IL CLIENTE FISSO
Estratto da "RACCONTI"
Bernard Malamud
Alle dieci e mezza, appena entrate per il turno del pranzo, le due cameriere avevano appreso la triste notizia da Mr Mollendorf, e per il resto della giornata ebbero gli occhi rossi e gonfi di pianto. Dopo pranzo, quando tutto si fa piú lento, si sedettero sulla panca di fronte allo specchio sul retro del ristorante e si misero a fissare i tavoli vuoti di Eileen, poi ripresero a piangere. Alle quattro, quando le due ragazze del turno della cena ebbero appeso impermeabile e ombrello e si furono cambiate e sistemate, Gracie e Clara glielo dissero, e scoppiarono in lacrime tutt’e quattro insieme.
– Aveva solo ventotto anni, – si lamentò Mary, e i singhiozzi si fecero piú forti mentre le ragazze si videro Eileen morta in un letto d’ospedale dopo l’intervento alla cistifellea.
Alle quattro e un quarto Mr Mollendorf, cuoco e proprietario del ristorante, uscí dalla cucina in grembiule e cappello da chef e chiese alle ragazze per favore di controllarsi e apparecchiare i tavoli per la cena. Certo era una tragedia, ma questo era un luogo di lavoro che dava da vivere a tutti quanti, e non era bello che i clienti venissero serviti da una schiera di ragazze in lacrime. Nel voltarsi per rientrare in cucina, qualcosa balenò alla mente di Mr Mollendorf, che domandò: – Chi di voi, ragazze, vuole servire l’angolo di Eileen stasera?
Nessuna aprí bocca. La sola idea le terrorizzò.
– Chi comincia stasera può poi continuare, d’ora in avanti, – aggiunse Mr Mollendorf.
Nessuna gli rispose. Sapevano tutte che l’angolo di Eileen era il migliore del ristorante, dove ci si faceva almeno un dollaro in piú di mancia per sera, ma nessuna parlò.
– Be’, perché non tu, Gracie? Eri la sua migliore amica, – disse il proprietario.
– No, la prego, Mr Mollendorf. No davvero, proprio non posso.
– Clara? Ti guadagneresti qualcosa in piú.
– No grazie, Mr Mollendorf.
– Mary?
– No, davvero.
– Elsie?
– No grazie.
Mr Mollendorf scrollò le spalle. – In tal caso, allora, – disse, – non mi resta che chiamare l’agenzia per prendere una nuova cameriera e darle i tavoli migliori.
Le ragazze, tutte belle ordinate nelle loro divise bianche e nere, rimasero mute. Sembravano cosí spaventate che Mr Mollendorf si sentí male per loro.
– Bene, ragazze, – aggiunse con tono gentile, – non preoccupatevi. Dispiace anche a me. Era una persona eccezionale, davvero, e aveva solo ventotto anni. Si asciugò un occhio col dorso della mano e rientrò in cucina.
– Non è poi cosí cattivo, – disse Mary. E tutte convennero che Mr Mollendorf era un brav’uomo. Apparecchiarono i tavoli per la cena. Il pomeriggio trascorse lento e fuori cominciò a piovere piú forte.
– Piange anche il cielo, – esclamò Mary.
– Mi sa che la cena riuscirà male, – aggiunse Clara.
– Pazienza, – esclamò Elsie. – Tanto non ho nessuna voglia di lavorare, se penso a lei là, morta all’ospedale.
– Sapete una cosa?– fece Gracie sottovoce.
– Che cosa?
– Il suo... il suo cliente fisso...
Le ragazze se l’erano dimenticato. Loro malgrado, scoppiarono di nuovo in lacrime.
– Quando arriverà, non permetterò che sia servito da una cameriera nuova, – disse Gracie alle altre, – lo farò io.
– È vero, Gracie, – convenne Clara. – Non possiamo lasciare che glielo dica un estraneo. Non... be’, non sarebbe giusto.
Alle cinque e mezza arrivò dall’agenzia la nuova ragazza. Teneva il grembiule in una custodia di cartone della tintoria Klein. Mr Mollendorf disse a Gracie di accompagnarla di sotto a cambiarsi, di darle la lista dei prezzi e mostrarle dov’erano le cose. Gracie accompagnò la nuova cameriera, che si chiamava Rose, giú agli armadietti. Poi le raccontò di Eileen e dell’intervento.
– Mi rincresce sentire una cosa del genere, – disse Rose. – Non mi va di farmi i soldi sulla pelle degli altri.
– No, non è bello per nessuno.
– Tanto meno per me.
Gracie le disse del cliente fisso di Eileen. – Quando arriva, ti dispiace se lo servo io? – domandò, – Sai, è una questione personale.
– Capisco perfettamente, – disse Rose. – Se posso fare qualcosa, sono ben contenta.
– Grazie.
– Uscivano insieme?
– Be’... non proprio, ma sarebbe successo presto. Sono due anni che viene qui ogni sera e si siede al tavolo di Eileen, che sapeva esattamente come servirlo. Lui si limita a ordinare la carne, tutto il resto non cambia. Prima prende una coppa di frutta, poi un passato di piselli con i crostini o una zuppa di verdura – dipende da quello che c’è quella sera – poi ordina la carne – ben cotta, con fagiolini e puré di patate, e per finire la torta di mele, o di mirtilli, se è la stagione dei mirtilli, e un caffè con doppia razione di panna liquida, perché gli piace macchiato. Eileen sapeva esattamente come servirlo, senza che lui dicesse una parola.
– Chissà com’era abituato a lei.
– Altroché, e come gli piaceva. All’inizio era timido e le parlava poco, ma dopo cinque o sei mesi lei se l’era quasi conquistato con quel suo sorriso e i suoi modi gentili, e ha cominciato a parlarle. Eileen diceva sempre che era molto intelligente. Sapeva tutto di quel che succede nel mondo e della guerra e cose cosí.
– Secondo te ci rimane male?
– Eh sí, – esclamò Gracie, – penso proprio di sí... è per quello che voglio dirglielo io. Sai com’è.
– Lo so bene, – esclamò Rose con enfasi.
Rose si era cambiata e adesso indossava anche lei un abito nero con colletto e polsini bianchi e un grembiule bianco. Qualsiasi cliente avrebbe capito che non aveva mai lavorato lí, perché aveva le scarpe nere mentre le altre ragazze le avevano bianche.
Gracie presentò Rose alle ragazze e le mostrò la zona di Eileen. – Lui si siede lí, – disse indicando il terzo tavolo lungo la parete. – Lo riconosci subito perché è magro e biondino, e legge sempre il «World Telegram».
– Appena lo vedo ti chiamo, – disse Rose.
– Va bene.
Tornarono alla panca vicino allo specchio e le ragazze rimasero sedute a chiacchierare sottovoce. Raccontarono a Rose delle storie sulla bontà di Eileen – che non si sposò mai perché doveva mantenere la vecchia madre, che i due fratelli sposati se n’erano fregati, e come fosse buona e bella, che non si arrabbiava mai se una ragazza le tagliava la strada entrando in cucina, ed era sempre cosí sorridente che tutti le volevano bene.
Le ragazze guardarono la pioggia che scendeva a rivoli sulle finestre. Il ristorante era vuoto e lo sembrò ancora di piú quando osservarono i singoli tavoli apparecchiati cosí bene con posate d’argento e tovaglie e tovaglioli bianchi. All’entrata il cassiere leggeva un libro, e le cameriere sedevano sul retro nella penombra, pensando a quel che si pensa quando è appena morto qualcuno.
– A che ora arriva questo tipo? – chiese Rose a Gracie mentre prendevano i dolci in cucina.
– Di solito alle sette e mezza.
Rose guardò l’ora. – Sono le otto meno dieci.
– A volte non viene. Magari stasera con tutta questa pioggia non viene neanche, – disse Gracie.
– Speriamo che arrivi.
Quando Gracie tornò fuori, lo vide che appendeva il cappotto accanto al solito tavolo, e sentí un tonfo al cuore. Serví i suoi dolci e catturò lo sguardo di Rose. Rose guardò e lo vide leggere il «World Telegram». Sorrise con un cenno d’intesa. Le altre cameriere videro lo scambio d’occhiate e l’atmosfera si fece tesa.
Gracie si sistemò il grembiule e cercò di calmarsi. Decise di non dire niente ma di aspettare che fosse lui a chiedere. Andò al tavolo nella zona di Eileen e versò un bicchiere d’acqua al cliente, che sollevò gli occhi dal giornale. Erano di un azzurrognolo spento e i capelli erano secchi e radi in cima. Rimase vagamente sorpreso nel vedere Gracie.
– Posso... posso ordinare a lei?
– Sí signore. Gliel’avrebbe detto appena lui avesse chiesto dov’era Eileen. Per adesso si teneva pronta. Le ragazze erano ai loro compiti, e la guardavano per vedere cosa succedeva.
– Bene, – continuò il cliente, sfregandosi leggermente la guancia con le dita lunghe e ossute, – di solito prendo una coppa di frutta e il passato di piselli con i crostini. Poi stasera vorrei una braciola – ben cotta, per favore – con fagiolini e puré di patate.
Gracie scrisse veloce.
Di solito come dolce prendo la torta di mirtilli e un caffè con doppia razione di panna liquida.
Lei chiuse il notes e rimase in piedi per un attimo, aspettando che chiedesse di Eileen, ma lui tornò al suo giornale. Gracie era delusa. Lui alzò di nuovo lo sguardo.
– Ho... c’è qualcosa che non va?
– No, signore. Poi si affrettò in cucina, livida in volto.
In cucina due delle ragazze le si fecero intorno.
– Gliel’hai detto? domandò Mary.
– No, non ha neanche chiesto dov’era.
Mary rimase a bocca aperta. – Oh, – esclamò delusa.
– Sono tutti cosí, – disse Clara con filosofia. – Non sanno se sei viva o morta e non gliene importa niente. – Già, – fece Gracie.
– Forse pensa che sia la sua serata libera, – suggerí Mary.
Gracie s’illuminò. – Può darsi, – disse, – però sapeva che era di giovedí, e oggi è martedí.
– Sí, ma magari se l’è dimenticato.
– Diglielo subito, – esortò Clara, – diglielo, e vediamo cosa risponde.
– Giusto, farò cosí.
Gracie prese il pane e il burro, l’insalata e una coppa di frutta. Posò il cibo sul suo tavolo, e lui abbassò il giornale.
– Signore, – cominciò.
Lui la guardò, quasi spaventato.
– Poiché lei è un cliente fisso, – continuò, – penso che potrebbe interessarle sapere che Eileen, la ragazza che di solito la serve a questo tavolo... be’, lei... lei è mancata questa mattina in ospedale, per un intervento alla cistifellea.
Gracie non riuscí a controllarsi. Fece una smorfia e poi le lacrime presero a scenderle lungo le guance. Le altre capirono che gliel’aveva detto.
Lui non seppe cosa dire. Deglutí imbarazzato, guardando nervosamente gli altri tavoli.
– Io... capisco, – disse, la voce stranamente incontrollata. – Mi dispiace –. Gli occhi ricaddero sul giornale. Gracie sbatté le palpebre per cacciare via le lacrime e si premette le labbra. Poi se ne andò via veloce.
– Al diavolo, – disse a Clara in cucina. – Che vada al diavolo. Spero che gli venga un colpo.
– Se lo merita, – disse Clara.
Gracie chiamò Rose. Strappò via il conto del cliente dal proprio notes. – Ecco, – disse, – servilo tu. A me fa venire il voltastomaco.
– Gliel’hai detto? – chiese Rose.
– Certo che gliel’ho detto, ma avrei voluto dirgli ben altro.
– Sono tutti uguali, – disse Clara.
La notizia fece il giro delle altre ragazze, che cominciarono a guardare il cliente con sguardo sprezzante ogni volta che passavano accanto al suo tavolo con i carrelli pieni. Rose lo serví in modo meccanico. Gli tolse il piatto della frutta e gli sbatté sul tavolo il passato di piselli. Lui parve non accorgersene. Gli occhi sempre fissi sul giornale.
Le ragazze erano inferocite e si misero a parlare di lui in cucina.
– Credevamo che avrebbe almeno mostrato un po’ di lealtà, – disse Mary.
– Non ha chiesto nient’altro?
– No, ha detto soltanto «Capisco. Mi dispiace», ... con freddezza, senza aggiungere una sola parola.
– Vorrei proprio ficcargli questa braciola giú per la gola, – disse Rose con violenza.
– Anch’io, – aggiunse Clara.
Uscirono di nuovo, ma non seppero controllare i loro sguardi. Non passò molto, che anche gli altri clienti cominciarono a lanciare occhiate in direzione dell’uomo. Dal viso sprezzante delle cameriere capirono che qualcosa non andava.
Una volta lui alzò lo sguardo e vide che tutti lo fissavano. Abbassò subito gli occhi, e mentre tagliava la carne la mano ebbe un fremito. Poi all’improvviso si pulí le labbra e posò il tovagliolo. Prese il conto dal tavolo, e afferrò cappello e cappotto dal gancio al muro. Era pallidissimo. Pagò in fretta e furia e se ne andò.
Le ragazze rimasero sconvolte. Restarono in piedi impietrite e smisero di servire. Quando la porta si chiuse alle spalle dell’uomo, raccolsero qualche piatto sporco e corsero in cucina.
– Avete visto? – chiese Clara. – Se n’è andato nel bel mezzo della cena.
– Deve essersi sentito male per Eileen, – disse Mary.
– Forse ha capito quel che provavamo per lui, – aggiunse Gracie.
– No, non penso. Secondo me Mary ha ragione, – intervenne Clara. – C’è gente fatta cosí. Non parlano, ma dentro si rodono.
– Chissà, – commentò Gracie.
– Per l’amor del Cielo, ragazze, – urlò Mr Mollendorf, – questo è un ristorante, non una sala da ballo. Tornate ai vostri tavoli.
Il gruppo si sciolse. S’infilarono tutte nel ristorante attraverso la porta oscillante.
– Sono sicura, – disse Clara a Gracie, – sono sicurissima che lui l’amava.
1943