. Se non fosse stato per quello, penso che non sarebbe successo nulla. E’ stata Désirée, capisci, che ha attenuto per me la libertà dietro cauzione…

"Pronto, sei tu, Désirée?"

"Finalmente! Ti sei dimenticato che stasera dovrei uscire?"

"No, non l’ho dimenricato."

"Dove diavolo sei?"

"Veramente sono in prigione."

"In prigione?

"Sono stato arrestato per un furto di mattoni."

"Gesù! Li hai rubati?"

"No, naturalmente no. Li avevo in auto, ma non li ho rubati, è una lunga storia."

"Meglio darci un taglio, professore," aveva detto l’agente di polizia che lo sorvegliava.

"Mi procurerò il denaro in qualche modo," aveva promesso Désirée. "Non ti preoccupare."

"Oh, non sono preoccupato," aveva risposto Philip, con voce avvilita. Aveva sentito Désirée che appendeva il ricevitore e aveva fatto altrettanto.

"Le è concessa un’altra telefonata," l'aveva avvertito l’agente.

"La tengo per un’altra volta," aveva risposto lui.

"O la fa subito o non la farà per niente. Ed è meglio che non ci conti tanto sulla possibilità di essere liberato su cauzione, per lo meno fino a lunedì. Lei è straniero, capisce? Questo può creare delle complicazioni."

"Oh, povero me! E adesso che succede?"

"Quello che succede adesso è che io la metto sotto chiave. E’ un peccato che la cella per i reati di cattiva condotta sia piena rasa di altri tizi che avevano preso mattoni che non appartenevano loro. Dovrò metterla nella cella dei criminali,"

"Criminali?" La parola era suonata molto male alle sue orecchie e i suoi presentimenti non si erano certo sopiti alla vista dei due robusti negri che erano balzati in piedi con agilità animalesca quando era stata aperta la porta della cella.

"Questo qui è un professore, ragazzi," aveva esclamato il poliziotto, spingendo dentro Philip rudemente e chiudendo poi a chiave la porta. "Perciò state attenti a rivolgervi a lui educatamente."

I due criminali gli erano girati attorno.

"Per che cosa ti hanno beccato, professore?"

"Perché ho rubato dei mattoni."

"Lo senti, Al?"

"Ho sentito, Lou"

"Quanti mattoni, professore?"

"Oh, circa venticinque.”

I due delinquenti si erano guardati stupiti. "Forse erano mattoni d’oro," aveva detto uno. L’altro era scoppiato in una risata acuta e beffarda.

"Hai delle sigarette, professore?" .

"No, mi dispiace" Quella fu l’unica volta in mi si pentì di aver smesso di fumare.

"Ha un bel paio di pantaloni il professore, Al."

"E’ vero, Lou."

"A me piacciono i pantaloni che stanno bene, belli aderenti al culo, Al."

"Anche a me, Lou."

Philip si era messo subito a sedere sulla panca di legno che correva lungo la parete e non si era più mosso finché Désirée non gli aveva ottenuto la libertà.

"Sei venuta appena in tempo," le aveva detto mentre si allontanavano con l’auto dalla sede della polizia. "Sarei stato violentato se fossi rimasto tutta la notte."

Era un episodio buffo, visto in retrospettiva, ma non aveva alcuna voglia di ripetere l’esperimento. Se un drappello di piedipiatti si fosse precipitato proprio in quel momento dall’ingresso Mather per arrestarli, sarebbe stato senz’altro tra i primi a rompere le righe e a rifugiarsi nel suo studio. Per fortuna quello era un giorno tranquillo al campus e la veglia non sembrava destinata a spezzate quella pace. I passanti si limitavano a guardare e a sorridere. Alcuni mimarono il segno pacifista e il saluto militare di Potere Nero e gridarono: "Bene così!" e "Potere al popolo!" Una squadra televisiva, un cronista e un operatore, che trasportava il suo pesante equipaggiamento sulle spalle come un bazooka, li filmò per qualche minuto, spostando l’obiettivo della telecamera lateralmente per tutta l’estensione dei gradini, facendo pensare alle fotografie scolastiche annuali. Sy Gootblatt tenne davanti alla faccia una copia dell’Euphoric State Daily.

"Come facciamo a sapere che non lavorano per l’FBI?" spiegò.

Per cominciare dall’inizio, stavo guidando un sabato pomeriggio per le vie di Plotinus. Ero stato in centro a fare spese e sulla strada del ritorno ero passato vicino all’area di una chiesa in demolizione e avevo notato che molta gente, per la maggior parte studenti portava via con carriole e carrelli del supermercato i vecchi mattoni. Mi ero avvicinato a un gruppo che stava facendo fatica a mettere un carico di mattoni in sacchi di carta e borse della spesa e avevo riconosciuto uno dei miei allievi… Wily Smith. Con due suoi amici negri del ghetto di Ashland e una ragazza bianca con indosso un caffettano e a piedi nudi. Avevano accettato prontamente la sua offerta di un passaggio fino al Giardino; avevano caricato i mattoni nel bagagliaio della Corvair ed erano saltati dentro. Quando Philip si era fermato a un incrocio nei pressi del Giardino, Wily Smith all’improvviso aveva gridato: "I porci!" Le tre portiere dell’auto si erano spalancate contemporaneamente e i passeggeri di Philip si erano dileguati in diverse direzioni. I due poliziotti nell’auto che si era fermata dietro alla sua non si erano dati la pena di inseguirli. Si erano diretti tranquillamente verso Philip, che era seduto al volante, paralizzato dalla paura.

"Sono passato col rosso o qualcosa del genere?" aveva chiesto con voce tremula.

"Apra il bagagliaio, per favore."

"Ci sono soltanto dei vecchi mattoni"

"Su, apra il bagagliaio."

Era così agitato che aveva dimenticato che la Corvair aveva il motore dietro e per sbaglio aveva aperto il cofano.

"Per favore, niente giochetti con me, Mac, non ho tempo da perdere."

"Scusatemi.”

"Da dove vengono quei mattoni?"

"Ehm... c’è un edificio, una chiesa in demolizione lungo la strada, lo saprete. Un sacco di gente portava via i mattoni vecchi."

"Ha un permesso scritto che l’autorizzi a prendere questi mattoni?"

"Guardi, agente, che io non li ho presi. Li avevano quegli studenti che erano in auto con me. Stavo solo dando loro un passaggio."

“Quali sono i nomi e gli indirizzi?"

Philip esitò. Conosceva l'indirizzo di Wily Smith e aveva l’abitudine di dire la verità, specialmente ai poliziotti.

"Non li so. Ho supposto che avessero l’autorizzazione.”

"Nessuno ce l’ha. Quei mattoni sono beni rubati."

"Davvero? Non possono avere un gran valore, no? Li riporterò subito alla chiesa."

"Neanche per sogno. Ha un documento di identità?"

Philip aveva mostrato la sua carta di riconoscimento dell’università e la patente di guida britannica. La prima aveva provocato una brusca tirata contro i professori che incoraggiano gli allievi a violare la proprietà, la seconda era stata considerata con sospetto profondo anche se silenzioso. Entrambi i documenti erano stati requisiti. Una seconda macchina della polizia si era fermata accanto a loro e gli occupanti avevano cominciato a scaricare i mattoni dall’auto di Philip per trasferirli in quella della polizia. Poi tutti erano andati alla centrale.

La stanza in cui lo avevano introdotto da principio era piccola, senza finestre e senz’aria. Era stato severamente ammonito di non danneggiare e imbrattare i muri con disegni osceni, era stato perquisito alla ricerca di armi e lasciato solo per una mezz’ora a meditare sui suoi peccati. Poi lo avevano portato fuori di lì e incriminato. La sua carta di riconoscimento dell’università e la sua patente di guida erano state nuovamente esaminate. Il contenuto delle tasche era stato elencato e requisito. Un’esperienza frustrante che gli aveva ricordato un gioco eseguito tempo addietro in Pythagoras Drive. Si erano divertiti molto gli agenti quando dalla tasca della giacca di Philip era venuta fuori una biglia appartenente a Darcy (Ah, ah! Anche lei ha il suo pallino, eh, professore?), ma lo spasso si era trasformato in disapprovazione morale mista a gelosia lasciva quando era emerso che la macchina che guidava e la casa in cui abitava appartenevano a una donna che non era sua moglie, la cui fotografia era nel portafogli.

Era stato fotografato e gli avevano preso le impronte digitali. Dopo di che gli era stato concesso di telefonare a Désirée e poi era stato messo al fresco con i criminali. Désirée era riuscita a liberarlo dietro cauzione alle sette di sera, proprio quando aveva ormai perso ogni speranza di uscire di lì prima di lunedì. Lei lo aspettava nell’atrio del palazzo di giustizia, fresca, vivace e sicura di sé, in un tailleur pantalone color crema, con i capelli rossi raccolti in uno chignon. Le si era aggrappato al collo.

"Désirée! Grazie a Dio, sei arrivata!"

"Ehi, sembri molto teso. Ti hanno picchiato o qualcosa del genere?"

"No, no, ma è stato sconvolgente."

Désirée era stata dolce, perfino tenera per la prima volta da quando si conoscevano. Si era messa in punta di piedi per baciarlo sulle labbra, lo aveva preso a braccetto e lo aveva trascinato all’uscita. "Dimmi tutto," gli aveva detto poi.

Lui aveva raccontato con frasi sconnesse, incoerenti. Ma non per lo shock dovuto al sollievo: come già con Melanie, il bacio inatteso aveva sciolto il gelo che aveva dentro ed emozioni insospettate e sensazioni dimenticate improvvisamente erano fluite in lui. Non pensava più all’arresto, pensava che era la prima volta che si erano toccati. E sembrava che gli stessi pensieri passassero nella testa di Désirée. Ai suoi commenti incoerenti lei dava risposte incoerenti. Guidando verso casa aveva distolto gli occhi dalla strada per guardarlo per periodi pericolosamente lunghi, ridendo e imprecando in modo un po’ isterico. Alla luce di questi segni, lui si era sentito ancora più eccitato e smarrito. Le sue membra tremavano in modo incontrollato quando era sceso dalla macchina ed era entrato in casa.

"Dove sono i gemelli?" aveva chiesto.

"Dai vicini," aveva risposto Désitée, guardandolo in modo strano. Chiusa la porta d'ingresso, si era tolta la giacca e poi le scarpe, quindi i pantaloni, la camicia e le mutandine. Non portava il reggiseno.

"Scusa, Phil," sussurrò Sy Gootblatt, "ma penso che tu abbia un’erezione e non sta bene a una veglia."

Alle dodici e mezzo circa la veglia raggiunse una tranquilla conclusione e i dimostranti si sparpagliarono, chiacchierando, per andare a pranzo. Philip mangiò un panino con insalata di gamberi assieme a Sy Gootblatt nel ristotante Silver Steer del campus. Dopo di che Sy tornò nel suo studio per battere sulla macchina per scrivere elettrica un altro articolo su Hooker. Philip, troppo agitato per lavorare (non aveva più letto, ormai da settimane, un libro, un vero libro da cima a fondo), preferì prendere una boccata d'aria. Andò a zonzo per Howle Plaza ubriacandosi della luce del sole, oltre i chioschi e le bancarelle dei gruppi politici studenteschi, una specie di mostra ideologica, questa, in cui ci si poteva iscrivere alle associazioni studentesche, acquistare gli opuscoli delle Pantere Nere, o dare un contributo al fondo per il riscatto del Giardino, impegnarsi a salvare la baia, offrire sangue per i Vietcong, procurarsi volantini che insegnavano i primi rudimenti di pronto soccorso contro i gas tossici, firmare la richiesta per legalizzare la marijuana ed esprimersi in altre centinaia di modi interessanti. In una strada che partiva da un lato della piazza, un predicatore fondamentalista e un gruppo di monaci buddisti salmodianti gareggiavano tra loro per attirare gli animi della gente meno legata alle cose del mondo. Era un giorno relativamente tranquillo a Plotinus. Sebbene vi fossero truppe governative piazzare a ogni incrocio lungo la Cable Avenue per dirigere il traffico, tenere liberi i marciapiedi, impedire assembramenti, c'era poca tensione nell’aria e la gente era calma e di buon umore. Si era creata una specie di frattura tra i lanci di gas tossici e gli spargimenti di sangue del recente passato e il futuro imprevedibile della "grande marcia". I sostenitori del Giardino erano indaffarati a prepararsi per quell'evento e la polizia, essendosi fatta una pessima pubblicità per il ruolo avuto nei disordini del Giardino, cercava di non dare nell’occhio.

Ferveva la solita attività commerciale lungo la Cable Avenue, anche se parecchie vetrine erano state frantumate e chiuse con assi di legno e aleggiava un forte e acre odore di gas nella libreria Beta, luogo di raduno favorito dei radicali, in cui la polizia aveva lanciato tante di quelle bombe lacrimogene che si diceva si potesse arguire chi tra gli studenti avesse comprato lì i libri dalle lacrime che scorrevano sui loro visi. Il fumo più appetitoso e sano degli hamburger, del formaggio alla griglia e del pastrami[22], del caffè e dei sigari si diffondeva per le strade, provenendo dai bar affollati, mentre i negozi di dischi suonavano l’ultimo successo rock Oh happy day!, attraverso gli altoparlanti esterni, e le tende di perline tintinnavano per la brezza sulle soglie dei negozi di articoli indiani, che puzzavano di bastoncini d’incenso, e gli accordi della musica dei sitar registrata si mescolava ai rumori delle radio sintonizzate con le venticinque stazioni captabili nell’area della baia, che provenivano dai finestrini aperti delle auto pigiate una contro l’altra nella strada stretta.

Philip approfittò di un minuscolo tavolino libero presso la vetrina aperta del caffè Pierre, ordinò un gelato e un irish coffee e si appoggiò a osservare la fiumana di gente che gli sfilava davanti; i giovani Gesù barbuti e le Maddalene scalze in gonna lunga di cotone, negri con un taglio di capelli di foggia africana a forma di fungo atomico e occhiali da sole con montatura di metallo che lanciavano messaggi grazie al riverbero della luce del sole ai loro fratelli attraverso la strada, drogati in stato demenziale che brancolavano lungo il bordo della strada o sedevano sul marciapiede con la schiena appoggiata al muro assolato, ragazzini del ghetto e piccoli teppisti che manomettevano i parchimetri, elemosinando qualche cent ai guidatori che pagavano per paura che graffiassero loro i paraurti, preti e poliziotti, attacchini e netturbini, un giovane che distribuiva senza convinzione volantini su corsi di scientologia, hippy in giacchette di pelle tagliate e sbrindellate muniti di chitarre e ragazze, ragazze di ogni forma, misura e tipo, ragazze con capelli lunghi fino alla vita, ragazze con trecce, ragazze con riccioli, ragazze in gonna corta, ragazze in gonna lunga, ragazze in jeans, ragazze in pantaloni a zampa di elefante, ragazze in bermuda, ragazze senza reggiseno, ragazze molto probabilmente senza mutande, ragazze bianche, scure, gialle, negre, ragazze in caffettano, in sari, in maglioni striminziti, in calzoncini da ginnastica, in camicia da notte, con la sottoveste della nonna, con giubbotti militari, sandali, scarpe da tennis, stivali, babbucce persiane, a piedi nudi, ragazze con perline, fiori, bracciali da schiava, braccialetti alle caviglie, orecchini, cappelli di paglia, cappelli da portatore indigeno, sombreri, berretti alla Fidel Castro, ragazze grasse e magre, basse e alte, pulite e sudicie, ragazze con petto robusto e ragazze dal seno piatto, ragazze con sederi sodi, morbidi, arroganti e ragazze con panieroni sformati di carne cascante, che tremolavano a ogni passo e poi una ragazza che attirò in modo particolare l’attenzione di Philip, che attendeva di attraversare sul ciglio della strada, vestita con una minigonna cortissima, con lunghe gambe nude e in cima a una coscia un livido perfettamente a forma di bocca.

Là seduto, cogliendo con lo sguardo tutto questo spettacolo con lo stesso pigro piacere con cui sorbiva il suo caffè corretto attraverso lo spessore della panna montata, Philip alla fine si sentì convinto a espatriare e si vide addirittura come un elemento di un grande processo storico, un’inversione di quella corrente culturale del golfo che nel passato aveva trascinato tanti americani in Europa in cerca di esperienze. Ora non era l’Europa, ma l'America occidentale l’estremo confine dello studio della vita e dell’arte, verso il quale si facevano pellegrinaggi alla ricerca della liberazione e del progresso culturale; così accadeva per la letteratura americana, cui ora gli europei guardavano per cercarvi un’immagine che riflettesse la loro indagine. Pensò a Gli ambasciatori di Henry James e all’ordine dato da Strether a Little Bilham, nel giardino di Parigi: "Vivi... vivi come puoi, è un errore non farlo", sentendosi parte di entrambi i personaggi, colui che parlava e che aveva avuto troppo tardi questa intuizione e il giovane che ne avrebbe ancora potuto approfittare. Pensò a Henry Miller, seduto davanti a una birra in qualche squallido caffè di Parigi, con il notes sulle ginocchia e l’odore di femmina che ancora gli indugiava sulle dita, e sentì qualche affinità con quella volgare e mutevole fantasia priapea.

Comprese quel pomeriggio, per la prima volta nella vita, la letteratura americana, seduto da Pierre nella Cable Avenue, mentre il fiume della vita di Plotinus scorreva; comprese la sua generosità e la sua indecenza, la sua eterogeneità acquiescente, comprese Walt Whitman che accostava una all’altra parole mai viste prima insieme fuori del dizionario e Herman Melville che distruggeva il romanzo tradizionale nello sforzo di trasformare una caccia alla balena in una metafora universale e introducendo in un libro rivolto ai lettori più puritani un capitolo sul prepuzio della balena senza suscitare reazioni; capì perché Mark Twain voleva scrivere un proseguimento di Huckleberry Finn, in cui Tom Sawyer vendeva Huck come schiavo e perché Stephen Crane scrisse il suo grande romanzo di guerra prima e sperimento la guerra dopo e che cosa intendeva Gertrude Stein quando disse che "ogni cosa di cui ci si ricordi è una ripetizione, ma esistere come essere umano che vive, ascolta, ode non è una ripetizione"; comprese tutto ciò, anche se non avrebbe saputo spiegarlo agli studenti (certi pensieri sono troppo profondi per i seminari) e finalmente capì anche che cosa doveva dire a Hilary.

Perché io sono cambiato, Hilary, cambiato più di quanto avrei creduto possibile. Non sono soltanto ospite di Désirée Zapp dalla notte della frana, sono stato anche a letto con lei con regolarità e a essere sincero la cosa non mi suscita alcun senso di colpa e neppure rimorso. Certo che mi dispiacerebbe molto farti soffrire ma quando chiedo a me stesso se ti ho offeso e che cosa ti ho tolto, riesco solo a darmi questa risposta: niente. L’errore non è la mia relazione con Désirée, secondo me l’errore è stato il nostro matrimonio. Ci siamo posseduti completamente, ma senza gioia. Mi rendo conto che nei tredici anni della nostra vita coniugale questo mio viaggio in America è stata l’unica occasione in cui siamo stati separati per più di un giorno o due. In tutti questi anni credo non ci sia stata un’ora in cui tu non sapessi e non potessi intuire che cosa stessi facendo e in cui io a mia volta non sapessi o non potessi intuire che cosa stessi facendo tu. Credo addirittura che ciascuno di noi sapesse che cosa l’altro stesse pensando, così era quasi superfluo parlarci. Ogni giorno era pressoché uguale al precedente e il successivo sarebbe stato uguale all’attuale. Sapevamo le case in cui entrambi credevamo: lavoro, risparmio, educazione, moderazione. Il nostro matrimonio, la casa, i bambini era come una macchina cui ci dedicavamo e provvedevamo con la silenziosa parsimonia verbale di due tecnici che hanno lavorato assieme tanto a lungo, che non devono neppure chiedersi l’attrezzo che serve al momento, prevedono i movimenti l’uno dell’altro evitando di scontrarsi, non fanno mai un errore, né hanno un dissapore e sono profondamente stufi del loro lavoro.

Vedo che inconsciamente ho cominciato a usare il tempo passato. Probabilmente perché rifiuto di tornare a un rapporta di quel tipo. Il che non significa che io voglia il divorzio o la separazione, ma solo che, se desideriamo continuare a stare insieme, ciò dovrà avvenire su una nuova base. La vita dopotutto va avanti non indietro. Sono certo che sarebbe una buana idea se tu venissi qui per un paio di settimane, così potresti capire in questo contesto quello che sto tentando di dirti, per parlarne e prendere atto della situazione. Non credo che riuscirei a spiegarmi a Rummidge.

Incidentalmente, per quanta riguarda Désirée, lei non ha diritti su di me né io su di lei. La considererò sempre con affetto e gratitudine, nulla potrà farmi rimpiangere il nostro rapporto, ovviamente però non ti sto chiedendo di venire a partecipare a un ménage a tre. Presto tornerò a trasferirmi nel mia appartamento...

Sì, così dovrebbe andar bene, pensò Philip mentre pagava il conto. Non la spedirò ancora, però, ma quando sarà il momento la scriverò così.

"Penso si debba convenire”, disse Philip con serietà nel microfono della QXYZ, "che coloro che inizialmente idearono questa presa di posizione del Giardino fossero radicali che cercavano un punto su cui confrontarsi con il potere costituito. Si è trattato di un atto essenzialmente politico da parte della sinistra radicale, inteso a provocare una dura reazione di forza da parte dei rappresentanti della legge e dell'ordine, comprovando così la tesi rivoluzionaria che questa società presumibilmente democratica è di fatto totalitaria, repressiva e intollerante."

"Se capisco bene le sue parole, professor Swallow," ribatté la voce nasale al telefono, "lei sta sostenendo che la gente che ha cominciato l’occupazione del Giardino è la sola responsabile di tutte le violenze che ne sono derivate."

"E’ questo che stai dicendo, Phil?" si intromise Boon.

"In un cerro senso sì. Ma c’è un’altra riflessione da fare che conferma l’esattezza di questa tesi. Cioè, quando si hanno duemila soldati accampati in questa piccola comunità, elicotteri che ronzano nel cielo tutto il giorno, il coprifuoco la sera, la gente contro cui si spara nelle strade, contro cui si lanciano gas tossici, contro cui si procede all’arresto senza discriminazione e tutto per sopprimere un piccolo giardino pubblico, allora lei deve ammettere che forse c’è qualcosa che non va nel sistema. Quindi l’idea del Giardino porrebbe essere stata uno stratagemma politico concepito dai suoi fautori, ma poi può essere diventata un’idea valida ed efficace in corso di realizzazione. Spero che non pensi che abbia eluso la sua domanda."

"No," rispose la voce nel ricevitore, "no, è molto interessante.Mi dica, professor Swallow, è mai accaduto qualcosa di simile nella sua università in Inghilterra?”

"No," ammise Philip.

"Grazie per la telefonata," concluse Boon.

“Grazie," ripeté l’interlocutore.

Boon staccò l’interruttore che controllava la linea aperta e mise in onda il segnale della sua stazione. Aveva il braccio sinistro ingessato e vi si poteva leggere: "Rotto dagli uomini del vicesceriffo della contea di Arcadia, sabato 17 maggio, tra Shamrock e Addison. Necessitano testimoni.”

"Abbiamo ancora tempo per una telefonata o due," disse. La luce rossa lampeggiò. "Pronto, buona sera. Qui è Charles Boon, con il suo ospite, professor Philip Swallow. Che problema c’è?"

Questa volta si trattava di una vecchia signora, evidentemente una che chiamava abitualmente, perché Boon roteò un occhio con aria disperata appena sentì quella voce lenta e tremula.

"Non crede, professore," chiese la donna, "che quello di cui i giovani hanno bisogno oggi siano dei corsi universitari che insegnino autocontrollo e sacrificio?"

“Be’…”

"Quando io ero ragazza, un po' di tempo fa, le posso dire, eh... eh... Vuole indovinare quanti anni ho, professore?"

Charles Boon si intromise con durezza: "Be`, nonna, che cosa stai tentando di dirci? Che il miglior amico di una ragazza è un NO a tutte lettere?"

Dopo un breve silenzio, la voce riprese tremula: "Ecco, che Dio la benedica, Mr Boon, questo è proprio quello che stavo per dire,"

"Che ne dici, Phil?" chiese Charles Boon. "Hai qualche idea su questo NO come panacea dei nostri tempi?" Bevve un sorso dalla bottiglia di Coca-Cola davanti a lui e fece un rutto che l’abitudine gli aveva insegnato a rendere silenzioso.

Attraverso il pannello di vetro alla sinistra di Boon, Philip vedeva il tecnico del suono che sbadigliava sopra i suoi pulsanti e quadranti; sembrava profondamente e inesorabilmente annoiato.

Philip invece non lo era affatto. Si era molto divertito con la trasmissione. Per circa due ore aveva dispensato generosamente saggezza al pubblico del Charles Boon Show su qualsiasi argomento immaginabile: il Giardino, la droga, la legge e l’ordine, il livello accademico, il Vietnam, 1’ambiente, gli esperimenti nucleari, la stampa alternativa, l’aborto, l’analisi di gruppo, la decadenza del romanzo e gli erano rimasti ancora l’energia e l’entusiasmo necessari per dire qualche parola sulla rivoluzione sessuale alla vecchia signora.

“Be’”, rispose, "la moralità sessuale è sempre stata il pomo della discordia generazionale. Ma ora c’è maggior onestà e meno ipocrisia di un tempo in questo campo e penso sia una cosa positiva."

Charles Boon non riuscì più a sopportare questi discorsi. Interruppe la vecchia signora e si accinse a concludere la trasmissione. La luce rossa lampeggiò ancora e lui disse che avrebbero preso solo un’altra telefonata. La voce risuonò lontana, ma abbastanza chiara.

"Sei tu, Philip?"

"Hilary!"

"Finalmente!"

"Santo cielo, dove sei?"

"A casa, naturalmente. Non puoi immaginare quanti guai ho passato per trovarti."

"Non puoi parlarmi adesso."

"Ora o mai più, Philip."

Boon era rimasto seduto al suo posto, molto attento, aggrappandosi alla cuffia con la mano libera, come se stesse captando una conversazione proveniente dallo spazio. Il tecnico dietro lo schermo di vetro aveva smesso di sbadigliare e gesticolava.

"E’ una chiamata privata passata per errore," spiegò Philip, “per favore, staccatela."

"Non osare farlo, Philip," protestò Hilary. "Ho tentato per un’ora d’orologio di ottenere la comunicazione."

“Come hai fatto ad avere il numero, in nome di Dio?"

"Me l’ha dato Mrs Zapp."

"Non ti ha per caso accennato al fatto che era il numero di un programma radiofonico con collegamenti esterni?"

"Eh? Mi ha detto solo che eri molto ansioso di metterti in contatto con me. Era a proposito del mio compleanno?”

"Santo Dio, me ne ero completamente scordato."

"Non me ne importa proprio niente."

"Senti, Hilary, dobbiamo lasciare libera questa linea."

Si sporse attraverso il tavolo coperto dal tappeto verde per raggiungere il pulsante di comando, ma Boon, con un sogghigno Satanico, lo scostò con il braccio ingessato e fece segno al tecnico di alzare il volume. Il suo occhio ballerino girava eccitato in tutte le direzioni.

"Che cosa vuoi, Hilary?" chiese Philip con tono afflitto.

"Devi tornare subito a casa, Philip, se vuoi salvare il nostro matrimonio."

Philip scoppiò in una risata secca, isterica.

“Perché ridi?"

"Stavo scrivendoti per dirti più o meno la stessa cosa."

"Non sto scherzando, Philip."

"Neppure io. A proposito, hai idea di quanta gente stia ascoltando questa conversazione?”

"Non capisco di che cosa tu stia parlando."

"Giusto, allora, per favore, tronca questa dannata telefonata."

"Se la pensi così... Spero tu capisca che sto per avventurarmi in una relazione."

"Io ci sono già dentro," gridò lui, "ma non voglio parlarne al mondo intero."

Queste parole finalmente fermarono Hilary. Ci fu un ansimare, poi silenzio e infine un clic.

"Straordinario!" esclamò Charles Boon, quando le luci verde e rossa sparirono e il microfono fu finalmente spento. "Straordinario, sensazionale, fantastica radio!"

Le previsioni del tempo avevano pronosticato un periodo di sole e, il primo giorno di questo periodo, un raggio di vivida luce svegliò di buon mattino Morris, sbattendogli proprio sulla faccia attraverso le tendine di cotone trasparente. Periodi di sole. "Chi prevede questi periodi di sole?" era solito chiedere ai suoi conoscenti di Rummidge. "Qual è la maga che perde tempo a prevedere periodi di sole?" Nessuno riteneva buffa la cosa e allora anche lui si rassegnò allo strano gergo meteorologico. "Temperatura nella media stagionale", "Piuttosto fresco", "Sporadici rovesci di pioggia e intervalli di sereno". L’imprecisione di questo linguaggio non lo infastidiva più. La accettava, come accettava tante usanze britanniche, era uno stile di evasione e di compromesso, progettato per eliminare ogni stato di tensione dalla meteorologia. Lì non c’erano alti e bassi, tutto era moderato, circospetto, prudente.

Giacque per un po’ sulla schiena, con gli occhi chiusi per difendersi dalla luce del sole e anche dalla tappezzeria floreale quasi altrettanto accecante, che decorava le pareti della camera per gli ospiti degli Swallow, ascoltando i rumori della casa che si risvegliava per iniziare un nuovo giorno, mentre l`intera costruzione sembrava stirarsi e gemere come un dormitorio pieno di vecchi. Le assi del pavimento scricchiolavano, l’impianto idraulico sibilava e vibrava, i cardini delle porte cigolavano e le finestre tintinnavano nelle intelaiature. Il rumore era assordante; Morris vi aggiunse il suo apporto personale con una prolungata scorreggia che quasi sollevò il materasso. Era il suo abituale saluto all'alba, qualcosa che aveva a che fare con Rummidge, probabilmente l'acqua, che gli procurava un terribile meteorismo. Le sue orecchie si rizzarono al rumore di passi sul pianerottolo. Hilary? Balzò dal letto, si precipitò alla finestra per far prender aria alle coperte, sbattendole con vigore.

Fatica inutile. I passi erano quelli di Mary Makepeace; riconobbe la sua andatura pesante di donna incinta. Per un momento aveva creduto che Hilary si infilasse nella camera per un rapido abbraccio prima della sveglia. Chiuse con forza la finestra e saltò nuovamente dentro il letto rabbrividendo. Com’era stato vicino a coricarsi davvero con Hilary la sera prima!

Lei era depressa perché era il suo compleanno e Swallow non le aveva mandato nessun regalo e neanche uno straccio di cartolina.

"Quando non le desidero mi manda rose con l’Interflora, poi si scorda del mio compleanno," si era lamentata con un sorriso a mezza bocca. "E’ irrecuperabile a questo riguardo, di solito glielo ricordano i bambini." Per rallegrarla Morris l’aveva invitata a cena fuori. Lei era incerta e lui aveva insistito. Mary l’aveva appoggiato, e anche Amanda. Hilary si era lasciata convincere. Aveva fatto la doccia, si era lavata i capelli e aveva indossato un elegante vestito nero lungo, che lui non le aveva mai visto prima, con una scollatura profonda che metteva in mostra la pelle liscia e vellutata delle spalle e del seno.

"Ehi, sei fantastica!" aveva esclamato lui con sincerità e la donna era arrossita fin dentro la scollatura. Aveva continuato a giocherellare con le spalline e a tenersi legato attorno alle spalle uno scialle finché non aveva preso il secondo Martini, dopo il quale si era piegata in avanti attraverso il tavolo del ristorante con noncuranza senza apparentemente far caso alle lunghe occhiate di approvazione che lui gettava all’interno dell’abito.

Morris l’aveva condotta nell’unica trattoria decente di Rummidge e più tardi da Petronella, un piccolo locale in un seminterrato vicino alla stazione, dove di solito facevano musica passabile e la clientela non era troppo adolescente da risultare opprimente. Quella sera il divertimento era procurato da un mediocre gruppo folk-blues, che si chiamava Morte D’Arthur, con una giovane cantante malinconica che interpretava un’accozzaglia del repertorio di Joan Baez e di altre cantanti del genere.

Ma avrebbe potuto essere peggio, per esempio un chiassoso complesso rock che a Hilary non sarebbe piaciuto affatto. Lei comunque sembrò divertirsi, mentre guardava attorno stupita la ricostruzione dell’ambiente in stile Tudor e applaudiva entusiasta dopo ogni canzone.

"Non avevo mai saputo che a Rummidge ci fossero posti come questo. Ma come hai fatto a scoprirlo?" chiese.

Lui non volle sottolineare che Petronella e un’altra dozzina di locali del genere erano reclamizzati ogni sera sul giornale locale, gli sarebbe sembrato di mortificarla, ma era una realtà che Hilary e la gente della sua categoria non erano affatto al corrente della maggior parte delle cose che accadevano accanto a loro in città. Esisteva, forse è difficile crederlo, una specie di Rummidge notturna, anche se c’era da fare un’ardua ricerca per trovarla, come i locali gay, o le bettole indiane nel ghetto di Arbury, ma c’erano altri luoghi altrettanto interessanti e più frequentabili.

Per esempio, il Cocktail bar del Ritz, il miglior albergo di Rummidge, il sabato sera, quando i metalmeccanici si riunivano tra loro, con le mogli e le ragazza, per fare abbondanti bevute di alcolici. Per quanto l'albergo avesse alzato i prezzi nel tentativo di mantenere una cena atmosfera di classe, i metalmeccanici potevano farvi fronte.

Si raccoglievano attorno ai tavoli o si appollaiavano sugli alti sgabelli del bar; le donne avevano enormi parrucche cotonate, che torreggiavano come grosse nuvole su accompagnatori tozzi e tarchiati, dalle mani indurite dai calli, che sporgevano dalle maniche degli eleganti vestiti nuovi, che sedevano rigidi, ordinando in continuazione daiquiry, whisky-sours, White lady, Orange Blossom e altre creazioni speciali di Harold, il barista, pluripremiato: Mushroom CloudSuperchargerFireball e Rummidge Dew... "Ti ci porterò qualche volta," aveva promesso a Hilary.

"Santo cielo, sembra tu sia al corrente di tutto, Morris. Tutti penserebbero che sei vissuto a Rummidge per anni."

"Qualche volta sembra anche a me," aveva scherzato lui dolcemente.

"Non devi veder l’ora di tornare a Euphoria."

"Be’, non lo so. Mi dispiacerà perdere il primo Grand Prix di Rummidge."

"Di certo rimpiangerai il clima... e la famiglia?"

"Sarò felice di rivedere i gemelli. Ma potrebbe essere l’ultima volta. Lo sai che Désirée vuole il divorzio."

Gli occhi di Hilary si erano riempiti di lacrime, in parte dovute alla sbronza. "Mi dispiace," aveva detto.

Lui aveva scrollato le spalle e assunto la sua espressione annoiata e coraggiosa allo stesso tempo, alla Humphrey Bogart. C’era uno specchio rosato dietro la resta di Hilary, grazie al quale riusciva ad apportare con discrezione qualche lieve modifica al , quando non era occupato a guardare nella scollatura di Hilary.

"Non c’è alcuna possibilità di riconciliazione?" aveva domandato lei.

"Avevo sperato che questo mio viaggio potesse dare una svolta. Ma da come lei mi scrive, sembra decisa."

"Mi dispiace," aveva ripetuto la donna.

La ragazza del complesso folk-blues Morte D’Arthur stava cantando Chi sa dove va il tempo? in una passabile imitazione di Judy Collins.

"Tu e Philip, avete mai avuto qualche problema?" si era azzardato a chiedere.

"Oh, no, mai. Be`, io dico mai.,." Si era fermata imbarazzata.

Lui aveva allungato un braccio attraverso il tavolo e aveva coperto la mano di lei con la sua.

"Sono al corrente, sai, della faccenda di Melanie."

"Lo so." Lei aveva fissato la grossa mano scura, lussureggiante di peli sulle nocche. Sembrava una zampa d'orso, ripeteva sempre Désirée, ma Hilary non si era ritratta. "E’ stata la prima volta," aveva mormorato.

"Come lo sai?"

"Oh, lo so." Aveva alzato gli occhi verso di lui. "Mi dispiace che si sia trattato di tua fig1ia."

Se c’era un modo corretto di accogliere questo tipo di scuse, Morris non era in grado di pensarlo. Aveva scrollato ancora le spalle. "E tu l’hai perdonato?"

"Oh, sì! Almeno credo."

"Vorrei che Désirée fosse comprensiva come te."

"Avrà forse più cose da perdonare, no?" aveva azzardato lei timidamente.

Lui aveva sogghignato con aria furbesca. "Forse "

Intanto alla giovane cantante si erano uniti la chitarra solista e il basso per cantare Puff the Magic Dragon, a imitazione di Peter, Paul & Mary. Secondo Morris, la chitarra solista era il punto debole del complesso. Forse era Arthur, nel qual caso il nome del gruppo era una conclusione sinceramente auspicabile.

"Ci vogliamo trasferire da qualche altra parte?" aveva domandato Morris.

Ora che i pub erano chiusi, il Petronella si era riempito di clienti meno raffinati, grossi bevitori e prostitute. Fra qualche minuto i Morte D’Arthur avrebbero terminato il loro repertorio e sarebbe subentrata la musica chiassosa da discoteca. C’era un locale sulla strada provinciale che, a quanto Morris sapeva, aveva un juke box caricato esclusivamente con dischi swing degli anni quaranta.

"Secondo me, dovremmo tornarcene a casa," aveva proposto Hilary.

Lui aveva sbirciato l’orologio. "Che fretta c’è? Mary bada ai bambini."

"Non è questo. E’ che sono sempre più assonnata. Non sono abituata a bere tutto quest’alcool in una sola serata."

Sulla Lotus, aveva lasciato che il capo le ricadesse sul poggiatesta e aveva chiuso gli occhi. "E’ stata una serata piacevole, Morris. Grazie tanto."

"Il piacere è mio." Si era sporto e l'aveva baciata sulle labbra per tastare il terreno. Lei gli aveva circondato il collo con le braccia e aveva risposto con sereno godimento. Alla fine Morris aveva deciso di portarla a casa.

Il resto della famiglia era addormentato quando erano rientrati ed essi si erano aggirati in punta di piedi, senza parlare. Mentre Hilary apparecchiava già la tavola per la prima colazione del mattino dopo, Morris era andato in bagno, si era sciacquato le parti intime sommariamente e si era lavato i denti, aveva indossato un pigiama pulito e un kimono di seta e aveva atteso speranzoso nella stanza, finché lei era salita. Le aveva concesso pochi minuti, poi silenziosamente aveva attraversato il pianerottolo ed era entrato nella camera da letto di lei. Hilary era seduta al tavolino da toilette in sottoveste, spazzolandosi i capelli. Si era voltata sorpresa.

"Che c’é, Morris?"

"Forse, potrei dormire qui, stanotte. Non ci stavi pensando anche tu?"

Lei aveva scosso il capo, spaventata. "Oh, no, non potrei."

"Perché no?"

"Non qui. Non con i bambini in casa. E poi Mary."

"Dove allora? Quando, allora? Domani tornerò da O’Shea, il tetto è riparato."

"Lo so. Mi dispiace, Morris."

"Vieni qui, Hilary, lasciati andare. Sei tutta contratta, lascia che ti faccia un massaggio." Le si era avvicinato e le aveva posato le mani sul collo. Aveva iniziato a muovere le dita sui muscoli delle spalle di Hilary. Ma lei non si era rilassata, aveva tenuto la testa rigida e scostata, cosicché nello specchio somigliavano alla riproduzione di uno strangolatore e della sua vittima.

"Mi dispiace, Morris, proprio non posso," aveva mormorato.

"OK," aveva accondisceso lui freddamente, e l’aveva lasciata immobile davanti allo specchio.

Pochi minuti dopo si erano ancora incontrati sul pianerottolo, mentre andavano e venivano fra camera e bagno. Hilary era in camicia da notte e vestaglia, la faccia lucida di crema. Lui aveva un aspetto truce e risentito, tanto che lei gli aveva messo una mano sul braccio mentre passava.

"Morris, mi dispiace," aveva sussurrato.

"Dimenticatene.”

"Vorrei riuscirci... vorrei,.. Sei stato così gentile." Aveva vacillato verso di lui. Lui l’aveva accolta e baciata, le aveva infilato la mano sotto la vestaglia e stava andando a meraviglia, quando un asse del pavimento aveva scricchiolato da qualche parte lì accanto e lei si era staccata da lui e si era precipitata in camera. Naturalmente non c’era in giro nessuno. Era solo quell’accidente di casa che parlava da sola, come sempre. Hilary diceva che era il riscaldamento centrale che faceva contrarre e dilatare il legno vecchio. Poteva darsi. C’erano dei grossi vuoti tra le assi del pavimento nella stanza degli ospiti, attraverso cui ora cominciava a filtrare un delizioso profumo di pancetta e caffè, che proveniva dalla cucina sottostante. Morris decise che era ora di alzarsi.

Trovo Mary Makepeace che cucinava la colazione per i tre bambini con addosso uno dei grembiuli a forma di camice di Hilary, che a malapena si chiudeva sul ventre prominente.

"Che cosa hai fatto a Hilary la notte scorsa?” lo salutò.

"Che vuoi dire?"

"Non c’è traccia di lei questa mattina. Le hai fatto fare il pieno di alcool?"

"Solo un paio di Martini"

"Vuoi le uova con la pancetta?"

“Oh, preferirei due uova strapazzate."

“Dove credi di essere? Al ristorante?"

"Già, ordinami anche patate fritte dorate e croccanti."

Ammiccò a Matthew, che lo fissava a bocca aperta, sopra la sua scodella di corn flakes. I giovani Swallow non erano abituati alle battute spiritose degli adulti alla mattina.

"Morris, per caso potresti accompagnarmi alla stazione stamattina, mentre vai al lavoro?"

"Certo. Fai qualche gita?"

"Ti ricordi che ti avevo detto di voler visitare la tomba di famiglia nella contea di Durham?"

"Ma non è lontano da qui?"

"Pernotterò a Durham, tornerò domani."

Morris sospirò. "Non ci sarò più. O’Shea ha riparato il tetto, perciò tornerò al mio appartamento. Mi mancherà la vostra cucina."

"Non sei terrorizzato all’idea di riornare in quel posto?"

"Be’, sai come si dice... Un blocco di orina gelata non colpisce mai due volte nello stesso posto."

"Ehi, bambini, svelti o farete tardi a scuola."

Mary posò un piatto di uova strapazzate davanti a Morris e lui le divorò soddisfatto.

"Sai, Mary," disse quando i bambini ebbero lasciato la stanza, "che le tue capacità sono sprecate come ragazza madre? Perché non convinci quel tuo prete a diventare protestante? Allora potresti farne un uomo onesto."

"E’ buffo che tu mi dica questo," rispose la ragazza, togliendosi dalla tasca una lettera di posta aerea e agitandola davanti a Morris, "mi ha scritto proprio che si è laicizzato."

"Magnifico! E ti vuole sposare?"

"In ogni caso vuol convivere con me."

"Che farai?"

"Ci sto pensando. Ma mi chiedo che ne sarà di Hilary. Prima di andarmene ho alcune cose di cui parlarle."

Amanda comparve sulla porta, abbigliata nell’uniforme scolastica, blazer marrone scuro, camicia bianca e cravatta, gonna grigia. Le studentesse della scuola superiore femminile di Rummidge indossavano gonne davvero cortissime, tanto che sembravano creature mitiche biformi come le sirene e i centauri, tutte compita austerità dalla cintola in su, e nudo animale biforcuto dalla vita in giù. Le fermate dell'autobus lì attorno rappresentavano il paradiso dei guardoni a quell’ora del mattino. Amanda arrossì sotto lo sguardo indagatore di Morris.'

"Me ne vado, Mary," disse.

"Prima sali di corsa da tua madre, Mandy, e chiedile se gradirebbe una tazza di té o qualcos’altro, d`accordo?"

"Mammina non è di sopra. E’ nello studio di papà"

"Davvero? Ho bisogno di parlarle per la cena di stasera."

Mary uscì in fretta dalla cucina.

"So che i Bee Gees daranno un concerto in città fra un paio di settimane," disse Morris ad Amanda, "devo acquistare i biglietti?"

Gli occhi di Amanda si illuminarono a quella proposta "Oh, sì! Ti prego!"

"Forse anche Mary verrà con noi e magari anche tua madre. Ti piacciono i Bee Gees?" chiese a Mary, che era tornata.

"Non li posso soffrire. Amanda, è meglio che tu ti incammini. Tua madre è impegnata al te1efono."

Hilary era ancora occupata, quando per Mary fu ora di partire.

La ragazza scarabocchiò un messaggio per lei, mentre Morris portava in strada la Lotus in retromarcia, con il tubo di scappamento rombante con una profonda voce baritonale, che faceva tintinnare i vetri delle finestre nelle loro intelaiature.

"A che ora hai il treno?" chiese quando Mary, manovrando con cura il pancione, si abbassò per sistemarsi sul sedile accanto al guidatore.

"Alle otto e cinquanta. Facciamo in tempo?"

"Certo."

"Quest’auto non è stata concepita per donne incinte, vero?"

"Il sedile si inclina. Come va adesso?"

"Stupendo! Ti dispiace se faccio i miei esercizi di ginnastica respiratoria?"

"Fa’ pure."

Quasi subito si trovarono imbottigliati nella coda di macchine del traffico dell’ora di punta nella Midland Road. Una fila di gente che aspettava a una fermata dell’autobus fissò con curiosità Mary Makepeace che si esercitava nella respirazione adagiata sul sedile abbassato della Lotus.

"A che cosa serve questo esercizio?" si informò Morris.

"Psicoprofilassi. Per i profani, parto indolore. Me lo insegna Hilary."

"E tu ci credi?"

"Certo. In Russia l’hanno praticato per anni."

"Solo perché non possono permettersi gli anestetici, ci scommetto."

"Chi vuole gli anestetici nel momento più importante della vita di una donna?"

"Désirée avrebbe voluto che l’ospedale la facesse dormire per tutti i dannati nove mesi."

"Le avranno fatto il lavaggio del cervello, se mi consenti l’espressione. La classe medica è riuscita a convincere le donne che la gravidanza è una specie di malattia, che solo i medici sanno

curare."

"Che cosa pensa O`Shea di tutto questo?"

"Lui crede solo nel dolore di buona memoria"

“E’ logico. Sai, Mary, che non riesco a capire perché ti sia messa nelle mani di quel tizio. Sembra il tipo di medico che toglieva i proiettili ai gangster nei vecchi film di serie B."

"E’ stato necessario per colpa del sistema sanitario britannico. Bisogna iscriversi da un medico del posto, per essere assegnati all’ospedale. O’Shea era il solo dottore che conoscessi."

"Non mi va di pensare che lui ti visiti... Voglio dire, ha le unghie sporche!"

"Oh, quanto a questo, lascia simile compito all’ospedale. Mi ha solo dato un’occhiata per una visita preliminare e sembrava che la cosa lo imbarazzasse terribilmente. Fissava lo sguardo su quell'orribile quadro del Sacro Cuore appeso alla parete e continuava a borbottare qualcosa sottovoce, come se pregasse!"

Morris rise. "E’ proprio da lui!"

"C’era un clima veramente spettrale lì attorno. Quella sua infermiera poi…”

"Infermiera?"

"Una ragazza con i capelli neri, senza denti."

"Non è un’infermiera, è Bernadette, la schiavetta irlandese."

"Be’, indossava una divisa da infermiera,"

"Un trucco. O’Shea pensa solo a risparmiare."

"Comunque quella ha continuato a guardarmi torva dall’angolo più lontano della stanza, come un animale selvatico. Non so, forse mi sorrideva anche, ma sembrava che ringhiasse."

"Non sorrideva di certo, Mary. Se fossi in te mi terrei alla larga da Bernadette. E’ gelosa.”

"Gelosa di me?"

"Pensa che io mi sia messo con te."

"Santo cielo!"

"Non fare la scandalizzata. Potrei farlo benissimo. A che ora hai detto che è il tuo treno? Alle otto e cinquanta?"

"Esatto."

"Adesso faremo una piccola infrazione alla legge."

"Pigliatela comoda, Morris. Non è importante."

Il traffico era bloccato per oltre un chilometro dall’incrocio con la circonvallazione interna. Morris uscì dalla coda e superò tutti sulla sinistra, provocando l’indignazione degli altri automobilisti che suonarono il clacson per protesta. Proprio appena prima di raggiungere la circonvallazione interna, una cosiddetta autolettiga (lui l’avrebbe definita meglio eutanasia su ruote, lo scoppio di una ruota anteriore in uno di quei demenziali tricicli chiusi ed eri un cadavere!) intelligentemente si fermò e gli lasciò lo spazio per rimettersi in coda.

"Che te ne pare?" chiese Morris esultante.

Ma sfortunatamente un agente che regolava il traffico lo aveva visto arrivare. Attraversò la strada sbottonando la tasca del giubbotto.

"Oh, poveri noi!" esclamò Mary Makepeace. "Ora prenderai la multa."

"Puoi riprendere quel tuo esercizio di respirazione?"

Il poliziotto dovette quasi piegarsi in due per guardare dentro l'auto. Morris indicò col pollice Mary Makepeacc che ansimava a più non posso, gli occhi chiusi, la lingua penzoloni come quella di un cane, le mani strette attorno alla pancia.

"Emergenza, agente. Questa giovane signora sta per avere un bambino."

"Va bene, ma guidi con prudenza o finirete entrambi all’ospedale."

Sorridendo della sua battuta, fermò il traffico per farli passare con il semaforo rosso. Morris fece un cenno di ringraziamento. Scodellò Mary Makepeace alla stazione con cinque minuti di anticipo.

Tornando in macchina all’università, Morris seguì il percorso appena aperto della circonvallazione interna, un insieme esilarante di tunnel e cavalcavia che faceva parte del progettato circuito del Grand Prix. Si appoggiò all’indietro contro il sedile anatomico e guidò con le braccia tese e diritte nello stile di un pilota da corsa professionista. Nel tunnel più lungo, con la certezza di non essere osservato dalla polizia, premette il pedale fino in fondo e con soddisfazione udì il fragore dello scappamento della Lotus rimbombare contro i muri. Uscì sparato dal tunnel e imboccò una curva lunga e inclinata, sopraelevata rispetto al livello dei tetti. Da lassù si poteva spaziare con lo sguardo sull’intera città che il sole, apparso in quel momento, inondava di luce come un faro potente facendo risaltare le pallide facciate di cemento delle costruzioni recenti, gli edifici a più piani e le autostrade, contro la massa scura delle casupole ottocentesche e delle fabbriche abbandonate. A guardare quel panorama si aveva l'impressione che i semi di un'intera città del ventesimo secolo fossero stati piantati sotto terra molto tempo prima e che adesso stessero germogliando alla luce, erompendo attraverso il soprassuolo disseccato ed esaurito dell’architettura vittoriana. Morris ne fu stranamente commosso, perché la città che stava nascendo era in stile inconfutabilmente americano (cosa che infastidiva i conservatori più ottusi) e provò la curiosa sensazione di essersi imbattuto, nel posto più inaspettato, in una nuova frontiera americana.

Una cosa, però, era certa. I britannici dovevano farne ancora di strada per mettersi al passo con la musica e con i programmi radiofonici. L’orologio del campanile batteva le nove e sulla Rete Uno un disc-jockey imbranato passava la mano a un altro della stessa levatura, quando Morris oltrepassò in velocità il cancello principale dell’università. Il guardiano del servizio di sicurezza gli fece un saluto impeccabile; dopo il suo successo nel metter fine al sit-in, Morris era divenuto un personaggio popolare e rispettato nel campus e la sua Lotus arancione lo rendeva immediatamente identificabile. A quell’ora del mattino non c’erano naturalmente difficoltà a parcheggiare. Il corpo insegnante di Rummidge, infatti, pur lamentandosi per le sovrapposizioni di orario, era riluttante a insegnare prima delle dieci, oppure, dopo le sedici, o all’ora di colazione, oppure il mercoledì pomeriggio, e anche in qualsiasi ora del fine settimana. Di conseguenza, il tempo che restava loro per aprire la posta era ben poco, per non parlare poi di quello da dedicare all’insegnamento. Non essendo al corrente di queste abitudini raffinate e signorili, Morris, con gran disgusto del gruppo di studenti che seguiva, aveva fissato uno dei suoi corsi alle nove ed era proprio per andare a far lezione che adesso saliva nel suo studio, senza troppa fretta dato che i suoi allievi erano regolarmente in ritardo.

Da quando Zapp era arrivato a Rummidge il dipartimento di inglese aveva traslocato. Si trovava adesso all`ottavo piano di un edificio esagonale appena costruito, uno di quelli che Morris aveva osservato dalla circonvallazione interna. Il trasferimento aveva avuto luogo durante le vacanze pasquali in mezzo a grandi lamenti e digrignar di denti. Ahimè, ahimè, l’Esodo non era stato nulla a paragone! L’amministrazione, contro ogni logica di buon senso ed efficienza, aveva benevolmente concesso, facendo mostra di grande sensibilità per la libertà individuale ma anche di indubbia folle stravaganza, che ogni membro della facoltà potesse scegliere quali mobili far trasportare dalla vecchia sede alla nuova e quali far sostituire. Tutto questo andirivieni di scambi aveva causato grande confusione e molti errori tra gli uomini addetti al trasloco. Per due giorni si erano viste due squadre di facchini avanzare barcollando da un edificio all'altro sotto il carico di tavoli, sedie, poltrone e schedari, che in eguale numero portavano prima dentro e poi fuori della nuova sede. Nonostante fosse una costruzione recentissima, attorno all’Esagono erano già fiorite leggende e dicerie. Lo si sapeva edificato secondo le norme dei prefabbricati e la resistenza della sua struttura era stata subito messa in dubbio dalle restrizioni, fatte circolare in tutta fretta, sul peso complessivo dei libri che ogni insegnante poteva sistemare sugli scaffali. Durante la prima settimana di insediamento capitava, quindi, di vedere gli insegnami più coscienziosi impegnati a pesare su bilance da cucina o da bagno un volume dopo l’altro e poi tirare le somme su un pezzetto di carta con aria notevolmente risentita. Erano anche stati posti dei limiti al numero delle persone che potevano essere ammesse in ogni ufficio e in ogni aula ed era risaputo che le finestre del lato ovest erano state sigillate perché se tutti gli occupanti di quelle stanze si fossero affacciati contemporaneamente, l’edificio si sarebbe rovesciato. La facciata esterna era stata ricoperta di mattonelle di ceramica smaltata, garantite per resistere cinquecento anni all’erosione degli agenti atmosferici di Rummidge, ma che già si cominciavano a staccare qua e la poiché il materiale adesivo usato per incollarle era di qualità scadente. L’accesso al nuovo edificio era pertanto costellato da una fioritura di avvisi che annunciavano: ATTENZIONE! PERICOLO! CADUTA PIASTRELLE. Era un avvertimento tutt’altro che superfluo, infatti una mattonella era caduta in frammenti ai piedi di Morris proprio mentre lui saliva gli scalini dell’entrata principale.

Nel complesso non c’era da stupirsi che quel trasferimento fosse oggetto di amare lamentele da parte degli insegnanti del dipartimento di inglese; c’era però in quell’ufficio un qualcosa di particolare che lo riscattava, agli occhi di Morris almeno. Si trattava di un tipo di ascensore che lui non aveva mai visto in precedenza, curiosamente chiamato paternoster, consistente in una serie infinita di compartimenti aperti che andavano su e giù lungo due pozzi contigui. Il movimento era naturalmente più lento di quello di un comune ascensore, dato che il congegno che lo azionava non si fermava mai e che era necessario entrare nelle cabine in salita o in discesa con circospezione, ma si evitava la noia dell’attesa. Non solo. Il paternoster creava anche attorno al banale atto quotidiano di prendere l'ascensore un’atmosfera tesa, drammatica e quasi esistenziale. Bisognava infatti calcolare i tempi esatti per spiccare il balzo dentro o fuori dello scompartimento in movimento, impegnandosi con determinazione e prontezza. Per chi era avanti con gli anni o malfermo sulle gambe il paternoster costituiva una sfida formidabile e costoro per la maggior parte preferivano servirsi delle scale. Effettivamente, l’avviso incollato a ogni piano accanto al dispositivo di emergenza laccato di rosso ispirava un certo timore: IN CASO DI PERICOLO ABBASSATE QUESTA LEVA. NON CERCATE DI LIBERARE LE PERSONE INTRAPPOLATE NEL PATERNOSTER O NEL SUO MECCANISMO. GLI ADDETTI ALLA MANUTENZIONE SI OCCUPERANNO DEL GUASTO AL PIU’ PRESTO. Prima o poi sarebbe stato installato un ascensore tradizionale, ma per il momento non era contemplato. Morris non se ne lamentava: il paternoster gli piaceva moltissimo. Forse era un ritorno alla sua passione di bambino per le giostre o divertimenti simili, forse era il fatto che trovava quel marchingegno pieno di poesia. Gli piaceva restarvi per l’intero viaggio di andata e ritorno, sparire in alto nell’oscurità oppure nel buio recesso del fondo e alzarsi o ricadere nella luce in un moto perpetuo simbolico di ogni sistema e ogni cosmologia basati sul principio dell’eterno ritorno, i miti dell’avvicendamento delle stagioni, gli archetipi di morte e rinascita, teorie di corsi e ricorsi nella storia, della metempsicosi e dei modi letterari di Northrop Frye.

Quella mattina, però, si limitò a salire direttamente all’ottavo piano, dove, appoggiati alla parete accanto alla porta del suo studio, erano in attesa, sbadigliando o intenti a grattarsi, gli studenti del gruppo di cui era tutor. Morris li salutò e aprì la porta chiusa a chiave che portava, incollato sulla targhetta di Gordon Masters, un foglietto di carta con il suo nome. Appena fu entrato si aprì la porta di comunicazione sul lato opposto e Alice Slade si avvicinò a piccoli passi con l'aria di scusarsi e tenendo ben stretto tra le braccia un fascio di cartellette.

"Oh," disse, "è la sua ora di lezione, professor Zapp? Volevo chiedere cosa fare di queste domande per i corsi di perfezionamento."

"Si, ho lezione fino alle dieci, Alice. Perché non ti rivolgi a Rupert Sutcliffe?"

"Oh, d’accordo. Mi scusi se l’ho disturbata." La segretaria arretrò e scomparve.

"Sedetevi," disse Morris agli studenti, pensando tra sé che avrebbe dovuto tornare a occupare la stanza di Swallow. Quando aveva accettato di far opera di mediazione tra il consiglio di facoltà e gli studenti, aveva chiesto di avere a sua disposizione una segretaria e una linea telefonica con l’esterno, domanda prontamente esaudita con la massima economia, dato che era bastato trasferire Zapp nell’ufficio reso vacante dall’improvviso allontanamento di Gordon Masters. Dai segni sulle pareti si capiva ancora benissimo dove erano stati appesi i trofei di caccia. Sebbene il suo ruolo di mediatore fosse virtualmente concluso, era parso inutile farlo nuovamente trasferire nello studio di Swallow, ma nel frattempo la segretaria, condizionata a dipendere da Masters per ogni problema, richiesta o decisione, aveva cominciato a rivolgersi a lui, Zapp, per qualsiasi cosa, quasi fosse un piccione viaggiatore che torna istintivamente a casa. In realtà il facente funzione del capodipartimento era Rupert Sutcliffe, solo che anche costui, come pure altri membri della facoltà, ricorreva a Zapp chiedendogli in modo tortuoso consiglio o approvazione.

Improvvisamente liberi, dopo trent’anni, dal governo dispotico di Masters, i membri del dipartimento di inglese di Rummidge erano storditi e spaventati dalla loro stessa libertà d’azione e continuavano a girare a vuoto come una nave senza timone, o meglio come una nave il cui tirannico capitano fosse inaspettatamente caduto in mare in una notte buia, portando con sé in un plico sigillato le disposizioni sulla rotta da seguire. L`equipaggio continuava a tornare sul ponte per ricevere ordini ed era fin troppo contento di prenderli da chiunque occupasse in quel momento il posto del capitano.

In realtà sedersi al posto di Masters aveva i suoi vantaggi: la poltrona era imbottita, inclinabile, girevole e tipicamente manageriale e proprio per questa ragione Morris era riluttante a tornarsene nella stanza di Swallow. Si appoggiò dunque comodamente allo schienale, mise i piedi sulla scrivania e si accese un sigaro. "Bene, ora," disse ai tre studenti dall’aria depressa, "vediamo qual è l'argomento che non vedete l’ora di discutere con accanimento..."

“Jane Austen," bofonchiò il ragazzo con la barba, rimescolando alcuni fogli di carta protocollo coperti da una scrittura sciatta e ripugnante.

"Ah, già! Qual era il tema del componimento?"

"L’ho fatto sulla consapevolezza morale in Jane Austen."

"Non sembra nel mio stile."

"Non ho capito il titolo che mi ha dato, professor Zapp."

"Eros e Agape negli ultimi romanzi, non è vero? Qual è stata la difficoltà?"

Lo studente abbassò il capo. Morris, che si sentiva in vena di mettere un po’ in mostra le sue qualità di critico, spiegò: "Agape è il nome di un banchetto comune in cui i primi cristiani esprimevano l’amore reciproco, simboleggia l’amore non sessuale e non individuale; nei romanzi della Austen è rappresentato dagli avvenimenti sociali in cui la comunità agrocapitalistica della media borghesia conferma la propria solidarietà oppure dà il benvenuto in seno alla comunità stessa ai nuovi membri, attraverso il rituale dei balli, delle cene, delle escursioni e così via. Eros è naturalmente l’amore fisico e in Jane Austen lo troviamo rappresentato, nelle scene di corteggiamento, dai téte-à-téte, dalle passeggiare in coppia... in qualsiasi incontro tra l’eroina e l’uomo che ama o che crede di amare. I lettori di Jane Austen," sottolineò Morris gesticolando con il sigaro in mano, "non devono essere fuorviati dalla mancanza di un esplicito riferimento nella sua narrativa alla sessualità e concludere che le fosse indifferente oppure odiosa. Al contrario, la scrittrice si schiera invariabilmente dalla parte di Eros contro Agape, dalla parte cioè del rapporto privato tra gli innamorati, in contrasto con il rapporto pubblico degli avvenimenti sociali o riunioni mondane che invariabilmente erano causa di dolore o infelicità". Pensate per esempio alle disastrose conseguenze delle spedizioni di gruppo a Sotherton in Mansfield Park, a Box Hill in Emma, a Lyme Regis in Persuasione." Ora che aveva trovato il ritmo giusto, Morris passò a dimostrare che l’importanza di Mr Elton era ovviamente sottintesa nel fatto che non c`era grafite nella matita che Harriet Smith aveva preso da lui, poi esaminò la descrizione, in Persuasione, del momento in cui il capitano Wentworth stacca dalle spalle di Anne Elliot il piccolo e dispettoso Walter che le si è aggrappato addosso. Afferrò il testo e lesse con trasporto: "Anne… scoprì improvvisamente di essersi liberata di lui... Prima ancora di rendersi conto che era stato il capitano Wentworth a farlo... il capriccioso marmocchio fu portato via con decisione... Le sue sensazioni al momento della scoperta l’avevano fatta ammutolire. Non riusciva neppure a ringraziarlo. Poteva solo chinarsi sul piccolo Charles provando le emozioni più sconvolgenti…. Che ne dite?" concluse in tono commosso. "Se questo non è un orgasmo, che cos’è?" Alzò gli occhi sulle tre facce stupefatte. Squillò il telefono interno.

Era la segretaria del vicerettore che chiedeva a Morris se sarebbe stato libero in mattinata per incontrarsi con lui. Il presidente del consiglio studentesco stava forse cercando dei pretesti per mandare un rappresentante al comitato nomine e promozioni? domandò Zapp. La segretaria non lo sapeva, ma lui era pronto a scommettere di avere ragione. Senza dubbio il gruppo dei contestatori militanti si era impuntato su quella richiesta.

Morris sorrise con aria furba tra sé mentre scribacchiava 1’ora dell’appuntamento, le dieci e mezzo, sull’agenda che aveva sul tavolo. Agendo da mediatore tra le due parti in causa all’università di Rummidge, si sentiva un po' come un gran maestro di scacchi che presenziava a una partita tra due novellini e che era in grado di predire ogni mossa del gioco mentre loro sudavano sette camicie sulla scacchiera. Per il corpo insegnante di Rummidge questa sua preveggenza era quasi soprannaturale e la sua abilità nel presiedere ai negoziati sbalorditiva. Non si rendevano conto che Morris conosceva ormai a memoria il copione, per aver assistito a innumerevoli disordini nella sua università.

"Dove eravamo?" chiese.

"Persuasione…"

"Oh, gia"

Il telefono squillò di nuovo. "Una chiamata esterna per lei," disse Alice Slade.

"Alice," sospirò Morris, "per favore, non passarmi altre telefonare, finché non avrò finito la lezione."

"Mi spiace. Devo dirle di richiamare?"

"Chi é?"

"Mrs Swallow."

"Passamela."

"Morris?" La voce di Hilary era tremula.

"Ciao."

"Stai insegnando o qualcosa del genere?"

"No, no, non proprio." Morris coprì con la mano il microfono e disse agli studenti: "Rileggete in Persuasione tutta la scena e cercate di analizzare come raggiunge il climax[23]… in ogni senso della parola," aggiunse con un ghigno, poi riprese la conversazione con Hilary. "Quali sono le novità?"

"Volevo solo scusarmi per ieri sera."

"Tesoro, sono io che dovrei scusarmi," ribatté Morris colto di sorpresa.

"No, sono io che mi sono comportata come una stupida ragazzina. Ti ho incoraggiato e poi, presa dal panico, ho fatto marcia indietro. Dopo tutto non c’era ragione di fare tante storie, non è vero?"

"Direi proprio di no..." Morris fece fare un mezzo giro alla poltrona e, voltando le spalle agli studenti, proseguì a bassa voce, "certo che no."

"A ogni modo erano anni che non passavo una serata tanto piacevole."

"Allora bisogna ripeterla. Presto..."

"Ce la farai a sopportarmi?"

"Certo, ne sarò felice."

"Che bello!"

Ci fu una pausa durante la quale lui sentì il respiro affannoso della donna. "Allora siamo d’accordo?" chiese.

"Sì. Morris..."

"Dimmi?"

"Oggi ritorni al tuo appartamento?"

"Sì, passo a prendere la valigia questa sera."

"Potresti restare da me un'altra notte, se vuoi."

"Questa notte Mary non c`è e io talvolta ho paura quando sono sola in casa senza nessuno."

"Sta’ tranquilla, resterò."

"Sei sicuro che non ti sia di disturbo?"

"No, no, mi va benissimo."

"Meno male. Ci vediamo questa sera, allora," concluse Hilary, togliendo bruscamente la comunicazione.

Morris girò la poltrona per rimettere al suo posto il ricevitore e si strofinò il mento con fare pensoso.

"Devo leggere il mio componimento, no?" domandò con una traccia di impazienza lo studente barbuto.

"Cosa? Oh, si. Leggilo, leggilo."

Mentre il giovane parlava con voce stentorea della consapevolezza morale in Jane Austen, Morris meditava sulle implicazioni dell’inattesa telefonata di Hilary. Che le sue parole significassero proprio quello che lui pensava? Trovò difficile concentrarsi sul tema del ragazzo e si sentì molto sollevato quando il campanile batté le dieci. Mentre gli studenti si trascinavano fuori della porta, arrivò lemme lemme Rupert Sutcliffe, un tipo malinconico, alto e curvo, con gli occhiali fuori misura che gli scivolavano sempre sulla punta del naso. Sutcliffe era l’esperto dei Grandi Romantici nel dipartimento, ma non c’era passione o gioia nella sua vita e il fatto di essere stato nominato sostituto di Masters, dopo la partenza di quest’ultimo, non aveva apparentemente rallegrato il suo spirito.

"Oh, Zapp". potresti concedermi un minuto?"

"Possiamo parlare mentre ci prendiamo una tazza di caffè?"

"Temo di no. Non nella sala comune dei professori. Si tratta di una faccenda delicata," Sutcliffe si chiuse alle spalle la porta con l’aria di un cospiratore e avanzò verso Morris quasi in punta di piedi. "Queste domande d'ammissione ai corsi di specializzazione.,." disse, depositando un fascio di cartelle (le stesse che Alice Slade aveva già portato in precedenza) sulla scrivania di Morris. "Dobbiamo decidere quali dei candidati portare avanti per l’approvazione del consiglio di facoltà."

"Sì?’

"Una di queste è di Hilary Swallow. La moglie di Philip Swallow, sai,..."

"Sì, lo so. Sono uno dei suoi avallanti. Sono stato io a scrivere la sua lettera di presentazione."

"Dio mi benedica, davvero? Non me n’ero accorto. Allora sei al corrente di tutto?"

"Be’, di qualcosa. Qual è la difficolta? Quando si è sposata e ha lasciato gli studi, Hilary aveva già seguito per metà un corso per un Master. Adesso che i bambini sono cresciuti, le piacerebbe tornare a fare lavoro di ricerca."

"D’accordo, ma questo ci mette tutti in una situazione imbarazzante. Capirai, la moglie di un collega..."

Sutcliffe non era sposato, era uno scapolo convinto alla vecchia maniera, ben lontano dall’essere omosessuale o stravagante, e le donne lo spaventavano a morte. Le due impiegate del dipartimento erano da lui trattate come uomini ad honorem. Se i colleghi dovevano proprio prender moglie, insinuava, il minimo che potessero fare era tenerle a casa in una modesta oscurità.

"Penso che Swallow avrebbe almeno potuto discutere della cosa con noi, prima di permettere alla moglie di inoltrare richiesta formale," sospirò.

"Non credo che lui ne sia al corrente," rispose Morris con noncuranza.

Gli occhiali di Sutcliffe quasi gli caddero dal naso: "Vuoi dire che lei lo ha fatto di nascosto?"

"No, no. E’ solo che vuole essere presa in considerazione unicamente per i suoi meriti personali, senza favoritismi."

Sutcliffe sembrava dubbioso. "Se è così, va bene," borbottò.

"Ma chi la seguirà, se viene accettata?"

"Forse lei spera che sarai tu a farlo, Rupert," disse Morris maliziosamente.

"Dio me ne scampi e liberi!" esclamò Sutcliffe, raccogliendo le cartelle e dirigendosi velocemente verso la porta, quasi temesse che da un armadio dovesse balzare fuori Hilary per chiedergli di essere il suo relatore. Si fermò con una mano sul pomolo della porta. "A proposito, verrai alla riunione di dipartimento che si tiene stamattina?"

"Non ne sono sicuro al cento per cento, Rupert," rispose Zapp, alzandosi dalla sua poltrona manageriale e infilandosi la giacca. "Ho un appuntamento proprio alle dieci e mezzo con il Vicerettore."

"Che peccato! Speravo che avresti presieduto tu alla discussione. Dobbiamo decidere sul programma di conferenze per la prossima sessione e ci saranno discussioni a non finire. Litigheranno di sicuro!... Da quando Masters se n’è andato..."

Rupert Sutcliffe uscì con lentezza e Morris lo seguì, fermandosi per chiudere a chiave la porta. ln quel momento sbucò nel corridoio di corsa Bob Busby, con le monete e le chiavi che gli tintinnavano in tasca

"Morris!" ansimò, "sono felice di averti acciuffato in tempo. Vieni alla riunione?"

Morris spiegò che probabilmente non ce l'avrebbe fatta ad andarci. Busby parve sconsolato. "Che peccato! Presiederà Sutcliffe che è un vero disastro. Temo che Dempsey cercherà di far approvare a forza una mozione sulla linguistica obbligatoria."

"Ed è un male?"

Busby sgranò gli occhi. "Be’, certo che è un male. Dal modo in cui hai fatto a pezzi il saggio di Dempsey al seminario della facoltà, credevo che anche tu…”

"Attaccavo il suo saggio, non la sua disciplina. Non ho nulla contro la linguistica di per sé."

"D’accordo, ma per motivi pratici Dempsey è la linguistica, qui," rispose Busby. "Linguistica obbligatoria significa Dempsey obbligatorio per gli studenti e penso che neppure loro meritino una sciagura simile."

"Già, forse hai ragione," rispose Morris. I suoi sentimenti nei riguardi di Robin Dempsey erano ambivalenti. ln un certo modo costui era l'unico insegnante del dipartimento dotato di una preparazione professionale e accademica chiaramente valutabile. Era solerte, ambizioso, impegnato. Non aveva manie, né bizzarrie. A parte il fatto di essere necessariamente meno brillante, assomigliava molto a lui, Morris, quando aveva la stessa età. Al loro primo impatto effettivamente Dempsey aveva fatto qualche tentativo di approccio per instaurare, se non proprio un’amicizia, almeno uno stato di collusione. Morris però, con sua stessa sorpresa, aveva resistito a queste avances. Non se la sentiva di unirsi a Dempsey nel trattare con condiscendenza e superiorità il resto del corpo insegnante di Rummidge. Anche se erano una banda di tipi strampalati sono molti aspetti, lui si trovava moltoa suo agio con loro. Mai, durante tutta la sua carriera accademica, si era sentito meno minacciato dai colleghi che in questi ultimi cinque mesi. "Scusa, Bob," disse, "ma ho un appuntamento con il vicerettore."

"E va bene, devo affrettarmi anch’io," rispose Busby e si allontanò al piccolo trotto in direzione della sala comune. "Però cerca di venire, se puoi!" gridò, volgendo il capo.

Morris non aveva alcuna intenzione di partecipare a quell’incontro. I collegi dei professori sotto il regime dispotico di Masters erano stati abbastanza deludenti, ma dopo il suo allontanamento ogni riunione adesso faceva sembrare il Te del Cappellaio Matto[24] una dimostrazione di capacità decisionali.

Con un movimento agile e ben ritmato Morris Zapp balzò dentro il paternoster e, dolcemente, scese fino al piano terra. Mente emergeva nell’aria tersa (era in corso un altro periodo di bel tempo) l’orologio del campanile scandì la mezz’ora e Morris allungò il passo. Fu una fortuna che lo facesse, perché sopra la sua testa un’altra piastrella si staccò dal muro con uno schiocco secco, come una pallottola che vi rimbalzasse contro, e si frantumò in mille pezzi alle sue spalle. Non è neanche più divertente, pensò Morris alzando gli occhi sulla facciata dell’edificio che ormai cominciava ad assomigliare a un gigantesco cruciverba. Tra non molto sarebbe morto qualcuno che avrebbe chiesto danni all'università per un milione di dollari! Si fece un appunto mentale della battuta per riferirla al vicerettore.

"Mr Zapp! E’ stato veramente gentile a passare da me," mormorò il vicerettore, alzandosi a metà da dietro la scrivania, quando Morris entrò nel suo ufficio. L’americano avanzò affondando i piedi nella moquette alta e pelosa e strinse la mano flaccida tesa verso di lui. Stewart Stroud era un uomo alto, ben piantato, ma che affettava una grande debolezza e modi estremamente languidi. Di rado la sua voce si alzava oltre il sussurro e si muoveva con la prudenza di un anziano invalido. In quel momento era riaffondato nella poltrona come se lo sforzo di alzarsi e stringere la mano l’avesse sfiancato. "Prenda una sedia, vecchio mio," disse. "Sigaretta?" aggiunse, facendo un debole tentativo di spingere un portasigarette di legno nella direzione di Zapp.

"Fumo un sigaro, se non le spiace. Ne vuole uno?"

"No, no." Il vicerettore scosse il capo con aria stanca. "Vorrei chiederle consiglio su due o tre piccoli problemi." Appoggiò i gomiti sui braccioli della poltrona e intreccio le dita, venendo così a formare un ripiano per sostenere il mento.

"Si tratta delle nomine e promozioni?" chiese Morris.

Il ripiano crollò e la mascella del vicerettore ricadde per un istante. "Come fa a saper1o?"

"Ho immaginato che gli studenti non avessero digerito il fatto di essere esclusi da quel comitato."

La faccia di Stroud si illuminò. "Oh, questo non ha nulla a che fare con gli studenti, caro amico," disse, concedendosi un gesto negativo, quasi energico. "Tutte quelle vicende spiacevoli sono finite e concluse grazie a lei. No, si tratta di qualcosa che riguarda esclusivamente il corpo accademico e che e assolutamente confidenziale. Ho qui," disse, facendo cenno verso un raccoglitore di tela grezza, "un elenco di candidature presentate dalle varie facoltà per le cattedre che dovranno essere assegnate oggi dal comitato promozioni e nomine. I nominativi per il dipartimento di inglese sono due: Robin Dempsey, che lei probabilmente conosce, e il suo corrispondente ora a Euphoria."

"Philip Swallow?"

"Precisamente. Il problema è che abbiamo meno cattedre in ruolo di cui disporre di quanto pensassimo, e uno dei due concorrenti dovrà per forza venire danneggiato. Il problema è: quale dei due? Chi vanta maggiori meriti? Mi piacerebbe conoscere la sua opinione, Zapp. Ho la massima stima del suo giudizio in questa spinosa faccenda." Stroud si adagiò contro lo schienale della poltrona e chiuse gli occhi per la fatica, dopo quel discorso insolitamente lungo. "Dia un’occhiata a questo dossier, vecchio mio, se pensa che le possa essere di aiuto."

Il contenuto della cartella confermò semplicemente ciò che Morris sapeva già, vale a dire che Dempsey era il candidato più agguerrito, grazie al lavoro di ricerca svolto e alle sue pubblicazioni, mentre i meriti di Swallow si limitavano all'anzianità e alle sue generiche prestazioni professionali all’università. Sotto l’aspetto di insegnanti, poi, era impossibile discriminate tra i due per mancanza di testimonianze. Di norma, Morris non avrebbe esitato a votare in favore dell’intelligenza, raccomandando Dempsey, contro l’onesta operosità che si può comprare a buon mercato. Le leggi della Realpolitik accademica indicavano che se Dempsey non avesse ottenuto una rapida promozione se ne sarebbe probabilmente andato, mentre Swallow sarebbe restato, continuando a svolgere il suo lavoro, sia che avesse ottenuto la promozione oppure no, nello stesso modo coscienzioso e un po’ ottuso. Inoltre, sebbene Morris non provasse gran simpatia per Dempsey, aveva parecchie buone ragioni per provare antipatia per Philip Swallow, che gli aveva scopato la figlia, massacrato il saggio sul Times e attentato, per quel che gli risultava, alla sua vita con lo scherzo delle scatolette vuote che gli erano precipitate sulla testa, Uno sviluppo imprevisto di circostanze concomitanti, che potevano essere piacevoli, aveva messo nelle sue mani la vita di quell’uomo. Eppure, mentre tastava mentalmente la mannaia del boia e misurava il collo nudo e proteso sul ceppo di Swallow, Morris esitò. Dopotutto non si trattava solo di mettere a repentaglio la felicità e la prosperità di Swallow, anche Hilary e i bambini c’erano coinvolti e a lui stava a cuore il loro benessere. Un miglioramento nello stipendio di Swallow significava più pane per la famiglia. Inoltre... qualsiasi cosa avesse avuto in mente Hilary, con quell'invito a restare da lei un’altra notte, la sua accoglienza sarebbe stata certamente più calorosa se avesse saputo che l’imminente promozione di Philip era in parte dovuta all’intervento influente di Morris Zapp.

"Io direi di promuovere Swallow,” disse, restituendo il dossier.

"Veramente?" chiese Stroud strascicando le parole. "Pensavo che lei avrebbe favorito l’altro candidato, Mi sembra uno studioso di maggior peso."

"Le pubblicazioni di Dempsey sono buone, ma sono più d’effetto che di sostanza. Non ce la farà mai a sfondare nella linguistica. Gli studenti del MIT[25] all’ultimo anno potrebbero surclassarlo con facilita."

"Davvero?"

"Inoltre non gode di simpatie nel dipartimento. Se viene promosso, scavalcando tanti colleghi più anziani, scoppierà un pandemonio. Già il dipartimento si sta avviando verso la paranoia collettiva, non c’è ragione di peggiorare la situazione."

"E’ proprio vero. Certo, certo..." mormorò Stroud e con la sua stilografica d'oro tracciò un piccolo segno fatale sull'elenco dei nomi. "Le sono molto obbligato, amico caro."

"Non c’è di che," rispose Morris alzandosi in piedi.

"Non se ne vada ancora, vecchio mio. C'è un’altra cosa..."

Il vicerettore si interruppe e fissò indignato la porta di comunicazione con la segreteria che d'improvviso era stata aperta. Sulla soglia indugiava intimidita la segretaria. "Sì? Cosa c’e, Helen? Avevo detto che non dovevo essere disturbato." L'irritazione rendeva i suoi modi quasi scattanti.

"Mi spiace, signor vicerettore, ma ci sono qui due persone... e anche Mr Biggs della sicurezza. Dicono che è importante."

"Chieda loro semplicemente di attendere finché il professor Zapp non abbia preso commiato."

"Ma è proprio il professor Zapp che vogliono vedere. E’ una questione di vita o di morte, hanno detto."

Stroud sollevò un sopracciglio in direzione di Morris. Morris alzò le spalle con l’aria di non capire, ma sentì una fitta di angoscia. Che Mary Makepeace avesse messo al mondo un bambino sul treno delle otto e cinquanta per Durham?

"Oh, allora è meglio che li faccia entrare," disse il vicerettore.

Nella stanza entrarono tre uomini. Uno era il sovrintendente alla sicurezza del campus, gli altri due si presentarono come un medico e un infermiere di una clinica psichiatrica situata in qualche posto in campagna. Giunsero rapidamente al punto, spiegando il perché della loro intrusione. La notte precedente il professor Masters era sfuggito alla loro sorveglianza e si riteneva che con ogni probabilità si fosse diretto a quell’ateneo. Sfortunatamente c’era ragione di credere che avesse propositi di violenza nei riguardi di alcune persone, in particolare del professor Zapp.

"Ce l’ha con me?" esclamò Zapp. "Perché proprio con me? Che cosa ho mai fatto a quel vecchio?"

"Dalle annotazioni raccolte da uno dei nostri psichiatri," rispose il dottore, guardando Zapp con curiosità, "sembra che il paziente abbia associato lei a certi disordini avvenuti di recente all’università. E’ convinto che lei abbia cospirato con gli studenti per indebolire l'autorità dei docenti anziani."

"Lei è un collaborazionista, un Quisling, ecco come l’ha definita, signore," spiegò l’infermiere con un sogghigno di simpatia. "Ha detto che lei ha ordito un complotto per farlo mandar via."

"Ma è ridicolo! Ha dato le dimissioni di sua spontanea volontà," esclamò Morris, con uno sguardo supplichevole verso Stroud, che tossicchiò e abbassò gli occhi.

"Be’, abbiamo dovuto far ricorso a un po` di persuasione," mormorò il vicerettore.

"Il professor Masters è, naturalmente, un uomo malato," proseguì il medico. "Soffre di mania di persecuzione, però io ho notato, professor Zapp, quando siamo venuti a cercarla al dipartimento di inglese, come primo posto, che attualmente lei occupa l’ufficio che era già del professor Masters..."

"E’ una pura coincidenza."

"D’accordo, ma e proprio il genere di cose che, se il paziente dovesse scoprirlo, potrebbe confermare i suoi sospetti."

"Me ne ritornerò di corsa nel mio studio di prima"

"Penso, professor Zapp, che per la sua sicurezza lei dovrebbe restate lontano dall’università, finché non rintracciamo il professor Masters e lo riportiamo in clinica. Vedete... temiamo che si sia impossessato di un'arma."

"Oh, andiamo, dottore," disse il vicerettore. "Non dobbiamo essere allarmisti."

"Be’, c’è di che allarmarsi, signore," disse il sovrintendente alla sicurezza parlando per la prima volta. "Dopotutto il professor Masters è un vecchio soldato e un cacciatore. Un tiratore formidabile, da quel che mi han detto."

"Gesù!" esclamò Morris, tremando di paura retroattiva. "Quelle piastrelle!"

"Quali piastrelle?" chiese il vicerettore.

"Due volte, oggi, mi hanno sparato e io non me ne ero accorto! Credevo si trattasse solo delle mattonelle che quel vostro pidocchioso edificio continua a scaricare addosso alla gente. Gesù, potevo essere ammazzato. Quel vecchio pazzo mi ha sparato da qualche nascondiglio, capite? Scommetto che è salito sulla torre dell’orologio e mi ha tenuto nel mirino di un fucile a telescopio. E io che credevo che questo fosse un paese tranquillo! Ho vissuto per quarant’anni negli Stati Uniti e mai, neppure una volta, ho sentito un colpo sparato per uccidere. Vengo qui e guarda cosa mi succede!" Morris si accorse di gridare.

"Si calmi, Zapp," mormorò il vicerettore.

"Mi scusi," biascicò Morris. "E’ solo lo shock di scoprire di aver sfioraro la morte, senza superlo."

"Del tutto naturale, è ovvio," rispose Stroud. "Perché non se ne va dritto a casa e ci rimane chiuso dentro fino a che il nostro piccolo problema non è risolto?"

"Mi avere convinto," rispose Morris dirigendosi verso la porta. Rallentò il passo, però, appena si accorse che nessuno lo seguiva, e si voltò. Riuniti attorno alla scrivania, i quattro uomini gli fecero un sorriso d’incoraggiamento e lui, troppo orgoglioso per chiedere di essere accompagnato, rispose loro con un gesto di saluto, poi uscì con passo lungo e deciso attraverso l’ufficio della segreteria.

Solo quando iniziò a scendere gli scalini del complesso amministrativo si ricordò di aver lasciato nel suo studio le chiavi della macchina e si rese conto di dover per forza tornare all’Esagono, prima di andarsene dall’università. Fece un giro complicato in modo da non trovarsi esposto sotto tiro dal campanile ed entrò nell’Esagono dalla parte posteriore, passando dal seminterrato. Lì si trovava il punto più basso d’accesso del paternoster, Morris vi entrò e fu portato silenziosamente fino all'ottavo piano. Mentre ne usciva, mettendo piede sul pianerottolo, la prima cosa che vide fu Gordon Masters: era impegnato a strappare dalla porta del suo ufficio il foglietto su cui Morris aveva scritto provvisoriamente il suo nome. Morris divenne di ghiaccio. Masters alzò gli occhi, smise di calpestare il pezzo di carta e fissò l’altro con uno sguardo incerto e sconcertato negli occhi lucidi di pazzia. Fece un passo avanti, digrignando i denti e tirandosi i baffi arruffati. Morris si ritrasse rapidamente nel paternoster e fu portato in alto. Udiva però chiaramente i passi di Masters che saliva al galoppo su per la scala che girava a spirale attorno al pozzo dell’ascensore. Ogni volta che il vecchio professore arrivava sul pianerottolo, Morris stava già scomparendo alla sua vista.

Giunto all’undicesimo piano, Zapp, sperando di cogliere di sorpresa il suo inseguitore, balzò fuori della cabina e saltò dentro a quella contigua che stava scendendo, ma non riuscì a evitare che la sua manovra fosse intravista. Subito dopo udì un tonfo sopra la testa, era Masters che si era gettato dentro lo scompartimento successivo. Al quinto piano Morris uscì di corsa ed entrò in una cabina in salita e all’ottavo era sul punto di schizzarne fuori quando vide comparire i piedi di Masters. Fece allora una rapida giravolta verso la parete posteriore e riprese il suo viaggio in salita. Inebetito dalla paura salì al nono, al decimo, all’undicesimo e al dodicesimo piano, poi penetrò nel limbo dei macchinari che ruotavano stridendo e delle luci accecanti. Lì, nel punto più alto del pozzo, la cabina in cui lui si trovava si inclinò e quindi cominciò la sua discesa. Al dodicesimo piano Morris si gettò fuori e indugiò sul pianerottolo per decidere la prossima mossa.

In quello stesso istante in un lento movimento verso il basso gli passo davanti il vecchio insegnante con la testa all’ingiù e le gambe per aria. Si fissarono a vicenda con occhi sgranati, finché Masters scomparve dalla visuale. Fu solo molto più tardi che Morris riuscì a spiegarsi quello strano comportamento. Masters, una volta giunto all'ultimo livello del circuito del paternoster, aveva avuto l’impressione che la cabina dovesse capovolgersi per iniziare il viaggio di discesa e, per evitare di farsi male in questa eventualità cadendo dal soffitto sul pavimento, si era preparato all’inversione eseguendo una verticale sulle mani.

Adesso Morris lo poteva udire correre senza fermarsi su per le scale verso il dodicesimo piano. Si infilò allora lestamente nello scompartimento in discesa e mentre, calando verso il basso, oltrepassava il decimo piano, Masters a piedi gli sgusciò veloce davanti, lo vide con la coda dell’occhio, frenò la sua corsa bruscamente e caracollò dentro la cabina successiva a quella di Morris. Quest’ultimo, intanto, arrivato al sesto piano, attraversò il pianerottolo e salì al nono, attraversò nuovamente il pianerottolo e scese oltre l’ottavo, controllò che la via fosse libera e poiché tale sembrava uscì al settimo per riprendere il viaggio in salita. Mentre con un’ampia falcata si trasferiva nello scompartimento in movimento verso l’alto andò a sbattere contro Masters che si muoveva in direzione opposta.

Morris salì allora al nono piano, attraversò e scese al sesto, poi su al decimo piano, giù al nono, su all’undicesimo, giù fino all'ottavo, su di nuovo all'undicesimo, giù al decimo, su di nuovo fino in cima e ancora giù uscendo al dodicesimo.

Masters era lì, gli voltava la schiena e guardava nel pozzo del paternoster con le cabine in salita. Con una spinta forte e ben diretta Morris ve lo spinse dentro e Masters sparì verso l’alto, verso il "limbo". Mentre i piedi del vecchio professore sparivano alla sua vista, Morris ruppe il sigillo del congegno di sicurezza lì incassato nel muro e abbassò la leva rossa. La catena di cabine in movimento si fermò con un sobbalzo e il campanello d’allarme cominciò a suonare con squilli acuti e vibranti. Dall`alto della tromba del paternoster giungevano grida soffocate e un tempestare di pugni.

Hilary aveva la fronte aggrottata e l’aria preoccupata quando aprì la porta e, riconoscendo Morris, divenne prima pallida e poi tutta rossa. "Oh," disse con voce fievole, "sei tu? Stavo proprio

per telefonarti."

"Di nuovo?"

Lei lo fece entrare e chiuse la porta. "Come mai sei venuto, hai bisogno di qualcosa?"

"Mah... non saprei, tu cos’hai da offrirmi?" rispose Morris, agitando le sopracciglia alla maniera di Groucho Marx.

Hilary pareva molto agitata. "Non fai lezione, oggi?"

"E’ una lunga storia. Vuoi ascoltarla in anticamera oppure possiamo sederci?" Hilary indugiava ancora accanto alla porta d’entrata.

"Volevo dirti che, dopotutto, forse non è una buona idea quella che tu ti fermi qui un’altra notte," disse parlando in fretta e distogliendo lo sguardo da quello di Morris.

"Oh, e perché?"

"Penso che non sia una buona idea.”

"E va bene, se è così che desideri. Adesso mi prendo la valigia e me ne vado dagli O'Shea." Morris si mosse verso la scala.

"Mi dispiace."

"Hilary!" esclamò Morris con un’inflessione di stanchezza, fermo sui primi scalini. "Se non vuoi dormire con me è una tua scelta, ma per amor del ciclo, smettila di dire che ti dispiace."

“Mi di…” Hilary soffocò la parola. "Hai mangiato qualcosa?"

“No.”

"Temo che non ci sia nulla in casa. Avrei dovuto andare a fare la spesa questa mattina. Ma posso aprire una scatoletta di minestra."

"Non stare a disturbarti."

"Nessun disturbo."

Morris salì nella camera degli ospiti per prendere la valigia e quando scese trovò Hilary in cucina, intenta a mescolare la crema di asparagi in una pentola e a friggere dei crostini di pane.

Mangiarono al tavolo di cucina. Morris narrò la sua avventura con Masters, ma alle sue parole Hilary reagì con una sorprendente mancanza di interesse. In effetti, pareva che non lo ascoltasse affatto e che si limitasse a interloquire con degli educati "Davvero?", "Oddio", oppure "Che cosa tremenda", sempre con il tempo sbagliato.

"Non credi a quello che ti sto raccontando?" chiese Morris alla fine. "O pensi che mi stia inventando tutto?"

"Te lo sei inventato?"

“No.”

"Allora ti credo,.Morris. E dopo cosa è successo?"

"Mi sembra che tu la prenda con la massima calma, come se queste cose avvenissero tutte le settimane. Non so che cosa sia successo dopo. Ho telefonato al servizio di sicurezza per dire che Masters era intrappolato nel paternoster e me la sono filata. Ehi! E’ buona questa roba," concluse, trangugiando rumorosamente la zuppa. "A proposito". tuo marito avrà una promozione."

"Cosa?" Hilary depose sul tavolo il cucchiaio.

"Tuo marito avrà la cattedra."

"Philip?"

"Proprio lui."

"Ma perché? Non la merita."

"Sono propenso a essere d’accordo con te, ma pensavo che ti avrebbe fatto piacere."

"Tu come lo sai?"

Morris glielo spiegò.

"Dunque, in realtà," disse Hilary lentamente, "tu hai intrigato per favorire Philip."

"Be’, non direi che sia stata tutta opera mia," rispose con modestia Morris. "Ho solo dato a Stroud una spintarella nella direzione giusta"

"Penso che sia un’azione ignobile."

"Cosa?"

"Questa è corruzione! E pensare che si può distruggere o favorire una persona nella sua carriera a questo modo!"

Morris fece volutamente cadere il cucchiaio con gran fracasso e alzò le mani verso le pareti della cucina in un muto appello.

"Questa è dunque la riconoscenza?" chiese.

"Riconoscenza? Allora dovrei mostrarti la mia riconoscenza? E’ come quando devono distribuire le parti femminili nei film... come chiamano il divano del produttore? Il divano di distribuzione... Anche tu hai un divano nel tuo studio in America per assegnare le promozioni?" Hilary era sul punto di scoppiare in lacrime.

"Cosa succede, Hilary?" domandò Morris. "Quante volte mi hai ripetuto che Philip avrebbe fatto carriera se si fosse dato più da fare, facendosi largo a gomitate come Robin Dempsey? Be', io ho dato qualche gomitata al posto suo."

"Bel prepotente. Spero proprio che tu non abbia faticato tanto per niente."

"Cosa stai dicendo?"

"Supponiamo che Philip non torni a Rummidge."

"Ma cosa mi stai raccomando? Lui deve necessariamente tornare, non è vero?"

"Non 1o so." Hilary ora piangeva. Grosse lacrime pesanti cadevano nel suo passato d’asparagi come gocce di pioggia in una pozzanghera.

Morris si alzò e girò attorno al tavolo, le posò le mani sulle spalle e la scosse con gentilezza. "Cos’è tutta questa storia, per amor di Dio?"

"Ho telefonato stamattina a Philip. Dopo ieri notte... volevo che tornasse a casa... subito. Lui è stato spaventoso, ha detto che ha una re1azione..."

"Con Melanie?"

"Non lo so. Non m’importa con chi. Mi sono sentita così stupida. Ero lì che mi tormentavo dal rimorso, perché ieri notte ti avevo baciato, perché avevo voglia di dormire con te..."

"Davvero, Hilary?"

“Ma cerro!" .

"Allora che aspettiamo?" Morris tentò di farla alzare, ma lei continuava a restare attaccata alla sedia, scuotendo il capo.

"No, adesso non me la sento."

"Perché no? Perché poi mi hai chiesto di restare?"

Hilary si soffiò il naso con un fazzoletto di carta. "Ho cambiato parere."

"Cambialo di nuovo. Afferra l’attimo fuggente. Abbiamo la casa a nostra disposizione. Su, Hilary, tutti e due abbiamo bisogno di un po’ d’amore."

Morris era alle sue spalle, adesso, e con delicatezza cominciò a massaggiarle i muscoli del collo e della schiena, come si era offerto di fare la notte prima. Questa volta Hilary non si oppose, anzi si appoggiò all’indietro contro di lui e chiuse gli occhi.

Morris le sbottonò la camicetta e fece scivolare le mani giù sul suo petto.

"Va bene," disse Hilary. "Andiamo di sopra."

"Morris!" disse Hilary, scuotendolo per le spalle. "Svegliati."

Morris aprì gli occhi. Sulla sponda del letto era seduta Hilary, tutta fresca e pudica in una vestaglia rosa. Sul comodino erano stare poste due tazze fumanti. Lui si tolse dal labbro inferiore un pelo pubico. "Che ora è?" chiese.

"Le tre passate. Ho fatto una tazza di tè."

Morris si tirò su a sedere e sorseggiò la bevanda fumante. Al disopra dell’orlo della tazza il suo sguardo incontrò quello di Hilary e lei arrossì. "Ehi," mormorò con tenerezza, "è stato fantastico. Mi sento in gran forma. E tu?"

"E’ stato bello."

"Sei tu che sei bella."

Hilary sorrise. "Adesso non esagerare, Morris."

"Non scherzo, sei un gran bel pezzo di ragazza, lo sai"

"Ho quarant’anni e sono grassa"

"E con questo? Anch’io."

"Mi spiace di averti colpito sulla testa, quando hai cominciato a... a... lo sai... a baciarmi a quel modo. Non sono molto sofisticata, capisci?"

"Questo mi piace, invece Désirée..."

Hilary perse parte del suo splendore. "Per favore, potremmo evitare di parlare di tua moglie? O di Philip? Per ora"

"Va bene,” rispose Morris. "Facciamoci le coccole, invece," rispose, trascinandola di nuovo giù sul letto.

"No, Morris!" esclamò lei, lottando debolmente. "I bambini saranno a casa tra poco."

"C’è un mucchio di tempo," rispose Morris soddisfatto di sentirsi capace di fare di nuovo l’amore. In quel momento trillò il telefono giù nell’entrata.

"Il telefono," gemette Hilary.

"Lascialo suonare."

Ma la donna si strappò al suo abbraccio. "Se fosse capitato qualcosa ai bambini, non me lo perdonerei mai,"

"Fai in fretta."

Hilary fu ben presto di ritorno con gli occhi spalancati dalla sorpresa.

"E’ per te," disse. "E’ il vicerettore."

Morris rispose al telefono, stando in piedi, in mutande, nell’ingresso.

"Ah, Zapp, sono terribilmente spiacente di disturbarla," mormorò il vicerettore. "Come si sente, dopo la sua avventura?"

"Al momento mi sento benissimo. Cosa é accaduto a Masters?"

"Sono lieto di annunciarle che il professor Masters è tornato alle cure dei suoi medici."

"Sono felice di sentirlo."

"Una reazione pronta e astuta la sua, vecchio mio, quella mossa di intrappolarlo nell’ascensore. Permetta che le faccia i complimenti:"

"Grazie."

"Riprendendo il nostro discorso di questa mattina, sappia che sono appena tornato dalla riunione del comitato promozioni e nomine. Le farà piacere apprendere che la cattedra di ruolo è stata assegnata a Swallow, senza che si verificasse il minimo intoppo."

“Ah.”

"Se lei ricorda, quando fummo interrotti dal dottor Smithers, io ero sul punto di chiederle qualcosa."

"Si?"

"Non immagina che cosa avessi in mente?"

"No."

"E’ molto semplice. Un interrogativo che mi pongo da tempo: ha mai pensato di candidarsi per la nomina di preside di facoltà?"

"Intende dire la presidenza... qui?"

"Precisamente."

"Be’, no. Non mi è mai passato per la mente. Come capo del dipartimento non vorrete certamente un americano. Il corpo accademico non manderebbe giù una cosa del genere."

"Al contrario, amico caro, tutti i membri del dipartimento di inglese a cui è stato chiesto di esprimersi su questa nomina hanno fatto il suo nome. Può darsi che abbiano pensato che sia meglio sapere dove il diavolo mette la coda, ma è ovvio che la ritengono in grado, per le sue indubbie capacità, di dirigere il dipartimento con efficienza. E’ inutile che le dica, inoltre, che dopo il suo intervento risolutivo nella crisi causata dalla contestazione, la sua persona risulta gradita sia all’intera comunità universitaria, sia al personale, sia agli studenti. Quanto a me, ne sarei felicissimo. Per parlare chiaro e tondo, insomma, se lei lo vuole, il posto e suo."

"La ringrazio molto," rispose Morris. "E’ un grande onore, però dormirei sempre un sonno agitato. Supponiamo che Masters scappi un’altra volta, potrebbe pensare che le sue supposizioni nei miei riguardi erano ben fondate!"

"Io non mi preoccuperei di questo," ribatté con dolcezza Stroud."Penso che lei si sia immaginato quegli spari di oggi. Non esiste alcuna prova che Morris fosse armato e che intendesse commettere un atto di violenza contro di lei personalmente."

"Ma allora perché mi dava la caccia per tutto l’Esagono?" domandò Morris. "Voleva forse baciarmi sulle guance?"

"Voleva parlare con lei."

"Parlare can me?"

"Pare che molto tempo fa Masters abbia scritto per il Supplemento Letterario del Times una critica molto sfavorevole di una sua opera, professore, e che abbia pensato che lei l’avesse scoperto e ne fosse rimasto offeso. Le sembra una cosa abbastanza plausibile?"

"Sì, mi sembra di sì. Senta, Mr Stroud, a proposito di quella nomina... mi ci lasci pensare."

"Ma certamente, caro amico. Faccia con calma."

"Quale sarebbe lo stipendio?"

"Be’... su questo si può discutere. L’università dispone di fondi per assegnazioni particolari e supplementari a sua discrezione. Sono sicuro che il suo sarebbe considerato un caso molto speciale."

Morris trovò Hilary nel bagno. Era immersa nella enorme vasca vittoriana dai piedi a zampa di leone e si coprì pudicamente il petto e il pube con una pezzuola e la spugna, quando lui fece irruzione nella stanza.

"Andiamo, andiamo, questo non e il momento di fare la pudica,” disse Morris. "Fammi posto, che entro anch'io."

"Non essere assurdo, Morris. Che voleva il vicerettore?"

"Ti insapono la schiena." Morris si tolse le mutande ed entrò nella vasca. L’acqua salì fino a un punto pericolosamente alto e cominciò a defluire attraverso lo scarico del troppopieno.

"Morris! Sei pazzo! Esco immediatamente.”

Ma non lo fece. Si chinò invece in avanti dimenando per il piacere le spalle che lui le strofinava con foga.

"Philip prendeva mai a prestito i libri da Gordon Master?" chiese Morris.

"Sì, continuamente. Perché?"

"Oh, non e importante." La tirò indietro, tenendola tra le gambe, e cominciò a insaponarle i seni grossi come meloni.

"Oddio," mugolò Hilary, "riusciremo a venir fuori prima che tornino a casa i bambini?"

"Rilassati. C’è un’infinità di tempo"

"Cosa voleva il vicerettore?"

"Mi ha offerto di divenire preside del dipartimento."

Hilary cercò di voltarsi, ma scivolò sul fondo della vasca e quasi andò sottacqua. "Cosa? La cattedra di Gordon Masters?"

"Proprio così."

“E tu cosa hai risposto?"

"Che ci devo pensare."

Hilary si risciacquò e uscì dalla vasca. "Che offerta sorprendente! Tu te la sentiresti di stabilirti in Inghilterra?“

"Al momento l'idea mi attrae," rispose Morris in un tono carico di sottintesi.

"Non essere sciocco, Morris," Hilary si coprì con un asciugamano di spugna con fare schivo, "sai benissimo che si tratta solo di un episodio."

"Cosa ti spinge a dire una cosa simile?"

Hilary gli lanciò un’occhiata penetrante. "Quante donne ci sono state nella tua vita?"

Morris si agitò imbarazzato nell’acqua tiepida e ne fece scendere dell’altra più calda, "Non è una domanda leale. A una certa età un uomo può trovare soddisfazione in un’unica donna. Ha bisogno di stabilità."

"Inoltre Philip tornerà a casa tra breve."

“Credevo avessi detto il contrario."

"Oh, non durerà. Tornerà a casa con la coda tra le gambe. E’ lui che ha bisogno di stabilità."

"Forse potremmo sistemarlo con Désirée," disse Morris con un sogghigno.

"Povera Désirée, non ha sofferto abbastanza?" Il telefono cominciò a trillare. "Per favore, fai in fretta a vestirti, Morris."

Hilary si infilò la vestaglia e uscì.

Morris rimase disteso, galleggiando parzialmente nell'acqua della vasca profonda, a meditare, mentre si accarezzava i genitali, sulla domanda di Hilary. Se la sentiva, lui, di sistemarsi in Inghilterra? Sei mesi prima quella domanda sarebbe stata assurda e la risposta immediata. Ma adesso si sentiva incerto. Forse restare sarebbe stata la soluzione del problema di come progredire nella carriera. Rummidge non era la più grande università del mondo, d’accordo, ma l’organizzazione offriva molti sbocchi a un uomo dotato di energia e ricco di idee. Pochi professori in America godevano dell’autorità assoluta di un preside di facoltà di Rummidge. Una volta che lui si fosse sistemato al posto di guida, avrebbe potuto fare quello che voleva. Con la sua perizia, energia e conoscenze internazionali avrebbe potuto fare di Rummidge un ateneo veramente importante e la cosa l’avrebbe divertito. Cominciò a progettare un futuro napoleonico per sé a Rummidge: nel dipartimento di inglese avrebbe fatto piazza pulita dei programmi di corso sgangherati, di stampo addirittura medievale, e li avrebbe sostituiti con un sistema di studi strutturati in modo puramente logico che rendesse conto degli sviluppi registrati nel campo dello scibile dopo il 1900; avrebbe istituito un centro di studi postuniversitario su Jane Austen; avrebbe reso obbligatorio per tutti gli studenti l’uso della macchina per scrivere; avrebbe assunto brillanti accademici americani, transfughi dalle rivoluzioni studentesche di casa loro; avrebbe programmato delle conferenze e dato vita a una nuova rivista letteraria...

Sentì un trillo mentre Hilary rimetteva al suo posto il ricevitore e allora tirò con l'alluce la catena del tappo. Le acque si ritirarono gradualmente formando isole, arcipelaghi e quindi continenti, man mano che scoprivano le ginocchia, la pancia, il pene, il petto e le spalle. Per quel che concerneva la sua vita domestica, lui non aveva nulla da perdere rimanendo in Inghilterra. Se Désirée insisteva a volerlo lasciare portandosi via i gemelli, Rummidge, dopotutto, non era più lontana da New York di quanto lo fosse Euphoria. Inoltre, forse, sarebbe stato possibile convincere sua moglie a fare un altro tentativo in Europa in favore del loro matrimonio. Non che Rummidge fosse esattamente ciò che Désirée aveva in mente quando pensava all’Europa, tuttavia con l'aereo si poteva arrivare in cinquanta minuti dall’aeroporto locale fino a Parigi.

L’acqua che restava sparì con un gorgoglio, cercando di tirarsi dietro i peli delle gambe e delle nutiche, mentre lui se ne stava disteso sul fondo della vasca, nudo e bagnato come un naufrago, novello Robinson Crusoe, Gulliver... Una nuova vita, dunque?

Hilary entrò.

"Va bene, va bene," disse Morris. "Smto uscendo." Notò che lei lo osservava con aria strana. "Che ti succede?"

"Quella telefonata..."

"Sì, chi era? Il vicerettore ci ha ripensato?"

"Era Désirée."

"Désirée! Perché non mi hai chiamato?" Saltò fuori dalla vasca e afferrò un asciugamano.

"Non voleva parlare con te," rispose Hilary. "Voleva parlare con me.”

"Con te? Che cosa ti ha detto, allora?"

"La donna con cui al momento Philip ha una relazione..."

"Sì?"

"E’ lei, Désirée."

"Stai scherzando?"

“No”

"Non ci credo."

"Perché no?"

"Perché conosco Désirée. Detesta gli uomini. Specialmente quelli senza spina dorsale come tuo marito."

"Come sai che è senza spina dorsale?" chiese Hilary con una certa irritazione.

"Perché lo so. Désirée è una rompiballe. Si mangia gli uomini come tuo marito a colazione."

"Philip sa essere molto tenero e gentile. Forse questo piace a Désirée, tanto per cambiare."

"Puttana!" esclamò Morris, frustando il fiume della vasca con l’asciugamano. "Puttana e traditrice!"

"A me è parso che si sia comportata molto onestamente nei miei riguardi. Ha detto di aver sentito questa mattina la mia conversazione con Philip... non so come, perché quando ho telefonato a casa ma, lei mi ha dato un altro numero... be’, insomma, ha pensato che fosse giusto mettermi al corrente della situazione, visto che Philip non ne aveva avuto il coraggio. Naturalmente ho pensato di dover essere onesta anch’io..."

"Vuoi dire che le hai raccontato di... questo pomeriggio?"

“Certamente. Desideravo in modo particolare che lo venisse a sapere Philip."

"Cos’ha detto Désirée?" chiese Morris, quasi in tono di paura.

"Ha detto," rispose Hilary, "che forse dovremmo incontrarci in qualche posto per discutere la situazione."

"Tu e Désirée?"

"Tutti noi. Anche Philip. Una specie di incontro al vertice, l’ha definito."

6

CONCLUSIONE

Ripresa d’esterno: BOAC VC l0 in volo, si spasta sullo schermo da sinistra a destra; pomeriggio, cielo sereno. Suono: rumore di motori a reazione.

Stacco su:

Ripresa d’interno: VC 10; pomeriggio.

Carrellata su MORRIS e HILARY seduti a metà corridoio della classe turistica. Suono: rumore di motori, in sordina.

HILARY sta sfogliando Harper’s con aria nervosa e distratta.

MORRIS sbadiglia e guarda fuori del finestrino.

Zumata attraverso il finestrino. Campo lungo della costa orientale dell’America, Long Island, Manhattan.

Stacco su:

Ripresa d’esterno: TWA Boeing 707 in volo, si sposta sullo schermo da destra il sinistra; pomeriggio, cielo sereno. Suono: rumore di motori a reazione.

Stacco su:

Ripresa d’interno: TWA Boeing 707, pomeriggio. Suono: versione strumentale di These Foolish Things.

Primo piano di PHILIP, addormentato, con gli auricolari, la bocca semiaperta. Carrellata all’indietro per riprendere DESIREE, seduta accanto a lui, immersa nella lettura del Secondo Sesso di Simone de Beauvoir. DESIREE guarda dal finestrino, poi da un’occhiata all’orologio e a PHILIP. Gira la manopola dei programmi trasmessi durante il volo. Suono: brusco cambiamento, una voce narra la storia dei Tre Orsacchiotti.

VOCE REGISTRATA: E papà orso disse: "Chi ha dormito nel mio letto?" E mamma orsa disse: "Chi ha dor..."

PHILIP si sveglia con un sussulto, si toglie in fretta gli auricolari. Suono: rumore attutito di reattori.

DESIREE (sorride): Svegliati, siamo quasi arrivati.

PHILIP: New York? Di già?

DESIREE: Certo, però in questo mese dell’anno non si sa mai quanto ti terranno per aria in attesa di atterrare.

Stacco su:

Ripresa d’interno: VC 10; pomeriggio.

MORRIS (a HILARY): Speriamo che non ci tengano per ore su Kennedy in attesa del permesso di atterrare.

Stacco su:

Ripresa d’esterno: VC I0; pomeriggio. Si vede l’aereo frontalmente. Comincia l’operazione di discesa. Suono: i reattori mutano tonalità.

Stacco su:

Ripresa d’esterno Boeing 707; pomeriggio. Si vede l’aereo frontalmente. Comincia a virare a destra. Suono: i reattori mutano tonalità.

Stacco su:

Ripresa d’interno: cabina di pilotaggio, VC 10; pomeriggio. Il COMANDANTE BRITANNICO scruta il cielo, guarda alla sua destra. Primo piano: il COMANDANTE BRITANNICO si mostra allarmato.

Stacco su:

Ripresa d’interno: cabina di pilotaggio, Boeing 707; pomeriggio. Primo piano: il COMANDANTE AMERICANO si mostra inorridito.

Stacco su:

Ripresa d’interno: cabina di pilotaggio, VC 10; pomeriggio. Guardando al disopra della spalla del COMANDANTE BRITANNICO si vede un Boeing 707, spaventosamente vicino, che si appresta ad attraversare la rotta del VC 10 e che poi si inclina tentando disperatamente di evitare la collisione. Il COMANDANTE BRITANNICO aziona i comandi per virare nella direzione opposta.

Stacco su:

Ripresa d’interno: Boeing 707, cabina passeggeri; pomeriggio. Spavento e confusione tra i passeggeri, mentre l’aereo si inclina con violenza. Suono: grida, strilli eccetera.

Stacco su:

Ripresa d’interno: VC 10, cabina passeggeri; pomeriggio. Spavento e confusione tra i passeggeri, mentre l’aereo si inclina con violenza. Suono: grida, strilli, eccetera.

Stacco su:

Ripresa d’interno: cabina di pilotaggio, VC 10; pomeriggio. COMANDANTE BRITANNICO (con voce gelida al microfono): Pronto, torre di controllo Kennedy. Questo è il BOAC Whisky Zucchero Otto. Devo riferire una collisione mancata.

Stacco su:

Ripresa d’interno: cabina di pilotaggio, Boeing 707; pomeriggio. COMANDANTE AMERICANO (infuriato, al microfono): Che cazzo state combinando, figli di puttana, lì sotto?

Stacco su:

Ripresa d’interno: VC 10, cabina passeggeri; pomeriggio. Suono: mormorii e stralci di conversazione. "Hai visto che roba?" “Ci ha mancato per pochi centimetri." "Davvero, l’abbiamo scampata per un pelo."

MORRIS (asciugandosi il sudore dalla fronte): l’ho sempre detto io che se Dio avesse voluto farci volare... mi avrebbe dato più fegato.

HILARY: Ho la nausea.

Stacco su:

Ripresa d’interno: Boeing 707, cabina passeggeri; pomeriggio. Suono: mormorii e stralci di conversazione.

DESIREE (tremando, a PHILIP): Che cosa è successo?

PHILIP: Credo che siamo stati lì lì per entrare in collisione con un altro aereo.

DESIREE: Gesù!

Chiudere in dissolvenza.

Aprire in dissolvenza su un interno: stanza d'albergo a Manhattan, arredamento su toni di azzurro; tardo pomeriggio. Suono: telecronaca di una partita di baseball, audio tenuto al minimo. Due valigie aperte ma non disfatte. HILARY è sdraiata su uno dei due letti gemelli con gli occhi chiusi, completamente vestita, ma senza scarpe. MORRIS in maniche di camicia è accovacciato davanti al televisore a guardare la partita e beve da un bicchiere pieno di ghiaccio e scotch, che si è appena servito da un vassoio, posto sul tavolino da toilette, su cui si trovano vari bicchieri, il secchiello del ghiaccio e una bottiglia.

Bussano alla porta. Inquadratura di HILARY che sbatte gli occhi e li apre.

MORRIS: Sì? Avanti.

DESIREE (entra, seguita da PHILIP): Morris?

HILARY balza a sedere, con i piedi penzoloni sul pavimento.

MORRIS: Désirée! (Depone il bicchiere e avanza a braccia tese verso la porta.) Tesoro!

DESIREE (afferra Morris per i polsi e lo ferma di colpo; con fare contegnoso lo bacia sulla guancia e poi lo lascia libero): Salve, Morris.

MORRIS (massaggiandosi i polsi): Ehi, accidenti, come sei forzuta!

DESIREE: Ho preso lezioni di karate.

MORRIS: Ma-gni·fi-co! Potresti andare al Parco questa notte e fare pratica con i maniaci sessuali. (Porge la mano a PHILIP.) Tu devi essere Philip.

Carrellata su PHILIP che fissa, muto e attonito, HILARY, la quale a sua volta lo guarda con occhi sgranati dall'altro lato della stanza, seduta rigida e immobile sul letto.

MORRIS: Be’, se tu non sei Philip, le cose si fanno ancora più complicate. (Afferra la mano di Philip e gliela stringe.)

PHILIP: Oh, scusami! Come va? (PHILIP torna a guardare HILARY.)

HILARY (con voce fioca): Ciao, Philip.

PHILIP: Ciao, Hilary.

DESIREE (attraversa la stanza e va da HILARY): Io sono Désirée. (HILARY scatta in piedi.) No, non alzarti.

HILARY (in tono di scusa, infilandosi le scarpe): Mi ero buttata sul letto un momento...

HILARY e DESIREE si stringono la mano.

DESIREE: Com’è andata la traversata?

MORRIS: Eccezionale! Siamo quasi andati a sbattere contro un altro aereo!

DESIREE (voltandosi): Noi pure!

MORRIS (spalancando la bocca): Voi... vi siete quasi scontrati?

PHILIP: Sì, stavamo per atterrare su New York. Viene da chiedersi se cose del genere accadono di frequente.

MORRIS (facendosi serio): Credo che questo pomeriggio sia accaduto una sola volta.

PHILIP: Intendi dire...?

MORRIS: A momenti facevamo le presentazioni a mezz’aria.

PHILIP: Fiuu!...

HILARY (ricade seduta sul letto): Ma è terribile!

DESIREE: Sarebbe stata una buona soluzione per i nostri problemi. Un finale spettacolare per il nostro piccolo dramma.

HILARY: Oh, non dirlo!

MORRIS: Ma l’abbiamo fatta franca. Forse, dopotutto, Dio non è adirato con noi.

PHILIP: Chi dice che lo sia?

MORRIS: Be`, Hilary...

PHILIP: (a HILARY): Tu?

HILARY (sulla difensiva): Non certo io. E’ Morris che ha paura di Dio, solo che non vuole ammetterlo. Io desidero solo che le cose siano chiarite.

DESIREE: Hai ragione. Ecco perché siamo qui.

PHILIP (a HILARY): Come stanno i bambini?

HILARY: Stanno bene. Se ne occupa Mary. Sei no po' ingrassato, Philip.

PHILIP: Sì, un poco.

HILARY: Ti dona.

MORRIS (a DESIREE): Mi piace il tuo completo-pantalone. Come vanno i gemelli?

DESIREE: Benone. Che ne dici di darci qualcosa da bere?

MORRIS: Giusto. (Si affretta a versare dalla bottiglia.) Hilary? Philip? Scotch?

HILARY: No, grazie, Morris.

MORRIS: Riguardo alle stanze. Prendiamo questa, Désirée e io?

DESIREE: Chi ha detto che divido la stanza con te?

MORRIS (con un’alzata di spalle): Va bene, tesoro. Tu e Philip prendete l’altra stanza. Restiamo qui noi.

HILARY: In un modo o nell’altro questo pregiudica la discussione, non vi pare?

MORRIS (allargando le braccia): E va bene! Cosa suggerisci?

Stacco su:

Ripresa d'interno: camera da letto azzurra, notte.

PHILIP e MORRIS sono sdraiati sui letti gemelli. PHILIP, in pigiama, pare dormire. MORRIS, a petto nudo, è sveglio, con una mano dietro la testa e l’altra sotto le lenzuola.

MORRIS: Non avremmo dovuto dar loro retta.

(Pausa)

E’ ridicolo.

(pausa)

Nelle camere d’albergo mi sento sempre maledettamente eccitato.

(pausa)

Philip.

PHILIP: Mmm?

MORRIS: Come ti è andata con Désirée?

PHILIP: Molto bene.

MORRIS: Intendo dire a letto.

PHILIP: Molto bene.

MORRIS: Una sfacchinata, però, eh?

PHILIP: Non userei una simile definizione.

(pausa)

MORRIS: L’hai mai convinta, ehm... a farti un pompino?

(pausa)

PHILIP: No.

MORRIS (sospira): Neppure io.

(pausa)

PHILIP: Non ho mai pensato di chiederglielo.

(pausa)

PHILIP si rizza a sedere sul letto, completamente sveglio.

PHILIP: L’hai mai chiesto a Hilary?

MORRIS: Certo.

PHILIP: Che cosa è successo?

MORRIS: Niente.

PHILIP si rilassa, e ricade sul letto con gli occhi chiusi

(pausa)

MORRIS: Non sapeva di che stessi parlando.

Stacco su:

Interno stanza d'albergo, tonalità rosa, notte.

DESIREE e HILARY dormono nei letti gemelli. Squillo di telefono.

A tentoni DESIREE afferra la cornetta

DESIREE (semiaddormentata): Pronto?

Doppia inquadratura, primo piano di MORRIS e DESIREE.

MORRIS: Ciao, tesoro.

DESIREE (seccata): Cosa vuoi? Stavo dormendo.

MORRIS: Ehm... Philip e io ci stavamo chiedendo (gira lo Sguardo su Philip) se non si potesse giungere a una sistemazione più confortevole…

DESIREE: Vale a dire?

MORRIS: Dunque... se una di voi volesse scambiare il suo letto con uno di noi...

DESIREE: L’una o l'altra, intendi dire? Con l’uno o l'altro di voi? Non avete preferenze?

MORRIS (ride imbarazzato): Lasciamo decidere a voi.

DESIREE: Sei disgusroso! (riattacca)

MORRIS: Désirée!

MORRIS sbatte giù la cornetta.

(cupo) Puttana!

Stacco su:

Interno camera d’albergo con arredamento rosa, notte.

HILARY: Chi era al telefono?

DESIREE: Morris.

HILARY: Cosa voleva?

DESIREE: Scambiare il letto con l’una o l’altra di noi due. Non faceva tanto il difficile.

HILARY: Cosa?

DESIREE: Pure Philip. Temo che su di lui Morris abbia una cattiva influenza.

HILARY (si alza a sedere sul letto): Vorrei andare a parlare a Philip.

DESIREE: Adesso?

HILARY: Non potrei essere più sveglia.

DESIREE: Fai come ti pare (si volta dall’altra parte).

HILARY: Tu non vuoi parlare, da sola, con Morris?

DESIREE: No!

Stacco su:

Interno corridoio d’albergo, notte.

HILARY, in vestaglia, esce da una porta a sinistra, lasciandola accostata, arrraversa il corridoio e bussa a una porta sulla destra. La porta si apre. HILARY entra, la porta si chiude. Dopo un breve intervallo la porta sulla destra si riapre e ne esce MORRIS, in vestaglia, che si richiude la porta alle spalle, attraversa il corridoio, entra nella stanza a siniatra e richiude la porta dietro di sé.

Stacco su:

Interno camera d’albergo con arredamento azzurro, notte.

HILARY (in tono agitato): Sono venuta semplicemente per parlare con te, Philip.

Stacco su:

Interno camera rosa, notte. Suono: la porta si richiude con uno scatto.

DESIREE (con voce gelida): Provati solo a toccarmi con un dito, Zapp, e te ne pentirai.

Stacco su:

Interno: camera azzurra, primo mattino.

PHILIP e HILARY dormono abbracciati in uno dei letti gemelli.

Stacco su:

Interno: camera rosa, primo mattiuo.

Lenta panoramica sulla stanza che appare nel massimo disordine; sedie rovesciate, lampade cadute a terra, letti disfatti.

Non c’é traccia di MORRIS e DESIREE fin tanto che non vengono scoperti sul pavimcnto, in mezzo ai due letti gemelli, nudi e allacciati tra un groviglio di cuscini e lenzuola. Sono immersi in un sonno profondo.

Stacco su:

Interno: la saletta per la prima colazione dell’albergo, mattino.

MORRIS, DESIREE, PHILIP e HILARY stanno finendo di fare colazione. Sono seduti a un tavolo, uomini da un lato e donne dall’altro.

MORRIS: Be', cosa facciamo questa martina? Mostriamo la città a questi due campagnoli, eh, Désirée?

DESIREE: Farà un caldo bestiale. Sui trentanove gradi, ha detto la radio.

HILARY: Non dovremmo, invece, fare un discorso serio? E’ per questo che siamo venuti tutti fin qui. Quali sono le nostre intenzioni per il futuro?

MORRIS: Consideriamo con calma e distacco le alternative (prepara un sigaro per accenderlo). Ecco la prima: potremmo tornare con le rispettive spose alle rispettive case.

MORRIS accende il sigaro e ne osserva con attenzione la punta

HILARY guarda Philip, PHILIP guarda Désirée, DESIREE guarda Morris.

DESIREE: Vediamo la successiva.

MORRIS: Potremmo divorziare tutti e risposarci scambiando il partner. Non so se mi spiego...

PHILIP: E dove vivremmo?

MORRIS: Io potrei prendere la presidenza a Rummidge e sistemarmi lì. Immagino che tu potresti trovare un posto a Euphoria.

PHILIP: Non ne sono sicuro.

MORRIS: Oppure potresti portare Désirée a Rummidge e io me ne tornerei a Euphoria con Hilary.

HILARY si alza in piedi.

Dove vai?

HILARY; Non ho voglia di ascolture una conversazione così sciocca.

PHILIP: Cosa c'é che non va? Sei stata tu a volerla.

HILARY: Non era questa la discussione seria che avevo in mente. Mi sernbrate un paio di sceneggiatori che discutono come portare a conclusione una commedia.

MORRIS: Hilary, tesoro! Ci sono delle scelte da compiere. Ogni possibilità va esaminata.

HILARY (tornando a sedersi): Va bene, allora... hai preso in considerazione la possibilità che Désirée e io si voglia divorziare da voi due e non risposarci?

DESIREE: Ben detto!

MORRIS (pensoso): E’ vero. Un’altra possibilità sarebbe il matrimonio di gruppo. Ne avete sentito parlare? Due coppie vivono insieme nella stessa casa e assommano le loro risorse. Tutto è proprietà comune.

PHILIP: Incluso... ehm...

MORRIS: Incluso anche quello... naturalmente.

HILARY: E quanto ai bambini?

MORRIS: Per i bambini é uno spasso. Giocano insieme e si divertono mentre i genitori...

DESIREE: Si scopano a vicenda.

HILARY: Non ho mai sentito nulla di più immorale in vita mia.

MORRIS: Su, su, Hilary. Noi quattro siamo già i detentori del record mondiale di scambio di coniuge a lunga distanza. Perché non farlo sotto lo stesso tetto? In questo modo si otterrebbe la stabilità domestica e in più la varietà sessuale. E non è questo ciò che noi tutti desideriamo? Non so come sia andata a voi due questa notte, ma Désirée e io abbiamo davvero fatto una...

DESIREE: Basta, basta, risparmiaci i dettagli.

PHILIP: Devo dire che é una proposta che ha delle connotazioni interessanti.

DESIREE: In teoria l’idea mi place, nel senso che sarebbe il primo passo verso lo scioglimenro del nucleo familiare, apre la porta a successivi sviluppi, ma se Morris ne é il patrocinatore ci deve esser sotto qualche imbroglio.

HILARY (sardonica, a MORRIS): Solo per curiosità accademica: in questo cosiddetto matrimonio di gruppo, cosa accade se entrambi gli uomini si accorgono di desiderare la stessa donna nello stesso momenro?

DESIREE: O se le due donne vogliono andare a letto con lo stesso uomo?

(Pausa).

MORRIS si strofina il mento, pensieroso.

PHILIP (con una smorfia allegra): Lo so io! Chi resta fuori sta a guardare gli altri tre!

MORRIS e DESIREE si piegano in due per le risate. HILARY, suo malgrado, si unisce a loro.

HILARY: Ma non possiamo essere seri almeno per un momento? Tutta questa faccenda come andrà a finire?

Stacco su:

Interno: camera d’albergo azzurra, pomeriggio.

Si apre la porta ed entrano MORRIS, DESIREE, HILARY e PHILIP. Sono carichi di pacchetti e di borse con il nome dei negozi di Manhattan. Sembrano accaldati e sudati, ma hanno l’aspetto rilassato. Si lasciano cadere sui letti e sulle poltrone.

MORRIS: Ce l’abbiamo fatta.

DESIREE: Gesù, mi ero dimenticata com’é New York nella canicola.

PHILIP: Sia ringraziato il cielo per l'aria condizionata!

MORRIS: Vado a prenderc del ghiaccio.

MORRIS esce, PHILIP si alza in piedi di colpo.

PHILIP: Désirée.

DESIREE: Cosa?

PHILIP: Ti rendi conto di che giorno è oggi? Il giorno della marcia!

DESIREE: La marcia? Oh, sì, la marcia.

HILARY: Che cos’è?

PHILIP (in tono eccitato): La faranno vedere sul terzo canale.

PHILIP si avvicina al televisore e l’accende.

DESHKEE: La marcia era stamattina, no? Ormai sarà finita.

PHILIP: A Euphoria é ancora mattina Fuso orario del Pacifico.

DESIREE: Giusto! (a HILARY) Hai sentito parlare dei disordini a Plotinus? Gli scontri per il Giardino del popolo?

HILARY: Oh, sì... Lo sai, Philip, che ti sei perso un mucchio di avvenimenti emozionanti a Rummidge, questo quadrimestre? Il sit-in e tutto il resto.

PHILIP: Non riesco a immaginare che a Rummidge possa accadere qualcosa di veramente emozionante.

HILARY: Spero che non diventerai uno di quegli snob facinorosi che trovano tutto insulso se non vedono scorrere il sangue.

DESIREE: "Snob facinorosi" é una bella definizione.

PHILIP: Be’, a dire il veo, oggi a Plotinus potrebbe facilmente capitare che qualcuno ci rimetta la pelle.

DESIREE: Cerca di capirlo, Hilary. In quella storia dal Giardino, Philip si é ritrovato veramente coinvolto, e anche in tutto il resto. E’ persino finito in prigione.

HILARY: Buon Dio! Non me l’hai mai detto, Philip.

PHILIP (accovacciandosi vicino alla TV, mentre si illumina lo schermo): Si è trattato solo di poche ore. Avevo in animo di scrivertelo e di parlartene ma... il tutto era collegato con altre cose...

HILARY; Oh.

Sullo schermo appaiono le immagini di un western. PHILIP cambia canale finché trova la trasmissione della murcia di Plotinus.

PHILIP: Ah! (regola l’audio. Suono: canti, evviva, suoni di bande eccerera.)

Entra MORRIS con il ghiaccio e delle bibite.

Morris: Cos’è?

DESIREE: La grande marcia di Plotinus!

MORRIS: Stai scherzando?

VOCE DEL CRONISTA: ...e sembra proprio che, nonostante tutto, la grande marcia si svolgerà in modo pacifico...

MORRIS guarda interessato mentre prepara le bibite.

Primo piano dello schermo televisivo. Si vede la colonna dei marciatori che passa lungo la staccionata del Giardino. E’ una mattinata tiepida e soleggiata a Plotinus. La gente é di buon umore, una folla festante che reca bandiere, striscioni, fiori e zolle d'erba. Al di là della staccionata gli uomini della guardia nazionale hanno l'aria rilassata. Le riprese indugiano su vari settori della gente in marcia. Si vedono camion che trasportano orchestrine rock e danzatrici a seno scoperto che si agitano al suono della musica. C’è anche gente che balla sotto gli spruzzi degli idranti e altra che avanza tenendosi per mano. Tra i marciatori si riconoscono parecchi visi familiari. Le immagini sono accompagnare dai commenti del telecronista e da quelli di MORRIS, PHILIP, HILARY e DESIREE.

VOCE DEL TELECRONISTA: In molti temevano che per le strade di Plotinus sarebbe scorso il sangue, ma fino a questo momento l’atmosfera ha le vibrazioni giuste. I marciatori gettano fiori e non pietre o li intrecciano nelle maglie del reticolato... stanno piantando delle zolle erbose lungo il marciapiede fuori del giardino... ecco come sostengono le loro ragioni.

PHILIP: Ehi, dico, ma quello é Charles Boon! Quella e Melanie!

MORRIS: Melanie? Dove?

DESIREE: Vicino a quel tipo con il braccio ingessato.

HILARY: E’ molto carina.

VOCE DEL TELECRONISTA: Fino a ora nessuno ha tentato di scalare la staccionata. Come potete vedere le guardie sono sul "riposo". Anzi, alcuni salutano con un gesto della mano i marciarori.

PHILIP: Ecco Wily Smith! Ti ricordi, Hilary, che ti ho parlato di lui? E nell’angolo dello schermo, con il berretto da baseball in testa. Era nel mio corso di composizione. Ma non ha mai scritto neanche una parola.

VOCE DEL TELECRONISTA: Non si vede traccia dello sceriffo O’Keene, né dei suoi uomini. Gli scagnozzi in blu, come li definiscono gli studenti.

DESIREE: Ehi! Guardate le danzatrici a seno nudo!

PHILIP: Di sicuro sono Carol e Deirdre, che ne dici?

DESIREE: Sì, hai ragione.

VOCE DEL TELECRONISTA: Sono ormai più di trenta minuti che il corteo continua a sfilare e ancora non se ne scorge la fine.

PHILIP: Ecco il cow-boy e la c’é il confederato! In questa marcia c’é proprio tutta Plotinus.

VOCE DEL TELECRONISTA: Penso che queste immagini parlino a sufficienza.

HILARY (un poco malinconica): Ad ascoltarti si direbbe che vorresti esserci anche tu, Philip.

DESIREE: Puoi scommerterci.

PHILIP: No, non proprio...

PHILIP abbassa il volume dell’audio ma lascia il video.

Carrellata all'indietro per inquadrare le due coppie sedute accanto all’apparecchio con il bicchiere in mano.

PHILIP: "Non é un paese per gli uomini vecchi..."[26]

MORRIS: Andiamo, Philip, non fare il disfattista.

PHILIP: Laggiù io sono un impostore.

DESIREE: Spiegati meglio.

PHILIP: Quei raguzzi (fa un gesto verso la TV) sono veramente impegnati nella difesa del Giardino. E’ quasi una passione amorosa, la loro. Prendiamo Charles Boon e Melanie. Non sono mai riuscito a interessarmi a una questione politica a quella maniera. Talvolta vorrei essere capace di provare il loro stesso entusiasmo. Per me invece, a essere sincero, la politica è qualcosa che rimane sullo sfondo, una somma di notizie, quasi uno spettacolo. Qualcosa che posso inserire e disinserire nella mia vita, a mio piacere, come un telecomando. Ciò che mi preoccupa veramente, ciò che non riesco a togliermi dalla testa premendo un interruttore, è la paura di morire, è il sesso, è... il fatto di perdete i capelli. Faccende private, personali. Noi, la nostra genetazione intendo, siamo gente che ama il privato. Facciamo una netta distinzione tra vita pubblica e privata; le cose importanti, quelle che ci rendono felici o infelici, sono private. L’amore é privato. La proprietà è privata. Le parti del corpo sono private. Ecco perché i giovani radicali vogliono poter scopare per strada. Non si tratta di una proposta scandalistica tanto per scioccare, si tratta di una proposta rivoluzionaria. Conoscete la canzone dei Beatles Facciamolo per strada?

DESIREE: Balle!

PHILIP: Eh?

DESIREE: Balle in assoluto, Philip. La contestazione di Plotinus ti ha fatto il lavaggio del cervello. Hai letto troppi numeri dell’Euphoric Times. Quando verra la rivoluzione, sai chi verrà fottuto per le strade? Dimmelo?

PHILIP: Chi?

DESIREE: Le donne, no? Sia che lo vogliano o che non lo vogliano. Senti, ogni notte giù al Giardino ci sono ragazze che vengono violentate, solo che l’Euphoric Times non ammette la parola violenza carnale e perciò nessuno ne sa niente. Qualsiasi ragazza vada a offrire il suo aiuto per il Giardino, finisce catturata nella trappola del sesso. Se non ci sta gli uomini l’accusano di essere borghese e bacchettona e se lei va a protestare dalla polizia le rispondono che si è meritato tutto quello che le è successo solo per il fatto di esserci andata. E se le ragazze non sono scopate contro il loro volere, sono però schiavizzate; o lavano i piatti, o cucinano lo stufato o badano ai bambini mentre gli uomini se ne stanno seduti belli comodi a discutere di politica. Questa la chiamate rivoluzione? Non fatemi ridere!

HILARY: Bene! Brava!

PHILIP: Be’, può darsi che tu abbia ragione, Désirée. Io sostengo soltanto che esiste un divario generazionale e che esso ruota attorno a questo contrasto tra il pubblico e il privato. La nostra generazione condivide la vecchia idea liberale dell’io inviolabile. E’ la grande tradizione del romanzo realistico, è cio su cui poggia tutta la narrativa. La vita privata in primo piano, la storia sullo sfondo non è che un rombo lontano di colpi di cannone, dietro le quinte, chissà dove... In Jane Austen non è neppure un rombo. Bene, il romanzo sta morendo e noi con lui. Non c’è da meravigliarsi se non ho cavato fuori niente dal mio corpo sulla composizione a Euphoric State. Era un mezzo innaturale per le loro esperienze. Questi ragazzi (fa un gesto verso lo schermo) stanno vivendo un film, non un romanzo.

MORRIS: Suvvia, Philip! Hai dato troppo ascolto a Karl Kroop.

PHILIP: Be’, dice delle cose molto giuste.

MORRIS: Non ti sembra che lo storicismo di cui va blaterando sia piuttosto grossolano? E la sua estetica non vale di più.

HILARY: Tutto questo è molto affascinante, ne sono convinta, ma non potremmo discutere di qualcosa un po' più terra terra? Per esempio, cosa faremo noi quattro nell’immediato futuro?

DESIREE: E’ inutile, Hilary. Non riconosci il suono dell’eloquio maschile?

MORRIS (a PHILIP): I paradigmi della narrativa sono essenzialmente i medesimi qualsiasi sia il mezzo espressivo. Parole o immagini non c’è differenza a livello strutturale.

DESIREE: "Livello strutturale", "paradigmi". Quanto amano queste parole astratte. "Storicismo"!

PHILIP (a MORRIS): Non credo che questo sia vero del tutto. Per esempio, prendiarno il problema della conclusione.

DESIREE: Sì, già, prendiamolo!

PHILIP: Ti ricordi quel brano di Northanger Abbey, dove Jane Austen dice di temere che il lettore abbia indovinato che da un momenro all’altro si giungerà a una felice conclusione della storia?

MORRIS (annuisce): Cito: "...Vedendo dalla concentrazione rivelatrice delle pagine davanti a loro che stiamo procedendo tutti verso la perfetta felicità." Fine della citazione.

PHILIP: Esatto! Bene, è proprio questo ciò di cui lo scrirtore non può fare a meno: cioé far trapelare involontariamenre che il suo romanzo sta per giungere alla conclusione. Può darsi che non finisca bene, al giorno d’oggi, ma il romanziere non può nascondere la comprensione rivelatrice delle pagine.

(HILARY e DESIREE cominciano ad ascoltare affascinate ciò che PHILIP sta dicendo ed egli diventa il punto focale dell’attenzione.)

Voglio dire che mentalmente ci si prepara per la conclusione del romanzo. Mentre si legge, ci si rende conto che nel libro non ci sono più che una pagina o due, e il lettore é ormai pronto a chiuderlo. Invece nei film, soprattutto adesso che sono strutturati in modo più libero e sono molto piu ambivalenti di una volta, non c’è modo di saperlo in anticipo. Non c’è modo di sapere quale fotogramma sarà l’ultimo. La pellicola procede, proprio come procede la vita, e gli attori sono impegnati a fare delle cose, a bere, a parlare, mentre noi la guardiamo e in qualsiasi momento lo decida il regista, senza alcun preavviso, senza che i problemi siano srati risolti o spiegati o liquidati ecco che... improvvisamenre arriva la FINE.

(PHILIP scrolla le spalle. La macchina da presa si ferma congelandolo nel mezzo del suo gesto.)

[1] Ph.D.: Phillosophiae Doctor, laurea di terzo grado, dottorato di ricerca. (N.d.T.)

[2] Biblioteca dell`università di Oxford, fondata da Sir Thomas Bodley. (N.d.T.)

[3] Poema epico, capolavoro della poesia pagana anglosassone. (N.d.T.)

[4] Commedia pre-scespiriana di incerta attribuzione. (N.d.T.)

[5] Brevi componimenti poetici giapponesi. (N.d.T.)

[6] Queste parole appartengono al testo di un telegramma inviato il 2 giugno 1897 da Mark Twain da Londra a un giornalista del New York Times dopo la pubblicazione della falsa notizia della sua morte. (N.d.T)

[7] George Knightley, personaggio di Emma di Jane Austen. (N.d.T.)

[8] Fanny Price, personaggio di Mansfield Park, altro romanzo di Jane Austen (N.d.T)

[9] Da "imagismo", movimento poetico fondato da Ezra Pound, che poneva il valore estetico nella nitidezza dell'immagine poetica. (N.d.T.)

[10] Pittore statunitense pioniere della pop - art. (N.d.T.)

[11] Herbert Marshall McLuhan: sociologo canadese e critico letterario, predisse la scomparsa della parola stampata in favore di mezzi di comunicazione più immediati (N.d.T.)

[12] Wily, astuto, volpino. (N.d.T.)

[13] Sparrow, passero; Swallow, rondine. (N.d.T.)

[14] Spazzatura. (N.d.T.)

[15] Ralph Nader, avvocato statunitense strenuo difensore dei diritti del consumatore. (N.d.T)

[16] Christopher Marlowe, 1564-1593, drammaturgo elisabettiano e poeta : The Passionate Shepherd To His Love. (N.d.T.)

[17] Elegia pastorale di John Milton. (N.d.T.)

[18] Componimento poetico di John Milton. (N.d.T.)

[19] Composizione poetica di H.W. Longfellow. (N.d.T.)

[20] Romanzo di Francis Scott Fitzgerald, scrittore americano (1896-1940). (N.d.T.)

[21] Matthew Arnold (1822-1888), The Grande Chartreuse. (N.d.T.)

[22] Carne di manzo affumicata. (N.d.T.)

[23] Parola greca che indica una progressione di espressioni e sensazioni via via più intense. (N.d.T.)

[24] Alice nel Paese delle Meraviglie, di Lewis Carroll (N.d.T.)

[25] Massachussets Institute of Technology. (N.d.T.)

[26] Sailing to Byzantium, di William Butler Yeats (1865-1939). (N.d.T.)