venerdì 5 ottobre 2018


HELEN
Estratto da "Il commesso"
Bernard Malamud

Dato che non la si vedeva mai, lui stava con le orecchie tese e gli occhi aperti. Quando la sentiva scendere le scale andava alla vetrina per vederla uscire; cercava di far finta di nulla, come se non stesse spiando, nel caso lei si voltasse e lo vedesse, ma la ragazza non lo fece mai, come se niente di quel luogo le fosse abbastanza gradito da voltarsi a guardarlo. Aveva un viso grazioso, i seni piccoli, una bella figura, curata: come se si fosse scelta lei quell’aspetto. Gli piaceva osservare il suo passo rapido e un po’ goffo finché girava l’angolo. Nella sua andatura c’era una carica erotica, un ancheggiamento insolito, come se potesse all’improvviso deviare da una parte, mentre procedeva avanti. Aveva le gambe appena appena arcuate, ed era forse questo a rendere seducente il passo. Gli restava in mente anche dopo che aveva girato l’angolo: le gambe, i seni piccoli e il reggiseno rosa che li copriva. Magari Frank stava leggendo qualcosa o era sdraiato sulla schiena sul divano a fumare, e lei gli si accampava nella mente nell’atto di camminare per quel tratto di strada. Non aveva bisogno di chiudere gli occhi per vederla. Voltati, le diceva lui ad alta voce, ma nella sua immaginazione lei non si girava.
Per vederla di fronte, la sera, restava accanto alla vetrina illuminata, ma spesso prima che gli riuscisse di scorgerla lei stava salendo le scale o era già in camera sua a cambiarsi, e per quel giorno la possibilità di vederla era svanita. Rincasava alle sei meno un quarto circa, a volte un po’ prima, e Frank cercava di farsi trovare accanto alla vetrina per quell’ora, cosa non troppo facile perché proprio allora entravano i pochi clienti che facevano la spesa da Morris per cena. Perciò la vedeva tornare dal lavoro di rado, benché la sentisse sempre salire le scale. Un giorno il movimento nel negozio era minore del solito, alle cinque e mezzo non c’era più niente da fare, e Frank si disse: «Oggi la vedo». Si pettinò i capelli in gabinetto per non farsi accorgere da Ida, si mise il grembiule pulito, accese una sigaretta e si piazzò bene in vista accanto alla vetrina illuminata. Alle sei meno venti, un attimo dopo che aveva praticamente buttato fuori di bottega una cliente, una signora che era capitata là dentro scendendo dal tram, vide Helen voltare l’angolo dove c’era il negozio di Sam Pearl. Il suo viso era più grazioso di come se lo rammentava. Frank sentì la gola contrarglisi, vedendola giungere a pochi passi da lui, gli occhi azzurri, i capelli castani che portava abbastanza lunghi, con quel suo modo distratto di ravviarseli all’indietro per toglierseli dal viso. Pensò che non sembrava un’ebrea; tanto meglio. Ma aveva l’espressione scontenta, la bocca un po’ tirata. Pareva pensasse a qualcosa che non aveva speranza di ottenere. Frank si intenerì, e quando Helen alzò gli occhi e vide il suo sguardo fisso su di lei, il viso dell’uomo mostrava chiaramente l’emozione. Probabilmente ne fu infastidita, perché affrettò il passo fino all’entrata senza più degnarlo d’uno sguardo, e scomparve.
Il mattino dopo non la vide - come se gli fosse sfuggita di proposito - e la sera stava servendo qualcuno quando lei rincasò. Con disappunto, udì sbattere la porta. Dopo si sentì depresso. Ogni occhiata perduta, per uno che viveva di sguardi, era una perdita irrimediabile.