lunedì 27 gennaio 2025

UN MAZZO DI ROSE Estratto da “Il tuono viola" Jaroslav Hašek



UN MAZZO DI ROSE

Estratto da  “Il tuono viola"

Jaroslav Hašek

La popolarità di Hasek è legata principalmente a questo romanzo (anche grazie alla riscrittura teatrale che ne fece Brecht); come spesso capita, il successo di un’opera celebrata ne oscura altre, in questo caso i racconti, nel quali Hasek stempera la comicità nell’ironia immergendola in una soluzione che contiene qualche traccia di malinconia.

Un mazzo di rose

Da sei mesi stava il mazzo di rose bianche nel vaso nel salotto, appassito e secco; naturalmente non emanava più il profumo di mezz’anno prima, quando la signorina Carla Kalinová lo aveva portato fresco, riempiendo la stanza, sebbene fosse inverno, di odore di estate.

— State attenta a quelle rose, quando fate le pulizie, — ordinava la signorina alla domestica. — E tu, papà, — diceva al signor Kalina — non ti mettere le rose nel tabacco.

— Sei matta, Carla? — rispondeva il signor Kalina, — sai bene quanto io stimi simili doni d’amore. Dio mio, anch’io, quando ero celibe, portavo a tua madre le rose. Eh, non arrossire. Si dice che i piccoli doni mantengono l’amicizia e che dall’amicizia si può sviluppare l’amore e dall’amore viene di solito il matrimonio. E il signor Mařík ti avrà donato questo mazzo certamente per amicizia.

— Del resto, — concludeva l’esperto cassiere-capo in pensione — volentieri ti vedrei già sistemata. Perché arrossisci? Ogni donna si sposa volentieri e il signor Mařík è un uomo ricco, maturo, ben situato.

— E prima di morire, — aggiungeva malinconico come migliaia di altri padri — ti vorrei vedere felice.

Il signor Kalina aveva acceso la pipa e, andando su e giù per la stanza, fumava la sua prediletta miscela di vari tabacchi con una piccola aggiunta di quei petali di rose che danno al fumo del tabacco un fine aroma, sebbene nell’osteria, dove si recava quotidianamente, gli amici dicessero che il fumo della sua pipa non era molto diverso dalla puzza d’una serra bruciata e qualcuno pensasse addirittura al bruciare d’una bica...

— È la cosa più sana! Una piccola aggiunta di rose aromatizza il fumo, — diceva il signor Kalina per difendere la sua miscela, — peccato però che già mi stia finendo la piccola provvista di rose che avevo fatto l’estate scorsa e non mi va di comprarle secche dal droghiere, perché è del tutto impossibile trovare nei negozi le rose pure. Vi mischiano tanti altri fiori, per esempio le peonie, che i ragazzi raccolgono nei cimiteri, e valle poi a fumare! Come se fumassi i fiori delle tombe! Credetemi, sono davvero avvilito quando mi finisce la provvista.

Ma le rose secche non erano finite al signor Kalina, ebbe presto il piacere di tagliarle a strisce strette e pezzetti, cosa che lo rallegrava sempre moltissimo, come un presentimento di quei momenti belli e gradevoli, in cui i pezzetti delle rose mescolati al tabacco avrebbero cominciato a sfriggolare dolcemente, riempiendo dei loro anelli odorosi tutta la stanza e altre due, tre stanze, la cucina, l’anticamera, il corridoio.

La signorina Carla tornò un pomeriggio dalla passeggiata (detto in tono ufficiale, da una visita a un’amica, scusa a cui ricorrono quasi tutte le signorine innamorate), portando a casa un altro mazzo di rose, non bianche ma gialle.

E fece subito coi fiori ciò che si fa di solito. Riempì il vaso d’acqua, e il vaso con le rose gialle restò per un quarto d’ora accanto al vaso col mazzo di rose bianche.

— Sono anche queste del signor Mařík? — domandò seccato il signor Kalina, pur di dire qualcosa, — sempre rose, nient’altro che rose.

— No, papà, — rispose la signorina Carla — queste belle rose me le ha regalate il signor Ningr, un signore molto simpatico. Non lo conosci? È molto carino, bruno, simpatico. Lo conosci certamente, il signor Ningr.

— Non lo conosco, — disse serio il signor Kalina, — ti prego, che ne dirà il signor Mařík? Non sai nemmeno tu quello che vuoi!

— Con quel signore ho interrotto tutti i rapporti, — disse la signorina Carla con sorpresa di suo padre, — pensa che già da tre settimane conosco il signor Ningr. Devi conoscerlo anche tu. È il signore che al ballo quella volta ha ballato tutte le danze con me. Vedi, oggi è andato in campagna, è amministratore d’una tenuta, e mi ha portato per ricordo queste rose. Non ti sarai arrabbiato, papà, il signor Mařík era un vecchio scapolo, un brontolone, mentre il signor Ningr è così simpatico, è bruno, ancora giovane e bello, papà, e gli scriverò spesso. Guarda queste rose gialle, come odorano...

— E del primo mazzo che farai? — domandò il signor Kalina.

— Puoi tagliarlo a pezzetti per il tuo tabacco, papà, — disse generosamente Carla, — e non ti arrabbiare col signor Ningr.

— Ma va, sciocchina, — disse il signor Kalina; e da quel momento si dedicò al taglio delle rose bianche ormai secche, mentre nel vaso odoravano le fresche rose gialle.

Quello stesso giorno aggiunse le rose tagliate al tabacco: il fumo dileguava, dileguava, come le speranze del signor Mařík.

Anche le rose gialle divennero secche, e restarono impolverate nel vaso, perché la domestica ebbe l’ordine di non toccarle, e quanto più stavano nel vaso, tanto più diminuiva la provvista delle rose tagliate del signor Kalina.

— Fra poco finirò di fumare il signor Mařík, — disse il signor Kalina, personificando il fumo, — e dopo?

Finché un giorno la signorina Carla portò a casa un nuovo mazzo di rose, questa volta rosse, e disse: — Caro papà, non ti arrabbiare col signor Kautský.

— Parli del mio vecchio amico o di suo figlio? — domandò meravigliato il signor Kalina.

— Parlo del giovane Kautský, — rispose la signorina — prenderà presto la laurea, è simpatico.

— E con questo? — domandò il signor Kalina.

— Mi ha dato queste rose, — rispose la signorina — e chiede il permesso di venirci a trovare qualche volta.

Quel giorno il signor Kalina tagliò a pezzetti nel suo tabacco le rose gialle del secondo mazzo e il fumo svanì di nuovo, stavolta come le speranze del signor Ningr.

— Fumo il signor Ningr, — diceva — e che sarà dopo?

Poi si mise a fumare le rose secche comprate dal droghiere, perché il signor Kautský, quando si fu sposato con sua figlia Carla, non portò più mazzi di rose.

Questi regali gli uomini li fanno solo prima delle nozze.


(1905)