lunedì 27 gennaio 2025

QUELLO TRA ISRAELE E HAMAS NON È UNO «SCAMBIO DI OSTAGGI» Iuri Maria Prado

 


QUELLO TRA ISRAELE E HAMAS NON È UNO «SCAMBIO DI OSTAGGI»

Iuri Maria Prado

27 Gennaio 2025

È a dir poco blasfema l’equiparazione tra lo stragista o lo stupratore detenuto in un carcere israeliano e l’inerme rapito durante gli eccidi del Sabato Nero e trattenuto per 480 giorni nei tunnel di Gaza. Definire “scambio di ostaggi” l’operazione con cui Israele, per riscattare la vita di alcuni tra i rapiti del 7 ottobre, libera centinaia di palestinesi – molti dei quali responsabili di gravissimi delitti – significa alternativamente l’uno o l’altro. L’uno: che davvero si ritiene trattarsi, nei due casi e sui due fronti, di “ostaggi”, e che si tratti dunque dell’equanime incrocio restitutorio di persone gravate di identiche responsabilità e identicamente trattenute in modo indebito. L’altro: che, al contrario, si sa bene che non si tratta di ostaggi in entrambi i casi, si sa bene che definire ostaggi gli uni e gli altri è uno sproposito, si sa bene che lo “scambio” è tutt’altro, e tuttavia si scrive ugualmente “scambio di ostaggi” perché scriverlo adempie in modo efficace alla dolosa alterazione di verità circa il ruolo, le ragioni, le pratiche e gli obiettivi delle parti in conflitto.

Dovrebbe essere inutile star qui a indugiare sul carattere a dir poco blasfemo dell’enormità che equipara lo stragista o lo stupratore detenuto in un carcere israeliano all’inerme rapito durante gli eccidi del Sabato Nero e trattenuto per 480 giorni nei tunnel di Gaza. Dovrebbe essere inutile ricordare i trasalimenti per i “22 bambini” rilasciati giorni fa da Israele, il più giovane dei quali era un quindicenne arrestato non esattamente per il furto di una mela. Dovrebbe essere inutile rievocare i bei titoli del giornalismo democratico secondo cui il popolo di Gaza, apprestandosi ad accogliere una turba composta perlopiù da terroristi, faceva “ritorno alla libertà”.

Non è inutile, evidentemente. Perché, se fosse inutile, lo “scambio di ostaggi” che non esiste nella realtà non sarebbe esistito sui giornali che invece hanno provveduto a confezionarlo in perfetto stile da reporter embedded in Hamas.

Si potrebbe osservare che nei due casi – e cioè sia che l’uso della dicitura “scambio di ostaggi” dipenda dall’incommensurabile ignoranza dell’utilizzatore, sia che esprima la disinvoltura del più volgare propagandista – la cosa è dopotutto innocua perché gli uni come gli altri, vale a dire gli ostaggi israeliani e i detenuti palestinesi, tali restano a prescindere da come li si chiama.

Osservazione abbastanza vacua. Che porterebbe a ritenere innocuo chiamare “genocidio” anziché guerra la guerra di Gaza, o “resistenza“ anziché quel che è il pogrom del 7 ottobre.