sabato 3 agosto 2024

RICORDI. Sul Po fino a 15 anni. (1) L'alluvione.



RICORDI. Sul Po fino a 15 anni. (1) L'alluvione. 

 Fino ai quindici anni la grande ed unica passione che ebbi, fu il Po. Credo di averlo amato tanto perché mi ha fatto capire il significato della vita. Oh, il fiume, che scorreva calmo d'estate, dove ci bagnavamo timorosi di quei gorghi in agguato che avevano fatto annegare, si raccontava, proprio quelli che si sentivano bravi nuotatori. Io non lo ero e nuotavo, poco, vicino alla riva. Ma durante l'inverno diventava fangoso, portando alberi e rottami d'ogni tipo verso il mare, lontano. Premeva sugli argini, ed era sempre pericoloso per le case come la nostra, che stava a poche centinaia di metri. Era l'alluvione del 1951. Fu allora che abbiamo portato le mucche sull’argine, il Po non aveva ancora rotto nel Polesine e continuava a crescere, ormai al livello dell’argine. Ricordo che guardando dall’argine si vedeva una gobba dell’acqua che nel mezzo era, o sembrava, più alta dell’argine per un effetto tipo quello che si osserva nei capillari. Uomini e donne senza sosta portavano sacchi di sabbia per creare un rialzo. Si facevano i turni di sorveglianza dell'argine, insieme ai contadini delle cascine vicine. In casa si viveva nel timore che arrivasse l'acqua. Fuori si sentiva il vento minaccioso e la pioggia che non cessava. Avevamo portato i mobili su al primo piano. Si mangiava e dormiva tutti insieme, coi materassi per terra, in una stanza dove c'era la stufa. Le altre due stanze erano piene di mobili, che avevamo portato dal pian terreno. Ricordo che Zia Francesca, quando abbiamo deciso di portare al primo piano i mobili, per prima cosa mise in salvo la sua scopa. Quando ha rotto a Polesine ha incominciato improvvisamente a calare anche da noi. E abbiamo incominciato a sperare che non rompesse anche da noi. Erano un ricordo lontano le passeggiate lungo le sponde piene di gigli d'acqua, e ombreggiate dai salici e pioppi, mentre le rane saltavano in acqua per non rischiare di essere catturate da noi ragazzini. Quanto ho amato quei colori, profumi di fiori, di un amore istintivo che partiva dagli occhi per invadere il corpo, che gioia spontanea, naturale. Ricordi del levar del sole tra le nebbie mattutine, come bianchi vapori, che si alzavano al comparire del sole a illuminare i prati lucenti di rugiada.