martedì 20 agosto 2024

NE MUOIONO PIÙ DI CREPACUORE Saul Bellow



 NE MUOIONO PIÙ DI CREPACUORE

Saul Bellow


Recensione

"Ne muoiono più di crepacuore” è il classico romanzo bellowiano di idee più che di intreccio. L’argomento lo troviamo in una frase presa a pagina 9 della mia copia Mondadori: «Sono secoli che ci facciamo rincretinire dall’amore.»

Il libro parla dell’Amore secondo Bellow. L’amore raccontato da lui non ha uguali in tutto il panorama letterario mondiale. 

«Uno scatto al termostato ed ecco che esplode il calore dell’amore, una bomba incendiaria che vi riduce in cenere.»

NE MUOIONO PIÙ DI CREPACUORE

L'anno scorso, in un periodo di crisi esistenziale, lo zio Benn (B' Crader, il noto botanico) mi fece vedere una vignetta di Charles Addams. era una vignetta qualsiasi, buona tutt'al più a strappare un sorriso, ma mio zio ci si era fissato e voleva farci sopra discorsi molto complicati. Io non avevo nessuna voglia di mettermi ad analizzare una vignetta. Lui però insisteva. Ne parlava così spesso che alla fine m'irritai e pensai di fargliela incorniciare e di regalargliela per il suo compleanno. Facciamogliela appendere al muro e che sia finita, pensai. Certe volte Benn riusciva a darmi sui nervi come solo le persone che hanno un posto nella nostra vita riescono a fare. E lui di sicuro aveva un posto molto particolare nella mia vita. Amavo mio zio.

Ma ciò che è più strano e degno di nota era che le altre cose di Addams gli interessavano pochissimo. Sfogliare la raccolta completa, Monster Rally, lo metteva di cattivo umore. C'era una monotonia, un gusto dell'umorismo nero fine a se stesso, che l'annoiava. Solo quella vignetta gli piaceva. Si vedeva una coppia di innamorati: i soliti personaggi tra il depravato e il desolato nella consueta cornice fatta di tombe e piante di tasso. L'uomo aveva un aspetto brutale e la donna, con i capelli lunghi (credo che i fans la chiamino Mortisia), era vestita da strega. I due si tenevano la mano seduti su una panchina del cimitero. La didascalia diceva semplicemente:

"Sei infelice, cara?"

"Oh, sì. Sì! Completamente".

"Perché mi colpisce tanto?" disse lo zio.

"Già, me lo chiedo anch'io."

Lui si scusò. "Sarai stufo di sentirmela tirar fuori cinque volte al giorno. Scusami, Kenneth."

"Tenuto conto della tua situazione, posso capirti. I pallini degli altri non mi fanno né caldo né freddo. I tuoi li posso sopportare per un po'. Però se vuoi la satira, se vuoi la caricatura, perché non ti guardi Daumier o Goya, i grandi maestri?"

"Non sempre si può scegliere. E poi io non ho la cultura che hai tu. Nel Midwest, i cervelli sono più lenti. Capisco benissimo che Addams non c'entra niente con i grandi maestri, ma dice le cose come si dicono oggi, e a me piace questo suo modo meshugah di vedere l'amore. Non c'è manipolazione. Non come Alfred Hitchcock." Allo zio Hitchcock era molto antipatico. "Hitchcock ti dà solo un prodotto.

Addams lavora partendo dai turbamenti della sua anima."

"Sono secoli che ci facciamo rincretinire dall'amore. Non è solo la sua anima che è turbata."

Lo zio curvò le spalle massicce senza dire niente. Non era d'accordo con la mia osservazione, e questo era il suo modo di respingerla. Disse: "Con Hitchcock non avrei parlato nemmeno per due minuti, mentre con Addams credo che potrei avere una conversazione molto significativa".

"Ne dubito. Non ti risponderebbe."

"Malgrado tu sia più giovane di me di qualche decina d'anni" disse lo zio, "hai vissuto di più, te lo garantisco." Con questo voleva dire che io sono nato e cresciuto in Francia. Mi presentava dicendo

"il mio nipote di Parigi". Lo zio amava considerarsi uno che il mondo non l'aveva conosciuto affatto. Naturalmente aveva visto parecchio, però forse non aveva guardato con abbastanza attenzione, o con sufficiente spirito pratico.

Io dissi: "Con Addams dovresti ammettere che questa è l'unica vignetta che ti piace".

"Una sola, sì. Però tocca le cose fondamentali."

Quindi Benn prese a parlarmi delle cose fondamentali, così come può vederle una persona in crisi come lui. Disorientato com'era dai suoi problemi (e cioè da un infelice tentativo di matrimonio), non mi riusciva troppo chiaro.

"La vita di ciascuno di noi ha le sue peculiari difficoltà" disse.

"E' un tema con migliaia di variazioni. Variazioni e variazioni, tanto che alla fine si vorrebbe esser morti. Non credo che

"ossessione" sia la parola giusta. E nemmeno, con buona pace di Freud, "coazione a ripetere". Neppure idée fixe va bene. Una idée fixe talvolta può servire da copertura o da facciata a qualcosa di troppo sgradevole da mostrare. Certe volte mi chiedo se il mio tema abbia qualche relazione con la morfologia vegetale. Ma credo che il lavoro che uno fa non conti nulla. Se avessi fatto il fiorista o, come voleva mia madre, il farmacista, sentirei ugualmente gli stessi funebri rintocchi: Bong bong bong!... Sul finire della vita si ha una specie di modulo del dolore da riempire - un modulo lungo come la denuncia dei redditi, solo che questa volta è il tuo modulo del dolore. Infinite categorie. Prima, le cause fisiche - artrite, calcoli, crampi mestruali. Altra categoria, vanità offesa, tradimenti, inganni, ingiustizie. Ma le voci più difficili sono quelle dell'amore. Il punto allora è: perché dunque nessuno ci rinuncia? Se l'amore ci ferisce tanto a fondo che dappertutto se ne vedono i danni, perché non mettere la testa a partito e piantarla lì subito?"

"E' per via dell'infinità del desiderio" dissi io. "O anche perché si spera in un colpo di fortuna."

Lo zio era sempre pronto a far discorsi seri, e bisognava stare molto attenti. Le speculazioni fumose lo rendevano soltanto più infelice. Bisognava inoltre che stessi molto attento anche con me, perché come lui ho un debole per sistemare ogni cosa al suo posto, e so quanto sia vano cercare di farlo in continuazione. Però durante questa sua ultima crisi i suoi tentativi d'introspezione andavano tollerati. Il mio compito - il mio dovere puro e semplice, cioè - era di reggergli il capo. Era così chiaro dove aveva sbagliato che riuscivo a spiegarglielo per filo e per segno. Così facendo la mia preoccupazione aumentava. Passando in rassegna i suoi errori evidenti mi accorgevo che assomigliavo moltissimo a mio padre - nei gesti, nel tono della voce, nell'aria di amabile superiorità, nella sicurezza capace di colmare ogni lacuna, di riempire anche tutto quanto lo spazio planetario. Scoprire a chi assomigliavo mi turbava molto. Mio padre è una bravissima persona, a suo modo, ma io ero deciso a far di meglio. Ero fatto di un materiale più fine, come si dice; ero più intelligente; di un'altra stoffa. In certe cose mi batteva, senza dubbio - nel tennis, nelle imprese di guerra (io non potevo vantarne nessuna), nelle cose del sesso, nella conversazione, nel modo di presentarsi. C'erano però delle sfere (e dicendo questo intendo sfere più elevate) in cui lui non riusciva, e io lo superavo di gran lunga.

E poi, quando parlavo con lo zio, a risentire le intonazioni di mio padre, e perfino le parole francesi che lui usava per dirti esattamente come stavano le cose (quando l'inglese non aveva sfumature sufficienti), tutta l'impostazione della mia vita crollava miseramente. Bisognava che dessi un'altra occhiata alle sfere per accertarmi che fossero effettivamente sfere e non bolle di sapone.

Comunque sia, quando lo zio alla fine crollò, io crollai con lui. Era inevitabile che colassi a picco anch'io. M'era sembrato giusto essergli sempre vicino. E così fu, in modi imprevisti.

Benn si era specializzato in anatomia e morfologia vegetale. Lo specialista normalmente si considera uno che sa tutto ciò che c'è da sapere nel suo campo, e non si preoccupa d'altro. Sul tipo: "Io aggiusto gli indicatori dell'olio, e dunque non venitemi a seccare con un odometro". O, come in quella battuta: "Io non faccio la barba, metto solo la schiuma. Per farsi fare la barba vada qui di fronte". E'

comprensibile che certe specializzazioni siano particolarmente rigorose e che ci isolino dal mondo: comportano il diritto di starsene per conto proprio. Per mezzo di Benn venni a conoscere certi tipi di scienziati le cui eccentricità avevano il colore di vere e proprie prerogative. Benn non rivendicava mai il privilegio di porre una distanza tra sé e gli altri uomini. Se avesse abolito i suoi

"contatti con l'esterno" non avrebbe avuto tanti guai con le donne.

Posso portare un esempio di questo fenomeno d'abolizione. Siamo a pranzo al club della facoltà in compagnia di un noto scienziato. Il cameriere, che è uno studente, viene a prendere le ordinazioni. Il collega di Benn dice al ragazzo: "Mi porti il pollo à la king". E il giovanotto risponde: "Ma sono tre giorni di fila che mangi il pollo à la king, papà. Perché non provi il chili con carne?".

Abituato da tutta la vita a questo genere di cose, il figlio non aveva battuto ciglio. Gli altri sorrisero. Io risi un pochino. Fu uno di quei momenti d'improvvisa illuminazione. E mentre ridevo ebbi una visione: vidi me stesso, di profilo, in forma di una gigantesca chiave inglese con la ganascia inferiore che si stava aprendo. Io sono soggetto a queste involontarie immagini mentali. Questa, pochissimo lusinghiera, mi fu forse suggerita dal mio impenetrabile compagno.

L'estrema distrazione del nostro amico scienziato non gli nuoceva affatto presso i colleghi. Significava che egli era lontano, a compiere il suo dovere alle frontiere della sua disciplina, e tanti saluti. I grandi scienziati fanno parte di una casta di principi.

Dopo tutto sono le intelligenze più protette e più avanzate delle due superpotenze. I russi hanno i loro e noi abbiamo i nostri.

Effettivamente è un bel privilegio.

In fondo, la distrazione non è poi quel gran che. Tutti capiscono benissimo che chi è impegnato a dominare la natura ha ogni diritto di lasciar perdere la noiosa umanità, che con le sue gambe non sa andare in nessun posto. Ci troviamo di fronte all'élite che vive oltre la storia, e via di seguito. Però da questo punto di vista, e anche da altri, mio zio era diverso. Non chiedeva di essere esonerato dalle incombenze dell'esistenza terrena. Non lo chiedeva esplicitamente. A questo proposito gli altri specialisti suoi colleghi dovevano ritenerlo una specie di ritardato. Anche io certe volte lo consideravo ritardato, più confuso dal punto di vista della comune umanità di molte persone normalmente dotate. Nessuno l'accusò mai di essere stupido. Nel suo campo, gli si riconosceva di essere brillante. Oltre a ciò aveva spirito d'osservazione e leggeva molto, vedendo, come dice Cesare di Cassio, "fino in fondo attraverso le azioni degli uomini". Se fossi io a recitare la parte di Cesare direi questa battuta in tono sarcastico. Agli occhi di Cesare, nella sua grandezza, i successi di cui gli uomini comuni vanno orgogliosi non sono nemmeno degni di disprezzo. Cesare era di gran lunga quello più in gamba. Però una cosa è certa: mio zio non vedeva attraverso le azioni delle donne. Negli altri casi, se si applicava, la sua capacità di giudizio non era niente male.

Così quando cominciò a parlare delle complessità dell'esistenza mi sembrò meglio (per il suo bene) non incoraggiarlo. Per quanto potesse essere un genio nel regno vegetale, la sua serietà ad alto livello poteva riuscire tormentosa. Certe volte mi faceva l'effetto di uno che guida male e che non riesce a parcheggiare: ci prova dieci volte senza risultato; vien voglia di togliergli il volante dalle mani. Ma quando la smetteva di essere "analitico" e la piantava di almanaccare sciocchezze sapeva anche sorprenderti. Aveva una capacità non comune di descriversi in modo diretto e immediato. Al livello più semplice sapeva dirti con tutti i particolari quello che sentiva, l'effetto che gli faceva un'aspirina sui muscoli del collo o sull'interno della bocca. A me questo incuriosiva molto, perché la maggior parte della gente non è assolutamente capace di descrivere quello che gli succede dentro. Gli alcolizzati o i drogati sono troppo confusi, gli ipocondriaci sono i terroristi di se stessi, e per lo più noi ci rendiamo conto soltanto di avere dentro un gran trambusto metabolico.

Effettivamente la materia ci si disintegra dentro, nel ciclotrone dell'organismo. Invece se mio zio prendeva un betabloccante per la pressione, era capace di fornirti un minuzioso resoconto delle sue reazioni fisiche e anche emotive, e della sua caduta nello sconforto.

E se ti sapevi muovere con discrezione alla fine ti diceva anche le sue impressioni più segrete. E' vero che spesso io dovevo dargli una mano a localizzarle, però quando le aveva afferrate era fin troppo disposto a parlarne.

Fisicamente tendeva al robusto. Era facile prendersi gioco del lavoro che la Natura aveva compiuto con mio zio. Mio padre, che non aveva quel senso dell'umorismo che credeva di avere, amava dire che suo cognato era fatto come una chiesa russa, e cioè con la cupola a forma di bulbo. Mio zio era uno di quegli ebrei d'origine russa che hanno la classica faccia dei russi: naso corto, occhi azzurri, capelli biondi e radi. Se avesse avuto mani più grosse sarebbe stato un sosia perfetto di Sviatoslav Richter, il pianista. Il peso di quelle sue mani, quando Richter va verso il pianoforte, è tale che gli tira giù le braccia dalle maniche della marsina così che gli arrivano parecchio sotto le ginocchia. Mio zio aveva non le mani, ma gli occhi che attiravano l'attenzione. Avevano un colore non facile da definire: azzurro mare, ultramarino (questo pigmento lo si fa con polvere di lapislazzuli). Ma più del colore colpiva lo sguardo, quando ti fissava intensamente. C'erano delle volte in cui sentivi la potenza visiva puntata su di te. Aveva le orbite che sembravano un otto coricato, e questo alle volte aveva l'effetto di farti sentire tutto sottosopra e di farti venire strani pensieri in testa, come ad esempio: Questa è la facoltà della vista; proprio della vista in persona; è esattamente quello per cui sono fatti gli occhi. Oppure: La luce depreda noi esseri viventi di questi organi per i suoi scopi.

Di sicuro non ti aspetti che una potenza com'è la potenza della luce ti lasci perdere. Così quando Benn si metteva a concionare sulle complessità dell'esistenza e cominciava a parlare del "determinismo sociale", non lo potevi prendere sul serio perché quello che gli vedevi quando ti schiacciava con i suoi argomenti non era lo sguardo di chi è plasmato dal "determinismo sociale". Però non avveniva spesso, che ti schiacciasse. Preferiva apparire ingenuo, ingenuo e perplesso, e magari anche stupido. In questo modo era meglio per tutti gli interessati. Questa storia della stupidità, deliberata o prescelta che fosse, è parecchio strana, ma non ho intenzione di parlarne qui.

E' chiaro che l'osservavo attentamente. Lo sorvegliavo e ne studiavo le esigenze; sventavo le minacce. Essendo lui un genio, abbisognava di cure particolari. Le persone strane hanno necessità strane, ed era mio compito preservare quella sua preziosa stranezza.

Ero venuto apposta dall'Europa per questo, per essergli vicino.

Eravamo interconnessi a filo doppio, o plurimo. Né io né lui ormai avevamo più veri amici, e io non potevo permettermi di perderlo. Lui non voleva far la parte del genio, non gli andava lo stile pomposo e lo evitava, essendo singolarmente indipendente. Nemmeno alle "leggi"

della fisica o della biologia era consentito di inibirlo. Non diceva mai "dal punto di vista scientifico". Mai una volta gli ho sentito dire una cosa del genere. Evitava ogni esibizione di quella "preziosa stranezza" che gli attribuivo, e neppure gli andava di essere sottoposto a controllo o a supervisione. "Non sono un fenomeno da baraccone" diceva. Con una frase del genere si datava. I baracconi con l'uomo che mangia la testa di un serpente, la donna barbuta e la negra Ubangi con le labbra deformate dal disco di legno non ci sono più da un pezzo. Certe volte mi viene il sospetto che questa gente sia entrata nella clandestinità e che si sia rifatta viva nel privato presentandosi come "tipo psicologico".

Secondo un suo collega, e i colleghi di solito sono gli ultimi a dire cose del genere, Benn era un botanico "eminente". Non credo che questo alla maggior parte della gente faccia molta impressione. Che importa loro dell'istogenesi della foglia, o delle radici avventizie?

Non ne sarebbe importato nulla neppure a me, se non fosse stato per mio zio. Gli scienziati? A meno che non facciano le ricerche sul cancro o non ti portino in giro per l'universo alla televisione, come fa Carl Sagan, cosa hanno da dire alla gente? La gente vuole i trapianti di cuore, vuole la cura per l'Aids, vuole il processo di ringiovanimento. Alla gente non importa un accidente dell'anatomia vegetale: e perché dovrebbe importargli? Però tollera quelli che la studiano. Una società forte e potente può sempre permettersi qualche svitato. E poi costano anche relativamente poco. Costa di più mantenere due detenuti nel penitenziario che un botanico nella sua cattedra. Però i detenuti ti danno molto di più dal punto di vista dell'interesse: si rivoltano e danno fuoco alla prigione, strangolano un secondino, o piantano un paletto nella testa del direttore.

Fare il professore universitario in America non è niente male.

Potete credermi sulla parola, visto che anch'io insegno all'università. Non dico che mi entusiasmi, dico solo che sono -

temporaneamente, tra l'altro - assistente di letteratura russa. La cosa sarà magari eccitante per me, ma quanti provano interesse per questi studi - in confronto, per esempio, a Bruce Springsteen o al colonnello Gheddafi o al leader della maggioranza del Senato degli Usa? Io insegno nella stessa università dello zio Benn. Sì, ha usato le sue entrature per farmi dare l'incarico. Però non sono il tipo dell'accademico genuino. Nel senso convenzionale e tradizionale di

"torre d'avorio", oggi questo tipo è scomparso. Certo, esistono i dotti, gli eruditi, ma non è che si vedano molto. Una parte del mondo accademico si dedica al compito di "creare una coscienza". "Creare una coscienza" dà per scontato che esista un'inerzia che bisogna vincere. Vinta quest'inerzia, la gente è pronta a vivere una vita più piena. Ad esempio, la lunga inerzia dei neri è finita col movimento per i diritti civili, e anche loro sono entrati nelle comunità dei coscienti, dov'era indispensabile sviluppare un "linguaggio delle idee". Senza i concetti, non si possono fare i nostri interessi e neppure renderli noti agli altri, e l'università è oggi diventata una grande produttrice di tutti i gerghi che arrivano nella vita associata passando attraverso vari canali: il tribunale, il pulpito, il consultorio familiare, la criminologia, la televisione eccetera.

Ma questo non è tutto. Grandi forze fluiscono dall'università verso lo Stato: al ministero della Difesa e al Dipartimento di Stato, al Tesoro e agli organismi federali, ai servizi segreti e alla Casa Bianca. Le moderne università hanno anche un ruolo di primo piano nella biotecnologia, nella produzione dell'energia e nell'elettronica. Gli accademici polarizzano la luce per le fotocopiatrici, si fanno sovvenzionare dalla Honeywell, dalla General Mills, dalla Gt and E, e fanno gli imprenditori di se stessi su vasta scala - fanno i consulenti e i grandi esperti, danno un parere alle commissioni del Congresso sul controllo degli armamenti o sulle questioni di politica estera. Perfino io, in quanto esperto di cose russe, qualche volta entro in questo giro.

Ebbene, mio zio era lontanissimo da tutto questo, era uno dei dotti, uno degli eruditi, pressoché ignaro delle attività di quelli che fanno i giochi di potere e di chi punta forte, e di tutta la fauna degli ingegneri e dei tipi da business school. egli rappresentava (sembrava rappresentare) l'innocenza di un tempo, l'innocenza di quando tante inerzie erano ancora da vincere. A questo proposito mi basta dire che si dedicava allo studio dei vegetali. A questa autorealizzazione fondata sul vegetale egli volle aggiungere certe umane soddisfazioni, soddisfazioni normali e del tutto comuni.

E così fece. Dopo di che cominciarono a presentarglisi alcune voci del modulo del dolore. A maggior chiarimento porterò alcuni semplici fatti. Dopo quindici anni passati a fare il vedovo-scapolo si risposò un'altra volta. Questa seconda moglie era diversissima dalla prima: era più bella, più difficile, più tormentosa. Lei naturalmente non si vedeva sotto questa luce, ma ciò non cambia niente. Era bella.

Bellezza e fascino erano la facciata. Nessuno era invitato ad andar dietro la facciata e a vedere le cose in un'altra prospettiva. Mio zio era dispostissimo a vederla così come lei preferiva essere vista.

Tutto quello che desiderava era di vivere tranquillo. Due esseri umani legati l'uno all'altro dall'amore e dalla tenerezza: è questa una meta universale che non dovrebbe essere tanto difficile raggiungere. In Occidente, comunque, la gente è ancora lì che la insegue, per completare gli innumerevoli vantaggi di cui gode. Per quanto riguarda il resto dell'umanità non posso dir nulla, impegnata com'è in una lotta convulsa a più bassi livelli di sviluppo.

Trascinato da una "passione o attrazione irrazionale" - è questa la seconda definizione che il dizionario dà di "infatuazione", essendo la prima che rende "capriccio che rende fatui, balordi" - Benn parlava di sua moglie come della "beneamata" in una poesia di Poe. "I tuoi capelli di giacinto, il tuo volto classico." A sentirgli dire queste cose per la prima volta persi completamente la bussola. Rimasi in perfetto silenzio. Ero stato via, all'estero a trovare i miei genitori, e lui aveva approfittato della mia assenza per sposare questa donna senza consultarmi. Sapeva benissimo che avrebbe dovuto discuterne prima con me. C'era questo tipo di rapporto, tra noi due.

Mai avrei pensato che potesse comportarsi così da irresponsabile, che fosse così fragile. Quando mi ebbe dato la notizia, che fu come uno schiaffo in faccia, procedette immediatamente a disarmarmi dichiarando il suo amore in termini oltremodo pretenziosi: "capelli di giacinto" e "volto classico"! Cristo, e io cosa avrei dovuto dire?

Non sopporto che mi si dica questo genere di cose, ed ero veramente addolorato. A me non dispiace affatto che gli altri manifestino le loro emozioni. Facciano pure. Lui si rendeva perfettamente conto che per me era una questione di principio accettare i sentimenti altrui e tollerare la rozzezza o la volgarità in cui anche le persone più consapevoli finiscono per cadere quando sono investite da qualche emozione particolarmente intensa. Anche un generale a quattro stelle, un uomo tenuto in altissima considerazione dai suoi colleghi della Nato può mettersi a cantare un ritornello alla Bing Crosby -

"Buubuubuubuu" - in un momento di debolezza o di intenerimento amoroso. Il termine che meglio definisce questo distacco tra i risultati raggiunti dalla persona e la sua umana inettitudine è

"imbarbarimento". Mio zio mi mise davanti l'Helen di Poe: "la tua bellezza è per me@ simile agli antichi navigli di Nicea..."@ - nel tentativo di ammansirmi. Avrei preferito Bing Crosby. Non avrei potuto essere più infelice o furibondo. Per caso conoscevo la sposa.

Si chiamava Matilda Layamon. bisognava dargliela vinta, credo, sul volto classico, e visto che era botanico si capivano anche i capelli di giacinto. A questo punto mi venne in mente l'impassibile scienziato di Wordsworth, quello capace di mettersi a raccogliere piante anche sulla tomba di sua madre, e allora pensai: ecco cosa succede quando questa gente smette di raccogliere piante sulle tombe, e il cuore gli ritorna normale!

Però non era del tutto giusto mettere mio zio in questa categoria.

Lui dava davvero gran peso ai sentimenti. Oggigiorno mantenere i contatti con i sentimenti originari, quei sentimenti che un saggio cinese chiama "il primo cuore", non è cosa facile, come sa ogni adulto che abbia un minimo d'esperienza. Il "primo cuore" o risulta deformato così da essere irriconoscibile, o è stato gettato nella fornace dell'io per tener calde le nostre necessità pragmatiche.

Invece mio zio dava sul serio gran peso ai sentimenti, specialmente per quanto riguarda la famiglia, e mostrava anche una gran pietà filiale. Una volta mi fece uscire dal cimitero con non so quale pretesto e pianse un pochino sulla tomba dei suoi genitori. Aveva scelto lui personalmente la pianta che faceva da bordura alle due tombe: una pianta grassa color verde scuro, con foglie a forma di pollice, priva di particolare interesse scientifico, diceva. Un dettaglio, certo, ma significativo. Non vi era pianta su cui non avesse qualche commento da fare. Mi venne perfino da pensare che quelle piante grasse facessero come da intermediarie, trasmettendo chissà cosa dai suoi morti a lui.

Fui costretto a chiedermi se io avrei mai versato una lacrima sulla tomba dei miei genitori, ammesso che riesca a vivere più di loro. Non sono di costituzione molto robusta, per quanto mio padre sia uomo di grande successo biologico, con un fisico immutabile che ancora attrae le donne malgrado sia vicino ai settanta. A questo proposito un paio d'anni fa disse scherzando che la vecchia ballata sentimentale Mi amerai in dicembre come mi hai amato in maggio? dovrebbe nel caso suo suonare: Mi amerai in dicembre come mi hai amato in novembre? Non è che sappia molto fare dell'ironia su di sé, però ogni tanto dice qualche battuta spiritosa. Quanto a mia madre, lei dimostra tutta la sua età, e anche di più. Fisicamente ha perso parecchio terreno. Non è affatto robusta. Ha una decina d'anni più di suo fratello, e non gli assomiglia affatto.

Ora bisogna che vi dica chiaro e tondo che io mi accosto a mio zio con l'idea che ciò di cui ognuno ha bisogno oggi sono le nuove esperienze. La gente chiede nuove esperienze come se fossero un diritto, un diritto che rientra nella categoria dei diritti dell'uomo: "Datemi nuove esperienze, o altrimenti andate all'inferno". Questo è un aspetto non marginale della psicologia dell'individuo... E per piacere intendiamoci bene. Mi ci diverto ben poco con le teorie, e non ho nessuna intenzione di scaricarvi addosso un mucchio di idee. Una volta mi piacevano molto, ma poi mi sono accorto che se le si prende senza discriminazione non ti danno altro che guai. Non è con le teorie che si risolvono problemi di questo genere. Però non abbiamo nessuna intenzione di perderci quello che sta succedendo sotto i nostri occhi solo perché non vogliamo ammettere quanto sono diventate deludenti le esperienze che ci sono familiari.

Il tutto, per arrivare al punto, ci rimanda alla disgraziata condizione in cui la specie umana si viene a trovare. Una profusione di avvenimenti inventati dovrebbe impedirci di rendercene conto o anche fare da compensazione. Questa profusione, spesso spacciata per

"informazione", in realtà non fa che camuffare un divertimento kitsch. anche la morte, fin quando se ne è immuni in quanto osservatori, è divertente, com'era nella Roma imperiale o nel 1793. O

come quando, oggi, viene ucciso Sadat, viene assassinata Indira Gandhi, e si spara addosso anche al papa in piazza San Pietro, mentre voi, che personalmente non avete un graffio, continuate a vivere e a vedere tantissime altre cose, finché dopo molti rinvii la morte diventa una faccenda personale anche per voi. "Adesso tocca a te saltare" dice il caposquadra.

Curioso, chiesi a mio zio: "Zio, come t'immagini la morte? Qual è il tuo scenario più pessimista della morte?".

"Be', fin dall'inizio abbiamo delle immagini... esterne e interne"

disse lui. "E per me il peggio che può capitare è che queste immagini non ci siano più."

Mio zio non si dava molto pensiero delle nuove esperienze perché si era sempre interpretato le esperienze da sé. Si forniva da sé le proprie immagini.

Per andare avanti con questa piccola divagazione: c'è una profusione di avvenimenti, ma (ed è questo che significa "disgraziata condizione") lo spazio personale disponibile per la loro sistemazione è molto limitato. Un acuto osservatore che conosceva bene il generale Eisenhower sostiene che l'invasione dell'Europa organizzata e diretta da Ike era, per lui personalmente, un avvenimento esterno. Non vi era dentro di lui un teatro interno corrispondente al teatro bellico d'Europa. Forse la lotta per l'Europa non era troppo per Churchill, personalmente, e de Gaulle può aver creduto di esserne personalmente all'altezza: de Gaulle poteva contenere tutta quanta la storia della civiltà, e magari ne fu lo strumento favorito. A Stalin non interessavano minimamente queste speculazioni. A lui bastava di poter fare ammazzare chiunque volesse.

Adesso piantiamola con le teorie (che sono come una forma di lebbra non grave - si perde un dito ogni tanto; gli arti principali non è che debbano necessariamente venirne colpiti).

Io raccomando a tutti le memorie dell'ammiraglio Byrd a mo'

d'introduzione a questo tema essenzialmente moderno. Il libro cui mi riferisco è Alone, un'opera veramente conturbante. Io l'ho letto perché lo zio Benn, che era stato nell'Antartico, aveva molto insistito. Parlando di quelli che rimangono isolati in piccoli gruppi durante la lunga notte polare, Byrd dice che in queste condizioni non ci vuole molto perché le persone si conoscano fino in fondo. E

cos'era quello che questa gente scopriva così in fretta? "Viene il momento in cui uno non ha più nulla da rivelare all'altro, in cui anche i pensieri allo stato embrionale sono prevedibili, in cui le idee che ci sono più care divengono un balbettio senza senso."

Pensiamo a Charlie Chaplin ne La febbre dell'oro. Quando lui e il suo barbuto amico restano isolati dalla neve e non hanno più da mangiare, Charlot diventa un pollo per il suo allucinato compagno. Qui entra la fantasia comica. Ma la nuda verità è più spietata, e Byrd lo dice chiaramente: "Non c'è nessuna via d'uscita. Si è stretti da ogni parte dalle nostre debolezze e dalle opprimenti pressioni dei nostri compagni". E così, nel freddo più glaciale che ci sia sulla faccia della Terra, le deformità e i mali dell'individuo civilizzato sono passati al microscopio, e i nostri sono in primo piano. Se dovessimo passare sei mesi da soli sull'altra faccia della luna a frugarci dentro, quale ricchezza di materiale pensate che salterebbe fuori?

Un po' diversa nell'intonazione è la versione russa di questo tema, che io, fissato come sono con la letteratura russa, ho trovato ad esempio in Kolyma, di Shalamov. kolyma è uno dei campi di lavoro situati più a nord. qui chi comanda il campo gioca con i prigionieri a un gioco speciale, che consiste nel tenerli sempre sul filo della morte. Due prigionieri scavano il permafrost e disseppelliscono una guardia morta da poco per prendergli calze e mutande irrigidite dal gelo. Il morto è al di là del rigor mortis, è un solido blocco di ghiaccio dalla testa ai piedi. Questi indumenti, barattati con pane, possono dar loro alcuni giorni di vita. La politica di questo campo è di tenerti appena sopra il livello minimo di sopravvivenza. Ti si sfida a motivare da un punto di vista metafisico la tua volontà di esistere. Esistere perché? E certe volte non ti è nemmeno molto chiaro se davvero esisti o no. Se ti chiedessero di firmare una dichiarazione, potrebbe darsi che tu non sappia dire con sicurezza se sei vivo o no. Ma è il sistema sovietico stesso che porta a questo, e siccome tutto il male lo fa l'autorità, il singolo lavoratore schiavo non ha nulla di cui accusarsi. E' solo il suo corpo che nella storia esteriore, è schiavo e in esilio. In Occidente, dove si dorme tra cuscini e lenzuola di percalle, la prova da superare è molto diversa.

Io non saprei se vale davvero la pena di leggere tutta quella roba russa che leggo per lavoro. Non sta a me giudicare. Posso dire soltanto che certe volte mi apre strane prospettive. Sto pensando a quanto disse privatamente uno dei compagnucci di Stalin, Panteleimon Ponomarenko, che rimane comunque un apologista del regime. Costui ci dice che i doveri del governo gravano sugli eredi della rivoluzione come una montagna di sozzura, e che le indispensabili crudeltà sono così immense, così ignobili, e i crimini così spaventosi, che l'innocenza delle masse va protetta ad opera dei capi. Questo è il motivo per cui tante operazioni vanno tenute "chiuse". I fatti

"aperti" passati al popolo servono a tenere la gente in un mondo di gentili illusioni, come avviene alla Rebecca dello sdolcinato Sunnybrook Farm. il sacrificio reso dalla burocrazia è di addossarsi tutto il fardello sacerdotale del segreto. Così l'innocenza delle masse è salvaguardata ed esse possono vivere ingenue e felici. Tutti i regimi sono più o meno fatti così. Grandi inquisitori che proteggono la fragile moltitudine. (Ma non tutti i regimi, naturalmente, hanno fatto strage dei loro innocenti.) "Bisogna tenerli all'oscuro per il loro bene" dunque, ed è questo il motivo per cui i russi sono ermeticamente isolati dal resto del mondo.

Questo brutale sentimentalismo riguardo l'innocenza dei popoli è invenzione comune ai politici di ogni parte del mondo. Ma è più che probabile che nessuno sia innocente, e che le masse condividano il cinismo dei governanti. I vari abiti mentali della furbizia sono diffusissimi. Forze esterne penetrano dentro di noi infiltrandosi fin nel sistema nervoso. Quando la persona se le scopre dentro la testa, le appaiono del tutto naturali e capisce anche perfettamente quello che dicono, così come Hitler e il popolo tedesco parlavano la stessa lingua. Delle voci, dal vivo o registrate, giungono a noi dall'aria e parlano, a noi o per noi. Sentite in condizioni d'isolamento estremo, possono assumere una rilevanza particolare. Nella depressione, si telefona a una voce che ci convinca a non suicidarci, a recitare una preghiera, o che ci porti all'orgasmo. Il numero è su molti giornali.

A seconda delle nostre particolari esigenze sessuali una voce ci incita a dire parole dolci o parole sozze, e ci lavora finché non abbiamo un orgasmo. Si dà il numero della nostra carta di credito e alla fine del mese ci arriva il conto, come per ogni altro servizio.

Stiamo nel letto con il nostro strumento, il nostro telefono senza filo, ed è come riconquistare lo stato di natura, come tornare un'altra volta al principio. Ci ricorda un po' Hobbes e Locke, solo che a Hobbes non è mai venuto in mente il numero da fare nella nostra nuova solitudine.

E' quasi con sollievo che tiro giù uno dei libri di mio zio e lo apro, e leggo di analogie e differenze tra la Selaginella e il Lycopodium, leggo di foglie ligulate e di steli polistelici, o di come il gametofito femminile si nutre di quanto accumulato nella megaspora. Ora mi trovo in un mondo tutto diverso. Puro, puro, puro!

Ma non dirò altro di questo, qui. Ho un progetto urgente da portare avanti.

Mio zio aveva trascorso una stagione nell'Antartico e rispettava moltissimo l'ammiraglio Byrd. Il libro di Byrd gli fece vedere sotto un'altra luce la marina militare, che aveva fino ad allora considerato nient'altro che alta tecnologia sull'acqua. Comunque sia, l'Antartico esercitò su di lui un influsso benefico, calmante, per via del fatto che l'ambiente è del tutto privo di piante. Una vegetazione lussureggiante gli eccitava l'immaginazione con tanta forza da incidere sulla sua capacità di giudizio. Ma nell'Antartico bisogna esser molto presenti a se stessi. Se non si sta attenti si rischia di perdere qualche dito o un pezzo di naso, e così mentre la grandezza del paesaggio può incitare al sogno, il freddo spaventoso si oppone a ogni fantasticheria. Là si vede più che in ogni altro posto la struttura del pianeta in forme e colori puri. Benn fece una spedizione in elicottero per raccogliere licheni - diceva che formavano chiazze vivacemente colorate sulla neve - sulle falde del monte Erebo. Ho una fotografia in cui si vede il gruppo di spedizione all'atterraggio. Lui è imbacuccato negli indumenti isolanti come un personaggio da fantascienza o un astronauta sulla luna. Peccato che i colori dei licheni non si vedano.

Quand'ero ragazzo mio zio aveva per me qualcosa di magico, e in un certo senso lo ha ancora. Per mio padre era lo scienziato picchiatello. Papà ci faceva morire dal ridere, quando gli capitava di mangiare a casa, facendo ridicole imitazioni del modo di fare dello zio: faceva vedere in che modo Benn mostrava di non tenere in nessun conto un'obiezione con una mossa del pollice, o come si toccava sotto la giacca per sentire se la camicia era infilata dentro i pantaloni. Papà come imitatore non valeva gran che; era solo un piccolo divertimento familiare. Io ridevo, naturalmente, e poi andavo in camera mia e disegnavo una striscia con l'inchiostro di china, a indicare il tradimento, nel diario che tenevo quando facevo il lycée.

Certe volte la mamma non era d'accordo: "Non è giusto. Lo fai tutto pieno di tic. Non è così che tiene i piedi". Però si divertiva anche lei, e non protestava mai troppo forte. Le ridicole imitazioni di papà servivano solo a rafforzare la mia solidarietà per lo zio. Lo zio ai miei occhi aveva quella cosa, come si chiama, il carisma. Non mi fido troppo di questa parola. Fa venire in mente una malattia. "Di che cosa è morto quel tizio?" "E' morto di carisma, sembra." E'

sinistro come Aids - e, tra parentesi, mio zio si faceva un dovere, nel suo calmo stile scientifico, di tenersi informato sull'herpes, sull'Aids e sulle altre malattie veneree. Prendendo un tono assolutamente clinico diceva cose orribili sulla gonorrea rettale e faringea, sui citomegalovirus, sulle infezioni da protozoi trasmesse per via enterica, sull'introduzione del pugno nell'ano del partner, pratica così comune nel rapporto omosessuale. Certe volte aggiungeva che si può giudicare un periodo storico dalle malattie che gli sono tipiche, e che la morte per Aids è l'analogo delle umane debolezze riferite da Byrd, è un'elaborata e terrificante metafora organica della stessa cosa. Faccio menzione di questo interesse clinico perché adombra il coinvolgimento che mio zio ebbe in seguito per il demone del sesso, e che cercò di fuggire rifugiandosi nel matrimonio.

Facendo una graduatoria tra tutti quelli che conoscevo per vedere chi era più capace di amare in senso classico, giunsi alla conclusione che lo zio Benn era davanti a tutti. Questa capacità, ormai sempre più rara, gli era connaturata. Credo addirittura che riuscisse a innamorarsi. Ai miei occhi aveva la "magicità". E' questo il termine che uso al posto di "carisma". A Henry James piaceva molto la "magicità". Come la parola "numerosità", mai usata, che io sappia, da nessun altro scrittore. Ai miei occhi lo zio Benn aveva la magicità, e più papà lo prendeva in giro, più il suo fascino aumentava.

Mio padre era un dandy, e lo è ancora. E io gli assomiglio, com'è inevitabile. Per forza i figli prendono i vezzi e le maniere dei padri. Io usavo già le sue strategie di conversazione e il suo modo di parlare quando ancora non sapevo quello che facevo. In quel che segue potrà sembrare che io mi prenda gioco di lui. Inutile negarlo.

Sempre si trovano sacche di veleno assieme ai nostri migliori sentimenti, e quindi non chiediamo la luna. Mio padre era un americano francofilo originario di Valparaìso, Indiana, deciso a diventare parigino. La Seconda Guerra mondiale ritardò alquanto il suo progetto, ma immediatamente dopo la fine della guerra venne a Parigi. Non appena fu congedato dalla Marina e i tedeschi furono buttati fuori dalla Francia, eccolo diventato parigino. Anche mia madre stava benissimo a Parigi, dal momento che si poteva ancora assumere personale di servizio. Da parte mia non ci trovo nulla di male. Del resto i parigini sono liberissimi di diventarenewyorkesi, o bostoniani, come pure i coreani o i cambogiani; e così che un americano scelga la Francia mi sembra un cambiamento ragionevole. Si dice che soltanto a Roma siano venuti a stare ottantamila cittadini americani. Certi parigini vi diranno che lasciare Parigi è come andare in esilio, se non morire, però ce n'è un mucchio che si trovano benissimo a New York. Mio padre era mosso da spinte romantiche o istintuali. In quanto studioso di letteratura e di politica francese, avrebbe potuto prendere a cuore l'antisemitismo psicotico dei francesi, o ricordare i tumulti che scoppiarono al tempo del caso Dreyfus con La Libre Parole di Drumont contro i

"giudei che avvelenano la Francia". Invece non fu Drumont ad attirarlo, ma Stendhal e Proust. E poi la Senna, i ristoranti, le donne.

Mentre mio zio aveva quella sua magicità ancora da descrivere, mio padre aveva una magicità sua propria, e se io ho scelto di andar dietro allo zio Benn non l'ho fatto solo in base a una questione di forza. Fisicamente assomiglio a mio padre. Ho il fisico snello dei Trachtenberg, il volto affilato, i capelli neri, e sono dolicocefalo.

Lo zio Benn ha la faccia tonda ed è più grosso. Papà ai suoi tempi era un bel tipo. Si metteva sessualmente in mostra esattamente come nei documentari sugli animali, quando si vedono i rituali di corteggiamento dei tacchini o di altri uccelli dalle lunghe zampe. (I maschi delle cicogne sbattono il becco per attirare le femmine.) Papà aveva parecchio successo con le donne. Eppure io, che non ne avevo affatto, assumevo le sue stesse pose. Avevo gli stessi suoi gusti raffinati per le camicie eleganti e le cravatte sontuose, specialmente se rosse e di seta cruda. A me le cravatte stanno bene perché sono alto. Se uno è basso, o il nodo è troppo grosso o metà della cravatta gli pende sotto la cintura. Il fisico dell'uomo medio si è fatto più grosso di quanto andasse di moda una volta. Però sono un po' troppo alto per il mio carattere; non ho quel tipo di carattere che richiede un'altezza così notevole, e questa discrepanza ha fatto di me un essere diffidente. Più sopra mi sono paragonato a una chiave inglese grossa quanto un uomo; oppongo scarsa resistenza alla fantasia. Ma molto spesso mi dicono che assomiglio all'attore John Carradine. Nei film western faceva di solito la parte del signore ammalato di consunzione. Si credeva, ai bei tempi d'una volta, che l'aria delWyoming dell'Arizona guarisse dall'asma o dalla Tbc quelli che venivano dall'Est, permettendo loro di diventare Presidente degli Stati Uniti. Ma non era previsto che l'ossuto Carradine sopravvivesse, del resto era già scheletro per metà, e moriva sempre ammazzato a pistolettate. Era astenico all'estremo. Un confronto minuzioso non porterebbe alla luce troppe somiglianze.

Veramente io porto i capelli come lui, abbastanza lunghi, con la scriminatura nel mezzo, e che ricadono pesanti dalle due parti, e vado in giro curvo come lui. Un'altra differenza ancora: a parlar francese, che è la mia lingua madre, si sviluppano i muscoli della bocca per via delle molte e difficili labiali. Così basta immaginarsi un John Carradine in versione francese. E poi avrei potuto avere un aspetto più adatto a uno con le mie inclinazioni, che sono più simili a quelle dello zio Benn. Inoltre, non sono un attore. Benn ha un fisico più adatto al suo temperamento.

Ho già detto che mio zio aveva qualcosa di russo, come accade a molti ebrei russi. Bisognerebbe che qualcuno scrivesse una monografia sul modo in cui gli ebrei reagiscono alle loro varie terre d'esilio, sia quelle che hanno permesso al loro cuore di aprirsi sia quelle più scoraggianti. Più la Germania li rifiutava, e più gli ebrei volevano germanizzarsi. La Russia era particolarmente sgradevole, eppure gli ebrei si sentivano molto attratti dai russi. Lo spirito slavo si addiceva particolarmente allo zio. Aveva perfino l'ampia schiena arrotondata così frequente nei russi e non veniva dal lavoro a tavolino questa curvatura così interessante. Io l'ho vista in certi slavi che non avevano mai aperto un libro in vita loro. Sembra che abbiano le elitre sotto la giacca. E poi c'è quella loro aria diffidente, che è un mimetismo adattativo di gente che ha forti essenze e che non vuole che gli altri lo sappiano. Da ragazzo, a Parigi, ero attratto dai russi e li ricercavo. Grazie alle conoscenze di mio padre frequentavo Boris Souvarine, il grande biografo di Stalin. Il modo più svelto per imparare le cose è di stare con quelli che le conoscono meglio, e di farli parlare. Anche Alexandre Kojève, il grande studioso russo di Hegel, veniva a casa nostra. E' alle conversazioni con i grandi uomini che devo la mia istruzione, e nemmeno mi rendevo conto di istruirmi, perché non facevo altro che soddisfare l'interesse che sentivo verso i russi. Ho imparato il russo molto presto, e poi l'ho perfezionato fino a diventare uno specialista. Ai miei genitori non piacque che andassi a insegnare nell'università dello zio e mi stabilissi nel Middle West, da cui avevano tanto desiderato andarsene. Sembrò loro una cattiveria da parte mia, quasi che il loro unico figlio ripudiasse il culto che essi avevano dell'Europa. Mia madre e mio zio sono nati in questa città, i miei nonni immigrati sono sepolti qui, il mio prozio Vilitzer è un alto operatore della macchina politica dei Democratici.

E' un posto così americano. Appena arrivato mi sentii vistosamente forestiero. Ma in realtà ci sono iraniani che fanno i taxisti, coreani e siriani che sono padroni di supermercati, messicani che fanno i camerieri, è un egiziano che mi ripara il televisore e ci sono studenti giapponesi che frequentano le mie lezioni di russo. Gli italiani? Ci sono italiani che sono qui da cinque generazioni. Henry James, che andava in estasi vedendo gli italiani in Italia, si deprimeva molto incontrandoli nel Connecticut. L'America ha capovolto tutto questo dando un nuovo significato all'estraneità, la cui forma estrema è forse la morte.

Comunque sia, lo zio Benn era diventato il mio amico del cuore, intimo come nessuno, e praticamente l'unico amico che avessi. Nella mia generazione queste amicizie intime tra parenti sono insolite. Zii e zie - e anche i genitori, se è per questo - se ne stanno sulla mensola del caminetto a prender polvere come vecchie cartoline natalizie. Quando ce ne accorgiamo in luglio, ci diciamo che è ora di buttarle via ma poi non troviamo mai il tempo per farlo. Alla fine avvizziscono e ingialliscono, muoiono e finiscono nell'incineritore.

Ma tra mio zio e me, per motivi ancora da accertare, le cose stavano diversamente. La nostra era un'amicizia vera e per così dire divorante.

"Professor Clorofilla", lo chiamavo quand'ero ragazzo, e il suo lavoro allora mi pareva chiarissimo. Adesso invece m'interrogo sulla sua professione, rendendomi conto che era un vero botanico, e rendendomi conto anche che le piante sono esseri molto strani (anche questa conclusione la devo a lui). Tra il milione e passa di figli d'immigrati suoi coetanei, solo lo zio Benn è diventato professore di morfologia vegetale. Gli altri si sono messi nel ramo degli alcolici, o delle macchine d'occasione, o dei casalinghi, o sono entrati nell'Ufficio Strade e Fogne. Egli era un deviante, nel senso migliore del termine, e la sua devianza in qualche modo m'influenzò. Puntò tutto quanto aveva sul regno vegetale. Non è più questione di parentela, mettiamola così: il mio più intimo compagno, colui che per così dire coabitava dentro di me, il mio amico, era un botanico ebreo. Le cosiddette scienze applicate non erano il suo campo: niente agronomia e niente genetica. Ci sono nel Negev degli scienziati che stanno compiendo esperimenti su certe alghe ad alto contenuto proteico. All'aspetto sembra melma o fanghiglia, ma potrebbe salvare dalla morte per fame le popolazioni del Ciad o dell'India. Mio zio non aveva di queste utili inclinazioni. Non si può capire la sua posizione rispetto al mondo vegetale se non si prende in considerazione la sua capacità d'immaginazione. Bisogna vederlo così: un ebreo che si aggira nel regno vegetale studiando foglie, cortecce, radici, fiori, il durame e l'alburno, fini a se stessi. C'era in questo qualcosa di druidico. Ovviamente non aveva un culto per i vegetali, li contemplava soltanto. Anche questa contemplazione va definita - egli guardava dentro o attraverso le piante. Erano i suoi arcani. L'arcano è più di un segreto: è ciò che bisogna conoscere per poter essere fertili in un'attività creativa, per fare scoperte, per preparare la comunicazione di un mistero spirituale. (Scusate il linguaggio; ho fretta e non posso fermarmi a scegliere tra le parole disponibili.) Se fossi un pittore - e dovrei essere un naïf della stoffa del Doganiere - dipingerei mio zio assieme a un albero così come si ritrae una coppia, due compagni, due amici. Un silenzioso cerchio verde, una radura nella foresta, e contro uno sfondo di felci alte fino al petto ecco un uomo vigoroso (l'immagine della stabilità, sebbene in realtà fosse estremamente mutevole) in comunione con un grande albero, diciamo un acero - vecchio, artritico, corpulento, che s'allarga nella chioma simile a una tuba gigantesca, un essere nobile e antico sul punto di crollare sotto il suo stesso peso ma ancora capace di mettere foglie a milioni. Nel nuovo Eden del mio quadro la pace, la permanenza o il disfacimento si combinerebbero con l'instabilità del Novecento - impulsi che vengono dal mondo degenere che circonda questa solitudine verde.

Secondo una prospettiva più terrena, questa "degenerazione" è data dalle sciocchezze religiose alle quali di quando in quando possono indulgere le forti personalità. Un vero uomo si dà alla pubblica amministrazione, al commercio, ai computer, alla legge, alla guerra, all'azione virile - e soprattutto alla vita pubblica e alla politica: la forza militare delle superpotenze, le ambizioni degli eredi di Stalin, il Medio Oriente, la Cia, la Corte Suprema. O si dà ai loro equivalenti monetari. O agli equivalenti sessuali, a un erotismo all'altezza di una politica da superpotenza. Una mente matura avrà inoltre notato che nell'immagine dell'Eden che ho appena proiettato non vi sono donne, ma solo il mio contemplativo zio, mentre il famoso quadro di Rousseau mostra una radura nella foresta con al centro un nudo femminile sdraiato su un sofà rosa récamier con le tigri del desiderio che lo guardano fisso. E' un'immagine arcana, ma più vicina alla verità.

Ed è esattamente questo. Questo è il mio argomento.

Ma ritorniamo a mio zio. Ho parlato poco fa di una sua irregolarità che esercitava influssi, e ora mi spiegherò. Cominciamo dall'infanzia. Sei un bambino di un quartiere povero, i tuoi genitori sono immigrati, devi giocare con le bottiglie del latte nella veranda dietro la casa, studi l'estetica dei granellini di polvere, stai seduto sul marciapiede. E nel frattempo decidi che quando sarai grande diventerai questo o quest'altro. Non sto parlando di fare l'ingegnere o il dottore, e nemmeno di entrare nell'Ufficio Strade e Fogne, ma di scelte molto particolari. Decidi di diventare qualcosa di molto particolare e poi lo diventi effettivamente. Così e basta?

Come fai a sapere che la tua scelta avrà un futuro? Non puoi saperlo.

Ma questa è quella che Popper chiama Società Aperta, e in una Società Aperta che cosa ti può fermare? Nulla tranne i concetti di regola, che in te prendono sempre più corpo man mano che cresci e diventi più prudente. Come fai a fidarti di un ragazzino dalle singolari inclinazioni? Nemmeno il piccolo Samuele nel Tempio si rese conto che il Signore lo chiamava; lui pensò che fosse l'Alto Sacerdote cui era venuta sete durante la notte. Bene, i profeti sono protetti da Dio. I nostri tempi sono più rischiosi. Il bambino avventuroso ricorda l'astronauta che, uscito nello spazio, rischia in ogni momento di perdere il contatto con la navicella spaziale. In questo caso verrà risucchiato nello spazio. Ma passano trent'anni. Lo studente è tutto immerso nello studio delle Psilofite, delle Artrofite, delle Pterofite, e invece di essere sparato via oltre la luna, ottiene una cattedra all'università. Può darsi che non abbia meritato di sopravvivere. Forse l'ha salvato la cieca fortuna.

Ci sarà qualche picchiato imbevuto di ideologia che dirà che è merito del capitalismo. Ma è come dire che è Atene che ha fatto Alcibiade. Ad Alcibiade stava a cuore, certo. Ma pur di ottenere quello che voleva era pronto a scambiarla sui due piedi con Sparta o la Persia.

Ma non fatemi divagare ancora. Mio padre prese il mio trasferimento nel Midwest come un rifiuto (scusate il gergo, è così fuorviante).

Diventò un doppio rifiuto quando mia madre lo lasciò, dopo che aveva minacciato di farlo per anni. "Mi ha piantato in asso" fu quanto disse mio padre. E non era uno di quelli che si lamentano sempre.

Così rimase da solo in Rue Bonaparte, un indirizzo così invidiabile.

La mamma se ne andò per protesta contro la vita che lui le aveva fatto fare. Però dire che rimase solo non è proprio esatto. Aveva una bella pensione dell'Unesco più le azioni della ditta di Pittsburgh che aveva rappresentato anni prima nei paesi di lingua francese del Terzo Mondo, dove i funzionari educati in Francia non vedevano l'ora di farsi una bella chiacchierata sull'ultima pièce di Camus o su Zazie di Queneau. Mio Dio, morivano dalla voglia di far quattro chiacchiere da persone civili, e lui era bravissimo perché era intelligente e cortese, mai cinico. Principi e dittatori erano suoi grandi amici in tutta l'Africa e il sudest asiatico. Queste frequentazioni esotiche lo rendevano felice. Poiché era contento, faceva contenta la maggior parte delle persone che conosceva. Non posso dire che non avesse detrattori, e spesso le malelingue dicevano che era donnaiolo e frivolo di carattere. Però non era un superficiale. Le vecchie categorie come quella del "libertino" non gli si applicano. Molti uomini eccellenti hanno avuto successo con un gran numero di donne. Comunque, lui ha la sua pensione e vive bene.

Non si può smuovere Rudi Trachtenberg da Parigi e dalle sue socievoli strade. Ha una cerchia di amici, e poi ci sono le donne, quarant'anni di donne, una società benevola, un club di ammiratori, un'organizzazione di ex combattenti.

La mamma si unì a un gruppo di medici volontari presso Gibuti, dove ogni giorno muoiono di fame a migliaia. Prese a indossare gonne di tela kaki e cotonaccio andante, il più possibile simile alla tela di sacco. Basta con i cachemire e le sete d'alta moda, basta con i parrucchieri, non più prendere il tè, come si usa a Parigi, con la amichette di papà. Nelle lettere che arrivavano dalla Somalia mandava a salutare il fratello ma evitava di chiedere della vita di lui -

immerso nella botanica o tirato dentro incipriate relazioni da signore che avrebbero potuto friggerlo come un pesciolino se solo avessero voluto. Anche papà scriveva, cercando continuamente di farmi tornare in Francia allettandomi con notizie sui dissidenti russi di Parigi, e radunando nomi di vecchi emigrati che sarebbero stati una miniera di materiale storico se avessi avuto ancora intenzione di studiare Blok, Bely e la Tsvetaeva. Poteva farmi conoscere l'agente che aveva costretto il marito della Tsvetaeva a lavorare per la Gpu.

Quest'uomo stava morendo di vecchiaia in una strada dietro il Boulevard de Sébastopol. sbrigati, se vuoi intervistarlo. (Mi vedevo a far cantare questa vecchia spia moribonda, l'orecchio schiacciato sul suo petto per cogliere le ultime parole del morente.) A papà personalmente non importava nulla di questi russi, ma mi avrebbe combinato tutti gli appuntamenti che volevo. Forse potevo farmi dare una borsa di studio in modo da andare all'estero per un anno. E

perché poi volevo stare nel Midwest, comunque? Una tale arretratezza culturale, inconsapevole della propria volgarità. "Laggiù non sanno nemmeno scrivere correttamente il nome di Mammona, il che è esattamente ciò che piace a Mammona." Io risposi dicendo che sarei tornato immediatamente a Parigi non appena la volgarità si fosse fatta troppo opprimente. Viaggiare non è un problema, se il logorio del metallo dei motori Pratt Whitney non ti uccide, se un terrorista arabo non ti stende sull'asfalto a revolverate o una bomba sikh non ti fa inabissare nel Mare d'Irlanda.

Essere pieni di lavoro, senza un buco libero, avere il centralino mentale intasato notte e giorno, si direbbe cosa indispensabile per mantenere il rispetto di sé in certi ambienti. Io ho tanta carne al fuoco che se avessi cento dita me le scotterei tutte. Come mio padre prima di me, viaggio molto. Meno dello zio Benn, che è un viaggiatore micidiale, ma sempre troppo. Sapere il russo basta per farvi entrare in politica (nella faccia buia della politica) se vi piace pensare di star dietro le quinte. Sono tanti gli istituti, i servizi informativi, le consulenze. Potrei tenere una conferenza alla settimana, se volessi. Non guasta aver conosciuto quand'ero giovane il grande Souvarine, e altri come Manes Sperber. senza essere un cremlinologo né niente di simile mi è venuto istintivo seguire la politica dei successori di Stalin, e poi via di seguito. Conoscendo bene il mondo dei dissidenti, di quando in quando mi si chiede di stendere una relazione. Seguo "Kontinent" e "Syntaxis" nonché le attività di Solzenitsin, di Maximov, di Siniavski e di Lev Navrozov -

figure di primo piano, uomini di genio, almeno alcuni. Non perdo di vista nemmeno la destra russa, fanatici, fascisti, di quando in quando un agente che fa il doppio gioco (Fedele a chi? Infedele a chi?). Nulla di quanto sopra ha importanza rilevante, sono solo

"attività professionali" di serie B, per tenermi in movimento. Nel frattempo anche lo zio Benn fa i suoi viaggetti, solo molto più lunghi. Vola da tutte le parti, ma il suo pensiero ha un ritardo tale

- mi riferisco al divario tra i suoi interessi personali e le passioni della vita contemporanea - che non farebbe differenza se stesse facendo il giro del Mar Morto cavalcando un asino. Se lui non viaggiasse tanto, io passerei più tempo a casa. (Tante cose serie di cui parlare con lui!) Io facevo per lo più viaggetti d'un giorno a Wash-ington o a New York, mentre le sue erano lunghe spedizioni. Ed era per stargli vicino che ero emigrato, mi ero sradicato dall'Europa, avevo scelto il cuore degli Usa (il vasto continente tra la Pennsylvania e il Pacifico). Qualche volta mi offendevo. Il mio sacrificio non era apprezzato. Il tempo sfuggiva attraverso centinaia di crepe. Perché non se ne stava tranquillo?

Be', aveva i suoi motivi. Quando, quindici anni fa, morì Lena, la sua prima moglie, lui prese a girare intorno al mondo (quasi che il mondo fosse un campo elettrostatico, un ciclotrone che accelerasse le particelle di cui lui era fatto).

Dunque, a pranzo, mentre lui si sporgeva sul tavolo per prendere un roll, vedevi un biglietto dell'Air-India fargli capolino dalla tasca.

"Un altro viaggetto, zio? Dove diavolo vai, questa volta?"

Sopra quei suoi occhi ultra-azzurri, minuscole grinze esplicative cominciavano a formarsi. Si stava preparando a sfuggirmi con una risposta convincente. "Ah... Distrattamente, l'autunno scorso, senza pensarci, ho accettato un invito e me ne sono ricordato solo quando mi è arrivato il biglietto."

Era desiderato, era lusingato. Quei suoi viaggetti non avevano grandi giustificazioni scientifiche. Altri specialisti erano più adatti ai compiti specifici, e lui questo lo riconosceva. I suoi colleghi del Terzo Mondo probabilmente l'invitavano come campione di memoria da quiz televisivo. A richiesta chiudeva gli occhi ed era capace di elencare i nomi di tutte le parti dell'organo di riserva di una certa pianta, giù fino ai peli radicali. Lo faceva durante il pranzo in tutte le parti del mondo, dalle Celebes a Bogotà, mentre il manuale faceva il giro della tavolata. Il suo elenco era molto più completo di quello del manuale! Il suo dipartimento non vedeva con favore tutti questi viaggi. Non era un buon affare. Avrebbe fatto meglio a far lezione e a starsene in laboratorio. Però lui aveva scritto una gran quantità di libri e di saggi, alcuni dei quali abbastanza consistenti, e altri parecchio misteriosi, così che si era fatta una bella reputazione. Si teneva in corrispondenza con gli svitati di tutto il mondo facendogli credere di essere d'accordo con le loro teorie. E questo continuo andare in jet dall'Australia all'Antartico (però lui sapeva davvero parecchio sui licheni - qui non c'era messa in scena: licheni, alghe e funghi) era entrato ormai a far parte della sua vita.

Il mio unico scopo era di proteggere quella sua benedetta vita. Si era messo su una strada pericolosa. Ogni volta che cascava un 747

andavo a controllare la lista dei passeggeri. Le mie aspettative, le mie speranze di una chiusura al mondo densa di significato, erano minacciate. Lui e io avevamo un progetto vitale in corso. Le sue assenze erano per me una duplice privazione: da una parte significavano trascurare la nostra impresa, e dall'altra mi importavano sul piano personale. Anche lui sentiva la mia mancanza.

Mi telefonava dalle Celebes e perfino dalla Patagonia. Sì, una volta mi chiamò dalla Patagonia, e io dissi: "Quand'è che torni? Qui c'è bisogno di te. Ti sto aspettando!".

Non è una buona cosa aver più di trent'anni e mostrare una dipendenza così. Forse mio zio zigzagava per i cieli intercontinentali e andava su e giù per i grandi aeroporti di tutto il mondo in modo da poter pensare, cosa che non gli riusciva di fare stando seduto fermo. Forse lo faceva anche per starmi lontano. Anche questo avrei potuto sopportare. Bisognava che mi sforzassi di diventare più autosufficiente. Mi dicevo: "Perché diavolo l'albatros di Coleridge continuava a seguire quella stupida nave? Avrebbe dovuto bastargli la solitudine delle tempeste. Perché non voleva mangiar pesce come tutti gli altri albatros? Quei marinai con le loro schifose gallette inglesi sono stati la sua rovina. E anche desiderare la compagnia degli esseri umani è certe volte un errore fatale". Risulta chiaro da tutto ciò che mi preoccupavano non solo i pericoli del viaggio, ma anche la capacità di giudizio di mio zio.

Avevo paura che facesse una mossa falsa, un passo "sconsiderato",

"avventato". A dirla tutta, che si rovinasse con le sue mani quando io non ero lì a proteggerlo.

Lui mi rispondeva gridando dalla Patagonia - sembrava di sentirla, la furia dell'oceano in tempesta che ci separava - "Tieni duro laggiù, Kenneth. arrivo sabato."

Ogni volta erano grandi rimpatriate. Andavamo nei suoi ristoranti italiani preferiti, stavamo su a bere fino a tardi, la mattina dopo per prima cosa riprendevamo al telefono il discorso interrotto, e poi andavamo insieme a pranzo a metà pomeriggio. Erano tante le cose di cui parlare! Quei discorsi erano le mie vacanze, ed erano anche il cuore della mia vita intellettuale.

Benn, che non aveva figli, il fine settimana non aveva nulla da fare. Io avevo una figlia piccola con cui stavo il sabato pomeriggio, finché sua madre non si mise in mente di andare ad abitare a Seattle.

Dopo di che a me sono rimaste le spese di una figlia senza i relativi doveri e piaceri - piaceri, lo riconosco, un po' dubbi. Senza una bambina da portare allo zoo a vedere gli orsi e le tigri. Gli animali non possono certo saperlo, ma hanno una parte di primo piano nel mondo dei divorziati.

Non che ci sia mai stato divorzio. Treckie e io non ci siamo mai sposati. Lei ogni tanto parlava di andare in centro a farsi dare la licenza, però poi non ci andò mai. E col tempo cominciò a lamentarsi del posto in cui stavamo, pigliandosela con la città per preparare la partenza. Si stava deteriorando in fretta, c'era troppa violenza. Non potevi aprire un giornale senza trovarci una ragazza rapita, violentata, minacciata con la pistola, cosparsa di benzina e data alle fiamme. La vita a Seattle era senz'altro migliore.

E così in tutto il Midwest, tranne lo zio Vilitzer e famiglia, che se ne stava per conto suo, Benn e io eravamo i parenti più stretti.

Eravamo qualcosa di più. Il "progetto vitale" in cui Benn aveva mano era così insolito e singolare che non lo si può descrivere in poche parole. Io avevo pensato: non sarebbe possibile applicare al mondo degli uomini ciò che lo zio applicava al mondo dei vegetali?

L'idea veniva da lui. Diceva sempre: "Cosa succederebbe se avessi con la gente le stesse doti che ho nel campo della botanica?". Be', non le aveva. "Finirei per confondermi" diceva. Una certa confusione già era evidente, così che se si comportava come uno che se l'è cavata per un pelo, il sollievo che mostrava era comprensibile. Quindi che senso aveva la sua presenza in questo progetto? Bene, lui aveva il bernoccolo del regno vegetale, e così qualcun altro poteva magari avere il bernoccolo per un altro regno. Aboliamo la claustrofobia della consapevolezza (il che è ciò di cui soffrivano i compagni dell'ammiraglio Byrd): la classica sfida moderna. Basta averci pensato, e già la si è accettata. Solo l'averla immaginata ci rende dei possibili candidati a questa vittoria. Ci si potrebbe riuscire solo con un qualche potere vitale. Il calcolo, le misure deliberate, non possono nulla. Quel potere vitale lo vedevo in mio zio ogni giorno, e io speravo di avvicinarmici sotto il suo influsso. Per questo ero lì.

In un certo senso era diventato mio padre. Mia madre aveva praticamente preso i voti di povertà. Papà la vestiva sontuosamente per compensarla del fatto che la trascurava. Non aveva seno, però portava i bei vestiti con stile, era contenta di avere ricche sete e lane. Quando si fece troppo vecchia per questo, divenne una specie di Madre Teresa di Calcutta. Non me la sento di criticarla. Mi ricordo che da ragazzino andai una volta con lei dalla sarta di Rue Marbeuf.

quel giorno mio padre aveva saputo della morte di suo padre. I funerali di nonno Trachtenberg si dovevano tenere alle undici, ora di Wash-ington, e la mamma disse: "Bisogna che Rudi si tenga su. Andiamo a un buon ristorante". Così lo portò a mangiar bene: le sue ostriche favorite, fines Bélons, con un buon vino. Poi andammo dalla sarta. Fu qui che, comportandosi come un'autorità in materia di moda femminile, à la Proust, lui prese il comando. Fece rilevare il problema della poitrine della mamma come un vero francese, e si diede anche da fare con le ragazze. Era un homme à femmes, un cacciatore. Avendo un fascino irresistibile, riusciva ad aver successo con promesse del tipo "là ci darem la mano". La signora che gliela dava, la mano, non avrebbe avuto di che lamentarsi. Non le sarebbe nemmeno spiaciuto di ritornare poi da suo marito, giacché ogni persona ragionevole si rendeva conto che mio padre era un avvenimento di quelli che capitano una volta sola, come la Caduta o l'arca di Noè. La sua conversazione era limitata, ma aveva un repertorio efficacissimo per i suoi scopi.

Era diventato ufficiale dopo tre mesi di corso d'addestramento, aveva servito a bordo di un cacciatorpediniere e aveva conosciuto da vicino Franklin Delano Roosevelt, Harry Hopkins, Churchill e Mont-gomery.

Una volta, nel Mar Rosso, era salito a bordo Ibn Saud con la sua corte, e tutti quanti si erano accampati sul ponte sotto un tendone e lì erano rimasti ad arrostirsi le pecore che si erano portate e a gettare grani di caffè sui loro bei tappeti. Papà aveva parlato una volta con il Gran Muftì, il quale aveva accennato a una sua visita fatta in incognito ad Auschwitz, dove aveva ispezionato le camere a gas. A Parigi, papà s'era visto più volte con Malraux. sartre l'aveva accusato di essere una spia americana perché parlava troppo bene il francese. Non intendo mettermi a raccontare di mio padre, però è indispensabile che un poco ne parli per poter capire il mio attaccamento per il fratello di mia madre. Certe volte anche Benn parlava di papà con invidia per via del successo che aveva con le donne. A Benn piaceva fare l'imitazione del modo in cui mio padre entrava in un ristorante (entrambi si imitavano l'un l'altro molto male), dell'interrogatorio cui sottoponeva il sommelier, di quello che mandava a dire allo chef. Se avesse invitato Proust a cena, papà gli avrebbe fatto fare un'esperienza memorabile.

Mio padre, che gli venga un colpo, era un abilissimo ballerino, padrone di tutti i balli fino al fox-trot e al charleston. Valzer, rumba, conga, tango - quando apriva le braccia a una donna, questa sentiva di essere arrivata a casa. Si presentava con un portamento tale per cui la donna che aveva passato anni e anni di solitudine erotica in attesa di un segno esalava fino a smettere di respirare.

Agli occhi degli uomini, la condotta di papà, lo stile del suo approccio, era di cattivo gusto. Ma le donne si preoccupavano di meno di queste questioni di stile. Era evidente che apparteneva a una classe a sé. Io non potevo neanche avvicinarmici. Non ho saputo formarmi alla sua scuola. Non sono tagliato per quella parte. Ben prima dei trent'anni ho rinunciato a provarci. Non riuscivo a persuadere le ragazze ad adottare la mia scala sessuale dodecafonica (così la metteva mio padre). La sua conversazione, tra l'altro, era sempre castigata, pulita, mai una parola sporca, mai una descrizione troppo realistica. Sì, qualche rara volta gli poteva scappare una banalità da scopatore: "Elle s'exclamait à mon sujet"; "E' stata come un'esperienza mistica". Balle di questo genere. Il suo genio non si manifestava nelle parole. Eppure le signore non erano più le stesse dopo che avevano conosciuto Rudi Trachtenberg, mentre quando lasciavano me erano assolutamente le stesse, uguali identiche a prima...

Perché la madre di mia figlia non ha voluto sposarmi? L'avrebbe respinto, mio padre?

Ho già detto che io ho preso da lui molto del suo modo di gestire, che era elaborato. Li sapevo cominciare, i gesti, ma non portare a termine come si deve. Con me prendevano un altro significato. Era come se fossi capace di far venire le ragazze con me solo chiedendogli di portarmi con loro.

Papà non ha fatto la fine del débauché distrutto, come dicono di Casanova, gonfio e rovinato, con l'alito cattivo e le malattie veneree. Mio padre sta benissimo. Sono io quello con le malattie.

Al mio vecchio non è mai passato per la mente che lui ha vissuto soprattutto per le donne. Si considera una persona che ha un normale interesse per le ragazze. Non parlava mai di donne. Leggeva molto e discuteva di tutte le grandi questioni del nostro tempo. Molte persone in vista lo prendevano sul serio. Anni fa, Queneau frequentava casa nostra. Avevamo il bourbon dello spaccio militare nei giorni in cui non era facile trovarlo. A Queneau piaceva il bourbon, ma non sarebbe venuto solo per ubriacarsi. Poi avevamo spesso ospite Alexandre Kojève, che non sarebbe venuto a cena da dei fessi. Cito Kojève per via della sua interpretazione di Hegel che completa la Fenomenologia nel momento storico esattamente appropriato, e cioè con il rombo dei cannoni della battaglia di Jena ancora sullo sfondo, un'epoca che culmina con la vittoria di Napoleone e che completa un edificio della storia universale da cui la conoscenza assoluta, solo ora possibile, può contemplare tutto quanto l'Essere.

Questo è un campionario di quanto si discuteva nella sala da pranzo di casa nostra: se l'Uomo alla fine della Storia resti vivo semplicemente in quanto animale; se non sia venuto il momento che egli divenga "solamente naturale". Questa roba si aggrovigliava con altre tortuosità attraverso il labirinto degli avvenimenti. Io sono cresciuto sentendo parlare della divisione dell'Europa tra Hitler e Stalin, e poi tra Stalin e le potenze dell'Occidente; del ghetto di Varsavia e dell'Umschlagplatz; e poi dei genocidi, degli "zingari d'Europa arrostiti come chicchi di caffè dai nazisti"; di Treblinka e del Gulag, e altri terrificanti nomi di posti. Un argomento che ricorreva di frequente era se fosse o meno prossima la fine del Tempo dell'Uomo, e la nascita dell'Individuo libero nella Storia. Solo roba serissima, ad alto livello. A tavola niente pornografia, niente oscenità sadomasochistiche o pederastiche. E a meno che il tuo pensiero non si deduca da una corretta concezione della storia, a meno che non vivi il tuo tempo, pensare servirà solo a confonderti, finirà per tirarti scemo. Gli spaventosi risultati di una coscienza iperattiva ma senza oggetto sono una delle cause della nostra decadenza.

Bisogna vederla così: l'uomo illuminato è un microcosmo che incorpora in sé l'Essere universale, a patto però che egli si trovi sulla sommità dell'edificio della conoscenza universale. Va da sé che una cosa del genere non la puoi fare da te. Comunque sia, mai potrai giudicare anche solo superficialmente questi nostri tempi aberranti se non sai che esiste una cosa come la grande sintesi hegeliana.

Ora, immaginiamo di avere invece delle armate napoleoniche le donne, invece di Jena le camere da letto, invece del cannone quella cosa che sapete, allora si comincia a vedere la vita di papà sotto una luce più vera. Quella cosa storica che milioni di uomini intossicati dal sesso cercano di fare, e malamente, lui la faceva con la facilità di uno che è vincente per natura. Ci si perde senza un'accurata lettura della bussola della storia. E il polo fisso è Eros. Papà aveva il dono di rappresentare Eros. La mamma ne era terribilmente sconvolta, però si rendeva conto che il matrimonio e la vita familiare non potevano scorrere lisci e bene ordinati, con un marito come papà. Lui non diceva mai parolacce e non era violento, ed era generoso e rispettoso dei sentimenti altrui, affettuoso e paterno. Però credo che si capisca perché dovevo andarmene da Parigi.

Perché era una persona fuori dall'ordinario, un caso particolare. Lui non doveva "darsi un'anima", come succede agli altri. La sua gliel'avevano data già fatta certe forze particolari. Io, con la mia anima in via di costruzione, bisognava che andassi in America a questo scopo. Magari questa storia non è ancora del tutto chiara, ma prometto che lo sarà.

Nel frattempo noi avevamo il signor Kojève nella nostra sala da pranzo che esponeva la sua teoria secondo cui l'Unione Sovietica, la Cina e gli altri paesi comunisti erano brutte copie degli Usa, dove le aspirazioni materialiste dell'uomo moderno venivano soddisfatte meglio che nei sogni più sfrenati di Marx o dei filosofi dell'Illuminismo. I vincitori della Rivoluzione d'Ottobre avevano fatto un pasticcio. Credo che Kojève si rendesse conto che gli interessi di mio padre, per quanto egli fosse un uomo colto e intelligente, andavano in una direzione tutta diversa. Inoltre, la tavola di mia madre era ottima. Vi si teneva una sorta di messa alta della gastronomia, con il rognon de veau sull'altare. A me quei vapori d'urina riuscivano insopportabili, e il vino mi attirava in misura molto moderata. Il signor Kojève aveva gusti molto raffinati, per la cucina come per ogni altra cosa. Dai Trachtenberg mangiava bene. Naturalmente sarebbe stato ovunque il benvenuto. Si parla di Parigi, in fin dei conti, dove un uomo di genio conta ancora qualche cosa. Parigi è fatta per valutare quello che succede in tutti gli altri posti, anche se il teatro dell'azione è altrove. Parigi ha la lingua necessaria a questo compito. Assieme a Londra e a Roma, è nella fase di Tintagel, in attesa che ritorni re Artù. E che l'Età dell'Oro riprenda lena per la terza volta.

Mi trovavo in Francia il Natale scorso - ancora in Rue Bonaparte, immutata da alcuni secoli - e papà camminava su e giù, parlando e gesticolando con entrambe le mani per dar enfasi alle parole. Non è robusto, è grosso, e come parlatore ha classe. Si esita a interromperlo. Diceva: "Non metto in dubbio l'affetto che hai per tuo zio. E' un individuo notevole, immagino, nel suo campo, ma sotto altri punti di vista è un provinciale. Tuttavia non ho mai cercato di interferire nella tua vita".

In un certo senso è vero. Ma papà non poteva fare a meno, da vera forza della natura, di disturbare le trasmissioni delle altre stazioni.

Poi s'interruppe e mi guardò a lungo, esaminandomi. Probabilmente gli sono sembrato inesplicabilmente sbiadito, per essere suo figlio.

Come la foto di un capelluto indigeno della Cina centrale scattata da un turista. In che senso una persona così era suo "figlio"? E ora guardate in che modo procedo - prima sono una chiave inglese grande quanto un uomo; poi sono un cinese tra il miliardo e più di cinesi.

Papà aveva tutta la definizione, la finitura, di un personaggio; io ero ancora in metamorfosi. "Non capisco perché vuoi andarti a seppellire nel Midwest. Parigi ristagna ma è sempre Parigi. Ogni tanto scoppia una bomba, e abbiamo problemi con gli arabi. Ma dove stai tu c'è la più barbara anarchia. Un rapinatore ha sparato a bruciapelo a una mia cugina, a una nostra cugina. Era anche molto carina. E' rimasta solo ferita a una guancia, fortunatamente, però la polvere da sparo le ha lasciato una brutta bruciatura. Al delinquente giovanile che l'ha aggredita non importava nulla di sfigurarla.

Scelgono le ragazze che passano da sole per strada. Succede tutti i giorni."

"Sì, papà, è vero."

Non importa l'ondeggiante, emaciata immagine di figlio che vede, una brutta riproduzione di se stesso; gli piacerebbe pur sempre avermi al suo fianco. Era stato abbandonato da mia madre, alla quale era a modo suo devoto. Non si tratta nemmeno di un'illusione sua. Ha sempre provveduto a farla star bene. Non è che nella vecchiaia non abbia nessuno accanto che gli badi nel caso gli venisse un infarto.

Non è uomo da farsi venire un infarto. Ed è ancora circondato dalle donne. Lo curerebbero, se ne avesse bisogno. Mai permetterebbero che finisse in un ospizio, nemmeno se avesse il morbo di Alzheimer. però loro non sono la sua famiglia. Mi sembra di vedere come ci pensava papà, e in quadretti affettuosi m'immagino che aria avrà avuto meditando su questo. Negli anni della vecchiaia (non che la senta molto, la vecchiaia), quando sua moglie e suo figlio avrebbero dovuto costituire il centro d'oro della sua vita, ecco invece che ne erano solo l'eccentrica periferia. Ma è così che sono gli uomini, papà.

Maggiori sono i tuoi successi, e meno soddisfacente è la tua vita privata e familiare. Perfino i nostri presidenti hanno mogli, figli, fratelli e altri parenti che sono degli ubriaconi, drogati, invertiti, bugiardi e psicopatici. E non dico le relazioni segrete che qualche volta vengono tragicamente alla luce, o quello che succede tra l'erba dietro i cartelloni pubblicitari... senatori e altri notabili che non riescono a far dimenticare le loro Chappaquiddick. le storie personali sono spesso ignobili. Lo scienziato che non ha riconosciuto suo figlio, il ragazzo che serviva ai tavoli, convive con un suo ex studente. Non ci importano i suoi gusti sessuali (è uno dei vantaggi della nuova indifferenza), ma la vita privata è quasi sempre un bouquet di piaghe con un contorno di volgarità se non di immondizie. E così papà, con le sue ex amanti, il figlio nel Midwest e la moglie ad assistere le popolazioni dell'Africa Orientale, non se la cava poi troppo male, tutto sommato.

La Somalia agli occhi di papà valeva di più del Midwest perché se non altro aveva "un'importanza politica mondiale", nel senso che centinaia di migliaia di etiopi morivano durante le marce, o venivano

"trasferiti" chissà dove con i camion che l'Occidente aveva regalato per distribuire i viveri. Ciò era preferibile a qualsiasi cosa lo zio e io credessimo di star facendo in patria.

Agli occhi di papà, Benn era uno schlump, un buono a nulla. La sua sequela di insuccessi, le sue confuse relazioni con donne, ne facevano, a voler essere caritatevoli, una figura ridicola. Cos'è che faceva? Girava attorno al mondo, in teoria per studi botanici, diceva papà, e in aereo conosceva delle signore le quali davvero non sapevano spiegare che cosa ci facevano a diecimila metri d'altezza e mille chilometri all'ora. La cosa aveva un che di ridicolo, diceva sempre mio padre; e Benn era ridicolo, sicuramente. Però era anche una persona molto notevole, e questo lato papà non riusciva a vederlo. Gli sfuggiva la grandezza d'animo di Benn. Grandezza d'animo e forza fisica erano ciò che contava nell'antica Grecia. Oggi ci misurano l'animo con i quozienti d'intelligenza e i test attitudinali. Il corpo s'è fatto più ingombrante che mai con la palestra, la ginnastica aerobica, il jogging, le diete Pritkin. i cataloghi delle vendite per corrispondenza sono pieni di attrezzi sofisticati da mille dollari l'uno che servono a sviluppare cosce, pance, bicipiti e toraci, creando così un fisico da mandare in estasi. Quando è in viaggio, il grande Schwarzenegger ha al suo seguito una tonnellata e mezzo di aggeggi d'acciaio con cui fare gli esercizi nella sua suite d'albergo. E', in poche parole, la bellezza degli esseri sovrannaturali, ma ora senz'ali, nella sua interpretazione materialistica.

A mio padre brucia che il mio perfetto francese venga sciupato negli Usa. Chi c'era laggiù con cui potessi parlare in una lingua qualsivoglia, e chi frequentavo poi - la famiglia? Lo zio Vilitzer?

Del prozio Harold sapevo solo quello che leggevo sui giornali, e lo vedevo, lui o la sua famiglia, soltanto molto di rado. Era un boss della politica e delle amministrazioni di quelli che usavano un tempo, assessore comunale in permanenza, e disonesto quanto più non si può. Nessun tribunale era riuscito a inchiodarlo, sebbene ci avessero provato parecchie volte. Non è esagerato dire che avrebbe potuto riempire tutto quanto uno stadio di serie A con la gente che si era comprato, e pensando che la cosa potesse divertire papà io cercai di spiegargli qualcuna delle operazioni di zio Vilitzer. lui accolse la mia offerta con freddezza. Che cos'era un Vilitzer rispetto a uno Chirac? Un volgare Youpin americano.

Ma bisogna dire che la famiglia aveva combattuto parecchio contro Vilitzer. Una volta la mamma gli aveva fatto causa assieme allo zio Benn, il quale però essendo andato in Assam non si presentò al processo, e non si era interessato alla faccenda. Vilitzer, questo toro selvaggio, era il fratello minore di nonna Crader. la nonna l'aveva nominato suo esecutore testamentario, e lui aveva fatto sparire una parte dell'eredità, quella che risultò poi la più consistente. Chiedermi dunque se vedessi Vilitzer era fare dell'ironia, e anche pesante. Laggiù nella Rustbelt, nel rugginoso cuore d'America, diceva papà, potevo scegliere tra andare a spasso tra le nuvole con lo zio Benn o coltivare la zotica ignoranza di quell'animale che aveva dato una tal fregatura alla carne della sua carne.

C'è affetto tra mio padre e me, anche se io gli ho dato delle delusioni. E' naturale volere che nostro figlio continui dove noi ci siamo fermati e proceda nella stessa direzione. Lui non lo direbbe con tante parole, ma io ho l'impressione che da un punto di vista sessuale mi consideri una specie di larva. Se ci dovessimo spogliare uno davanti all'altro (io ci provo con l'immaginazione) il confronto sarebbe umiliante. Per pareggiare il bilancio, io cerco di darmi un maggior peso intellettuale, e di coltivare quei sentimenti che lui non ha. Ciò dimostra quanto siamo caduti in basso rispetto al modo di pensare della Grecia classica. Abbiamo diviso le cose in due, separando il corpo dallo spirito. A Parigi un padre con l'uccello mondiale e in America uno zio con grandi capacità intellettuali. Papà mi chiede sempre della figlia che ho avuto da Treckie. Fa il sentimentale su questa sua unica nipote. Forse gli piacerebbe capire come ho fatto ad averla. Chiede perché io e Treckie non ci siamo sposati. "Perché lei non ha voluto" rispondo io. Lui scuote il capo, riluttante a chiedermi senza tante storie come me la cavo a letto.

Una persona di mondo di fronte a un figlio bastardo non fa una piega.

Non mi sorprenderebbe se anche lui avesse un paio di figli naturali, tenuto conto di quello che la Francia aristocratica (l'ancien régime) ha significato per lui. Mi chiede di vedere le lettere di Treckie. Da questo punto di vista lei non mi trascura, e scrive spesso. "Leggendo le sue lettere potrei dirti parecchie cose su di lei" mi ha detto.

Papà mirava, da quel che ho capito, ad allontanarmi dallo zio.

Trovandomi a essere marito e padre, avrei avuto meno bisogno di uno zio.

Alla mamma non andava di analizzare il mio attaccamento allo zio Benn, mentre papà ricercava i miei motivi in continuazione. Diceva:

"Kenneth, tu sei uno di quei tipi dell'istruzione permanente e credi che Benn abbia ancora qualcosa da insegnarti. E in cambio devi prenderti cura di lui perché, come direbbe Aristofane, ha la testa su per il buco del culo". (A papà non andavano le espressioni volgari e trovava sempre qualcuno di rispettabile che lo sponsorizzasse.)

"Quello che fai per lui, dovresti farlo per tua moglie e per tua figlia."

Tutte stronzate. Se davvero mio padre avesse avuto un così gran senso della famiglia non se ne sarebbe andato in giro a scopare con tanto entusiasmo le mogli degli altri. E queste mogli non vedevano forse le cose in modo simile al suo? La crisi mondiale serviva di copertura alla lascivia e al libertinaggio (due paroline che non s'incontrano tanto spesso) di tutti quanti.

Il senso della famiglia si è indebolito parecchio quando si arriva ai parenti acquisiti. E nemmeno per Vilitzer contava un gran che.

Veniva spesso alla nostra università perché lo invitavano a tenere dei seminari sulla corruzione a cura del Comune o dello Stato. Lui agli studenti diceva che la corruzione è una cosa del passato. Un mucchio di contribuenti vanno a stare fuori città. Un mucchio di sovvenzioni statali sono tenute sotto un controllo così rigoroso che rubare è diventata una faccenda difficile e pericolosa. La macchina non va più come una volta. Io andai a una di queste sue conferenze e mi nascosi in un angolo. Ero il nipote di sua sorella, e non avrebbe mai saputo che ero lì, né gli sarebbe importato molto. Mi venne la tentazione di chiedergli come mai l'Fbi facesse tanti controlli casuali riprendendo con le macchine da presa gli assessori e i funzionari mentre intascavano la busta. Adesso il ministero della Giustizia è a caccia di Vilitzer con gli arpioni pronti. C'è un certo fascino in ciò. Con l'amministrazione in mano ai repubblicani è aperta la caccia ai mammiferi del partito democratico (di tutte le taglie). In quanto agli studenti, loro apprezzavano molto l'imbonimento di Vilitzer, era un individuo così deliziosamente duro.

Molto abbronzato, con il bernoccolo della furbizia in faccia e i capelli bianchi pettinati in avanti fin sulla fronte, dove s'arricciavano nello stile della Roma imperiale. Con il fisico di uno scaricatore di porto, quand'era giovane, ora era grosso e tozzo.

Quanto aveva perso in altezza era andato in larghezza, e malgrado si dicesse che avesse problemi di cuore che l'indebolivano, quegli occhi azzurri avevano ancora la forza di fissarti minacciosi. Prima che lo mandassero a fare la Seconda Guerra mondiale si dice avesse qualche collegamento con la malavita e che fosse un gorilla anche lui. In famiglia l'avevano soprannominato "il Grande Caldo". Corre la leggenda che una volta abbia portato un tizio in una cantina dove c'era un laboratorio di falegnameria e gli abbia messo la testa dentro una morsa, dopo di che quando il tizio sentì scricchiolargli le ossa del cranio si decise a dirgli quello che lui voleva sapere.

Quando veniva all'università non degnava di un'occhiata né il nipote né il pronipote. Si era molto offeso per via della causa che gli aveva intentato la mamma. Benn lo incontrò una volta per caso mentre Vilitzer stava salendo sulla sua grande limousine con i vetri tra il viola e il marrone. Benn lo salutò e lui gli disse: "Io me ne lavo le mani di te". Vilitzer aveva il labbro superiore che s'arricciava all'indietro, come la frangetta.

"E tu cos'hai risposto?"

"Niente. Sei tu quello con la risposta pronta. Tu cosa avresti detto?"

"Gli avrei mandato una scatola di Sapone per Mani marca lady Macbeth."

Lo zio ripeteva le mie battute con i suoi conoscenti. Ammirava troppo il mio spirito. Comunque, Vilitzer non aveva mai sentito parlare di lady Macbeth.

"Era un modo per dirti che non erediterai un centesimo da lui?"

"Via, non sarebbe comunque possibile. Ha una famiglia sua."

"Il primogenito è tagliato fuori."

"E' vero, Fishl l'ha diseredato. Fishl è troppo intelligente, e per suo padre somiglia troppo a me. Però ha altri figli. Vendono macchinette distributrici e assicurazioni al comune. Il buon vecchio sistema delle spoglie. I figli servono a scusare chi ruba. Così si giustificano i politici, nel caso fosse necessario: "Perché rubo? Che domanda sciocca. Per i miei figli"."

"Ma lui ha giocato un brutto tiro a te e alla mamma."

"Con i nipoti è diverso. Se un nipote ti chiede di farlo entrare nella polizia o di trovargli una sinecura nei giardini pubblici, questo è legittimo. Ma i soldi in contanti sono per la carne della nostra carne. Lui s'è arrabbiato con noi perché ci siamo opposti alla vendita dell'eredità della nonna. Hilda e io ci abbiamo guadagnato parecchio e avremmo dovuto essergli grati. Quando gli abbiamo fatto causa si è arrabbiato moltissimo. Mi ha chiamato e mi ha detto: "Ti farò pisciare viola!"."

Io dissi: "Con queste esperienze familiari alle spalle, non mi meraviglio che tu abbia preferito le piante".

"Un momento, non ho detto che poi è andata come diceva lui. So ancora distinguere la linfa dal sangue" disse lo zio.

Povero diavolo, di certo lo zio ci teneva molto alla famiglia.

Certe volte sembrava proprio una stupida debolezza. Sono sicuro che ha sposato Matilda Layamon anche per avere una famiglia. E poi avrebbe voluto tirar dentro anche me, il che era impensabile. Tanto più che i Layamon non mi avrebbero voluto nemmeno per scommessa.

Matilda aveva detto allo zio che io sono un ipocrita.

Fondamentalmente non è vero. Fondamentalmente io mi considero una persona franca e sincera. Però a essere proprio giusti devo dire che c'è qualcosa, nella mia faccia così affilata e nel mio sguardo, che fa pensare all'ipocrisia. Certa gente si trova a disagio con me e ha l'impressione che io la guardi di soppiatto. Hanno il sospetto che io sia un sospettoso. Per amore di mio zio lasciai correre e dissi: "Lei non è la prima ad accusarmi di questo, e anch'io mi sono spesso interrogato in proposito. Io sono un "sincero ipocrita", o comunque la mia faccia comunica un ossimoro di questo genere".

Benn era, au fond, spiritualmente onesto. Molti lo considereranno il sintomo di un insoddisfacente sviluppo della personalità ("Che momenti sceglie quest'uomo per essere spiritualmente onesto!") e anch'io sono d'accordo con loro, però alla fin fine devo ammettere che questa sua onestà mi piace. Approfittando delle conoscenze ad alto livello dei miei genitori avrei potuto far parecchia strada a Parigi, e Parigi oggigiorno sta diventando migliore: c'è un ritorno al buon senso, hanno messo in soffitta tutto il marxismo del dopoguerra e hanno tolto la maledizione ai barbari Usa. Ma io ho rinunciato a tutto per vivere accanto allo zio Benn. Era la mia famiglia. Per lo stesso motivo ancora prendo l'aereo per Seattle una volta al mese e vado a trovare la mia figlioletta Nancy.

Ma vi assicuro che non è facile spezzare una lancia a favore dei legami personali durevoli. Tutti hanno paura di essere risucchiati dagli affetti, per quanto i più cinici ancora fingano di rispettarli, proprio come Ponomarenko, il socio di Stalin, si inchinava alle

"masse innocenti". A questo proposito la letteratura cerca di mantenere le sue solite posizioni. Philip Larkin, un poeta molto ammirato, scrive: "In ciascuno di noi dorme un senso della vita legato all'amore". Ma questo senso della vita dorme proprio. E dice anche che gli uomini sognano "di tutto ciò che avrebbero potuto fare se fossero stati amati. Ciò è ineliminabile". E anche questo sembra vero, sebbene ci possa essere qualche analogia con il caso di Ike: non hanno un teatro interiore che corrisponde al teatro di guerra europeo. Dov'è lo spazio in cui l'amore possa recitare la sua parte?

E neppure è troppo rincuorante contrapporre queste affermazioni di Larkin a fronte delle opinioni opposte, confermate da un numero sterminato di uomini che rinunciano all'amore e lo lasciano perdere: uomini forti, sani, razionalmente malvagi o come minimo "con i piedi per terra", e che generalmente sono più svegli di quegli altri. E'

raro oramai sentir parlare dell'amore se non in toni malinconici. Ad esempio, nell'elogio funebre della cantante di blues Billie Holiday, qualcuno ha detto: "Nasceva dall'amore, e soffriva per la mancanza d'amore. Tutta la sua musica era sull'amore". Billie morì di droga e di alcol, e sul letto di morte era in stato d'arresto. La sua camera all'ospedale era piantonata.

Vilitzer, per ritornare a lui, era l'esecutore testamentario della nonna, che aveva lasciato in eredità anche un terreno. Comprò la parte di Benn e della mamma per mezzo di una società fantasma e poi la rivendette allaEcliptic Circle Electronics, che ci costruì sopra il grattacielo più alto della città, grande quasi come la Sears Tower di Chicago. Dall'affare guadagnò una somma inimmaginabile. La mamma e lo zio Benn ne ricavarono 300'000 dollari tra tutt'e due. "Har-old ci ha fatto finire a bagno" disse la mamma. Con la sua parte sperava di potersi comprare una casa sull'Ile Saint-Louis. quando, anni fa, lo zio Vilitzer venne a Parigi, prima che i rapporti si guastassero, la mamma lo portò a vedere quella casa. Lui disse: "Ma cosa vuoi farne di questa vecchia baracca? Ti puoi comprare una casa moderna e pulita pagando la metà. Neanche morto io verrei a stare in un posto così conciato. Almeno comprati una casa dove gli stronzi non tornano su dopo che hai tirato l'acqua, e che abbia una finestra in cucina".

Far causa a Harold fu una stupidaggine. Dava soldi a non si sa quanti giudici. E giocava a golf con i portaborse di quelli cui non dava soldi.

Io dissi allo zio: "Mettersi contro di lui è stata una cosa da pazzi".

"Tu hai intuito per queste cose" disse lo zio. "E, sì, è stato stupido, credo."

"Sai cos'è la cosa strana? Siccome è un parente tu fai ancora il sentimentale anche con lui."

"E' che gli volevo bene."

Sentendolo dire così, un'ombra passò sopra di me. Una di quelle maledette ombre versatili che arrivano e scappano via. Se poteva ancora voler bene a Harold Vilitzer, il suo amore per me (o per chiunque altro) perdeva alquanto di valore.

Benn proseguì: "Nel 1946 Harold tornò dalla guerra. Era andato volontario malgrado non fosse più tanto giovane perché ce l'aveva con Hitler. Quando Hitler si fece saltare in aria nel suo bunker, Harold era in Italia e a Napoli fece un po' di soldi prima di essere smobilitato. A Napoli, dove c'è gente davvero brava a fare questi giochetti. Vendeva i residuati bellici. Ogni cosa diventava residuato bellico non appena lui ci metteva le mani sopra. Bene, tornò a casa e andò a sedersi in cucina con la divisa addosso. Fu uno spasso. Dopo un po' prese a girare per le strade, qui in città, a raccogliere scommesse e a dare mance ai poliziotti. Come allibratore da marciapiede ebbe un successo tale che una volta che gli capitò un colpo di sfortuna i poliziotti fecero una colletta tra di loro e misero insieme cinquantamila dollari tanto per tenerlo in affari. A loro conveniva. E subito dopo venimmo a sapere che si era messo in politica".

"Mi pare che tutto questo affetto di cui parli sia stato molto unilaterale. E lui?"

"Non è che a Harold, come zio, non gliene importasse nulla, allora.

E' stato lui ad insegnarmi che le more di gelso sono commestibili.

Questo è successo quando avevamo due gelsi in cortile. Mi pare di averti già detto..."

"Più di una volta."

"Dove adesso c'è il grattacielo dell'Ecliptic Circle Electronics."

"Sì, certo" dissi io. La parte più filosofica di me non trovava particolarmente utili i dettagli che mi dava lo zio. Certe volte l'attenzione che metteva nei particolari mi faceva perdere la pazienza. Eppure anche allora avevo spesso l'impressione che le mie astrazioni fossero più traditrici dei suoi elementi circostanziali.

"Le more di gelso erano deliziose. Io e lo zio Vilitzer passavamo pomeriggi interi a cogliere more. Bisognava cacciar via le gazze indiane. E poi mi pagava un mucchio di cose. Ancora c'era il vaudeville - Jimmy Savo, Sophie Tucker, Ed Wynn, i maghi, i cani ammaestrati. Ogni tanto, anche il burlesque. E poi il biliardo e la boxe. Gli piacevano molto tutt'e due. Credo volesse fare di me un tipo in gamba, darmi l'avvio. Andavamo anche alla sala corse. O a giocare a dadi. Al cinema. Naturalmente io non avevo un centesimo.

Offriva tutto lo zio. Una volta andammo a vedere un film eccezionale, meraviglioso - una cosa surrealista dove c'era un tipo alla Burbank, un mezzo matto che tirava fuori le uova sode dalle melanzane. Durante la guerra, la moglie di Har-old era andata in California con i bambini, dai suoi genitori. Aspettando che tornassero a casa, Harold era molto paterno con me."

"Così solo per qualche settimana ti sei affezionato a...?"

"Naturalmente. E anche prima volevo bene ai miei genitori, a mia sorella, e volevo sempre parlare con loro. A otto anni, una mattina sono entrato nel letto di Hilda perché le volevo bene. Tua madre allora stava diventando signorina. Mi ha dato venti schiaffi in faccia per insegnarmi a non commettere incesto, anche se allora era la prima volta che lo sentivo nominare."

Ricordando questo sorrideva.

"Era tutto così bello" dissi io. "Anche quando la mamma ti trattava male. Tu mi hai detto, zio, che da bambino leggevi molte fiabe, tutte le collane di Andrew Lang, la Verde, la Gialla e la Blu. E sai cos'hai fatto, secondo me? La tua famiglia d'una volta è per te adesso quello che le fiabe erano per te bambino. Principi Azzurri, Cenerentole, Belle Addormentate e matrigne cattive. Non ti converrebbe rivedere un po' tutto prima di entrare nella terza età?"

Non lo stavo prendendo in giro; la mia espressione era di autentica simpatia e avevo parlato con voce normale, giacché ero giunto a pensare che egli fosse chissà come riuscito a non farsi possedere dal mondo che quasi tutti noi sperimentiamo. Lo zio ometteva (o disdegnava) di proteggersi, in una misura del tutto incompatibile con le condizioni (o le offese) della vita contemporanea. Quando la sorella lo prese a schiaffi non cercò nemmeno di difendersi. Dico questo perché egli in seguito fu fatto oggetto di molte attenzioni da parte delle donne, e al punto in cui il loro interesse prendeva una forma prosaica, fisica, non sempre lui sapeva cosa farsene, di questo interesse. Certe volte mi è venuto da pensare che le donne attirassero la sua curiosità a un livello pericolosamente ingenuo. Le reazioni che egli manifestava mi facevano pensare a questi vecchi versi:

"Quando un uomo prende moglie presto scopre@ se lei ha braccia e gambe soltanto incollate insieme.@"

Ma naturalmente la sua non era quell'ingenuità che è così odiosa agli uomini di mondo. Come se la cosìddetta "esperienza del mondo"

non fosse altro che una serie di delusioni una dopo l'altra, che cambiano come si cambiano gli abiti nel cosiddetto processo di

"crescita".

Io però non avevo del tutto torto a proposito della fiaba degli affetti familiari. Lui ritornava spesso - troppo spesso, secondo me -

agli anni della fanciullezza. "Quando avevo sette o otto anni, tornavo dalla strada morendo dalla voglia di raccontare ai miei tutte le meraviglie che avevo visto. Avevo cose eccezionali da riferire, ed ero eccitatissimo. Ma in casa tutti avevano molto da fare. Bisognava pensare alle cose indispensabili; e così mi dicevano di star zitto.

Erano tutti molto gentili con me, di solito; solo che non avevano tempo. Alla fine conclusi che quello che vedevo per strada era roba vecchia per loro, e così la piantai. Mia madre era convinta che quand'ero bambino fossi un bugiardo di prima forza. Me lo disse poi."

"Ed è per questo che ti sei dato alle piante?"

"Non la metterei in questo modo. Non parlavamo la stessa lingua, in famiglia. C'erano carezze, baci, gentilezze. Anche la mia nervosissima sorella era buona con me. Quello che mancava erano le parole."

Benn era convinto che io fossi l'unico parente con cui fosse possibile una comunicazione ad alto livello. Forse ha questa impressione perché sono un po' sordo. Porto i capelli lunghi per nascondere la protesi acustica. Per sentire ci vuole il doppio dell'attenzione; molti leggono le labbra mentre ascoltano, così che questa insolita concentrazione può passare per consenso. Nel complesso io capivo quello che voleva dire. Avevamo letto gli stessi libri che contano. Finché ci furono i piroscafi, lo zio Benn e la zia Lena fecero la traversata dell'Atlantico tutti gli anni, e sempre mi portavano dei libri in una cassetta, in principio, fiabe, Mark Twain e Dickens. poi, quando fui abbastanza grande, cominciarono con Balzac. La zia Lena, così paffuta e semplice all'apparenza, una macchia scura dall'elusivo profumo sopra una pelle pallida, era una patita di Balzac. balzac le piaceva soprattutto là dove è più fosco, quando picchia sui tasti del vizio e della virtù su uno sfondo di tamburi e di tam tam universali: la sepoltura di Papà Goriot; la feroce concierge che deruba il musicista morente, Pons, mentre di sotto, in portineria, il marito di lei viene avvelenato da Remonencq, il terribile alverniate che la concupisce. Chi l'avrebbe mai detto che una donnina grassottella com'era Lena avesse il gusto di questa roba forte? Ma lei diceva: "Non si può conoscere la vita o i rapporti tra gli uomini, non si può capire la società, se non si è letto Balzac". Verso la fine aggiungeva: "Per capire Balzac bisogna riandare a Swedenborg. comincia con Séraphita di Balzac. poi leggi L'amore coniugale".

Benn ovviamente non leggeva Swedenborg con entusiasmo. Mi diede quel libro per ricordo. (L'ho letto.) Però era d'accordo con Lena su Balzac, e diceva: "Se non mi avesse messo quei libri sotto il naso, non avrei mai capito niente. In quanto a quelli che non hanno letto Il cugino Pons o La cugina Bette, non riesco a immaginare che razza di sistema di direzione possano avere nella vita. Quando qualcuno li tratta male, non riescono a capire quanto li hanno trattati male.

Senza La cugina Bette io sarei stato perduto".

Spesso si perdeva ugualmente. Se avesse letto Il cugino Pons con maggiore attenzione non avrebbe sposato Matilda Layamon. Era figlia unica di genitori ricchi, e Balzac dice molto esplicitamente che solo le donne nate ricche diventano mogli pericolose. In questo senso i libri possono fare dei brutti scherzi. Se hai letto che esistono i filistei arrivi magari alla conclusione che non puoi essere un filisteo anche tu. Niente di più falso. Leggendo un libro, ti può anche capitare, senza che tu ti accorga di niente, di prendere una febbre segreta, di impregnarti di rifiuti velenosi, oppure di rimanere ignaro della tempesta di sensazioni dentro di te della quale il libro ti tiene all'oscuro. Che lo zio fosse un lettore molto sensibile e talvolta allucinato lo dimostra l'entusiasmo per i libri che mi raccomandava. Nel caso di Alone dell'ammiraglio Byrd aveva perfettamente ragione, ma volle farmi leggere a tutti i costi anche Autobiografia di uno yogi. Non è che questa non avesse un certo fascino, però bisognava superare l'incredulità che si ha nei confronti della levitazione e delle esperienze extracorporee. Come quando la moglie dello yogi entra in camera sua e lo trova non sdraiato sul materasso come l'ha lasciato, ma sospeso per aria vicino al soffitto. Nei confronti di questo tipo di letteratura lo zio si accostava con un atteggiamento agnostico, e cioè da dilettante, che non mi piaceva troppo.

Ma vedendo quali erano i gusti di mio zio, riuscii a farlo accostare a scrittori mistici, gnostici, ermetici come Soloviev e Fyodorov, sui quali avevo lavorato studiando il simbolismo russo. Lo zio aveva un'aria così solida che mi fidai di chiedergli un parere su alcune delle mie opinioni più fragili. Quand'ero molto giovane lo paragonavo allo spigolo di un'antica fortezza. Come mio padre, che diceva che sembrava una chiesa russa, anch'io andavo in cerca di similitudini architettoniche. Quei vecchi muraglioni non servono a nulla contro i moderni esplosivi o i sistemi missilistici. (Non era un gran che per la famiglia Layamon in cui s'era andato a sposare.) Comunque, lo zio si prese a cuore Fyodorov, secondo cui dietro tutti i problemi umani c'è la morte. La terra è un cimitero, e l'unico intento dell'umanità è di restituirlo alla vita. Che coloro che ci sono cari scompaiano nell'eternità ci è intollerabile, e non possiamo accettare questo fatto senza vigliaccheria. Si deve cominciare con la famiglia. I figli devono restituire la vita a coloro che gliel'hanno data. Anche a costo di andare sulla luna, bisogna recuperare ogni particella dei nostri morti. Vivi e morti formano un'unica comunità.

A me non piace questa prosaica lotta tutta incentrata sulla ricostituzione fisica. Eppure diedi corda allo zio per vedere cosa ne avrebbe cavato. Leggeva con gioia, si mangiava le pagine. C'erano delle volte in cui anche lui levitava, per modo di dire, fino al soffitto. Non avrei dovuto farglielo fare. Lo feci perché quando c'era una cosa che mi interessava potevo contare che lui mi fornisse bizzarri commenti.

Avere uno zio affascinante è un gran vantaggio. Si noti che non ho detto un vecchio zio affascinante. Purtroppo non era vecchio abbastanza per non avere pasticci di donne. Con la zia Lena rigava dritto - niente corna. Fin quando lei fu viva Benn non le guardò nemmeno, le altre donne - be', le guardava sì, ma non si metteva a coltivarle. Dopo anni e anni di fedeltà coniugale cominciarono a sorgere dei dubbi sulla sua virilità. Lui mi rimandò all'Autobiografia di Darwin (mai ebbe timore di mettersi intellettualmente con i grandi uomini), là dove Darwin confessa che in gioventù era attratto dalla poesia e dalla musica, mentre in seguito questa e quella gli davano la nausea, e ciò perché aveva trascurato le sue facoltà sensitive, che, cadute in disuso, si erano arrugginite. L'attività scientifica, il trovarsi sommerso da particolari insignificanti, l'attenzione alle minime differenze presenti tra un organismo e l'altro, l'avevano guastato impedendogli di sentire più grandi emozioni. (Ma la mia impressione è che la rovina di Darwin fosse cominciata già prima e che egli si sia dato alla ricerca perché l'aveva capito.) La zia Lena era una donna gentile, dolcemente soprappeso sui fianchi e sulle cosce, scura di capelli, con un elusivo profumo intorno a lei, gli occhi neri per così dire appesi sul volto, e ogni tanto mi chiedevo incuriosito (abitudine, questa, comune a molti maschi) come facesse lo zio Benn a scoparsela. Lui era molto protettivo nei suoi confronti, senza scherzi. C'erano inoltre delle influenze swedenborghiane. La zia Lena non era mai riuscita a convincere Benn a leggere quel gran visionario; nonostante questo, lo zio era al corrente delle opinioni di Swedenborg riguardo l'amore tra i due sessi. Alla donna Swedenborg attribuisce una maggior capacità volitiva, intendendo con questo affettiva. L'uomo ha maggiori tendenze verso l'astrazione. Tra uomo e donna avviene uno scambio. Nella coppia pensiero e amore si completano l'un con l'altro, e talvolta si dà qualcosa di simile a uno scambio d'anime, secondo la volontà divina. Però Benn si preoccupava lo stesso del disuso di cui parlava Darwin, e di quanto esso incideva sulla sua capacità di accensione erotica. Lo preoccupava tanto che vi alludeva in certe sue conversazioni con Lena. A lei non disturbava di parlarne.

Non si sarebbe detto che Benn, vedovo-scapolo, potesse costituire una figura romantica per le donne, avendo un fisico piuttosto voluminoso. Eppure, negli anni precedenti il secondo matrimonio ne ebbe a piene mani di rapporti con donne: flirt, corteggiamenti, grandi desideri, ossessioni, abbandoni, offese, lacerazioni, schiavitù sessuali: tutto quanto dalla felicità alla disperazione. Il matrimonio avrebbe dovuto porre fine a questi tormenti.

"Se non altro smetterò di vagabondare in giro per il pianeta" mi disse per giustificare il modo in cui mi tradiva - io non avevo preso bene la notizia del suo matrimonio; avrebbe dovuto avvertirmi in anticipo.

Ma perché non faceva che correre da tutte le parti? Le foreste dell'India, le montagne della Cina, le giungle del Brasile, l'Antartico. Lui riconosceva che la sua irrequietezza aveva cause erotiche, ma non riuscì mai a stabilire come interpretare questo fatto. Erano in gioco desideri contraddittori. In un'epoca in cui si ha da una parte Eros e dall'altra Thanatos che disputano sulle rispettive giurisdizioni, tanto vale fare le valigie e andare all'aeroporto piuttosto che star lì ad aspettare che si decidano. E'

meglio stare in movimento? Correre per mantenere attiva la libido?

Questa soluzione non verrebbe mai in mente a un vero donnaiolo.

Pensate al barone Hulot di Balzac, che a ottant'anni fa delle proposte alla servetta mentre la sua santa moglie giace sul letto di morte e può ancora sentirlo. Altrettanto curioso è il caso del nonno di Stravinsky: a centodieci anni d'età si ruppe la testa cadendo giù da una palizzata che stava scavalcando per andare a un appuntamento notturno. Lo zio era lontanissimo da uomini cosiffatti - i vecchi satiri alla Yeats, quelli che negli anni Venti andavano in Svizzera a farsi trapiantare testicoli di scimmia. No, per quindici anni marito fedele, questa era la stoffa di cui era fatto. E poi non sopportava le donne con esigenze profuse e opprimenti.

Sì, aveva problemi sessuali veri, non di quelli che ti rendono impotente; depositi di libido ancora inesplorati che avrebbero fatto la fortuna, sessualmente parlando, di qualsiasi donna in gamba che avesse l'intelligenza e la capacità di partecipazione per tirar fuori un ordine (nonché piacere) da queste multiformi idiosincrasie. E io proprio non saprei dire cosa l'abbia spinto a rischiare la scommessa matrimoniale con Matilda Layamon. Questo ancora mi sconcerta. Se è vero che l'Impero Britannico, secondo quanto dicono Macaulay e Winston Churchill, sorse in un attimo di distrazione, lo stesso può dirsi nel caso della seconda moglie dello zio Benn. La differenza è che nel primo caso si veniva gradualmente formando una volontà imperiale, mentre nell'altro si esprimeva l'opinione che uno ha di sé, si dava un giudizio su se stessi. Ma non ho intenzione di approfondire le sue motivazioni. Mi fido sempre meno della psicologia. La considero uno dei più ignobili sottoprodotti dell'irrequietezza o delle oscillazioni della coscienza moderna, un'agitazione terribile che noi fregiamo del titolo di "conoscenza".

Diciamo soltanto che anche lo zio si rendeva conto dell'irrazionalità connessa all'atto di infilare un anello al dito di Matilda Layamon e di dire "Sì". Non c'erano forse abbastanza matrimoni naufragati tutto intorno a lui, come tanti relitti di Boeing che non sono riusciti a prendere quota? Quando venne il momento di mettere le carte in tavola tra noi due, lui fu abbastanza chiaro con me a proposito della "scena sessuale". Tutti quei matti e quelle matte a letto insieme. Due psicopatici sotto lo stesso lenzuolo. Conoscete chi vi è sdraiato a fianco, conoscete i pensieri dietro lo schermo del "rispetto reciproco"? Uno scatto del termostato ed ecco che esplode il calore dell'amore, una bomba incendiaria che vi riduce in cenere. E mentre dalle vostre ceneri v'innalzate nell'etere, non vi sorprenda sentir singhiozzare di dolore chi vi ha distrutto.

Ma è meglio che scenda di tono, che non ceda alla mia gran debolezza.

Per riassumere con maggior sobrietà: capisco benissimo perché il matrimonio può risultare invitante. La maggior parte di Benn era tutta assorta nel mondo vegetale - l'istogenesi delle foglie, o quel che vi pare; effettivamente io lo consideravo una specie di mistico delle piante - ma il resto era pieno d'affetto. Quelli del suo ramo, come ho già fatto rilevare, sono spesso scialbi dal punto di vista affettivo, e a nessuno questo fa particolare impressione. Lo zio Benn non era disposto a seguire l'esempio di Darwin, ad accettare la completa atrofia. Diceva: "Sto diventando troppo autosufficiente". Mi sarei anche lasciato convincere a ritenere che fosse stufo di farsi ogni cosa da sé, sebbene i lavori di casa non gli pesassero affatto.

Anzi gli piacevano. Versava il Vanish blu nella tazza del cesso. Tra tutti i detersivi per piatti preferiva il 409. Per lavare le calze usava Woolite. Cose che fanno infuriare altri uomini, come pelare patate, pulire la grattugia, togliere il bruciato dalle padelle, lavare i pavimenti in ginocchio, a lui non davano affatto fastidio.

Mai gli passò per la mente che era un abbassarsi, che erano lavori che non si addicevano a un uomo che aveva rivoluzionato alcuni concetti di fondo della morfologia vegetale. Agli occhi di mio padre, questa disponibilità a far lavori da serva era il segno di una mentalità in fondo poco intelligente - papà era un po' viziato dal fatto che se l'era passata maledettamente bene essendo un americano in Europa. Un europeo non avrebbe potuto apprezzare tanto lo stile di vita europeo. L'Europa del dopo Hitler era in disgrazia ai propri occhi. Quei pochi privilegi tradizionali rimasti stavano rapidamente scomparendo. Nei giorni in cui c'erano le donne di servizio, la cucina era un luogo ripugnante. Quando la padrona di casa dovette sbrigare i lavori domestici da sé, si procedette a installare moderne apparecchiature di stile americano o tedesco occidentale. I Trachtenberg, però, avevano sempre avuto una donna di servizio. Gli intellettuali non lavano i pavimenti. Ma allo zio non importava nulla di dover fare il bucato, stirare, attaccare i bottoni, passare lo strofinaccio per terra. Teneva pulito anche il suo laboratorio. Papà diceva: "Dietro tutte quelle sue arie, è una vecchia donna".

Sbagliava. Era il modo che aveva lo zio di dire: Non sono migliore di voi. Usciva dalla sua strada per proclamare l'uguaglianza. A mio parere, esagerava. Questo modo di fare è, come diceva un mio amico parigino, un po' un eccesso di cortesia. Mi raccontò che Marcel Proust, che stava allora studiando, si sforzava sempre di rispondere esaurientemente alle domande che poteva fargli una signora chiacchierando a pranzo. Le sue risposte erano interminabili, complesse in modo paralizzante, quando una risposta di tal genere non era né richiesta né prevista. La gente era sopraffatta dalle informazioni indesiderate fornite da questo commensale distinto, noioso, con la faccia simile a yogurt. C'era da lasciarci la pelle.

C'era sotto lo snobismo dell'eguaglianza, o della presunta eguaglianza.

Dar credito per motivi egualitari là dove non è il caso (a interlocutori cioè i cui processi mentali sono del tutto diversi dai nostri), onorare un'altra anima attribuendole forze che non si sa se abbia o meno, è come voler placare il dio di un vulcano che è inattivo da cent'anni. Il dio non c'è più. Gestisce tutta una catena di vulcani (come tante Hyatt Houses), ed è tutto preso da questi altri, quelli attivi.

E' bene tener presente inoltre che lo zio era molto sensibile e che suonava anche da solo proprio perché era così sensibile; e su corde così tese, un po' di scena era inevitabile. La supercortesia mitigava la prepotenza esercitata sugli altri, i suoi ascoltatori. Aveva un ingegno e un'energia che erano coercitivi. Ad esempio, lo zio Benn apre una scatoletta di vitamine e la sua commensale gli chiede che cosa sono. Lui comincia a spiegare le ricerche sul cancro che si conducono a Valhalla, stato di New York, e la teoria dei radicali liberi - pericolosi neutroni che si liberano nel processo metabolico provocando forse tumori maligni. Quelle sue vitamine fanno meraviglie, dilatano i capillari della prostata impedendone così l'ipertrofia. Non solo, ma gli hanno anche guarito un'unghia che era rotta da anni. (Gliela mostra; ma a lume di candela non si vede niente.) C'è anche un buffo effetto collaterale, prosegue lui, e cioè che le vitamine stimolano la crescita della flora batterica intestinale, provocando una certa sensazione di gonfiore. Vi si può rimediare seguendo l'esempio dei primati superiori, il cui tratto intestinale è incredibilmente simile al nostro e a cui la dieta ricca di fibre mantiene le budella pulite... Pentita di aver fatto la domanda, la signora aspetta che questo individuo così noioso e così sensibile finisca la sua lezione. Ecco un'altra offerta indesiderata.

E così allo zio, per tornare a dove eravamo, non spiaceva affatto di far tutto da sé. Tanto per cambiare, però, non sarebbe stato male che qualcun altro gentilmente gli lavasse i piatti. Ma perché, allora, sposare Matilda Layamon? Con il volto classico, i capelli di giacinto, era una che i piatti non glieli lavava di certo. Vi era sotto sotto una relazione del tipo padrone-schiavo. Il padrone è il padrone perché è pronto ad affrontare la morte pur di mantenere i privilegi di un padrone. Lo schiavo invece è riluttante a rischiare la vita... Non è il caso di approfondire, e di spiegare perché lo zio Benn non si vergognava di fare lui i piatti. Però non posso fare a meno di ricordare che a Mosca, all'inizio degli anni Venti, il poeta simbolista Andrei Bely perse le staffe in un locale pubblico perché gli toccò fare la fila per avere un pezzo di pesce. L'aringa del poeta va servita su un piatto pulito! Inoltre, già vecchio, disse delle donne che aveva conosciuto: "Non ce n'è stata una che mi meritasse". E' inimmaginabile che Benn dica una cosa del genere.

Parole impossibili dette con la sua voce. Eppure se le avesse dette avrebbe avuto qualche giustificazione. Molti pensatori moderni concordano nel ritenere che il segreto dell'amore sia la sopravalutazione. Per Rousseau, inoltre, è un'illusione di cui una società libera non può fare a meno. Ma sotto sotto, anche qui, c'è la scoperta fatta dall'ammiraglio Byrd al Polo Nord. Là gli uomini si conoscevano l'un l'altro fino in fondo. E' sufficiente in questa sede farne un rapido accenno, senza dare alla cosa troppa enfasi.

Se sotto sotto ci fosse stata un'illusione volontaria, lo zio se ne sarebbe accorto. Non era uno sciocco. Era un uomo di cui tutti ammiravano la cultura e la precisione, la sicurezza e la capacità della memoria. Se volete sapere il mio parere, una forza di tal genere viene da sopra, dall'alto. Il "punto di vista scientifico"

storcerà il naso a sentire questa. Non posso farci niente. Ciò che ho detto non è una tesi o un'ipotesi, ma la confessione di un cuore messo a nudo. Le spiegazioni comuni, quelle che hanno origine dal buonsenso di questo mondo quaggiù non riusciranno mai a soddisfarmi.

Ai miei occhi quell'uomo era un prodigio, aveva la "magicità". Questi doni gratuiti ricercano brancolando una realizzazione nell'uomo. Ma quanto hanno bisogno di realizzarsi? Bisogna che abbiano una realizzazione complessa, elaborata - o non basta una realizzazione sommaria? Basta sì, a quelli che sono emotivamente scialbi. I tipi emotivi, i cuori gonfi d'amore come mio zio, quelli che sono esuberanti, ricchi d'energie, che si agitano facilmente, che hanno bisogni e desideri - questi non capiscono perché mai a un gran dono non se ne debba accostare un altro, e così via, in una successione di doti naturali. Si ha bisogno quindi di qualcuno che li condivida, di una donna affascinante, una donna come quella descritta da Swedenborg, fatta da Dio per guidare l'uomo, per condurlo a uno a scambio d'anime. Forse per insegnargli qualcosa, così come Diotima insegnò qualcosa a Socrate sull'amore.

Nel complesso, prendendo in considerazione tutti i fatti, lo zio si era preso una bella batosta. In quel momento si sentiva, tanto per tornare a quella maledetta poesia di Poe, un viandante stremato, stanco della strada. A parer mio era un uomo che era stato oggetto di abusi sessuali. Nei saggi scientifici questo termine è sempre accostato ai bambini, e può sembrare incongruo ficcare un uomo con più di cinquant'anni in questa categoria. Un famoso botanico di mezz'età all'asilo infantile: ma cosa vuoi darci a intendere? Però si può dire che un uomo è logorato, malconcio. E ai miei occhi lo zio Benn era un uomo logorato dalle donne. Ma come, un uomo della sua statura? direte voi. Lo dico anch'io. Era proprio così. Cercava protezione, e in ogni test di associazione libera la reazione americana alla parola "protezione" è "ricatto": "un racket".

Ciò che è pochissimo chiaro è come mai lo zio Benn, se davvero la sapeva così lunga, accettasse così passivamente gli abusi sessuali.

Il mistero è tutto qui. E quando io esamino questo mistero così come uno esamina un quadro astratto alla ricerca di qualche indizio del mondo reale (è un vaso? un vecchio pezzo d'artiglieria? il beccuccio di una siringa da pasticciere?), vedo Benn in carne e ossa sullo sfondo, lui com'è fatto, grosso, sovrappeso, pallido, con quella sua schiena ricurva alla russa. Cammina con portamento pesante. Dalla vita in su è molto posato. Poi la testa rotonda, la faccia piena, due occhi che sembrano un otto coricato. Uno dei miei filosofi russi dice che gli occhi degli uomini si ripartiscono in due categorie: ricettivi ed emananti forza di volontà. Ci sono occhi spalancati a riflettere la luce mentre altri scrutano ogni cosa, in cerca di preda; occhi per cui la terra è il Giardino dell'Eden, un eterno adesso, o altrimenti occhi da cui sgorga un elettrizzante flusso di volontà. Gli occhi dello zio rientrano nella prima categoria, naturalmente. L'uomo è ciò che vede. (Non ciò che mangia, come sostiene quel tedesco prosaico, quel maniaco di Feuerbach.) No; si è come si vede. Cos'altro potevano significare quei suoi occhi? La testa, conformata per il suo lavoro, era un osservatorio di piante.

Potrebbe quindi essere preso per uno sciocco, un fesso, da quelli dalla volontà elettrizzante, i furbi senza tanti grilli per il capo, che quegli altri, quelli che riflettono la luce, sono predestinati a servire. (Sono i loro servitori, il loro bersaglio, il loro pranzo.) Ma da qualche parte dentro le tortuosità del suo carattere, lo zio era anche perspicace. Dopo il fatto era perspicace, capace di scorgere là dove aveva sbagliato, come era stato fregato, come aveva collaborato con furbi e predatori. Ma solo dopo il fatto. Sembrava equilibrato, ma era soltanto apparenza. Era, comunque, vero e autentico, un'autentica eccezione. Per paura dell'elitarismo - che deprimente superstizione! - ci imponiamo di disprezzare le eccezioni.

Ma pensate! La nostra unica speranza di liberazione, e noi non dovremmo neppure alzare gli occhi.

Chiedevo allo zio come mai un ragazzo venuto su dai marciapiedi di Jefferson Street si fosse appassionato alla botanica. A parte la lappa e l'erba straccio, l'ailanto nano e quell'altra robaccia che cresce negli scali merci, non c'erano piante in quel quartiere miserabile. Nonno Crader non mangiava nemmeno l'insalata. Si risentiva quando la nonna la metteva in tavola. Alzava la faccia intelligente, impazzita dai pregiudizi e dalle strazianti ironie, e diceva: "Questa roba dalla al behemah". sebbene il vecchio fosse insegnante d'ebraico, non era un ebreo osservante. Tuttavia gli interessava la mistica tradizionale ebraica e gli piaceva parlare dell'Albero della Vita e dell'Albero della Conoscenza. Stranamente, erano i Gentili che possedevano l'Albero della Conoscenza (sotto forma della Scienza), mentre l'Albero della Vita era al cento per cento di proprietà degli Ebrei. Alla fine Scienza e Vita si sarebbero riunite. Io mi chiedevo se non fossero stati quelli gli alberi che avevano spinto mio zio a scegliere la sua professione. Che io sappia no, diceva lui.

Ora, allo zio non andava affatto di fare il misterioso. Non voleva parlare delle sue doti e nemmeno pensarci su. Le accettava con gratitudine e per il resto preferiva tenere la bocca chiusa. Da parte mia bisognava che riflettessi su questi misteri perché incidevano parecchio su di me. Quando lo feci parlare dell'Albero della Vita, tutto quello che fu capace di dirmi fu che suo padre aveva un libro cabalistico sull'argomento scritto da un mistico del Cinquecento, Haym Vital. io allora non avevo il tempo per andare a fondo - troppa carne al fuoco - però dovevo lo stesso tenerne conto perché in ultima analisi questo aveva influito sulla mia decisione di venire a stare nel Midwest. non avevo nessuna intenzione di buttar via la mia vita.

Potrei darla via, la mia vita, ma non buttarla nella spazzatura.

Così, spesso mi sono chiesto perchè mai non ho seguito l'esempio del signor Kojève. Ascoltandolo parlare in sala da pranzo, a Parigi, certe volte credevo di vedere come dei raggi di luce che gli uscivano dalla testa. Allora mi sentivo, sul piano intellettuale, come una ragazzina con le calzine bianche. Maneggiava lo Spirito e la Natura, mescolava la Storia come un mazzo di carte. Io ero in estasi. Che uomo! Però notavo anche che mi andavo riempiendo di mugugni e di sospetti. Molto giovane, appena avviatomi verso il mio bachot, l'ammirazione che provavo verso la sua padronanza del pensiero sempre più oscurata dal sospetto, mentalmente lo paragonavo al mio insegnante di russo di Rue du Dragon - la sua stanzuccia gelida con le icone e qualche pezzo di tappeto di Bukara, la testa calva e nuda, la voce sottile. Egli mi metteva in guardia, in un russo in cui la mente si smarriva, contro le fascinose suggestioni del pensiero, contro la ragione calcolatrice e le sue costruzioni, le sue falsificazioni aliene dal potere della vita. Vi erano due tipi di verità, l'una simbolizzata dall'Albero della Conoscenza, l'altra dall'Albero della Vita, la verità dell'agire e la verità del sentire.

La conoscenza che si è allontanata dalla vita equivale a una malattia. Lo zio sapeva un mucchio di cose sulle piante, ma la sua conoscenza era alquanto involontaria.

"E allora, zio, dov'è quel libro?"

"Il libro sull'Albero della Vita? E che ne so? Sarà finito sotto le macerie quando hanno demolito la casa. Era sempre mio padre che me lo leggeva, commentandolo. Io non l'ho mai preso in mano."

"Tu allora cosa leggevi?"

"Avevo trovato un libro dal rigattiere e lo comprai per un nichelino. Era Gran madre foresta di Attilio Gatti. Dovevano averlo tirato fuori da una tinozza e poi fatto asciugare al sole a giudicare da come era rovinato e scolorito. Ne rimasi sconvolto. Mi piaceva anche molto il libro di Bartram, vagare per la Georgia e la Florida intatte com'erano duecento anni fa, tutto solo, a raccogliere piante rare e a dormire nei boschi."

A Parigi ho sentito avanzare un'idea geniale, e cioè che il ghetto sarebbe una replica del deserto della Giudea e che gli ebrei non conoscono decadenza perché lontani da ogni vita vegetale. Non dipendono dalla linfa e dunque non avvizziscono. Il ghetto è meno sterile delle menti degli intellettuali francesi che saltano fuori con idee come questa, mossa solo apparentemente da simpatia per gli ebrei. Questa è stata una delle cose che mi ha fatto lasciare Parigi.

Per secoli gli ebrei nelle sinagoghe sgretolate di quartieri miserabili hanno pregato per la rugiada (tal). Ma ciò c'interessa soltanto in relazione alla vocazione dello zio.

"Allora è per via di quei libri di viaggi che sei diventato un giramondo?"

"Direi di no. Ci sono tutti quei 747 pronti a portare lontano chiunque ne abbia voglia. Un breve congedo per motivi di studio non lo si nega a nessuno. E poi ci sono i fondi appositi, e il cambio è favorevole. Il tempo è brutto - magari sono dieci giorni di fila che c'è nevischio - e tu sei scontento e depresso, continuare a star lì dove sei è stupido, e forse anche pericoloso per la tua stabilità mentale. Così cominci a frugare nella scrivania e trovi un fascio di inviti cui non hai risposto. E allora pensi: e perché non andare in India? Adesso sarebbe la stagione ideale. C'è quella signora di Madras, così ansiosa di rendersi utile e ogni volta così contenta di vederti. Una donna di gran compagnia."

Intendeva Rajashwari. Faceva la bibliotecaria e suonava piuttosto bene la chitarra indiana, dai toni bassi e dalla gran pancia.

L'università di Annamalai, con il suo famoso dipartimento di botanica, si trovava da quelle parti. Lì il dottor Singh conduceva i suoi esperimenti facendo serenate alle mimose e aumentando il numero degli stomi. I dati del dottor Singh persuadevano pochissimo lo zio.

"Per tornare al ragazzino di Jefferson Street" disse lui, "non sono stati né Gran madre foresta né il fascino di Bartram con le sue profumate notti tropicali. Era come se dentro di me ci fosse un'altra persona che si faceva avanti e agiva al posto mio. Fu l'altra persona a dirmi di dare il mio nichelino al rigattiere. Io credo che quella persona fosse lì in attesa, e che quando si presentò la botanica lui saltò fuori e se la ingoiò. Il mio io normale è più prudente e titubante, una specie di mammola. Certe decisioni mi uccidono..."

"La questione, allora, è quale di queste due o più persone prende le tue decisioni. O non sarebbe meglio dire un demone, o daimon, uno spirito interiore?"

Non mi aspettavo una risposta a questa domanda.

ö:::::o

Lo zio e io facemmo un solo lungo viaggio insieme. La primavera scorsa mi portò con sé in Giappone.

Era successo che io ero andato a Seattle ancora una volta a trovare mia figlia e a cercare di convincere sua madre a sposarmi. Lo zio era particolarmente preoccupato per me. Mi telefonò in albergo, uno di quei posti ultramoderni. Le camere erano tutte a vetri. Leggevo il

"Times" per ore e ore di seguito mentre le piogge di Seattle rigavano i vetri, scorrevano e scorrevano. Non smettevano mai.

Non mi aveva telefonato solo per interesse verso di me. Disse:

"Prendo l'aereo per Tokyo domani, e se ti va di venire con me ti pago io il viaggio".

"Cos'è, il tempo? C'è nevischio lì da te?"

"Ci puoi scommettere, e ce n'è dell'altro in vista."

"Non ne sapevo niente di un viaggio in Giappone."

"Be', mi aspettano a Kyoto dopodomani."

"Siamo stati a cena insieme prima che io partissi e non mi hai detto niente."

"Sono successi dei fatti nuovi. Se mi dici dove tieni il passaporto lo vado a prendere e te lo porto io, Kenneth."

"L'ho in valigia, qui con me. Va bene, vengo."

"Come vanno le cose lì a Seattle? Ero un po' in pensiero."

"Nulla di fatto. Che t'aspettavi?"

"Me l'immaginavo. Farti mettere sotto i piedi da quella donnetta con la puzza sotto il naso. Ti fa un figlio e poi non ti vuole più vedere. Stai esagerando, non fare il padre troppo coscienzioso. Hai sempre fatto più del necessario per tua figlia..." Nei momenti meno adatti, gli amici che hanno la patta sbottonata ti diranno di chiuderti la tua. Così riescono a cavarsela in qualche modo e ad andare sul sicuro per un po'.

Io dissi: "Ma sì, zio Benn. Nessuno di noi due ci sa fare con le donne - siamo dei fessi. Vengo volentieri con te e non diremo che stiamo scappando. Okay? Sarà una vacanza".

Lui mi rispose imbarazzato. Non si nascondeva mai dietro una falsa dignità, con me. Mai. Però era lo stesso un po' squallido: fuggire da una donna, e da che donna. In realtà, era stata lei a prendere lui.

Ma perché s'era lasciato prendere?

"Ora ti do il numero del volo della Jal. ti ho prenotato il posto e puoi ritirare il biglietto al banco. Seattle-Tokyo-Seattle."

Io dissi: "E così Caroline è sulla corsia di sorpasso e sta per raggiungerti?".

"Arriva domani."

"E tu non le hai detto di no. Fin dal principio ti ha fatto delle avances."

"Ne parliamo in aereo. Vedrai che ti piacerà la vecchia Kyoto, e laggiù hanno una botanica di prima classe. Ho parlato al telefono con il vecchio professor Komatsu. Ora è in pensione, ma al dipartimento tutti fanno quello che dice lui." Passò a parlare del dipartimento e delle conferenze che aveva tenuto, ma io dissi che dovevo riattaccare perché dovevo portare Nancy al cinema (cosa per cui era decisamente troppo piccola).

Caroline Bunge era una che aveva avuto in eredità un supermercato a Cleveland. Lo zio l'aveva conosciuta sul lungomare in Portorico, ambiente molto adatto alla promiscuità. Più vecchia delle donne con cui lui di solito si metteva, era una donna grande e bella, nel complesso amabile e dotata di buon gusto nel vestire, sebbene fortemente profumata. Una ruga verticale tra gli occhi le dava un'aria pensosa, ma in realtà la mente di lei volteggiava troppo più in alto del pensiero, e quando apriva bocca si aveva l'impressione che tornasse da un furioso e temerario inseguimento di cose senza nome. Comunque aveva tutte le apparenze della dignità, la compostezza e le inflessioni di una donna che ha fatto buone scuole all'estero, in Francia e in Inghilterra. Parlava di cavalli irlandesi, di corse a ostacoli, di caccia alla volpe, di whisky. Saputo che avevo vissuto a Parigi mi parlò a lungo della sua amicizia con Jean Genet e Marguerite Duras. di loro non sapeva dir peggio di quanto essi stessi avevano scritto. E c'è qualcosa nei circoli che lei frequentava che non si possa dire? In quanto alla sua compostezza, la mia impressione è che derivasse dal litio o dal valium che prendeva. Inoltre, si attaccava alla bottiglia mica male. Era molto loquace, e di rado stava zitta. Però non era così sbronza da non accorgersi che mio zio era un uomo notevole, e visto che da un pezzo era pronta a formare un legame stabile, gli disse subito che sarebbe stato un marito stupendo. Disse: "Le donne della mia categoria hanno una paura folle di finire assieme a un tipo alla von Bülow".

Benn non era soltanto un uomo sicuro in questo senso, ma desiderabile anche per altri motivi.

Oggigiorno, le decisioni di questo genere sono sempre più problematiche. La libertà personale è assalita dai tormenti dello scegliere. Ciò si vede con più facilità a basso livello. Un qualsiasi catalogo di prodotti per la casa può costituire, per certi temperamenti, una prova spaventosa. Ferri da stiro a vapore, lenzuola con gli angoli, porcellane da forno, lampade a muro, armadietti da cucina, tessuti da tappezzeria. Può essere che una donna eccitabile abbia bisogno di un anno per scegliere la carta da parati della stanza da bagno per gli ospiti. In un buon negozio troverà uno scaffale lungo tre metri tutto pieno di campionari. E in quanto a decidersi per un uomo, si pensi allo sforzo necessario per vagliare i candidati possibili e scegliersi un marito. Che tormento! E poi convincere il tizio che si è scelto! I soldi dovrebbero rendere la cosa più facile. E invece no, perché dove ci sono i soldi ci sono gli affari, e negli affari bisogna mettersi d'accordo sul contratto. Non si fa in tempo a mettersi a leggere un contratto che si comincia a pensare ai modi per fregare l'altro. Prima ancora di mettere la firma abbiamo già visto le nostre scappatoie. Sono tutti calcoli privati, che ogni uomo fa in base al suo sistema personale. In Francia questo sistema personale lo chiamano le petit système à part. ciò nuoce alla permanenza dei rapporti umani. E' davvero una faticaccia mettere un senso di necessità o di inevitabilità nelle nostre scelte. L'amore (l'amore "forte come la morte") non lo si può mettere su una base contrattuale, giacché la sfida è proprio la rottura del contratto. Il système à part chiede a gran voce la rottura del contratto. I termini contrattuali sono soltanto umani, mentre l'amore di sé ha natura divina.

Mio zio non era costretto a entrare in queste faccende. Lui aveva la sua scienza. Il problema era che lui era ambizioso. Chiedeva troppo. La felicità del recluso non gli bastava, e neppure gli bastavano i suoi poteri telepatici con le piante. Forse la colpa è stata anche mia, visto che gli stimolavo gli affetti in continuazione.

Comunque, ecco che da questo paesaggio inquieto appare, prende forma, si materializza, la forma sonnambolica di Caroline Bunge.

Incontra lo zio e comincia a far piani per sposarlo. Cosa c'è di più naturale? Lei è bella e ricca; lui è colto e gentiluomo, anche se è ebreo. Parla degli ebrei in quanto mariti. Una volta dice a me (in un bar mentre aspettiamo che arrivi Benn) che un matrimonio bene assortito si può fare anche con un ebreo. Dice che Mary Logan Smith andava perfettamente d'accordo con Bernard Berenson, anche se Berenson era un po' imbroglione e mafiosetto in campo artistico.

Naturalmente era l'età edoardiana con le sue sfrenate eccentricità.

Faceva parte del suo circolo una signora inglese che portava sempre con sé un grosso portafogli con dentro delle rane, e le rane erano ammaestrate così che le saltassero dentro la bocca aperta e poi tornassero nel portafogli. Forse questa signora le adescava con delle mosche morte. Inglesi ed ebrei sono sempre andati molto d'accordo -

non è vero? - perché sia gli uni sia gli altri praticano l'usura, dice Caroline. In quanto alla situazione qui, questo è l'unico paese al mondo in cui gli ebrei non abbiano fatto niente di male, e questo perché la Mano Invisibile del Capitalismo protegge l'America.

L'America è la prediletta della Mano Invisibile. Io mi rendo conto che Caroline sta semplicemente ripetendo quanto ha orecchiato ai cocktail party o nei camerini di prova di Bergdorf Goodman.

In ogni caso, era stanca di uomini duri. Era desiderosa di sistemarsi. Disse a Benn che lui le andava bene. Anche lei sarebbe andata bene per lui. Lui si dichiarò d'accordo, per gentilezza. Benn non riusciva a immaginare un contesto in cui non dichiararsi d'accordo. Gli annunciò che stava arrivando e gli chiese di andare a prenderla all'aeroporto. Portava con sé un documento stilato dal suo avvocato in cui entrambi s'impegnavano a contrarre matrimonio. Una limousine li avrebbe aspettati fuori dal municipio. La cerimonia sarebbe stata celebrata da un cappellano della Marina.

Quand'ebbe riappeso, mio zio telefonò a Kyoto.

Nel giro di mezz'ora chiuse bottega, lasciò una comunicazione per il preside, fece le valigie e prenotò i biglietti. Chiuse a chiave il suo appartamento e la notte dormì in camera mia alla casa dello studente. Così nel momento in cui Caroline atterrava nella parte dell'aeroporto riservata ai voli nazionali, lo zio entrava nel terminal dei voli internazionali e correva al banco delle Japan Air Lines.

Vi chiedo ora di prendere rapidamente in considerazione i miei problemi con Treckie, a Seattle.

Quando un uomo serio conosce una donna attraente si chiederà: che cosa possiamo mettere insieme, io e lei, di stabile?

Tutti diranno che quest'uomo si colloca a un alto livello di eticità ponendosi questo interrogativo. Novecentonovantanove volte su mille si tratta di un avvio all'autolesionismo.

Talvolta io ho concepito il caso di Treckie in termini subatomici: la particella A è dotata di una carica specifica di cui la particella B ha bisogno. Vera affinità. Inoltre, ciò elimina i rischi connessi al contratto. Un matrimonio comincia sì con un contratto, ma entra poi in una sfera più alta. Comunque, sono ancora oggi convinto che Treckie e io avessimo queste particelle profondamente affini. Ideali per un'intimità che duri tutta la vita.

Questa Treckie, una ragazza rotondetta, è così ricettiva, così amabile. Ha i capelli neri, ricciuti, che di solito le girano attorno alla testa ma che talvolta le ricadono da una parte. Soprattutto mi aveva colpito la sua figura, compatta e solida. Posso anche ammirare le ragazze dalle gambe lunghe, però non è a loro che vanno le mie vere preferenze. Il termine petite, che si usa in sartoria riferendosi esclusivamente all'altezza, è inadeguato, giacché non ci dice se la figura della donna è piatta o rotonda. Treckie ha esattamente quel tipo di seno - è il massimo della sua categoria -

che preferisco. Fin dal primo momento entrai in risonanza soprattutto per via delle rotondità della sua figura, e ciò a causa delle relazioni che mi sembrava avessero con la fisicità... e dicendo fisicità intendo alludere alle forze planetarie, o in senso più ampio gravitazionali: energia contro energia. Sentendomi smilzo e casuale, reagisco alle forze compatte. Treckie è una donna piccola, veramente minuta, e io ho questo gusto per la condensazione che si combina con la maturità femminile. Questa ragazzina così sessuale, la volli per me, volli il suo faccino e i sorrisi in miniatura insieme alla figura piena, il seno ben sviluppato. Era come una giovane aborigena bianca.

Forse sono un fissato della donna-bambina, come Edgar Allan Poe e la ragazza ritardata che sposò. Essendosi messo d'accordo con la madre di lei, la signora Clemm, che gli offrì questa creatura con il cervello di una bimba di otto anni. Io non ho avuto tanta fortuna.

Treckie è una ragazza in gamba con la laurea in biologia. Quando la conobbi lavorava al Veterans Administration Hospital e abitava nel nostro quartiere.

Pare che la moglie di Poe fosse davvero molto ingenua, mentre Treckie era intelligente, o era molto intelligente oppure applicava regole molto intelligenti, quelle altre regole che si fondano sui presupposti, a me estranei, di una nuova generazione di giovani donne. Sarò più specifico. La prima volta che due amanti si spogliano è un avvenimento molto particolare. Qui ho ancora un consistente sentimentalismo residuo su ciò che è un uomo e ciò che è una donna.

Ebbene, Treckie non fu per me una delusione (non so cosa sia stato io per lei - tutto pelle e ossa, il cinese capelluto fotografato da un turista con il permesso di girare nell'interno del paese). Era tutto ciò che mi aspettavo tranne le gambe, sfigurate da lividi. Aveva gli stinchi tutti neri e blu. No, erano blu con dei segni rotondi verdi, come le penne del pavone, per essere più precisi. Non potevo chiederle, come sarebbe stato naturale: "Ma cosa ti sei fatta? Chi è stato?". Non potevo, in quelle circostanze chiederle chi era stato.

Anche oggi vi sono delle norme che regolano la condotta tra due individui adulti che consensualmente eccetera. Quando vide che la fissavo in quel modo alzò le spalle nude, girò la testa da una parte e sporse dolcemente il labbro inferiore verso di me. C'era una specie di sfida nel suo modo di fare, come se dicesse: "E allora?". Pareva orgogliosa del modo in cui era conciata. In realtà non era niente di grave, nulla di peggio di quei morsi che si danno gli amanti, ma con la differenza che sarebbero stati morsi di un altro. E chi poteva mostrarsi così violento con una donna così minuta, un guardafili delle linee telefoniche o qualche altro tipo duro? Qualche entusiasta, qualche estatico che le si era arrampicato sopra con gli scarponi? Bene, Treckie pareva chiedere che intenzioni avessi. Avrei tenuto la bocca chiusa? Avrei acconsentito col mio silenzio al suo

"modo di fare le cose"? Magari non le piaceva di essere trattata con delicatezza. In quelle circostanze non potevo far altro che quello che sapevo fare, e non saprei dire quanto ciò sia risultato soddisfacente. Ci sono donne cui piace tenerti all'oscuro.

L'ultima volta che andai a Parigi parlai con mio padre di questa storia ed egli fu molto premuroso, e soddisfatto di essere consultato in qualità d'esperto. Fondandosi sull'esperienza di tutta una vita, e mostrandosi paternamente sollecito, affrontò l'argomento nei più minuti particolari. Di che si tratta, di una donna bambina? Capì immediatamente. Le ragazze di quel tipo, così minute, hanno la peculiare tendenza a far vedere che sono donne sessualmente mature.

Sono capaci di farsi obbedire dagli uomini più violenti e giganteschi. Non hanno paura di nessuno, e sono aggressive e sicure di sé come uno svedese o un africano alto due metri. "Dominatrici in miniatura" le definì papà. "Adesso vediamo chi comanda, qui." L'avevo trattata con una certa rudezza? mi chiese. La risposta se la diede da sé un attimo dopo: "No, non sei il tipo... E poi ci sono quelle che apprezzano il sesso solo se lascia loro dei segni. Una volta ho conosciuto una di queste ragazze piccine piccine, veniva da una cittadina dell'Ohio, una personcina molto curiosa. Un suo uomo le aveva fatto un occhio nero. Me lo disse con grande orgoglio. Com'era dolce, così piccina! Bene, con quell'occhio nero entrò una mattina in uno di quei locali per camionisti a bere un caffè, e a sentir lei tutti i camionisti che erano là dentro smisero di mangiare per guardarla. Mi disse che indossava un semplice abito di cotone beige e aveva i capelli tirati sulla nuca, severa come una professoressa. Ma quel sensazionale occhio nero! I camionisti morivano d'invidia e d'ammirazione. Ha fatto girare la testa a tutto un locale pieno di uomini grandi e grossi! Già, Ken, che interpretazione possiamo dare?

Un atto sessuale trasformato in proclama. Altri uomini ricevono questo messaggio, a decine, e subiscono il potere erotico della donna...

Noi non conosciamo le donne, figlio mio. Neppure dopo una vita di osservazioni e di ricerche sul campo. Anche la scienza brancola nel buio in questo campo del sapere".

Si era messo a recitare la parte del saggio alla francese. Essere un gran scopatore non gli bastava; voleva anche innalzarsi al livello teorico. Questa cosa hegeliana - come chiamarla? Spirito Dominatore?

- che si è trasferita dalle truppe d'assalto napoleoniche a reggimenti di donne sexy, era malgrado tutto molto istruttiva nel suo genere. Dirò anche che è stato un buon padre per me, tenerissimo.

Nessun genitore monogamo avrebbe potuto essere più affettuoso. Voglio bene a mio padre. C'era e contemporaneamente non c'era; in questo era uguale a tutti gli altri padri, a pensarci bene. Non gli dissi che amavo moltissimo Treckie; avrebbe cercato di convincermi a non amarla. Mi avrebbe definito un masochista e avrebbe teorizzato sulla mia situazione: dall'amour propre all'amour passion. Amour questo e amour quest'altro. Lui era lontano dall'amore quale io lo concepivo come io sono lontano dall'apicoltura. E la verità è che io sono molto più duro di mio padre e metto in gioco poste molto più alte. Sono emigrato negli Usa perché è qui che oggi c'è l'azione, l'azione vera e moderna. Quello che io avevo bisogno di sapere, lui non poteva insegnarmelo dal suo territorio parigino.

E' vero che per quanto riguarda il sesso avevo parecchio da imparare, e che in questo campo mio zio non mi sarebbe stato di grande aiuto neppure se fosse stato da questa parte dell'Atlantico.

Non era proprio da prendere ad esempio, vista Matilda Layamon e le altre che l'avevano preceduta.

Forse uno di questi giorni Treckie mi darà finalmente ascolto, e allora potrà conoscere il vero Kenneth Trachtenberg.

Nel frattempo io non potevo far altro che andare avanti. Treckie non aveva nulla contro di me, le piacevo proprio molto e con me aveva fatto una figlia. Non accettava la mia offerta di matrimonio, e questo sarebbe anche potuto andare benissimo, visto che non capiva cosa accidenti avessi in mente. L'amore stregone, el amor brujo, sarebbe infine arrivato anche per lei quando si fosse chiarita quella stupida e vanitosa faccenda di essere un "tipo nuovo", così io mi misi tranquillo ad aspettare. Per tutta la gravidanza continuò ad andare a lavorare all'ospedale. Al settimo mese andai a stare da lei.

Mi accolse volentieri, ma con la condizione implicita che sarebbe stata una cosa temporanea (non un marito ma un pensionante). La mia presenza lì le dava allegria, ed essendo allegra mi divertiva raccontandomi i fatterelli dell'ospedale dei veterani, che a lei sembrava un posto molto divertente. I poveri veterani erano per lo più mentalmente incapaci e mezzi scemi. Era un ospedale con ricche sovvenzioni, un bel parco e il campo da golf. i pazienti, mezzi rincretiniti, potevano guardare dalla finestra e vedere i dottori che andavano a zonzo sui golf cart ingrassandosi con i lauti stipendi che gli passava lo stato. Su questo lugubre sfondo di poveri rimbecilliti, i dottori facevano la bella vita divertendosi i nove decimi del tempo.

La nascita della bambina rese Treckie allegrissima, ma comportò anche alcuni importanti cambiamenti. Continuò a stare nello stesso appartamento, un buco da studenti in un seminterrato all'inglese (vale a dire con le finestre che davano sul marciapiede) dietro una siepe di sempreverdi. Nell'appartamento c'era un surgelatore, un forno a microonde, uno sciacquone senza il coperchio di porcellana così che si doveva mettere la mano nell'acqua per farlo funzionare.

La cucinetta era piccola come uno sgabuzzino. Eppure a Treckie arrivavano per posta gli assegni dei dividendi; aveva delle At and T

e altri titoli parecchio solidi. Arrivavano anche gli estratti conto della Merrill Lynch. indirettamente, con molto tatto, alla mia maniera franca e insieme subdola, venni a sapere che sua madre era ricca, che non era in buoni rapporti con lei e che non l'aveva neppure informata della nascita di Nancy. Le azioni e il conto in banca le venivano dal nonno, ora defunto. "Solo quel tanto per darmi una certa sicurezza." Infantile, con una faccia che sembrava aver messo solo allora il secondo dente, era però la proprietaria e l'unica operatrice di una prodigiosa macchina della volontà. Per mangiare doveva sedersi sulle guide del telefono, però portava a casa storielle sporche dall'ospedale. C'era un tecnico del laboratorio di ematologia che lavorava fino a notte fonda, e mentre le sue colture cuocevano o centrifugavano lui si spogliava nudo e si metteva i pattini a rotelle. I corridoi vuoti erano l'ideale per schettinare.

Un altro si portava i tappeti da casa e li puliva col vapore. Il ginecologo che godeva di uno stipendio annuo di ottantamila dollari aveva solo tre pazienti, tre ausiliarie vecchie e malate, e certi veterani della guerra di Corea si erano messi dei cuscini sulla pancia ed erano andati da lui gridando che erano incinti. Tutti facevano gli spiritosi, inventando battute e scherzi come fa gran parte del paese - cose nuove, bizzarrie, buffonate. "E lo sai cos'è successo l'altro ieri!" Il personale lo faceva dappertutto. Le porte dell'ascensore si aprono e Treckie fa per accendere la luce. I due sdraiati sul pavimento cominciano a imprecare. "Puttana bianca, giù le mani dall'interruttore!" Ma lei accende la luce lo stesso e vede che in un angolo della cabina ci sono rannicchiati alcuni vecchi spaventati.

"E non credere che non siano andati a lamentarsi dal mio capo."

"Chi, l'iraniano?"

"Mi ha fatto la predica. "Perché diavolo sei andata a stuzzicarli?

Come faccio a proteggerti se ti metti a fare queste cose?""

"C'è una mafia così?"

"Non fare il cretino, Kenneth. Sono tutti impiegati statali, con un forte sindacato. E' una gigantesca burocrazia."

"E' anche un gran casino" dissi.

Treckie disse: "Alla base di tutto sta che proprio in cima alla gerarchia del potere, a Washington, c'è gente che ammazza impunemente e ruba allo Stato per centinaia di milioni di dollari, e perché allora noi poveri stupidi non dovremmo divertirci un po' sul lavoro?". Adulti all'asilo infantile. Treckie diceva molte cose intelligenti. Aveva gli istinti del campione ed era più avanti di chiunque altro. Poteva vincere la corsa senza dovere spezzare il filo del traguardo, perché era così piccola che ci poteva passare sotto.

Ma non era matura per il matrimonio, non ancora, benché la bambina le avesse fatto molto piacere. In questa città il novanta per cento dei bambini illegittimi sono figli di minorenni: come loro, anche Treckie non capiva che bisogno ci fosse di una licenza.

Raccontando queste storielle d'ospedale Treckie rideva con tutte le forze del suo corpo minuto, gonfiando la gola e spingendo in fuori i seni pieni, comportandosi con me con grande libertà sessuale, seppure seduta sulle guide del telefono. Non mi negava quasi niente. Però era così e non di più. "Non sono pronta per un impegno totale" diceva. E

si trasferì aSeattle.

Le feci notare che così si trasferiva nel territorio scelto dai neonazisti per edificare la loro repubblica separata tutta di bianchi. Tutto quello che disse mettendosi in ordine i riccioli con le dita provocanti, fu: "Questo è il tipo di informazioni che hai sempre tu".

"Dicevo solo..."

"Capisco; dicevi solo che nostra figlia è per metà ebrea. Be', tu sei sempre il benvenuto a Seattle, per il bene di Nancy. La bambina ha bisogno di un genitore maschio e tu sei molto bravo. Stando sempre con tuo zio Benn vedrai che non sentirai poi tanto la nostra mancanza."

"Sì che la sentirò."

"Tu sei una persona molto autosufficiente, con i tuoi programmi di vita autonomi."

Qui metteva il dito proprio nella piaga. Soprattutto ai giorni nostri, non si ha motivo di esistere se non si è convinti di poter fare della propria vita una svolta decisiva. Una svolta decisiva per tutti quanti, per l'umanità. Questo richiede abbastanza fegato. Chi la chiama ambizione, chi sfrontatezza. Dovessi spiegare questo ai dipendenti dell'ospedale per veterani mi giudicherebbero maturo per la camicia di forza. Però, se siete dell'opinione che le forze della storia stiano mandando tutti quanti dritto all'inferno, potete o mettervi rassegnati in coda alla processione o starne fuori, e starne fuori non per orgoglio o altri motivi personali ma per ammirazione e amore delle capacità e della forza dell'uomo alle quali si può, senza esagerare, applicare i termini "miracolose" e "sublimi". Senza che me ne rendessi conto, i miei interessi si erano evoluti secondo linee che, con la maturità, rivelavano un disegno complessivo i cui elementi si possono elencare nel seguente résumé: a) cosa sono gli americani; b) cosa sono i russi; c) cosa sono gli ebrei, visto che anch'io sono ebreo; d) cosa significa dire che si è (o non si è!) un Cittadino dell'Eternità. Citare a caso qualcuno di questi Cittadini rivelerà cosa significa la parola "Eternità": Mosè, Achille, Odisseo, i Profeti, Socrate, Edgar in Re Lear, Prospero, Pascal, Mozart, Pushkin, William Blake. Su costoro riflettiamo e, se possibile, costruiamo la nostra anima a loro immagine e somiglianza. Con questo proponimento io ho studiato il russo in Francia, sono emigrato negli Usa e ho stretto un rapporto con lo zio Benn. Se Benn non era ancora un Cittadino, se l'Eternità non era pronta a dargli il secondo passaporto, lui era così vicino a diventarlo più di quanto io avrei potuto fare mai. In quanto a mio padre, malgrado le sue meravigliose doti sessuali, lui non era veramente in corsa. Lui aveva un dono speciale. In questa nostra età di desiderio, lui godeva di quella gratificazione erotica che tutti - ma proprio tutti! - vanno cercando. Questo era invidiabile, e rincuorante; tutti (quasi tutti) gli volevano bene per questo. Sarei stato felice di ereditare da lui questa sua felicità. E invece no. Quindi dovevo percorrere la mia strada, che mi avrebbe portato molto più lontano di quella di mio padre. La premessa del suo erotismo era la mortalità. L'abbraccio sessuale sapeva di morte. Leggeva l'Eternità come Morte. Io controllai ripetutamente con la mia anima, che sempre rispondeva:

"Tuo padre non è quello, e se tu fossi del tutto simile a lui non andresti più lontano di dove è arrivato lui".

Oramai, a dire la verità, papà cominciava a funzionare meno bene.

Un paio di mesi fa mi ha detto che dopo essere stato con una signora al Meurice, si era messo al volante e non riusciva più a capire dove fosse. Place de la Concorde era molto bella, stupenda a vedersi, però lui non aveva la minima idea di come fare a uscirne, e neppure del perché dovesse girare a destra piuttosto che a sinistra. Si era perduto proprio nel centro di Parigi, e non sapeva più dove fosse casa sua. "Mentre ero con quella adorabile ragazza sapevo esattamente quello che facevo, ma appena ci lasciammo ogni altra volontà si spense dentro di me. Ma non sapevo come fare per tornare al Meurice, e avevo anche dimenticato il nome di lei, e il numero della stanza."

"Chissà come ti sei spaventato, povero papà."

"Di sicuro sono impallidito. Però verso sera mi è tornato in mente dove abito. Mi sono solo detto che era arrivato il momento di cambiare abitudini. Ma Parigi è bellissima a vedersi anche quando non si è in sé."

Per me quella era una novità. Mio padre non mi aveva mai parlato dei pomeriggi che trascorreva con le signore. Ora voleva comunicarmi che il suo declino era cominciato. Fu significativo anche che, cambiando argomento, mi chiedesse notizie della sua nipotina.

Spesso vedo mia figlia con gli occhi della mente. E' una Trachtenberg dolicocefala, con la faccia lunga di suo padre e un'aria da Gesù. Mi sono fatto qualche idea di come sarà il suo futuro, ma non ha ancora tre anni ed è troppo presto per fare profezie.

Avendo dato questi chiarimenti, le ragioni del mio viaggio a Seattle sono più comprensibili. Ci andai per vedere se Treckie sentiva la mia mancanza. Forse il distacco aveva fatto aumentare le mie chances. no, non era così. Ancora una volta le gambe di lei erano piene di lividi, e questa non era facile da mandar giù. Si mise a sedere stendendo compiaciuta le belle gambe davanti a sé così che io potessi vedere con i miei occhi (io, l'uomo che amava) ciò che chissà chi le aveva fatto. Voleva essere certa che io vedessi quei multicolori segni di pavone. Fui preso dalla disperazione. Per non darlo a vedere assunsi un'espressione particolarmente dignitosa che avevo preso da mio padre. Forse era la stessa espressione sua di quando si era perduto a Place de la Concorde. Lei forse si stava dicendo che lo faceva per il mio bene - la verità è un tonico meraviglioso. Ancora non era pronta per me. Ancora non avevo suscitato tutto il suo interesse. Non ero stato violento con lei, né intendevo esserlo in futuro. E' che non sono poi tanti i sadici di prima classe. Forse cercava anche di guardarmi con rispetto, con ammirazione, e non ci riusciva. Pareva che io avessi segretamente inoltrato una domanda in cui chiedevo di essere rispettato, e ciò in base alla mia tacita ambizione di fare della mia vita una svolta decisiva. Credo che questo le riuscisse ripugnante. Capisco perché. E

lei tacitamente ribatteva gettandosi in zuffe sessuali con uomini maneschi (e tutto considerato caratterizzati da un modo molto semplice di vedere le cose). Guardafili delle linee telefoniche, o magari boscaioli. Fantasticavo anche sul tizio che nella mia città aveva scalato il grattacielo dellaEcliptic Circle Electronic, un audace temerario che s'era messo delle ventose o degli adesivi di plastica a mani e piedi. Poliziotti e Tv l'aspettavano in cima al grattacielo. Magari era un tipo così quello che aveva preferito a me.

Io ero un uomo sovraccarico di fisime sessuali e di scopi della vita (come la storia della svolta decisiva) troppo difficili da interpretare. Che gliene importava - e perché poi - delle mie fantasie, delle immagini sessuali del suo patrimonio femminile che avevo dentro di me, le tube di Falloppio simili ai due serpenti del caduceo; o agli adorni leggii per lo spartito che s'innalzano dai tromboni e dalle cornette di una banda militare. Temo che siano queste le preoccupazioni che caratterizzano un individuo veramente moderno. (E si può dir di peggio?) E più questo individuo è innocente, più saranno contorte le donne che l'attirano. Costui persegue le donne lussuriose, che forse hanno il rimedio per curare la sua semplicità intricata e decorativa. Credo si rendesse conto che più mi si sottraeva, più l'avrei desiderata. E ai suoi occhi, come agli occhi di papà, sarò forse sembrato, sessualmente, una larva.

Parlando di Treckie con mio padre a Parigi, nel vecchio appartamento di Rue Bonaparte, io dissi: "Una donna vuole avere un figlio dall'uomo che ama. Così, visto che il figlio l'ha avuto, m'immagino che chissà come, chissà dove, mi ami".

"Che idee vai a metterti in testa?"

"Sono pronto a scommettere, o anche a giurare, che di donne che sentono così ce ne sono ancora."

Papà rispose perdendo la pazienza: "Allora trovane una". Dopo di che mi colse di sorpresa. L'essere stato ufficiale di Marina (guardiamarina) aveva fatto di lui un gentiluomo, ma ora si espresse come un soldato qualsiasi: "Come ti ho già detto, tu hai la testa su per il buco del culo, come direbbe Aristofane".

Io risi, e rise anche lui, ma ridevamo per motivi tutti diversi.

Non era il momento di spiegare perché ridevo io, ma qui posso aprire una breve parentesi. Sei mesi prima ero a pranzo con il titolare della cattedra di urologia quando questi mi aveva chiesto se ero disposto a collaborare a una ricerca che andava conducendo con l'aiuto degli strumenti più moderni. Gli serviva un individuo della mia età nel gruppo di controllo e mi propose di offrirmi volontario, cosa che feci. Fu così che nel suo laboratorio ebbi modo di sedermi su un apparecchio endoscopico (risonanza elettromagnetica, o qualche altro truc del genere). Dentro il mio corpo un palloncino venne riempito d'acqua; mi misero davanti un monitor Tv sul quale potei osservare la mia ghiandola prostatica, la mie vesciche seminali, la mia vescica, con dentro una piccola pozza di liquido dall'immobile superficie. La prostata sembrava un uovo tagliato a metà. Il tutto in toni bianco-grigiastri. Si possono fare spedizioni nel deserto del Kalahari o nella Valle della Morte, ma non vi è viaggiatore che possa vedere i suoi paesaggi interiori.

Così quando mio padre disse che avevo la testa su per il buco del culo, fu questa l'immagine che mi fece ridere. Che cosa si sarebbe potuto vedere lì dentro? A questo assomigliava l'Atlantide, a questo paesaggio calmo e immobile (per gentile concessione della risonanza elettromagnetica)? A questo portano le magiche tecnologie? Se ci spingiamo ai più estremi confini della letteralità si entra in zone visionarie con cui la scienza non vuole avere nulla a che fare.

Mi sarebbe piaciuto parlare di questo con Yermelov. un tempo sarei andato dritto in Rue du Dragon e avrei bussato alla sua porta, ma ormai era morto da dieci anni. Questo Yermelov era uno dei miei insegnanti di russo. In esilio a Parigi fin dagli anni Venti, gli erano molto familiari i grandi mistici. Mio nonno materno, Crader, ci aveva pasticciato un pochino (gli Alberi della Vita e della Conoscenza). Ma Yermelov studiava Trismegisto e lo Zohar, Eliphas Levi, Giordano Bruno, Paracelso. Yermelov tentò d'insegnarmi qualcosa. Io ero entusiasta e ricettivo, ma troppo giovane. Però il vecchio mi fece evidentemente una grande impressione, perché ancora ricordo quello che mi diceva. Secondo lui ciascuno di noi ha il suo angelo, un essere che ha il compito di prepararci a un più alto livello di evoluzione spirituale. Oggigiorno siamo terribilmente soli, in primo luogo nel senso che le visioni del mondo prevalenti ci impediscono di accettare l'esistenza degli angeli, e in secondo luogo perché solo confusamente ci rendiamo conto dell'esistenza degli altri e quindi di noi stessi. Nella solitudine in cui ciò ci confina, ciascuno di noi è consapevole di avere un piccolo ghiacciaio nel cuore. (Allo stesso modo Matthew Arnold scrive di aver solo trent'anni e il cuore congelato per tre parti.) Questo ghiacciaio va disciolto, e il calore necessario a questo scopo proviene in primo luogo dalla volontà. Il pensiero ha inizio dalla volontà, e il pensiero va riscaldato e colorato col sentimento. Compito degli angeli è di instillarci calore nell'anima. Ebbene, la stanza in Rue du Dragon era gelida; il vecchio faceva lezione indossando strati su strati di golf, e si avvolgeva per di più in coperte. Si capiva bene perché mai gli stesse tanto a cuore il calore. Noi dobbiamo collaborare con gli angeli facendo i necessari preparativi. A questo proposito il problema è che oggigiorno la coscienza nello stato di veglia è quanto mai ristretta. Il fragore del mondo è così spaventoso che riusciamo a reggerlo solo avvolgendoci nel sonno. E' ben scarso l'aiuto che possiamo dare dal di dentro agli angeli che cercano di darci calore, il calore dell'amore. Inoltre anche gli angeli sono fallibili. Anch'essi un tempo erano esseri umani; per questo sono soggetti a sbagliare. E, diceva Yermelov, fanno dei gran pasticci. La nostra coscienza nello stato di veglia manda in malora tutti i loro sforzi, e giacché hanno ordine di trasmetterci i loro impulsi a tutti i costi, ce li mandano quando dormiamo. Ciò che accade allora è terribile. (Yermelov levava terrorizzato entrambe le mani guantate verso il soffitto.) Essendo loro negato l'accesso all'anima, gli angeli lavorano direttamente sul corpo addormentato. Nel corpo fisico l'amore angelico si corrompe e diventa umana carnalità. Questo è il motivo per cui oggigiorno la sessualità è così disturbata.

"Animalizzata!" diceva Yermelov. la prise de courant dà direttamente nella carne e negli istinti, là dove la corrente dovrebbe invece arrivare dentro l'anima senziente. I demoni planetari dell'elettricità entrano dentro di noi dal di sotto, venendo su dall'interno della terra. Ci riempiono il fluido spinale con la loro corrente di libidine. Questo era il vero quadro della sessualità umana mentre il millennio volgeva alla fine. Perfino Eros era assalito dall'elettricità e al tempo stesso dalla sclerosi. Il puro amore è sopraffatto dalla perversità. Finiamo per fissarci sul membro. Cadendo gli angeli subentrano i dottori, come già Platone aveva predetto nel Simposio. La Salute prende il posto dell'Amore, e la Salute la si ottiene con mezzi anatomici. E' Freud in persona che scrive la ricetta: penis normalis, dosim. quindi, visto che la farmacologia segue alla medicina, ecco che ci riempiamo di sostanze chimiche, di ormoni, di narcotici, le nostre anime vengono violentate, gli esseri umani si fanno refrattari a tutti gli impulsi superiori. Le ossessioni erotiche, la concupiscenza, la libidine -

sono queste le Furie del sesso - ci seguono a frotte. E bisogna anche aver compassione degli angeli. Non riuscendo a penetrare il sonno del nostro abbrutimento, anch'essi degenerano. Il signor Yermelov insisteva molto su questo punto.

Queste erano le mie prime lezioni di russo. C'erano anche altri argomenti oltre al sesso, naturalmente. Il vecchio Yermelov era il prozio diIlya, un mio compagno al lycée. Spesso andavo a casa di Ilya per parlare in russo con i suoi, e questo fu il vantaggio che ne ottenni.

Potrà sembrare che dicendo queste cose io non abbia fatto altro che parlare di me. Non è così; io ho parlato invece dello zio Benn, del suo matrimonio con Matilda Layamon, della lotta con Harold Vilitzer che ne risultò. Ho fatto presente queste cose soltanto perché hanno a che fare con mio zio. Ma naturalmente anch'io rimanevo coinvolto in queste riflessioni sulla sfera sessuale, e prendevo parte a tutto questo. Benn aveva fiducia in me e conosceva bene il mio modo di pensare.

ö:::::o

Lo zio passò a prendermi a Seattle e insieme partimmo per Tokyo e Kyoto.

Di solito molto attento nello spendere, mi pagava lui il viaggio.

Io ero al verde, perché avevo riconosciuto la paternità, naturalmente, e pagavo il mantenimento di Nancy. Non potevo certo permettermi un viaggetto come quello. Lo zio mi aveva portato con sé perché stava passando un periodo durissimo. Si sentiva umiliato da una fuga così poco dignitosa da Caroline (un uomo della sua età, così distinto). Era soltanto con me che poteva parlare. E io avevo fatto una figura tale con la storia di Treckie che lui non si vergognava di parlarmi delle cose sue. Eravamo dei fessi tutt'e due. Inoltre, io ero un ascoltatore più che volenteroso, e un fervido consulente.

Credo che se mi fossi fatto prete sarei riuscito bene. Chiunque poteva venire da me a raccontarmi i suoi guai, e molti ci venivano.

Di rado non davo ascolto, e mai rifiutavo un consiglio. O ero un gran ficcanaso oppure ero tagliato per la cura d'anime.

Avevo messo in guardia lo zio contro Caroline Bunge. E chi non l'avrebbe fatto? Era molto bella, ma l'aveva scritto in faccia che era una fonte di guai. Era una signora (vecchia maniera) grande, aggraziata, un po' vamp, ricca, ornata, dai movimenti lenti, con una personalità da primadonna. Sebbene di mezz'età, ancora spiccava come la dea di una stravaganza di Ziegfeld. aveva il tipo della Venus de Oro, era una di quelle figure che emergono dal palcoscenico mentre i musicisti improvvisamente partono con gli archetti. Portava piume di aigrette, perle al collo, diamanti sui seni, ed era come avesse sempre una gran conchiglia dietro di lei. Il profumo del passato, degli anni Venti e Trenta, era una delle cose strane e belle di Caroline. Parlava con voce nasale come andava di moda una volta, alla Jean Arthur. Ma a me piaceva la compagnia di Caroline, lo riconosco.

Quando ci si rifletteva, si capiva che l'aria che aveva di appartenere al passato le veniva in primo luogo dal fatto di essere lontanissima dal presente. Forse era il litio che le dava quest'aria di lontananza. Esistere coi tranquillanti è una cosa moderna al cento per cento. Se non si è dell'umore adatto alla situazione non si è neppure reali. Ma i matti sono sempre moderni, e come i piro-piro corrono sempre avanti ai cavalloni che si frangono sulla spiaggia.

Ora, perché Benn non si era reso conto che la poveretta era détraquée?

L'aveva conosciuta a Portorico, in un albergo bisca d'alto bordo sul mare. Ce l'avevano portato in gita turistica i suoi colleghi di Rio Piedras, dov'era venuto a tenere qualche conferenza. Visto che non gli interessavano né i tavoli dei dadi né il blackjack, l'avevano parcheggiato vicino alla piscina ed erano andati a tentare la fortuna al casinò.

Lo zio diceva che la piscina di quell'albergo era uno sfondo alla 007 per macchinazioni criminali e intrighi sessuali... Prese ad andarsene in giro cercando un po' d'ombra e di brezza di mare.

L'impressione che maggiormente lo colpì fu che il puzzo di cloro della piscina, combinandosi con l'odore dei giornali bagnati che asciugavano sulle poltroncine, dava origine a esalazioni simili a quelle che si sentono passando vicino a una distilleria. Appena fuori da quell'enorme clamore, fragorosa musica rock, bambini che strillavano, aeroplani che passavano tirandosi dietro striscioni pubblicitari, lontano dagli alti cavalloni e dagli adoratori del sole, c'erano silenziosi boschetti di palme. La bellezza dei Caraibi si era ritirata di qualche centinaio di metri nell'interno.

Sdraiata al sole vicino al luogo ombroso che aveva trovato, c'era Caroline Bunge. Fu il fresco, la possibilità di sedersi, che determinò la sua scelta? Non la figura alla Ziegfeld? Era bene in carne, e lo zio non era uomo da trascurare questo particolare. Tra i bambini della piscina ce n'erano parecchi che erano suoi. Essi non furono mai identificati. Mai si avvicinavano alla madre. Benn sedette su una poltroncina di plastica bianca e prese a conversare con lei.

Ricordava che l'erba aveva un aspetto cartaceo, assolutamente artificiale. Ma la nervatura era striata, non era fatta a macchina.

"Portano dei rotoli di tappeto erboso e li stendono come se fosse moquette. Non mi piace quella inquietante sensazione d'incertezza che si prova al confine tra natura e manifattura" mi disse. Dopo di che passò a commentare il trucco pesante di Caroline. Invece di rouge, ombretto, rossetto, io preferisco la parola francese fard con le sue connotazioni: abbellimento sì, ma anche fardello.

Fu lei a iniziare la conversazione chiedendo allo zio cosa facesse vestito con abiti adatti a una città del nord su una spiaggia tropicale. Lui rispose di essere venuto per una breve visita.

"S'interessava di botanica" mi disse. "Aveva anche un'idea di cosa si trattasse. Era molto lontana e distaccata, ma non sciocca." Parlava lenta e ponderata. Componeva le frasi in anticipo. Si vedeva che faceva i preparativi prima di aprir bocca. Mentre riordinava i pensieri gli occhi guardavano di lato, e questa cosa aveva un certo fascino. Disse che i pesanti indumenti di tweed indossati da Benn

"erano come una dichiarazione" in quel clima. Le avevano detto che il pittore espressionista Beckmann sarebbe venuto in spiaggia vestito di tutto punto. Ci sono delle forti personalità capaci di affermarsi così. Benn disse semplicemente che non aveva pensato a portarsi altri vestiti. Caroline era curiosa sui motivi che muovono le menti più evolute. Da sempre era attratta dalla filosofia, disse, e supponeva che essendo Benn un docente universitario fosse parecchio addentro la metafisica. Da qualche tempo s'interrogava su un'importante osservazione di Buckminster Fuller. caroline era tra il pubblico e l'aveva sentita con le sue orecchie. Fuller aveva detto: "Dio è un verbo". Per Caroline questa frase era una mantra su cui meditare. Il Verbo era presso Dio. Il Verbo era Dio. Fuller sosteneva che il Logos non poteva essere un sostantivo. Fece anche presente che nel Faust si dice: "In principio era l'Azione".

Lo zio disse: "Va benissimo, a patto di sapere quel che si fa".

Forse lo zio riferendo questo gli ha dato più senso di quanto non avesse. Questi discorsi apparentemente così stimolanti in realtà ottundevano il cervello. Ritornava la non comune capacità che Benn aveva di descriversi, forse radicata nell'abitudine che aveva di dir sempre la verità: "Cominciai a sentirmi sessualmente stimolato"

disse. "Mentre al tempo stesso una sbadigliante paralisi si chiudeva su di me finché lei parlava. Non era sgradevole. Era come il nepente dei Greci. Lei continuava a parlare." Chissà perché Benn scorgeva nella gente più di quanto gli altri eran disposti a vederci. Poiché anch'io ero tra questi "altri" così poco disponibili, questa sua dote particolare mi lasciava perplesso.

Caroline era stata molto amica di Libby Holman Reynolds, la cantante ora scomparsa di canzoni popolari di genere sentimentale, che una volta era stata assolta dall'accusa di aver ucciso il marito, erede della fortuna delle sigarette Camel. questa bella signora era stata una vivace protagonista dell'Età del Jazz. caroline era sua confidente e inoltre amica di Shanker, il marito di lei. Questi andava famoso per le sue xilografie grandi come pareti. Lo si vedeva quasi sempre con un coltello in mano. Però era molto comprensivo e tollerava la debolezza che Libby mostrava nei confronti dei bei giovanotti. I giovanotti le servivano per impedire che la sua procace bellezza invecchiasse. Caroline ammirava molto Libby: non nel senso di farsene un modello, diceva, ma per via del coraggio con cui viveva la vita e del suo ménage da granduchessa - grandi ville, Rolls-Royce, aerei privati, domestici; e sempre tornava a raccontare (il che indicava una sensibilità particolare) le stravaganze erotiche dell'amica, le sue tragedie, la morte di un figlio, l'abbandono da parte di un amante che le era particolarmente caro.

Io osservai che Caroline si era data parecchio da fare a beneficio dello zio, e che descrivendo Libby aveva in parte ritratto se stessa.

"S'è messa a cantare come una sirena. Ha funzionato. Ti sei lasciato incantare" dissi. Non dissi che era ben strana, una sirena che prendeva il litio o l'Elavil.

Lo zio disse che probabilmente imitava il modo di fare di Libby, cioè di una cantante di night club che era stata seriamente sospettata d'omicidio. La sua innocenza era stata teatralmente riconosciuta, ma era rimasta egualmente segnata per la vita dallo scandalo. Solo Caroline, a sentire lo zio, se ne stava sulla sua sedia a sdraio con una sorta di rilassata pigrizia, parlando oscuramente e spesso in modo del tutto incomprensibile. Che ci aveva trovato lo zio? Be', non tutte quante le cose umane, come diceva James Joyce, si possono mettere nero su bianco, e Caroline l'attirava per via della sua lontananza.

In quanto a Benn, era tornato al presente da luoghi molto lontani, dalle sue meditazioni botaniche. Fu il sesso che lo riportò qui. E

visto che non poteva parlare di scienza con me, spesso gli veniva voglia di parlare di donne.

"Mi disse di comprare dei pantaloni leggeri. Grondavo sudore. Disse anche che mi sarebbe piaciuto fare un bagno nell'oceano. Il costume da bagno potevo farmelo dare dal bagnino. E perché ritornare così subito nell'inverno?"

Sull'aereo diretto in Giappone dovetti consentirgli di chiarire i suoi sentimenti nei confronti di lei.

"Ti ha rimorchiato!" dissi. "E non ha perso tempo."

"Non è andata proprio così... Cosa cercavo io andando a zonzo per la spiaggia dell'albergo? Cercavo una Caroline come lei, una donna adatta - bella, sensibile, matura."

"Parlami un po' di questa faccenda della maturità."

"Era abbastanza vecchia da poter apprezzare un uomo come me. Sapeva perdonare i miei difetti, e accettarmi così come sono."

"L'amore è un campo più difficile dei licheni. Ma che c'entra l'età?"

"E' l'infelicità che martella il buon senso dentro le persone, e per questo ci vuole tempo, e il tempo ci sfigura. Aveva belle gambe, una volta. Caroline non è più una giovincella. Quando un uomo guarda una donna tende a dimenticare che nemmeno lui è più un ragazzino.

Inevitabilmente la guarda dal punto di vista dei diciott'anni, più o meno."

Benn aveva un debole particolare per le belle donne, e in Caroline aveva trovato una donna che era stata bella. Pensò che si sarebbe potuto accontentare.

Comunque, parlava soprattutto lei e diceva molte cose curiose.

Certe volte, mi diceva lo zio, la sua conversazione assomigliava al rapido sfogliare delle pagine di quei libretti animati di una volta che i bambini scorrevano in fretta col pollice per far muovere le figure ottenendo così delle scenette divertenti. Eppure era attratto da Caroline, anche se non poteva definire di che attrazione si trattasse. Del resto questo di rado è possibile. Dal canto suo, lo zio forse pensava che una donna la quale non sa cosa sta facendo avrebbe potuto mostrarsi meno critica nei confronti di un uomo poco sicuro di sé. Una donna che da un punto di vista intellettuale era come latitante poteva forse fare al caso suo. Bene, io invece pensavo che si stesse degradando e anche svendendo. Però rividi questo giudizio alla luce di un'altra riflessione: le donne idiote eccitano appassionatamente certi uomini. La letteratura russa ne è ricca di esempi. Padre Sergio, l'aspirante santo di Tolstoi, sa resistere alle seduzioni di una gran signora ma cede di fronte a una ragazza debole di cervello. Il vecchio Karamazov si approfitta di una deficiente e la mette incinta. Ciò accade perché è ubriaco o perché l'idiozia ha il potere di eccitarlo?

Andavo troppo in là con le mie congetture, come al solito. Caroline non era un'idiota. Spesso sembrava ubriaca. Mi disse che negli anni Sessanta prendeva l'Lsd. forse aveva fatto qualche strano esperimento

- questa era l'impressione che voleva dare quando parlava del culto di Manson e dei morti di Jonestown. però in certe cose era piacevole stare con lei. A ogni ora del giorno era sempre acconciata nel modo più elaborato, e alla vista e all'odorato sembrava una collezione di articoli delle boutique più eleganti, Bonwit, Gucci, Tiffany (i lettori sofisticati conosceranno nomi più alla moda e sorrideranno della mia ignoranza).

Io dissi: "Zio, adesso hai visto la sua casa negli Hamptons e le sue cene alla Settantesima Est. Davvero tu vuoi entrare nel giro di Caroline?".

"Voleva solo farmi vedere ciò da cui vuole essere salvata, mostrarmi quanto poco ci sia in una vita così che si possa prendere sul serio. Ne ha abbastanza. Vuole vendere la proprietà a East Hampton e andare dall'altra parte del Sound, in un nuovo ambiente. A Mystic, Connecticut, forse. Vuol comprare due Mercedes-Benz."

"Una a testa? E l'università?"

"Posso prendere il tempo parziale."

"Ma non puoi lasciar perdere la botanica e andare a stare a Old Lyme!"

"I suoi legali istituiranno una piccola fondazione privata in modo che io possa continuare i miei studi sui licheni artici. Ho in vista certi elementi citologici che... Ma non ti voglio annoiare con queste cose." (Non gli andava di entrare in particolari tecnici con me.) "E

poi il dipartimento sarà contento di avermi fuori dei piedi. Sono tutti soldi risparmiati."

Ormai lui e Caroline erano intimi. Lei era andata all'Hotel Westbury, dove Benn scendeva quando veniva a New York. mi raccontò che quando si avvicinò al letto dove Caroline era distesa lei accese la luce, lo guardò ben bene e disse: "Questo mi va bene, lo prendo".

La cosa lo divertì. Anzi non poté nascondere di esserne infantilmente soddisfatto. Caroline aveva conosciuto tanti uomini, e trovava lui accettabile. "Dunque non sono poi tanto male."

"Questo te l'aveva detto anche quella signora bengalese" dissi io.

"Rajashwari, sì. Ma le orientali non giudicano secondo gli standard dell'Occidente."

"E chi l'ha detto che tu devi essere conforme agli standard dell'Occidente? Io m'intenderei più con la signora indiana che con Caroline."

"No. Per me è molto importante un senso dell'umorismo all'occidentale."

"Analizziamo un attimo quello che tu chiami senso dell'umorismo.

Bisogna stabilire se è Xanax, Elavil, litio, con aggiunta di alcol e forse di cocaina. In dosi così massicce da calmare anche l'Oceano Indiano."

Lasciamo perdere il senso dell'umorismo. Quando Caroline accese la lampada vide probabilmente non uno, ma tre uomini. E sarebbe stata felicissima di prenderseli tutt'e tre.

"Tu hai paura che Caroline ci separi, che mi seppellisca a Old Lyme e che non ci si veda più. Ma questo non succederà mai, Kenneth."

"Si direbbe proprio che tu stia pensando al matrimonio. Non ti posso dar torto. E nemmeno mi aspetto che tu continui a perder tempo con me. Manca qualcosa di fondamentale. Me ne rendo conto. Perfino Adamo, che aveva il Signore in persona con cui parlare, chiese alla fine un po' di compagnia umana. Io mi sposerei con Treckie, se lei volesse. E poi alla tua età vivere in famiglia fa piacere. Ne abbiamo parlato molte volte, analizzando i pro e i contro: abbiamo citato il detto di Cechov: "Se hai paura della solitudine, non ti sposare" e anche quello che dice Akim Tamiroff ne Il grande Mcginty: "Un uomo senza moglie è come una giacca senza i pantaloni, come un maiale senza porcile". Dopo di che tu dici: "Sto diventando troppo autosufficiente. Non ho più bisogno di nessuno. Mi si gela il sangue a pensare quanto poco m'importi di questa o quella persona". E vai a scegliere proprio Caroline come persona di cui importarti? Bisognerà che diventi due volte più autosufficiente di adesso se la sposi.

Insomma, che cosa vuoi? Vuoi due esseri umani legati l'uno all'altro dall'amore e dalla tenerezza o una doppia dose di autosufficienza insieme a una moglie stramba?"

Lui stava a sentire, sì, e capiva anche quello che dicevo. Però consentiva a che Caroline portasse avanti i suoi programmi. Gli descrisse in tutti i particolari, a puntate, la vita che avrebbero fatto insieme. Benn avrebbe lasciato il laboratorio. Lei l'avrebbe accompagnato nelle sue spedizioni - e nell'irresponsabilità dell'immaginazione vidi Caroline sulle spalle di quattro portatori attraversare vasti campi di neve in portantina. Lo zio mi aveva raccontato che quando era andato in elicottero sul monteErebo a raccogliere licheni, aveva avuto la sensazione di trovarsi agli estremi confini della terra, alla frontiera delle frontiere.

"Naturalmente non era vero" disse, "ma l'impressione era quella."

Ebbene, anche Caroline dava questa impressione di frontiera delle frontiere.

Dal punto di vista della misericordia divina la cosa era ben degna di commiserazione, questo va detto. Ma per quanto tempo noi, deboli mortali, riusciamo a vedere il mondo da questo punto di vista? La fantasia ci è d'aiuto, anzi, ci gettiamo tra le braccia della fantasia proprio perché il mondo comune, il mondo cosiddetto normale, ci spinge in quella direzione con le maree irrazionali che vi penetrano. Oggi i rapporti sessuali liberi e senza pregiudizi sono divenuti cosa convenzionale, ed ecco che innamorandomi di una ragazza come Treckie mi trovo invischiato nella questione sadomasochistica. I comportamenti che un tempo sarebbero parsi sregolati oggi sono banali quanto apparecchiare la tavola per la cena. Lo zio mi disse ad esempio, (e non parlava spesso della sua vita privata, perché ricordandosi di me quand'ero ragazzino si autocensurava) che Caroline non prendeva la pillola. Invece di prendere la pillola si metteva dentro tanti pezzi di carta - fazzoletti, pezzi di tovaglioli.

Cominciava a far questo sul finire della cena. Seduta al tavolo di fronte a lui prendeva distrattamente a stracciare i tovaglioli.

Non gli era stato facile dirmi questo.

"Non dava segni di far qualcosa d'insolito?"

"No" disse Benn.

"Non si trattava di ciò che gli esperti di cose sessuali chiamano preliminari?"

"Era come se si stesse lavando i denti" disse lui.

Io dissi qualcosa a proposito del senso dell'umorismo all'occidentale. Lo zio alzò le spalle e basta.

Non intendo affermare che lo zio fosse un ingenuo, nemmeno per sogno. Sono convinto, però, che egli conservava, per così dire nel sacrario dell'anima, la visione di una durevole intimità. Promesse d'amore e di tenerezza. Solo che le cercava nei posti più strani. Non si trattava solo del fatto che apprezzava le donne belle grandi (in contrasto con la compattezza e la piccolezza che preferivo io); alla bellezza in senso estetico bisognava che fosse affiancata qualche difficoltà. E' questa una faccenda intricatissima, che sfida gli sforzi più ostinati delle dita più agili.

Comunque Caroline, malgrado l'impressione che dava di non esserci tutta (di essere dans la lune), stava stringendo da vicino l'uomo che aveva scelto. S'era comprata l'abito con cui sposarsi. La "sua gente"

aveva pronta ogni cosa per la licenza di matrimonio. Gli chiese che fine aveva fatto la fede nuziale di Lena. Era in cassetta di sicurezza, assieme ai gemelli d'oro, al medaglione di sua madre e alla penna stilografica di suo padre. "A pensarci bene, forse è meglio un anello nuovo" disse lei. Gli aveva comunicato il numero del volo e l'ora dell'arrivo. Aveva già stabilito tutto quanto il programma - Caroline aveva la febbre dei programmi. Una suite era già prenotata all'Hilton. Tutto questo senza un'espressione d'amore, senza nemmeno una parolina dolce qualsiasi. Quando riappese, gli parve passasse un'eternità prima di riuscire a chiamare il centralino e farsi dare il prefisso di Tokyo.

All'aeroporto di Seattle lo zio disse: "Credi che abbia fatto bene?".

"Non mi pare ci fossero alternative."

Mi scrutò. Dalle orbite a forma di otto coricato questa volta traspariva un pensiero che mi pareva di poter interpretare: adesso che aveva rinunciato a Caroline Bunge, io, Kenneth Trachtenberg, ero ancora una volta la sua unica risorsa umana. L'idea non era poi così allettante, e io mi mossi immediatamente in suo soccorso. "Forse è stata quell'altra persona dentro di te" dissi. "Quella che ha deciso che dovevi fare il botanico."

"Forse. Non sono sicuro se quella persona è buona. Avrei dovuto dirle al telefono di non venire."

"Fuga farsesca da una donna lanciata all'inseguimento. Non è una cosa così rara, dopo tutto."

"Quell'altra persona di cui si diceva che certe volte si comporta come un demonio."

"C'è un'operetta di Gogol, Il matrimonio, in cui lo sposo scappa dalla finestra subito dopo che ha deciso di sposarsi. Analizza la situazione con grande razionalità, e poi scappa. Non ci sarebbe niente di male se tu avessi un demonio dentro di te. Preferiresti avere invece una baby-sitter? Non saresti altro che una baby-sitter se tu fossi l'ingenuo botanico per cui ti prendono queste signore. Si rivolgono al Professor Clorofilla. E' un uomo molto buono. Gli si può affidare il bambino a occhi chiusi. Non è come quegli uomini cattivi che le hanno fatte tanto disperare."

"Sì che sono cattivo. E il caso di Della Bedell?"

"Non vorrai tirar fuori quella storia! Zio! E' finita male, ma non per colpa tua. E poi era stata lei a prendere l'iniziativa."

"Però io ci sono stato. Non ho scusanti."

La signora Bedell abitava nell'appartamento sopra quello di Benn.

Un giorno scese e suonò il campanello, ma non della porta principale, perché non voleva che i vicini dello stesso pianerottolo la vedessero. Prese la scala di servizio. Della Bedell era da compiangere. Aveva divorziato da un alcolizzato, e beveva un po'

anche lei. Era una disgraziata signora come ce ne sono molte, ma nonostante tutto capace, e anche con una posizione di responsabilità; faceva il direttore del personale in una grossa azienda. Sul lavoro si teneva molto su, ma il fine settimana, e certe volte anche qualche sera, si lasciava andare completamente. Sotto certi aspetti una donna attraente, si era lasciata diventare un po' troppo robusta, e inoltre portava i capelli in una crocchia, elegante, ma poco invitante.

Suonò il campanello e tirò giù lo zio dalla poltrona. Erano le dieci di sera. Probabilmente aveva combattuto con se stessa per qualche tempo. Ma non era più una scorrettezza, secondo quanto dicevano le riviste femminili e la Tv, che fosse la donna a prendere l'iniziativa.

E qual è il pretesto avanzato dalla signora Bedell? E' bruciata la lampadina in cucina e lei non sa togliere la plafoniera. Le serve l'aiuto di un uomo per cambiare la lampadina. Perché non chiamare il portinaio? chiede lo zio. Lo zio ha la camicia fuori dai calzoni. Sta ordinando i suoi appunti. La signora Bedell non vuole disturbare il portinaio a un'ora così tarda. Comunque le direbbe di aspettare fino a domattina. E c'è un uomo nell'appartamento al piano di sotto. Solo, com'è sola lei. Non si rischia di disturbare l'intimità di una famiglia. Lo zio non le fa presente che potrebbe portare in cucina un'altra lampada se proprio vuole farsi il tè. Non è tè ciò che lei stava bevendo. E così con grande ingenuità (forse) si mette le scarpe e la segue di sopra. La signora Bedell non ha una scaletta. Lo zio deve salire su una sedia imbottita del soggiorno. La signora Bedell gli chiede di togliersi le scarpe. Alla fine, entrambi si tolgono tutto quanto.

Si scopre che la signora Bedell è una donnetta piccola e grassa. Ha un fisico inadatto a questa sorta di desideri. Lo zio si sente imbarazzato a far l'amore con lei. Parla di schiavitù e libertà, deve farlo! Non ha pronte delle argomentazioni che gli permettano di tirarsi cortesemente indietro in virtù dei suoi principi. Potrebbe essere un Cittadino dell'Eternità. E secondo me salterà fuori che lo è davvero. Ha capacità d'immaginazione che gli permettono di vedere cose che gli altri non vedono, e la misura di un uomo è proprio il livello di ciò che può vedere. Se riesce a radunare le sue forze, ecco che la Terra diventa il suo Paradiso. Ma anche questo non gli impedisce di fare la figura dello stupido. La solida superficie che Benn presenta al mondo è minata in ogni dove da desideri, cupidigie, bisogni feroci, appetiti. Sotto questo aspetto non è molto diverso da Della Bedell. Anche lei è interiormente minata in misura pericolosa.

Comunque sia, Benn non riesce a dirle: "Lei è una signora molto attraente, ma io non mi sento a mio agio a letto con chi mi è sconosciuto, o quasi"; e nemmeno: "Solo perché io sono un uomo del nostro tempo e lei una donna del nostro tempo...". Oppure: "Il fatto accidentale di essere vicini di casa non è motivo sufficiente per quanto lei mi propone. Solo avendo in comune qualcosa di più che l'attimo carnale questo non sarà un altro vicolo cieco". E invece Benn è come quelle banche del Kansas di una volta che qualsiasi rapinatore da quattro soldi riusciva a ripulire. Davanti alle signore nel bisogno lui si arrende subito. Della Bedell si afferra a lui come una sedicenne facendo l'ubriaca più di quanto non sia e avanzando bellicosa i propri diritti biologici. Insorgono delle difficoltà tecniche. Trovare il posto giusto è un problema. Infine l'atto giunge a compimento. Lo zio ora è libero di andare, di tornare nel suo letto e dimenticarsi tutto quanto, se gli riesce. Naturalmente non ne è capace. Dormire, quella notte, è fuori questione.

Ora Della Bedell si aspetta che sia lui a suonare il suo campanello. Benn non lo fa. Non le manda un elegante biglietto, il che è goffaggine da parte sua, e anche un insulto. Qualche sera dopo Della Bedell torna giù un'altra volta e suona il campanello della cucina, rabbiosa ed esigente. Gli mette messaggi nella cassetta delle lettere: "Fai finta di non essere in casa. Quando io ho in mano la mia chance da vivere!" E anche: "Che cosa dovrei farne della mia sessualità?".

Ora Benn è molto depresso. "Perché mai l'ho fatto!" dice.

Della Bedell ha dalla sua parte la giustificazione dell'alcol e della disperazione. Lui non ha scusa alcuna. Più volte ripete: "Era inopportuno per entrambi".

Io cerco di illustrargli le molle psicologiche più moderne e di consolarlo con riflessioni che sono più disponibili a quelli della mia generazione. Dico: "In qualsiasi pasticcio la gente si mette, finisce sempre per cercare un rimedio di tipo sessuale. Qualunque sia la faccenda, problemi di carriera, difficoltà di carattere, dubbi sul proprio corpo, e anche problemi metafisici, si rivolgono a quell'analgesico che è il sesso".

"No, no, Kenneth, il sesso non è un'aspirina. Lo vedi in modo troppo riduttivo."

"D'accordo, allora; diciamo che compiono l'atto con il quale si trasmetterebbe l'amore se ci fosse l'amore."

"Così va meglio."

"Inoltre, oggi alle donne è consentito di essere più aggressive.

Però quando si vedono respinte per loro è peggio. Una volta era il contrario, era la donna che diceva di no all'uomo. L'uomo ci s'era abituato."

Avrei dovuto respingerla subito, senza prima assaggiare la mercanzia. Questo l'ha offesa, che io l'abbia assaggiata."

"Ma è lei stessa che se lo va a cercare. Guarda come si veste, com'è pettinata, come parla. Non fa queste cose come una donna che si prende sul serio. Come potevi prenderla sul serio tu?"

In questo caso lo zio Benn non è disposto a far troppe considerazioni teoriche. Io gli dico: "Se non si dà il giusto valore a queste piccole sciocchezze, si finisce nei guai".

"Io ho fatto la sciocchezza" dice lo zio.

E' nella merda, si trova colpevole, compiange Della Bedell. Ora lei si presenta alla porta principale, e bussa forte. Lo zio abita in un palazzo molto decoroso, e non in un condominio come ce ne sono ora dove le donne convivono con due uomini e gli inquilini spacciano droga e si sparano addosso l'un l'altro, la classica situazione di periferia. E così lo zio fa quello che è abituato a fare. Scappa in Brasile a tenere lezioni di morfologia vegetale.

Allora succede il peggio. Mentre lui è via, la signora Bedell muore per arresto cardiaco. Lo zio non si dà pace. "La vita in lei già vacillava" dice, "quando aprii la porta e la vidi con una lampadina in mano. Dopo di che, certo che era assurda quando diceva: "Che cosa dovrei farne della mia sessualità?". Ma non era quella la voce di una vita che diceva qualcosa di terribile? Non era un essere umano che parlava del suo destino?"

"Vacci piano, zio. Adesso non esagerare."

"Sono stato io quello che ha fatto l'amore con lei. E io so quello che so."

"Più che d'amore, io parlerei d'isteria. E la prima volta che me l'hai raccontato, sei stato tu il primo a dire che era una cosa assurda."

"Ebbene, sì. Forse è andata così. Dovevo farne una cosa buffa, altrimenti sarebbe stata troppo spaventosa... Ma ora lei è morta.

Questa cosa mi uccide, Kenneth. La vedo mentre le sue brame insoddisfatte la soffocano. Il suo cuore non ce l'ha fatta, poveretta."

"Ma tu non ne hai colpa."

"Io avrei potuto evitarlo, ma probabilmente non sarebbe servito insistere su questo tasto. Qualche giorno fa mi ha telefonato un giornalista. Vulliam, il mio preside, per liberarsene l'ha appiccicato a me. Quest'uomo voleva che parlassi delle radiazioni e degli effetti che hanno sulla vita vegetale. E anche della diossina e dell'inquinamento in genere. Era molto aggressivo. Certo, gli ho detto, sono d'accordo che è brutto. Però alla fine ho detto: "E' una faccenda terribilmente seria, naturalmente, ma credo che muoia più gente di crepacuore che di radiazioni"."

"Ti avrà preso per un buffone. Immagino avessi in mente Della Bedell."

"Non proprio... No, no."

Io continuai a dargli una mano. E' incredibile quanto ci infastidiamo l'un con l'altro con questa motivazione, dicendo tutte le cose giuste. Gli dissi: "Bisogna instaurare un principio proporzionale. Non puoi prendertela a morte per chiunque attraversi il tuo cammino. Della Bedell era una donnetta grassa che si attaccava alla bottiglia. Perché non metterla in questo modo? Perché farne una tragedia e non una vicenda da vaudeville? Tu eri il tuttofare che cambia la lampadina. In camera da letto lei ha spento la luce. Non voleva essere vista".

Ma Benn continuò nonostante tutto a soffrire per lei.

Non parlammo più di Della Bedell dopo il decollo. Salimmo sopra le nuvole e la pioggia di Seattle e uscimmo nel sole. Io avevo il sole in faccia mentre l'aereo prendeva quota, e così mi vidi, vidi il Kenneth come poteva vederlo lo zio con i suoi occhi blu. Ho la faccia lunga, e per questo motivo i capelli tendono a formare un rigonfio alle tempie. Gli occhi sono posti molto in alto.

"Chissà da dove ti vengono tutte queste complicazioni" dissi.

"Forse da una differente ambientazione storica, da valori che prendi da altre epoche. E' come se tu continuassi ad arare il tuo campo con una coppia di buoi. Immaginati in uno Stato come il Nebraska, tu e la tua coppia di buoi, mentre i tuoi confinanti se ne stanno comodamente seduti davanti ai loro supercomputer e ridono a crepapelle vedendo i tuoi sistemi antiquati."

"Per quello di cui ho bisogno, la loro tecnologia avanzata non mi è più utile della mia coppia di buoi."

Se lo zio fosse stato una persona insignificante non avrebbe avuto questi problemi. Se Della Bedell fosse stata una bellezza, se Caroline avesse avuto tutte le rotelle a posto, lo zio se la sarebbe filata dalla finestra come il Podkolyossin di Gogol. vi sono donne portate all'invenzione audace, e queste vengono fuori con iniziative abbaglianti. Altre, temendo di essere lasciate davanti a un lavandino ad affogare, compiono mosse disperate ma prive di senso. Certe volte quelli che non se la cavano troppo bene guardano fuori della finestra e vedono la Natura. Vedono crescita, equilibrio, bellezza, i risultati di miliardi di anni di progresso graduale, e ne hanno vergogna, si sentono in confronto malmessi e spregevoli. Se ne stanno lì seduti a guardare come fantocci sgraziati e vuoti di dentro. Ma poi vien loro da pensare: "E' la mia mente che percepisce l'ordine, la bellezza eccetera. Forse è addirittura la mia mente che crea tutte queste cose. Magari la Natura non esiste nemmeno. Sono io che l'ho fatta, solo per riempire uno spazio vuoto. Be', ma se ho una mente così formidabile, cosa me ne sto qui a fare battendo i denti come un cucciolo di porcospino tormentato dai cani?".

Il pilota annunciò che avevamo raggiunto la quota di crociera. Mi pare dicesse che eravamo a 11.000 metri. Potevamo ben dire di esserci lasciata la terra alle spalle. Ma restavamo pur sempre nel mondo terreno, dove tutti gli esseri viventi vivono di morte, contagiati dalla morte fin nel desiderio stesso d'amore, l'unica forza che ci offre una qualche speranza di non finire divorati del tutto. La mera Natura è l'Inferno, come scrive Swedenborg (vi prego di ricordare che la zia Lena aveva lasciato a me la sua collezione degli scritti di Swedenborg). In quanto il sesso è associato alla Natura, la logica euclidea è molto semplice. Il piacere sessuale (o ciò di cui la gente è disposta ad accontentarsi in questo ambito) comprende anche molta sofferenza. E più è grande la quota assegnata alla "mera Natura", tanto maggiore è l'Inferno che vi è annesso. In poche parole, come si può facilmente capire da queste riflessioni, io provavo una gran compassione per lo zio e, in quanto lo vedevo come precursore, la mia avant-garde personale, anche un po' di pietà per me stesso. Lo so che l'egoismo è il cuore dell'etica capitalista, ma basta un po'

d'esperienza per rendersi conto che gli uomini sono spesso più duri con se stessi che non con gli altri.

Cercando di lenire l'umiliazione dello zio, in fuga verso l'Oriente, presi a parlargli di Treckie e, gesticolando sobriamente alla francese per allargare l'orizzonte (secondo lo stile di mio padre), gli feci notare quant'era angosciosa la faccenda e mi chiesi se Eros fosse capace di affrontare le potenze delle tenebre, argomentando che molte persone equilibrate e piene di buon senso ci avevano rinunciato già molto tempo fa. E' inutile opporsi all'inevitabile su scala planetaria. Perché Swedenborg dice che la mera Natura è l'Inferno? Intende la Natura vista in modo prosaico, secondo una concezione meccanicistica. Io non intendevo intromettermi nel suo sensibile mondo sentimentale, ma a mio parere Della spense la luce proprio perché temeva d'essere vista con occhi prosaici. Essere visti prosaicamente ci asciuga della nostra umanità. Tuttavia, ogni volta che una donna spegne la luce dobbiamo accollarci il compito di interpretare il mondo nel suo complesso? Ciò implica l'essere un microcosmo perennemente responsabile di un macrocosmo. Questo dunque significa andarsele proprio a cercare. Il macrocosmo ci farebbe a pezzi. E' di gran lunga più ragionevole applicarsi a stabilire in quali azioni investire i propri risparmi. Non cerchiamo di invertire le tendenze del mercato da soli. I grandi investitori dispongono di stuoli di computer. E queste sibille elettroniche sono infallibili.

Là, più in basso, c'è un macrocosmo di ordine inferiore (la Borsa di New York). Alla larga da questa roba... Io stesso ero alquanto confuso. Insomma, quello che grosso modo volevo dire è che l'interesse verso gli esseri umani si spegne ben presto con la prosaicità. L'aspetto più spaventoso delle osservazioni dell'ammiraglio Byrd sui suoi compagni nell'Antartico è che sono estremamente prosaiche. La prosaicità, da un punto di vista sessuale, è mortale. Quando Eros diventa una faccenda di arti, di membri e di organi, allora rischia l'annichilimento.

"Ehi, Kenneth, ascolta... una moratoria alle tristezze. Stiamo andando a Kyoto in vacanza."

"Scusami. Torniamo a Treckie."

"Tu le sei piaciuto abbastanza da avere un figlio da te."

"Questo non prova niente. Voleva un bambino comunque. E una donna così piccola ha fatto una figlia lunga lunga. Tu dirai che mi ha scelto. Diciamo che sono stato accolto, per qualche tempo. Io mi paragono a un vagabondo il giorno del Thanksgiving. per fare una buona azione ti fanno entrare in casa e ti danno da mangiare tacchino. Ma è un invito che vale soltanto per il giovedì. Non ti ci provare a ritornare venerdì."

Magari un altro avrebbe sorriso. Lo zio annuì serio serio. "Magari aspetta che tu faccia qualcosa."

"E cosa dovrei fare?"

"Ah... Qualcosa che lei considera importante."

"Non ho la minima idea di cosa Treckie possa stare aspettando. In questi giorni abbiamo parlato per lo più di lei. Mi ha raccontato i suoi progressi verso la realizzazione di sé, gli errori che ha corretto, le nuove idee che ha sulle sue vecchie idee e le decisioni che ha preso di conseguenza. Mi ha parlato di come sta adesso, e cioè molto meglio..."

"Non è facile stare a sentire questa roba."

"Per cambiare in meglio c'è solo un modo, e cioè cominciare a dirlo a tutti quanti. Bisogna fare un annuncio. Si ripetono le proprie intenzioni finché gli altri cominciano a ripeterle a te. Così quando le senti dagli altri puoi dire: "Sì, anch'io la penso così". Più si ripetono le nostre intenzioni, più si fanno vere. La chiave di volta è la facilità di parola. E' la facilità di parola che conta. Tuttavia è così adorabile, così una cara persona, così un tesoro."

"Ma, e i lividi?"

"Forse è solo una fase temporanea. Tutti hanno le loro fasi. Poi passano."

"Può ancora entrare in una fase materna."

"Forse" dissi senza convinzione. Poi aggiunsi: "Sono preoccupato per la bambina. Cosa diventerà da grande? Mi spiace soprattutto perché ha un carattere che mi assomiglia. Credo abbia preso da me certe convinzioni di fondo".

"Per questo la compiangi?"

"Ho paura di sì. E credo di avere un forte istinto paterno."

"La potresti convincere, Treckie, se ti ci applicassi di più. Se ti vedesse come realmente sei, la penserebbe in un altro modo."

"L'ostacolo è la sua psicologia alla moda. E' come se non parlassimo la stessa lingua."

"Gli altri non sono mai disposti a lasciarti concludere, a lasciarti raggiungere i tuoi obiettivi. E' come se vi fosse una legge di natura per cui ti negano quello che vuoi. Magari in ultima analisi torna a nostro vantaggio - il fatto che ti negano le cose, voglio dire - perché noi non vogliamo quello che dovremmo volere.

Fisicamente, comunque, tu sei pazzo di lei. Che bello! Credo che Caroline provi lo stesso per me."

"Come fai a dire una cosa del genere? Solo sei mesi fa, ti ricordi, sei andato a prenderla all'aeroporto, ad aspettarla ai cancelli, e ti è passata accanto senza vederti."

"Forse era soprappensiero. Succede, no?"

"Sì, soprappensiero. Era completamente partita. Ecco una moglie che se avesse il baule del corredo, sarebbe pieno di cocaina. Ehi, zio, ti ricordi La figlia di Rappaccini, di Hawthorne? Quella bella ragazza immune alle piante velenose perché c'era cresciuta insieme?

Però la ragazza era veleno per il suo innamorato. Non aveva che da respirargli in faccia, e lui era bell'e spacciato. Non mi ricordo se l'ha baciato o no. Comunque, lui c'è rimasto."

"Piante velenose, eh? Davvero un caso limite."

Non importava di cosa si parlasse. Benn si sentiva un porco perché aveva piantato Caroline in asso in quello che avrebbe dovuto essere il giorno delle nozze, e reagiva male ai miei tentativi di tirargli su il morale. Io ero venuto in America per completare la mia educazione, per assorbire certi poteri fondamentali dello zio, e a un certo punto avevo visto che era lui a ricercare la mia assistenza.

Nei campi di cui era padrone non aveva bisogno di nessuno, naturalmente. Era uno di quei tipi particolari che vanno benissimo finché stanno fuori dalla vita di tutti i giorni. Ma una volta presi dalla corrente del mondo quotidiano, non possono farcela senza che qualcuno li aiuti.

Be', io volevo bene a mio zio, e non mi aspettavo la perfezione.

Aveva la magicità, ma in quanto a padronanza del mondo quotidiano non valeva nulla. Forse c'era, in questo, una decisione politica in senso ampio, un deliberato sacrificio dell'accortezza. Ho il sospetto che dentro di sé fosse per natura più accorto di chiunque altro. Ma mai riuscireste a convincere quelli che sono intensamente accorti. Non ci crederebbero. Direbbero che finge e gli attribuirebbero chissà quali motivi diabolici. Direbbero che si muove dietro una facciata d'innocenza e che è un superipocrita. Come del resto ci si può aspettare che persone cosiffatte accettino la magicità e la facciano entrare nei loro conti? D'altra parte, lo zio faceva male a disarmarsi unilateralmente lasciando l'iniziativa agli accorti. Era una politica sbagliata. Ci voleva più fibra politica nella sua costituzione.

Tutto questo si chiarirà a tempo debito. Nel frattempo io mi ritrovai ad avere assunto la posizione di consigliere, e così facendo mi accorsi d'avere il temperamento del consigliere in misura pressoché fanatica, sicuro com'ero del fatto mio fino alla pedanteria: c'era un unico modo di apparecchiare la tavola, di disfare un pacco, di riscaldare il caffè. Forse questa dell'impicciarmi di tutto era una passione ereditaria che mi veniva dai miei antenati, che da migliaia d'anni osservano minute prescrizioni in ogni cosa - c'è una benedizione per quando si spezza il pane, una per quando si va al gabinetto, un'altra per quando si torna da un funerale. Un difetto di non grande importanza, è vero, ma forse poteva aver dato fastidio a Treckie. Toglieva la carta con cui io rivestivo gli armadietti di cucina. "Tu sai sempre in che modo si deve fare una cosa." Lei respingeva la mia estetica. In Somalia, la mamma diceva che la nostra relazione si sarebbe esaurita da sola se Treckie non si fosse fatta mettere incinta. "Ha fatto ogni cosa come voleva lei."

Un'altra mia debolezza erano le "utili spiegazioni". Spesso era come se facessi lezione a me stesso. Sull'aereo, ad esempio, illustrai a Benn le caratteristiche delle donne che ci stavano dando tutti quei guai. "Una donna vede un uomo come te" dissi, "e capisce che tu hai un certo valore. Probabilmente dentro di sé dirà: "Ecco un uomo che ha delle capacità particolari". Questo dipende dal fatto che tu ti stai dando un'anima, una scelta che pochissimi fanno. Questa scelta produce delle emanazioni, di cui risentono soprattutto le donne istruite. Questo è il motivo per cui molti grandi uomini del Romanticismo preferivano alle signore raffinate le contadine e le prostitute. Bene, di contadini non ce n'è quasi più e sono ben poche le puttane che non abbiano fatto almeno un paio d'anni di college. E'

un'altra inerzia vinta e andata in pezzi, e i pezzi sono finiti dentro il calderone della coscienza moderna. Ci si trova di fronte, dunque, la donna moderna, orgogliosa della sua istruzione e del suo intelletto bene addestrato, ma che in segreto teme di non possedere ciò che può attirare l'attenzione di un uomo fortemente stimolato da un compito importante... Ma non è il caso si preoccupino tanto, le donne moderne - non sono molti gli uomini che fanno cose importanti, che tendono a una vita più alta. Però loro si preoccupano lo stesso.

E ciò di cui hanno paura è che un uomo cosiffatto le possa trovare noiose. Che possa conoscerle fino in fondo. E così si vestono, parlano, fanno le loro mosse verso di noi. C'è leggerezza negli atti, ma pesantezza nei sentimenti. Sono mortalmente depresse e tristi.

Gliel'avevano predetto i genitori, e soprattutto la madre: queste ragazze erano così sgargianti, aggraziate, dotate, preparate ad attendersi grandi risultati. Ma dove sono? Nel buio più profondo e remoto, dove si spezza loro il cuore. E questa delusione, questo dolore femminile grava molto sugli uomini. Spesso essi si sentono chiamati a ripristinare la stima di sé che è andata perduta."

Lo zio non ascoltava molto attentamente, perché saltando di palo in frasca disse: "Hai detto niente a Treckie dei lividi che aveva sulle gambe?".

"Le ho detto che mi veniva da pensare ai bambini maltrattati, e che secondo me aveva un fiuto particolare per trovare quelli cui piace maltrattare i bambini."

"Tu non le hai detto niente di simile. Non credo apprezzerebbe una battuta del genere."

Benn mi aveva un po' deluso. Avevo cercato di dirgli qualcosa di fondamentale e lui non mi aveva seguito. Invece bisogna che la gente sia pronta a sentire, e tu devi saper aspettare l'occasione giusta.

Comunque, era bastato il suono della mia voce per tirarlo su di morale, anche se non aveva fatto nessun conto delle mie osservazioni.

Avvicinandoci al Giappone, ero io che non apprezzavo le sue battute. Benn diceva che avremmo sconfinato nello spazio aereo della Corea e che ci avrebbero buttati giù. "I tuoi amici russi" aggiunse.

Atterrati a Tokyo, Benn s'inchinò a sua volta a quelli che erano venuti ad accoglierci. Prendemmo subito il treno superveloce per Kyoto e lì andammo alla Locanda Tawaraya. Che posto! Bisognava mettersi il chimono e dormire per terra; il bagno lo si faceva con l'acqua bollente, in una tinozza di legno. L'ambiente era piacevole per via della sua estrema nudità: niente sedie né tavoli né giornali né libri; già questo era una vacanza.

La colazione la portava una signora d'una certa età. La mattina si sentiva raspare alla porta di carta. La cameriera, in ginocchio, s'inchinava sopra il vassoio in attesa del permesso di entrare. Aveva i capelli tirati indietro con una tensione tale da far pensare a una punizione o a una penitenza. Camminava a passetti brevi e rapidi.

Camera mia dava su un minuscolo giardino. In un'altra nazione quel tratto di terreno sarebbe stato inutilizzato: un cavedio perché i clienti ci gettassero bottiglie diwhisky e cartoni del latte. Invece c'era un'urna ricoperta di muschio e un albero nano. Per terra era tutto ricoperto di ciottoli bianchi. Ne derivava uno strano effetto di continuità: il giardino non era del tutto fuori e la mia stanza non era del tutto dentro. Per sedersi non c'era niente se non il pavimento. Se si voleva dare un'occhiata al "Times" bisognava portarselo in bagno.

Agli occhi dello zio tutto questo era cultura antica e lo metteva di buonumore. In quanto studioso di morfologia, preferiva le strutture durevoli, il che era esattamente ciò che là avevano in abbondanza. Potei alleviargli un po' il senso di colpa per Caroline.

Era fuggito da Caroline e dai suoi mantra di Bucky Fuller così come Davide era fuggito da Saul. io con gli occhi della mente la vedevo come una forma sopra un edificio che va a fuoco: fiamme di sesso che escono dal tetto e una nuvola di fumo somigliante a una donna stesa passivamente sopra di esso. Ero pronto a dirgli che alla fine avrebbe dovuto farla ricoverare in un manicomio e poi combattere con la famiglia di lei, forse, perché non si poteva sapere a quanto ammontasse il suo patrimonio, e nemmeno quante cause si sarebbe tirato addosso, venendo accusato infine di tentato uxoricidio, come nel caso von Bülow. comunque non ve ne fu bisogno, perché appena arrivati in Giappone lo zio non disse più una parola o quasi su Caroline.

Lui era convinto che dormire su una stuoia fa bene. Era un mutamento di prospettiva che ti introduceva in un mondo mentale tutto diverso, e poi a dormire per terra si facevano anche sogni più interessanti.

Il diario personale che Swedenborg tenne durante gli anni di crisi registra sogni che vanno dalla "sessualità angelica" all'erotismo più terreno. Io mi chiedevo se era questo quello che intendeva lo zio parlando di sogni interessanti. Avevo il sospetto che fosse, o che fosse stato una volta, un uomo sensuale. E' assurdo dire "che fosse stato una volta". Se si è così, si continua a esserlo per tutta la vita in qualche misura; no, non in qualche misura, ma in modo eccessivo, come il barone Hulot di Balzac o il nonno centenario di Stravinsky. Le donne non avrebbero abusato sessualmente di Benn se egli non avesse avuto la forza carnale di attirare le violentatrici oppure di sopportare (o forse di chiamare?) quegli abusi stessi.

Qualche mese dopo andai a trovare la mamma in Africa Orientale e cercai di farla parlare di suo fratello. Negò di averlo mai preso a schiaffi da ragazzino, pur ammettendo che era un "piccolo sporcaccione" e che le madri di Jefferson Street non volevano che le loro figlie giocassero con lui. Ma con l'adolescenza Benn cambiò, mi disse. Non aveva voglia di parlare di queste cose con me. Le pareva strano, circondati com'eravamo dalla fame e dalla morte, parlare della storia sessuale dello zio. Era forse quello il posto adatto?

Tenuto conto delle sue esperienze con mio padre, che l'avevano condotta in quel campo profughi, non potevo darle del tutto torto. Le feci presente, cercando di essere prudente e obiettivo, che quelle misere multitudini continuavano pur sempre a concepire e a generare.

"Sì, ma questa non è libidine" disse lei. "E' procreazione, è tentativo di sfuggire all'estinzione. Non è come in Occidente, dove lo fanno perché sono marci dentro."

Era una donna già anziana e fragile, che rischiava la vita in quel campo profughi, e le pareva "poco serio" che io volessi parlare dello zio nella sua stanzuccia. Però egualmente mi disse, mentre aprivo il pacco di specialità che avevo comprato da Fauchon e lei beveva un paio di bicchierini d'acquavite o di calvados, che all'età di diciassette anni lo zio Benn aveva avuto una specie di esaurimento nervoso, forse addirittura un episodio di schizofrenia. Non si poteva farlo stare a letto. Continuava ad alzarsi e a sdraiarsi sul pavimento. Il medico di famiglia non sapeva cosa pensare. "Forse era schizofrenia" disse la mamma. "Il dottor Clurman ne parlò, ma in Jefferson Street, a quei tempi, che cosa vuoi che si sapesse? Tanto valeva che il dottore avesse parlato della Muraglia Cinese." A quanto pare lo zio era malato d'amore. Benn s'era innamorato della figlia di Cohen, il sarto. Era una ragazza esile, pallida e graziosa, disse la mamma. "Solo la denutrizione ti può dare quell'aspetto meraviglioso.

Basta star qui qualche mese per rendersene conto. La ragazza Cohen era un'ipertiroidea con carenza di ferro. Bisogna passar la giornata nel retrobottega della sartoria e dormire la notte in una stanza senza finestre per riuscire ad avere quel tipo di bellezza."

"E allora!" dissi io. "Benn era innamorato della figlia del sarto.

E lei l'amava?"

"Lei era una ragazzina con il fuoco addosso" disse mia madre. "E

credo che tuo zio esitasse a darle quello che lei voleva. C'era invece chi era meno idealista e più compiacente. Lei cominciò a uscire con quest'altro tizio. Tuo zio era fuori di sé dalla disperazione, dalla desolazione sessuale. Benn era impacciato con le donne, non sapeva mai come comportarsi" disse la mamma più con avversione che con simpatia. Mia madre è una di quelle donne tenaci, aggressive, brusche. Se possiedi i requisiti che lei vuole, ti ama molto. Però ti sottopone a test molto rigorosi. Bisogna superare delle prove molto dure, così come ha fatto e fa lei. Per il suo salotto sono passate due o tre generazioni di grandi intellettuali francesi, ha visto come mangiano e come bevono, ne ha conosciuto i gusti riguardo ai vini e al sesso, le idee audaci, le tattiche vigliacche verso l'oggetto del loro amore, maschio o femmina che sia, e ha perso la timidezza femminile e americana del Midwest verso le

"Idee". Era abituata a sentir analizzare nazioni ed epoche. La storia mondiale, le categorie esistenziali - nulla la sconcertava. Oramai non si lasciava più impressionare da quello che tu potevi pensare.

Io, temo, spesso ho cercato di impressionarla proprio in questo senso. Come se essere suo figlio bastasse a battere tutti i cervelloni e gli accademici, gli autori di libri sulla Existenz e sulla geopolitica. Nostra madre è l'unico avversario con cui non si può mai segnare punti.

Mia madre e io eravamo seduti nella baracchetta prefabbricata.

Fuori moriva qualcuno ogni minuto. Il cibo che avrebbe potuto salvarli lo rubavano i funzionari, lo dirottavano in posti lontani (Aspromonte, Montalbano, Biserta, nel Catai e chissà dove ancora).

Gran parte la mangiavano i topi e gli uccelli, o la portavano via gli insetti, o semplicemente marciva.

M'accorsi che la maggior parte degli etiopi sono persone di singolare bellezza. Sempre mi sorprendevano la forma elegante del loro cranio e i fondi occhi neri. Già mi era familiare la teoria swedenborghiana delle corrispondenze, secondo cui la Creazione è uno dei linguaggi con cui Dio comunica con l'uomo. Alcuni dei miei simbolisti russi avevano ereditato questa concezione dai precursori francesi Baudelaire e Rimbaud, o l'avevano ripresa direttamente da Aksakov, che tradusse Swedenborg in russo. Quindi il campo profughi aveva anche un aspetto onirico, come del resto la presenza di mia madre che, come Madre Teresa di Calcutta, faceva il possibile per assistere i malati e gli affamati.

Malgrado questo, io continuai a parlare dello zio Benn e a cercare di far sbottonare mia madre. Ad un certo punto (giustamente!) cominciò a seccarsi. Disse: "Mio caro, tu sei matto. Mio fratello e le donne! Tuo padre, lui sì. Però aveva un certo buongusto. Tuo zio non sa se sta in piedi o sulla testa. Ha avuto fortuna, più di quanta non ne meritasse, con Lena. Era una brava donna, ma a dirla tutta, assolutamente insignificante. Quando è morta, Benn ha fatto un putiferio tale che sembrava fosse morta chissà che santa. Farebbe meglio a badare alle sue foglie, e basta. O alla linfa, o quello che è".

Naturalmente io non ero d'accordo. Quando la mamma è arrabbiata farebbe a pezzi chiunque. Del resto non si può biasimare uno che spera di sentire qualcosa di istruttivo da sua madre, se non altro sul sesso femminile. Qualche luminoso gioiello di saggezza era l'unica eredità che avrebbe potuto interessarmi. Ma lei invece non intendeva darmi un accidente di niente. L'avevo delusa, e anche fatta arrabbiare. Avrebbe voluto fare di me un pezzo grosso. Sarei dovuto essere l'inviato numero uno del "Times" a Parigi, o chef de bureau di

"Le Monde" a Washington, o il responsabile della Nbc per l'Europa Occidentale con trenta sottoposti, o porte-parole all'ambasciata americana a Mosca. Avrei sentito più solidarietà per i profughi se fossi stato uno di costoro? Avrei pensato solo alle foto e ai telex, o a come fare per battere i miei rivali.

Mia madre non aveva il minimo sospetto sulla reale identità di suo fratello; sul fatto, cioè, che fosse un Cittadino dell'Eternità, magari più in basso nella gerarchia rispetto ai Grandi che ho citato in precedenza, ma lo stesso una persona della massima importanza.

Accusava lo zio di fuorviarmi. Perché Benn non mi lasciava in pace?

E la mamma non voleva neppure che io fossi come mio padre, sebbene questo lo capisse meglio: il corteggiamento, danze sessuali da storia naturale, due individui nudi che recitano la loro parte attorno a un letto a Parigi. Se non altro, Rudi Trachtenberg metteva in atto un suo talento che aveva, e si sa che a nascondere il proprio talento si finisce per morire. E così mia madre tirava avanti, accettava, si rendeva anche complice, e, forse con un certo orgoglio per le doti di suo marito, collaborava con lui. Che altro poteva fare, con una forza della Natura? Ma suo fratello Benn, così come le appariva, era un'altra cosa. Che avesse talento per la botanica non significava proprio niente. L'accusava di guastarmi. Che cos'era questa storia dell'università? Perché mai dovevo diventare un pidocchioso professore? Dovevo dividere la doccia con una camerata di studenti la cui musica rock mi faceva diventare matto. Era disgustata dalla docilità che mostravo verso Treckie. Un uomo come mio padre mai si sarebbe messo in una posizione del genere con una donna. Non voleva che io fossi un homme à femmes come papà, però perché dovevo essere l'esatto contrario? L'attaccamento ossessivo che mostravo verso mio zio ritardava la mia maturazione di dieci o vent'anni. Che amara delusione per una madre intelligente che tanto aveva sofferto per me: io non ero, fin qui, nessuno.

In Somalia feci lo sbaglio di dirle qual era il mio punto di vista.

Cedetti all'inveterata debolezza di farle sapere ciò che suo figlio pensava. Non avevo la pretesa di essere un Kojève e neppure un Georges Bataille, ma volevo solo mostrarle cosa c'era dietro le apparenze, e cioè dietro la mia vacuità e il fatto di lasciarmi mettere sotto i piedi da una sciocca ragazza, e rivelarle a grandi linee, o per sommi capi, il mio progetto. Non vi è ragione di vivere a meno che la nostra vita non sia una svolta decisiva. Non ha senso unirsi alla marcia di massa dell'umanità verso il declino. Le avevo mandato l'estratto (da "The Russian Review") di un mio saggio dal titolo Il mattino dell'Acmeismo: da Gumilyov e Gorodetsky a Mandelstam, con sottolineata la citazione "Essere, questo è il massimo orgoglio dell'artista. Egli non desidera altro paradiso dell'esistenza..." eccetera eccetera. Nel mio saggio analizzavo le analogie tra questo concetto e la posizione quasi identica di Paracelso, Swedenborg e Blake. Siccome mia madre è una donna intelligente, le volli dare l'opportunità di arrivare da sé a capire che m'ero attaccato a mio zio perché (e di questo chiunque se ne sarebbe accorto solo vedendolo tra le sue piante) era chiarissimo che egli non desiderava altro paradiso. E credo sia possibile realizzare in altri campi ciò che lui fece con il carpello stigmatico conduplicato: mi riferisco allo studio con cui, anni fa, si fece una reputazione. Egli mi diede una ragionevole speranza di giungere a ottenere anch'io una vita ad alta energia. Naturalmente non volevo assomigliare ad altri che a me stesso. Ma fu una sciocchezza da parte mia pensare che lei potesse approfondire i sottintesi di uno scritto erudito. A mia madre invece, a questa fragile donna di sessant'anni, meglio s'addice vederla a una stazioncina con fermata a richiesta mentre aspetta di salire su un espresso che le sfreccia accanto a centosessanta all'ora.

Tuttavia, quando si ha una madre intelligente non si rinuncia con facilità alla speranza di una comunicazione essenziale.

Era notte, i profughi erano accampati sotto i loro cespugli spinosi e non li si vedeva soffrire. Le condizioni erano favorevoli per affrontare argomenti più vasti. Quella sera non c'era bisogno di andare a mangiare alla mensa del campo. Aprii qualche scatoletta della charcuterie di Fauchon e finimmo con dell'eccellente calvados.

Io persi un po' l'orizzonte, credo, e provai su di lei qualcuna delle mie idee sull'Oriente e sull'Occidente. La combinazione di pâté e morte per fame mi diede l'avvio. Però anche Boccaccio mette in scena giovani d'ambo i sessi che s'intrattengono con storie d'amore e motti arguti in tempo di peste, e così dopo che finimmo in fretta le specialità e il buon calva mi fu andato un po' alla testa, presi a parlarle della letteratura russa sui campi di concentramento, le opere di Solzenitsin, Shalamov e altri. Dissi che in Oriente l'umanità deve subire la prova della privazione. Molte delle funzioni umane più alte sono eliminate. Negli Usa, al contrario, abbiamo una popolazione confinata ai più bassi degli interessi umani; in Russia ci si applica ad eliminare ciò che è elevato, in America a indulgere a ciò che è basso. Così può sembrare a uno sguardo superficiale.

Negli ambienti colti americani s'invidia l'Oriente per le maggiori opportunità che esso offre di coltivarsi e di crescere, giacché là si soffre di più. Qui invece la sofferenza è pochissimo nobile. Nessuno viene fatto a pezzi per via delle idee che ha. Ciò significa che tanto varrebbe giocare a backgammon. be', forse è così. Ma l'Homo Sovieticus è un'entità estremamente noiosa. Sebbene non per colpa sua, ve lo garantisco. Soprattutto è per via del fatto che lo spirito dell'uomo è uscito sconfitto dalla cosiddetta Rivoluzione. Comunque, la Russia ha una risorsa particolare, e cioè la convinzione che la Russia stessa sia la patria delle più profonde e sincere emozioni.

Dostoievsky, tra gli altri, incoraggia questa fama di sconfinate passioni. In confronto, l'Occidente non è che un ospedale per amputati da congelamento emotivo e altri invalidi. Sì, ma ci sono dei russi i quali ci dicono che ci hanno infinocchiato. Lev Navrozov, che non è certo uno sciocco, dice che per quanto riguarda il comportamento irrazionale e puramente emotivo, l'America del ventesimo secolo è quello che era la Russia nel diciannovesimo. Si fa mostra dei sentimenti di gran lunga più qui da noi che in Unione Sovietica. Sono sentimenti non del tutto gradevoli, ma ce n'è tanti.

Lev Navrozov accusa addirittura Dostoievsky di essere uno che faceva dell'ideologia, un individuo che personalmente era un razionalista freddo e calcolatore, bilioso al novanta per cento. Ma su questo possiamo sorvolare, se preferisci, mamma.

Lei non era d'accordo nemmeno su una parola di quanto andavo dicendo. Pensava che stessi dando i numeri.

Ma invece di smettere, tirai un'altra bordata. Se in Oriente la prova da subire è la privazione, in Occidente è il desiderio.

Prese male anche questa. Pensando probabilmente alla carriera amorosa di papà, disse che ero pazzo. Prova da subire, avevo detto!

Non la subiva lui, la subiva lei! Erano anni che le toccava di sopportare ogni sorta di corna, ed ecco che arrivavo io a dire che era lui a soffrire. Non bastava che fossi un po' sordo dalla nascita; bisognava che fossi anche idiota. "Vuoi paragonare Londra, Parigi e New York a Magadan e Kolyma? O a questo campo qui dove stiamo adesso?

Ho fatto male a mangiare quella roba che hai portato."

Improvvisamente papà era comparso davanti a noi con tutte le sue pollastrelle in vari stadi di denudamento. Quella sì che era una prova da subire!

Ci sono tormenti e tormenti. La mamma non aveva letto quella poesia di D'H' Lawrence sulla tortora che grida "crocifisso nel sesso". E

nemmeno aveva letto il suo Proust, sebbene a casa avesse scaffali e scaffali pieni di Proust. Pensava che, in quell'ambiente, ero senza cuore a dipanare teorie e a dilettarmi di paradossi.

Avrei potuto dirle (correggendola con cortesia e gentilezza) che la sofferenza russa è, da un punto di vista storico, la sofferenza nella sua forma classica, quella sofferenza cioè che l'umanità da sempre conosce benissimo nelle forme della guerra, della peste, della fame e della schiavitù. Queste forme della sofferenza monumentali e universalmente note certamente accrescono umanamente chi sopravvive.

La tentazione era di cercare di far capire a mia madre che bisogna tener conto anche della sofferenza della libertà. Altrimenti attribuiremmo un livello più elevato al totalitarismo, se dicessimo che è solo con l'oppressione che possiamo rimanere onesti. Gli uomini liberi, che non ricevono aiuto né dal cielo sordo né dalla terra neutrale, si trovano a dover affrontare scelte pericolose, mortali, che determineranno il futuro della civiltà. A questo punto, a mo' di digressione, menzionai il modulo del dolore dello zio.

La mamma mi guardava con autentica preoccupazione, come se avessi perso una rotella. Era meno vecchia quando aveva smesso di cercare di essere una signora di mondo. Lei voleva parlare del fatto che quarantamila persone si affollavano in un campo costruito per duemila; che l'acqua veniva portata coi camion da cinquanta chilometri lontano; che migliaia di famiglie avevano sulla testa solo un tetto di rami; che la milizia etiopica di là del confine portava via i figli degli Oromo e violentava le donne; che i funzionari della Somalia cercavano di costringere i profughi a ritornare così che le truppe di Mengistu, organizzate per compiere atrocità ancora peggiori, potessero finire per bene il lavoro. Ecco invece che arrivava il suo unico figlio e si metteva a tenerle lezione. Sotto questo aspetto era identico a suo padre, che nella sua lista dei piaceri metteva quello di tener lezione subito dopo il sesso. Il figlio venuto a trovarla blaterava del 1905, della paura che i russi avevano del mongolismo negli ultimi anni del vecchio regime; della Russia medievale che respingeva l'Orda d'Oro con la battaglia di Kulikovo. Blok aveva scritto un grande poema su questo argomento.

Bely ne sentiva con passione il significato profetico, e cioè il pericolo di sprofondare negli abissi primordiali del caos a meno che non risplendesse un sole spirituale, a meno che il Cavaliere di Bronzo non avesse potuto scavalcare d'un balzo la storia. Questo significava la Rivoluzione, con cui la Russia aveva cercato di isolarsi dalle prove della coscienza moderna. Si era come sigillata.

Dentro questo paese sigillato, Stalin continuava a distribuire la vecchia morte. In Occidente invece, la prova da subire riguarda una nuova morte. Non ci sono parole per descrivere ciò che accade all'anima nel mondo libero. Non importa la pensione per tutti, non importa il lusso. La nostra consapevolezza sepolta ne sa di più.

Queste cose si vedono mediante centri remoti di consapevolezza che si oppongono a che noi raggiungiamo un completo stato di veglia. Perché in completo stato di veglia noi ci troveremmo a dover affrontare la nuova morte, e cioè la prova specifica della nostra parte di mondo.

Se diventassimo veramente consapevoli di ciò che sta davvero accadendo, ci troveremmo a vivere tra sofferenze spaventose.

"Non avrei dovuto mandarti a studiare il russo da quel vecchio che abita in Rue du Dragon" disse la mamma. "Ti ha segnato per tutta la vita."

Avevo fatto male, immagino, a portare le mie preoccupazioni in quella terra di fame e di genocidio. La mamma era scandalizzata dalla mia astrattezza. Quando parlavo, lei sentiva ancora il bambino mezzo sordo. Riuscivo a capire il suo punto di vista. Avrebbe di gran lunga preferito, come segno che io ero finalmente cresciuto, sentirsi dire:

"Ho un piano per cacciar via Flora Lewis dalla pagina delle opinioni e prendere il suo posto". Ma io ero troppo inetto e stupido per riuscire a questo. Forse il vecchio Yermelov (e mio zio) mi avevano reso incapace di una vita produttiva.

Ma non voglio indugiare oltre in Somalia.

Lo zio e io eravamo a Kyoto (sono trascinato da una regione all'altra del mondo), e l'ospite dello zio, il professor Komatsu, un altro gigante della botanica, venne a prenderci alla Locanda Tawaraya per portarci a vedere i famosi giardini dei templi.

Era un signore sull'ottantina, scarno e scuro, che indossava un chimono e dei sandali tutt'altro che nuovi. Aveva il cranio cosparso di chiazze di melanina. Gli occhiali con la montatura metallica risalivano a un'altra epoca. Aveva studiato a Oxford nel 1925. Anche la limousine presa a noleggio con cui arrivò era d'altri tempi. Credo fosse una Vauxhall, e mai avevo visto una cosa del genere se non nei film muti. Lo zio Benn aveva cambiato umore. Era molto gaio e non riusciva a trovare le parole per dire quant'era felice. Dava l'impressione di voler fare andare tutto per il meglio con le sue mani, senza mai toccare veramente gli oggetti che gli davano soddisfazione. Là era primavera, una primavera piovosa ma calda, tutta diversa dalle piogge torrenziali di Seattle. Una pioggerella sottile cadeva ogni tanto da un cielo che era luminoso, non cupo.

Quando stavamo sotto gli alberi la sentivamo picchiettare sulle foglie nuove e trasparenti. Il professor Komatsu aveva portato un grande ombrello marrone.

Non c'erano ampi orizzonti, solo colline boscose e piccoli campi.

Del Giappone industriale non si vedeva traccia. Sapeva stare al suo posto: un posto parecchio spazioso, naturalmente, ma noi non vedevamo nemmeno una finestra di fabbrica scintillare al sole. Il professore ci aveva preparato qualcosa di speciale. Aveva tradotto alcune delle sue poesie, e quando ci fummo chiusi dentro la Vauxhall chiese il permesso di leggercele. I versi avevano un unico tema: la sua balia, che il vecchio aveva molto amato settantacinque anni prima e che era morta nel 1912, quando lui aveva sette o otto anni.

"E' stata l'amore della sua vita?" disse lo zio.

Il vecchio professor Komatsu non poteva accettare questa formulazione così occidentale.

L'autista rallentò mentre lui leggeva le poesie. Io mi spostai sul sedile pieghevole per defilarmi. Lo zio aveva la faccia contratta in una smorfia di cortese attenzione. Entrambi guardavamo come si muovevano gli incisivi inferiori del vecchio, pezzetti di denti che sembravano i semi di melograno quando diventano secchi e scuri.

Presentandomi al professore, lo zio mi aveva assicurato, con quel tono di voce più basso del solito con cui faceva serie dichiarazioni, che Komatsu era un biofisico che aveva dato al mondo lavori di autentico valore scientifico. Che un uomo così scrivesse poesie dedicate a una donna morta da tanto tempo dimostrava che l'amore veniva tenuto in alta considerazione da taluni scienziati, uomini che avevano imparato a leggere gli infiniti misteri del grande libro della Natura. Così come Dio ha avuto un lancio pubblicitario eccezionale grazie al fatto che Einstein ne ha fatto menzione, allo stesso modo la quotazione dell'amore, oggi a un minimo storico, saliva perché il professore la sosteneva.

L'antica automobile tutta strutturata secondo linee perpendicolari (costruita molto tempo prima che l'aerodinamica fosse un fattore che motiva all'acquisto) entrò in una radura nel bosco dove una squadra di donne, tutte vestite di marrone scuro, stavano lavorando. Chi conosce le catene di montaggio americane, dove gli operai certe volte svolgono il loro compito sotto una coltre di fumo di marijuana, si renderà conto che in Giappone si ha una concezione tutta diversa del lavoro, perché la gente sembra buttarsi nel lavoro senza risparmio, senza riservare nulla per sé. Quelle donnine, curve sui tronchi disposti su cavalletti, prima li scortecciavano e poi grattavano, lavavano, strofinavano e levigavano il legno. "Quelle travi" spiegò il vecchio professor Komatsu, "hanno una particolare importanza simbolica nella casa tradizionale."

"Ah, sì. Gli alberi vengono appositamente coltivati, immagino"

disse lo zio.

"Sì. E il legname viene accuratamente controllato e fatto stagionare. Queste donne provvedono quindi a prepararlo con i materiali prescritti, credo pomice e olii di varia natura. Tutto viene fatto a mano. E', insomma, una specie di culto."

Allo zio uscì spontaneo un commento: "Le donne che sanno fare un lavoro del genere devono essere delle mogli meravigliose".

Si poté allora seguire con lo sguardo il graduale mutare d'espressione del volto di Komatsu via via che vi si formavano larghe rughe d'apprezzamento. Levò la faccia verso il tetto dell'automobile e rise. Pensai che volesse prendere il portavoce a tubo e tradurre la battuta dello zio per l'autista. Invece incrociò le braccia (aveva il grembo pieno di poesie) e disse: "Questo è uno dei motti arguti per cui lei va famoso, professor Crader. Trasporre quel trattamento dalle travi ai mariti. Purché il marito sia disposto a prendere il posto di un tronco d'albero".

"Ah, professore, ci sono dei momenti in cui io lo farei molto volentieri. Oggi mi parrebbe un paradiso."

Erano cose che certamente Caroline non gli avrebbe fatto. E nemmeno la povera Della Bedell.

"Quelle signore avranno i calli sulle mani" disse Komatsu. "Ci vorrà del tempo prima che le mani ritornino morbide. E' un'idea, la sua, un po' da fiaba, da Flauto magico: una creatura brutta e vecchia che si trasforma in una moglie giovane e bella."

"Tuttavia, si direbbe che le scelte programmate e razionali non funzionino" disse lo zio. Io conoscevo bene i suoi umori. Lui parlare di scelte razionali? Era parecchio su, si stava divertendo.

Il vecchio professor Komatsu prese a scherzare con lui. Il vecchio disse: "Voi trovate affascinante il nostro mondo feudale, ma gli americani che vengono qui a cercarsi una moglie docile hanno spesso delle delusioni. Dopo un anno o due negli Stati Uniti, le signore si americanizzano. I ruoli si rovesciano. In breve tempo, professor Crader, sarebbe lei a fare il servitore, a strofinare sua moglie mentre se ne sta sdraiata, là dove glielo dice lei."

Sì, bene, anche questo sarebbe stato preferibile a quanto toccò in seguito allo zio Benn. Avrei dovuto chiedere a Komatsu di raccomandarci un affidabile paraninfo giapponese. Allora non ci sarebbe stata Matilda, né la famiglia Layamon.

Una ben strana popolazione - noi, voglio dire, non i giapponesi.

Oh, anche loro sono strani. Tokyo e Osaka sono villes fourmillantes, formicolanti di gente. Basta aprire una porta per far entrare centinaia di persone. Non si può aprire un cassetto senza trovarci qualcuno dentro. Alzate un tombino e ne verranno fuori frotte di gente. Ma noi siamo più strani, tesi come siamo a gratificare tanti desideri, scatenati nel mondo a vivere la vita. O a guadagnare il denaro per vivere la vita. O a dimostrare che si può vivere la vita con i soldi degli altri. Per toccare uno dei miei punti dolenti, Treckie mi aveva detto a Seattle: "Mi sono abituata alle scelte multiple". Cosa voleva dire?

Mi fece pensare a quell'amico di cui parla Stendhal nelle sue memorie, quello che provava piacere solo se faceva l'amore con una donna una volta, al massimo due.

Ma siamo a Kyoto, in gita turistica.

Parcheggiata la limousine sotto un antico tempio, salimmo a piedi fino ai giardini, fermandoci spesso a riprendere fiato. Io rimasi subito indietro di parecchio; lo zio, globe-trotter provetto, non dava segno di stanchezza.

Nulla fu poi altrettanto bello nel nostro viaggio in Giappone. I due professori di botanica si scambiavano informazioni su foglie e gemme mentre pesanti gocce di pioggia cadevano sull'ombrello di Komatsu veloci come una trasmissione in Morse. A un certo punto venne fuori il sole. Quando le nuvole si aprirono, ci fu un attimo in cui mi tornò alla mente il modo in cui Treckie certe volte si spazzolava i capelli da una parte e in avanti. Quando le immagini di una donna ti arrivano in questo modo, è un segno del cielo che sei stato prescelto per avere dei guai. Oppure che ti sei prescelto da te, come se gli altri già non ti dessero grane in abbondanza.

Mentre Benn camminava avanti a tutti, il vecchio professore giapponese mi disse che lo zio aveva il dono dell'osservazione. Non si trattava forse di osservazione "scientifica" nel significato consueto del termine. C'era qualcosa di "visionario" nella precisione con cui "le piante gli apparivano". A tutti può venire un pensiero ultrachiaro, vi è però uno stadio ulteriore in cui il pensiero non si limita a essere ultrachiaro ma diviene visibile, quasi sia disegnato o dipinto davanti agli occhi della mente.

Io non sapevo se arrivavo a capire questi concetti. Del resto, nemmeno il professore lo sapeva. Può un pensiero essere anche un oggetto? Ebbene, Euclide faceva diagrammi del pensiero. I francesi hanno dei fiori che chiamano pensées, disse. Ma quello non contava; era un modo di dire sentimentale. Il linguaggio dell'amore coi fiori?

Nella scena della follia di Ofelia è commovente, ma a parte il patimento amoroso e il dolore filiale val poco, è solo folclore per fanciulle. Io stavo molto attento a non offendere Komatsu, che magari aveva fatto uso del linguaggio dei fiori nelle sue poesie. Dal vecchio comunque ricavai la conferma di quanto già sospettavo, e cioè che mio zio non vedeva come noi vediamo le cose. Non mi meravigliava che spesso mi avesse detto che dal suo punto di vista le piante erano esseri quanto mai bizzarri, costituivano una branca della vita per cui era necessario possedere poteri speciali e quasi divinatori. Pur essendo altamente strutturate non danno segno di possedere una coscienza così come noi l'intendiamo. Sopra un mondo di roccia, sono ricche di succhi, respirano, si protendono verso l'esterno. Rispetto ad esse noi siamo ripiegati verso l'interno, penso agli intestini o alle circonvoluzioni cerebrali.

Lo zio si dava un gran daffare intorno a quel tempio, ed era felice. Lo osservai mentre si curvava ad esaminare foglie o gemme.

Quella sua schiena russa era sempre più ricurva, come se sotto la giacca avesse delle elitre, e volendo, avesse potuto togliersi qualche indumento e mettersi a svolazzare nel giardino del tempio. Ma sarebbe stato sconveniente lasciarsi indietro i suoi amici umani. Era una persona molto educata.

Di nuovo si poneva l'interrogativo: e se anche gli esseri umani si fossero potuti vedere con quella chiarezza assoluta? e se lo zio ne fosse stato in qualche misura capace? Magari vi era un influsso, una sorta di verde sovrapposizione, quando nel suo campo visivo compariva un volto umano. Però non era capace di trasferire la sua dote alle relazioni umane. Questo sarebbe apparso chiaro tra breve con il suo secondo matrimonio.

Passerò a questo tra poco, presentando Matilda Layamon.

Certi colleghi più giovani del vecchio professore ci portarono una sera in città. Ridendo dissero che ci avrebbero fatto dimenticare le poesie sulla balia di Komatsu con cui questi perseguitava tutti quanti, e chiesero se il dottor Crader avrebbe avuto delle obiezioni ad andare a vedere qualche donnina. E così immaginatevi la scena: un veggente del regno vegetale invitato ad assistere a uno spogliarello.

"Roba davvero forte" disse uno di loro. "Credevo che questa fosse una delle città sante dell'Asia" fu il commento dello zio. La cosa parve loro molto divertente. Capii che la reputazione di uomo di spirito che si era fatta lo zio derivava forse da una serie di equivoci dovuti alla diversità delle culture. Questi giovani professori risero molto, forse per pura cortesia. (Ancora una volta, cortesia: più le regole dell'ordine si disintegrano, più sono strane le forme che la cortesia assume.)

Lo zio aveva poca esperienza di spettacoli lascivi. Queste rappresentazioni non erano il suo pane quotidiano. In realtà quei giovani professori volevano sottoporlo a un test. Volevano vedere come il famoso botanico americano reagiva alle donne. Anch'io ero curioso. Tuttora non saprei dire con sicurezza in che misura lo zio fosse, per natura, un uomo sensuale. Sapevo che aveva in mente le donne, ma non perché. Non aveva gli interessi di mio padre, potrei giurarlo davanti al notaio. Aveva forse gusti pagani? Era stimolato eroticamente alla greca, in senso dionisiaco? Ebbene, tanto per cominciare era ebreo, e un ebreo che sembrava un russo. Immagino siano sempre esistiti ebrei come lui. E come papà. E anche come me, ebrei magri e bruni, bramosi di arrivare al fondo delle cose, un impasto di sincerità e furbizia. Ma mai è esistito un momento storico che sessualmente sia simile a questo; diverso da Babilonia e da Roma, diverso dall'India antica. Questo sarebbe un soggetto davvero interessante per uno studio. Sono così pochi quelli che hanno intelligenza sufficiente per trovarne uno veramente buono.

Nel teatro dove ci portarono dopo cena non c'erano poltroncine.

Soltanto posti in piedi. Il palcoscenico era proprio al centro del locale, e folle di uomini lo circondavano. La consueta numerosità giapponese, la solita densità da folla. Il pubblico era composto per lo più da giovani dirigenti, vestiti, esattamente come i loro equivalenti americani, tutti con completi a tre pezzi di quelli che gli inglesi chiamano abiti da passeggio, come se si possa andare a passeggio all'Ibm, alla Mitsubishi o alla Sony. Una moltitudine di giapponesi benvestiti, presumibilmente ad alto reddito, neri di capelli, molto emotivi ma molto controllati, teneva gli occhi fissi sul palcoscenico. Qui ogni ragazza aveva un cartello: Miss Osaka, Miss Tokyo, Miss Nara, Miss Yokohama, Miss Nagasaki. Indossavano chimono ricamati, obi cerimoniali e zoccoli, ciascuna con l'ombrellino e i capelli tirati su in alto, le facce sbiancate e dipinte. Ognuna di queste scolarette prese a cantare con un dolce tremolio nella voce. Dopo questa messa in scena preliminare andarono dritto al sodo, come fanno le spogliarelliste in tutto il mondo. Le ragazze erano particolarmente carine e graziose. Dopo di che, queste fanciulline entrarono due alla volta in una specie di gabbia di plexiglass. la gabbia veniva tirata su fino al soffitto e qui collegata a una monorotaia. La gabbia prendeva quindi a girare qua e là per tutto il teatro seguita dai proiettori mentre le ragazze dentro se la spassavano, si rotolavano l'una sull'altra, si baciavano con la lingua, avevano orgasmi. Era uno spasso, per le ragazze. Gli uomini, tutte quelle teste accuratamente tosate girate in su, erano cupi. L'atmosfera era greve là sotto, e soprattutto quando la gabbia di plexiglass tornava giù sul palcoscenico. Allora ogni ragazza a turno si chinava, allargava le ginocchia e se la apriva con le dita.

Silenzio di morte. Una specie di follia immobile discendeva sul locale. Si sarebbero potute tratteggiare le linee di forza direttamente dagli occhi degli uomini al centro del desiderio, a quel casto tesoro tutto aperto. Tutti quanti dovevano vedere, vedere, vedere la cosa delle cose, il piccolo organo rosso come un puntaspilli di satin. Gli uomini stavano tutti pigiati insieme, troppo disciplinati per mettersi a spingere. Tutti quei geni del commercio e del laboratorio che rivaleggiavano con i tedeschi, gli inglesi e gli americani, questi tipi da alta tecnologia e da alta direzione, nessuno dei quali era ubriaco, nessuno dei quali apriva bocca, erano venuti a vedere ciò che quelle ragazze stavano mostrando. Miss Osaka e Miss Nara messe lì di fronte a voi, prosaicamente come più non si può, e più era prosaico, più pareva che ci fosse mistero. I professorini che avevano portato lì lo zio per studiare le sue reazioni non lo stavano nemmeno guardando. A tutti quei botanici, quegli ingegneri, quegli inventori di miracolosi strumenti ottici che andavano dal microscopio elettronico agli apparecchi che ci rimandano le immagini delle lune di Saturno, non importava altro che quel lento aprirsi. Non si stancavano mai di guardare. Le ragazze sentivano il peso dell'attenzione degli uomini e pareva sapessero quanta sofferenza provocavano e quanto era scosso il pubblico. Ero scosso anch'io. Non c'era niente da fare. E lo zio se ne stava lì, grosso e voluminoso nel suo bel completo grigio, tesissimo.

Era più di quanto potesse sopportare. Perse un mucchio di terreno, a Kyoto. Non stette a girarci tanto intorno. La mattina dopo disse che era arrivato il momento di partire.

"Non hai dormito bene?"

"Ho preso una pillola di Dalmane. Io sono pronto. Ma guardaci un po', a far colazione per terra. Una settimana di questa vita basta e avanza, per me."

"Non è la prima volta che sei andato a vedere lo spogliarello. Hai più di cinquant'anni, e ne hai viste delle altre, di ragazze."

"Naturalmente. Ma non mi è piaciuto come mi sono sentito ieri."

"Quante volte hai fatto il giro del mondo?"

"Più di Giulio Verne."

"Come ti sei sentito esattamente, ieri?"

"Prima acceso e poi spento, e poi acceso e ancora spento, fino al punto della disintegrazione."

"E' complicato, il modo in cui i giapponesi vedono il sesso. Hanno delle premesse tutte diverse."

"Sarà così, certo. Ma a me non importa proprio niente."

"I manager giapponesi si organizzano dei viaggi turistici sessuali.

Le mogli stanno a casa, i mariti vanno in aereo a certe feste speciali, in America Latina."

"Interessantissimo, per un antropologo. Non è il mio campo. Che facciano quello che gli pare. Per me, è troppo stressante."

"I nostri amici dell'altra sera vorrebbero portarci in un club dove c'è uno che si fa un nodo all'uccello."

"E io non voglio vederlo" disse lo zio. "Quando uno decide di applicare le sue capacità a un campo troppo ristretto, esagera sempre. E allora diventa un inferno."

Era parecchio scosso, altrimenti non si sarebbe espresso con tanta forza. Avrei dovuto capire che cercava protezione. Forse rivedeva (come succedeva a me) le fanciulle giapponesi con i peli ritti sul pube, l'intenso nero setoso intorno alla piccola fessura di satin. Lo zio non conosceva l'ironica distanza; non aveva un temperamento mondano. Oggi a tutti quanti si mette davanti il mondo intero da giudicare, come dicendo: "Peggio per te se non lo capisci giusto".

Peggio per tutti, allora, perché non lo capisce giusto nessuno. In quanto al sesso, lo zio non era uno dei giocatori veramente qualificati. Mai sarebbe stato un concorrente veramente temibile. Non che fosse poi così innocente. L'innocenza non esiste. Pensate soltanto a tutti quei bambini di scuola materna che nei processi per abusi sessuali testimoniano contro anziane maestre, mandando magari in galera persone del tutto rispettabili. Qual è l'origine di questi inganni infantili? E le pratiche decadenti dei vari Remy de Gourmont, il vizio cosiddetto "inglese" alla Swinburne, il Jardin des supplices del secolo scorso. Tutta questa roba è banale e allegra come i cereali a colazione. E in quanto all'"innocenza", non ne voglio più sapere dopo ciò che disse Ponomarenko, che era il vice di Stalin e il boss della Bielorussia, sull'opportunità di preservare l'innocenza delle masse. La purezza è la mimetizzazione preferita dei crimini più ignobili. (E anche di certe forme di pazzia.) Quindi, tornando allo zio, lui non era affatto innocente. Era schizzinoso in modi strani, in un certo senso schifiltoso, difficile da capire, al di fuori delle categorie che mi erano accessibili. Naturale che aveva letto i classici, Forel e Havelock Ellis, Kinsey e l'altro Ellis esperto di cose del sesso - Albert, il Thomas Paine della rivoluzione sessuale -

più Masters e Johnson, e non so che altri. Già ho fatto presente che si prendeva il disturbo di tenersi informato sull'herpes, sull'Aids e sulle altre malattie veneree. E come potrei sostenere che non avesse un gusto per le varie Della , Caroline eccetera? Una volta mi disse che nell'amplesso Caroline gridava: "Oh, sei un angelo! Sì, tu, un angelo!". Perché mi avrebbe detto una cosa del genere se non per definirsi? Quella strana era lei. Lui invece era lo scienziato e l'uomo-bambino (l'innocente, l'angelo) che si prestava ai desideri di lei... Non ero assolutamente d'accordo, su questo.

Per la zia Lena aveva dell'autentico affetto, e come marito le era stato fedele. Però mi permetto di riferire qui una confidenza che mi fece una volta - adesso non c'è niente di male. Tra i trenta e i quarant'anni fece un unico piccolo esperimento, non con un'altra donna ma con un farmaco. Un suo collega di medicina gli aveva fatto alcune iniezioni di testosterone. Così, a titolo sperimentale. Per qualche tempo non ebbero effetto alcuno. Ma un giorno - Lena era fuori, era andata al mercato - fu preso all'improvviso da sensazioni sessuali d'intensità spaventosa. "Rimasi lì senza sapere che fare.

Tutto d'un colpo ero ritornato bambino. Due pugni minuscoli, due piedini infantili, e tutto il resto di me era un'unica, rigonfia tumescenza. Quanto basta per trasformare chiunque in un bambino che piange - che piange perché non ci può fare assolutamente nulla."

"Ma cosa hai fatto?"

"Ho aspettato che passasse. Che altro potevo fare? Quella roba non l'ho ripresa mai più."

A mio parere non ne aveva bisogno. E ora che aveva passato i cinquanta era ancora tormentato, un bell'esempio del cimento del desiderio. Ci pensavo mentre parlavo con la mamma. Sul finire della mezz'età la gente guarda ancora agli ardenti fuochi del sesso da cui, in altre civiltà, si allontanano quand'è venuto il momento. Costoro prendono la vita stadio per stadio, con dignità - così almeno mi dicono - senza le lacrime che certi nostri poeti, anche grandissimi, spandono nei periodi di anarchia sessuale. Ma ogni epoca ha i suoi grandi rischi: ed è molto probabile che quando questi rischi prendono slancio ti travolgano. Pensate alla Morte Nera o alle guerre mondiali o al lavoro forzato. Quando arrivano, pochi hanno speranza di sfuggirvi. Può sembrare strano affiancare i nostri grandi rischi, i rischi erotici, ad esempio, alla guerra o al lavoro forzato, ma qualunque cosa sia quella che si porta via le anime a milioni per volta, bisogna tenerne conto. Ciò va detto in un momento in cui degli

"osservatori intelligenti" stanno avvertendo l'America che per poter smettere di essere un mostro superficiale ha bisogno di prepararsi ai tempi bui, e dunque richiede una prova di grandi proporzioni, una prova di quelle vecchio stile. Se gli angeli del signor Yermelov, quelli che vengono per instillare dentro di noi l'amore di ordine superiore e ci trovano impreparati, ce lo iniettano direttamente nel corpo fisico così che noi cadiamo immediatamente nelle forme di corruzione più vistose e terribili (cosa che, ciechi che siamo, scambiamo per piacere!), l'unico argomento che si può addurre per rifiutarsi di considerarla una prova è di dire che non ne siamo consapevoli. Da ciò si può vedere perché mai io faccia così poco affidamento sugli "osservatori intelligenti", sugli intellettuali.

Sono dei poveri diavoli. Non una classe vera e propria.

Ma non ho intenzione di continuare oltre questo discorso. Qui voglio far notare solo un fatto semplicissimo, e cioè che lo zio era profondamente turbato da una successione di misteri sessuali. Non c'era motivo per cui Miss Yokohama e Miss Nagasaki dovessero sconvolgerlo così a fondo, e provocargli un dolore tale per cui abbia deciso di mettere ordine nella sua vita una volta per tutte. A questo proposito non si confessò con me. Immagino non volesse mettere la sua vita nelle mie mani. Queste sono scelte che un uomo deve fare da sé.

Questo lo posso capire benissimo. Posso capire perché parlare del matrimonio con Kenneth Trachtenberg l'avrebbe fatto diventar matto.

Quello che non posso capire è perché mai abbia scelto una donna come Matilda Layamon, se ciò che desiderava era calme o ordre, per non parlare della volupté.

Comunque sia, a Natale, mentre io ero via, all'estero, sposò questa signora con una cerimonia privata nella casa dei genitori di lei, il dottor William Layamon e sua moglie.

ö:::::o

Ero andato a trovare mia madre in Africa Orientale e mio padre in Rue Bonaparte. Quando, per l'anno nuovo, tornai a casa, trovai la partecipazione di matrimonio. Sulla busta c'era la scritta "Non inoltrare". Ora, una partecipazione di lusso come era quella va ordinata con mesi d'anticipo. Gli inviti con incisione a mano non si possono certo sfornare a macchinetta come se niente fosse. Era chiaro che le partecipazioni le avevano dovute ordinare parecchio tempo prima che io partissi. Quando lo zio mi aveva accompagnato in macchina all'aeroporto, i giochi erano già fatti. Eppure non aveva fatto parola di Matilda Layamon. non sapevo neppure che uscisse con lei. E sì che questa donna l'aveva conosciuta per mezzo mio. Era stata mia madre a presentarmi Matilda. Alla mamma piaceva prendersi sotto l'ala le ragazze americane a Parigi, e Matilda era una delle protette di mia madre. Vivendo da tanti anni in Europa, la mamma era una fonte preziosa di consigli e d'informazioni, e anche di conoscenze utili. Se si sapeva come prenderla ti presentava a un mucchio di gente, e magari dava anche una festicciola per qualcuna delle sue favorite. Inoltre, aprendo le porte alle belle donne forse la mamma voleva dimostrare a papà che non aveva paura di niente.

Chissà? Non credo che intendesse fargli da complice. Di certo lei si rendeva conto di aver sposato un genio (un genio dell'amore, cosa che mio padre è a tutt'oggi). Quante sono le persone veramente notevoli che si conoscono in tutta la vita? Si veda il caso dello zio Benn.

anche lui era una persona eccezionale, sebbene ora in quanto vado dicendo di lui non ho tanta voglia di ammetterlo. Bene o male ce l'ho ancora con lo zio perché mi ha ingannato, perché ha violato le regole del nostro sodalizio.

Matilda, a proposito, non ebbe mai una relazione con papà. Stava dalla parte della mamma, anche se il suo appoggio non le era sollecitato. I rapporti tra mamma e papà erano coperti dal segreto di stato. Matilda scriveva alla mamma in Africa Orientale, ma nelle sue lettere non fece mai menzione dello zio Benn. La mamma ricevette la partecipazione soltanto a febbraio, e in questo modo Matilda poté assicurarsi che non vi sarebbero state interferenze da quella parte.

La mamma prendeva spesso in giro lo zio Benn per le sue storie di donne. Essendo una Crader, aveva ereditato l'arguzia di famiglia, e una volta disse: "In amore, mio fratello è come quell'emofiliaco che si faceva la barba al buio con un rasoio a mano libera". Quando alla fine Matilda informò la mamma che lei e Benn si erano innamorati e che il matrimonio, celebrato a Natale, era stato bellissimo, disse anche che era meraviglioso essere diventata la cognata di un'amica che le era tanto cara. Perfino la mamma, che aveva un debole per l'adulazione, si rese conto che questo era un pochino esagerato, e quando mi scrisse raccontandomelo declinò ogni responsabilità, così concludendo: "Mai mi era passato per la testa che una ragazza come Matilda potesse vedere una prospettiva matrimoniale in uno come Benn".

In un lungo poscritto la mamma commentava questo matrimonio mostrando di non vedere di buon'occhio il mio rapporto con lo zio e la tendenza a imitarlo che mostravo. Era convinta che lo zio esercitasse su di me un'influenza eccessiva. "Ti ha legato con gli affetti (e con le delusioni) e ti ha impedito di avere ambizioni tue.

Ora vi vedrete di meno e così sarai tentato di sposarti anche tu.

Treckie non è la moglie adatta per te. Appartiene alla cultura dell'acido di Ken Kesey, e a tutta quella follia che ora è passée e ancora non se n'è resa conto. Non ha creato nessuna avant-garde, cosa che sarebbe stata la sua unica giustificazione. Quando sei venuto a trovarmi mi hai parlato di una giovane donna di nome Dita Schwartz.

probabilmente non ti sei reso conto di quante volte hai ripetuto il suo nome. Evidentemente questa donna è contenta di starti a sentire perché ciò torna a vantaggio della sua istruzione. Tu hai avuto grandi opportunità culturali a Parigi, mentre lei è soltanto una ragazza americana, e per di più del Middle West, quindi è lei che ha tutto da guadagnare. Ciò può comportare, come corollario, che tu hai tutto da perdere. Dire a un figlio di stare attento il più delle volte fa sì che questi sia ancora più incauto. Ma ora tuo zio avrà meno bisogno di te che in passato."

Quest'ultima frase dimostrava che la mamma si trovava in Somalia non solo fisicamente, ma anche mentalmente. Mai lo zio aveva avuto bisogno di me come ora.

Riassumendo molto brevemente, per capire il contesto: Matilda era venuta a Parigi per fare ricerche sull'attività culturale al tempo dell'occupazione nazista. Era interessata soprattutto ai personaggi di primo piano, ad esempio Ernst Junger da parte tedesca e Céline da parte francese, assieme a Drieu la Rochelle, Brasillach e Ramòn Fernàndez (Fernàndez era un uomo di genio, ed è un vero peccato che si sia unito ai letterati fascisti). La mamma presentò Matilda a Marguerite Duras (questo molto prima che la Duras divenisse famosa), e Matilda passò alcune settimane a prendere appunti per la tesi di dottorato. Parlava il francese insolitamente bene per una neolaureata, aveva referenze di prima categoria per essere un'americana, era una bella donna e anche un'ascoltatrice che non molla, esattamente quello che ci vuole per gli interlocutori più loquaci. Nel raccogliere informazioni era instancabile e, sovreccitata lei stessa, otteneva la fiducia degli isterici personaggi che frequentava, balordi, per lo più, che avevano la strana idea di conciliare le atrocità del tempo di guerra con le altissime mete della civiltà francese. Ad esempio, per passare informazioni ai partigiani andavi a letto con un collaborazionista, o dopo che un doppiogiochista era finito ammazzato scoprivi che dopo tutto l'amavi veramente; in questo modo potevi avere tutto quanto: pornografia, douleur profondamente sentito, amore corrotto, politica e un elegante stile letterario, così che la purezza della cultura francese ne veniva preservata. Marciume totale. Non vi è persona ragionevole che sceglierebbe un soggetto del genere per una tesi.

Quando Matilda ritornò alla base (suo padre era un medico molto noto e molto ricco) mi venne a cercare, e fu per mezzo mio che Benn la conobbe. Andammo a cena tutt'e tre insieme. Lo zio rilevò che era bella: un giudizio obiettivo enunciato senza particolare calore.

Sicuramente non intendeva farmi credere una cosa per l'altra. A quel tempo l'idea di sposarsi non gli passava nemmeno per la testa.

Eravamo all'inizio dell'estate e lui stava lavorando con i suoi licheni artici, lieto di dimenticare le dure esperienze sessuali dell'anno precedente. Certe volte mi parlava evitando di cadere nel tecnico, di come i licheni traggono il nutrimento dall'atmosfera, dalle masse d'aria che si spostano da regione a regione portando con sé sostanze sia nutrienti sia tossiche. Io ero contento di vederlo tornato al lavoro, e non sospettavo di nulla. Stava benissimo tra la roba verde. C'era ben poco che riuscisse a fare del male a Benn il botanico. La volta che andammo fuori a cena Matilda mi aveva detto che si teneva ancora in contatto con la Duras, ma che aveva smesso le sue ricerche. S'era resa conto che la cosa era superiore alle sue forze, a meno di non calarsi completamente nello studio per cinque o sei anni. Mi parve di capire che aveva già rinunciato in passato a un certo numero di progetti analoghi. Supposi che in realtà non avesse voglia di portare fino in fondo queste sue iniziative. Il suo vero scopo era l'esplorazione sociale. Adesso aveva più di trent'anni, non si era ancora sposata, era ancora in tempo ad avere dei figli e ciò che veramente cercava era un marito. Mai mi passò per la testa l'idea che lo zio Benn potesse apparire un candidato accettabile agli occhi di questa donna interessante ma superficiale, nervosa, a cavallo tra la Francia e il Middle West. Solo ora capisco che il peso accademico e la fama scientifica di lui le offrivano una base d'operazioni stabile. Aveva avuto parecchie esperienze, troppe per sposarsi d'impulso come farebbe una ragazza innamorata. Comunque sia, aveva chiesto a mio zio di non dirmi della loro relazione. Sapendo che ne avremmo parlato tra noi si sarebbe sentita in imbarazzo. Io ero senz'altro una cara persona, e si vedeva benissimo che lo zio stravedeva per me, però era innegabile che ero un tipo un po' strano, noto per l'eccentricità delle sue teorie. Anche mia madre aveva lasciato intendere (e anzi l'aveva detto apertamente) che ero alquanto instabile. "E per quanto riguarda il matrimonio un uomo deve poter fare le sue scelte senza lasciarsi influenzare dall'esterno"

disse Matilda allo zio, "e seguendo i suoi istinti più veri."

"E così mi hai tenuto all'oscuro di tutto" dissi, quasi ammirando la sua bravura. Non avevo nessuna intenzione di dirgli che mi aveva tradito, che era venuto meno all'accordo che era il fondamento stesso del nostro rapporto. Che mi aveva bruciato per sempre.

Be', e che cos'è questa storia del "rapporto" e del suo fondamento?

Per dirla tutta e in breve, si tratta della desolazione di ciò che Swedenborg chiama "mera natura", il tedio cioè di aggirarsi in eterno dentro un circolo immutabile, sia cosmico o personale, che ci tiene prigionieri. Un mondo immutabile di materia e d'energia, capite. E'

la saggezza salomonica del "nulla di nuovo sotto il sole" o degli

"eterni ricorsi" un circolo chiuso, e un circolo chiuso è una prigione.

I miei genitori erano tipi (detto con tutto il rispetto filiale) da circolo chiuso. Da qui l'attrazione che provavo per mio zio. Mi pareva che lui non fosse limitato dalla solita circonferenza, ma che facesse delle incursioni nel regno vegetale, e certe volte anche più in là. Ebbene, venimmo così a un'intesa. A un livello molto elementare, nessuno di noi due avrebbe lasciato che l'altro finisse addosso a un'elica in rotazione. E avevamo l'abitudine, presa nel corso di alcuni anni, di dirci l'un l'altro (con liberatrice serenità di spirito) quello che ci succedeva a tutti i livelli. Per cominciare con un esempio semplice, magari lo zio diceva: "Proprio non riesco a farmi passare questo pruritus ani". "Prova a farti un bidet." Ora, vedete se vi riesce di trovare un Otello che parla dei suoi pruriti.

Ma non siamo più nello stadio glorioso delle grandi guerre. Partiamo invece dall'estremità opposta. Eppure è sempre la stessa umana capacità di penetrazione, sia che si parta dalla cima sia che si parta dal fondo. L'intervento di uno Iago ti farà scendere al livello di una scimmia, di questo si può star certi. Comunque sia, tra me e lo zio cercavamo di coprire tutta quanta la gamma delle cose interessanti.

Noi esseri umani dovremmo gioire al cospetto del Signore, e maggiore è il diletto, più è grato a Dio. Io ho i miei dubbi che possa interessargli molto stare a guardare le merde che gioiscono.

Non mi riferisco ora ai tipi alla Iago, ma alla gente dotata di normale, e cioè atrofizzata, immaginazione. Compito della psicologia è di spiegare e di giustificare queste merde, ma lo Spirito di Dio sa che le condizioni principali sono epistemologiche e metafisiche, e che riguardano la prigione, l'inferno del circolo chiuso. "Prima dell'origine della terra" dice il Libro dei Proverbi, "io ero al Suo fianco, quale architetto e mi compiacevo giorno per giorno, gioivo di continuo in Sua presenza, mi dilettavo sul globo della terra, deliziandomi nei figli dell'uomo."

"Ho dovuto rimandare degli impegni di lavoro" disse lo zio riprendendo le razionalizzazioni che aveva così ben ripassato. "Son dovuto andare a prenderla dopo la lezione di ballo, o dopo la seduta dall'analista, e poi siamo andati per un'oretta nella serra del parco, o nel laboratorio di genetica di Frankenthaler."

"In posti cioè in cui non correvi il rischio di incontrarmi."

"Veramente non era questo cui pensavo."

"Tu no, ma qualcun altro sì."

"Non guardarmi con quell'aria di marito tradito, Kenneth. e nemmeno devi parlarmi come se io avessi tre anni e tu mi avessi colto a giocare con i fiammiferi."

Ben detto, questo. Cambiai tono. Ero io stesso sorpreso dall'irritazione, dalla rabbia, dal vulcanismo della mia reazione. Mi sentivo come un padre che abbia per un attimo lasciato andare la mano del figlio, e il bambino sia subito corso in mezzo alla strada finendo sotto un camion. Dolore e rabbia sproporzionati all'avvenimento non servivano con lo zio. Ma la partecipazione di nozze che avevo trovato al mio ritorno mi aveva molto scosso. Ebbi una reazione del tipo "dignità offesa", d'altri tempi. Lasciai un messaggio per Benn. Mi feci dare il nuovo numero dalla segretaria del suo dipartimento e lasciai un altezzoso messaggio alla segreteria telefonica. Era andato a stare con la famiglia della moglie nel doppio superattico che avevano in cima a un edificio di nuova costruzione situato, come dicono in questa città, in un "elegante quartiere antico" - vale a dire in mezzo a un gruppo di palazzoni residenziali, molti dei quali dipinti di rosa tanè, così che quando erano illuminati in pieno dal sole facevano pensare ai Figli del Mattino che gridano di gioia (gioia per tutti i quattrini che hanno accumulato). Io ho altri zii, dalla parte di papà, che lì sarebbero stati benissimo. Ma lo zio Benn non aveva davvero niente a che fare con un posto del genere. Mi richiamò molto presto. Naturalmente aveva pensato molto alle mie reazioni, e aveva trascorso molte notti insonni a decidere come fare la pace con me.

Io non volli andare a casa sua (la casa di prima, sotto l'appartamento di Della Bedell). Venne lui nella mia stanzuccia spoglia, priva di ogni comfort, alla casa dello studente.

Aspettandolo sulla mia logora poltrona, non avevo solo il broncio, ma ero d'umore aggressivo, e preparavo e limavo le mie accuse per mettere lo zio con le spalle al muro non una, ma più volte. Ma cosa diavolo hai creduto di fare? Non me l'avresti tenuto nascosto se davvero sapevi quello che facevi!... Ma d'un tratto mi vidi com'ero, pronto a cogliere ogni opportunità di prendermela con lo zio, il quale aveva già guai più che a sufficienza.

Stanco del viaggio, in una stanzuccia senza tendine o tappeti, erano state forse le riviste russe sparse per terra a indurre in me uno stato d'animo russo di vivi e lascia vivere. In Unione Sovietica quello sarebbe stato un alloggio sontuoso... ma cercavo solo di distrarmi con questi pensieri di privazioni e di stenti, giusto perché ero giù di morale. Mi vidi com'ero: lo schizzo di una figura umana, una via di mezzo tra Cruikshank e Rembrandt, una figura ossuta, dalla faccia lunga, gialla e verdastra (per via dei riflessi che salivano da un canale olandese). Oggigiorno il vivere, se ce la prendiamo a cuore, ti consuma, e io stavo trasferendo la miseria interiore all'esterno solo perché certe mie aspettative erano andate deluse. Se fossi stato una donna avrei risolto ogni cosa con un bel pianto purificatore. E oltretutto nulla quella mattina andava come doveva. Anche la protesi acustica era partita: e quando avevo infilato un dito tra i capelli lunghi per darle un colpetto, mi era esplosa nel cranio come un boom ultrasonico. Quindi - e proprio non saprei dire perché - mi tornò alla mente una vecchia storiella a proposito di uno show di Ed Sullivan. probabilmente non si tratta che di folklore. Sullivan aveva chiesto un piccolo contributo al generoso pubblico americano per poter curare una povera ragazza spastica. La ragazza venne curata e poi andò in Tv a far vedere quanto era migliorata. Per mostrare com'era ben coordinata, Sullivan durante lo show le diede un cono gelato. "Grazie, Ed", disse la ragazza, e prese il gelato. Ma invece di portarselo alla bocca se lo spiaccicò su un occhio. La crudeltà della storiella non era rivolta contro i poveri spastici, ma contro di me, contro il mio udito difettoso, una frecciata nata dalla rabbia.

Appena arrivato, lo zio confermò che avevo la faccia verde con segni neri (questione forse di bile). Disse che si sarebbe fermato solo pochi minuti per lasciarmi dormire. Rimase invece per parecchio tempo. "Non ti sarai ammalato in Etiopia, eh?"

"Il campo profughi non è in Etiopia, è in Somalia, a Tug Wajale.

Evidentemente la mia cartolina non è arrivata."

"No, no, sì che è arrivata."

Di solito la politica interessava pochissimo allo zio, e quindi di sicuro non sapeva cosa Mengistu stava facendo in Etiopia. Mengistu si era dato da subito al terrorismo. Faceva ammazzare i figli dei suoi oppositori e poi li faceva buttare davanti alla porta dei genitori.

Dopo di che fece altre porcherie. Nel frattempo, laggiù nel Middle West, Benn Crader, Ph'D', sposava la signorina Matilda Layamon, figlia di un noto medico. (Ci sono prove di vari generi da sopportare.) Ora, il mio scopo qui è di dire tutta la verità su mio zio. Spesso l'ho invidiato per la sua vita tutta calata nella scienza. Era tutto avvolto di natura. Il mondo vegetale gli faceva da indumento - toga e manto - e questo per me significava una libertà di fondo dall'ignobile meschinità umana, significava universalità. Ma l'indumento dello zio non era completo. Non chiudeva bene. A Parigi ero andato a un concerto di musica russa moderna e avevo sentito un quartetto di Shostakovitch, il quattordicesimo, che m'aveva fatto percepire l'incompletezza di quell'indumento che è l'arte. E'

un'incompletezza che ci espone tragicamente. E' semplicemente questo, che l'essere umano non riesce a chiudere intorno a sé l'indumento che ha scelto. Forse l'artista non riesce ad abbottonarsi bene per via degli obblighi che ha verso il suo prossimo. Così io interpreto le grida degli strumenti a corda nel quattordicesimo, i passaggi interrotti, l'impossibilità di concludere o di chiudere. Quanti sono capaci di spingersi così in là nelle opere o nelle parole?

Ma a parte le riflessioni più lontane dal nostro argomento: quel giorno lo zio non era avvolto dalla natura, indossava un abito di sartoria - ottocento dollari come minimo. E quando prese a parlare di Matilda non era l'uomo che può rivendicare per sé un posto decente in una più vasta gerarchia; era semplicemente uno schnook, un povero fesso. Il demone che l'aveva spinto a dare al rigattiere un nichelino in cambio di La Gran Madre Foresta era momentaneamente assente, o una cosa del genere. Quello che Benn disse di Matilda lo si sarebbe potuto leggere nella rubrica di Ann Landers. io lo vedevo che stava lottando con se stesso, ma in principio non ebbi pietà.

"Allora tu ami questa signora?"

"Oh, amo moltissimo Matilda. E' una donna eccezionale."

Non è che io sia cinico riguardo all'amore; anzi, è vero il contrario. Volevo vederci chiaro fino in fondo in questa storia proprio nell'interesse dell'amore, per accertarmi che nel caso dello zio proprio di questo si trattasse e non di altro. Avevo di fronte a me un uomo che si era legato con una signora (Caroline) che veniva in città con una borsa piena di videotape pornografici che lui sarebbe rimasto a guardare passivamente, senza commenti. E' vero che si mostrò abbastanza furbo da scappare quando lei cercò di metterlo con le spalle al muro, dopotutto non era poi così passivo, però solo un idiota avrebbe creduto a quello che lui diceva di Matilda. Non che Benn non fosse capace di amare una donna o che questa nostra epoca egoistica e ignobile l'avesse menomato; solo, era inesperto. Quella gente, i Layamon, non erano esattamente i personaggi che si possono vedere in un vecchio film di Bing Crosby ad esempio ne Le campane di Santa Maria o in qualche altro film sentimentale del genere.

"Per tutto questo tempo io e te abbiamo portato avanti un progetto, zio."

"L'ho forse dimenticato? Ne ho tenuto conto più di ogni altra cosa.

Però ci sono delle cose per cui non si può consultare nessuno.

Imperativi d'ordine differente, questo lo puoi capire da te. Ci pensi se mi fossi lasciato scappare questa occasione solo perché tu eri in Etiopia?"

Era meglio, per il momento, far finta che fosse in buona fede; altrimenti avrei dovuto pensare che Matilda l'avesse imbeccato con tutte le giustificazioni possibili. O diceva la verità, o voleva disperatamente credere che quello che diceva era vero. Questo va sottolineato, perché lo zio aveva il dono di saper sempre esattamente come si sentiva. Quindi io non dovevo costringerlo a un'ipocrisia che gli sarebbe stata insopportabile.

"Be', se si trattava di un imperativo di questa forza... Okay, un imperativo è un imperativo. Ma ora dimmi, hai dato la disdetta per il tuo appartamento di prima?"

"Non ancora."

"Quindi nel doppio superattico dei Layamon stai solo provvisoriamente."

"Bisogna pur che mi conoscano. E' figlia unica eccetera."

"Insomma, ti vogliono studiare da vicino."

"Per capire cosa Matilda ci vede in me? Forse. Anch'io li sto studiando."

"Tu sei un genio della morfologia. Di quella vegetale, però."

"Sono capace di provare dei sentimenti anche per le persone. Per te, ad esempio..."

Non si può contraddire uno che dice una cosa del genere; sarebbe troppo scortese.

Però, se davvero aveva trovato la felicità, con Matilda e i Layamon, c'erano dei segni che non andavano. Nell'abito di sartoria non ci stava a suo agio. Era pallido, e aveva le guance ispessite dai pensieri e dal dubbio. Quando lo si saggiava ripiegava sui cliché. E

in un intervallo di silenzio io lessi questo tra le luci e le ombre del suo volto (ne do qui una traduzione approssimativa). Non si può star seduti lì fermi e basta. Qualcosa si deve fare. Tutti dobbiamo morire, qualcuno prima di altri, e in quanto condannati è più che giusto ricercare la pace: due esseri umani legati l'un l'altro da amore e tenerezza, questo genere di cose. Non gli piacque sentirmi dire che aveva subìto violenze sessuali, che era stato solo una vittima delle varie Della e Caroline, per non parlare delle Rajashwari e delle altre signore del Terzo Mondo. Non avrei dovuto dirglielo. Molte erano le cause che l'avevano spinto a cercar rifugio presso una moglie. Allo stesso modo, durante un'estate sessuale torrida, siciliana, si corre nella fresca chiesa del matrimonio.

"Allora tu non credi che Matilda sia una buona scelta?" chiese.

"Io? Io non ho detto una parola contro di lei."

"Non negherai che sia bella... Le donne slanciate non sono il tuo tipo. Treckie è l'esatto contrario della donna slanciata. E poi c'è la tua amica Dita Schwartz."

"Chi l'ha detto che la vita è un concorso di bellezza?"

Però gli assicurai che Matilda era una bella donna. Non era la bellezza di Matilda che io mettevo in discussione, ma tutta quella robaccia alla Poe che egli tirava fuori sul conto di lei: gli antichi navigli di Nicea che corrono su mari profumati. Esagerava con la statua di marmo sotto una campana di vetro colorato. Lasciai perdere un paio di volte, e alla fine dissi: "E' controproducente, Benn.

Nella vita, Poe era un maniaco, con le donne. E poi sposò quella ragazzina, la Clemm, quando non era ancora pubere. Stai citando l'autore sbagliato".

"Perché, chi mi consiglieresti, invece?"

"Oh, ad esempio William Blake. "Del matrimonio il funereo carro@

avveleni e impesti.""@

"Ah sì, e questo sarebbe più appropriato?"

"No, come non detto. Je rétracte. Ma non mi hai detto niente della tua vita con i Layamon lassù nel loro sontuoso superattico. Quanti domestici hanno?"

"Non più di quanti tua madre ne aveva a Parigi."

"Ma questi costeranno parecchio di più, ci puoi scommettere."

"Hanno una cuoca e una donna tuttofare, una è polacca e l'altra messicana. A esser servito mi sento molto a disagio. Comunque, tra qualche settimana partiamo."

"Per dove?"

"Andiamo in Brasile, per qualche tempo."

"Ancora in movimento? Credevo che sposandoti volessi metterti tranquillo. E poi il Brasile non ti era piaciuto, l'altra volta."

"Come si fa a dire che non ci è piaciuta una nazione intera?

Bisogna essere parecchio viziati per non trovare niente di buono in una parte così grande del continente. Comunque, evidentemente l'altra volta mi sono comportato bene, perché sono sempre invitato a tornarci quando voglio."

"Ci vuole andare Matilda, eh?" dissi io.

"Sì, per fuggire dall'inverno. Luna di miele ai tropici."

"E anche per averti tutto per sé per due o tre mesi."

Non aggiunsi: E per tagliarmi fuori.

"Inoltre, bisogna mettere a posto la casa nuova" disse. "Ci staremmo male, mentre si fanno i lavori."

"E così dopo vent'anni lasci casa tua?"

"E' venuto il momento."

"La tua posizione sociale è cambiata. E anche per dimenticare i fantasmi delle signore con cui eri solito intrattenerti lì."

Lo zio disse: "Queste sono cose di cui non ho mai parlato con nessuno, solo con te".

"Non preoccuparti; sarò muto come una tomba. E dov'è che vai a stare?"

"In quel grande palazzone, il Roanoke Building. era di una zia di Matilda, e l'ha lasciato in eredità a lei."

"Il Roanoke! Sedici palazzi veneziani messi uno sull'altro a formare una gran catasta. Spaventoso... Barocco da agenti di cambio del 1910 circa. Al paradiso dei borghesi. Una ventina di stanze a testa?"

"Non le ho contate. Non ci sono nemmeno stato. Comunque, ora andiamo in Brasile. Se vuoi, per un po' puoi andare a stare a casa mia, e toglierti da questa stanzuccia spoglia."

"Così potrei annaffiarti le piante."

"Sei ingiusto, Kenneth. Ci pensa già il mio assistente, alle piante."

"Naturale. Mi sono abituato a questo squallore. Malgrado la musica rock che viene da sotto, mi sento a casa mia."

"Mi piacerebbe che lo prendessi tu, il mio appartamento. Resterebbe in famiglia. Se non ce la fai a pagare l'affitto, dimmelo. Ma mi mancherà, la mia vecchia casa."

Io tenevo d'occhio molto attentamente lo zio Benn. Conoscevo la sua faccia come le mie tasche. Quando stava bene, era com'era la luna prima che ci arrivassimo; quando non stava bene lo sguardo era disturbato da alcunché di sfrigolante o effervescente che fosse, e da un'iperattività degli occhi a forma di otto o di diabolo, che s'agitavano e sbattevano. Io ritenevo che ciò facesse parte del tentativo di spacciare il suo delirio per stabilità. E questo era il senso delle risposte che dava alle mie domande. A me toccava di stabilire se il delirio - che potremmo anche chiamare realtà fantastica - era piacevole o spiacevole, o costituito da una mescolanza non ancora sperimentata. Ad esempio, gli avrebbe fatto piacere che prendessi io il suo appartamento di prima: cos'era, una specie d'uscita d'emergenza? "Adesso non posso traslocare" dissi. "E

tanto più in casa tua."

"La storia di tutti gli sbagli che ci ho fatto? Ma potrebbe uscirne un matrimonio felice anche per te."

"Non siamo proprio esattamente identici, noi due. Tu avevi l'abitudine di dividere imparzialmente il tuo tempo tra tutte le signore che ne facevano richiesta. Io no."

Dopo aver riflettuto un attimo disse: "Non tutti sono stati proprio degli sbagli. Molti sono stati contatti umani che hanno avuto importanza... Mi piaceva, Caroline."

"Una donna che si riempiva di carta e si truccava completamente prima di andare a letto con te."

"Ora esageri."

"Non ho detto una parola in più di quanto non mi abbia detto tu. E, peggio ancora, durante l'atto si comportava come se lei fosse all'opera, nel suo palco, e tu il tenore famoso."

"E le volte che diceva "Tu, Angelo"?" s'avventurò a chiedere lo zio.

"Questo te lo dovrai spiegare da solo. Ci sono moltissimi uomini cui non importa di come la donna si comporta... non gliene importa assolutamente nulla. Ma tu non sei di questi. Comunque, Caroline ormai non è più un'alternativa valida. Adesso sei sposato. E per chissà quale miracolo, felicemente sposato, visto quanto sei schizzinoso."

Quando dissi "felicemente sposato" lui rizzò le orecchie per capire quanto parlassi sul serio, se cioè avevo mandato giù la sua propaganda o no. Visto che come parlatore sono divagante, avrei potuto convincermi con le mie stesse chiacchiere, e con un po'

d'aiuto da parte dello zio, e crederci. Lui tentava di far lavorare a suo favore le mie preoccupazioni.

Ma io ne ero ben lontano, assolutamente. Dissi: "Così adesso stai a Parrish Place. Un quartiere molto aristocratico. Che te ne sembra?".

"Dov'è che si sente più fuori di posto uno che va in giro per tutto il mondo?"

"Nella sua patria?"

"Nella sua città" disse lo zio. "Per i ragazzi di Jefferson Street, Parrish Place era zona proibita. Bisognava prendere tre tram per arrivarci, quando andavamo a vedere come vivevano i ricchi."

"Questo era prima che costruissero quei residence di lusso con le finestre color pastello."

"I vecchi palazzi d'una volta sono sempre lì, identici, con i portieri sotto il tendone d'ingresso. Ci hanno aggiunto soltanto il videocitofono. Ai vecchi tempi, quando saltavamo giù dal tram i poliziotti ci tenevano d'occhio perché non danneggiassimo la proprietà privata o non facessimo schiamazzi molesti nel viale. La mattina dopo le nozze mi sono svegliato in camera di Matilda e le ho detto: "Che esperienza, per uno che viene dalla parte sbagliata della ferrovia"."

"E lei che ha detto?"

"Be', mi ha guardato con i suoi occhioni."

Matilda, il cui volto era piuttosto affilato, aveva grandi occhi notevoli quanto quelli azzurri dello zio, occhi mostruosamente grandi. Benn non aveva torto quando parlava di volto classico. Poteva piacere o meno, ma non se ne poteva mettere in dubbio la bellezza.

"Di che colore ha gli occhi?" domandai. "Quel matto di Poe parlava di "capelli di giacinto". Il giacinto è una specie di ametista, o di zaffiro."

Lo zio notò con soddisfazione questo segno d'interesse, che magari poteva preludere a un rapporto più piano, se non addirittura d'amicizia. "Sono lilla."

"Un color lilla variegato. Lilla pallido. E' una signora d'aspetto molto notevole" dissi.

"Per quanto riguarda la parte sbagliata della ferrovia...

Probabilmente l'ho detto più spesso di quanto avrei dovuto, e a lei non va che dica cose strane. Cioè, non le va di sentire cose che mi facciano sembrare strano."

"Non le va la tua musica immaginaria di sottofondo?"

"Non c'è niente di tanto immaginario nel punto di vista del ragazzo povero. Mi ha fatto notare: "La ferrovia non c'è più; e non c'è più nemmeno la parte sbagliata della ferrovia"."

"Vale a dire, a lei non importa nulla di questa roba lontana e d'altri tempi."

"Proprio così" disse lo zio.

La città è espressione dell'esperienza umana che incarna, e dunque riassume anche tutte le storie personali. Ma a Matilda non andava che lo zio si guardasse indietro, rimanesse attaccato al passato. Non sarebbe corretto definirla una futurista (l'età della macchina, l'alta velocità, roba da Mussolini del primo periodo), ma si poteva dire che aveva un orientamento progressista.

Lo zio stava seduto sulla mia seconda sedia a sdraio, le massicce ginocchia ampiamente divaricate. "Ha detto che questa pizza sul tram scomparso l'aveva già sentita da suo padre. Il dottore è nato e cresciuto vicino al vecchio mercato della frutta e verdura. "Credimi, vecchio mio" mi ha detto Matilda, "questa non è più la città di quand'eri piccolo." Certo, il vecchio Midwest urbano è finito. Io le ho detto: "Probabilmente la città modello dei nostri tempi è Beirut, se sei in cerca di ciò che è autenticamente contemporaneo"."

Io mi ero preso il disturbo di annotarmi quanto Benn mi diceva di quell'altra sua vita (la vita coi Layamon) via via che me lo riferiva, e ho conservato gli appunti. Dapprima era piuttosto riservato, desideroso solo di fare buona impressione. Con il tempo, però, prese a entrare nei particolari, coerentemente con il suo modo d'essere.

Matilda cominciò subito a rimetterlo in carreggiata. Gli disse: "A te piace immaginare di essere un out-sider, uno straniero appena arrivato. L'immigrante non sei tu, lo erano i tuoi genitori. Però tu hai lo stesso questa mentalità da ponte di terza classe... Hai dentro di te tutta la trafila russo-ebraico-aramaica, che comprende anche la cattività babilonese e la schiavitù in Egitto. Cerchiamo di essere un po' più realisti. Certo, i miei sono messi bene. Questo doppio superattico è loro e ogni anno o quasi lo fanno riarredare da un architetto pagando fior di bigliettoni. E allora? Quando sei andato a Zurigo a far conferenze alla Hochschule e stavamo al Grand Hotel Dolder, io ti ho tenuto d'occhio. I letti di piume con le lenzuola di seta, i rasi e le dorature e i lussi? Un albergo con la funicolare privata? Non ti hanno colpito neanche un po'. Tu sei lontano dai quartieri poveri più di chiunque io abbia mai conosciuto. E ogni volta ti vuoi convincere di essere ancora un bambino povero...".

Matilda non aveva tutti i torti. Semplicemente non le andava che lui facesse l'uomo superiore o giocasse a fare il tonto ("Accidenti, mica sapevo come vivono questi ricconi.") Lei gli diceva: "E piantala di fare il buffone, Benn". Ed era verissimo anche che Benn non era affatto intimidito dal superattico dei Layamon. Vagando attraverso sterminate distese ammobiliate trovava che l'ambiente era insolito, sì, ma non ne era impressionato quanto la signora Layamon probabilmente auspicava. Non aveva presente né la differenza di status sociale e neppure il concetto di classe: "Sono borghesi"; la sua mente non funzionava così. Non erano gli oggetti a infastidirlo, quanto l'impressione di trovarsi in una falsa posizione. Questo era ciò di cui erano simbolo quei mobili. Si accorgeva di tutto questo per via del fatto che doveva riferirlo a me; faceva l'indifferente, però la novità dell'ambiente lo eccitava davvero. Mi confessò che là

"doveva essere all'altezza", nel senso che non usciva dal bagno in vestaglia o senza essersi fatto la barba. Quel giorno indossava uno dei vestiti che gli aveva confezionato il sarto del Dottore, un abito di tweed irlandese d'un ricco color sugo con dentro un filo color alga marina. La giacca una volta tanto s'adattava alla forma delle spalle così che la curva delle elitre non sporgeva sulla schiena quando la giacca era abbottonata. "I miei suoceri mi tengono d'occhio con la lente d'ingrandimento" confessò.

In quanto a me, non sopporto il tweed, che è ispido e mi irrita la pelle. E quando le case sono troppo calde, il tweed diventa una tortura.

"Cercavo di spiegare a Matilda che quand'ero bambino io stavo fuori in strada a spiare dalla finestra. Ed ecco invece che improvvisamente mi trovo a guardare tutta quanta la città dall'alto di Parrish Place, dal cinquantesimo piano. E la città è meglio guardarla dall'alto che starci dentro. In tutte le strade c'è puzza. E' che l'acqua è bassa nelle fogne, e quindi puzzano. Ormai ci ho rinunciato a rintracciare Jefferson Street. Non riesco a vedere altro che il grattacielo dell'Ecliptic Circle Electronic che domina su miglia e miglia di schifezza. E tutti ne vanno così orgogliosi..."

"Costruito su un terreno che era nostro. E Vilitzer ci ha fatto un mucchio di soldi" dissi io.

"I Layamon me lo ripetono in continuazione. A tavola non parlano d'altro. Una volta mi sono lasciato andare ai ricordi, e ho raccontato che avevamo traslocato là da Jefferson Street, e che quando papà morì la mamma trasformò la casa in un ricovero per vecchi invalidi. Fu in questo modo che potei finire le scuole superiori. E

adesso c'è quel mostruoso grattacielo di proprietà dei giapponesi. Un doppio ripetitore televisivo che trasmette in tutta la regione. E la notte colonne di fuoco, come quelle che videro i figli d'Israele..."

"Non è questo il linguaggio che i Layamon usano a tavola" dissi.

"No, ma io non posso starmene seduto là e tenermi dentro tutto quanto. Altrimenti non potrei nemmeno aprir bocca. Farei la figura dello sciocco."

"Ma come puoi sperare di riuscire interessante, zio, visto il modo che hanno di concepire la vita?"

"Ora non venirmi a dire che tra noi non c'è un terreno comune.

Proprio niente niente? Non è possibile."

"Un terreno comune? Tu e Matilda vi siete sposati per amore. C'è questo, tanto per cominciare."

Su questo lo zio non mi ha fatto obiezione. Mi pareva parecchio nervoso. Ancora non s'era reso conto che entrando nella famiglia Layamon aveva portato con sé anche me. Dal mio rapporto con Benn io avevo sperato di ottenere un allargamento della mia personalità.

Invece ci stavamo muovendo in direzione opposta. Ancora non ero pronto ad affrontare con lui questo aspetto della questione. Non dovevo rendergli le cose più difficili: questa fu la mia politica in quei primi giorni, e anche in seguito.

Lui disse: "Se non si tirano le tende, l'Electronic Tower ce l'hai davanti agli occhi per tutta la durata del pranzo. Per forza se ne parla. E poi c'è un legame, tra me e quel luogo. Ho raccontato loro che negli anni Cinquanta aiutavo mia madre facendo un po' di tutto.

Facevo andare la caldaia. Certe volte dormivo in cantina".

"E ora ecco che al posto della casa di tua madre sorge questo possente edificio, e tu puoi citare la stranezza delle umane esperienze."

"Sì, questo ho detto. Tenevo piante dappertutto, in quella casa.

Certi invalidi le odiavano, altri erano contenti di avere una gloxinia o dei gigli in vaso."

Allo zio il tweed irlandese s'attagliava di meno della "stranezza delle umane esperienze". Matilda si ribellava levando le braccia e alzando gli occhi al cielo: "Basta con questa stranezza!". I grandi occhi di lei spesso davano a Benn un brivido, il brivido delle "fonti inconoscibili". E questa sua frequente reazione era senza dubbio collegata alla botanica. Di una pianta che attirava la sua attenzione, egli spesso diceva: "Ecco qui una ben strana esistenza.

Fa' finta che questa pianta non sia un prodotto dell'evoluzione, ma che l'abbia inventata qualcuno. Che razza di mente è quella che si è sognata una casa così?".

Quando mi descrisse la cerimonia nuziale, accennò al fatto che era stata celebrata accanto all'albero di Natale dei Layamon. Sebbene cosparso di neve di plastica, l'albero era autentico. Non si poteva certo dargliela ad intendere allo zio, sugli alberi. Era un Abies balsamea, e in qualche modo lui riuscì a collegarsi a questo irto alberello. La pianta era un po' come la sorella dello sposo, la cosa più simile a un parente prossimo venuto a fargli da testimone. Fu un transfert molto significativo, a pensarci bene, con il sangue dello zio che si mescolava alla linfa di una conifera. E se mentre il giudice li univa in matrimonio, Benn chiuse gli occhi e vacillò appena appena, ciò avvenne perché la sua immaginazione gli ingrandiva davanti agli occhi della mente l'epidermide fortemente cuticolata delle foglie aghiformi, gli stomi sotto la superficie, il mesofillo, le proiezioni trabecolari, i canalicoli della resina, il procambio.

Chi non l'avesse conosciuto meglio si sarebbe potuto chiedere perché mai un uomo che mostrava simpatie così notevoli per un regno della natura tutto diverso, dovesse per così dire offrirsi in matrimonio, e addirittura sposarsi. Una buona domanda, cui sono tenuto a rispondere. Un albero di Natale, se ve lo portate a letto, non vi stringe a sé quando l'abbracciate. Non ha importanza che una relazione, o cotta che sia, possa essere umorale, volubile, capricciosa, demoniaca, calcolatrice, spietata - che sia insomma tutto ciò che rende le affinità senza passione (con le piante) più allettanti di quanto non dovrebbero. Lo zio era sicuro, credeva fermamente, che la natura abbia un "interno", e che un gelsomino rampicante ce l'abbia quanto un cane. Si pensi a Darwin, cui la musica dava la nausea, o a Matthew Arnold, con il cuore congelato per due terzi, o al signor Yermelov, il quale mi dichiarava che in ciascuno di noi c'è un piccolo ghiacciaio che noi dobbiamo sciogliere. Portandosi un tal ghiacciaio in seno, è ovvio che ci si può sentire attratti dalla flora. Lo zio lo ripeteva spesso. La linfa ci attira perché è priva di passioni. Che cosa ti può richiedere?

Molto poco. Il sangue è carico di desiderio. Il sangue rosso è egoista, ha poteri terribili, brame e impulsi perversi, e porta con sé strani rifiuti che richiedono purificazione. Il sangue è ciò in cui vive l'Io. Un elemento della stranezza dello zio consisteva proprio nel saper tenere in equilibrio i diversi regni. Supponiamo che delle essenze vitali si riversino nella personalità e che debbano venire assimilate. Bisogna che ci sia qualcosa dentro di noi che provvede alla bisogna. Per questo lo zio dava particolare importanza a ciò che è "strano". A un certo punto smise di ripeterlo, quando vide quanto Matilda se ne risentiva.

"E così l'alberello ti ha dato la forza di andare fino in fondo."

"C'era una gran folla al ricevimento... medici, avvocati, agenti di borsa, costruttori, giornalisti, politici."

"Hai invitato lo zio Vilitzer?"

"Naturale che era nella lista degli invitati, ed è stato un po' il grande assente. Era il matrimonio di Matilda L' con il nipote del boss Vilitzer, agli occhi di quella gente. Quel maledetto grattacielo dell'Electronic, dall'altra parte della città, si era avvicinato tanto che pareva sul marciapiede di fronte. Dopo che è venuto buio, quando è acceso, comincia a muoversi e piano piano si avvicina a Parrish Place."

"Mi pare che il padre di Matilda, il medico, sia anche lui in politica" dissi.

"E' un uomo potente." Lo zio si faceva una grande opinione dei suoceri. Ne era impressionato ed eccitato. Lo stavano facendo entrare nel mondo quasi fosse un debuttante. Il dottor Layamon faceva parte del grande giro cittadino. Conosceva tutti gli uomini di potere.

Alcuni erano amici suoi. "Il Dottore ha delle conoscenze fantastiche.

Non far quella faccia scettica, Kenneth."

"Chi, io? Io non sono scettico, proprio per niente. Leggo i giornali, io. Probabilmente lo so meglio di te, zio. Se non seguissi la borsa, lo sport, la Tv, la politica interna e la politica estera non riuscirei a combinare niente nella mia materia." Nella mia materia facevo rientrare la San Pietroburgo di Blok e Bely nel 1913, e i loro incubi: l'abisso satanico, l'abisso dell'Anticristo, le spaventose isole della desolazione, di granito e di ghiaccio, il Terribile Giudizio sempre più prossimo, i crimini di Immanuel Kant contro la coscienza dell'uomo e tutta quanta questa roba. M'interessa molto stare al passo con l'America trionfante. Gli intricati giochi di potere e di soldi del Dottore non mi sorprendevano affatto. "Okay, zio" dissi. "Tu vuoi darmi la tua nuova immagine. L'ho capita, questa immagine. Hai sposato una bella donna con genitori ricchi e parecchio su. Ti hanno messo in piedi un fior di ricevimento. Però tu non ti sentivi esattamente a tuo agio in mezzo a quella baldoria, così che ti sei attaccato all'albero di Natale."

"Quando ti dico una cosa in confidenza è sottinteso che non la devi rivolgere contro di me. In quanto ai soldi eccetera, non ti sbagliare, i Layamon sono parecchio attaccati ai soldi. Avevano calcolato il costo delle nozze fino all'ultimo centesimo."

"Tutto quello che ti resta da fare è di campare più a lungo dei due vecchi. Già hai addosso i più bei vestiti di tweed della città, e una cravatta che è una cravatta, e non uno straccio portato su dalla sala macchine."

Ci fu un intervallo di silenzio mentre entrambe le parti in causa riflettevano su come addivenire a un compromesso. Per un po'

rimanemmo a guardare lo spettacolo della neve che cade messo su dall'Inverno - un fiocco dopo l'altro e così via, bianche particelle che facevano ogni acrobazia immaginabile, e quelli più grandi facevano venire in mente le tempeste astrali di un cielo notturno di Van Gogh.

"Ti aspettavi sul serio che il vecchio Vilitzer venisse?"

"Mi sono detto: diamogli credito, tanto per cambiare. Non che abbia sentito la sua mancanza."

"Tu per lui non esisti più. Sei lo scienziato picchiatello la cui più grande preoccupazione è la cosa che fa verde l'erba. Uno così non poteva che cancellarti."

"Non mi ha cancellato affatto. Non ce l'ha mai perdonata di avergli fatto causa. Adesso ho un'altra cosa da dirti."

"Sì?"

"Sai chi ci ha sposati? Be', il giudice che ci ha fatto perdere la causa... Lo stesso giudice!"

A sentire questa, le gambe mi caddero giù dalla poltrona e mi tirai su a sedere e girai la testa per sentire meglio. "Non può essere, zio Benn. Ti sbagli."

"No. Ci puoi giurare. Proprio lo stesso. Il giudice Chetnik."

"Ma sei sicuro? Un giudice della scuderia di Vilitzer. E l'hai riconosciuto?"

"Ti sei dimenticato che ero nell'Assam e non sono venuto al processo? Ma il giudice si chiamava Amador Chetnik. non l'ho dimenticato, questo nome."

"E l'hai scoperto prima o dopo che stringesse il sacro nodo?

Com'era, cordiale?"

"Questa gente è sempre estremamente cordiale, non importa cos'abbiano fatto o cosa stiano per fare" disse Benn. "Era pomposo.

Una faccia volgare, il naso soprattutto, ma anche se sono degli zoticoni sono tutti dei tipi melliflui e insinuanti."

"E i tuoi suoceri lo sanno?"

"Non ne sono sicuro. Posso solo presumere, imparzialmente, che non abbiano collegato le due cose. Mi piacerebbe essere in una posizione tale da poter azzardare un'ipotesi più valida."

"Be', se posso azzardare io un'ipotesi, zio, direi che almeno tuo suocero lo sapeva."

"E' questo il modo di affossare i buoni rapporti col genero?"

"Può aver pensato di farti un favore... in una prospettiva molto ampia. Come facciamo a sapere tutto quello che c'è sotto? Però non riesco a immaginare nessun altro modo di spiegare la cosa. Quel giudice vi ha dato torto, e tu e la mamma ci avete perso un mucchio di soldi. La sentenza era già scontata fin dal principio. Legalmente si è trattato di una scorrettezza, come minimo. E se questo è vero, come si spiega il fatto che abbia acconsentito a celebrare la cerimonia? Niente rancore? Nulla di personale? Così si è sempre fatto in questa città?"

"Non sono proprio nella posizione di poter dare un'interpretazione.

Mi rendo conto che dovrò parlarne con Matilda, prima o poi."

"Se lo sa suo padre, perché dovrebbe saperlo anche lei?"

Per quanto questo andasse detto, e lui dovesse anche esserselo aspettato, lo zio cominciò ad agitarsi; scostò il cinturino metallico, a molla, dell'orologio, e quindi si tirò giù la manica.

Sottovoce disse: "Burocratico". Che cosa era burocratico, guardare l'ora? Ma era tipico dello zio Benn, di incagliarsi bruscamente in una certa parola. E questo dimostrava una cosa, e cioè che sotto sotto si rendeva conto della verità. Disse: "Prima di affrontare argomenti sgradevoli bisogna aver provato gli aspetti gradevoli del matrimonio. Prima bisogna che si sia creata un'atmosfera di collaborazione".

"Sai tu come regolarti" dissi io senza crederci. "Speriamo solo che con questa storia del giudice Chetnik il Dottore non abbia voluto farti una specie di scherzo."

"Il Dottore ha effettivamente, a modo suo, un certo senso dell'umorismo. Non è affatto un tipo mellifluo, lui. Però la cosa può anche avere un significato tattico che ancora ci sfugge. Una manovra di qualche tipo."

"Speriamo non siano manovre come quelle in cui si era imbarcato il nonno di Stravinsky, quando cadde giù dalla staccionata e si ruppe l'osso del collo."

Lo zio non era più lui. Era sotto un'influenza esterna. Aveva la cornea d'una sfumatura non naturale. Essere il marito di questa donna di classe, di questa donna straordinariamente desiderabile (come una fotografia di "Vogue") lo eccitava, gli offriva una sfida. Era ambizioso, e volendo dimostrare di possedere capacità mai prima messe alla prova, voleva anche che io lo ritenessi capace di opporsi a tutte queste influenze esterne. Lo aiutai chiedendogli di raccontarmi della cerimonia nuziale.

"C'erano più di cento persone, credo. Il banchetto era stato preparato da un noto..."

"Parecchia gente. Evidentemente la città da un pezzo si chiedeva chi avrebbe finito per sposare Matilda, e sono venuti per dare un'occhiata al fortunato. Una ragazza dai gusti così difficili..."

"E con parecchia esperienza, anche. E' una donna di trent'anni, una donna moderna, cosa credevi?"

"Be', tu li hai battuti tutti quanti, così qualche cosa devi averci."

Lo zio abbassò la testa per nascondere un sorriso (un sorriso con un'ombra di tristezza). "Al ricevimento sarà stata presente qualche vecchia fiamma. Me ne rendevo conto."

"E la sposa?"

"Indossava un abito lungo, verde e oro, il volto bianco e oro.

Molto animata. Contro..."

"Be', contro che cosa?"

"Contro uno sfondo di dubbi, probabilmente. Dubbi perfettamente comprensibili in una donna, trattandosi di me."

"Non vedo perché. E' una signora che sa quello che vuole. Le signore che sanno quello che vogliono sono donne forti; del resto tutte le donne di qualità sono così. Magari tremano, ma sono risolute. I genitori erano contenti, immagino."

Lo zio disse: "Non hanno niente contro di me, credo. Suo padre ogni tanto fa i nomi di quelli che lei avrebbe potuto sposare, e non mi illudo di essere io il marito ideale".

"Suvvia, zio, sembri Jane Austen con questa storia di quelli che avrebbe potuto sposare. Hai fatto il numero dell'epoca sbagliata.

Perché non metti giù e provi un'altra volta?"

"Questo è l'atteggiamento dei suoi genitori. Tu mi hai chiesto di descrivertelo, e io l'ho fatto."

Be', la cerimonia delle nozze era ormai acqua passata, ma la magnificenza c'era ancora, ed ecco lì lo zio immerso in questa fantasmagoria d'opulenza, e ogni mattina s'aggirava in vasti saloni con tappeti persiani e tendaggi da arredatore, vetrinette illuminate piene di cristallerie di Baccarat e di porcellane di Wedgwood, quadracci schlock del Settecento con personaggi non identificati (e, direi, non circoncisi) austriaci o italiani. Loro sì che erano fuori posto! E lo zio forse ancora di più di questi ritratti d'antenati procurati con denaro. Fuori posto se non altro nelfeeling di fondo, a giudicare almeno da quanto mi raccontava sullo "stile di vita" dei Layamon. "Tu non hai idea di quanto siano spessi e pesanti gli asciugamani" mi disse con un'intensità appropriata alle confidenze.

"O con quanta forza esca l'acqua dai rubinetti. Nei bagni i sedili sono tutti rivestiti... sedili di plastica, con dentro l'imbottitura.

Gli armadietti di cucina sono color cannella con un profilo rosso, e c'è un faretto sopra il tagliere..."

"La cuoca è polacca, no?"

"E' una brava donna. Poco inglese. E il marito della domestica messicana serviva al bar durante il ricevimento."

Con i domestici Benn si sentiva a disagio. Starsene seduto senza far nulla, o anche a leggere mentre loro lavoravano, gli pesava. Non vi è persona bene informata che non ti dica, se gli chiedi di definire "borghese" e "postborghese", che "borghese" implica l'esistenza di una classe di domestici. Ma ai Layamon importava pochissimo definire cos'erano. Avevano i soldi e li spendevano con larghezza, almeno per i Baccarat e la decorazione d'interni. Di certo volevano che la loro unica figlia si sposasse - a prescindere dalla mia battuta su Jane Austen o da quanto diceva lo zio su quelli che non conoscevano Balzac e quindi non parlavano la stessa lingua di chi l'aveva letto. Fondamentalmente, a Benn non importava nulla di ciò che essi desideravano: il denaro. A loro non sarebbero neppure bastate tutte le banconote da un dollaro necessarie per riempire il Grand Canyon. A lui bastava la morfologia vegetale. Come potevano dunque capirsi? A mio modo di vedere, per loro Benn era semplicemente l'ultima grana che la figlia si era portata in casa.

Avrebbero cercato di inserirlo nella loro vita, se solo lui avesse tenuto la bocca chiusa.

Io dissi: "Com'è il loro atteggiamento verso di te?".

"Decisamente amichevole. La signora Layamon sta un po' sulle sue, ma è molto corretta. Diciamo che è un po' prudente. D'altra parte ha solo otto anni più di me, ha quasi la stessa età di tua madre. Potrei essere suo fratello, più che suo genero. Per mostrarsi più affettuosa aspetta di vedere come andrà il matrimonio."

"E il dottor Layamon?"

"Il Dottore è molto espansivo, ma è un po' il suo modo di fare."

"Prima bisogna che ti analizzino. E' naturale. E al tempo stesso tutt'altro che gradevole."

"Ma neanche sgradevole, direi. La conversazione non è esattamente quello cui sono abituato. Mi devo preparare in anticipo le cose da dire, e se non dessi una scorsa alla bell'e meglio al "Times" e al

"Wall Street Journal" mi toccherebbe starmene lì con un sorriso ebete, senza poter aprir bocca. Per fortuna non c'è gran che da dire, perché il Dottore è un parlatore formidabile. Se parla! Grazie a Dio che parla tanto! Parla della sua clinica privata, dell'ospedale, dei suoi pazienti che sono tutti pezzi grossi: costruttori, banchieri,

"greenmail" raiders... e questi cosa sono, a proposito? Matilda tiene gli occhi aperti e mi guarda le spalle. Riguardo ai suoi genitori ha quello che tu chiami sempre "distacco ironico", e m'insegna a godermi la situazione invece che soffrire. Ma sto imparando. Che razza di paese! Avrei dovuto sapere queste cose molto tempo fa."

"Se fossi in te, zio, prima di tutto cercherei di scoprire perché hanno fatto venire proprio quel giudice a sposarvi, e non un altro.

Mi piacerebbe parlarne con Fishl Vilitzer."

"Non credo proprio che suo padre vada a parlare di giudici proprio con lui. Non vuole nemmeno vederlo."

"Tutto quello che c'è da sapere su suo padre, Fishl lo sa, o quasi.

Non è venuto tuo cugino al matrimonio, anche se avevi invitato lo zio Vilitzer? Il discorso torna."

Questa di farsi una cultura in un campo della conoscenza per lui nuovo era la giustificazione tuttofare dello zio, visto che per la

"cultura" era disposto ad accettare ogni sorta d'abusi, o quasi. Io credo che questo il dottor Layamon l'avesse percepito subito, e che quindi avesse immediatamente messo su una mostra straordinaria delle sue inclinazioni e dei suoi poteri, scambiando in una certa misura la cortese attenzione di Benn, la sua "esperienza d'apprendimento", per passività o sottomissione. Layamon era a suo modo un uomo intelligente e in gamba. Aveva parecchio da mostrare. Pensate: un doppio superattico di dodici locali; una casa in montagna a Palm Springs. tra le conoscenze del Dottore e quelli con cui giocava a golf andavano annoverati Bob Hope e il presidente Ford. Norman Lear invitava i Layamon a cena. Matilda a questo proposito era un po'

sarcastica, e diceva che il Dottore s'era sentito in dovere di dare un piccolo contributo all'Unione per le Libertà Civili: "Una bustarella." Ma era pur sempre una conoscenza ad alto livello.

Matilda dunque avrebbe potuto trovarsi un marito in uno di questi ambienti. Il Dottore diceva che aveva respinto l'anchorman di una rete televisiva a diffusione nazionale, e poi uno che adesso era diventato un importante magistrato, più un genio delle tasse al quale si rivolgeva Richard Nixon. la lista era piuttosto lunga.

La signora Layamon, avendo accettato Benn in prova, lo trattava con ogni cortesia. Il Dottore si mostrava più affabile con il genero, e ai miei occhi il problema era soprattutto lui. Il Dottore era un uomo alto e magro, dai movimenti più meccanici che organici, il corpo piatto e quasi bidimensionale, largo di spalle, con un sospetto di rosso nel colorito, l'espressione del volto quasi da iperteso, molto mobile, insistentemente affabile, con la tendenza a sopraffarvi nella conversazione, quasi sottoponendovi a un interrogatorio preliminare.

La bocca era sottile, garrula, e quando non parlava certe volte mostrava un'espressione esageratamente cerimoniosa, come un attore che reciti una commedia di Shaw, costretto per un istante ad ascoltare l'interlocutore ma pensando a come saltargli addosso tra un minuto. "La sua specialità è di farti uscire il grasso a forza di pugni" disse Benn. "Non ha peli sulla lingua, e ne va orgoglioso.

Anche per quanto riguarda sua figlia. Dice che mi vuole dare tutte le istruzioni del caso. E' una questione di etica. La sua responsabilità verso la figlia sta per finire, e la mia per incominciare, così che è perfettamente giusto che io e lui mettiamo le carte in tavola.

Matilda lo sa che lui intende parlare chiaro e lo accetta perché capisce i princìpi di suo padre e il suo senso dell'onore. Tutto nero su bianco, in modo che per il futuro non ci siano sorprese e nulla di cui lamentarsi."

Benn faceva benissimo a venirmi a dire queste cose. Diceva che non capiva i fenomeni (e cioè la logica e la franchezza del Dottore) se non dopo averli descritti. Per questo dunque egli sottometteva l'una e l'altra al mio giudizio. Lo zio dava l'impressione di essere soddisfatto della sua nuova famiglia, e anche di andarne orgoglioso.

Erano persone interessanti e di alto livello che gli davano importanza, lo accettavano nella loro cerchia, lo invitavano a partecipare alla loro vita affascinante.

Benn aveva avuto con il Dottore diverse conversazioni a quattr'occhi, da uomo a uomo. C'era, o c'era stato, un costruttore del Texas che veniva da Houston con il suo jet personale apposta per portare Matilda fuori a cena. E tu cosa credi? A quel tempo aveva tra i piedi un pezzente di croato senza permesso di soggiorno, e lei gli aveva preferito questo immigrante illegale spiantato. Ma immaginati!

Ci doveva avere qualcosa, quel tizio, che al cowboy mancava. Ma era naturale che Matilda attirasse gli uomini. Guarda com'è - non solo com'è fatta, ma il gusto con cui si veste. Metti la Natura al posto di Teller - e hai in mano una bomba H di bellezza inventata dalla Natura, e non sei una stupida superpotenza, sei una donna brillante, indipendente. In principio lei non se ne rendeva conto. Non aveva bisogno di sputtanarsi a Parigi con quelle schifezze da dopoguerra.

La ragazza aveva cervello quanto basta per fare il presidente di un'azienda ma di quelle grosse. Con una mentalità come la sua ci potresti dirigere anche la Nasa. Quando Mondale aveva presentato la sua candidatura, Matilda gli aveva fatto avere un programmino per la campagna elettorale, e se lui fosse stato abbastanza furbo da affidarla a lei, magari adesso sarebbe lì alla Casa Bianca. Ha una testa che è come un computer, e l'ha usata soltanto per tirarsi addosso guai di natura personale uno dopo l'altro, una croce che i suoi genitori portavano da più di trent'anni nella speranza che in quegli ambienti ci fossero meno guai in cui ficcarsi. L'avevano mandata nei migliori college con il risultato che adesso aveva tante lauree quanti capelli in testa - tutta cartaccia che non valeva una merda. Era stata ammessa a legge sia a Yale che a Harvard, ma lei aveva preferito i croati e parlar francese fitto fitto e scrivere quel libro che poi non aveva finito mai - star su tutta la notte a battere con quella sua macchinetta fino alle ore piccole così che le tende di camera sua erano tutte impregnate di fumo di tabacco e di erba. E a proposito, cosa ne pensava il nipote di Benn, Kenneth, del francese di lei?

La boria era l'ossatura di tutte queste chiacchiere a ruota libera.

Prima si vantava delle sue cose, dei suoi soldi, delle sue conoscenze, e poi di quelle della figlia. Ci dava dentro parecchio.

Quando la corrente si faceva troppo forte, la barca gli prendeva la mano. Allora cominciava a dare addosso alla figlia e a dirne peste e corna. Fin da piccola - ma che cavolo, fin dal giorno che era nata! -

si era mostrata petulante, capricciosa, cattiva, stizzosa, lamentosa e calcolatrice. Già si era comportata male alla scuola superiore, ma quando l'avevano mandata a Vassar allora si era messa con i punk di Poughkeepsie e aveva fatto ogni genere di cose di quelle che si leggono sui giornali. (Il termine "giornali" per lui voleva dire il

"National Enquirer" e altre pubblicazioni popolari.) "Fosse stata in Italia giuro che si sarebbe messa con le Brigate Rosse. Le persone normali come me e te non riescono nemmeno a immaginare che razza di porcherie facevano. Noi non abbiamo mai messo insieme il sesso con l'Lsd. le visioni dei giovincelli cominciano solo dopo che ci hanno dato dentro per un paio d'ore. In questo modo Manson e compagni si preparavano a letto prima di andare in giro ad ammazzare la gente e a fare sacrifici umani. Ci sono dentro anche certe nazioni, ed ecco come mai salta fuori quel turco tipo Manson che ha sparato al Papa.

Be', tornando a Tilda, grazie a Dio tutte queste cose le ha ormai dietro di sé, e guarda che dicendo "dietro" non voglio fare una battuta a sfondo sessuale, ma solo essere franco. Scegliendo te ha dimostrato di voler fare finalmente ordine nella sua vita.

Finalmente! E così Dio vi benedica tutt'e due, e buona fortuna!

Non era questo il tipo di conversazione che io e Benn avremmo dovuto avere nella mia stanzuccia in un'occasione del genere. I discorsi del Dottore erano sì "divertenti", ma anche insidiosi. Gli facevano venire delle preoccupazioni. Benn avrebbe dovuto dirmi quant'era contento, essere raggiante di felicità, o se "felicità" è termine troppo romantico per questi tempi cupi, almeno irradiare la soddisfazione della maturità. Avremmo dovuto farci una bella risata sul modo in cui aveva scavalcato il suo scettico nipote, e poi dopo averci bevuto su avrei dovuto fargli le congratulazioni. Sono stufo di vedere le persone di qualità finire nella merda, per la soddisfazione del volgo. Invece no, le persone di qualità sono sempre dentro fino alle ginocchia nella spazzatura della "vita privata".

Come, anche lo zio? Ma forse ero troppo pessimista, a saltare così alle conclusioni.

Ecco qui i miei pensieri privati e personali: Swedenborg separa nettamente il Bene dal Male, il Paradiso dall'Inferno. William Blake è dell'opinione che Bene e Male sono inestricabilmente mescolati tra di loro. Il concetto è enunciato senza mezzi termini ne Il Matrimonio tra Paradiso e Inferno. Un connubio sessuale angelico non è ciò che noi creature di questo mondo generalmente sperimentiamo. In ogni caso non ero disposto a dare lo zio per spacciato sulla base di questi primi dati. Né lui si riteneva tale, assolutamente. Dopo tutto aveva fatto bene a sposarsi, per sottrarsi alla tirannia degli abusi sessuali. Era ancora troppo presto per dare un giudizio su Matilda (malgrado il Dottore), e forse il momento non sarebbe venuto mai.

Come disse un saggio di Roma antica (forse Catone): "Solo il marito, solo colui che porta la scarpa, può dirti dove fa male".

Nel frattempo lo zio nel corso di alcune sessioni mi diede un più completo resoconto dell'atteggiamento ambivalente che il dottor Layamon aveva nei confronti di sua figlia. Layamon non sapeva resistere alla duplice tentazione di portarla prima alle stelle e poi di buttarla giù. Aveva parole di elogio per la madre di lei, per se stesso, e anche qualcosa di carino da dire su Benn. Poi qualcosa gli prendeva la mano. Come ubriacato dalla sua eloquenza, cominciava a rendere lodi prive di riferimenti specifici, come un virtuoso che suoni tutte le variazioni possibili, incrociando le mani sulla tastiera e a testa in giù, le spalle appoggiate allo schienale di una seggiola, come fa in quel film Mozart ubriaco per divertire le prostitute. Millanteria, svilimento, lamento si susseguivano secondo il divenire interno del carattere e del modo di pensare del Dottore, ed ecco che a un certo punto ci si vedeva sorgere davanti agli occhi una realtà (per così dire) tutta diversa. Nello stesso modo in cui i granelli di sabbia si dispongono in ondulazioni secondo il vento, e formano o dune o piccole increspature. Questo signore d'una certa età molto ben vestito, il Dottore, cioè, prima che tu facessi in tempo ad accorgertene, e prima che lui stesso se ne rendesse conto, ecco che ti si confidava, ti professava il suo amore e la sua ammirazione, diventava il tuo amico strettissimo, si tirava vicino Benn mentre parlava. Nei suoi rapporti con gli altri dava gran peso alla fisicità. Ti toccava il ginocchio, ti faceva il ganascino, ti stringeva la spalla. Suonava tutti gli strumenti dell'orchestra delle emozioni. Però era una musica su cui non si poteva far conto.

Improvvisamente un raglio sfrenato interrompeva la melodia. Si complimentava con Benn sulla sua fama di botanico. Poi diceva:

"Peccato che non ti abbiano corretto quei due incisivi storti", oppure: "O ti sei messo una camicia troppo piccola o hai il pectoralis major ipertrofico, le tette grosse, in altre parole". A tavola, quando il Dottore passava con tutto comodo dietro Benn già seduto al suo posto, lo zio non dubitava che la sua testa in parte calva venisse sottoposta ad attento esame. E una volta mentre stavano pisciando, al club, il Dottore sporse la testa sopra il divisorio dei due orinatoi e guardò giù stortando gli occhi per vedere com'era fornito lo zio. Questo fu il suo commento: "L'attrezzatura antincendio si direbbe adeguata, però".

Benn ne rimase abbastanza colpito da parlarne con Matilda, la quale ci fece su una bella risata e disse: "Me n'ero accorta che ti era venuto dietro al gabinetto". E un po' più seriamente aggiunse: "Tutti i medici hanno un po' il pallino dei genitali. Tantissimi sono fissati con l'affare degli uomini, e anche con la cosina delle donne".

"Davvero?" disse Benn meravigliato. Questo era uno degli aspetti di Matilda che lo affascinavano: punti di vista inattesi, nuovi orizzonti. E Matilda aveva la soddisfazione di dire battute interessanti quali ci si attendeva da una donna così eccezionale.

"E i botanici non hanno pallini del genere?" chiese lei.

"E' vero che gli organi riproduttivi delle piante hanno nomi ginecologici, ma alcuni ritengono che ciò possa risultare fuorviante."

"Papà è molto curioso sulla mia sessualità. Non ti ha chiesto come sono a letto?"

"Non ancora... Non proprio."

"Io sono sempre stata lo strumento delle sue fantasticherie sessuali."

Era nello stile di lei avere pronte intuizioni. Si manifestavano con battute imprevedibili. A Benn piaceva la sua perspicacia, anche se aveva un aspetto sessuale che lo lasciava perplesso. Forse lo zio era convinto di essersi sposato per evitare rischiose distrazioni: pericoli per la salute, eccessi di vario tipo. Io ero di diversa opinione. Lo zio era entrato a far parte del movimento per le "nuove esperienze" che ho menzionato in precedenza. C'erano degli aspetti della carnalità che si sentiva attratto a esplorare. La cosa era particolarmente patetica, poiché egli era un uomo che aveva davvero qualcosa da fare, qualcosa di diverso che dar noia agli altri, come avviene per tanti di noi, che sembrano venuti al mondo solo per questo. Era una persona di nobili passioni e di grande integrità. Il punto era di vedere se egli dava alle sue doti il loro giusto valore e se era pronto a difendersi per amore di queste stesse doti. Per una persona com'era lui la difesa personale aveva un ruolo irrilevante. A parer mio l'istinto di conservazione alla Darwin è ideologia, e ideologia volgare. Coloro che maggiormente lo predicano sono dei sadici che non fanno che ripetere che per il bene della specie e in conformità alle leggi della Natura, sono costretti a far fuori gli spiriti gentili che incontrano lungo il cammino della vita.

Benn era rimasto un po' scosso dal commento del Dottore giù ai gabinetti del club, e Matilda, invece di teorizzare intorno ai pallini dei medici, avrebbe dovuto dirgli una parola di consolazione e di conforto. La Helen di Poe, pur così sull'altare, non aveva niente da dire. L'incarnazione della bellezza era muta, cosa utilissima per un devoto delle immagini di gusto classico. Tanto più se il devoto in questione ha in programma di partecipare alla grande maratona del sesso dei nostri giorni.

Io mi rivolgo allo zio cercando un maestro, e che cosa trovo? Trovo un uomo vulnerabile proprio nel campo in cui mio padre ha riportato i suoi più grandi trionfi. Tutto quello che posso fare adesso è di considerare il fenomeno Layamon alla stregua di una debolezza, una debolezza prevedibile, veniale, che richiede pazienza. (E la pazienza non è la prima delle mie virtù.) Avessi avuto bisogno di un corso specialistico sull'erotismo, non sarebbe stato il caso di venire negli Usa. Me l'avrebbe potuto benissimo tenere mio padre. In questo campo a un americano conviene l'Europa. Comunque, non infastidii lo zio Benn con le mie riflessioni. Alla fine mi avrebbe volontariamente detto tutto questo. Una volta cominciato, non poteva più nascondermi nulla. Prevedevo che mi avrebbe telefonato nel cuore della notte per darmi altri piccoli particolari. Dunque non avrei potuto essere meglio informato.

Benn continuava a ripetere: "Sono felice con questa donna".

"Bene. Sono contento per te."

Quanto aveva detto Benn a proposito di Treckie, ora si applicava a lui: la potenza delle dichiarazioni ripetute. Annunci formalmente quello che hai intenzione di fare. Poi lo fai. Quindi rendi pubblico quello che hai fatto. Alla fine diventa una realtà. E' quello che in linguaggio giuridico si chiama res iudicata.

Nel frattempo il Dottore continuava a martellare lo zio Benn, e non c'era nessuno a far da scudo al poveretto. "Tu sei uno scienziato coi fiocchi, e io un medico con molta esperienza. Non solo possiamo, ma dobbiamo parlarci con franchezza. Le donne non lo faranno mai, ma noi sì. E' importante. Tu vuoi bene a Matilda..."

"Oh, sì!"

"Naturale. Sarai stato un gran donnaiolo, ai tuoi tempi, e adesso hai avuto il buon senso di smettere di correr dietro alle sottane. Un giorno mi devi raccontare delle donne che ti sei fatto."

Della Bedell, ora defunta, con la sua lampadina.

"Vedrai che mia figlia ti organizzerà la vita e tu passerai i tuoi ultimi anni felice. Certo che può essere una gran puttana, se vuole, ma questa sua puttaneria vedrai che tornerà a tuo vantaggio. Che altro si può volere dalla vita? Ma adesso siete in luna di miele.

Avete in vista una gran vacanza in Brasile. Voglio chiederti una cosa: c'è qualche motivo per cui non ti va di tornare in Brasile?

Qualche donna che potrebbe fare uno scandalo?"

"No. E' che in Brasile non c'è nessuno nel mio campo con cui m'interessi parlare."

Il Dottore disse: "Uno scambio d'opinioni tra noi due può servire a qualcosa. Parla francamente. Abbiamo degli interessi in comune.

Mettiamo insieme i nostri guai, mi sembra la cosa più intelligente da fare".

"Me ne rendo conto" disse debolmente lo zio. Questa cosa sugli

"ultimi anni" che aveva detto il Dottore l'aveva turbato. Sposo novello, stava per cominciare la vita daccapo, e il dottor Layamon già si preoccupava del suo declino. C'erano forse dei segni? Aveva parlato tanto per parlare o aveva emesso una diagnosi? Il morbo di Alzheimer? Un inizio d'impotenza?

"Matilda dice che continui a parlare dell'altra parte della ferrovia. Perché, da quale parte della ferrovia pensi che venga io?"

Il problema non era l'opulenza o il lusso, il bagno Jacuzzi, le porcellane Rosenthal, gli oggetti da toilette in tartaruga. La Matilda del superattico era molto diversa della donna cui aveva fatto la corte. Durante il corteggiamento gli era sembrata una che, come lui, amasse alzarsi presto, ma ora che stava a casa sua dormiva fino a tardi. Non si alzava mai prima delle undici. Aspettando che si alzasse, Benn ammazzava il tempo. Aspettava il ragazzo che portava i giornali sulla porta e andava a leggere il "Wall Street Journal" in cucina fin quando non arrivava la cuoca polacca. Quindi passava nella esposizione dei mobili e si metteva a sedere con i giornali vicino all'albero di Natale, finché ci fu un albero di Natale. Dopo di che guardava i fiori recisi. La signora Layamon teneva delle piante in vaso nel suo studio. Quella stanzetta gli era preclusa. "Ogni tanto do un'occhiata alla sua azalea."

"Ma che fa in questo studio?"

"Scrive biglietti, prende appuntamenti, telefona ai fornitori, e registra su nastro poesie per i ricoverati dell'ospizio."

"Può servire" dissi io.

"Dev'essere bello mettersi l'auricolare e sentire Robert Frost."

"O William Blake."

Io m'immaginavo questi moribondi prigionieri della Tv. Era molto meglio sentir recitare i Salmi. O brani dei Proverbi, dell'Ecclesiaste, di Shakespeare, di Songs of Experience, mentre si avviavano verso l'eternità. Chiesi: "Che cosa registra?".

"Lo chiederò a Matilda. La signora Layamon tiene un'azalea nel suo studio, che è pieno di sole. Su di me questa azalea fa meraviglie.

Cioè, quando le cose diventano difficili io mi affaccio e la guardo.

Una delle strane regole della casa è che nessuno può entrare in quella stanza."

Dicendo che guardava l'azalea, la peculiare conformazione degli occhi gli alterava l'espressione del volto - ecco un'altra delle particolarità fisiognomiche di quegli spiriti appassionati che aspirano a trovare e a vedere ciò che forse non esiste sulla faccia della terra. Così dice Blok, il poeta russo, in una situazione analoga. Egli inoltre osserva che in queste persone un occhio (solitamente il sinistro) è più piccolo dell'altro. (I due occhielli del numero otto sono di dimensioni diverse.) Questa brama di vedere dura per tutta la vita, fino alla morte, e forse anche oltre. Da questi segni capivo che il Cittadino dell'Eternità non era isolato dalle sue fonti di forza interiori. Però non riuscivo a capire perché aveva bisogno di trovarsi in quel posto, nel superattico dei Layamon; così come non riuscivo a capire le montagne cinesi, le foreste indiane, le giungle amazzoniche, che lo chiamavano e me lo toglievano per mesi di fila.

Eppure ci restava. Aspettava che Matilda si alzasse e leggeva i giornali. Che sia dannato se riuscivo a capire cosa ne cavava da tutti i Gheddafi, le Imelda e i Waldheim, o dalle migliaia di miliardi del bilancio dello Stato. L'unica sua inconfutabile affinità in quel posto era con l'azalea, trenta metri lontano e dietro un angolo. Un'altra affinità, quella con Matilda, era (così speravamo) ancora allo stadio embrionale. Adesso aveva bisogno di una cosa sola, dormire, e occorreva portare pazienza. Lo zio stava molto attento a non disturbarla, e quindi appendeva i pantaloni alla porta del bagno così che il tintinnio delle monete e delle chiavi non la svegliasse.

Per tutta la mattina la cuoca cucinava, la donna di servizio puliva, la signora Layamon registrava Marianne Moore o Wallace Stevens, e nel frattempo Matilda nella sua stanza da ragazza dormiva tra piumini di seta. Mentre dormiva se ne vedeva solo il profilo di figlia di ricchi svuotata alfine di tutto nel riposo assoluto. Dopo tanto agitarsi, tante sfide, tanto viaggiare per prodigalità o per nevrosi, si era riconciliata con casa sua. Qui c'entrava lo zio Benn. Sposare B'

Crader l'aveva reintegrata. Aveva trovato riposo. Riprese i suoi privilegi e la sua vita di prima come se nulla fosse. Dormiva. Era una dormitrice eccessiva, lussureggiante, che si abbandonava completamente al sonno. Sembrava Psiche che abbraccia Amore nel buio totale. Così disse lo zio, con mia sorpresa. Anche questa storia di Psiche veniva da quella poesia di Poe, che allora l'ossessionava come in seguito l'avrebbe ossessionato la vignetta di Charles Addams.

dapprima, sbagliando, pensai: "Ecco che salta fuori ancora questo stupido Edgar Allan Poe con la sua Psiche di marmo. Soltanto questo povero deficiente, cui purtroppo sono affezionato, ci si potrebbe rincretinire. Tutte quelle metafore di seconda mano, tutto quel piangersi addosso. Ma guarda dove va a dare, così lontano dalla botanica, il meglio di sé".

Avevo torto marcio. Era lui quello che intravedeva la verità. Se Matilda era Psiche, l'Amore che abbracciava nel sonno non era suo marito. Indirettamente, era questo che lo zio mi stava dicendo. Lui era la causa del riposo di lei, ma la sostanza di quel riposo era forse qualcosa d'altro. Un altro uomo? No, naturalmente no. Qualcosa, non qualcuno. Non c'era un altro uomo. Ma quel qualcosa, l'Amore di lei, non era Benn Crader. Per forza la Psiche di Poe era tutta fatta di marmo, e rappresentava la Bellezza Ideale. La donna di Poe era da contemplare, non da abbracciare, Bellezza in contemplazione. (Ma cosa c'entrano gli ebrei, comunque, con questa roba greca?)

"Be', lascia che si metta alla pari col sonno. Ne ha proprio bisogno. Non ho intenzione di domandarle: "Perché dormi tanto?"."

"Se non altro, offre a te l'occasione di metterti alla pari con il mondo d'oggi."

"Che dorma fino a non poterne più" disse. "In fin dei conti, nessuno riesce a riposare quanto ha veramente bisogno, se non nella morte. Così quando si sarà rifatta del sonno perduto mi aspetto di ricavarne qualche vantaggio anche per me."

Però (forse, solo per il momento) Matilda da sveglia non era felice. Quando beveva il caffè era brusca, imbronciata. I suoi occhioni erano ancora di là, nel mondo del sonno. Parlavano poco.

Quando lei apriva la bocca per parlare, Benn le vedeva i denti, che erano molto aguzzi. Però non si può fare una colpa a una persona dei denti che ha. Se una bella donna che apre la bocca risulta un evento degno di nota, ciò di per sé può tornare a discredito più dell'osservatore che della donna in questione. Io ho sempre attribuito a mio zio una grande capacità d'osservazione. Ogni suo commento era ricco di significato. Da quando l'avevo pregato di darmi una mano nei miei studi sui simbolisti russi, lo zio si era dato ad autori con cui io non avevo molta pazienza. Contavo su di lui perché mi riassumesse le loro argomentazioni, e lo zio divenne quindi un gran lettore di Soloviev (su Platone), Fyodorov, Berdyaev, Vyacheslav Ivanov (Dostoievsky e la vita tragica). Fondandosi su queste sue letture, lo zio parlava di forze che dall'interno della terra trasmettono cariche al fluido spinale. Diceva (citando le sue fonti russe) che la terra è carica di elettricità luciferina. Inoltre la sua prima moglie aveva preso alcune idee swedenborghiane. Ad esempio la teoria delle corrispondenze: un albero non è soltanto un albero, ma un Segno. Vi sono delle corrispondenze. Ogni cosa, bella o brutta che sia, è una comunicazione. Un volto umano comunica; lo stesso fanno i colori, le forme, i profumi. Così Matilda apre la bocca, giusto? E lo zio Benn osserva che una donna di grande bellezza può avere le gengive gonfie in quattro punti, alla base dei canini.

Questo difetto, se di difetto si tratta e non di un indizio di stravolgimento in chi percepisce, di un impulso a contestare la perfezione o di un sotterfugio che indica resistenza al potere della bellezza, può essere un segno di debolezza. Ciò che è bellissimo può essere tormentoso. Ci lacera il cuore (ad alcuni di noi, almeno), e quindi noi lo combattiamo disperatamente. Mettiamo la maschera della Medusa al volto innocente di una ragazza.

A che serve parlare!

Tipo mattutino per natura, Benn era più vivace la mattina. Cercò quindi di aiutare Matilda ad affrontare le pene del risveglio.

Leggeva il "Times" e il "Wall Street Journal" cercando le notizie per lei, e gli argomenti di conversazione di cui parlare a colazione.

"Quel terrorista che Craxi ha lasciato libero è andato in Iugoslavia e lì l'hanno messo su un aereo diretto in Medio Oriente." Oppure:

"Reagan dice che gli sta bene se gli scienziati che lavorano per le Guerre Stellari traggono un profitto personale dalle scoperte che hanno fatto con i soldi dello Stato." Certo, vista la fiducia che ha nella libera impresa... E, a proposito, c'è un articolo divertente su Milton Friedman. gli chiedono: "Lei è sicuro che l'Uomo Economico sia completamente razionale? Possiamo davvero farci affidamento? Molti noti pensatori hanno detto che il comportamento dell'Homo Sapiens è decisamente paranoide e certi sostengono addirittura che esiste una diffusa condizione fisiologica definita schizofisiologia che determina una schizopsicologia. Questo ad esempio è quanto sostiene Koestler. ora, come si concilia questa che incontrovertibilmente è follia con la sua teoria dell'Uomo Economico?". Friedman risponde che per quanto la gente sia matta, gli uomini si comportano da sani nelle faccende di denaro. Che ne dite, è una sua convinzione fideistica o un dato di fatto? Be', non parla del Bene e del Male. Non tira nemmeno in ballo la psicologia, il che va a suo merito. In conclusione, si direbbe che secondo lui tra l'umanità e il caos si frapponga soltanto il libero mercato. La fede nell'invisibile si riduce in lui alla Mano Invisibile del Capitalismo".

Qui Friedman mi sembrava Caroline Bunge!

"Oh, oh" disse Matilda, amara. Non prendeva sul serio le opinioni di Benn. E sì che lui cercava di metterla di buonumore. Faceva questi suoi interventi per puro spirito altruistico. Ma Matilda odiava svegliarsi, dico odiava.

"Una gran nube temporalesca carica di lampi discende su di lei"

disse Benn. In un tono quasi d'ammirazione. Una donna ricca di passione, ammirevole!

A colazione, i rolls erano ancora gelati nel mezzo, e Matilda si metteva a gridare: "E' quel maledetto forno a microonde. Perché diavolo Irina non usa quello a gas?". Rabbia, bellezza, rimproveri.

Benn ne era colpito in piena faccia, per così dire.

"Li porto io in cucina" diceva Benn.

"Col cavolo!... Irina!" gridava lei.

Non le andava che Benn fosse così alla mano con la donna. Non sapeva un accidenti di niente su come si tratta la servitù, doveva imparare.

Il momento della colazione era più faticoso del necessario. Matilda era già insoddisfatta di lui? S'era pentita? Nei suoi panni io non mi sarei dato tanto da fare per lei. A colazione non mi sarei fatto nemmeno vedere; sarei andato in laboratorio, o sarei rimasto tutta la mattina in una serra. Faceva male a girarle tanto intorno.

In questo periodo Benn mi disse (non era la prima volta): "Chissà come sarebbe stata la mia vita se il dono che ho per le piante l'avessi avuto per gli esseri umani".

Prendiamo ad esempio il sonno di Matilda, che per qualche verso gli ricordava il mondo vegetale. Nel sonno profondo la coscienza è del tutto assente, e lo stesso dicasi per la crescita dei vegetali, evidentemente. Cristalli e piante presentano strutture estremamente complesse senza traccia alcuna d'intelligenza conscia. Eppure le complesse metamorfosi ci fanno pensare a un'intenzione intelligente.

Ci può venire la tentazione di sospendere la coscienza per compiere un tentativo divinatorio di giungere a questi strani (silenziosi? ma non sono in grado di emettere suoni) organismi vegetali. Nel caso dello zio, ritenevo che la penetrazione nel mondo vegetale avesse preceduto qualsiasi tentazione. Inoltre, poteva darsi che fosse stata la profondità del sonno di Matilda a suggestionare l'immaginazione dello zio, portandolo a questa analogia col mondo vegetale. Per quel che ne so, agli occhi dello zio lei era un fascio di felci, avvolto nella seta del piumino, che in alto s'allargava, con le fronde dei lunghi capelli che le ricadevano sugli occhi.

Però non aveva sposato una pianta. Magari Matilda poteva sembrare davvero una felce o un giglio di campo, e magari l'elemento vegetale era davvero fortemente presente in lei, la difficoltà con cui effettuava il passaggio dal sonno alla veglia suggerisce una lotta tra due nature diverse, però alla fine si svegliava, per quanto con riluttanza, e allora compariva in una fastosa vestaglia di broccato orientale. Certe volte chiudeva la bocca a Benn senza tanti complimenti. Diceva: "Oh, Cristo, Benn, niente discorsi profondi di prima mattina. Mi fanno venire il mal di testa".

Bene, lui comunque era già triste, fuori dal suo ambiente, dalle sue profondità, con l'ordine di stare zitto. Seduto lì nell'angolo della colazione, non gli restava altro da fare che guardare la città che si estende per miglia e miglia. Le industrie abbandonate che aspettano la resurrezione elettronica, il corpo colossale della Fascia della Ruggine, gli steli delle alte ciminiere da cui oggi non s'allarga più il bocciolo del fumo. Uno dei privilegi di chi è molto ricco è poter guardare un vasto panorama di questa desolazione. Dalla cima dell'Electronic Tower il panorama era ancora più sconvolgente.

Secondo l'opinione della signora Layamon, espressa a cena, questo grattacielo era "un importante esempio del concetto di bellezza nel nostro tempo". Benn non ci trovava bellezza alcuna, ma non disse niente; teneva la bocca chiusa durante queste conversazioni serali.

Certe volte a tavola ripeteva ciò cui non avevano prestato attenzione la prima volta: "Noi una volta abitavamo lì. Ci traslocammo da Jefferson Street quando io avevo dodici anni. Il comune aveva sequestrato la casa per via di certe tasse non pagate dal proprietario, e papà fece come gli suggerì lo zio Harold e la comprò.

Mi pare l'abbia pagata settecento dollari. C'era anche un grande cortile, con due grandi gelsi che in giugno attiravano un mucchio di gazze indiane". Poca attenzione si prestava a questo stralcio di storia naturale. "Alberi molto belli, di quelli con le more bianche.

Le more viola sono più buone." I Layamon si scambiavano occhiate espressive. Lo zio se ne accorgeva ma le prendeva per un segno di noia. Si sbagliava di grosso, come vedremo.

Dall'angolo della colazione, dunque, Benn poteva godere di una vista privilegiata sulla città, sulle strade infossate e sui casamenti in rovina. In centro c'erano degli edifici in costruzione, ristrutturazione urbana. "Chissà dove l'ha sentita mia suocera, questa dell'"importante esempio del concetto di bellezza nel nostro tempo". Un paio di volte sono stato lì lì per dire: "Ma no, questo si applica a tua figlia". Però avevo paura se la prendesse, a sentir definire sua figlia "un importante esempio"."

E forse dicendo questo non sarebbe nemmeno stato sincero fino in fondo. E poi anche a cena c'era lo strascico dell'ordine ricevuto la mattina di tenere la bocca chiusa mentre Matilda beveva il caffè, una tazzina dietro l'altra del più forte caffè espresso. In quei momenti non gli veniva voglia di considerarla dal punto di vista estetico.

Magari invece si chiedeva: E' per via di qualcosa che ho fatto? E

magari anche: E' per via di qualcosa che non ho fatto e che avrei dovuto fare?

"Per la luna di miele siamo andati quattro giorni ad Aruba" disse Benn. "L'albergo fa parte di una catena, e il Dottore è un azionista."

I pazienti e gli amici del Dottore erano per lo più grossi costruttori, e ogni tanto uno di quelli con cui giocava a ramino o a golf gli dava una piccola compartecipazione, magari di un nuovo palazzo per uffici a Dallas, o di un centro acquisti, di un condominio di lusso, degli appartamenti in comproprietà in una località di villeggiatura della Florida, di un cosmodromo in Oklahoma, di un appalto del comune per rimuovere le macchine lasciate in sosta vietata. Un punto percentuale qui, un punto percentuale là, diceva Matilda. Papà s'era fatto una fortuna con pezzi e bocconi di questo genere. Tilda aveva messo insieme un quadro globale del patrimonio, sebbene suo padre si rifiutasse di darle la minima informazione. Il Dottore disse a Benn: "Matilda è un demonio, in questo. Va in giro a parlare con la gente, a berci insieme, e prima di rendertene conto ecco che ha scoperto tutto quanto riguardo l'affare. Ha sempre gli occhi aperti e il cannocchiale puntato. Mai s'è lasciata prendere dal francese e da quell'altra robaccia fino al punto di perdere di vista l'economia. In un certo senso è anche una consolazione. Quando Jo e io non ci saremo più, quelli delle tasse non riusciranno mai a fregare Matilda. Mi fa pena l'uomo che ci proverà".

"Voleva farti capire che Matilda è una ricca ereditiera" dissi io.

"Io non c'entro. C'entra solo Matilda. Ed è bene che sia così."

In quel periodo, prima della partenza per il Brasile, Matilda e sua madre erano tutte prese a fare acquisti, e cioè a decidere tra Lalique e Baccarat e anche a comprare biancheria e utensili da cucina. Benn sapeva tener casa meglio di tutt'e due, e quindi aveva le sue idee a proposito di pentole e padelle e lavapiatti. Lo zio aveva opinioni stranamente precise su molte questioni lontanissime dalla scienza. "Un ficcanaso" si definiva. Comunque non lo consultarono, e del resto lui neppure cercò di dare il suo piccolo contributo. "Intendiamo in questo caso partire dal presupposto che Matilda ne sappia di più" disse. "Lo so che non è una donna di casa.

Però sta comprando come una che ha intenzione di aprire un piccolo albergo."

Sbarbato di fresco ogni sera, Benn si presentava a cena nelle vesti del genero professore di botanica, nelle vesti cioè del Dottor Clorofilla. Io ci andai una volta e vidi tutto. Il vecchio Layamon e Matilda parlarono soltanto loro. Dopo di che guardammo un film di gangster alla Tv, Il padrino Ii. E io potei vedere con i miei occhi quanto Benn m'aveva detto a proposito dell'ElectronicTower. Di notte si avvicinava, una massa di finestre illuminate grande più del Titanic, e l'alberatura fiammeggiante era come un segno per i figli d'Israele. Quella sera Matilda era piena di brio, senza nulla dell'irosa beltà difficile a svegliarsi che fa guerra al giorno e alla piena coscienza. Dovevo riconoscere che oggettivamente era molto attraente e spiritosa, con un modo di fare pungente e aristocratico.

La lezione che se ne traeva era che non c'è bellezza senza un po' di sofferenza per chi guarda. Il tipo di donna che io preferisco - non ne ho fatto mistero - è più terra terra. Per il mio gusto Matilda aveva troppa spinta ascensionale. Per dire tutta la verità, continuavo a chiedermi: Quanto vanno su quelle gambe e dove e come si congiungono al tronco? Che succede nel punto in cui avviene questo congiungimento? Non si dà verità alla vita se si omettono queste riflessioni tipicamente maschili, e anche lo zio, come vedrete, malgrado le sue fantasticherie vegetali, aveva dato ricetto a immagini consimili. Comunque, mi chiedevo come avesse fatto Benn a ottenere la felicità da ciò che andavo immaginando. Ma a questo proposito una terza persona, anche la più diligente non avrebbe cavato un ragno dal buco. L'unico indizio che ebbi da Benn in quel periodo fu quando mi disse: "Dovrebbe essere possibile soddisfare i desideri di una donna. Noi faremo ciò che lei vuole. Posso scoprirlo solo facendo la sua volontà. Allora forse potrò combinare qualcosa".

Andò a fare spese con lei e tenne la bocca chiusa quando lei comprò una lavastoviglie della Ge. "Con solo cento dollari in più poteva comprare una Kitchenaid, che è mille volte meglio" mi disse. "Ma non ho intenzione di dirle: "Te l'avevo detto"."

A Matilda servivano le misure dell'appartamento al Roanoke, quello che aveva avuto in eredità dalla zia, e si portò dietro Benn perché l'aiutasse a prenderle. Fu allora che lo zio vide il posto per la prima volta. Mi disse che il mio paragone con i palazzi veneziani era perfettamente azzeccato. Un palazzo come il Roanoke - in stile barocco borghese - lo si può immaginare anche a Vienna o a Rio. Anche l'ingresso di casa era in stile veneziano. La porta dell'appartamento era spessa trenta centimetri buoni, e scolpita a motivi di piume e lance. I cardini erano estremamente robusti. "Ne uscì un odore di malattia" mi riferì. La vecchia zia era morta più di un anno prima, e la casa da allora era sempre rimasta chiusa. O Matilda non sentì quell'odore, oppure la gioia della proprietà lo trasformò in fragranza. S'era data da fare per quel testamento fin da quando era morto lo zio, e cioè quindici anni prima, mandando a monte i piani di due altre nipoti. Era dunque una vittoria d'un certo peso.

"Matilda mi fece fare il giro turistico. "Qui è dove verremo a stare. Che ne dici del posto?" Io non volevo domandarle: La vecchia signora era per caso incontinente? Teneva gatti o cani? Tutto ciò che riuscii a dire fu che lo trovavo molto lussuoso."

"Ma pensa, abitare qui" disse Matilda. "Parecchio lontano da Jefferson Street, eh?"

E cominciò a elencare i vantaggi che presentava il Roanoke: si poteva andare a piedi all'università; Benn poteva mettersi su un laboratorio in casa, se gli andava, le tubature erano a posto.

Bastava buttar giù qualche vecchio lavandino malconcio. Mi disse che l'ambiente che lei destinava a questo scopo sarebbe stato l'ideale per una camera oscura. Benn rispose che era un'idea bellissima ma che lui era abituato a lavorare fuori casa. Inoltre, la passeggiata fino all'università gli avrebbe dato modo di meditare.

Gli chiese se gli dispiaceva venir via dal suo vecchio appartamento, "l'ambiente del tuo primo matrimonio felice".

Ora era cominciato un secondo matrimonio felice, rispose lui con tatto.

"Allora di venir via dal posto dove ti sei intrattenuto con tante belle ragazze, me compresa."

Non vi era motivo alcuno di menzionare Della Bedell, né come lei picchiava alla porta gridando: "Cosa dovrei farne allora della mia sessualità?". I vicini potevano essere grati di non dover rispondere loro alla domanda. Poveretta. Adesso che era morta sarebbe stata pura cortesia, un atto di carità, dimenticarsi il modo in cui si era comportata.

Eccoci qui, comunque, noi che siamo ancora vivi, a ispezionare la nostra grandiosa residenza ereditaria. Benn diede un'occhiata alle dimensioni dei locali, alla grandezza dei lampadari. Guardò le carte e le stoffe da parati, che in alcuni punti penzolavano stracciate, la porcellana grassa e rigonfia delle vasche da bagno, in cui svolazzavano pesciolini d'argento; i pesanti rubinetti placcati in argentone, tutta roba di prima classe, una volta. Era una ricchezza diversa da quella che Scott Fitzgerald ammirava tanto, una ricchezza antica da grande villa, con cavalli da polo nelle stalle, biondi giocatori muscolosi, le migliori scuole, le Lafayette Escadrille. No, la ricchezza del Roanoke era una ricchezza d'interni, una ricchezza chiusa di ebrei tedeschi che i ricchi di Long Island avrebbero chiamato Shonickers. lo zio Benn non aveva neppure cominciato a collocarsi in nessuna di queste due categorie di ricchi. Finì i commenti appropriati mentre Matilda gli faceva vedere questo e quello. "Questo è il soggiorno" gli disse lei. E lui: "E' grande quanto un pascolo. Stupendo. Quel tappeto è bianco o color ostrica? E'

come di lana naturale, solo che sta ingiallendo un po'".

Lei disse che quelli delle pulizie avrebbero pulito ogni cosa con il vapore. Disse anche: "Il palazzo è sorvegliato ventiquattr'ore al giorno da guardie e portieri. Sopra di noi abita il preside della facoltà di fisica, e sotto la figlia dell'inventore dei dolcificanti artificiali. Il nostro appartamento ha una caratteristica che sono sicura ti piacerà. Siamo un po' bassi, sì, così che ci arriva il rumore del traffico su dal viale, però abbiamo le finestre che danno proprio sulla chioma degli alberi".

Era vero. Benn ispezionò i sicomori che crescevano lungo il palazzo. Avrebbe avuto le foglie a tenergli compagnia per sei mesi all'anno. Matilda pur prendendolo in giro aveva ragione. I sicomori dentro i quali guardò erano pallidi e bruni. Il sistema radicale si allargava sotto il marciapiede simile a un peloso mammut, avvolgendo le condotte fognarie e gli altri collegamenti, lavorando sotterraneo e spingendosi verso il centro della terra. Mi parlò di questo, a me, il suo attento ascoltatore, il nipote dal volto affilato, che stava cercando di leggere tra le righe. Certe volte mi diceva delle cose, sulle piante, che erano quasi confidenze. Da vero uomo-pianta, diffondeva la sua essenza personale in foglie, in tessuti interni, e si proiettava dalle radici avvinghiate al suolo su su fino alle più aeree estremità. Quasi parlando tra sé, diceva di forze provenienti dal centro del pianeta, della stessa natura del dolore, che mandano verdi impulsi verso la superficie e dentro il sole, atto questo cui le foglie plaudono. Non sono sicuro che sapesse davvero quanto andava dicendo. Si fidava di me abbastanza per parlare secondo l'ispirazione, per mettere in parole pensieri inesplicabili, concetti inammissibili. Con la dimestichezza che aveva con l'anatomia di questi organismi, ne aveva una concezione molto particolare. E dicevo prima parlando delle lunghe gambe di Matilda e del punto in cui si congiungevano al busto (il punto maritale), dicevo che non si dà verità alla vita se non si tiene conto di queste congetture. In questo spirito, non posso omettere l'ultima osservazione di Benn riguardo ai sicomori. Mentre li stava guardando gli parve di udire un gemito levarsi alle sue spalle, dalla stanza vasta quanto un pascolo dietro di lui. Perché mai gemeva, la stanza? (Non era un gemito umano.) L'unica spiegazione ragionevole è che si trattasse di una proiezione, pura e semplice, ispirata dai nudi sicomori. Ciò getta dei dubbi sulle "spiegazioni ragionevoli" in quanto tali.

Lui stesso avrebbe emesso un tal gemito se non si fosse ripromesso di comportarsi bene. Ma in occasione della visita alla loro futura residenza voleva mostrarsi il marito ideale. Questa vasta abitazione messa su nel 1910 da grandi mercanti di tessuti - le cui stanze, disse, gli facevano pensare a cisterne d'egoismo che s'erano prosciugate ora che gli abitanti erano finiti al cimitero. Ma era pericoloso indulgere a simili fantasticherie, così che prese a esaminare i mobili, un gran numero di sofà e di altri pezzi di notevoli dimensioni. Disse a Matilda: "L'imbottitura è finita. Ha assorbito l'odore".

"Io non sento nessun odore."

"Ma senti. C'è cattivo odore..."

"La zia Ettie aveva lasciato alcuni pezzi molto belli. Ma nel testamento dava disposizione che dopo il funerale parenti e amici dovessero tornare qui. C'era un cartellino su ogni oggetto e quelli che li avevano ereditati dovevano prenderseli subito."

"Vuoi dire immediatamente?"

"Già. I miei cugini si sono presi dei begli oggetti d'antiquariato."

Ricordando questo, mi disse lui, "i filamenti di Matilda ancora risplendevano" per l'oltraggio.

"Qualcuno è stato più furbo di te."

"Ah. Hanno fatto su la vecchia."

"Avete litigato?"

"Non subito dopo il funerale, ma ci sono state parecchie discussioni mentre portavano via il bottino. Così queste cose che vedi qui erano quelle senza cartellino, il che voleva dire che erano mie. Mi hanno portato via molti pezzi di valore. Per quanto riguarda la vecchia, questi sofà erano fatti per durare in eterno. Bisogna sostituire ogni cosa. Darò tutto all'ospedale di papà, divani e poltrone."

"Costerà un occhio della testa, comprare tutti i mobili nuovi"

disse Benn. "Potremmo mettere le cose in miglior stato nelle stanze più grandi, e magari far fare delle fodere."

"No, caro. No" disse lei.

Questo "caro", il "caro" della contraddizione, cadde come un blocco di cemento, riferì Benn. Quell'omone dagli occhi azzurri non aveva l'aria particolarmente sensibile, e invece era un vero e proprio complicato congegno di concetti complessi munito di innumerevoli fibrille.

"E dove li troverai i mobili adatti? Lo stile svedese sarebbe fuori posto, qui."

"Forse a Rio. Devono avere roba meravigliosa" disse lei.

"E il costo del trasporto? Ci sono cinquemila miglia di mare, da Rio a qui."

"Forse sarà più conveniente spedirli per aereo. E poi si possono sempre fare degli scambi. Ad esempio, tu puoi fare delle pubbliche conferenze per conto dell'Us Information Agency. In questo modo potremmo anche viaggiare un po' per il paese."

"Vedo che ci hai riflettuto. Non potremmo farci rilasciare un passaporto diplomatico?"

"Ora fai dell'ironia. Tu sei una celebrità internazionale nel tuo campo, una specie di monumento. Un pezzo grosso. Farebbero qualsiasi cosa per te... Tu non sai cosa non farebbero..."

Era inverno crudo quel giorno, cieli grigi contro cui spiccavano bianche le ossa della natura. Ma il palazzo aveva un grasso involucro che copriva tutte le ossa, e dentro il quale potevi dimenticarti l'ambiente esterno. I caloriferi davano parecchio caldo, troppo anzi, e suoni e odori disusati venivano insieme a questo calore, esalazioni della materia che costituisce la nostra mortalità e che ricordavano i gas intimi che tutti noi diffondiamo. Questo era il messaggio di quel luogo: "Non ti preoccupare. Qui ci prenderemo cura di te". Ma il Roanoke non era soltanto un appartamento. Era, come ho già detto, un palazzo vero e proprio. Bisognava darvi feste - cene e concerti privati - altrimenti l'ambiente avrebbe esercitato su di te un effetto disincarnante e presto saresti diventato uno spettro che s'aggira per la cucina. Da ciò che Tilda andava dicendo mentre mostrava a Benn camere da letto e quartieri della servitù, risultava chiarissimo che avrebbero avuto un'intensa vita di società. Ma chi avrebbero invitato? Persone utili da conoscere. (Utili a che scopo?

Benn non lo domandò ad alta voce, ma ci pensò.) I personaggi di passaggio per la città, gente come Dobrynin, Kissinger, Marilyn Horne, ballerini, Gunther Grass - gente on the road, e senza un posto migliore per ammazzare la serata - lì avrebbero trovato un'oasi di civiltà.

"Ma non sarà un po' caro?" chiese lo zio, come se non lo sapesse già. Era soltanto un professore con sessantamila dollari all'anno di stipendio: quanto, come ho già detto, costa allo Stato mantenere due detenuti. Da questa cifra aveva messo da parte circa diecimila dollari all'anno, più le trattenute che (fortunatamente) non poteva toccare prima della pensione e l'assicurazione di Lena, che non sarebbe stato giusto scialacquare lì al Roanoke (per intrattenere Kissinger o Pavarotti, amici di quella che aveva preso il posto di lei). A sentire le sue preoccupazioni, Matilda sorrise soltanto.

Evidentemente aveva già pensato a ogni cosa.

Dietro mia sollecitazione, Benn ricostruì la conversazione con Matilda in quelle stanze vuote.

"Devi accostarti a questo posto con più immaginazione" disse lei.

"Adesso ha un'aria pomposa e schmutzig. ma io me lo ricordo com'era ai bei tempi, e ti dico che se fosse nella FifthAvenue varrebbe parecchi milioni e dovresti essere un Lehmann o un Warburg per potertelo permettere. Probabilmente è il palazzo più splendido che ci sia tra Pittsburgh e Denver. a dir poco. E' un edificio storico che non può essere demolito. Le spese non sono alte e le tasse sono poca cosa."

"Per me va benissimo, se piace a te" disse Benn. "Perché no? Però, devo sapere dove vado a cascare, tesoro. Non ho mai dato tanta importanza a dove abitavo, prima." (Non del tutto vero; per trent'anni circa era stato benissimo nel suo appartamento senza pretese.) "Me lo posso permettere? Questo è il problema. Questo leviatano di quindici locali si mangerà tutto quanto il mio stipendio, e poi dell'altro ancora."

"Non esagerare, e non spaventarti" disse lei.

"Guarda che non ne faccio una tragedia, mi chiedevo soltanto."

"Naturalmente io ho considerato la questione sotto tutti gli aspetti" disse lei sorridendo. "Credevo parlasse di più il don Chisciotte che c'è dentro di te."

"Don Chisciotte era scapolo" disse Benn.

"Voglio dire, pensavo che l'irrazionalità della cosa ti stuzzicasse."

"Quello che potremmo fare è di cominciare a sistemare la facciata, e io e te vivere nel retrobottega."

"A mangiar scatolette?" Matilda aveva un senso dell'umorismo che tendeva al sarcastico. "Tirando avanti col sussidio di povertà?"

Benn disse: "Quanto ne potresti ricavare vendendolo?".

"Anche questo è fuori discussione. Prima di metterlo in vendita bisognerebbe risistemare ogni cosa. Così com'è adesso se ne ricaverebbe poco o niente." Matilda non s'era affatto risentita per la domanda; abbassò gli occhi e gli scoccò uno dei suoi sorrisi dal sotto in su, sistemandosi nel frattempo gli elastici della biancheria intima attraverso la stoffa del vestito. Parlando lo faceva spesso, alla vita o dietro la schiena. Matilda voleva accontentarlo, questo fu subito chiaro, e non aveva nessuna intenzione di rinunciare a quella casa stupenda.

"Senza scherzi" mi disse lo zio. "Il soggiorno era un hangar che poteva tenere due o tre aerei personali. Nel programma per la felicità coniugale che lei si era tracciata rientravano quelle...

quelle sale da museo, così io le vedevo. E' un matrimonio a tre: Matilda, io e il Roanoke. Io non me n'ero reso conto. E chi avrebbe potuto prevederlo, prima? Però, ricordando le parole del Dottore, che lei aveva cervello da vendere e che avrebbe potuto far eleggere Mondale alla presidenza, presi a indagare sulle risorse disponibili.

Ad esempio: Pensi che i tuoi genitori ci daranno una mano a metter su casa? Forse la zia Ettie ha lasciato dei soldi a questo scopo? Ma non riuscii a concludere nulla. Era impensabile che questi furboni di Parrish Place non avessero fatto i loro conti. Ma da Matilda non riuscii a cavare niente di preciso. Bene, posso fare soltanto una cosa, e cioè stabilire la cifra massima che posso tirar fuori. E

credo ci vorrà un po' per scoprire quello che hanno in mente, il disegno complessivo del tappeto."

"Certo che hanno fatto i loro conti" dissi io. "Che tu col tuo stipendio possa pagare un ménage del genere è fuori questione, e questi marpioni lo sanno. Certo non possono pretendere che ti ammazzi per far piacere alla donna che ami. E poiché lei certamente ti ama, non vorrà che tu lo faccia. E così credo che la cosa migliore da fare per adesso sia di considerare tutto questo una specie di affascinante mistero. Questo è il mio consiglio."

"Be', sì. Questa è stata la conclusione della nostra discussione finanziaria: che dovevo parlarne col dottor Layamon. Pranzo con lui in centro domani."

"Per discutere la questione finanziaria."

"Immagino di sì."

Non credevo che lo zio avrebbe difeso molto abilmente i suoi interessi, a pranzo. Peccato si fosse lasciato coinvolgere in cose del genere. In precedenza ho citato Churchill, il quale sosteneva che l'Impero britannico è stato conquistato in un momento di distrazione, e applicavo la battuta al matrimonio dello zio; però non mi convince molto questa teoria della distrazione. Lo scopo recondito della distrazione è di sembrare innocenti mentre si è colpevoli. La distrazione è una forma spuria d'innocenza. Nel caso di un uomo come mio zio, cui in realtà non sfuggiva nulla, questa categoria della distrazione non era applicabile. In quanto al disegno del tappeto, lo zio non sarebbe mai riuscito a vederlo nel suo complesso fin quando c'era lui, al tappeto. Infatti a mio giudizio - un giudizio che, l'ammettevo, era piuttosto severo - in quel momento lo zio non si reggeva sulle sue gambe. Ripassai in rassegna i fatti così come li conoscevo. Una bella donna si unisce in matrimonio con un botanico di fama mondiale. Egli pensa forse che ciò possa essere utile a lui. No, perché per tutto il tempo lei non ha fatto altro che pensare cosa può farne, di lui. E m'immagino ancora in Rue Bonaparte, a dipanare la matassa insieme a Kojève, noi due soli e nessun altro. Ho scelto lui perché è un ragionatore inesorabile e spietato. Benn era un botanico che cerca moglie, e aveva trovato una moglie che cercava esattamente un botanico così per potere tenere salotto, uno sposo che si intonava con la casa. Egli era spinto dal desiderio. Ma che desiderio! E'

impensabile che un desiderio così profondo abbia, o trovi, un obiettivo definito. Da parte sua, invece, Matilda aveva obiettivi estremamente ben definiti. Sapeva quello che voleva e l'aveva ottenuto. Lui non sapeva quello che voleva, e stava per avere il fatto suo.

Dovevo mettercela tutta: dovevo aiutare il mio caro zio a difendersi. Non credo che i Layamon volessero fargli davvero del male; soltanto, non avrebbero rispettato la sua magicità né sarebbe venuto loro in mente di risparmiarlo in grazia delle sue doti.

C'erano parecchie cose in gioco. Non posso stare a elencarle in continuazione. Ad esempio: la maledizione dell'impoverimento umano così come apparve all'ammiraglio Byrd nell'Antartico; il sonno dell'amore negli esseri umani di cui parla Larkin; la ricerca degli incanti sessuali intesi come panacea universale; il darsi un'anima inteso come unico progetto in cui valga davvero la pena d'imbarcarsi; e il mio personale rifiuto dell'esistenzialismo, che mi spinse a emigrare e che mi rende così rigoroso nell'analisi degli scopi. Di queste cose ho già parlato.

Allo zio dissi: "Fammi un favore... visto che sono così curioso.

Questa volta parla con il dottor Layamon del giudice che ha celebrato il matrimonio. Dicevi che l'avresti fatto".

"E' vero. Ora me lo annoto." Prese il portafogli e vi cercò un pezzo di carta. Non c'era niente di adatto se non una carta di credito dell'American Express. tolse il cappuccio alla penna e vi scrisse a lettere maiuscole Amador C' sul retro. La segretaria si sarebbe chiesta, il prossimo aprile, se aveva invitato a cena costui e se il conto era deducibile dalle tasse. Rimise via la carta di credito tra certi foglietti ingialliti agli angoli e io pensai che non le avrebbe mai più dato un'altra occhiata. Scettico, dissi dentro di me (stavo imparando a non tormentarlo): E' morta qui. E invece si ricordò davvero di sollevare la questione a pranzo. Io ne fui contento, perché era il segno che prendeva sul serio quanto dicevo, e anche che era capace di prendere l'iniziativa.

Il Dottore portò il genero all'Avignon, ristorante specializzato nella nouvelle cuisine. Anche qui in cima a un grattacielo, disse Benn. evidentemente a Layamon piaceva trovarsi in alto. La sala da pranzo, al settantacinquesimo piano di un grattacielo nuovissimo, era completamente vetrata, con i vetri color prugna per smorzare la luce.

Il Dottore, che era appena stato dal barbiere, aveva i capelli ben lavati con la scriminatura nel mezzo e le unghie fresche di manicure.

Entrò col passo del comandante di una divisione corazzata, a spalle rigide. "Praticamente bidimensionali, quelle spalle dell'accidenti"

disse più volte Benn. dava molta importanza a questi attributi. (Così come un albero non era soltanto un albero, ma anche un "segno".) E mi fece una descrizione dell'uomo particolareggiata, com'era tipico di lui. Il Dottore aveva un collo sottile e mobile, che "spingeva con urgenza" la faccia verso di te quando lui voleva farti vedere che aveva ragione. Benn aggiunse, sempre a proposito della faccia del dottor Layamon, che era troppo piccola rispetto alla lunghezza del suo corpo, e che in mezzo a questa faccia c'era qualcosa di simile a un vetro d'orologio che riflette la luce del sole, e cioè come un punto che emetteva lampi di luce. Ma quando si cercava l'origine di questi lampi, non si trovava niente.

Il pranzo partì male. Il Dottore ci teneva che Benn apprezzasse nel modo dovuto quel festino da tre stelle, e ne fosse debitamente colpito. "Nouvelle cuisine" disse più di una volta (la nouvelle cuisine sta andando ormai fuori moda!), e Benn non riusciva a mettere nelle sue risposte una nota di brillantezza da presentatore Tv. al contrario, fece immediatamente una gaffe, o balordaggine che dir si voglia. Appena entrati c'era una mostra dei piatti del giorno, ognuno esposto come l'avrebbero servito - pesce o insalata, purè di carote o spremuta - e ogni piatto aveva il suo cartellino in francese con sotto la traduzione in inglese. La mostra era coperta di luccicante plastica trasparente. "Credo fosse pellicola da cucina marca Saran Wrap" mi disse Benn. il Dottore trovava l'idea molto intelligente, ma Benn disse che gli faceva venire in mente quelle esposizioni cui si trovano di fronte i dolenti quando devono scegliere la bara per il genitore morto. Al Dottore questa cosa non piacque affatto. ("E'

diventato rigido come quei ferri con cui fanno il cemento armato"

disse Benn.) Se c'era una cosa che il Dottore non riusciva assolutamente a sopportare nel genero era questa capacità associativa anarchica e senza regole. Il Dottore si fece color paprica sotto gli occhi; andò verso il tavolo molto veloce e Benn lo seguì dietro il maître. Lo zio mi disse che non aveva voglia di nulla. Il vitello e la sogliola à la meunière messi in mostra freddi in quel modo. Ma il Dottore aveva dovuto cancellare degli appuntamenti, e se si aggiungevano le visite cui aveva dovuto rinunciare al conto del ristorante, alla fine veniva fuori una cifra mica male. Inoltre, come disse più tardi Matilda, il Dottore non sopportava che si parlasse di morte, e soprattutto all'ora dei pasti.

"Per un attimo, allora" disse Benn, "ho creduto che mi avrebbe ammazzato, Kenneth. Gliel'ho letto in faccia. Mi aveva trattato con ogni riguardo per niente, perché io non ero altro che uno stronzo che non capisce nulla. Però riprese il controllo quasi subito. Vinse il senso della paternità. E anche le forze del Pensiero Positivo."

"Ma lui ci crede davvero?"

"Dice di sì, e spesso."

Li avevano messi in un séparé tutto in pelle come l'abitacolo di unaPorsche o di una Lancia, e il Dottore prese la lista dei vini.

"Bianco o rosso? Francese o californiano? Bisogna festeggiare."

Ordinarono una bottiglia di Vouvray, e il Dottore brindò così:

"Benvenuto nella nostra famiglia! Jo e io siamo orgogliosi dell'uomo che Matilda ha scelto! Siamo sicuri che tu ami nostra figlia".

"Certo che la amo" dichiarò Benn.

"Naturalmente. E ti comporterai correttamente con lei."

"Come ho fatto con la mia prima moglie."

"Lo so. Ciò che hai fatto tra la prima e la seconda, sono affari tuoi."

Dopo un bicchiere di vino, il Dottore ritornò se stesso; era riuscito a dimenticare la battuta sulle bare. Il Dottore aveva una propensione per le distanze interpersonali molto ravvicinate, e nel séparé dell'Avignon stava proprio appiccicato a Benn. Non era la normale prossimità tra persone amiche: non si riusciva a distinguere il respiro dell'uno da quello dell'altro. "Se fossi stato una donna, mi avrebbe messo un dito nella scollatura e guardato dentro il vestito" disse Benn. Gli occhiali del Dottore pendevano da una parte e guardava anche tutto storto. Le due metà della faccia, da una parte e dall'altra dell'asse verticale, non collimavano. La pelle era secca, la bocca larga e loquace, gli occhi scoordinati. All'ospedale l'avevano soprannominato Bocca a Motore. Teneva Benn stretto a sé con un braccio continuando a toccarlo e a palparlo tutto. "Forse stava raccogliendo dati diagnostici" disse Benn. "Mi ha anche toccato sotto la coscia, sopra il ginocchio. Là dove si toccavano nel Vecchio Testamento quando giuravano." Benn ammetteva che da un punto di vista fisico lui era molto inferiore a Matilda. Lo zio apparteneva a un tipo somatico più arcaico, quello degli immigranti e della prima generazione dei loro discendenti. In un paese che seleziona e vitaminizza (pollame e bestiame vario), e abbaglia il mondo con i denti dei suoi figli, le sane epidermidi, le braccia e le gambe plasmate dalla ginnastica aerobica, Benn con quella sua testa a cupola e la schiena ricurva alla russa sembrava l'illustrazione di un libro sull'evoluzione dell'uomo - tre o quattro figure sotto la vetta dell'evoluzione stessa. Matilda, la dorata figlia del Dottore, era la vetta. (Ma vedremo che Benn, in qualche remoto andito della sua mente labirintica, non era del tutto d'accordo.) Dunque perché mai Matilda era andata a scegliersi quello zhlobb? Questo il Dottore bramava di sapere. Finito il primo bicchiere di vino, ordinarono il pranzo; il cameriere versò altro Vouvray e il Dottore prese a chiacchierare come un'uccelliera dello zoo in cui sono presenti tante specie d'uccelli diversi che nulla hanno in comune tranne il baccano che fanno.

"Tornando a quanto dicevamo l'altro giorno" disse il Dottore che non aveva mai smesso di parlarne, "io ormai ho rinunciato a tenere il passo con la rivoluzione sessuale."

"Ma perché devi per forza tenere il passo con la rivoluzione sessuale?" disse lo zio.

"Mettiti nei panni di un padre sostanzialmente vecchio stampo che ha una figlia, e una figlia unica per giunta. E anche di un medico a contatto con pazienti che presentano sindromi complicate. Sei obbligato a cercar di capire il contesto. Come credi che reagisca un medico alle realtà della vita? Prima in ufficio, e poi a casa." Io me l'immaginavo, Benn, molto distante (ma non altezzoso), che guardava il dottore da lontano, da un punto sopraelevato. "Bambini trascurati dai genitori che guardano alla Tv programmi lascivi" seguitò il Dottore. "O che ascoltano musica rock porno. "Giù in ginocchio!

Inchiodatevi il culo per terra!" Dischi che si vendono a milioni, una volta che sono in testa alle classifiche. Cifre da bilancio dello Stato..."

"Non ci avevo mai pensato."

"Voi che vi occupate della ricerca pura, non avete bisogno di pensare a queste cose."

Lo zio disse: "E' una di quelle cose per cui il singolo individuo può fare molto poco... come la bomba atomica, ad esempio. E dopo la bomba atomica, ci hanno sganciato addosso la bomba orgastica".

Il Dottore cercava di farlo parlare, come al solito, perché si sbottonasse sul conto di sua figlia: una lamentela, una protesta, uno scandalo.

"Tu non hai bisogno di scendere nel rifugio" disse il Dottore.

"Anzi ne hai ricavato la tua parte." E vedendo che Benn stava per protestare si affrettò ad aggiungere: "Guarda che non ti biasimo. Ha portato certi vantaggi, e non c'è motivo per cui tu non debba esserti presa la tua parte di piacere. Ai miei pazienti consiglio sempre di non smettere, anche a quelli che sono troppo vecchi per farlo. Non hai idea di quanti vengono a dirmi che non ce la fanno più, e se magari posso dargli delle iniezioni di ormoni, così che possano soddisfare ancora la moglie. Io gli dico: "Guardi, se lei ha ancora un ginocchio, un gomito, il naso, l'alluce, purché sua moglie le voglia bene, se ha fatto il suo dovere quando ce la faceva ancora, sua moglie adesso prenderà quello che può darle, e non le deve di più". Naturalmente questi vecchi cretini hanno paura che qualche istruttore di karate gli fotta la moglie, e allora cominciano a far domande su eventuali protesi. O anche un palloncino che faccia gonfiare il membro. Una cosa tipo l'apparecchio per misurare la pressione, capisci".

Benn (di questo possiamo star sicuri) aveva l'aria di uno che ci stia pensando su, ma in realtà non riusciva a capire a cosa mirassero tutti questi discorsi sul sesso. Aveva il sospetto che il Dottore fosse così preso dalla figlia da non poter fare a meno di parlare di sesso. Benn non era personalmente in una posizione tale da poter affermare di non avere problemi a questo riguardo. Qualsiasi cosa avesse detto sarebbe stata presa per una giustificazione, una difesa, e non una dichiarazione oggettiva.

"Ora senta, dottor Layamon..."

"William."

"Okay, William, cosa c'entro io con gli ormoni e i genitali gonfiabili? Ti aspetti forse che ti faccia qualche confessione di ordine medico?"

Il dottore diventò rosso, ma non di un rosso normale, di un rosso arancione come quelle salamandre che si vedono per le stradine di campagna. "Ma perché dovrei...?"

"Io non so perché dovresti, o se con tutte queste allusioni vuoi darmi l'occasione di dirti qualcosa. O se Matilda ha per caso sollevato la questione con te."

"Assolutamente no!" disse il Dottore. "Non ti scaldare."

"Oggigiorno le donne, ne puoi star sicuro, non si sposano senza un periodo di prova. Io e Matilda l'estate scorsa siamo andati insieme in Svizzera per un mese."

"Non era un segreto. Ci ha mandato le fotografie."

"Le fotografie? Quali fotografie?"

"Cartoline di Zurigo e di Ginevra dicendo che era molto felice. Non ci siamo capiti, Benn. Jo e io abbiamo molta stima di te, in questo senso. Non ti offendere, ma abbiamo fatto un piccolo controllo sul tuo conto, una cosuccia privata con il massimo della discrezione. Non puoi darci torto. Questi sono brutti tempi e Matilda è la nostra unica figlia, e verrà in possesso di un'eredità mica male. A Matilda la cosa non è piaciuta e ha detto che non era il caso, che già aveva fatto le sue ricerche su di te, a modo suo. Sapeva tutto sulle donne che hai frequentato prima di lei."

"E così avete assunto un investigatore per vedere se c'era in giro qualche sedotta e abbandonata o qualche figlio illegittimo?"

"Accidenti, ragazzo mio, tu vai tanto in giro che avremmo dovuto chiedere alla Cia o all'Interpol. Ci fosse stato qualcosa di brutto non saremmo qui insieme all'Avignon. Inoltre, se l'investigatore avesse scoperto qualcosa di serio, sarebbe prima venuto da te e avrebbe cercato di farti sganciare. E' il normale ricatto, del tutto prevedibile. Assumi un investigatore e quel figlio di puttana cerca di far sputare più soldi che può al tizio su cui sta investigando."

"Spero ti abbia fatto pagare una fattura parecchio salata. Matilda ha letto il rapporto dell'investigatore?"

"Non gliel'avrei mai fatto vedere. Inoltre ha detto che voi due eravate d'accordo di lasciar perdere il passato."

"Avrà raccolto i pettegolezzi in giro per l'università, immagino."

L'investigatore era arrivato fino a Caroline? Lo zio continuava anche adesso a restare misteriosamente attaccato a Caroline. Aveva certe peculiarità femminili cui egli dava gran peso - una sorta di fremito sottocutaneo in basso sulla gola e sui seni. Non che avesse nostalgia di Caroline; adesso ammetteva che era picchiata nella testa. Ma proprio per questo motivo Caroline si turbava anche molto facilmente. Le sarà pur mancata qualche rotella, però lui l'aveva messa in una brutta situazione e gli spiaceva per lei, poveretta; erano queste le precise parole dello zio, che ritrovo negli appunti che prendevo sempre dopo aver parlato con lui. Lo zio diceva che

"dentro di noi, quasi tutti noi, quasi tutti quelli che conosciamo, abbiamo la mente disastrata. Una massa di relitti umani." Guardate ad esempio il dottor Layamon, un medico in vista e di successo: per la maggior parte del tempo non riusciva a controllare quello che diceva.

Su dieci frasi che pronunciava, tre soltanto venivano dalla mente conscia, e le altre da qualche altra parte. "Un po' come quel secondo io che ti ha detto di dare il tuo nichelino al rigattiere?" (Cito dai miei appunti.) "Qualcosa del genere" disse lo zio. "Quello che chiami un demone. Mi sono andato a vedere Platone, là dove dice che Eros è uno spirito che fa da intermediario tra gli dei e gli uomini. Ma non vedo perché dobbiamo trascinare il povero Eros in questa squallida faccenda."

Dunque il Dottore non sapeva quello che diceva, era un Charlie Mccarthy, una marionetta delle forze del subconscio. Tranne quando parlava di soldi. Era la dimostrazione vivente di quanto sostiene Milton Friedman, e cioè che sono i dollari e i cent che ci mantengono razionali. Ma pensate allora ai mari di denaro che si spendono per scopi sessuali. Si può sostenere che questo spendere sia razionale?

Razionale quanto fare i soldi? Allo zio non rimaneva mai in mente il nome di uno dei miei russi, quello secondo cui il sesso può essere un modo diabolico di recuperare il paradiso, un "surrogato velenoso", una parodia di ciò che è bello e sublime, una falsa luce emanata per la nostra distruzione dal Lucifero sessuale, se poi grandi spiriti quali Eros e Lucifero badano ancora a noi esseri umani mezzi matti.

Se ne conclude insomma che uomini e donne sono decisi a ottenere (o a strappare) gli uni dagli altri ciò che non si può ottenere in nessun modo.

In quanto a Caroline, non era il caso che lo zio si sentisse così in colpa. Anche se la fuga dello sposo il giorno delle nozze non si poteva annoverare tra gli avvenimenti più graditi o più pittoreschi della vita di lei.

"Ora non t'incazzare, Benn" disse il Dottore. "La gente facoltosa deve per forza farsi fare speciali rapporti informativi. Assumere un investigatore è cosa di tutti i giorni."

"Dipende da cosa si vuol sapere" disse freddamente Benn.

"Cosa credi, che sia così scemo da assumere uno per scoprire che cosa ha provato per te una donna? Non ho certo fatto il medico per quarant'anni senza sapere che le donne hanno reazioni tutte diverse, assolutamente fuori dall'orizzonte di un piedipiatti che ha delle conoscenze all'Fbi. Non sono scemo, sono solo un po' dispersivo quando parlo."

"Non mi va di essere alla mercé di terze persone" disse Benn.

(Cosa poteva significare, questo? Che solo le seconde persone avevano il diritto di farlo a pezzi?)

Il Dottore disse: "Ascolta, figliolo, tu hai saputo più cose di me

- ed è vero - di quelle per cui io ho pagato quel piedipiatti. Ti ho detto io stesso che razza di puttana è capace di essere Matilda. O lo era, prima. Adesso che ha sposato l'uomo giusto cambierà, anzi, è già cambiata. Tu hai una personalità molto particolare, e non credere che non me ne sia accorto. Quelle checche di anchormen che hanno imparato tutto quello che sanno a un corso sulla comunicazione, è vero che prendono un mucchio spaventoso di soldi, però io personalmente preferirei sposare mia figlia a una fetta di quiche. Nel giro di un mese si metterebbe a vomitare appena lo vede. Con un uomo come te è diverso. Potrà guardarti sempre con rispetto e imparare da te, e far venire gente a casa sua grazie a te".

"Perché grazie a me?"

"Perché tu conosci le piante a dritto e a rovescio. E' una gran bella cosa... Finalmente! Arriva il pranzo. Come stanno lì a gingillarsi in questi ristoranti pieni di arie... Il vitello per me, la sogliola per il mio ospite... Ti garantisco che ti godrai la vita se imparerai ad apprezzare la compagnia. Tu sei un po' un solitario, ma Tilda è molto socievole. E' come sua madre sotto questo aspetto, e una moglie, specialmente se è moglie di un medico, può fare o disfare un uomo. Non importa se sei un genio della diagnostica; se tua moglie è una di quelle nevrotiche egoiste che non vanno tra la gente e non sanno ricevere, non ti farai mai una clientela di prima classe.

Finisci a prendere la pressione per conto delle assicurazioni o a massaggiare la prostata dei minatori di carbone. Una donna dev'essere capace di mettere insieme le persone giuste e di fare conversazione.

Matilda è bravissima con le persone brillanti e può invitarle grazie a te, che sei un grosso nome nel tuo campo. La prima volta verranno per te, e in seguito per lei. Non è che sei asociale, però uno a cui piace la gente non va a finire nell'Antartico."

"Non è per questo che..."

Il Dottore, tagliando la sua paillard de veau disse: "Ma che ci sei andato a fare, se non è un segreto militare?".

"Non è un segreto militare. Volevo fare una ricerca sui licheni. I licheni traggono il nutrimento dall'atmosfera e io lavoravo in collaborazione con dei meteorologi che studiavano il movimento delle masse d'aria a livello planetario."

"Parli in modo diverso quando parli dell'Antartico."

"Davvero? Avevo desiderato da sempre di andarci. La fine della terra. Perché...?"

E lo zio, in silenzio, elencò i suoi motivi: Perché è una terra epica, esplorata da eroi come Shackleton, Scott e Amundsen. perché lì gli uomini sacrificano la vita gli uni per gli altri. Perché il Polo Sud ti dà un assaggio dell'eternità, di quando l'anima dovrà lasciare il suo corpo tiepido, e laggiù puoi imparare l'indifferenza verso la temperatura, quell'indifferenza che ti servirà quando verrà il momento. Lo zio non ci provò nemmeno a dire queste cose. L'altro non le avrebbe neppure sentite. Qualsiasi cosa si diceva al Dottore, lui la scartava con impazienza se non veniva ad alleviarlo di ciò che in quel momento lo rodeva. Se gli parlavi dell'anima che lascia il corpo lui ti avrebbe guardato come se avessi i ragni nella testa. E se non parlavi e non dicevi niente, eri asociale.

Erano a metà del pranzo. Continuarono a mangiare. Quel ristorante aereo era in una posizione inimmaginabile, alto sopra le strade quanto si può montare una trave d'acciaio. Ci pensava l'ingegneria a renderlo "facile"; la conversazione però rimaneva difficile. Concetti incomunicabili, strane espressioni spontanee come "bomba orgastica", nouvelle cuisine sotto plastica paragonata a una mostra di casse da morto, spiazzavano il Dottore. Aveva la faccia ancora contratta. Ma, seppur fondamentalmente insoddisfatto, continuava a parlare.

Il Dottore stava dicendo che aveva letto un interessante articolo su una coppia che aveva chiesto il permesso di sposarsi nell'Antartico così che la sposa potesse avere un matrimonio davvero tutto in bianco. "Chi se ne frega del Polo Nord! Chiunque può andare al Polo Nord. Ci fanno regolari spedizioni in elicottero, e ci si può andare per pranzo ed essere di ritorno alla civiltà per l'ora del cocktail; ma il Polo Sud è un'altra cosa. E' ancora avvolto nel mistero e ha un suo fascino romantico." E parlando di fascino romantico, non era soltanto una cosa meravigliosa che Benn e Matilda si fossero innamorati, era anche un avvenimento provvidenziale.

Questo era il momento di sposarsi. Basta andare a caccia di sottane.

I rapporti sessuali promiscui erano più pericolosi che mai oggi che la medicina era temporaneamente impotente verso i virus come l'Aids (un'epidemia che si andava diffondendo inarrestabile, proprio come la peste) e altre, meno note malattie veneree. Stava ritornando la monogamia. Sperava che Matilda avesse intenzione di restare incinta in Brasile. "Figliolo, questa è la tua ultima occasione di farti una famiglia, anche se Matilda è un po' troppo vecchia per una primipara.

Mi ha sempre incuriosito la biologia di Matilda. In sala parto, appena nata - me lo ricordo bene - noi medici siamo rimasti perplessi davanti al neonato. Era un maschio o una femmina?"

"Ma tu stai scherzando" disse Benn.

"Sto solo dicendo che in un primo momento non eravamo sicuri. Certi bambini nascono belli lisci, altri sembra che li abbia partoriti una valanga."

Vestito con abiti insoliti, pranzando ad altezze inusitate, il suo normale aspetto alterato dal parrucchiere che gli aveva scelto Matilda, lo zio non era tanto sicuro di sé. Eppure ebbe la presenza di spirito necessaria per dire: "Be', si tranquillizzi, dottore, è inequivocabilmente femmina".

Anche lì all'Avignon l'Electronic Tower era vicinissima, l'altro enorme grattacielo che si levava su tutto il resto, e dopo che l'Avignon s'era fermato, guardando dall'attico, il suo compagno o fratello maggiore ancora continuava ad alzarsi. "Ecco lì di nuovo la tua casa d'una volta" disse il Dottore gesticolando col bicchiere.

"L'avresti mai detto allora, quando tua madre aveva quell'ospizio per incurabili, che un giorno sarebbe diventato questo splendido edificio, eh?"

Sentendo questo Benn si seccò un po' e disse: "La definizione non è corretta. Era un posto molto familiare, e per lo più c'erano vecchi amici di Jefferson Street".

"Lo so benissimo; ho cominciato lavorando in quel quartiere. Le immigranti di una volta, che si tiravano la gonna sulla faccia quando le visitavi per non far vedere che arrossivano. Certo che adesso è tutto diverso..."

Ma lo zio non aveva intenzione di lasciarlo divagare ancora.

Riprese l'iniziativa e fissò lo sguardo blu cobalto sul suocero, coltello e forchetta in pugno. "Voglio sapere perché hai fatto venire il giudice Chetnik a celebrare la cerimonia."

"Ma come, Chetnik è un vecchio amico di famiglia; eravamo compagni di scuola. Ha fatto il giovane di studio per Bonaccio, l'avvocato della mala ai bei tempi del proibizionismo."

"Lasciamo perdere la parte storica. Era lui il giudice quando facemmo causa a Vilitzer."

"Lo so."

"Allora il punto è: perché hai fatto venire proprio lui. Chetnik era venduto a Vilitzer."

"Sta' attento. Puoi finire nei guai, guai grossi, a dire una cosa del genere."

"Sto parlando a un parente, e non a una conferenza stampa. L'ho scoperto durante il ricevimento, chi era."

"E ti sei stupito" disse il Dottore con un pizzico d'ironia.

"Mi sono incazzato. Gli dev'essere piaciuto parecchio. Prima m'incula in tribunale..."

"Be'? Ti ha forse inculato un'altra volta?"

"Ma ti rendi conto degli anni che ci sono voluti per pagare i conti degli avvocati?"

"Devi ringraziare tua sorella, per questo, e quegli idioti di avvocati che s'è presa... che studio era, a proposito?"

"Non è di questo che stavamo parlando."

"Be', era un avvocato idiota, altrimenti si sarebbe ben guardato dal portare Vilitzer davanti a Chetnik. Dovrebbe andare a esercitare in Tasmania; qui non ci capisce nulla. Però è stato bravo a caricare la parcella, eh? Ehi, lo sai perché Moshe Dayan mandava sempre gli avvocati in prima linea? Perché quando gridava "Carica!"... ragazzi, nessuno li batteva quegli avvocati in quanto a caricare."

Benn non si lasciò fermare da questa brutta barzelletta, mi riferì.

Il Dottore poi gli disse: "Me l'immaginavo che avresti tirato fuori questa cosa, e mi fa piacere che tu voglia sentire cos'ho da dire.

Vedo che ti sai difendere".

Giù dalle regioni sublimi dove era inaccessibile. Ora invece grazie all'egoismo si poteva tenere lo zio in pugno. Vale a dire che i Layamon si erano riproposti di portar giù Benn, di riportarlo all'unica grandezza che ha l'America, che è l'americano. Non si può vivere sotto un tetto americano con un genero che ha un altro habitat, extraterrestre o cose del genere. E tanto più che Benn aveva voluto venir giù, aveva desiderato proprio di entrare nelle condizioni mentali prevalenti e anche, forse, in quella sessualità che è peculiare di queste condizioni.

"Matilda sapeva che Amador Chetnik era proprio quel Chetnik?"

chiese Benn.

"Forse l'avrà pensato, per quanto sia amico di famiglia da tanto di quel tempo che era naturale..."

"William, non raccontarmi palle."

"Va bene, d'accordo. C'è voluto un po' per convincerla, ma quando quella ragazza si vede fare un'offerta vantaggiosa lo capisce in un batter d'occhio. Non c'è stato niente di male, assolutamente. Acqua passata non macina più. Nessuno si è voluto divertire alle tue spalle. Nessuno voleva che tu ti dessi pensiero di queste cose nel bel mezzo di una storia d'amore. Chetnik sta per saltare il fosso.

Però continua a ritenere che quel porco di tuo zio aveva ragione."

"Ma come, l'esecutore testamentario di mia madre che ci compra la nostra parte per mezzo di una società fasulla che aveva in mano lui?"

"A me piace che un noto scienziato come sei tu sia imparentato con gente come Vilitzer. A quell'epoca faceva parte della commissione per il piano regolatore e quindi sapeva in anticipo la destinazione di quel terreno" disse il Dottore. "E' stato lui a far nominare giudice Amador, e per anni l'ha avuto in pugno minacciando di fargli togliere la carica."

"Ancora devo sentire che senso aveva farlo venire al matrimonio"

disse Benn.

"Non molli, eh?" disse il Dottore tutto soddisfatto. "Inesorabile.

Mi piace, questo. Non mi meraviglia che tu non vada d'accordo con lo zio Vilitzer. E' abituato ai leccaculo, lui, e ne ha sempre avuti intorno un mucchio. Be', come avrai già capito, con un cervello come il tuo, l'obiettivo è di far risputare quei soldi allo zio Harold.

Questo è il piano di massima."

"Per rimettere in ordine Palazzo Roanoke?"

"Esatto! E poi anche per qualcos'altro. Ettie ha lasciato una somma per la manutenzione ordinaria eccetera. Però in fatto di soldi aveva le idee di una volta, di quando i prezzi erano bassi e la manodopera costava poco. La vecchia era capace di contrattare fino alla morte per un nichelino. Ristrutturare quel posto verrà a costare trecentomila dollari. Non pretenderai che Matilda vada in Brasile lasciando questa responsabilità in sospeso. Bisogna giungere a una decisione. E' fatta così, lei. Hai idea di quanto tuo zio Harold ha ricavato da quella multinazionale, l'Ecliptic Circle - è giapponese, per lo più - vendendo quel terreno?"

"E come faccio a saperlo! Lo saprà magari Chetnik. Non l'ha fatto solo in cambio del cadreghino."

"Non puoi pretendere che Amador vada in giro a dire quanti soldi ha preso per dar ragione a Harold in tribunale. E nemmeno puoi pretendere che giocando a golf mi venga a dire: "Guarda che io prendo soldi da Vilitzer"."

"Bene, io non ho esperienza di gente di questo genere, ma adesso che sono obbligato a prenderla in considerazione, mi rendo conto che forse una certa attitudine ce l'ho. Insomma, qui in città tutti sanno che Chetnik è un uomo di Vilitzer. Naturalmente Chetnik questo non può dirlo."

"Nessuno può obbligarlo. Inoltre, io parlerei al passato: Chetnik è stato l'uomo di Vilitzer. In quanto alla tua attitudine, potrebbe anche essere un talento ereditario. Ora, non ti dirò come ho fatto a saperlo, ma per la catapecchia dei tuoi genitori sono stati pagati almeno quindici milioni di dollari."

Benn non ci badò. Era una cifra priva di significato; una di quelle cifre che si sentono sempre, come il numero dei cocainomani negli Usa, dei morti nella Prima Guerra mondiale o delle cellule cerebrali che si perdono ogni giorno.

Il Dottore ripeté: "Quindici milioni. Hai sentito, figliolo?".

Comprensione, ecco quello che cercava.

"Ho sentito, sì. Hai detto che Chetnik è stato l'uomo di Vilitzer.

Storia vecchia. Da quando non lo è più?"

"Da quando il procuratore distrettuale si è messo in movimento sul serio dietro a Chetnik. Quelli bene informati ti diranno che una comunicazione giudiziaria arriverà tra qualche mese. Amador deve badare a se stesso. Il ministero della Giustizia... è la solita storia, un'amministrazione repubblicana che cerca di inchiodare i democratici della periferia. Dunque vedi che parlare adesso con tuo zio potrebbe essere vantaggioso."

"No, no. Ha più di ottant'anni."

Pareva che il dottor Layamon, le rughe ridisposte in un'altra configurazione, non l'avesse nemmeno sentito. "Quando chi ti vuole incastrare è in gamba e in piena forma, allora ha in mano il gran giurì e la stampa, le sue comunicazioni sono perfettamente calcolate e fatte arrivare di straforo a quelli della Tv. ha bloccato l'altro con un doppio nelson che gli può spezzare l'osso del collo, a quel povero cristo. Dopo di che va a palazzo, mentre il mascalzone finisce in galera. Ecco quindi che tu mandi Vilitzer in prigione e ti sei aperto la strada per un seggio in Senato. O diventi governatore e ti fanno anche entrare in corsa per la presidenza, forse. Così ha fatto il governatore che abbiamo adesso."

Il Dottore avrebbe potuto tenere lezioni di recitazione drammatica.

La paillard e il Vouvray erano dimenticati. Guardava Benn aspettandosi un elogio particolarmente sentito. Ecco qui la sua vera passione. Andava orgoglioso del suo fiuto politico più che delle sue capacità di medico.

"Ma insomma, cosa dovrei dire esattamente a mio zio?" chiese Benn.

"Che ora sarebbe un brutto momento per riaprire la causa."

"Capisco. Tanto più che avremmoAmador Chetnik dalla nostra. Sì, ho capito perfettamente. Ed è questo il motivo per cui hai fatto venire il giudice Chetnik a sposarci."

"Oh, bravissimo, afferri subito, tu" disse il Dottore, e lo applaudì battendo due volte le mani.

"Ma io non voglio fare del male a Vilitzer... è mio zio. Certo, ci ha trattati male. Ma resta sempre mio zio. Il fratello di mia madre."

"Strano momento per il senso della famiglia."

"Tu hai un forte senso della famiglia con Matilda" disse lo zio.

"Lei è mia figlia, è diverso, e dovesse farmi qualche porcheria, una porcheria come quella che Harold Vilitzer ha fatto a voi, dovrebbe combattere con le unghie e coi denti, e lo sa. E lei, credimi, è parecchio dura. Non con te, naturalmente: l'amore fa eccezione. Tu sei il suo figliolone. Voglio dirti una cosa, però, una testa come la sua dovrebbe essere alla scuola di guerra. Allora sì che non avremmo avuto il fiasco di Granada e quegli altri, con la collusione delle colombe dei servizi rivali. Ha una mente superba.

Vedi che ragazza hai sposato, eh?"

"Allora è sua, l'idea di Vilitzer e di Chetnik?"

"Naturalmente no. Che vuoi dire? Qui il punto è di avere giustizia.

Tu ti sei fatto fregare alcuni milioni di dollari. Ed ecco che la famiglia in cui sei entrato si prende a cuore i tuoi diritti, e di diritto tu dovresti stare in un posto come il Roanoke. Hai tutto il diritto di vivere alla grande, come si conviene a un ricco scienziato, e non come un povero cristo di ricercatore."

"E Matilda vuole che prenda Vilitzer per il collo? Bisogna che gliene parli."

"Il primo a capire le tue ragioni sarebbe proprio Vilitzer, quel vecchio pescecane."

"Dottor Layamon, io non me la sento di minacciarlo. E tanto più che non riesco a vedere tutti i lati della questione, quelli nascosti voglio dire. Bisogna che ci pensi su."

"Io partirei col chiedergli cinque milioni, disposto a scendere fino a tre. Direi che il suo patrimonio personale assomma a un centinaio di milioni di dollari."

"Questo non mi riguarda" disse lo zio. "Praticamente tu vuoi che io lo minacci. Non credo che lo danneggerei poi tanto riaprendo la causa. Bene non gli farebbe, ma nemmeno tanto male quanto perdere cinque milioni di dollari. E se mi ridesse in faccia? E poi pensi che mi piacerebbe vivere nel lusso con soldi estorti con le minacce?"

"Estorti un accidente! Mettiamola così: Vilitzer ha fregato i figli di sua sorella. E la procura è pronta a fargli schizzare fuori tutta la merda se certa gente che so io dà il via. Dopo di che, cosa succederebbe se tu venissi chiamato a testimoniare? Sotto giuramento dovresti dire la verità, e lui finirebbe in galera senza che tu ci guadagni un centesimo."

"Però dovrei dire anche che il giudice Amador Chetnik ha commesso un illecito."

"E questo significherebbe che Har-old Vilitzer l'ha pagato. Questo però non lo potresti provare. Ma stiamo ricamando troppo. Torniamo all'essenziale. Matilda vuole una brillante posizione, nulla più di quanto una donna così si merita. Tu quanto guadagni? Sessantamila?"

"Esatto" disse Benn.

"E' assurdo. Ma come, proprio l'altro giorno Margareth Thatcher ha detto che se gli Stati Uniti abbassassero al ventisette per cento le tasse mentre l'Inghilterra sta spremendo tutti quanti fino all'osso, tutti gli scienziati della Gran Bretagna correrebbero in America.

Quelli lascerebbero il loro paese. E tu invece non vuoi toccare tuo zio per riprenderti quello che è tuo."

"Nel campo della morfologia vegetale, sessantamila all'anno sono un buon stipendio. Ora, io voglio bene a Matilda. Per lei farei qualsiasi cosa, purché ragionevole. Ma non voglio che mio zio muoia in galera mentre io sto in quel teatro del Roanoke. Intendo avvicinare Harold in modo pacifico."

"Pacifico! Tu ci vai con un ramo d'olivo e Vilitzer te lo strappa di mano e te lo caccia su per il culo" disse il Dottore. La faccia gli si raggrinzì per l'allegria. Era più che mai riscaldato interiormente dall'iperattività del suo carattere, o dal calore dell'intrigo. Dentro c'era un superconduttore surriscaldato. "No!"

disse tornando serio. "Bisogna che tu vada da lui con qualcosa di solido se vuoi dei soldi, veri soldi, tanti soldi. Il ramo di olivo non ti farebbe arrivare da nessuna parte. Forse la persona giusta da mandare è un avvocato in gamba."

"No, grazie!" Benn era fermissimo, intransigente. "Succeda quello che succeda, me ne occuperò personalmente. Niente terze persone, nessuna."

"Be', è tuo zio. Vedo che dici sul serio. In questo caso avrai bisogno di parecchie istruzioni."

Le istruzioni, in qualsiasi quantità, non sarebbero servite a nulla. Inoltre, niente impediva che il Dottore inviasse i suoi emissari a Vilitzer. Disponeva di molti agenti atti allo scopo, e cioè di mettere un po' di fuoco sotto il sedere di Harold. Questi avrebbero potuto dire che agivano per conto di Benn, e col suo consenso.

Mi permetterò di dire anche la mia, seppure in breve: giacché trovandomi a partecipare direttamente agli eventi, incontrandomi con Fishl, il figlio di Vilitzer, riferendo poi allo zio e avanti di questo passo, non mi posso considerare un osservatore remoto e distaccato. Ciò che va detto è che, dal punto di vista del dottor Layamon, lo zio era assolutamente incompetente ad affrontare negoziazioni di questo tipo. Altrettanto varrebbe dare a un aborigeno della Melanesia una moto Yamaha nuova, completa di libretto d'istruzioni, e farlo andare sull'autostrada. Non riuscirebbe nemmeno a partire, figuriamoci a fermarsi. Così lo zio agli occhi del Dottore appariva più o meno come le masse apparivano a Ponomarenko, il vice di Stalin per la Bielorussia - un innocente nell'interesse del quale andavano commessi crimini storicamente inevitabili e indispensabili.

Lo zio era una pappamolla: non dico che il Dottore lo pensasse proprio in questi termini; lo penso io per lui. Ed evidentemente lo zio era un professore, non diverso dagli altri professori, il cui agire si fondava su una morale molle (morale del gregge, per dirla con Nietzsche, molle, squallida e stupida - non che il Dottore si sarebbe mai messo a parlare della degradazione dell'uomo e della morale della rassegnazione - non ho nessuna intenzione di divagare in questo campo, non temete). Il Dottore si considerava uno a cavallo del mondo, secondo a nessuno. Inoltre c'era un aspetto sessuale, e credo che lui se ne rendesse anche conto. Passava dall'ironia alla rabbia quando stava con il marito che Matilda aveva scelto affinché giacesse sul suo corpo. Benn aveva chiesto questo insolente privilegio e il Dottore intendeva provvedere affinché pagasse il prezzo richiesto. "Se hai intenzione di entrare nello stesso letto di questa deliziosa fanciulla di alti natali e di rotolartici dentro, bisognerà che tu trovi i soldi che ci vogliono. E guarda un po', il terreno di maggior valore di questa città era tuo fino a cinque anni fa, quando te lo sei fatto fregare, amico. Noi pensiamo che a questo si possa rimediare. Tutto qui."

Tutto il resto segue da questo.

ö:::::o

Qui potrei farmi un complimento (come la gente fa sempre) e dire che non intendevo immischiarmi negli affari dello zio. Ma non è così.

La faccenda era estremamente complicata, e io non sarei stato all'altezza. Inoltre lui non avrebbe seguito il consiglio giusto nemmeno se avessi dovuto darglielo. Così, nell'interesse non tanto suo, ma mio, presi un appuntamento con Fishl, il figlio di Vilitzer.

Fishl aveva un ufficetto in centro assieme a un altro tizio, e nell'elenco telefonico compariva così: "Vilitzer Associates -

Capitale Iniziale per Aspiranti Imprenditori". A parere dello zio Benn, e mio, Fishl avrebbe fatto meglio a cambiare città dopo che suo padre aveva rotto i rapporti con lui. Non si poteva giungere al vecchio Vilitzer attraverso il figlio; Harold non voleva averci a che fare e non ne faceva mistero. Da una quindicina d'anni a questa parte Fishl si era mosso esclusivamente per conto suo mettendo su diversi pittoreschi fallimenti, alcuni dei quali sfioravano la bancarotta.

Non molto tempo prima aveva concepito un'impresa commerciale di stile yoga. Spacciandosi per il rappresentante di un maharishi della West Coast aveva fatto stampare un manualetto dell'investitore e l'aveva spedito per posta a un gran numero di persone che l'avevano prenotato. L'idea di fondo era di giocare in borsa su basi spirituali. La meditazione, riducendo le oscillazioni della coscienza, fa di noi degli investitori più abili. Ebbe anche un certo successo, fin quando a Fishl non venne un'altra idea, e cioè di consigliare ai suoi clienti di procurarsi un buon numero di carte di credito, diciamo almeno cinquecento. Prendendo mille dollari in prestito con ogni carta (a breve termine), si poteva così aver disponibile mezzo milione di dollari senza praticamente pagare interessi. Questo capitale lo si poteva quindi giocare in Borsa e, avendo la meditazione scacciato ogni nervosismo, fare un mucchio di soldi, raddoppiando come minimo il capitale investito. Bisognava naturalmente comprare e vendere il giorno stesso, evitando i rischi connessi agli impegni di più lunga durata, ed ecco che nel giro di un mese chiunque avrebbe guadagnato mezzo milione di dollari. Le banche interessate provvidero immediatamente a bloccare l'emorragia di carte di credito e scagliarono i loro uffici legali contro il servizio di consulenza di Fishl, cosa di cui si occuparono i giornali. Entrarono in ballo anche alcuni enti statali - forse il Sec - e prima che la storia fosse finita il vecchio Vilitzer, che già aveva un mucchio di guai per conto suo, dichiarò alla stampa: "Non è più mio figlio!".

Demoralizzato per qualche tempo da questo buco nell'acqua, Fishl si diede quindi allo studio dell'agopuntura cinese e a un certo punto aprì un ambulatorio in cui si proponeva di far abortire mediante agopuntura. Fu trascinato ancora in tribunale, questa volta da una donna che aveva avuto un bambino dopo essersi sottoposta al trattamento. Ci si può sempre far conto, sulle cause. Una giuria, a Philadelphia, aveva poco prima riconosciuto i danni - una grossa somma - a una signora che aveva perso i suoi poteri psichici dopo essersi sottoposta alla Tac. avendo fatto la medium per lunghi anni, era stata costretta a chiuder bottega. Dite quello che volete dell'America, ma pochi paesi al mondo accolgono l'originalità con maggior calore, e mai essa è stata in precedenza un fenomeno di massa.

Mio obiettivo specifico era di apprendere quanto potevo sui rapporti tra il vecchio Vilitzer e Amador Chetnik. Telefonai a Fishl e lui disse che mi avrebbe visto con piacere.

La mia amica Dita Schwartz, che aveva un appuntamento dal dottore, mi diede un passaggio in centro con il suo furgoncino Dodge verde.

Veniva alle mie lezioni di russo. Avendo lavorato per lungo tempo in un ufficio, aveva imparato il russo da sé e quando venne all'università ne sapeva già parecchio. Le persone indipendenti, complicate, decise, ricche d'immaginazione, mi fanno sempre molto piacere. In breve tempo si laureò in slavistica e ottenne un incarico all'università. E' un po' più vecchia di me, ma ha un aspetto molto più giovanile, una donna responsabile, di carnagione chiara, occhi neri, capelli che le crescono con una forza tutta indiana. I suoi genitori erano entrambi operai, e lei è cresciuta quindi in ambiente proletario; un'altra razza in estinzione, il proletariato: addio, colletti blu. Dita aveva fatto un pensierino su di me, questo è innegabile, per quanto mi converrebbe forse negarlo dato che la cosa era per me un po' imbarazzante. Al tempo stesso, però, non potevo fare a meno di provarne piacere. Migliorava la stima che avevo di me.

In quel settore ero rimasto alquanto danneggiato per via di Treckie.

Bisogna fare qualcosa per limitare il numero delle persone la cui opinione c'interessa. A meno che non ci vogliano bene, o ci abbiano fatto del bene, o ci offrano qualche promessa, perché mai il punto di vista di costoro dovrebbe importarci?

Avevo calcolato di stare un'ora da Fishl, ammesso che lui avesse avuto tempo.

Aveva tutto il tempo che voleva. Già vedendo l'atrio del vecchio palazzo in cui aveva l'ufficio capii che difficilmente avrebbe avuto molto da fare. Il caseggiato risaliva all'inizio del secolo.

L'ascensore decorato con svolazzi saliva lento, e io ebbi tutto il tempo per guardarmi attentamente in giro; al primo piano un tassidermista specializzato in uccelli; al secondo, una camiciaia dei tempi di Edoardo Vii, e una farmacia omeopatica con flaconi di liquidi rosa e verdi, nonché barattoli pieni d'erbe medicinali; quindi un negozio di cianfrusaglie con vecchi ferri da cialde, macchinette del caffè elettriche, shaker e vecchie mazze da golf.

L'ufficio di Fishl dava da una parte sul corridoio che portava ai gabinetti.

Tra queste vecchie cose, Fishl era molto moderno. Indossava un abito a tre pezzi e mocassini morbidi. Aveva quel tipo di capelli chiari, radi e troppo soffici. Sulla nuca i capelli erano più abbondanti del dovuto, secondo il mio gusto. Aveva la faccia grassa col doppio mento e anche un profilo imperiale, quasi romano. Era una faccia un po' infantile, ma gli occhi - di un azzurro che mi ricordava quelli dello zio - vi avvertivano di non dare troppe cose per scontate, e di non giudicarlo dall'ambiente che aveva intorno.

Gli occhi, per simmetria col doppio mento, avevano le borse; lo sguardo però era vivo. Ti dicevano di star attento a non prenderti troppe libertà. Quell'uomo non era una pappamolla. Dimostrò di essere molto in gamba.

Mentre io lo esaminavo, lui (per usare una sua espressione) catalogava i dati che mi riguardavano. Ecco quanto andava osservando: un parente; età trentacinque; istruzione all'estero; capacità di comunicazione dal mediocre in giù; udito debole; non stupido ma impedito da singolari preoccupazioni. Nel complesso eravamo contenti tutt'e due di trovarci insieme. Io non provavo le fitte alla pancia di quando sentivo di dover fuggire al più presto via da qualcuno, come mi accadeva fin troppo spesso. Se lui fosse stato davvero l'aggressivo imprenditore che voleva far credere, io nel giro di un quarto d'ora me ne sarei andato di lì prendendo l'antiquato ascensore.

Cercò subito di prendere il comando della conversazione facendo lui le domande. Chi sa ben comunicare è consapevole dell'importanza di questa tattica, e Fishl, come subito capii, era un esperto della comunicazione. Era uno di quelli - un tipo oggi sempre più comune -

che spiegano quello che stanno facendo mentre lo fanno, come Dale Carnegie o Norman Vincent Peale; parte della loro ideologia è tecnica. Per costoro il metodo è inebriante quanto il messaggio.

Presto mi resi conto che ero io che rispondevo a lui, e allora cercai di riprendere l'iniziativa e di tenerlo a bada facendogli io delle domande. Come stava la famiglia? La prozia Vilitzer era defunta qualche anno prima, e Fishl era rimasto in buoni rapporti con i fratelli. A costoro il litigio tra Fishl e suo padre era tornato vantaggioso, e ora facevano grossi affari con il Comune. Avevano un'agenzia d'assicurazioni, e vendevano un mucchio di polizze.

"Loro non sono in politica?" chiesi io.

"Non hanno il bernoccolo per il ramo. E non ha nemmeno un gran futuro, la politica. Non per i bianchi. Tra vent'anni tutto quanto sarà in mano a politici neri, e così basta con le polizze d'assicurazione al Comune. La famiglia ha bisogno di diversificazione. Io continuo a dir loro: investite nei sobborghi, liberatevi delle proprietà qui in città."

Fishl era molto convinto di quello che diceva. Far appello a qualsiasi cosa non serviva a niente. Capii, però, che i suoi fratelli non gli davano retta. La storia delle carte di credito, lo yoga, l'agopuntura, avevano intaccato la sua credibilità.

"Come sta mio cugino Benn? Adesso che s'è sposato, siete ancora tanto intimi?"

"E' ancora presto per dirlo. Naturalmente in questo momento è più vicino a sua moglie. E tuo padre come sta?"

"Come saprai, lo vedo meno di quanto vorrei. Peccato. Il cuore è così così, e politicamente è parecchio esposto. In questo momento potrei essergli molto utile. Segui la politica cittadina?"

"Non troppo."

"Già... sei venuto qui per studiare seriamente la Russia zarista.

San Pietroburgo, 1913. Così mi hai detto una volta. Per studiare un argomento così, qui o altrove fa lo stesso."

Fishl sorrise, e per la prima volta notai che tesoro aveva in bocca, denti bellissimi, lo smalto in condizioni perfette, senza una macchia, una sovrapposizione, una sola stuccatura.

"In che senso è esposto, tuo padre?"

"Ha nemici potenti. Ce n'è almeno uno che è uno schiacciasassi."

"Ma dove le prendi, le tue informazioni?" dissi io. "O sono cose che sanno tutti?"

"Mi vengono dai suoi compagni di partito che mi conoscono fin da quando ero piccolo. Sono una miniera di informazioni riservate. Sono tutti quanti dei barbari, naturalmente, ma anche spaventosamente perspicaci. Per di più hanno sempre meno da perdere perché stanno per uscire di scena. Quando a Washington c'è un'amministrazione che non ti è favorevole, il ministero della Giustizia si mette sempre a fare indagini e prende di mira le amministrazioni locali. Il Municipio è pieno di gente che sta per andare in galera. Non hanno fatto che rubare, per anni. Il gran giurì può scegliere pescando nel mucchio."

"Non per cambiare discorso" dissi io, "ma sei andato al matrimonio di Benn?"

Fishl non mi avrebbe mai detto che non era stato invitato; sarebbe stato un segno di inferiorità sociale. "Purtroppo non ho potuto" fu la sua risposta.

"Te lo chiedo perché forse conosci il giudice che ha sposato Benn e Matilda."

"Un giudice? Che giudice?"

"Il giudice Amador Chetnik."

Rimase così composto, con quel suo doppio mento, così in silenzio, che capii di averlo colto di sorpresa.

"No comment?" dissi.

"Una strana scelta da parte dei Layamon" disse Fishl. "Era Chetnik il giudice di quando Benn ha fatto causa, non è vero?"

"Sì. E ha dato torto a Benn, non è vero?"

"Lo sapeva, Benn?"

"L'ha saputo poco dopo. Tu che ne pensi?"

"Penso che è stata un'idea strana. Al matrimonio di tua figlia..."

"Figlia unica."

"Avrebbero anche potuto smettere di intrigare per un quarto d'ora, quelli. Ne ho sentito parlare, del vecchio Layamon. Dicono sia un gran faccendiere."

"Ho voluto chiedere a qualcuno più al corrente di come vanno le cose qui" dissi.

"Ormai i segreti di Chetnik sono i segreti di Pulcinella. Ci saranno cinquanta persone in città che possono dirti esattamente in che guai è andato a cacciarsi. Ufficialmente non è ancora sotto accusa ma lo sarà presto, e allora Chetnik andrà a finire nella sezione dei giudici del penitenziario di Sandstone. Le prigioni federali sono piene dei nostri giudici."

"E tuo padre non può proteggerlo?"

"Non ci pensa nemmeno. Vedi, è papà quello che in realtà vogliono incastrare. Figurati se non sa che i Layamon hanno chiamato Chetnik per celebrare il matrimonio tra suo nipote e la loro figlia. Il dottor Layamon ha mandato un messaggio, usando Chetnik. Così adesso Chetnik ha in pugno tuo zio Benn per la seconda volta."

La mia informazione aveva fatto un grande effetto a Fishl, che dimostrava di avere meno difese e meno reazioni già predisposte di quanto non avessi immaginato. Bastava stuzzicarlo un po' come avevo fatto io, ed ecco che appariva un Fishl tutto diverso. "Dimmi qualcosa di più, Kenneth. Questa storia potrebbe essere molto importante" disse.

"Non è che possa dirti molto di più. E non credo che questo giudice abbia avuto in mano lo zio Benn. Non riesco a immaginare che forma possa assumere un potere sullo zio Benn. Può essere manipolato, questo è vero. Ma lo si può tenere in pugno? Nel senso in cui intende questa gente?"

A Fishl evidentemente andò a genio questa prospettiva più vasta perché prese a trattarmi diversamente, parlando con più naturalezza e più calore, così che cominciai a capirlo meglio. Attualmente era in disgrazia, e doveva prendere in affitto insieme a un altro quell'ufficetto in un edificio praticamente abbandonato, al quarto piano, vicino ai gabinetti vecchi d'un secolo. I proprietari dell'immobile stavano probabilmente negoziando con gli impresari edili. La posizione di Fishl non sembrava tanto forte. Era un buffo ometto grasso che si dava arie di grande imprenditore e che parlava di venture capital e di capitali iniziali, così si presentava in quel momento. "In questo momento mi sto occupando..." Da ciò mi resi conto che egli ammirava e amava lo spirito imprenditoriale, e che aveva continuamente davanti agli occhi quelli che sanno stare fuori dalle carriere convenzionali - personalità energiche, risolute, ricche d'immaginazione e d'audacia, che osano buttarsi nella biomedicina, nell'industria aerospaziale o delle comunicazioni. Il suo gergo manageriale mi affascinava. Era il suo quadro svedese, il suo trampolino, il suo trapezio, la sua chiesa. E sembrava debole solo se lo si giudicava con il metro dei suoi fallimenti commerciali. Ma questi erano accidentali, transeunti. "Io non ammetto il fallimento"

mi disse. "Così fanno i tipi ad alta energia; solo, non gliene importa niente." Si considerava una persona intelligente, flessibile, solida ed entusiasta che necessariamente doveva diventare un pezzo grosso.

"Ma riflettiamo un attimo sul giudice Chetnik" disse. "Con uno stipendio di settantamila dollari l'anno come fa a permettersi un appartamento con quattro camere da letto, una Mercedes per lui e una Bmw per la moglie? Come fa inoltre a comprarsi una casa in Florida?

Chi gli dà le vacanze gratis alle Hawaii, e altre generose agevolazioni?"

"Non tuo padre?"

"No. Papà deve dei soldi a Chetnik quand'era ancora un avvocatuccio, un galoppino che girava di casa in casa a sollecitare il voto. Lo comprò e gli fece ottenere la poltrona di giudice. Ma oltre a questo devi sapere un'altra cosa, e cioè che esistono individui che vengono in tribunale e si mettono ad andare su e giù con l'ascensore in continuazione. Costoro conoscono gli orari dei giudici e aspettano l'occasione per dir loro due parole a quattr'occhi. Nelle stanze possono esserci i microfoni; per questo li aspettano negli ascensori. Ora, questa è gente che fa delle offerte speciali, ad esempio grossi prestiti senza interessi che non hanno nemmeno bisogno di essere restituiti. Hanno un naso eccezionale per il giudice potenzialmente corruttibile."

"Sono, insomma, intrallazzatori, gente equivoca..."

"Niente affatto. E' gente molto per bene, affidabile, influente, solida. Spesso sono famosi avvocati. Cercano di far giudicare le cause importanti dai loro giudici favoriti, tutto qui. Un breve incontro a quattr'occhi nell'ascensore, e l'affare è fatto."

"Allora è così che funziona! Ti sono molto obbligato per averlo detto anche a me."

"Io queste cose le sapevo prima dei dodici anni" disse Fishl. "Tua madre avrebbe fatto bene a consultare me prima di far causa a papà per l'Electronic Tower. Io avevo solo il diploma, allora, però avrei lo stesso potuto consigliarle un avvocato migliore. La colpa è stata soprattutto del vostro avvocato. O era un idiota o gli interessava solo la parcella sapendo di perdere. Non ne faccio una colpa a Benn.

Fa un lavoro creativo, Benn, e va dritto alle cose; non poteva interpretare correttamente una situazione che ti lascia confuso anche con l'esperienza di tutta una vita. Si direbbe che le capacità di Benn continuino a svilupparsi. Mi piace molto, il cugino Benn. Una volta mi piaceva ancora di più. Ma papà lo guardava con sospetto, e un po' di quel sospetto s'è attaccato anche a me. Ci vedeva troppo simili, Benn e me, e questo non gli andava bene. E una somiglianza c'era, effettivamente. Ci ponevamo lo stesso interrogativo. "Che cosa ne devo fare della mia creatività?". Non ti ha detto che quand'eravamo al college volevamo brevettare una nostra invenzione?"

"Non ne so niente."

"Proprio così. Era un telaio da bicicletta in bambù, leggerissimo e smontabile. Lo si poteva ripiegare e mettere nel baule della macchina. Non abbiamo avuto l'intelligenza di farlo brevettare. Fu un'iniziativa che non ebbe seguito. Il suo destino era la botanica.

Aveva una spinta interna troppo forte per essere davvero un individuo del nostro tempo. Inventare una bicicletta era stato solo un passatempo. Il mio scopo era invece di fare il colpo grosso. Non che le mie spinte venissero al cento per cento dall'esterno. Anch'io avevo una spinta interna, in segreto. Questo è il nocciolo del mio problema. Sentivo che Benn era migliore di me."

Io dissi: "E come mai?".

"Lui non investiva tutta quanta la sua vita nel combattere contro i suoi genitori. Conosco vecchi di ottant'anni che ce l'hanno ancora a morte con i genitori per il modo in cui hanno insegnato loro a fare pipì o pupù, o perché il padre non li portava alla partita. Ma pensa che vita infantile! che legame con mamma e papà. Una vita intera tutta centrata su pipì e pupù! Nessuno che abbia un minimo di rispetto di sé sopporterebbe una cosa del genere. Allontaniamoci pacificamente dai nostri genitori se possiamo, e se non possiamo diciamo loro vaffanculo. A vent'anni al massimo si dovrebbe andare ognuno per la propria strada. Guarda me, che bell'esempio: a cinquant'anni corro ancora dietro a mio padre, lo amo e lo odio e lo prego di accogliere il figliuol prodigo. Ormai ho provato una decina di carriere da figliuol prodigo, una più sensazionale dell'altra. Con Benn è un'altra cosa. Senza pensarci due volte ha fatto il salto al livello più alto. E' un contemplativo per natura."

"L'hai capito anche tu!"

"Ma certo. Senz'altro avrà voluto bene ai suoi genitori, ma non gli è mai passato per la testa di fare della sua vita un'offerta a mamma e a papà. E al tempo stesso maledicendoli, come fanno milioni di americani. No, lui ha fatto il salto al livello più alto senza guardarsi né a destra né a sinistra, come uno che esce dalla finestra al cinquantesimo piano, e non si fa male. Parlare dell'estetica della botanica l'ha salvato... Le bellezze della vita vegetale."

"E' ancora così. Ha intenzione di scrivere un saggio sull'argomento."

"Sposando Matilda Layamon ha seguito la stessa estetica su un piano umano" disse questo stupefacente Fishl. "E' una bella donna. La vedevo ogni tanto. Ma non ci sono mai uscito insieme, non ero all'altezza. Solo una conoscenza così."

Io dissi: "E' vero, è molto pignolo in fatto di donne. Si è messo con molte, di tutti i generi, ma non ne ha sposata nessuna perché erano al di sotto di un certo standard".

"Uno standard di che tipo?"

"Questo non lo so, Fishl. Uno standard di tipo botanico non può essere, perché ci sono un mucchio di piante brutte. Certe sono repellenti. E nemmeno gli uccelli e gli insetti vanno d'accordo. Si direbbe che i colibrì apprezzino i fiori rossi, come le farfalle.

Dicono che le vespe preferiscano il marrone scuro, mentre le mosche sono più attratte dal color carne e dal marrone giallastro. Ogni specie ha un suo concetto di quello che è bello e di quello che è disgustoso. Per non parlare delle preferenze in fatto di profumi."

"Bene, prendiamo questo tipo d'uomo particolarmente complesso e specializzato e facciamolo sposare da un giudice che tempo prima gli ha fatto perdere qualche milione di dollari. Questo è il succo della storia. Tu sei venuto a trovarmi perché sei preoccupato. E anch'io sono preoccupato, per mio padre."

"Bisognerà che tu mi dica perché sei preoccupato."

"Certo. E' molto semplice. Sai cosa sono le offerte di immunità?

No, a quanto vedo. Bene, quando un magistrato vuole incastrare qualcuno, può garantire l'immunità ai testimoni chiave. Per legge, se uno si rifiuta di testimoniare finisce in galera. La legge è stata fatta appositamente contro Cosa Nostra, ma poi questa pratica si è diffusa moltissimo. Questo è il caso del nostro Amador Chetnik. Al magistrato non interessa Chetnik, ma qualche pezzo più grosso."

"Ad esempio Harold Vilitzer."

"Esatto. Chetnik testimonia contro papà e così beneficia di una riduzione della pena. Ora, supponiamo che Chetnik dica la verità sulla storia dell'Electronic Tower... Puoi tirare le conseguenze da te."

"Il vecchio Layamon riapre il caso, e fa recuperare a Benn alcuni milioni di dollari."

"La nostra è una famiglia di cervelloni. Tu non sai niente di queste cose, ma basta dirti qualcosa e vai subito al sodo."

"Milioni di dollari per Benn vogliono dire milioni per Matilda. Per questo hanno scelto Chetnik per sposarli."

"Ascolta, amico. Io sono l'infelice Edgar che è stato maledetto dal vecchio Gloucester, suo padre. Per questo me ne sto qui in questo ufficetto di merda mentre i miei fratelli se la spassano. Legategli strette le braccia stecchite! Cavategli gli occhi e pestateli sotto i piedi! Mio padre non è esattamente quel che si dice un angioletto, però io sono suo figlio e voglio proteggerlo. Riconciliarmi con lui.

Dietro questa storia c'è Donovan Stewart."

"Maledetti professori, non sanno un cazzo di politica. Donovan Stewart è il governatore di questo Stato. Un tempo era procuratore, e tutti quelli che gli sono succeduti erano uomini suoi. Vedi un po' tu se Stewart ha influenza o meno sul procuratore attualmente in carica."

"Ma, Fishl, cos'ha Stewart contro lo zio Harold da volerlo mandare in galera all'età di ottant'anni?"

"Oh, niente di personale. E' solo un'occasione per estendere il suo potere. Ti presenti come il battagliero riformatore, cacci via i politici corrotti dai loro centri di potere e ti prendi qualche miliardo di denaro pubblico - cento o duecento appalti all'aeroporto, ad esempio - più qualche milione di voti... E ti costruisci un impero personale. Mio padre e i suoi amici sono in ritirata, hanno perso il loro potere, la città ora non si può più tenere, e così l'hanno spogliata di tutto."

"Tornando a Chetnik, cosa c'è in serbo per lui?"

"Riduzione della pena, e in più riesce a tenersi quello che ha rubato, con magari la libertà provvisoria dopo breve tempo. E forse anche una fetta di quanto Benn riuscirà a recuperare da papà."

"E tu pensi che Layamon e Chetnik abbiano già predisposto ogni cosa?"

"Non sono chiaroveggente, Kenneth; ho solo un po' di testa. In più vorrei fare quello che posso per quel povero diavolo, il mio vecchio padre. Voglio far vedere che sono soltanto io, il figlio reietto, che difende quell'orco. Io sono il figlio devoto, e non quei signorini dei miei fratelli, quei fessi."

"E io sono il nipote devoto dello zio Benn. Quello che non capisco è perché tuo padre ha trattato Benn e la mamma in questo modo."

"Già. Però quando uno ha buttato via la sua vecchia morale, bisogna che la prenda a calci e se la metta sotto i piedi e cerchi di farla fuori una volta per tutte. Harold Vilitzer è un filibustiere. E non t'aspettare che il vecchio peccatore abbia debolezze da boy scout verso un parente. La regola è "Non risparmiare nessuno". Dunque, ora lo zio Benn vuole qualche milione di dollari da mio padre?"

"No, non lui. Non sarebbe in carattere."

"Però potrebbe diventarlo, in carattere, nell'interesse della moglie."

"Non si è sposato per interesse, ma per la bellezza."

Fishl ora non faceva più con me il grande manager né l'uomo del capitale iniziale. Quanto gli avevo detto l'aveva completamente trasformato. Non era nemmeno più la stessa persona dai modi soavi e dal doppio mento che mi aveva ricevuto nell'ufficetto odoroso di naftalina. Gli occhi, il naso, i lineamenti non erano più gli stessi.

Io pensai: Non si può nemmeno cominciare a conoscere una persona se non la si è vista trasformarsi in volto per un'emozione troppo forte.

Vidi davanti a me un Fishl tutto diverso non appena questi si rese conto di trovarsi in una posizione tale da poter difendere suo padre e salvarlo dai suoi nemici. E mentre prendevo nota di questa trasformazione, non potei non pensare che l'affinamento della mia sensibilità lo dovevo all'influenza dello zio Benn. Lo zio aveva detto: "Un'altra persona dentro di me... mi disse di dare il mio nichelino al rigattiere". Magari anche in Fishl c'era un'altra persona. Ora non parlava più di "registrare i dati" né impiegava altre formule di gergo manageriale. Adesso era franco e sincero; molto strano, per essere uno che aveva inventato tanti trucchi così stravaganti. Disse: "Devo riflettere sul da farsi. Immagino che Layamon vorrà che Benn vada a parlare con mio padre".

"O manderà qualcun altro a dire che Benn intende riaprire la faccenda. Tuo padre ha la regola di non risparmiare mai nessuno. E se l'avesse anche Benn?"

"Impossibile. Come si può cambiare così radicalmente alla sua età?"

"Ma considera la sua posizione" dissi.

"Ci riuscirei meglio se tu mi dicessi qualcosa di più."

"Sono venuto qui di mia iniziativa" dissi a Fishl. "Ciò che mi ha detto, me l'ha detto in confidenza. Non posso dirti altro."

"Dobbiamo scoprire che cosa il dottor Layamon ha offerto a Chetnik.

Chetnik è già destinato alla galera. Può ottenere una riduzione della pena denunciando papà. Oppure può tenere la bocca chiusa in cambio di una fetta della torta. Avrà bisogno di soldi quando uscirà di galera.

Quindi, del prezzo che papà deve pagare per starne fuori una parte andrà a Chetnik e una parte a Benn. Due, tre, quattro milioni di dollari. Matilda potrà così mettersi in affari in Borsa."

"In Borsa? Perché dovrebbe volerlo?"

"Nemmeno una settimana fa ho sentito dire che sta per entrare in un'agenzia di compravendita, la FingalBrothers and Hockney."

"Come, sta per entrare?"

"Probabilmente stanno trattando. E' un fondo comune di investimento. Avrebbe bisogno di farsi un po' le ossa. C'è una richiesta disperata di donne dotate. Questi tipi di società pensano che gli dia lustro avere una donna con il senso degli affari in una posizione di rilievo... Non ne sapevi nulla? Ti ha detto niente, Benn?"

"No, niente. Gran parte di quello che tu dici mi sembra come le visioni di quando si ha la febbre. Allucinazioni, e caldo... E perché a Matilda servirebbero tanti soldi per "farsi le ossa"?"

"Potrebbe comprarsi azioni della società per un milione di dollari, e così dovrebbero promuoverla in fretta. Ti stai certamente chiedendo che effetto avrà tutto questo su Benn."

"Be', il rapporto più importante è quello che ha con le piante, come sai. Non c'è motivo per cui il nostro mondo debba turbarlo troppo. Naturalmente non è per questo che Benn s'è sposato."

"Si direbbe addirittura che la signora lo abbia comperato" disse Fishl.

"Le intenzioni consapevoli sono quelle che predominano sempre"

dissi io. "E poi chi era lui perché non lo si potesse comperare? Qui si entra in un altro ambito di congetture. Ma non si può mai dire con certezza cosa succede tra due persone. Magari trovano l'uno nell'altra più di quanto un estraneo possa vedere. Tu sei sposato?"

"Oh, mi sono sposato parecchie volte" disse Fishl. "Ma in questo momento preferirei lasciar perdere. E se il dottor Layamon avesse mirato a questo fin dal principio? Dopo tutto, in questa storia dell'ElectronicTower ballano parecchi soldi. Tanti che varrebbe la pena..."

"Piano, Fishl" dissi. "Matilda è una donna molto desiderabile, e avrebbe potuto facilmente sposare qualcuno molto più ricco..."

"Certo, però non avrebbe potuto controllarlo allo stesso modo. Non ci giurerei, Kenneth, però sposare un famoso professore è sempre un bel colpo per una donna che ha delle ambizioni. Il marito ideale è, per la maggior parte delle donne, un uomo molto composito. Falle parlare, qualche volta. Io l'ho fatto, e il risultato è maledettamente strano. Se la donna è sincera ti dirà che le piace un po' di questo e un po' di quello: un po' di Muhammed Alì per il sesso puro e semplice, un po' di Kissinger per l'astuzia, di Cary Grant per lo stile, di Jack Nicholson per la simpatia, più André Malraux o qualche ebreo per il cervello. Banalissime fantasticherie. Peccato però che la donna ne possa sposare uno solo, e un professore distratto non è poi così male, se ha prestigio e se non è così distratto da dovergli controllare ogni mattina la patta per vedere se è abbottonata prima di lasciarlo uscire di casa. Adesso Matilda è la signora Crader, e può fare entrare nel suo giro parecchie persone interessanti. In città c'è probabilmente più di una signora con salotto che l'ha snobbata quando non era sposata, e lei ora vuole darle il fatto suo. Ma quanto guadagna Benn, e quanta libertà lascierà alla moglie? Suo padre non ha mai dato niente per niente, lo sanno tutti, e pensa come sarebbe eccitante far diventare milionario il genero, cosa che avrebbe potuto benissimo fare da sé se non fosse stato tanto con la testa tra le nuvole. Ogni persona normale bada ai propri interessi: cos'ha di aristocratico farsi fregare dagli altri?

Mi piaceva sul serio quello che Fishl aveva detto sul marito ideale, il marito composito, per cui ogni uomo diventava un buffet ricolmo di ogni sorta di leccornie. Le idee e le osservazioni di Fishl erano molto meglio del suo modo di fare. Conversare con lui era stranamente piacevole. Ma quando Fishl mi disse di lasciar fare a lui, divenni più riservato. Disse: "Perché non metti tutto quanto nelle mie mani? Dammi un paio di settimane e ti saprò dire che ne pensa mio padre".

"Perché lo chiedi a me?" dissi. "Io non c'entro con questa faccenda."

"Potresti metterla in un certo modo con Benn, dicendogli: "Tu non fare niente. Fishl s'è offerto di investigare". O anche "Fishl è dalla tua parte. Sa come muoversi con questa gente. Fagli preparare un piano che tenga conto delle tue particolari esigenze"."

"A me pare che lo zio sia stufo di sentirsi dire da tutti quanti che lui è un incompetente, che è predestinato, programmato dal destino, a sbagliare ogni cosa. Per questo ha deciso da sé di sposarsi, senza consultare nessuno."

"Okay. Però non c'è soltanto lui in ballo" disse il cugino Fishl.

"C'è in ballo anche mio padre. Ti assicuro che mio padre è stato troppo taccagno con i Crader. Avrebbe dovuto dar loro un mezzo milione a testa. Ha fatto male a gettargli solo qualche spicciolo.

Tua madre si è sentita insultata."

"Hanno avuto solo qualche centinaio di migliaia di dollari, e la maggior parte se n'è andata per pagare gli avvocati."

Fishl disse: "Fai presente a Benn che potrei essergli molto utile.

Altrimenti rimarrebbe completamente nelle mani di suo suocero".

"E in quelle di Matilda. Ma questo non posso dirglielo."

"Tu hai molta influenza su di lui."

"Potrei farglielo presente. Ha effettivamente bisogno di qualcuno in gamba che l'aiuti. Ma se ha il sospetto che tu stia orchestrando qualcosa di complicato, ti mollerà immediatamente."

"Che vuol dire "complicato"?"

"Ho l'impressione che ti piacciano, le cose complicate."

"Se intendi riferirti alle mie iniziative professionali, guarda che quello che hai sentito dire sono voci senza fondamento, pettegolezzi d'ignoranti e volgari malintesi. Questo è il brutto dei giornalisti.

Quello che dà noia non è tanto il fatto che fraintendano, quanto la gestione scorretta e stupida dei fatti. Ma in questo momento mi preoccupo solamente per mio padre. Gli stanno appresso. E tu non vuoi che i Layamon abbiano completamente in mano tuo zio."

"Gli sta bene" dissi. "Così capirà in cosa s'è messo sposandosi di volata senza prima parlarne con me."

"Lo dici solo perché sei arrabbiato" disse pacatamente Fishl. "In realtà non lo pensi. Non è il vero Kenneth che parla." Detta da lui, con quella faccia pallida, grassa, imperiale, questa frase mi fece una strana impressione. Il vero Kenneth? Perché, c'era un vero Fishl?

Mentre lo osservavo attentamente, la singolarità di questo grassone apparentemente comico parve separarsi da lui e, con un tremito, allontanarsi. Riferisco qui esattamente l'impressione che ne ebbi. Un altro Fishl sedeva di fronte a me, ben abbottonato dentro il gilè, i piedi nei mocassini morbidi mitemente incrociati. Segnali, forse, di un altro Fishl.

"Mi pare di averti dato una buona occasione quest'oggi" dissi. "Ora hai un modo per fare la pace col tuo vecchio, per fargli vedere che sei in gamba nelle cose che contano veramente. Che non sei uno sciocco e che ti preoccupi per lui. E che gli vuoi bene come nessun altro."

"D'accordo, va' avanti. Finisci quello che volevi dire."

"Okay. Forse pensi che sia in declino, il toro selvaggio che era una volta s'è fatto vecchio, ed è dunque più pronto ad aprire il suo cuore ai sentimenti. Però tu stesso hai detto che il suo motto è "Non risparmiare nessuno". Che io traduco così: "Ha un tipo di mentalità molto moderna". Più moderna forse del suo primogenito. Forse la riconciliazione e gli affetti non contano poi tanto, per lui."

"Quando lo avvicino... se riesco ad avvicinarlo, cioè, magari mi dice di andare all'inferno. Però, che lui lo voglia o meno, il mio primo istinto è sempre quello di avvicinarlo."

"Buona fortuna, allora" dissi, e mi alzai in piedi. "Mi aspettano giù. Ti richiamo."

"Soprattutto, di' a tuo zio di non farsi vivo lui personalmente con mio padre. Mi raccomando."

Mentre scendevo nell'ampio e lento ascensore, passando davanti al tassidermista con la sua vetrinetta piena di gufi e di gatti selvatici, davanti all'erborista con i suoi vasi di vetro, ero insolitamente ricco d'idee. Quello strano Fishl con i suoi capitali iniziali mi aveva suggestionato in più modi. Mi aveva sì preso in giro facendomi notare che per studiare l'ultimo periodo della Russia zarista ero venuto nel Midwest, ma che io sia dannato se non era identico, in quel suo incredibile e ridicolo ufficetto, proprio a un russo di quel periodo. Il suo sviluppo emotivo, se non altro, sapeva di essenze dell'epoca dei Rozanov, dei Meyerhold, dell'ultimo Cechov, dei Mandelstam e di Bely. Inoltre, quella stessa metropoli americana che sorgeva in mezzo alla prateria era ricca di somiglianze con la San Pietroburgo del 1913. Anche qui c'era un misto di barbarie e di esausta cultura umanista (ammettendo che quest'ultima non aveva avuto grandi opportunità di fiorire dalle nostre parti). Avevamo persino un buon numero di contadini immigrati dall'Europa Orientale, il cui sviluppo s'è arrestato ai livelli del 1913 e che parlano certi dialetti polacchi o ungheresi che in quei paesi non esistono più, malgrado vadano in giro con Honda giapponesi e portino mutande J'C'

Penney. Queste riflessioni mi eccitavano molto. Vi erano anche paralleli di ordine sessuale. Ad esempio, un animalismo cerebrale, o primitivismo; le sette farneticanti che con le droghe inseguono le estasi visionarie una volta sperimentate soltanto dai mistici; il sadomasochismo (violenze forsennate inflitte o subìte, e considerate tutt'uno con l'amore e il piacere). Un'altra analogia era data dalla proliferazione dei mondi falsi, alle cui regole la gente si sottomette con gioia. Costoro erano in grado di trascinarti con sé perché sembravano sapere quello che facevano. Pur caduti in una trance profonda parlavano autorevolmente del "reale". Prendiamo l'Ableukov di Bely, ad esempio, che sotto l'influenza di un gruppo di cospiratori mette una bomba a orologeria nella camera da letto del padre. Ableukov non vuole diventare un parricida. E' mosso da una logica apparentemente etica. Ma presto appare chiaro che la metafisica che finora ha sorretto l'ordine etico è anch'essa crollata. Io trovavo queste somiglianze con San Pietroburgo molto stimolanti. Le analogie erano vertiginose. Soprattutto quelle edipiche.

In strada rimasi ad aspettare che passasse Dita con il suo furgoncino verde - una donna bella e ben fatta su una macchina che sembrava un camion. Aveva un fisico generoso, Dita, e vergognandosi un po' di tanta abbondanza, cercava di smorzarla facendo la disinvolta. Sull'angolo dove avevamo appuntamento c'era una bottega dove facevano il granturco caramellato, e una fragranza dolce e appiccicosa veniva dai calderoni di rame. Erano grandi come timpani d'orchestra e davano alla strada una gradevole sfumatura calda, color rame. Anche trovarsi in un luogo affollato era gradevole. La profonda comunione con la grande realtà umana era dopotutto la mia occupazione più vera. Era un campo con scarsa concorrenza, così che pochi vi si dedicavano. Io l'avevo scelto perché convinto che si trattasse dell'unica impresa che valesse veramente la pena di intraprendere.

Come ho già detto, solo se si fa della nostra vita una svolta decisiva si ha ragione di esistere. Soltanto che non si fa, ma si trova la svolta decisiva che è il grido di desiderio (inconscio, naturalmente, come sono per lo più le grida di desiderio) dell'umanità. Stavo cominciando ad ammettere che avevo voluto fare (o avevo cercato di fare) per gli esseri umani ciò che faceva lo zio Benn per le alghe che vivono in simbiosi con i licheni. L'incontro con Fishl Vilitzer me l'aveva fatto capire quando avevo visto (o così mi era sembrato) il Fishl "ufficiale" staccarsi con un tremito del volto e andarsene, lasciando dietro di sé un individuo del tutto diverso, un essere completamente differente dal Fishl delle eccentriche iniziative. Devo confessare che mi aveva dato un gran piacere sperimentare questa cosa (o, per rispetto al principio dell'obiettività, immaginare di averla sperimentata).

In termini più immediati (e cioè più direttamente legati a me stesso, un uomo sui trentacinque anni, alto, con i capelli lunghi, un po' malinconico ma in fondo mosso da spinte molto semplici), io volevo salvaguardare gli interessi di mio zio Benn proprio come Fishl

"stava in guardia" - per citare l'inno nazionale canadese - a difesa di suo padre. Fishl si stava apprestando ad affrontare e a battere il dottor Layamon, il giudice Amador Chetnik e anche - in una prospettiva più vasta e distante - il governatore Stewart, che a quanto si diceva aveva in mano tutti i gran giurì di questo distretto federale. Fishl aveva il coraggio di considerarsi all'altezza di questi pezzi grossi, di questa sfilata di notabili. Anch'io, in quanto mi ero autonominato spirito guardiano di mio zio, dovevo cercare di interpretare gli obiettivi di costoro e di anticiparne i piani. Avrei dovuto consigliarmi con Fishl, naturalmente. Non potevo sperare di far fronte da solo a queste personalità dure, competenti, politicamente astute, né sperare di sconfiggere intelligenze così complesse. Era vanità solo pensarlo. Cosa fare? Come vincere? Cosa vincere? Ma attraverso la propria meschinità si può entrare - e non superficialmente - nei meschini obiettivi altrui. Io m'immaginavo questi obiettivi (non più tanto meschini quando sono così profusi e impegnano tante energie dell'ingegno) come tanti piccoli granchi impigliati tra le alghe a rimorchio della nave. Tutti - ma proprio tutti! - hanno una gran quantità di queste alghe da rimorchiare.

Bene, ora Dita Schwartz stava arrivando dalla mia sinistra sul suo furgoncino Dodge. C'era parecchio traffico e lei mi faceva dei segni con la mano attraverso il parabrezza. Invece di lasciarmi andare a chissà quali oscuri pensieri avrei fatto meglio a comprarle un sacchetto di granturco caramellato. Parlava sempre con tenerezza del popcorn. però, come molti timidi, stava attenta alla linea, e comunque l'occasione era perduta. Ecco lì Dita Schwartz, una presenza pienamente femminile. Salendo dentro il Dodge, si sentiva il calore del seno di lei prima di quello del riscaldamento.

"Ehi" disse. "Hai aspettato al freddo. Era meglio se venivi al parcheggio, o nell'anticamera del dottore."

Poteva dire "ehi" come lo direbbe un amico maschio, ma l'alito aveva un profumo femminile e l'espressione degli occhi neri era senza dubbio di donna. Era una cosa che si notava perché la carnagione invece non era inequivocabilmente femminile. Aveva una brutta pelle, come un tessuto misto, uno strato di tessuto cicatriziale che risaliva a chissà quale terribile disturbo giovanile. Anche col gelo aveva la faccia sempre bianca. Preferiva mostrarsi indifferente, però certe volte s'incupiva o s'indignava per via di questa sua carnagione

- era un difetto fisico che non riusciva a dimenticare. Però non era poi tanto male avere il proprio peggior difetto messo così in evidenza, e non nascosto, perché così bisogna abituarsi a sopportarlo senza batter ciglio. I difetti nascosti sono peggiori. (Ho in mente la mia inferiorità sessuale rispetto a mio padre, è questa la croce fallica che mi tocca portare). Dita era pallida perché la pelle era troppo spessa e non si coloriva. Una volta mi aveva chiesto di farle vedere qualche fotografia di Treckie. Ne avevo una sola, di quelle Instamatic, in cui si vedeva Treckie a spalle nude che rideva - denti scintillanti, occhi azzurri, faccia rosea. Dita vide solo questa faccia rosea. Disse soltanto: "Che razza di nome è Treckie?". Io allora le chiesi del suo, di nome: no, non era un'abbreviazione di Perdita e nemmeno di Edita; semplicemente Dita - da un romanzo rosa che a sua madre operaia capitò di leggere al reparto maternità. Tra me e Dita correvano allora rapporti amichevoli come possono esserci tra insegnante e allieva. Lei stava ad ascoltare volentieri i miei guai e tollerava divagazioni e aberrazioni, le mie assurdità, che anzi apprezzava. La gente con la testa sulle spalle poteva pensare che davo i numeri, ma Dita e io avevamo letto tanto di quel Gogol, insieme alle fantasie di Dostoievsky, di Sologub e di Andrei Bely che i concetti improbabili e le idee pazzesche non la sconcertavano. Era abituata al modo che avevo di vedere le cose. Come disse una volta E'M' Forster: "Come faccio a sapere cosa penso se non capisco quello che dico?". E' vero, per quel che serve. Gli inglesi, però, si compiacciono talmente di un buon inizio che si fermano e non vanno più avanti. Quello che bisogna fare poi è svolgere il pensiero, portarlo fuori dalla categoria delle frasi brillanti. Spesso Dita capiva con buon anticipo dove volevo arrivare e mi veniva incontro a metà strada e anche di più. Mi chiese com'era andata con Fishl. Non le avevo fatto delle confidenze, ma mi ero mostrato parecchio agitato in macchina. "Com'è andata con tuo cugino Vilitzer?" disse.

"Come va sempre con tutti noi barbari e ibridi" dissi io.

Non era necessario parlar più chiaro di così. Sapeva come la pensavo - e cioè che in linea di massima questo è un secolo di ibridi, e che se non sei un ibrido, se dici di vivere secondo gli standard classici e tradizionali, come certi si vantano di fare, allora sei fuori di questo secolo. (Però vedo che nonostante tutto sto parlando più chiaro.) Puoi essere una persona stimabilissima, però vivi "altrove", prima del 1914, addirittura prima del Settecento. Sarà bello, certamente, ma ciò significa che ti sei esonerato dall'età presente, hai scelto un'altra cittadinanza. (Potrà sembrare che sto divagando ancora, ma aspettate un momento.) Gli ebrei, proprio perché hanno vissuto nell'isolamento dentro il loro codice antico, hanno fatto questo per millenni, fin dalle età fossili. Ma poi hanno cominciato a venire volontariamente nell'epoca presente, e in seguito sono stati tirati a forza dentro la storia moderna, spinti a milioni dentro ai carri bestiame, divenendo così consapevoli (quelli che ebbero il tempo di essere consapevoli) che per loro non c'era l'aristocratica possibilità di dichiararsi al di fuori della civiltà contemporanea. Non posso continuare con questo adesso, ho altre priorità urgenti. Però come sfondo è legittimo, perché chiarisce la descrizione che ho fatto della conversazione avuta con Fishl Vilitzer. Io e lui eravamo barbari o ibridi di una varietà tipicamente americana. In America se ti azzardi a pensare ti senti anche in obbligo di fornire in allegato un profilo storico, per autenticare o legittimare quello che pensi. Così hai un attimo di illuminazione abbagliante e poi un quarto d'ora di ricami pedanti e noiosi - di chiacchiere accademiche. Da Locke a Freud con fermate a stazioni minori come Bentham e Kierkegaard. Bisogna compatire quelli costretti a subire questa compulsione esplicativa. Oppure (alternativa preferibile) ci si può far l'occhio per coglierne il lato comico.

Non volevo parlare con Dita dei guai dello zio Benn. Eravamo amici, non c'erano complicazioni amorose e così potevamo parlare tranquillamente di ogni sorta di cose. Però le difficoltà coniugali di mio zio e i suoi tormenti sessuali erano cose confidenziali. Io avevo moltissima voglia di parlarne con qualcuno, e Dita sarebbe servita meravigliosamente bene allo scopo; aveva una testa davvero eccellente. Però non potevo nemmeno stare sulle generali, perché lei avrebbe capito subito qual era il punto.

Io chiesi: "Da che dottore sei andata?".

"Dal dermatologo" rispose. Lo disse con grande disinvoltura, così che io non pensai che avesse qualcosa di serio in mente (cambiar faccia, ad esempio, in modo da rivaleggiare con Treckie). Ero così preso dallo zio Benn, dal mistero del Roanoke, dal gran giurì eccetera, che ero lento a capire i segnali trasmessi da Dita. Quando menzionò il dermatologo, la mia unica riflessione fu: "Non ha certo in mente un lifting, è troppo giovane. Avrà un'irritazione in qualche parte innominabile". E lasciai perdere.

Quando arrivai al mio studiolo all'università, trovai sotto la porta un biglietto di mio zio. "A casa, questo pom'." Non mi tolsi nemmeno il cappotto. Sapevo benissimo cosa voleva dire "a casa" e andai direttamente a casa sua vicino all'università. In quei giorni non ci andava quasi mai, essendosi impegnato a rimanere a Parrish Place per il lodevole scopo di creare un rapporto con la famiglia di Matilda. Il dottor Layamon raramente tornava subito a casa dopo il lavoro. Andava a giocare a carte al club dove si puntava anche parecchio. Matilda desiderava in modo particolare che Benn coltivasse sua madre, in modo che vi fosse un rapporto personale tra loro.

Questo non era così semplice come si potrebbe supporre, perché Jo Layamon spesso se ne stava nel suo ufficio inaccessibile, e quando Benn si mostrava nel vasto salone pieno di mobili contiguo a questo ufficio, la donna faceva finta di non vederlo. In quanto a bussare alla porta di lei, Benn era troppo timido per farlo. Se qualche volta ci guardava dentro, era più per vedere la rossa azalea nell'angolo in fondo che non la suocera seduta alla scrivania.

Comunque, lo trovai nel suo appartamento, molto più piccolo e molto più buio, circondato dai suoi libri di botanica e dalle sue stampe di piante coi nomi in latino, o da campioni morfologici che per me non volevano dire molto. Lo zio non era in gran forma. Non aveva un'aria fiorente, si vedeva benissimo, né un bell'aspetto. Mi riempì un bicchierino di Wild Turkey. Non teneva la casa aperta, adesso, e così il bicchiere non era troppo pulito. L'anno prima l'avrebbe messo nel lavello a bagno nella saponata e ne avrebbe preso un altro pulito. Il cardiologo l'aveva rimesso a dieta di Quinaglute per via dell'aritmia, mi spiegò. Anche il modo in cui respirava aveva qualcosa di malinconico, e lui, da grande osservatore di sé (esistono dei tipi così), lo sapeva benissimo perché a un certo punto disse:

"La respirazione è un po' difficile, oggi".

"Non sei infelice, eh, zio?"

"No. Direi di no."

"E' la reazione post-luna di miele?"

"Non fare allusioni con me" disse lo zio. "Mi sono pentito d'essermi sposato? La risposta è un no chiaro e tondo. Ho fatto benissimo".

"Non ho detto che hai fatto male. Io non mi sono mai sposato, però mi hanno detto che nel primo periodo, quando la gente deve ancora abituarsi, si notano dei cambiamenti. Guarda che non ti sto provocando né prendendo in giro, zio. Chiedevo soltanto."

"Va tutto bene, Kenneth. Conosco bene le tue idee sull'amore... che tutti stanno in un loro sistema a parte."

"Il petit système à part?"

"E che in ogni petto c'è un ghiacciaio che va sciolto, altrimenti l'amore non può circolare."

"Non nego che ne abbiamo già parlato in questi termini. Termini oscuri, non discuto. Non volevo metterti di malumore, zio Benn."

"Lo so."

"E parlando di reazione post-luna di miele ricordavo solo una cosa che una volta disse Benjamin Franklin. il suo consiglio era: prima del matrimonio tieni gli occhi bene aperti, dopo tienili mezzi chiusi."

"Vuoi dire che tenerli bene aperti dopo sposati è uno sbaglio?"

"Franklin è famoso per la sua ricetta del quieto vivere, ragionevole, banale, della giusta via di mezzo. Perché credi abbiano messo la sua faccia sulla banconota da cento dollari? Voglio solo dire, zio, che mi sembri un po' giù."

"E' qualche notte che dormo male. Tutto qui."

"Hai dei problemi? Pensi a come farai a riempire tutto quello spazio vuoto che hai al Roanoke? O è la faccenda dello zio Vilitzer che ti preoccupa?"

Mi accorsi che facevo tutte queste domande allo zio perché ero ancora sotto l'influenza dell'incontro con Fishl Vilitzer: era la tattica manageriale di mantenere il controllo. Non era bello esercitarla sullo zio. La lasciai cadere tout de suite. Lo zio disse, mentendo un pochino, che non era poi così preoccupato per Vilitzer.

Però era lo stesso ansioso di sentire com'era andato l'incontro con Fishl. "Non gli avrai dato delle informazioni sul mio conto, voglio sperare."

"Niente, tranne che Amador Chetnik ha celebrato il matrimonio. Lui ha preso a parlarmi di Chetnik. Chetnik è sotto inchiesta perché per essere un giudice è troppo ricco."

"Lo sapevamo già, che è sotto inchiesta" disse lo zio con uno scatto d'impazienza.

"Per ottenere una riduzione della pena, visto che la galera non gliela toglie nessuno, potrebbe dire quello che sa sul conto dello zio Harold. In realtà è Harold quello che vogliono incastrare."

"Sì, ma finora l'ha sempre scampata. Come dice mio suocero, la differenza tra uomini e ragazzi, in politica, è sapere come si fa a rubare."

"Finché la loro macchina di potere era intatta, i vari Vilitzer potevano fare tutto quello che volevano. Ma adesso è guasta. Oggi l'unico posto sicuro per un Democratico è la Camera dei Deputati, che è ancora in mano loro. E anche lì i bei tempi sono finiti, se si eccettuano i presidenti delle commissioni importanti, quelli che hanno influenza, i notabili che nemmeno l'Ethics Committee è in grado di toccare. Così mi dicono quelli che sono bene informati. Qui, a livello locale, manipolando i collegi elettorali hanno tolto ogni potere allo zio Harold che quindi non è più in grado di difendersi.

Lui è uno di quelli che sono al potere fin dai giorni di Franklin Delano Roosevelt, e adesso questa gente non può nemmeno tenersi i soldi che ha rubato."

"Questa mi sembra più farina del sacco di Fishl che tua, scusa. Che impressione ti ha fatto Fishl? Non è un po' tocco?"

"Non più di noi. Ma la cosa più importante è che vuole a tutti i costi proteggere suo padre."

"Per te questa è la cosa più importante. E' quello che ha parlato al tuo cuore. Io speravo di capirci qualcosa di più. Non mi vergogno di ammettere che non so nemmeno esattamente di cosa stai parlando.

Davanti a questa gente e a queste cifre, mi sento debole e ridicolo."

Come lo capivo bene! La gente come noi sta al di fuori dell'azione principale. L'azione principale riguarda la stessa America, e l'aumento dei suoi poteri. Sottomettendoti a questi poteri puoi diventare qualcuno. Anche stare all'opposizione ha un suo senso (se sei un cocainomane, ad esempio, ti metti al di fuori della forza lavoro ma entri comunque nel mercato perché compri la droga, così che la tua resistenza alla società viene per così dire comprata e pagata). Ma dove esattamente lo zio, con la sua schiena alla russa, la testa grossa, la forma degli occhi come il simbolo dell'infinito (lo sguardo azzurro, una lemniscata) rientrava nel quadro? Capiva quanto Paul Volcker andava dicendo sui tassi d'interesse? O qualcosa della propulsione a reazione? O d'ingegneria elettrica? Perfino le spie che vendono i segreti industriali ai russi erano più considerate di lui, perché se non altro sanno leggere i disegni tecnici! Se lo zio avesse fatto una cosa qualsiasi nel campo della televisione o dei fondi d'investimento, della pubblicità o della musica commerciale, dell'idraulica o della chimica delle proteine, come sarebbe stato diverso l'atteggiamento dei Layamon! Ma davanti a un disegno tecnico, a un bilancio, non capiva nulla, e così cosa dovevano farne di quest'uomo? Aveva cominciato ad aggirarsi alla periferia del mondo dei Layamon, spinto dal desiderio. Anche il desiderio si può analizzare, scomporre in ammirazione della bellezza; volontà di essere legato a una donna da vincoli d'amore e di tenerezza; e infine desiderio sessuale, che, per esser franchi, raramente se non mai è scevro da stranezze e bizzarrie, per non dire perversioni.

"Perché non dire di no?" suggerii allora allo zio. "No a tutto quanto. Perché non dici che non hai nessuna intenzione di andare a stare al Roanoke? E che non vuoi fare un brutto scherzo allo zio Harold. Rifiuta, e basta."

"E come faccio? Ho degli obblighi verso Matilda. E' così bella, così piena di spirito, e via di seguito. Non posso dirle che deve fare la vita monotona della moglie di un professore. Tornerebbe a svantaggio anche mio, alla fin fine."

Non potevo metterlo alle strette con il ragionamento e neppure assumere una posizione troppo dura perché mi comprometteva l'attaccamento che avevo per Treckie, ed ero quindi esposto al contrattacco.

"Ma Matilda cosa vuole che tu faccia, con Vilitzer?"

"Che non tratti direttamente con lui. Vuole che sia qualcun altro a farlo."

"Tu insomma dovresti solamente dire che questo qualcun altro ti rappresenta?"

"Be', Kenneth, il vecchio non si è comportato molto bene nei confronti di Hilda e miei."

"Ma tu non saresti riuscito a farti dare quindici milioni di dollari per quel terreno."

"Mi ha trattato con disprezzo" disse lo zio.

"E allora? Che t'importa? Adesso lui è vecchio. E tu non vuoi minacciarlo sul serio..."

"Matilda dice che non gli succederà niente. Ci penserà lei a impedirlo."

"Zio... Fishl vorrebbe che tu lasciassi fare a lui, con suo padre."

"No, no, Kenneth. Se proprio bisogna farlo, preferisco farlo da me."

"Fishl, da quanto ho capito, si preoccupava per la salute di suo padre."

"Sarà così. Però vuole anche far la figura del salvatore agli occhi di suo padre. E non mi viene in mente una sola cosa che gli sia riuscita, a Fishl. Matilda dice che s'è messo in un terribile pasticcio per qualcosa che lei chiamava un contratto per consegna a termine di bestiame. Aveva comprato a margine, qualsiasi cosa questo significhi, e poi c'era stata una tempesta di neve, non erano riusciti a far arrivare il foraggio e gli animali erano morti.

Vilitzer aveva dovuto sborsare mezzo milione di dollari per non far finire il figlio in galera. Ecco cosa è stato, per quel che riguarda Harold."

"Perché è venuto Amador Chetnik a celebrare il vostro matrimonio?

Cosa dice Matilda di questo?"

"Che non ha nessuna importanza. Un amico di famiglia. Un po' rozzo, ma non più di tanti altri. Comunque, la cerimonia si sopporta per amore dei genitori."

"Ma non si è resa conto che Chetnik è lo stesso giudice che ti ha dato torto?"

"Siamo sposati da un mese appena, Kenneth, e tu pensi che menta di già? Devo crederle."

Io stavo per dire che certe volte di mentire non si finisce mai, e che se il matrimonio è una convenzione, anche "vero" e "falso" sono termini convenzionali, ma non era quello il momento di scambiare sofismi con lo zio. Non era più lui, e portava un pesante fardello cui non era avvezzo. Quel lavorìo interno che scorgevo in lui mi preoccupava molto.

Lo zio disse: "Matilda e il Dottore dicono che è giusto che io venga reintegrato. Non avevo mai sentito quest'espressione, prima...

linguaggio da quartieri alti, immagino. Tutto sembra diverso visto da ParrishPlace. Mai sono stato così vicino al centro delle cose. E ogni volta che guardo da una finestra, vedo quel maledetto grattacielo.

C'è sepolta sotto la mia vita d'un tempo... la cucina di mia madre, i libri di mio padre, i gelsi. E' come quei villaggi sommersi dall'acqua, dove per rivisitare la propria fanciullezza bisogna essere dei subacquei".

"Io non ci sono mai stato, dentro l'Electronic Tower. Andiamo a darci un'occhiata, tanto per smitizzare il posto. La prima bella giornata saliamo su fino all'osservatorio."

"Intanto di' a Fishl che non mi rappresenta in nessun modo. Fishl è soltanto un hippy invecchiato che ancora cerca di entrare nel mondo degli affari. Avrebbe dovuto pensarci vent'anni fa."

Io dissi: "Fishl non è tutto qui. Questo è solo un subcontinente, per così dire. Fondamentalmente, Fishl è una persona a posto".

A ciò aggiunsi alcune riflessioni personali.

La prima fu che Benn e io non avevamo nessuno cui rivolgerci tranne Fishl. Aveva gli occhi svegli, ma il resto (la faccia grassa, l'imperiale doppio mento, i radi capelli) non era rassicurante al cento per cento. Questo lo ammetto subito, o come si dice al mio paese, tout de go. Però non si può giudicare uno in base a questi particolari. Questi particolari hanno un'unica origine. Non trovando questa origine, si rimane soltanto con un assortimento di labbra, nasi, orecchie, capigliature, crani eccetera: disiecta membra. Bene, a me pareva di aver intuito quale fosse questa origine comune, nel caso di Fishl, e lo giudicavo fondamentalmente prevedibile e affidabile. Di gran lunga più affidabile dei Layamon. Immaginai che il Dottore, scoperta la pista Vilitzer, fosse entrato in uno stato d'ispirazione cospirativa. Poteva far diventare ricca Matilda senza tirar fuori un centesimo, e quell'allocco di botanico, quel Crader, invece del pessimo affare che era, poteva diventare il marito da grand prix in cui i Layamon ormai non speravano più. Il computer matrimoniale più potente del mondo non avrebbe saputo trovare uomo migliore. Presentava vantaggi incalcolabili, tra cui non ultimo il fatto che non aveva naso per i dollari. Inoltre, per i milioni che avrebbe preso sarebbe stato debitore alla capacità manovriera dei suoceri. Al resto avrebbe pensato Matilda. Matilda avrebbe sfruttato l'occasione, e avrebbe chiuso le eventuali faccende rimaste in sospeso.

Molto probabilmente era così che i Layamon vedevano Benn, un uomo come, per me, non se ne trovava uno su un milione, un caso veramente particolare. Evidentemente non avevano capito bene chi era. E lui, l'aveva capito? In parte sì. Non mi andava di pensare che una persona così, dotata di magicità o di doti mantiche, dovesse acconsentire a mostrarsi ridicolo nella vita di tutti i giorni. Ciò rispondeva fin troppo bene ai postulati dei "pragmatisti", di quei tipi insolenti che si considerano gli unici veri interpreti della realtà e che possono perfino ammazzare impunemente solo perché questi "casi particolari" sono distratti. Ora, questi casi particolari non hanno nessun diritto di essere così distratti. Se volete la mia opinione, loro stessi sono perversi, troppo sottomessi nella degradazione generale. A questo proposito cito spesso un detto di W'H' Auden: "I guai sono allettanti solo quando non si è legati". Che vuol dire quel

"non legati"? Non costretti da vera necessità? Venuti meno alla propria vocazione? Rassegnati al marciume perché ce n'è tanto in primo piano? Oh, tutto quel filato umano che si avvolge sui rocchetti più volgari. Se scacciate le distrazioni quel tanto per rifletterci, comincerete a provare un profondo disagio, ed è proprio come disse lo zio al giornalista che lo intervistava sul pericolo delle fughe radioattive di Chernobyl e di Three Miles Is-land, qualcosa come: "Il cuore gonfio d'affanno ha ucciso moltissimi uomini". E si può tranquillamente concludere che ne muoiono più di crepacuore che per via delle radiazioni. Eppure non ci sono movimenti di massa contro il crepacuore, né dimostrazioni per le strade.

Soprattutto, comunque, non mi andava giù che lo zio si facesse usare contro Harold Vilitzer. Vilitzer era senza dubbio un uomo potente ed esperto. Suo principale obiettivo era di accumulare un grande patrimonio personale, e all'inferno tutto il resto.

Personalmente io non avevo nulla contro di lui, ma se la logica dell'appropriazione decideva che anche lui dovesse cadere, che cadesse pure. E' perfettamente ragionevole che chi di spada ferisce di spada perisce. Lo stesso dicasi di chi di pene ferisce o di qualsiasi altra cosa. Quando si è fatta una scelta bisogna anche essere pronti a pagare, e ciò secondo una legge che ogni persona ragionevole riterrà inoppugnabile e giusta. Perché questa legge non avrebbe dovuto applicarsi a Vilitzer? Quello che non mi andava era che lo zio ne venisse fatto diventare lo strumento. Potevo considerare questo fatto una conseguenza della posizione in cui l'avevano messo le complicazioni dell'amore e del matrimonio; o, se preferite, della sensualità, della carnalità, del karma dell'erotismo. Non ero mai del tutto sicuro se lo zio era mosso da una irrefrenabile spinta sessuale, o se stava reclamando ciò che gli era dovuto o pagando ciò che doveva. La povera Della Bedell era una che reclamava il suo ("Che cosa dovrei farne della mia sessualità?").

Lo zio, d'altra parte, forse si piegava alle esazioni ("Ci devi passare come tutti gli altri uomini"). E non lo saprò mai per certo, sebbene alla fine lo zio mi abbia detto com'era veramente il rapporto che aveva con Matilda. Come ho già detto, quel caro uomo mi diceva tutto quello che ha creduto bene di dirmi.

Pensavo fosse un segno di corruzione da parte dello zio acconsentire a mettere il fuoco sotto il sedere di Vilitzer. al processo lui era parte in causa solo teoricamente. Per motivi professionali era andato in Assam, e non s'era curato molto della sentenza. Erano i Layamon che gli dicevano ch'era una vergogna lasciarsi imbrogliare. "Non puoi lasciare che quest'uomo ti faccia fare la figura del putz, anche se è tuo parente stretto" aveva detto il Dottore.

Comunque, sotto tutto questo, non potevo fare a meno di dirmi che avevo fatto bene a venire in America. Quello che avevo detto ai miei genitori: "L'azione è laggiù" era vero. Non potevo dire che non ne fosse valsa la pena. Anche in un momento come quello, con lo zio che stava rapidamente entrando in crisi, messo com'era in una situazione falsa, seduto lì davanti a me con addosso uno di quei vestiti nuovi che loro gli avevano fatto fare, costretto dalla loro volontà, dalla volontà dei Layamon, per dir così, nei suoi stessi vestiti, Benn restava però una persona d'insolita risonanza, rimaneva ancora una figura di primo piano, magari un Cittadino dell'Eternità, un essere misterioso, di un mistero che egli forse proiettava sulle piante. Sì, la botanica. La botanica era la cosa più importante. Ma ecco che aveva una rivale, e cioè la sessualità femminile. Non riusciva a lasciar perdere le donne. Quando viaggiava in giro per il mondo, lo zio si travestiva dietro la sua professione, dietro radici, foglie, steli e fiori, ma in realtà c'era una forza rivale di grande potenza.

Parte del suo Eros si era staccata dalle piante per rivolgersi alle donne. E che donne! Una fenice che corre dietro agli incendiari! fu il pensiero che mi venne spontaneo e al quale sobbalzai. Incenerito e risorto dalle ceneri. E, dopo tutto, ogni ritorno del desiderio è una forma di reincarnazione. Poiché quando il desiderio scompare, nessuno può sapere per certo se ritornerà mai più. E' come nella poesia di Yeats: Molte volte son morto,@ molte volte mi son levato ancora.@

ö:::::o

Scegliendo una bella giornata, portai lo zio in centro e prendendo tutta una serie di ascensori salimmo all'osservatorio del centoduesimo piano in cima all'Electronic Tower, che sorgeva dov'era un tempo la Casa Crader per Invalidi. Al piano terra c'era la Burke and Hare National Bank, con il suo caveau di acciaio multistrato. Il governo federale, m'informò Benn - che in quei giorni leggeva con grande attenzione il "Wall Street Journal" - era dovuto venire in aiuto di questo istituto. Troppi prestiti balordi a paesi del Terzo Mondo governati da cleptocrati - così il giornale chiamava i militari e i burocrati che trasferivano i milioni avuti in prestito sui conti privati in Svizzera. Comunque, ecco lì il monumento grande e pulito, ancorato Dio solo sapeva quante centinaia di metri più sotto negli strati del Permiano o del Triassico. Era certamente una metamorfosi impressionante della casa della propria fanciullezza. Per entrare bisognava pagare un dollaro e mezzo: era una delle attrazioni turistiche meno care della città. Per me quella visita riuscì divertente, nel vero senso della parola. Non vi è disturbo che non possa venire momentaneamente dimenticato, a quell'altezza - un crimine che abbiamo commesso tanto tempo fa, un errore di valutazione fatale. Perfino la nascita segreta delle cellule cancerogene che avviene dentro di noi quando ci dimentichiamo di noi stessi guardando il panorama dal centoduesimo piano... Non vi è stranezza umana, voglio dire, che non venga trattenuta per un momento da una piramide egiziana o dal soffitto della Cappella Sistina. Seguii in silenzio lo zio mentre egli ispezionava con quel suo sguardo blu cobalto la sua città natale: fabbriche vuote, scali merci fermi, strade in salita, tratti di fiume con l'acqua ferma come quella di una vasca; e poi la campagna, praterie liberate dall'oscurità della città, campi sotto una ghiaccia bianca, e cieli che facevano pensare alla libertà e venire in mente idee di fuga e di liberazione. Mi chiesi se per caso lo zio non stesse pensando a qualcosa del genere: che giorno perfetto per fuggire, come faceva lui. Ma adesso niente fuga: e una moglie non è una valigia. Non rivelò nulla. Forse pensieri scientifici andavano e venivano, o forse erano pensieri sentimentali. Forse ricordava il libro di Haym Vital sull'Albero della Vita, che non fu più trovato dopo che buttarono giù la vecchia casa. L'unica osservazione che mi comunicò era relativa alla morte di suo padre, avvenuta da qualche parte sotto di noi una ventina d'anni prima.

Nell'atrio, prima di uscire, guardammo le targhe: assicurazioni, studi d'ingegneri e di commercialisti, consolati esteri, catene di distribuzione nazionali; non c'erano faraoni sepolti là dentro. Lo zio avrebbe voluto portarmi a pranzo in un ristorante caratteristico: da Skelly, vicino al mercato della frutta e verdura, ma non c'era più nessun segno di un mercato e nessuno Skelly figurava nelle pagine gialle. Skelly s'era preso il meritato riposo - al cimitero cattolico

- così che ci separammo senza aver mangiato, in silenzio, ciascuno preso dalle sue preoccupazioni private, e non ci rivedemmo che parecchi giorni dopo.

In quanto a me, mi ritrovai inaspettatamente e non sempre piacevolmente occupato. Con lo zio mi sentii per telefono senza grandi entusiasmi. In quel momento aveva abbastanza guai per conto suo e non volevo infliggergli i miei. Una certa signora Tanya Sterling si era messa in contatto con me. Era la madre di Treckie.

Qualche giorno prima avevo ricevuto il suo biglietto. Aveva intenzione di venire in città per la fiera degli elettrodomestici al Convention Center, e sarebbe scesa al Marriott. non avremmo potuto vederci? Ovviamente avrei dovuto consultarmi con Treckie a questo proposito, e non avevo il numero dell'ospedale dove lavorava. Visto che Seattle era indietro di due ore, telefonarle all'ora di cena mi tornava scomodo perché vedevo molto Dita Schwartz, che in quel periodo non stava troppo bene e aveva bisogno del mio aiuto. L'unica circostanza favorevole di quell'angosciosa settimana fu il tempo che, per essere inverno, fu bellissimo. Io sono molto meteoropatico e ho dei problemi col tempo, umori stagionali in su e in giù. Ma ora avemmo tutta una serie di belle giornate, bei pomeriggi invernali di sole che mi facevano venire come un trillo musicale dentro la testa.

Erano giornate particolarmente adatte alla contemplazione. Peccato che avessi troppo da fare per mettermi a contemplare e poi l'occasione venne anche guastata da altre cose. Quando finalmente riuscii a telefonare a Seattle, rispose un uomo chiedendo chi ero e cosa volevo. Con le capacità interpretative aguzzate dal sospetto e dalla gelosia, capii che avevo interrotto quel tizio a metà della cena e che Treckie stava ai fornelli: "Treck! C'è uno che ti vuole".

Non era un invitato a cena, quello, ma uno che s'è sistemato stabilmente. Forse la bambina sul seggiolone lo considerava il suo papà. Treckie era ai fornelli per fargli da mangiare. IL lampadario di vetro colorato - un Tiffany da yuppie - illuminava il centrotavola. Mi pareva di vederlo. Io non ero mai stato invitato a cena in casa di Treckie, aSeattle. Non che rimpiangessi qualcosa in particolare di quello che di solito preparava; piatti pronti surgelati messi giusto nel forno a microonde; o quelli, o polpette di carne macinata con piselli surgelati. Se stava cucinando, la stanza doveva essere piena di fumo, e quel duro del suo amico me l'immaginavo in maglietta, come Kovalski in Un tram che si chiama desiderio. A questo squallore io avevo contribuito con una bambina.

Ben mi stava, così avrei imparato a non tirar fuori tanto la

"dignità", a essere così cortese e di alti principi, con gente che queste cose non le capiva. Avrei potuto a buon diritto far la voce grossa con Treckie, "Chi è quell'uomo!" e via di questo passo. Ma ero io da solo contro le circostanze del mondo contemporaneo, contro le quali non avevo nessuna speranza. Quindi la posizione che avevo adottato si poteva definire, in termini legali, un nolo contendere.

Che liberamente traduco: "speranza di ottenere il minimo della pena".

"Stavi cenando" dissi a Treckie. "Mi spiace di averti disturbata.

Anch'io ho un appuntamento tra mezz'ora, e così vengo subito al punto."

"Non fa niente, Ken. Che c'è?"

"Si tratta di tua madre. E' in arrivo qui in città e mi ha chiesto se possiamo bere qualcosa insieme."

"Ah, lei ti..."

"E così dovevo dirtelo. Cosa sa, lei?"

"Oh, è già stata qui e ha visto Nancy. Dopo che è rimasta per cinque anni in Costarica, le è tornato un po' d'interesse per sua figlia. Non c'è più niente da nascondere, adesso, e nemmeno prima."

"In Costarica? Sì, me l'avevi detto, qualche tempo fa."

"Aveva una storia con un tale, un certo Robert Vesco per il quale non riuscivano ad avere l'estradizione. Immagino che finalmente sarà riuscito a togliersela dai piedi, così adesso s'è liberato sia di quelli delle tasse sia di mia madre. C'è altro che vuoi sapere, Ken?"

"La bambina sta bene?"

"Sta benissimo, la porto al nido."

L'ossuto, diffidente padre biologico laggiù nel Middle West, non avendo preparato in anticipo la conversazione non sapeva adesso come fare a tenere aperta ancora la linea. Già lui un essere misterioso (ma in questo non c'è niente di eccezionale, la maggior parte dell'umanità è ben al di là dei miopi sistemi della psicologia), veniva facilmente evitato dalla madre di sua figlia, di gran lunga più insondabile. "Allora ti va bene che mi veda con Tanya? Cosa credi che voglia dirmi?"

Dal tono della voce sapevo esattamente come Treckie stava tenendo le spalle. Come quando l'avevo abbracciata per la prima volta, e lei aveva alzato le spalle nude sfidandomi a farle domande sulle gambe piene di lividi, ci avrei scommesso che in quel momento stava facendo spallucce. Sono molto perspicace quando sto al telefono, malgrado sia debole d'udito. Capisco quello che sta facendo la gente a tremila chilometri di distanza. Treckie disse: "Tanya è venuta da me per litigare. Questo è sempre lo scopo principale delle sue visite. Non m'importa un accidente di quello che le dici".

"Come ha trovato la bambina?"

"Quelle come lei cercano sempre di afferrare i nipoti. Pensano:

"Questa mia nipote sarà tutto quello che mia figlia sarebbe potuta essere, e che accidenti a lei non è"."

Con me Treckie non era né amichevole né ostile. La confidenza che c'era tra di noi s'era allentata parecchio, ora che aveva un pensionante in casa. Lei era fatta così, nulla l'imbarazzava di ciò che secondo le regole d'una volta doveva essere imbarazzante. Non si sentiva affatto responsabile del modo in cui io mi sentivo. Le palpitazioni di cuore erano affar mio. Se mi davano tanta noia, che andassi dal dottore a farmi prescrivere delle pillole. Se mi pareva che se ne fregasse troppo, era affar mio trovare una reazione adeguata. Mi venne perfino da pensare (che razza di pensiero, in un momento simile!) che qualcuno avrebbe dovuto far ricerche sulla mitezza, che è forse la più fallimentare di tutte le strategie religiose. Se io ritenevo che il mio comportamento fosse lodevolmente civile, a chi toccava lodarmi? Quello che in realtà desideravo era di prendere il primo treno per Seattle e ficcare un po' di buonsenso in testa a Treckie. Buttare fuori l'uomo che aveva appeso il cappello in casa sua, pigliarlo a pugni, picchiargli la testa con un martello e farlo volare giù dalle scale. Alcune di queste mie fantasie di violenza nascevano, adesso me ne rendo conto, dall'indignazione che provavo di fronte al modo in cui lo zio accettava gli abusi. Ma non c'è possibilità di avere nessun rapporto con gli altri; nessuno, se non si è disposti ad accettare gli abusi.

Treckie disse: "Sto tenendo la cornetta tra la spalla e l'orecchio.

Se non ho tutt'e due le mani libere, questi hamburger bruciano. Così puoi richiamarmi più tardi, se vuoi".

Non saprei proprio chi di noi due riappese per primo. Credo sia arrivata prima lei, forse perché aveva intuito che la mia cortesia si stava esaurendo e che avevo parole forti da dire, come ad esempio:

"Chi è quel tanghero che ha risposto?".

Bene, volevo proprio vedere sua madre. Se Treckie aveva litigato con Tanya, avrei potuto sapere molte cose dalla vecchia tra un cocktail e l'altro, apprendere cose che fino ad allora mi ero rifiutato di ammettere esplicitamente. Così telefonai al Marriott e lasciai, o cercai di lasciare, un messaggio. Si possono raggiungere i posti più lontani del mondo semplicemente facendo dieci o quindici numeri, ma non è faccenda semplice lasciar detto qualcosa. Alcuni mesi fa, ad esempio, il presidente del Consiglio di Contea fu avvicinato a una festa di beneficenza da una donna terrorizzata che temeva per la propria vita. Be', invece di starla a sentire lì sul momento, lui le disse: "Mi telefoni in ufficio". La donna probabilmente lo fece. Ma ci potete scommettere che il messaggio non arrivò fino a lui. Invece avrebbe dovuto dire lì sui due piedi:

"Mille dollari di contributo per la sua campagna elettorale se mi concede dieci minuti del suo tempo adesso". Ma questa donna non sapeva nulla di politica, e così morì. La trovarono quattro mesi dopo, morta ammazzata, al volante della sua macchina sotto quattro metri d'acqua, in un canale la cui manutenzione toccava alla contea.

(C'erano altre ventisette macchine gettate lì dentro dai proprietari che ne avevano denunciato il furto all'assicurazione.) Il giorno dopo Tanya Sterling mi richiamò, ma proprio in quel momento avevo da fare con Dita Schwartz.

Convinta di dover competere con la faccia liscia di Treckie, Dita era andata da un dermatologo e questi le aveva detto che qualcosa si poteva fare. Per via dell'acne giovanile aveva la pelle del volto bianchissima e ispessita dal tessuto cicatriziale. Occhi e capelli erano per contrasto nerissimi. Mi rendo conto adesso di aver aggravato l'importanza che dava a questi suoi difetti raccontandole con commovente minuziosità ciò che provavo per Treckie. Bene, Dita aveva dunque deciso di fare la sua mossa. Era la sua pelle, ne era convinta, che mi respingeva. Io ero in uno stato di estrema sensibilità, molto difficile di gusti e soggetto a un complesso e mutevole flusso di attrazioni e repulsioni. Con me era non tanto offesa quanto addolorata di dover fare un concorso di bellezza (io, che avevo detto allo zio Benn: "La vita non è un concorso di bellezza"!) con una ragazza come Treckie, che lei considerava una deficiente, una donna del tutto priva di classe. Proprio la classe, e in più di un significato, era il punto fondamentale. Mi sembra di aver già detto che Dita era figlia di un metalmeccanico ebreo. Era effettivamente una donna eccezionale, e se avessi dovuto giudicare in base a intelligenza, dignità, calore femminile, eleganza, portamento aristocratico, affetto, avrei disinteressatamente dato il mio voto a Dita. Solo che il disinteresse qui non c'entrava affatto. Se la sua brutta pelle era un deterrente (come avevo detto una volta allo zio mentre discorrevamo di donne), si poteva sempre, come dicono gli studentelli, coprirle la faccia con una bandiera e scoparla per la patria; non credo che Dita, con i suoi modi tra l'aristocratico e il proletario, si sarebbe sentita offesa da questa battuta (a meno che lei non ne fosse l'oggetto). Lei stessa diceva parolacce con altrettanta disinvoltura dei Presidenti nell'Ufficio Ovale, e una volta alzò gli occhi da una rivista di moda che stava sfogliando per dire: "Io non capisco perché piacciono tanto queste fichette senza tette". Il suo temperamento, però, aveva anche un'altra faccia, e cioè il gusto per la poesia e il linguaggio della filosofia, e inoltre Dita era una donna con dei seri interessi. Io stesso le avevo fatto conoscere la letteratura russa, in quel periodo stava scrivendo un saggio su Scriabin, Kandinsky e altri mistici dell'arte. Dita insomma soddisfaceva i requisiti più esigenti.

L'autunno precedente, io e lei avevamo visto insieme una trasmissione televisiva su una clinica svizzera specializzata in dermatologia. Vi andavano le donne ricche a farsi rimuovere chirurgicamente gli strati di pelle vecchia dalla faccia, e poi restavano nei loro bei lettini finché non ricresceva la pelle nuova.

La cura era lunga, dolorosa e costosa. Era stato, se non altro per Dita, un film di quelli che prendono veramente, realizzato con colori delicati come Morte a Venezia (un esempio di pseudo platonismo a buon mercato). Ogni ospite della clinica aveva la sua ricca stanza privata che s'affacciava su un panorama di picchi montani e di nubi alpine -

per quelle signore cui le bende permettevano di guardar fuori dalla finestra. Nei giorni immediatamente seguenti l'operazione sembravano tanti nidi di vespe. Anche dopo restavano velate, come le passeggere delle prime automobili che proteggevano la pelle delicata dalla polvere delle strade.

Quel documentario aveva colpito Dita, nel senso che l'aveva raggiunta in una delle sue zone più profonde e fatali, e lei ne parlava spesso, come più tardi avrebbe fatto lo zio Benn con la vignetta di Charles Addams. "Non starai pensando di farlo anche tu?"

dissi io.

"Col mio stipendio? Insegnando i primi elementi del russo al primo anno? Non potrei pagarmi nemmeno il biglietto fino a Zurigo" rispose lei.

Aveva ragione. Avrebbe dovuto essere la moglie di qualche cleptocrate del Terzo Mondo disposta a tutto pur di ritrovare la giovinezza perduta. Stanze con gladioli in vasi cinesi e signore che bevono il tè in tazzine di Wedgwood ornate di fragole di bosco. Con una pelle nuova la signora ora bellissima può quindi tornare a casa (dove la gente muore di dissenteria), per trovarsi magari già rimpiazzata, se addirittura non si è sottoposta alla cura proprio per battere le rivali. (Bisogna sempre tener presenti queste possibilità, altrimenti la tragica carriera dell'umanità non avrà più testimoni.) Qui nel Middle West, Dita si mise in cerca di qualcosa d'occasione, e da brava ragazza lavoratrice qual era, trovò uno in centro che per una certa somma le avrebbe tolto gli strati superficiali di pelle morta in ambulatorio con l'anestesia locale. Le grattò guance, naso e mento con della carta vetrata fissata a un disco rotante. Avendo gli occhi chiusi, Dita non poté dirmi se l'arnese impiegato assomigliasse o meno a un trapano elettrico (fu questa la domanda che mi venne naturale). Faceva un sibilo come di sabbiatrice, riferì lei. Sapeva che avrebbe sentito male quando l'effetto della novocaina fosse finito, ma la rimozione della pelle morta era una liberazione, una purificazione, e quindi bisognava pagarne il prezzo (un piccolissimo esempio delle prove cui ti sottopone l'Occidente, quelle di cui avevo cercato di parlare con la mamma in Somalia). Quando avrei rivisto la mia amica ed allieva senza più quella buccia repellente, come un kiwi, un avocado o un frutto di tangelo, allora mi sarei innamorato dell'angelico volto della vera Dita.

L'avevo accompagnata in centro quella mattina senza rendermi conto di cosa c'era in ballo, e rimasi giù ad aspettare nel furgoncino Dodge, d'un verde chiaro ma spento, vecchio di dieci anni, con la carrozzeria malamente ammaccata e il contachilometri fermo su 180'000

e fisso come l'occhio d'uno iettatore. Non ero riuscito a parcheggiare. Il vigile mi fece circolare perché vicino a dove stanno i medici c'è sempre un posteggio di taxi, e nella nostra città adesso i taxisti vengono tutti dai paesi in via di sviluppo e sembrano tanti terroristi della Jihad, e si comportano anche allo stesso modo, urlando e cercando la rissa. Io non capivo perché Dita non aveva voluto tornare in taxi. Poi, dopo un'eternità che giravo in tondo (non sono un guidatore di talento), passai e la riconobbi per via del cappotto. Non me l'aspettavo assolutamente di vederla in mezzo alla folla del centro con la faccia e la testa tutta bendata, e più alta per via della fasciatura. C'erano dei buchi per gli occhi e anche un'apertura per la bocca, ma tutto quanto l'affare si era mosso e cominciava a passare l'effetto dell'anestesia. Quando riuscii a farla salire in macchina stava per svenire dal dolore. Mentre le affibbiavo la cintura di sicurezza i taxisti che si accalcavano dietro di noi uscirono dai gangheri e cominciarono a suonare i clacson con i pugni.

Io adesso non ci badai nemmeno, perché le bende di Dita cominciavano già a inzupparsi di siero e avevo paura che la garza le si attaccasse alla faccia e stavo pensando se non era il caso di portarla subito al più vicino ospedale. Quel dottore le aveva dato dei campioni omaggio di pillole analgesiche. L'infermiera l'aveva accompagnata giù nell'atrio e l'aveva fatta uscire attraverso la porta girevole. Io volevo fermarmi in farmacia a prendere altre bende ma lei riuscì a dirmi che ne aveva già comprate un bel po' appunto in previsione, e che per piacere la portassi subito a casa. Sotto il suo palazzo c'era un garage sotterraneo e gli inservienti che di solito le facevano delle proposte (un po' per scherzo e un po' no) quel giorno la lasciarono in pace. Vedendola con la testa dentro quella pigna bianca e con al fianco uno spilungone dai capelli lunghi che camminava a grandi passi, non si fecero avanti. La portai su, le presi le chiavi dalla borsetta, la feci stendere sul divano letto e le tolsi il cappotto e le scarpe. A un certo punto mi parve che fosse svenuta - è difficile capire se una è svenuta o no senza poterla vedere in faccia. Volevo chiamare l'ambulanza e stavo già chiedendo il numero al centralino, quando Dita disse: "Lascia stare. Vieni solo a sederti qui vicino a me". Così rimasi lì tutto il giorno. Come infermiera non ero un gran che, questo va da sé, ma anche se l'utilità della cosa è scarsa, non si toglie a una persona cappotto e scarpe, non si tiene la mano di un sofferente, senza toccare nuovi livelli di intimità, e senza che il calore dell'affetto si stabilisca con grande rapidità.

Si vede subito come vale poco il rapporto maestro-allievo quando si affacciano le forze del rapporto uomo-donna. Da qualche parte nelle mie sedi psichiche rimaneva il dolore per Treckie, questo è innegabile. Però dovevo badare a Dita, che risultò affidata alle mie cure.

Senza dare ascolto alle sue proteste le tolsi le bende ormai inzuppate. Difficile immaginare come avesse potuto quel tizio conciarle in quel modo la faccia con il suo disco rotante.

Probabilmente, pensai, era uno di quei vecchi medici che curavano gonorree e mastoiditi prima che arrivassero gli antibiotici, e che si era riciclato come dermatologo. Quando le tolsi le garze con cui quello l'aveva ricoperta, sembrava che Dita avesse strisciato con la faccia per tutta l'autostrada. Non era possibile che quelle signore in Svizzera uscissero conciate in quel modo. Chi più spende meno spende, dice il proverbio popolare. Era la sua scalogna proletaria.

Io mi ci arrovellavo tanto più, mentre le mettevo le garze nuove, in quanto io stesso ne ero stato la causa. Dita voleva essere all'altezza di Treckie. O di Matilda. Conosceva anche Matilda. La chiamava "quell'imperatrice da salotto". Però queste donne avevano una bella faccia, e per loro lo zio e io eravamo disposti a fare dei sacrifici. E così Dita aveva volontariamente fatto un sacrificio anche lei. I tormenti e i martirii cui le donne sottopongono il loro corpo, le violenze che fanno ai difetti tanto odiati o alle loro supposte deformità! Si fanno lietamente violenza. Il rimedio dei disperati. I poveri che si maciullano la faccia.

Comunque si voglia metterla, io non valevo tanta sofferenza. E

nemmeno Treckie come rivale. Dita era migliore di entrambi sotto molti aspetti. Aveva dieci volte più cuore, e ciò le dava una bellezza di un genere cui non eravamo abituati. Pensai che era il caso di esaminare a fondo con lo zio Benn tutto quanto il concetto di bellezza. C'era qualcosa di sbagliato, di balordo, nel volto classico, nella grandezza di Roma, nella gloria della Grecia. Poe, questo povero genio assurdamente sposato a una ragazzina idiota e perennemente prepubere... ecco qui un poeta capitato all'improvviso in un mondo piatto come una pizza, un mondo appiattito dall'intelletto razionale (e che si trovava per di più a uno stadio primordiale e rozzo dello sviluppo capitalistico - non dimentichiamoci del capitalismo) e che cercava di difendersi a forza di whisky e di poesia, di sogni, di enigmi e di perversioni. E poi ecco che subentra Baudelaire come successore di Poe con le sue madonne viziose: la malattia e la sensibilità contro la meccanizzazione e la volgarità. Come si vede, erano sempre i soliti presunti sospetti che venivano fermati.

Comunque, per parecchie settimane ebbi qualcosa che valeva la pena di fare. Andavo al supermercato. Mi piaceva abbastanza quella vita domestica, e anche avere una malata cui badare. Non ci voleva molto a tenerle la casa. Era chiaro che i lavori domestici non erano il suo interesse principale. Alla porta del bagno era appeso un mucchio di indumenti intimi da lavare. Io pasticciavo in cucina, a fare il caffè o la minestra disidratata Knorr. comprai una bottiglia di whis-ky Wild Turkey, che fu la medicina principale fin quando la paziente cominciò a sentire un po' meno male. Per alcuni giorni le preparai del brodo che le facevo bere attraverso le bende, con una cannuccia, e quando finalmente le bende si poterono togliere, Dita era ancora così brutta che non la si poteva guardare. Lembi di pelle morta le penzolavano dalla faccia. Ce n'era uno grande quanto una lastra da tetto, e poi lei era tutta piena di ammaccature, di abrasioni, di croste. Assolutamente proibito toccarle; bisognava aspettare che una bella mattina, svegliandosi, si trovasse la crosta sul cuscino. I bambini sanno che emozione si prova. Comunque, io continuai a farle la spesa e a riordinare bagno e cucina, durante le quali operazioni appresi quanto poco importasse alla piccola Dita un orlo di sporcizia nella vasca, o un po' di muffa, o i vetri sporchi e gli specchi opachi, o sapere quanti barattoli pieni di grasso di bacon tenesse dietro la cucina a gas. più per avere qualcosa da fare che per vero amore di pulizia, presi in prestito l'aspirapolvere portatile Dustbuster che lo zio aveva a casa sua, e anche la sua Windex e il 409. A un certo punto lasciai perdere le minestre Knorr e passai o alla pizza, che potevo ordinare per telefono, o a certi piatti cinesi, e di tanto in tanto preparavo un'omelette. A differenza dello zio, non ero molto bravo in cucina - ero simile più a un goffo alchimista, con un grande uso del misurino. Quand'era studente, lo zio aveva fatto il cuoco volante per una trattoria greca. Se i Layamon gli avessero lasciato cucinare i pancakes, sarebbe stato più felice in quel superattico. La cuoca polacca era un essere tetro. I padroni la temevano e la trattavano come un Rostropovich, come un grande artista, e cioè con grande deferenza.

In conclusione, Dita non ebbe la sua faccia nuova. Non era più così mortalmente pallida, ma la pelle rimase scabra e irregolare. Adesso ciò le importava di meno, perché se anche l'esperimento non era riuscito, tra di noi c'erano ora rapporti più saldi, eravamo diventati più intimi. Lei non s'era messa a posto, ma aveva messo a posto me. In quanto malata, Dita non era mai eccessivamente vestita.

Non che si mostrasse deliberatamente, o che mi provocasse. Però l'accappatoio le si apriva sempre ogni volta che io le tenevo il piatto della minestra. Non si può pretendere che una donna con la faccia tutta bendata si tenesse rigorosamente abbottonata fino al collo. Pareva che il fatto di farsi conoscere da me con il corpo le desse una soddisfazione più profonda; adesso potevo vederla com'era a prescindere dalla faccia, e dopo tutto una donna ha molto di più oltre la faccia. Al suo capezzale, dunque, mangiavo cibi danesi riscaldati e bevevo Wild Turkey allungato con l'acqua del rubinetto mentre parlavamo di Scriabin e di Madame Blavatsky. Avevo lì una donna che per amor mio s'era fatta smerigliare brutalmente la faccia, e mentre io correvo dietro a Treckie, Dita mi aveva fatto un'offerta d'amore, così che non ero poi del tutto a terra.

Ripensandoci, comincio ora a considerare che un uomo deve o dare all'amore e alle donne quei ritagli di tempo che gli avanzano da altri compiti più impegnativi (vale a dire, ad esempio la lotta per l'esistenza, o le esigenze del suo lavoro; e anche la vanagloria, il fanatismo e il potere, ciascuno qui potrà fare un suo elenco) oppure altrimenti, liberatosi dal lavoro, entrare in una sfera tutta femminile con le sue priorità peculiari e orientata verso scopi del tutto differenti. Ecco qui un esempio alla portata di tutti: o fai la guerra come Marc'Antonio, o fai l'amore come Marc'Antonio; nel qual caso pianti lì la battaglia e corri dietro a Cleopatra quando ad Azio vede la sua trireme che se ne va. Però in fondo in fondo non è che m'importi molto di queste anticaglie romane - e cioè il diritto romano, l'organizzazione politica romana e la questione della cittadinanza romana. Ricordatevi che per qualche loro ostinato motivo, soltanto gli ebrei in tutto il mondo antico rifiutarono di diventare cittadini dell'Impero... E io mi ricorderò che non sono qui per fare lezione di storia, ma per riferire le strane vicende della vita di mio zio Benn.

Comunque, era venuto il momento dell'incontro con Tanya Sterling.

Io immaginavo che la madre di Treckie avesse parecchie cose da dirmi sul conto di sua figlia, sul mio successore, e sulle prospettive che si aprivano per la mia piccola Nancy visti i cambiamenti che Treckie aveva creduto opportuno di introdurre.

Trovai finalmente le mie carte di credito nel cassetto delle calze e andai in centro in autobus: tardo pomeriggio, un gran bagliore invernale a ovest, mucchi di neve per le vie e lucido ghiaccio in varie forme lungo la strada. Nel bar del Marriott, dove trovai la madre di Treckie, c'era un'atmosfera tutta diversa, un giardino pensile al coperto con fontane, felci, muschi, gardenie, il tutto approntato per l'adulazione della classe dirigente (nei momenti più dolci, quando desidera chiocciolii d'acque e fragranze). La signora Sterling era una donna relativamente giovanile. Immediatamente disse:

"Ero una sposa bambina", affermazione con la quale sottintendeva che bambina continuava a esserlo. Era una donna ancora appetibile. Lei non domandava, come la povera Della Bedell (quando Della aveva intenzioni bellicose). "Che cosa devo farne?". Sono pochissime le persone disposte a dichiararsi fuori gara. Esci di gara, e il tuo stato civile diventa uguale a quello dei morti. Di qui la follia sessuale che è nelle mosse e nelle motivazioni di uomini e donne. Se in una certa situazione non hanno specifici intenti sessuali, ecco che provano il loro repertorio, provando qualcosa di nuovo, preparando le loro mosse ed esercitandosi nelle loro prese: proprio come i gatti, quando fanno la lotta tra loro per finta.

Aveva poco di sensazionale, Tanya Sterling. Più che altro il modo in cui era truccata - una maschera da procione tra il viola e il bluastro, con grandi cerchi blu intorno agli occhi, che erano grigi e alquanto iniettati di sangue. Pareva non avesse sopracciglia sue, ma due righe fatte con la matita Magic Marker. era carina, decisamente attraente, con emanazioni personali genuine. Non intendo riferirmi al suo forte profumo - non so se di muschio, di patchouli o di che altro (qui non do affidamento, non posso parlare en connaissance de cause, come avrebbe potuto facilmente fare mio padre). Voglio invece dire raggi, onde, frequenze d'emissione, l'irrazionale musica femminile suonata col pizzicato, a bocca chiusa o con l'archetto. Per quanto non alta, Tanya era larga di figura, vestita bene e con belle mani; non piccole come quelle di Treckie - non aveva mai avuto il corpo pieno, piccolo, eccitante di sua figlia, stabilii. Un sorriso cordiale, niente formalismi, sicura nel modo di fare, sans façons.

quando le norme per il collocamento a riposo erano più rigorose sarebbe stata ritenuta troppo vecchia per i segnali fascinosi che ancora emetteva. Ma la cuffia da vedova ora la si vede soltanto nei musei. Le ottuagenarie con l'osteoporosi ancora si chiamano tra loro

"ragazze". Ma ora sto esagerando. Tanya sarà stata vicina ai sessanta, tutt'al più. Si comportava in modo elegante e aggraziato per fare appello al mio senso di responsabilità e di serietà. Come ho già detto, c'era un legame tra di noi. Io ero il padre della sua unica e sola nipotina. "Ho saputo di avere una nipote solo pochi mesi fa" disse. "Cinque anni in Costarica, e ho perso i contatti. Ma li avrei persi anche stando a New York. Questi giovani d'oggi parlano in un gergo tale, e poi non ci sono dizionari a uso dei genitori. Noi non li capiamo e loro non capiscono se stessi." E via di questo passo dicendo quant'era adorabile Nancy e quanto mi assomigliava. Non esitava a dirmi che anch'io non l'avevo delusa in quanto ad aspetto e a maniere. Le piacevano soprattutto i miei zigomi e gli occhi. A suo modo di vedere era un po' strano che un uomo di trentacinque anni portasse i capelli così lunghi, che però sulle tempie facevano un rigonfio originale, e originale era anche la sfumatura rosea della mia carnagione, perché le carnagioni olivastre in genere tendono al giallo. A tutto questo io non avevo nulla da dire, né era previsto alcun commento.

Dopo di che anche lei smise per un po', canticchiando con ricchi toni di gola, non perché amasse la musica ma perché il generatore dentro continuava ad andare. Prese a far girare il bicchiere col daiquiri tenendolo per il gambo.

Come il generale Patton, non potei impedirmi di dire dentro di me: sta pensando da che parte colpirti la prossima volta.

Poco dopo mi domandò: "Quando ha parlato l'ultima volta con Treckie?".

"La settimana scorsa" dissi. "Mi ha detto che lei era andata a trovarla."

"E nient'altro?"

Capii allora che Tanya intendeva affrontare l'argomento del mio successore. Perché no?

"Io le ho detto che noi due ci saremmo visti."

"Non ha parlato di Ronald? Ha fatto male, visto che è andato a stare da lei."

Io dissi: "Non è stato necessario. Ha risposto lui al telefono".

"Sarà rimasto sconvolto" disse la madre di Treckie.

Io risposi che naturalmente ero molto sconvolto. Però avrei preferito non parlare di ciò che provavo, le dissi anche.

"Ma è naturale, visto che lei non mi conosce affatto. Però sarà rimasto sconvolto senz'altro."

"Non mi piace che i sentimenti personali diventino argomento di conversazione."

"Da questo capisco che era innamorato di lei. Può non essere gradevole con una persona come mia figlia, poveretta. Per lei una relazione esclusiva è troppo limitante."

"Chi è questo Ronald?"

"Oh, uno che picchia. Io l'ho trovato antipatico. Era campione di slalom, e poi ha fatto il maestro di sci. Venir giù dalle discese eccita le donne, evidentemente, e i maestri di sci hanno da scopare fin che vogliono. Bene, questo campione degli sport invernali adesso vende gatti delle nevi. Dice che è un ramo nuovo in rapida crescita.

Io gli ho detto che andando a settanta chilometri l'ora, se si è un po' bevuti si rischia di farsi decapitare da un filo spinato. Lui non ha risposto niente, ha riso soltanto."

"E' un tipo duro, allora" fu il mio commento.

"Lei è troppo gentile per i gusti di mia figlia."

Magari avrei conquistato Treckie se l'avessi presa a calci negli stinchi. Ma non ce l'avrei fatta. Non sono altruistico fino a questo punto. Forse non era il mio genere di crudeltà. Ma soffrii molto nei minuti successivi.

Io non so fino a che punto Tanya avesse pietà di me, però mi inviava messaggi di femminile compassione. Con quella sua dentatura così accattivante, che conferiva al sorriso un tratto di solidarietà adolescenziale, ci si dimenticava quasi di quant'era larga la faccia e robusta la sua figura, e delle rughe poi non m'importava nulla davvero, perché se anche le aveva nascoste con quella sua maschera da procione, Tanya non cercava affatto di spacciarsi per una donna più giovane. Maneggiava poi lo stecchino con la disinvoltura con cui Fdr teneva il bocchino della sigaretta, e questo la datava. Se davvero era stata una sposa bambina, il matrimonio doveva essere avvenuto ai tempi del New Deal.

"Ora che l'ho conosciuta personalmente, Kenneth, capisco che mia figlia non vuole esser felice. E' una sciocca. Comunque, credo di capire che lei ha troppo rispetto di se stesso per distruggersi a forza di dolore. All'aspetto è una persona pacifica, ma ha la stoffa del combattente. E non è un gran bevitore, a giudicare del suo sherry che è ancora tutto lì. Lei è più il mio tipo... una persona interessante e poco vistosa."

"Grazie" dissi. "E' molto gratificante vedere che le nostre buone qualità vengono notate."

"Treckie è stata una buonissima bambina fino all'età dello sviluppo, e poi bam! bam! Piccolina com'era, voleva l'azione. Non si può mai dire quali sono gli aspetti che diventeranno dominanti nella donna matura." Tanya a questo punto aprì la sua borsona, che fino allora aveva tenuta stretta tra i piedi. La sollevò e la mise sul tavolo con un movimento abituale del suo gran corpo, più simile a una convulsione che a un'azione di tutti i giorni, quasi che stesse tirando su il secchio da un pozzo colmo di sensualità. Probabilmente ero solo io che ci vedevo tutto questo. Aprì la borsa, ci frugò dentro e parve delusa. Disse: "Avevo portato delle fotografie di famiglia da farle vedere, soprattutto di Treckie quand'era piccola.

Devo averle lasciate su. Vado a prenderle".

"Non si disturbi."

"Nessun disturbo. Le farà piacere vedere quant'era carina.

Assomiglia molto alla piccola Nancy. La forma della testa l'ha presa da lei, ma gli occhi sono identici a quelli di sua madre."

"Un'altra volta. Avremo altre occasioni."

"Treckie diceva che lei è cresciuto a Parigi. Si capisce benissimo.

Ha un modo di fare assolutamente rivelatore. Ha stile, lei. L'uomo che Treckie ha adesso è un villanzone. Io non riesco a capire le donne cui piace farsi trattar male. Cerco d'immaginare che gusto ci provino ma proprio non ce la faccio. Ci riportano indietro alla civiltà contadina."

Era evidente che si riferiva alle gambe piene di lividi di sua figlia.

Proseguì: "Avevo una compagna di scuola che si fece rompere due volte il braccio dal tizio con cui stava. Due corse in ambulanza al Bellevue, e ogni volta tornava a cercarsene ancora. Ma la gente dice che non è cambiato niente, che è sempre stato così".

"Lei crede che questi siano tempi eccezionali, da un punto di vista sessuale?"

"Conviene crederci per forza."

Io prendevo molto sul serio il suo parere. Parlava con conoscenza di causa. Mi ricordava un po' Caroline Bunge, l'amica dello zio. Se Caroline avesse avuto tutte le rotelle a posto, la somiglianza sarebbe stata più accentuata. Caroline era distratta, e Tanya era invece pienamente presente a se stessa. Entrambe avevano notevole esperienza di uomini. Tra tutt'e due avevano probabilmente visto più uomini nudi di un medico militare. Non voglio metterla sotto una cattiva luce, ma solo chiarire un problema cruciale che chiede a gran voce una soluzione. Il vecchio signor Yermelov di Rue du Dragon aveva cercato di farmici riflettere quand'ero un ragazzino che frequentava il Lycée Henri Iv. forse avrei potuto imparare qualcosa da Gide, da Proust e da altri che, essendo adolescente a Parigi, avevo letto quasi necessariamente. Ma nemmeno Proust aveva affrontato il problema che ora mi si poneva: i gusti sessuali dell'aristocrazia, le sconvenienze e i tradimenti dell'haute bourgeoisie, gli animaleschi abbracci dei proletari e dei contadini (si veda il Germinal di Zola eccetera) non rientrano nella stessa categoria dell'impasto erotico contemporaneo, democratico e terzomondista. Milioni di individui sono ormai affrancati dalla fatica, dai doveri, dalla proibizione dell'incesto e così via, liberi di reinventare ogni cosa come meglio credono, e tutta l'ingegnosità degli esseri umani, o come diceva il signor Yermelov, tutto l'intelletto senz'anima, non ha più freni né costrizioni - e la volontà di soffrire del pazzo si riversa nei canali dell'erotismo. Si potrebbe ben pensare che il progetto divino per l'evoluzione dell'amore è abortito, che gli angeli nella loro innocenza fanno confusione tra i vari segnali e infondono nell'umanità gli impulsi sbagliati. "Forze eruttive di natura subsensoria" come diceva il vecchio Yermelov. mi diceva che in Italia ci sono certi posti di natura vulcanica tali per cui se si dà fuoco a un pezzo di carta subito ciò fa scaturire il fumo dalla terra. In quanto a me, non ho mai visto un vulcano.

Io e lo zio Benn avevamo il nostro bel da fare, ve lo dico io. Non poteva darsi che una certa categoria di donne, una categoria molto particolare, avesse deciso di prestarci una speciale attenzione?

Da questo momento in poi la mamma di Treckie imboccò una strada nei miei riguardi assolutamente imprevedibile. "Non c'è motivo per cui questa ragazza debba poter sempre fare quello che vuole."

"Ricorrere alla giustizia?" dissi. "Be', effettivamente sarebbe bello veder fatta giustizia una volta tanto in un caso come questo. O

in qualsiasi altro. Anche se non molti forse sarebbero d'accordo."

"Bisogna passare alle maniere forti."

"In che senso?"

"Insieme potremmo farle vedere noi, a quella ragazza. Nancy è anche figlia sua, e Treckie non è adatta per farle da madre. Le faccia causa chiedendo che venga affidata a lei."

"Non sono nella posizione di poter fare una cosa del genere, signora Sterling."

"Tanya... Insieme potremmo, se... a questo scopo, e solo a questo scopo... ci sposassimo. Vedo che l'idea ti lascia perplesso."

"Sì, è così."

"Sarebbe una semplice formalità, così come W'H' Auden sposò Erika Mann per salvarla dai nazisti."

"Non è affatto la stessa cosa" dissi. "E poi anche i giudici non hanno mica tutte le rotelle a posto. Bisogna sentire quello che dice mio cugino Fishl - non è un cugino primo, solo acquisito - sui giudici. Io non ci punterei troppo sull'efficacia della ragione in un'aula di tribunale. Siamo circondati da forze che neutralizzano la ragione. Non ha più la base sociale che aveva una volta. E poi, Tanya, credo dovresti dare il giusto peso a quello che non molto tempo fa Fishl diceva sulle donne che si mettono insieme l'uomo ideale a pezzi e bocconi, un po' di questo e un po' di quello - il fisico di Sugar Ray, il fascino di Mastroianni, il coraggio romantico di Malraux, la sapienza scientifica di Crick e Watson con la loro doppia elica, i milioni di Paul Getty, più il cervello di Spinoza. Mi chiedi cosa c'entra? Bene, io avevo una parte di quello che Treckie voleva, però lei voleva anche qualcosa d'altro."

"Kenneth, tu vuoi evitare di darmi una risposta. Non so perché, ma ho l'impressione che se tu vedessi quelle fotografie ti verrebbe voglia di muoverti per farti affidare la nostra Nancy. Che sciocca sono stata a lasciarle in camera. Ti seccherebbe fare un salto su con me?"

Io fissai l'orologio.

"Adesso mi dirai che hai un impegno."

"Ho da badare a una mia amica che è malata e non è capace di mangiare da sola."

"Potresti andarci e poi tornare in taxi."

"Forse è meglio rimandare a un'altra volta."

"Pensi che sia un pretesto per farti venire in camera mia. Sarebbe troppo volgare. Entrambe le parti in causa hanno la loro sensibilità.

E' il momento di parlarci con franchezza, come si usa tra persone civili. Tu saresti mio genero se mia figlia non fosse la puttanella che è nonché un'idiota, incapace di riconoscere un uomo che ha una capacità preziosa: quella di essere gentile con una donna. Solo chi conosce la vita sa quanto sia rara. Almeno il venti per cento delle donne che ti conoscono, se percepiscono questa tua capacità, sarebbero felicissime di sposarti. Ma ci sono anche le donne cattive che ti disprezzano e ti trattano male proprio per via di questa qualità che tu hai. Non ti riuscirà mai di renderti gradito a queste.

Prendi una ragazza come Treckie. Devi fare quello che vuole lei. Non vuole che tu le riesca gradito. Anche se tu cercassi per tutta la vita di piacerle, se non facessi altro per cinquant'anni, lei ancora non ti vorrebbe. Un altro tipo di donna sarebbe felicissima se solo le tenessi la mano. Il matrimonio come l'intendo io sarebbe per te una protezione. Sì, sono più vecchia di te di una decina d'anni. Ma proprio per questo motivo potremmo avere un rapporto molto rilassante. In questo modo se una donna intraprendente ti mettesse gli occhi addosso, tu potresti dire: "Sono già sposato"."

"E tu da me cosa ti aspetteresti?"

"Solo quello che tu sei disposto a darmi. Se mi tenessi tra le braccia a letto, sarei felice."

Una decina d'anni più di me? Diciamo una ventina, e anche di più.

"Pensa anche a Nancy. Be', faccio male a dirti di pensare. Tu sei quel tipo di persona, se mi consenti, che pensa e pensa alle cose finché le cose scompaiono completamente. Torniamo a te e a me. Le belle notti che passeremmo insieme ti darebbero la forza di affrontare qualsiasi cosa. Non puoi provare una volta per vedere com'è?"

Io dissi che senz'altro sarebbe stato un esperimento meraviglioso, ma che in quel momento non ero ancora pronto a compierlo.

"Possiamo solo stare sdraiati sul letto. A parlare o altro, come preferisci."

Mi sorrise con quella sua dentatura così accattivante. Era effettivamente una donna attraente, a prescindere dal lavoro di pittura che ricordava un procione o un tasso. Inoltre, andrebbe contro il mio proposito di dir sempre la verità se negassi che mi piacciono le persone irrazionali.

E che offerte stupefacenti ti fanno i pazzi! Questo pensai mentre sotto le luci calde del tendone del Marriott levavo il mio lungo braccio verso la fila di taxi in attesa. Lontano a ovest, sopra la nebbia gelata della strada diritta, il sole calava in un tramonto cristallino d'un blu invernale, con dentro un nucleo rosso.

Mentre mi accompagnava attraverso l'atrio sempre parlando a ruota libera, Tanya Sterling mi aveva detto tra l'altro: "M'è bastato dare un'occhiata a questo Ronald per capire che è sulla breccia da parecchio tempo. Se hai avuto trecento donne, che differenza c'è tra la duecentonovantanovesima e la trecentesima?".

A quell'ora non c'erano più corse dirette, e dovetti spendere dodici dollari di taxi per non prendere l'autobus normale che faceva trenta fermate, e i cui fumi di scappamento mi davano il mal di testa da diesel.

ö:::::o

Nel suo vecchio appartamento, il pomeriggio dell'indomani, lo zio e io ci scambiammo informazioni sulle nostre esperienze del giorno prima. Anche lui aveva qualcosa da raccontare. Io dissi: "E' un vero peccato che tutta questa faccenda dell'amore l'abbiano fatta scendere dal piedistallo, ripudiata e screditata. Per molto tempo il mondo ha fatto promesse d'amore alle ragazze dicendo: "Tutto andrà bene comunque". Era una truffa, un tradimento! E adesso, naturalmente, le donne si sono arrabbiate e non ne vogliono più sapere. In quanto agli uomini, gli uomini seri, loro sono costretti a chiedersi: "Ma che diavolo ci facciamo qui, noi?". Io posso benissimo capire di entrare nel mondo dell'amore - posso capire, cioè, che per le persone cosiddette hard-minded la giustificazione è di carattere merceologico: scarpe, vestiti, borsette, gioielli, pellicce, eleganze, cosmetici. Inoltre c'è la psichiatria; qui girano parecchi soldi. Tutto tranne l'amore, perché i temperamenti capaci d'amare si sono fatti troppo fragili per riuscirci. Le persone che hanno

"modelli di ruolo" e "immagini di sé" non ci arrivano perché sono troppo costruite, o prestabilite".

"Sì, sì, sì, sì" disse lo zio, principalmente per farmi star zitto.

"Adesso fammi raccontare quello che m'è successo ieri."

Io stavo pensando ad alta voce come al solito, e solo quando m'interruppe mi resi conto di quant'era sconvolto. Lo si vedeva dai capelli ritti e dallo sguardo azzurro degli occhi turbati, molto dilatati nelle orbite a forma di otto. "Adesso fammi raccontare quello che m'è successo ieri" lo disse con un'inclinazione del busto tale per cui dissi dentro di me "Oh-oh!" E la rotondità della testa mi diceva ora tutt'altra cosa. Prima non ci avevo mai pensato, ma una testa rotonda come la sua era destinata a rotolare.

Questo fu l'inizio della crisi.

Cominciò dicendomi che era andato a un appuntamento con il Dottore.

Il luogo era l'ospedale in cui il Dottore lavorava. Lo scopo, di stabilire una strategia. L'intenzione era di mangiare un sandwich insieme e poi di tornare a Parrish Place con laBentley del Dottore stesso.

"Che ospedale è?"

"Il vecchio Mosè Maimonide. Quand'ero ragazzo era un nome schrecklich. entrambi i miei genitori ci avevano fatto le semifinali chirurgiche, così che per me è un posto di malaugurio quanto più non si può. Da allora è molto cambiato, hanno costruito molto. Una volta c'era un vecchio giardino, ma l'hanno tolto perché avevano bisogno di spazio per farci il padiglione dei drogati. Un tempo ci vedevi vecchi sarti, bottegai, ricamatrici, persone molto civili, mentre adesso girano certi zombi pronti a fare la prima cosa che gli passa per la testa. Perché no?"

"Brutto ambiente, eh?"

"E' uno di quei posti in cui si vede tutto il marcio venir fuori.

Oggi quando si riflette sul problema della droga vien da dirsi: "Non preoccuparti, ci pensa la scienza medica. Andrà tutto bene". E io prego, spero e confido che sia proprio così. In mezzo ci sono ancora i vecchi edifici del Mosè Maimonide, che sono conciati piuttosto male. Io avevo appuntamento al parlatorio. Metà delle porte e anche di più erano chiuse per motivi di sicurezza, e ho dovuto fare tanti di quei giri nei sotterranei che quando alla fine ci sono arrivato non ne potevo più. Feci chiamare il Dottore, secondo le istruzioni ricevute, e mi misi a sedere con una rivista. Alla fine arrivò a grandi passi. Tu hai visto come si dondola quando cammina, no?"

Lo zio dimostrava un buono spirito d'osservazione. Il Dottore in effetti muoveva in modo strano le spalle, a ritmo con il passo e la testa, che teneva rigidamente gettata all'indietro. Aveva fatto la guerra nel Pacifico, dove probabilmente aveva preso il modo di fare di Douglas Macarthur; a Guadalcanal aveva il grado di maggiore: il maggiore Layamon. Così entrò tutto impettito e dondolando le spalle, in camice bianco. Disse a Benn che non aveva ancora finito il suo giro e che era in ritardo.

"Mi ha chiesto scusa" disse Benn. "Io gli ho risposto: "Okay, aspetto. Mi va benissimo, ci sono un mucchio di riviste qui". "No, no" ha detto lui. "Ho piacere di stare con te. Vieni, t'interesserà."

Insomma, dovevo mettermi un camice bianco e far finta di essere un medico".

"Perché non hai detto di no?"

"Come potevo dir di no? Voleva farmi una gentilezza, trattarmi come uno dei loro. Io ero riluttante, certo, ma lui ridendo mi ha costretto ad accettare. Non era la prima volta che faceva una cosa del genere, e per i suoi ospiti era stata anche il più delle volte un'esperienza interessante, questa di travestirsi da dottore. A me pareva uno scherzo di matricole di medicina. Mi pareva di essere tornato indietro di quarant'anni."

"Be', uno scherzo di quando in quando fa bene all'anima."

"Non tirar fuori le tue teorie con me, perdio!" disse lo zio con un tono tagliente che non gli era solito. "Mi ha fatto mettere il camice bianco e mi ha anche infilato uno stetoscopio nel taschino, e ha detto: "E poi tu sei davvero un dottore delle piante". Sì, mi vedevo proprio ad auscultare una pianta con lo stetoscopio." Lo zio non rise alla sua battuta; aveva gli occhi troppo sbarrati per ridere. "Molto imbarazzante" disse. "Far finta di essere un dottore? Lui l'aveva fatto per farmi uno scherzo, e infatti doveva fare il suo giro nella parte più vecchia del Maimonide, che per me era piena di ricordi orribili. Mi ricordava soprattutto tua nonna, perché ieri ha visitato soltanto vecchie."

"Solo donne?"

"Solo donne vecchie. Le aveva tenute in serbo per me. Erano tutti casi di frattura del bacino, che era stato rimesso insieme con chiodi d'acciaio, e quindi bastava dar loro un'occhiata, e lui le visitava in frettissima, a doppia velocità, dentro e fuori delle stanze in un lampo, solo il tempo necessario per scostare il lenzuolo e dare un'occhiata. Stranamente, queste signore non erano affatto infastidite dal modo in cui le trattava. Non le imbarazzava affatto doversi mostrare nude. Non una faccia cambiava espressione. I dottori fanno quello che gli pare. Ogni tanto Layamon diceva: "Il dottor Crader, un mio collega"; nessuno gli badava. Fuori nel corridoio chiacchierava a ruota libera come al solito - Layamon Bocca a Motore

- e credo che gli occhi li abbia normali, solo che sono poco coordinati. Entrava e usciva a precipizio dalle camere, sbattendo le porte e tutto quanto e strappando le coperte. Le vecchie avevano i capelli tinti e ben pettinati, con il rossetto e il trucco, e la liseuse coi pizzi, e poi ecco i tagli coi punti, e le cosce corte, gli stinchi scottanti e lustri, il monte di Venere e i peli radi -

tutti quei pube spelati. Ma le vecchie avrebbero potuto benissimo star leggendo o attaccando bottoni, tanto erano tranquille. Per cosa dunque tante frenesie, e tutti gli uomini che le hanno amate, desiderandole da morire, il desiderio conficcato nel cuore come chiodi di garofano, a implorare e a piangere, e le donne anch'esse lacerate per capire qual è l'uomo giusto. Dopo averne viste sei o sette cominciai ad avere le vertigini."

"In che senso, le vertigini?"

"Come, in che senso! Le vertigini come se volassi in elicottero sopra un terreno molto accidentato. Mi ha preso l'aritmia, il cuore batteva fuori tempo, ed era quindi come se avessi guai al motore, e l'elicottero fosse sul punto di precipitare. Forse è il caso che mi faccia mettere un pacemaker."

"Ma cosa vai dicendo? Hai appena sposato una donna giovane... non hai affatto bisogno del pacemaker. E' solo che non sei così indurito da stare a guardare senza batter ciglio quello che un dottore vede normalmente un anno dopo l'altro, ed è questo probabilmente che lui voleva comunicarti: farti vedere com'è che paga i lussi e le comodità che le donne prendono come naturali. Ma è sempre un maledetto scherzo da fare a uno sposo novello."

"Magari lui pensa che io non sia un vero sposo novello, e che come età sono più vicino a quelle vecchie con il bacino fratturato che a mia moglie. Continuava a fissarmi dall'altra parte del letto..."

"Con quei suoi occhi sbilanciati."

"Fuori nel corridoio, ho avuto l'impressione che stesse farneticando."

"Cosa diceva?"

"Ha detto: "Ogni tanto ho una bella ragazza. Come paziente, intendiamoci. Non sono sempre fiche vecchie"."

"Certe volte è di sollievo a quelli molto controllati fare un po' i matti. Si vede che con te s'è lasciato andare."

"Io mi sentivo molto in colpa per quelle vecchie signore, a pensare come si sarebbero sentite se avessero saputo che io ero venuto a farmi quattro risate, secondo l'intenzione del Dottore."

"Di te non si sono nemmeno accorte. Credo che con i medici abbiano una specie di sintonia... una sintonia di tipo parasessuale. In quanto al Dottore, ho l'impressione che non sappia bene quello che fa, che cosa lo morde, una specie di erotomania. Dovresti dirgli di andare da uno psichiatra."

"Io? Assolutamente no!"

"Sei troppo rispettoso degli altri, zio. Fai male ad avere così poca fiducia in te. Guarda che parlo sul serio. Tu non vuoi ammettere di essere una persona sui generis, un uomo come se ne trova uno su un milione, e che proprio per via di questa tua posizione eccezionale hai il dovere di respingere quello che i Layamon ti stanno imponendo."

"No, perché allora dovrei pensare come pensano loro, e non intendo toccare le premesse da cui partono."

"Solo perché hai sposato la loro figlia?"

Lo zio era molto turbato.

Io dissi: "Non li devi mica combattere, ti basta solo proteggere le tue doti particolari. Loro non capiscono... non le vedono".

"Non possono far nulla a queste doti che tu dici. Non mi piacciono le persone che si danno troppa importanza."

"D'accordo, zio. Lasciamo perdere per il momento. Dunque tu l'hai seguito nel suo giro."

"Hai detto bene: seguito. Lui andava avanti, e io gli tenevo dietro. Prima non m'ero mai accorto di quanto abbia le spalle larghe.

Basta guardargli le spalle per capire che è il padre di Matilda.

Larghe ma non grosse, come bidimensionali, e molto alte. Hai mai provato da ragazzo a cercar di guardare sopra una staccionata di qualche centimetro più alta di te?"

A questo non potei rispondere. Era in uno stato tale, così strano, che non c'era bisogno di rispondere.

"Ora, bisogna essere picchiati, come hai detto tu qualche volta, per dare tanta importanza a una schiena o a delle spalle. Anche questa è una cosa sui generis, e di un genere non tanto d'alta classe."

Qui era nel giusto. Allora non sapevo ancora in che misura, e nemmeno che cosa volesse dire "giusto". Questo l'avrei scoperto un po' più avanti. Stava sulla punta dei piedi, desideroso di guardare sopra una staccionata, ma cosa c'era da vedere: un campo da baseball, una cava di ghiaia, un paesaggio di Steinberg, una collezione di rari licheni artici?

"Sì, visti da dietro hanno una corporatura molto simile." Lo zio si tirò su la manica della camicia, scostò il cinturino dell'orologio dal polso e prese a sentirsi i battiti. Ancora l'aritmia? Un battito su tre arrivava in ritardo, e avrebbe dovuto andare ancora dal dottor Geltman a farsi fare l'elettrocardiogramma. Quando non stava bene s'impazientiva, e non si nascondeva mai dietro lo schermo della malattia. Le medicine - i tranquillanti, i beta-bloccanti -

interferivano con la sua attività scientifica. Con l'ipocondria non aveva pazienza. Odiava quelli che parlavano di nevrosi e psicosi.

"Però" disse, "mi ha turbato molto vedere questa somiglianza tra padre e figlia. Matilda è così bella e il Dottore l'esatto opposto.

Una persona con spalle così è un tipo."

"Cosa vuoi dire?"

"Non lo so cosa voglio dire. Un tipo. Direi che vuol dire qualcosa di eterno."

"C'entra la somatologia?"

Lui disse seccamente: "No. Non c'entra affatto. Non essere pedante.

Non parlo del rapporto tra anatomia e carattere".

Cercai di analizzare quello che poteva voler dire con "qualcosa di eterno", e capii come poteva riuscire penoso a un uomo di scienza essere sensibile a questi accenni, o suggestioni magiche. Non riusciva a respingerle né a scacciarle dalla mente.

"Okay, zio, adesso il giro è finito e stai mangiando il sandwich con tuo suocero, che ti parla della faccenda Vilitzer."

"Secondo lui dovrei affrontare lo zio Harold."

"Prima ti dà una bella scossa facendoti vedere quelle povere vecchie..."

"Sono scosso ancora adesso."

"Questo lo vedo da me. Però non credo che l'abbia fatto apposta.

Non è il tipo consapevolmente diabolico. E' uno che mira al sodo, una persona fondamentalmente rozza. Percepisce le tue debolezze per istinto, non per ragionamento. E che atteggiamento dovresti assumere con Vilitzer? Cosa dovresti dire?"

"Dovrei dire che mio suocero è del parere che non ho avuto quello che mi spettava, e che quindi la questione va riaperta." Poi Benn cambiò brevemente discorso. "Fisicamente il Dottore è una persona molto strana. Le varie parti non vanno d'accordo. Forse è per questo che ti sta così addosso, voglio dire, il modo in cui ti tocca e ti esamina e ti palpa quando sei a pranzo con lui. Vuol sapere com'è che tu sei messo insieme in un modo tutto diverso da lui. E non trovi che sia strano il suo colorito? Certe volte ha quella buffa sfumatura d'arancione che si vede nelle giovani salamandre... la famiglia dei Salamandridi. O sono io che gli trovo dei difetti perché mi ha detto che ho i denti storti?"

"Lui sa benissimo che nemmeno per un secondo riusciresti a tener testa a Vilitzer."

"Mi ha tenuto una piccola conferenza sulla situazione politica locale. Per lo più era una menata."

"E così non sei nemmeno rimasto a sentire."

"Ho smesso nel giro di due minuti" disse lo zio. "Vuole che io personalmente dica allo zio Harold che trovo inaccettabile il modo in cui è stata venduta la proprietà."

"E che devi venir reintegrato."

"Proprio così. Questi maledetti bastardi non smettono mai di farsi la guerra per i soldi! E io che volevo solo sistemarmi con una moglie affettuosa, da persona civile. Fare il mio lavoro, avere Matilda..."

"Che ami."

"Che rispetto e amo. Per mezzo dell'amore si penetra nell'essenza di un essere" disse lo zio. Io ero abituato al suo modo di saltare di palo in frasca, ma lo scarto fatto con quest'ultima frase fu per me una grossa sorpresa. Ebbi l'impressione che stesse sragionando.

Certamente non era più lui, sembrava il gioco dello shanghai, quando prima di cominciare si fanno cadere i bastoncini come vengono vengono. Tra poco è questo che succede, pensai.

"Puoi ricostruire la conversazione con il Dottore?"

"Penserai di star parlando con un imbecille, Kenneth. E' andata così. Io ho detto: "Magari posso scrivere a zio Harold una lettera".

Il Dottore ha risposto che non è così che si fa. Mai mettere niente per iscritto; da queste parti non è così che si fanno gli affari.

Allora io ho detto: "Ma lui non vorrà nemmeno vedermi". "Oh, troveremo il modo." "Preferirei aspettare che suo figlio Fishl l'abbia sondato un pochino." "Questa tua proposta non è un gran che, figliolo, visto che parti per il Brasile tra meno di una settimana, e oltretutto Fishl è una pappamolla che il vecchio ha diseredato. Una macchia sul buon nome della famiglia." "Vorrei proprio sapere come si fa a macchiare il buon nome di una famiglia com'è quella Vilitzer, che va famosa per le porcherie che ha fatto." "Ti sorprenderà sapere che anche questa gente ha un suo codice d'onore. Ti assicuro che è un brutto affare non avere una buona reputazione in questa città -

guarda il nostro sceriffo, che tiene in forza noti sicari e altri killer; vuol farsi rieleggere e i sondaggi d'opinione gli sono favorevoli - ma l'aborto per agopuntura è una cosa che non ha classe.

Il vecchio Vilitzer ha il suo orgoglio." "Ti credo sulla parola, Dottore" ho detto io. "Tu li capisci e io no. Però farei più volentieri la mia parte se sapessi qual è il piano generale. Non potresti illustrarmelo a grandi linee così che io sappia di cosa si tratta?" "Be', le cose fondamentali le hai perfettamente chiare - e cioè che tua madre ha lasciato una proprietà che vale un capitale e tu invece del capitale hai avuto un pugno di noccioline." "Ma in che modo intendi fargli pressione?" "In modo che lui debba accorgersene.

Lui e la sua cricca hanno governato questa città per cinquant'anni.

Ora devono mollare ogni cosa. Ha più di ottant'anni, a che gli servono i cento milioni di dollari che s'è messo da parte?" A questo ho risposto: "Ma nemmeno a me servono a niente. Non riesco nemmeno a immaginare cosa bisogna fare avendo tanti soldi. Ho già tutto quello che mi serve. Guardo tutte le riviste che arrivano a casa" - Jo fa molti abbonamenti - "e davvero non riesco a capire tutti questi consumi. Ad esempio: "Hai una sola vita da vivere, vivila nello zibellino russo naturale Revillon". O cristallo Waterford intagliato a mano e argento sterling per la tua toilette nonché per la tavola.

Io personalmente non ho mai avuto questi obiettivi." Il Dottore mi disse: "Ascolta, figliolo, le donne devono avere attività adatte alle donne. Se sono engagées (questa parola la diceva sempre mia figlia finché l'ho imparata anch'io), allora possono mettere il loro uomo in brutti - e guarda che intendo veramente brutti - intrighi e doppio gioco. E' meglio lasciar loro queste gratificazioni dell'io." Io dissi: "Certo, e specialmente se sono state cresciute così". "Matilda non è stata cresciuta, è cresciuta da sé. Se la donna amata ha certe esigenze, l'uomo cerca di soddisfarle, se ha un minimo di buonsenso. E'

elementare. Inoltre, tu dalle la spinta che ti chiede e lei farà il resto da sola - ti renderà più felice di quanto tu abbia mai sognato.

Sarai completamente libero di darti al tuo lavoro, di pasticciare con i tuoi licheni finché ti pare. Lei starà alla Borsa tutto il giorno.

Poi torna a casa, ed ecco che la bellezza e l'amore entrano nella casa. Che cazzo vuoi di più? Si toglierà gli abiti da lavoro e si metterà la schmatte per una cenetta intima, con il profumo e tutto."

Ora, Kenneth, quando è arrivato a questo punto, alla vita da sogno, lui batteva con le nocche, a mano capovolta, sul tavolo. Avrebbe dato qualsiasi cosa per essere lui il marito di una donna così, e mi gettava delle occhiate così temerarie, così esplicite, che aveva l'aria, come dici tu alle volte, demoniaca. Azione! Questo è l'aspetto demoniaco della faccenda. Muovi il culo! Prendi in pugno la situazione."

"Bene. In che modo intendi prendere in pugno la situazione, zio?"

"Devo andare avanti, nei limiti del ragionevole, visto che siamo appena sposati e che per prima cosa si devono soddisfare i desideri della moglie."

"Fino a che punto?"

"Lo vedi da te che non ho molte alternative, Kenneth. Soprattutto, devo far vedere la buona volontà."

"Quello che vedo io è la volontà dei Layamon. E qual è il piano del Dottore?"

"Vilitzer non vorrà ricevermi. Ma tra poco la commissione per la libertà vigilata terrà un'udienza pubblica, e lo zio Harold fa parte della commissione, così che probabilmente ci sarà. Io ho chiesto al Dottore: "Cosa ci fa Vilitzer nella commissione per la libertà vigilata? Credevo ci stessero solo direttori di carcere a riposo, criminologi, poliziotti e sceriffi in pensione, assistenti sociali e gente del genere". Pare che Vilitzer ci sia entrato anni fa per far uscire prima di galera i politici suoi amici, e poi ogni tanto vanno a finire in galera dei pezzi grossi, com'è successo tempo fa per lo scandalo delle corse, o dell'edilizia, così che stare nella commissione è importante, e anche vantaggioso... Che ne potevo sapere io di queste cose? La velocità di crescita dei licheni artici, un paio d'ore di sole al giorno per secoli e secoli, più di vent'anni per arrivare a un paio di centimetri di diametro, così, cinquant'anni di imbrogli per Vilitzer, mentre gli organismi che studio io vivono cinquemila anni. Comunque, il governatore ha lasciato Vilitzer nella commissione, l'udienza d'apertura si tiene venerdì prossimo e io vorrei che tu ci venissi con me."

"Tu vorresti che io..."

"Perché tanta sorpresa? Anche tua madre è interessata a questa faccenda."

"Tu te la fai sotto all'idea di affrontarlo da solo. Che senso ha andarci in due?"

"Mettila come ti pare. E' vero che non sono più io, non del tutto."

"Dovresti portarci Matilda. Visto che è stata lei a mettere in moto questa cosa, è più che giusto che si prenda un po' del divertimento."

"Non voglio che mi prenda la mano. Si metterebbe a litigare con Har-old."

"E a far minacce, probabilmente, sì" dissi. "Allora vengo.

Promettimi di non lasciarti prendere dai sentimenti, la famiglia eccetera, con lui. Reprimi le maledette emozioni."

"Per prima cosa, intendo parlare d'affari, e per seconda, intendo chiedergli qual è il suo punto di vista."

"Fishl dice che è uno sbaglio avvicinarlo direttamente. E' molto preoccupato. Il vecchio ha problemi di cuore, è pericoloso."

"Kenneth, ma come possiamo io e te far qualcosa allo zio Vilitzer? E'

più facile che due scoiattoli riescano a danneggiare una postazione missilistica corazzata."

"Ma noi siamo solo le avanguardie. Fishl dice che la situazione è seria. Credo che Fishl voglia che il vecchio duri quel tanto da cambiare il testamento, cambiando il testamento potrebbe cambiare tutto. Ma mi rendo conto che tu devi cercare di metterlo con le spalle al muro in occasione della riunione della commissione, e non voglio lasciarti andare da solo." Ero pieno di voglia d'agire. Mi preoccupavo per Benn quanto Fishl per suo padre. E lo zio non ce la faceva a opporsi alle pressioni esercitate dai Layamon. La sua vitalità mi pareva indebolita, e avevo paura che cadesse a pezzi.

C'erano alcuni segni minacciosi. Ad esempio, mi ringraziò profusamente per aver acconsentito ad accompagnarlo, tentennando la testa in modo molto formale, un po' da bambola di porcellana.

(Assolutamente innaturale!)

"Senza di te sarebbe meno facile."

"Per pura curiosità, zio, tanto per capire quello che sta succedendo, finisci di raccontarmi la giornata di ieri. Dopo lo spuntino alla cafeteria dell'ospedale..."

"E' raro che dal Mosè Maimonide il Dottore vada direttamente a casa. Di solito va a giocare a carte al suo club."

"Anche lui dunque non ama troppo la sua bella casa... forse. Esce prima dell'alba per andare in sala operatoria e torna solo all'ora di cena. Dove ti ha portato?"

"In una gioielleria del centro. Avevano appena comprato della roba del nizam di Hyderabad o dell'akhund di Swat. il Dottore voleva una collana da regalare a Jo per il suo compleanno. Siamo andati dritti giù nel santuario più interno di Klipstein, un suo amico di quand'era sotto le armi. Un posto davvero di massima sicurezza, con monitor Tv, specchi e pulsanti vari, Dio solo sa quanti sistemi d'allarme per i rubini, i diamanti e gli oggetti d'arte. Una ventina di Budda tutti in fila, mucchi di elefanti dipinti e altre carabattole esotiche. Il Dottore è rimasto lì per più di due ore a dire battute, a raccontare fandonie, a discutere e a contrattare, e alla fine ha comprato due orecchini di opale da cinquemila dollari con la promessa che glieli avrebbero ripresi se non fossero andati bene. Andando verso casa mi ha detto che il giorno dopo Jo li avrebbe fatti valutare da Cartier; Klipstein se l'aspettava. C'era parecchio traffico e ci è voluta un'altra ora prima di arrivare a Parrish Place. Siamo arrivati poco prima di cena, quando le signore erano già tutte in ghingheri, e Jo ha voluto che il Dottore andasse a cambiarsi la camicia prima ancora di guardare il regalo che lui le aveva fatto. Finalmente eccoci tutt'e quattro sprofondati nelle grosse poltrone girevoli a bere gin and tonic, sherry e Bloody Mary." (L'Ora Felice dei Layamon, ma non necessariamente dello zio.)

"La signora Layamon ha apprezzato gli orecchini di opale?"

"Con grande moderazione. E' un tipo così, molto freddo."

"E la cena?"

"Insalata di cuori di palma, che il Dottore ama molto, con spezie.

Piccatine di vitello; vino, un Sauvignon secco; dessert, clafoutis polacco ripieno di mele cotogne. Conversazione, dominata dal Dottore, il Congresso si pappa i miliardi di dollari e si è anche preso la facoltà che ha il Presidente di spenderli. Ogni anno si trovano questa montagna di dollari da spendere e i soldi li passano alle loro industrie favorite in cambio di sovvenzioni per la campagna elettorale. Ogni anno è sempre più caro presentarsi per un seggio alla Camera. Jo Layamon mangia, beve e parla con stile e raffinatezza. Matilda mi strizza l'occhio per tenermi su di morale."

"Ah, lo sa che sei giù?"

"Non se n'è mai parlato."

"E poi?"

"Poi si guarda la televisione, programma o cassetta. Ieri sera abbiamo visto prima il dottor Teller e il dottor Bethe discutere sulle Guerre Stellari, uno pro e l'altro contro, a farla fuori tra loro come due maghi cattivi, due vecchi che disputano sull'enorme questione della sopravvivenza dell'uomo e del destino della terra, andandoci forte con i laser a particelle e i raggi X prodotti dalle esplosioni atomiche. Quindi abbiamo visto La Cage aux Folles -

omosessuali da macchietta e bellissimi travestiti. Io continuavo a vedere la faccia da maschera di Bethe, era come una faccia disegnata sulla pianta di un piede, e Teller che come un Mosè atomico scende dal monte Sinai con i Comandamenti su tavole all'idrogeno. Dopo di che Matilda per farmi piacere ha cambiato canale, Clint Eastwood è un maniaco omicida che scambia le teste delle donne che ammazza. Senza far rumore sono andato in bagno e poi ho fatto il giro delle vetrine illuminate dai faretti con dentro la cristalleria, i Wedgwood, i Quimper e i vetri d'arte svedesi. Ho dato un'occhiata all'azalea rossa nello studio di Jo. Non ci sono entrato, tu capisci."

"Buffa questa regola, che solo lei ci possa entrare."

"Ma è sempre una bella pianta, e guardarla mi ha fatto bene. Il nome viene dalla parola greca che vuol dire "secco", forse perché gli steli sono secchi e fragili o perché cresce meglio nei terreni asciutti."

"E tu entri in comunione con l'azalea mentre... E' una ben strana cosa da fare, questa di sognare a occhi aperti sopra un'azalea quando hai una moglie stupenda nuova di zecca."

I suoi occhi, con cui solo mi rispose, erano pieni - traboccanti -

di silenziosi commenti. Nell'arte del dissimulare egli non era mai andato oltre i primi rudimenti, e parlando con me non intendeva fingere abilità che non aveva. E poi, come si poteva prevedere, dato l'attaccamento che c'era tra noi, la nostra abitudine alla sincerità (per non parlare della stretta sorveglianza sotto cui lo tenevo, e del silenzioso incoraggiamento che gli davo), cominciò infine ad aprirsi. Aveva intorno a sé come una nube di guai che scintillavano e sfarfallavano. Anche i segni della tensione spiccavano brillanti.

"Dovrò dirtelo, immagino. Speravo di farcela da me."

"Perché devi?"

"Perché è così; non se ne può fare a meno. Anche se è ignobile, ecco, umiliante parlarne. D'altra parte, non posso portarmi questo peso fino a Rio. Da solo laggiù sarebbe terribile. Troppo, per me."

"Da solo?" dissi.

Alzò la voce. "Non cercare di mettermi contro Matilda. Non è il momento di farmi pagare il fatto di non averti detto che mi sposavo."

"Non voleva essere una frecciata, zio. Speravi di farcela da te a far cosa? Chissà le volte che ci siamo parlati proprio qui, ed entrambi abbiamo sempre tenuto il segreto." Con "qui" mi riferivo ai libri austeri, alla luce tenuta bassa con un panno e alle poltrone di pelle che già c'erano ai tempi della zia Lena - l'habitat più vero dello zio, quello che io avevo scelto tra i moltissimi ambienti più attraenti di Parigi perché avevo capito che qui la vita dell'uomo faceva progressi importantissimi. Qui potevo attendermi la vera chiarezza.

Benn cominciò dicendo che sicuramente Matilda era proprio la donna che faceva per lui. All'inizio parlava lento, stando molto attento, come se avesse dovuto spiegare la questione dei controlli reciproci e degli equilibri costituzionali a un suo conoscente di Praga. In ottobre, quando io ero partito per Parigi e l'Africa Orientale per andare a trovare i miei genitori, lo zio e Matilda avevano deciso di sposarsi la settimana di Natale. Per darsi maggiore libertà di manovra, lo zio aveva ridotto le ore di insegnamento. Teneva un unico corso di morfologia. Il suo assistente avrebbe provveduto a sostituirlo se avesse voluto assentarsi. Matilda, che diceva di amare molto la campagna, gli propose di passare una settimana nel Berkshire a godersi i colori dell'autunno. Aveva degli amici da qualche parte tra Barrington e Canaan che erano andati alle Hawaii e che sarebbero stati ben felici di prestar loro una casetta "per una vacanza preluna di miele". C'erano moltissimi graziosi paesini in quell'angolo danaroso del Massachusetts. benn le foglie naturalmente le conosceva da cima a fondo. Così presero a girare a piedi per le strade secondarie. Mattinate splendide, fresche, luminose, corroboranti, azzurre, odorose di fumo di legna; pancakes e sciroppo d'acero a colazione; alberi abbandonati carichi di mele mature e gelide.

Qualche fiore tardivo che Benn identificò con competenza, attento a non esser pedante, era la prima volta che avevano modo di stare da soli. Qualche fucilata lontana dei cacciatori di cervi. Per sicurezza si misero dei berretti rossi. Nessun problema su quel punto. Le stradine sterrate erano dure e asciutte. "Quel profilo classico sotto la visiera di un berretto da baseball." Ma dopo qualche giorno con gli aceri e le betulle, "a sentire me che ci concionavo sopra" si resero necessari diversivi d'altro tipo. Nella casina c'era una vecchia automobile per fare la spesa e qualche gita. Niente televisione, niente da fare dopo cena, e Matilda non era abituata ad andare a letto alle nove. Sul giornale locale che il postino ficcava nella cassetta delle lettere c'erano i film che si davano in città.

C'erano alcuni vecchi film che colpirono la fantasia di Matilda.

"Perché non prendiamo la macchina e andiamo a vedere Psycho?" disse.

"Quello di Hitchcock, l'originale. Io ho visto solo i vari seguiti."

"L'ho visto negli anni Sessanta" disse Benn. "Non mi ha fatto una buona impressione. Poi mi sembra sia diventato famoso, e ha fatto scuola. Non che ci voglia tanto, per questo."

"Seduto vicino a me" lo ammansì Matilda, "forse ti sembrerà migliore di vent'anni fa."

Così presero la macchina per andare allo spettacolo delle sei.

Faceva già buio, disse Benn. Ogni giorno era come una mostra d'arte di campi, siepi, strade, boschi, ma che chiudeva sempre più presto.

Ascoltando lo zio, io dovevo avere un'aria più francese che mai -

faccia lunga, pensando ai versi studiati al lycée: Nous marchions comme des fiancés...@ La lune amicale aux insensés.@ Almeno uno dei due fidanzati era picchiato nella testa, sicuro come l'oro; ci sto arrivando adesso. No, a Benn Psycho non fece un'impressione migliore.

Anzi, la seconda volta fu molto peggio della prima. "Era finto. L'ho trovato insopportabile. Odio tutta questa agitazione senza un costrutto. Ci sono solo i riflessi condizionati che ti hanno fatto venire loro. Questo c'è nella roba che vedo alla televisione coi Layamon. Non ci sono nessi logici e le lacune le riempiono con del rumore, con gli effetti sonori. Bisogna rinunciare alla coerenza. Ti tengono sulla corda e ti danno un omicidio dopo l'altro. A un certo punto smetti di chiederti: "Ma perché ammazzano quel tizio?"

Però il film se lo ricordava molto bene lo stesso. Ricordava la vecchia locanda che sembra un'agenzia di pompe funebri, i vecchi mobili andati, l'orribile giardino. "Tutte le idee cattive che ci vengono, i pensieri storti che tutti noi facciamo, tradotti in una vegetazione aracnoide. Vien fuori dalla terra in parte pianta e in parte ragno. Di questa roba era pieno il giardino di quella brutta casa in quel brutto tramonto."

Poi arriva la bella ragazza, l'immagine stessa della ragazzina ingenua, ma anche lei una delinquente, e una delinquente che scappa.

Prende una stanza, si spoglia e va a farsi una doccia. Lì viene ammazzata a coltellate attraverso la tendina: il coltello colpisce e colpisce e colpisce, e la macchina da presa è fissa sul sangue che cola giù per lo scarico. Sentendo freddo (che bisogno c'era di tenere accesa l'aria condizionata in autunno inoltrato?), Benn si mise le mani sotto le cosce per scaldarsele. Matilda gli tese la scatola del popcorn. Grazie, no, il popcorn non gli piaceva, gli si fermava tra i denti. A me disse che se fosse stato più attento si sarebbe accorto della vaporosa bruma di guai che si andava formando dentro la sua testa e così ne sarebbe stato avvertito. Ma non ci si conosce mai abbastanza. Benn trovava il film odioso; Matilda incantevole. In sala c'era giusto la luce sufficiente perché si scorgesse il suo bel profilo. Senza guardare, Matilda prese il fazzoletto dal taschino e si pulì le dita sporche di sale e di burro.

Dopo la bella ragazza, muore anche il detective che la seguiva.

Mentre l'uomo sale le scale verso il suo destino, la macchina da presa inquadra di spalle una figura ferma sul pianerottolo. Questa persona, improbabile come tutta la casa, indossa una lunga gonna di sapore vittoriano, e una camicia di cotone scura. Le spalle sono rigide e alte, troppo larghe per una donna.

"Matilda!" Il riconoscimento fu istantaneo. Quella persona vista di spalle era Matilda. Una conclusione al di là d'ogni dubbio, oltre che istantanea. Quell'impressione a prima vista non l'avrebbe dimenticata mai.

Sconvolto da se stesso, paralizzato dall'atrocità commessa dalla sua mente (forse dall'"altra persona" dentro di lui), rimase a guardare ciò che già sapeva sarebbe successo. Tra un istante l'assassino sarebbe entrato in azione con un balzo. Allora si sarebbe vista la grottesca faccia di un uomo, la parrucca in testa, un pazzo.

Ucciso prima che facesse in tempo a mostrare sorpresa, il poliziotto sarebbe caduto morto all'indietro. Prevedendo questo, disse Benn, aveva cercato di proteggersi, non tanto dal "crimine", che dopo tutto era finzione, quanto dall'associazione d'idee relativa a Matilda. Che schifo! Confonderla con un travestito! Che cosa gli veniva in mente!

Che pazzia era mai quella? Benn disse che se fosse stata una delle solite fantasticherie omicide che ogni tanto ci passano per la testa

- be', per farle scattare basta la vista di un coltello da cucina posato sul lavello. Allo stesso modo che guardando giù da una grande altezza vien da pensare al suicidio. E' facile fare i conti con queste fiammate. Ma identificare Matilda con Tony Perkins che recita la parte dello psicopatico - questo era spaventoso. Questo veniva da una più grande profondità e Benn ne era come paralizzato. "Non riuscivo a tenermi a distanza" disse. Non era uno dei soliti fuggevoli giochetti mentali, quando si flirta, si gioca con l'orrore; era una faccenda seria. La donna in questione era la sua fidanzata.

La data del matrimonio era fissata, le partecipazioni già dall'incisore. E la visione avuta in quella sala cinematografica gli diceva di non sposarla.

Ma il peggio era che l'associazione d'idee s'era ormai fissata dentro di lui, così vivida da risultare incancellabile. "Come mi sentivo?" disse. "Come mi sentivo oltre a star male dentro? M'era tornata alla mente una dimostrazione che ho visto fare al laboratorio di zoologia molto, oh molto tempo fa. Era un esperimento fatto su un'idra, e cioè il polipo d'acqua dolce. Si trattava di mettere sull'animale un pezzetto di carta imbevuto di una soluzione debolmente acida, e immediatamente i tentacoli attorno alla bocca cercavano disperatamente di allontanare quello stimolo irritante. Ti mostrava il sistema nervoso al livello più primitivo."

In parte lo turbava anche che un brutto film - cinici effettacci alla Hitchcock combinati con l'inversione sessuale - dovesse sconvolgerlo in quel modo; che, cioè, il messaggio che gli saliva dal cuore dovesse venir espresso da uno sciocco film di cassetta. Cosa dunque doveva pensare del suo cuore? Che era messo in movimento dalla spazzatura? Certe volte, la mattina, s'era arrabbiato per via della stupidità dei suoi sogni. I sogni sono tanto più rivelatori quanto più sono cretini. Tuttavia sognare è un'attività involontaria, mentre quanto era appena successo gli era accaduto in pieno stato di veglia, in un cinema non lontano da Tanglewood, dove gli appassionati di musica arrivano fin da Boston e New York a sentire bei concerti, mentre lui s'era fatto avvelenare dalla ptomaina di Hollywood. ma forse sbagliava ad accusare il film d'averlo contaminato; forse era lui che si era contaminato da sé. Non riusciva a scacciare l'impressione di aver commesso un delitto.

"Devo dirti questa cosa, finalmente."

"Capisco perché."

Io mi ero qualche volta lasciato andare fino ad immaginare che i suoi occhi, così notevoli per forma e colore, fossero il prototipo della facoltà visiva originaria, della vista stessa, creati dalla luce stessa che volesse mostrarsi agli esseri viventi. Ma ora quegli occhi erano troppo bui per poterli definire azzurri, e da essi scaturiva il dolore. Era certamente dolore, che lui non cercava in nessun modo di nobilitare. Non era stata sua intenzione fare a Matilda una tale offesa. Non si può attenuare quanto dicono gli occhi di un uomo. Non troppo. Benn era convinto di essersi reso colpevole di un crimine, un po' come Aiace quando rinsavisce e si rende conto di aver perso la ragione e di aver massacrato un gregge di pecore.

Riconoscimento e tormento postipnotico! Quando un chiaroveggente del mondo vegetale, come io ho sempre pensato che fosse lo zio, rivolge l'attenzione a degli esseri umani... bene, che altro si può dire? Più sopra, me la prendevo con la crassa massima di Feuerbach "Si è quello che si mangia" e sostenevo invece che è più vero il detto di Blake

"Si è come si vede." Il modo in cui ti appare il mondo classifica la tua mente. Ammettendo che l'immaginazione abbia un suo potere plastico autonomo di proporzioni semidivine. Ma ecco cosa succede quando un mondo ci viene imposto da una capacità visiva corrotta. E

il punto era se Benn era o meno in grado di difendersi accusando la visione corrotta di Hitchcock. ma questo egli non lo fece. Hitchcock non era responsabile delle spalle di Matilda, e Benn diceva: "Erano le spalle soprattutto. Sono state quelle spalle".

Il resto del film non ebbe importanza, tranne che per una cosa, e cioè che se la prese comoda prima di finire. Questo era intollerabile, che se la prendesse comoda, mentre tu dovevi star lì ad aspettare che tutti i trucchi e le mosse per cui lo scaltro Hitchcock voleva farti passare, "la pappetta", come si espresse Benn.

Finalmente si vide la madre dell'assassino sulla sedia a dondolo, come la famosa signora Whistler, con la differenza che questa era mummificata, con le orbite vuote e un po' di fibra di cocco sul cranio. In questa forma, la morte non poteva riguardarti troppo da vicino. La morte non era morta, a differenza di quanto dice John Donne. Né poteva morire, dato che non era reale. Così alla fine si riaccesero le luci.

Mentre lo zio Benn aiutava Tilda a mettersi il cappotto si trovò un'altra volta di fronte le sue spalle - che in sé erano del tutto innocenti. Nel farlo, Matilda si piegò un po' in avanti e non infilò le braccia nelle maniche, ma se lo tenne addosso così chiudendosi soltanto il colletto, inconsapevole dell'influsso maligno che l'aveva colpita. Dicendomi questo, Benn aggiunse che aveva evitato di guardarla in faccia, quella faccia dai grandi occhi, bassa di fronte, assorta, bella. Era tutta presa dal film, o più probabilmente a ricercare quale fosse il modo migliore per aprire una discussione sul film stesso. Non poteva assolutamente immaginarsi quanto fosse depresso Benn. (E' questa una grazia di quelle che permettono alla gran corrente della vita di continuare a scorrere. Se si fermasse, dove andremmo a finire?)

"Non era meglio di quello che ricordavi?" disse Matilda.

"No, non era meglio."

La lasciò andare avanti di qualche passo. La scusa fu la folla che andava verso l'uscita. "Avevo le gambe intorpidite, facevo fatica a muoverle. S'erano come addormentate stando seduto. Erano intorpidite, paralizzate. Mi pizzicai e cercai di riportare un po' di vita nei polpacci prendendoli a calci."

Una volta per strada dovette dire a Matilda: "Chissà perché questo Hitchcock mi ha messo addosso una depressione terribile".

Era uno di quei crepuscoli della Nuova Inghilterra, bluastro, color ardesia, e per di più era domenica. Le domeniche sono sempre difficili da gestire. Mise in moto la macchina e s'avviò lungo Main Street, che era molto bene illuminata. Solo girato l'angolo s'accorsero che i fari della macchina non funzionavano.

Lui disse: "Abbiamo le luci spente. Torniamo indietro".

"E perché? Tanto non c'è un'officina aperta. Metti i lampeggianti d'emergenza. Arrivati al bivio, abbiamo solo mezzo chilometro di strada non asfaltata."

Benn era troppo giù per mettersi a discutere, così che continuarono ad andare alla luce dei lampeggianti, a venti chilometri l'ora. Ma prima del bivio una grossa e potente berlina li superò di volata e tagliò loro la strada. Benn dovette affiancare e fermarsi. Un uomo, un tizio in borghese, scese dalla berlina dicendo parolacce. "Pezzo di merda! Testa di cazzo! Finocchio!"

"E chi diavolo è lei?" disse Benn.

"Io ti arresto per impedirti di ammazzare qualcuno."

"Quest'uomo è ubriaco" disse Matilda. Sporse la testa dal finestrino e disse: "Pericoloso sarà lei, così pieno di whisky che se le fanno la prova le tolgono la patente".

"Fa' star zitta quella stronza" disse l'uomo a Benn. "Adesso scegli: o torni indietro con me o ti sparo nelle gomme."

Matilda s'intromise di nuovo. "Sì, e dov'è che ha la pistola?"

"Spera solo di non arrivare a vederla."

Ritornando verso Main Street, Matilda disse con voce acuta, tremante di rabbia: "Non puoi lasciarti trattare così da un bastardo come quello".

"Non potevo far nulla."

"Lasciarsi dire cose simili dal primo che passa!"

"Ha una pistola."

"Dovevi scendere e mollargli un calcio nelle palle."

"Matilda, tu sei ancora sotto l'influenza di Hitchcock. l'hai detto tu stessa che è ubriaco, e poi ha l'aria di uno che ha fatto la guerra nel Vietnam. Inoltre, siamo davvero un pericolo per gli altri, con questo macinino."

"Tornare indietro perché ti hanno minacciato è mentalità da Olocausto."

"Io non ho nessuna intenzione di mettermi a fare a pugni con quel giocatore di rugby. L'avrei fatto se avesse cercato di farti del male. Su una strada che non conosciamo, senza luci, avremmo potuto benissimo finire dentro un fosso. E poi ha la stella di vicesceriffo sul radiatore."

"Da noi, i vicesceriffi sono tutti noti delinquenti."

Al posto di polizia accettarono a mo' di cauzione la carta di credito dello zio, e l'udienza col giudice di pace venne fissata per la mattina dopo. Matilda cercò un taxi che li portasse a casa.

Trovare un taxi di domenica era fuori questione. Benn disse che sarebbe stato meglio andare all'albergo, specialmente se il ristorante era ancora aperto. Avrebbero così evitato un doppio tragitto in taxi e anche il fastidio di cucinare. Sebbene Matilda ce l'avesse con lui, si lasciò convincere. (A Matilda non piaceva cucinare, sia detto tra parentesi.) Così andarono all'albergo, che era abbastanza gradevole. Nella sala comune c'era il fuoco acceso.

"Mangiammo bene" disse Benn. "C'era il budino indiano caldo che mi piace tanto, con il gelato... sai, farina gialla, melassa e spezie.

Ricordava il budino indiano che si mangia a Boston. Io mi sono messo a parlare del budino indiano. Mi sono aggrappato al budino indiano. E

un poco alla volta Matilda mi ha perdonato di essermi comportato da vigliacco con il tizio che ci aveva arrestati. Posso dirti solo questo, che ho ringraziato Dio di non dover tornare a dormire in mezzo ai boschi, quella notte."

"Perché, cos'avevano che non andava, i boschi?"

"Ero terribilmente scosso, Kenneth. Avevo paura, questa è la verità."

"Paura di cosa? Mi pareva che i boschi ti piacessero."

"Avevo paura di quello che poteva succedere la notte. Certe volte la gente diventa violenta nel sonno e fa cose spaventose. E se anch'io avessi fatto qualcosa di terribile senza rendermene conto?"

"A lei!"

"Non farmi parlare."

"Ad esempio qualcosa come quello che i domestici di Duncan vengono accusati di aver fatto al re, in Macbeth?"

"Loro erano ubriachi. Posso dirti solo che ero spaventato."

"Non avrai pensato di strangolarla... per via delle spalle!"

"Avevo deciso che se avessimo dovuto tornare in quella casa triste avrei preso una dose doppia di idrato di cloralio. Lo porto sempre con me, per l'insonnia. Volevo esser sicuro di esser fuori combattimento. Quando ti prende questo genere di suggestioni, non bisogna stare al loro gioco. Ti sbattono da tutte le parti come un pallone."

"E' solo una questione di nervi" dissi io.

"Forse. Per questo era così piacevole stare all'albergo. Mi metteva come di buonumore. Mi rendevo conto che era una crosta sottile come la vecchia carta da parati, però mi proteggeva. Il letto matrimoniale era di legno lucido, di quelli cosiddetti a slitta. Un pezzo d'antiquariato. Di noce. Poi guardai la trapunta a patchwork e mi misi a ridere. Patchwork! Questo non è l'ambiente adatto a un delitto."

"Avresti potuto filartela. Nelle farse la soluzione a questo genere di cose è lo sposo che scappa. Ti ho già detto di quello stupido personaggio di Gogol che scappa dalla finestra poco prima della cerimonia. E poi c'è la storiella che racconta sempre papà sul pittore post-espressionista, che convive con una bella ragazza. Un bel giorno la ragazza gli dice: "E' ora di parlare seriamente della nostra relazione". "Certo" risponde lui, "però prima devo andare al gabinetto." Dopo di che scappa dalla finestra del bagno e corre alla stazione. Infine c'è George Dandin di Molière, il quale avrebbe dovuto scappare."

Lo zio Benn era sposato nemmeno da due mesi quando ebbi questa conversazione con lui.

Io dissi: "Visto che non era l'ambiente adatto a un delitto, chi allora avrebbe potuto commetterlo? Sei sicuro che avresti dovuto essere proprio tu? Perché non poteva essere lei a uccidere te?".

"Fammi un favore, Kenneth, piantala di essere così lucidamente razionale con me. Non c'è nulla di peggio della razionalità fuori di posto. Era qualcosa che veniva su dal profondo, quello. Io sto parlando di fenomeni affettivi, e tu mi vieni fuori col solido buonsenso. E' peggio che inutile."

L'ha presa male, pensai. Però era troppo agitato perché lo potessi contraddire. Io volevo solo dire che non era chiaro chi dei due fosse pericoloso, chi fosse più ostile verso l'altro.

Due psicopatici sotto una sola trapunta.

Comunque, il letto a slitta e la carta da parati di campagna, il vecchio lume a gas adattato alla luce elettrica, la brocca e il catino con un disegno a fiorellini, lo liberarono dalla paura.

L'idrato di cloralio non si rese necessario. Far del male a Matilda gli sarebbe costato la vita, e lo zio Benn era contrario per principio al suicidio. Non aveva da far altro che lasciar perdere le spalle di Matilda, così che rimase sul fianco sinistro tutta la notte e dormì sodo. La mattina - che bello! - il sole splendeva e Benn e Matilda erano in ottimi rapporti. Lei non aveva lo spazzolino e lui non aveva il rasoio; il caffè però era ottimo.

Alle nove e mezzo comparvero davanti al giudice di pace, che era un perfetto New Englander: occhi celesti e asciutti; zigomi scalpellati dentro un mattone; capelli sottili che recavano il segno del pettine.

Aveva un negozio di ferramenta e li ricevette nel retrobottega.

Accettò subito la spiegazione di Benn a proposito dei fari che non funzionavano. Molto corretto con i forestieri.

"Meglio far aggiustare quei fari."

"Immediatamente, senz'altro."

"L'uomo che ci ha arrestato aveva un atteggiamento molto minaccioso" disse Matilda. "Ha detto che aveva una pistola."

Il giudice di pace disse che il signor Darns era un un funzionario eletto oltre che vicesceriffo. "Il caso è chiuso. Niente ammenda.

Fate aggiustare i fari."

"Quell'uomo era ubriaco" disse Matilda.

Benn ringraziò il giudice di pace. "Se ha chiesto che mestiere facevo? Professore di botanica, ho detto io. Mi ha ridato la patente."

Matilda disse: "Ha detto oscenità e ha fatto allusioni. Aveva il porto d'armi? Non c'è una legge sul porto d'armi in questo stato?"

"Io mi chiedevo se non sarebbe stato meglio che mi sbattesse dentro" mi disse Benn. "Non rispose nulla a Matilda, non la guardava quasi. Se mi avesse mandato in galera, non mi sarebbe spiaciuto poi tanto. Forse avrebbe impedito un delitto. Inoltre, lo invidiavo e avrei voluto trovarmi al posto suo. Che bell'ufficio! Pareti rivestite di legno con il sole. Un campanile bianco. Aceri a colori.

Naturalmente capivo benissimo: niente giudici di pace ebrei in quell'antico villaggio del Berkshire. Allo stesso modo io non potevo essere uno stagnino irlandese o uno zingaro ungherese. E' più facile che ci sia un cardinale ebreo a Parigi."

"Ma cosa diavolo voleva Matilda, zio?"

"Non lo so. Forse la situazione le sembrava grottesca. Due persone distinte come noi che dovevano ringraziare uno che aveva un negozio di ferramenta perché li lasciava andare! Meglio pagare una multa in sdegnoso silenzio. O forse voleva fare la virile al posto mio, visto che ero troppo schmucky per farlo da me." Quindi lo zio disse qualcosa sull'aspetto di lei - occhi grandissimi color lilla, la forza dei capelli che crescevano folti dalla fronte bassa, la fronte più stretta che mai, e fosca e corrucciata. Io mi chiesi perché mai le caratteristiche fisiche dovessero essere così importanti, e alla fine venni fuori con questa risposta, che la bellezza fisica era il fondamento che teneva su tutto quanto. Matilda comparve davanti al giudice di pace come una furia. Io non chiesi se avesse i denti più aguzzi del solito; dei denti Benn mi aveva già parlato. Non chiesi nulla, perché lo zio era giù come non mai. La confessione non dà sollievo. Chiariva semmai quella situazione anomala, e io provai molta compassione per lui. Un altro, più indurito, si sarebbe messo a ridere e non ci avrebbe pensato più. Lo zio, dopo avermi messo a parte del suo segreto, stava peggio di prima. Forse è meglio essere completamente pazzi che capire solo in parte le cose.

Posso capire perché lo zio non si tirò indietro mandando a monte il matrimonio. Non poteva arrendersi a un accesso d'immaginazione. Aveva una sua struttura da mantenere, l'interesse a che tutto fosse stabile. L'assurdità andava ripudiata. Inoltre, i suoi pensieri gli avevano preso la mano offendendo la donna, aveva questo genere di sensibilità. Travestirsi da dottore quando il padre di Matilda scopriva le vecchie l'aveva fatto star male. Non era corretto star lì a guardare quelle povere pudende spelate. Una volta che sei entrato nella vita erotica alla moderna, cominci ad accelerare finché le tue particelle più minute non volano via da tutte le parti.

Comunque mi era assolutamente chiara una cosa, e cioè che il suo dire a getto continuo: "E' bella. Il volto classico. Veramente bella"

fino a farmelo uscire dagli occhi (il francese ça commence à me sortir par les yeux è più espressivo del corrispondente inglese coming out of my ears) gli serviva per giustificare il suo matrimonio, ormai sempre più simile all'immolazione di una vittima sacrificale ad opera di papà Layamon e del giudice Amador Chetnik.

perché, vedete, era stato avvertito. Praticamente, una voce ultraterrena (sebbene a mezzo di Alfred Hitchcock e di Tony Perkins) gli aveva detto: "Non sposare quella donna. Non è la donna del tuo cuore". Ora i grandi occhi di lui, tutti dedicati alla scienza, per così dire, avevano una luce di follia (ma poca) a causa del peccato e della relativa punizione. Mi rendevo conto che non dovevo fare assolutamente nulla che potesse irritarlo. Se le mie teorie l'irritavano, meglio che lasciassi perdere le teorie. Il mio teorizzare equivaleva a un "Te l'avevo detto io" "Te lo sei andato a cercare." (Al limite, è Amleto che dice a Orazio perché non gl'importa che Rosencrantz e Guildenstern siano stati decapitati:

"Ebbene, amico, essi hanno fatto l'amore con questo lavoro.") No, io non potevo fare questo al povero Benn. Comunque, potevi contarci che si sarebbe fatto pienamente carico del suo tormento."

"Tu pensi che Matilda immagini..."

"Sa di assomigliare a suo padre? Sembrava proprio lui quando mi ha detto che avrei dovuto dare un calcio nelle palle al vicesceriffo."

"No, no. Voglio dire se sa come sono le sue spalle viste da dietro."

Lo zio disse: "Sono convinto che le donne si valutino con estrema attenzione. Gli elementi positivi danno loro una grande soddisfazione, e quelli negativi un gran cruccio, che di solito è di parecchie volte multiplo della soddisfazione. Quindi deve saperlo per forza. Non c'è donna che non conosca le proprie misure".

"Anche gli uomini conoscono le loro misure."

"Questo in parte è vero" disse. "Sedici e mezzo, con trentacinque di manica."

Non era esattamente quello che intendevo io, ma tenni la bocca chiusa.

Ma che importava se Matilda non era la donna del suo cuore?

Probabilmente nemmeno Benn era l'uomo del cuore di Matilda. Secondo alcuni sarebbe di gran lunga preferibile lasciare addirittura il cuore fuori da queste faccende. Che non ci si metta di mezzo, il cuore non dà affidamento. In certi casi il cuore va in pensione anticipata. Un filosofo qui all'università una volta mi ha sorpreso dicendomi: "Anche il tuo cuore può fare dei sofismi". Questa uscita mi lasciò perplesso per qualche tempo, ma ora mi pare di aver capito perfettamente. Il cuore non è un criterio affidabile. Tutti dicono un gran bene del cuore, naturalmente, ma a tutti noi è più familiare l'assenza che non la presenza dell'amore, e ci abituiamo talmente a questa sensazione di vuoto che diventa "normale". Non senti la mancanza di una solida base del sentimento finché non cominci a cercare te stesso e non trovi negli affetti il sostegno per l'io.

"Finirà, zio" dissi. "Non ci si può aspettare che un uomo come te riesca a fare tutto quanto. Eri tutto calato nella botanica. Poi hai avuto un attacco terribile, un attacco dal lato sessuale delle cose, hai desiderato l'amore di una donna ma senza avere la preparazione necessaria. Non ce l'ha nessuno questa preparazione. Hai colpito nel segno quando dicesti a quell'intervistatore che certamente le radiazioni fanno male, ma muore più gente di crepacuore, e nessuno fa le dimostrazioni contro il crepacuore. E non si può far venire le ruspe. Bene, telefonami a ogni ora del giorno o della notte. Proprio non so come aiutarti, ma sono sempre qui a tua disposizione."

"Be', grazie a Dio."

"Hai avuto coraggio a dirmi le cose come stanno. Non sarà stato facile."

ö:::::o

Quando ritornai al mio alloggio alla casa dello studente mi trovavo in uno stato d'animo che non si voleva lasciar definire: perplesso sul conto dello zio, dispiaciuto per lui, ma anche - e questo era strano - molto teso, molto teso e arrabbiato, pronto a saltare addosso a tutti quanti, me compreso. Prima di tutto, quando salii nella mia nuda stanzetta, avevo voglia di buttar via tutti i libri e le carte: quei libri mi erano indispensabili per raggiungere la chiarezza, per capire il ventesimo secolo. Dopo tanto agitarsi della mente, non c'era più nulla che fosse chiaro. Io avevo fatto conto sullo zio Benn perché mi sistemasse certe cose fondamentali, e invece ecco che era lui ad aver bisogno di me. Era gravato, curvo fino a terra, dal peso delle spalle di Matilda Layamon, che erano più pesanti del bronzo massiccio.

Bene, ecco qui le mie due stanze, le finestre in finto gotico con la livida luce del nord, i riquadri di plastica grigia del pavimento che chiedevano a gran voce un tappeto, con un lombricaio di sporcizia penetrata fin dentro la grana del materiale. Avevo rinunciato ai piaceri umani senza ricavare grandi vantaggi dal sacrificio. Avevo una camera di cottura e un minuscolo gabinetto (Wc), e la doccia era quella comune degli studenti. Al college si riteneva fosse una buona cosa che i ragazzi vivessero al fianco dei loro dotti anziani; esattamente nello stesso modo in cui io mi ero aspettato di trarre dei benefici dalla mia associazione con lo zio, un uomo di qualità da cui c'era tanto da imparare.

Andai in bagno e, per assumere rapidamente energia, mangiai una tavoletta di cioccolato Hershey prima di mettermi a tavolino per trascrivere la conversazione avuta con lo zio. Invece di buttar via carte, ne facevo delle altre.

Visti così, nero su bianco, i fatti erano terribili. Nessuno dava la minima importanza allo zio fin quando rimaneva un innocuo eccentrico con il pallino della morfologia, non più preoccupante di uno che vada in giro a registrare versi d'uccelli, ma non appena fa una mossa per salire a un livello sociale più significativo, ecco che attira l'attenzione di gente il cui interesse sarebbe meglio non risvegliare. Non poteva invocare la sua condizione ultraterrena? No, perché era perfettamente in grado di capire qualsiasi cosa che si fosse preso la briga di capire. Era uno che aveva scelto semplicemente di non scendere sulla terra. Aveva preferito essere il botanico innocuo e ingenuo che sposa la bella donna avida di piaceri, rifiutandosi di vedere Matilda come emblema fatale di qualcosa fin quando la sua immaginazione aveva, con azione sovversiva, avocato a sé ogni cosa. Io non capisco perché queste menti di qualità debbano a ogni costo giustificare il disprezzo che la pubblica opinione nutre nei loro confronti. Perché bisognava che la moglie del Padre della Cibernetica gli controllasse la patta ogni mattina per vedere se l'aveva abbottonata? E perché la qualità non attira il rispetto dei poveracci che ha intorno?

In quel momento, scesa la notte su Parrish Place, lo zio arrivava nel superattico dei Layamon, cercava la sua nuova moglie e la trovava che si stava vestendo per la cena. Certe volte lei lo salutava con un

"Ehilà." e certe volte no; altre volte era tutta presa a curarsi le unghie o a depilarsi le gambe, a spazzolarsi i capelli di giacinto alla luce dorata delle lampadine del boudoir. anche quando si dedicava alla cura di se stessa Matilda era sempre un po' di malumore. Cosa pensava di suo marito? L'aveva forse delusa? Lo zio non sapeva mai bene come stesse andando. Evidentemente Matilda riteneva opportuno lasciarlo lì a chiederselo, e forse era stata proprio questa ambiguità a scatenare le oscure forze dell'inconscio che avevano confuso lei con Tony Perkins. vestendosi, Matilda andava da uno specchio all'altro, chiacchierando delle cose che si dovevano ancora preparare in vista del giro di conferenze che Benn doveva compiere nell'interno del Brasile. Era (e lo zio era il primo a riconoscerlo) più bella che mai. La sua fronte bassa - ma non ottusamente bassa; molte rughe pensose la solcavano - era affascinante. Ma ecco che Benn viene a trovarsi dietro di lei ed ecco ancora quelle spalle, sempre larghe, sempre alte, una maledizione e un destino funesto. Potrò mai dimenticarle? si chiede Benn. Si esamina dentro di sé contro questa barriera, controlla le sue forze interiori; il luogo che egli controlla si sta facendo dolente. Benn colloca questo luogo nel diaframma, giacché ha capacità di osservazione di sé incredibilmente acute. Il muscolo tra le due metà della gabbia toracica duole ora al tocco. Circondato com'è da specchi, non alza gli occhi per guardarsi, temendo di vedere il suo volto triste e folle. "Cose da pazzi!", come mi dirà in seguito, prendendo tutto quanto su di sé. Allora va nell'altra stanza al banco bar, che come lo spogliatoio di lei è tutto vetri illuminati, e si versa un tumbler di gin per poter arrivare in fondo alla cena. Dopo di che a tavola si sente, e parla, come quei giochi che ci sono nei giornalini dei bambini: qual è l'elemento estraneo in questa vignetta?

Ritorna fuori l'insalata di cuore di palma, uno dei piatti prediletti del Dottore. E' giusto che possa mangiare quello che vuole, visto quanto lavora duro. Matilda e sua madre raccontano i pasticci che ha combinato l'organizzazione del matrimonio con i piatti da frutta. Le casse verranno recapitate al Roanoke e lì riposte nella dispensa, dove Jo le ispezionerà per controllare eventuali danni. Tra una portata e l'altra Benn si sorregge la testa con la mano. Giacché raramente gli chiedono il suo parere (l'imprevedibilità delle sue risposte riduce i suoceri al silenzio; non capiscono da dove diavolo arrivi, quell'uomo), lo zio è libero di darsi alle fantasticherie malinconiche. Tanto a parlare ci pensa il Dottore, che riesce anche divertente quando se la prende con quelli del Comune, con quelle macchie color salamandra in faccia e le sopracciglia alzate come un personaggio di G'B' Shaw. come al solito l'Electronic Tower fluttua sempre più vicina fin quando è proprio addosso a loro, grossa più di dieci Titanic legati insieme, tutte le finestre illuminate e in rotta di collisione col superattico.

Nauseato dalla repellente gratitudine che sente verso i Layamon perché gli hanno permesso di essere uno di loro, inghiottendo bugie, accusandosi davanti a Dio e gridando: "Cosa ho fatto! Perché son qui!". Benn si punisce coscienziosamente. La rabbia è per lo più rivolta verso se stesso ("intrapunitiva" è il termine medico) ed egli fissa ad occhi sbarrati il male che lui stesso ha fatto, ma visto che si ritiene abbia sempre gli occhi sbarrati per via dell'idiomorfismo anatomico degli occhi, nessuno ci fa caso. Allo zio non sarebbe spiaciuto essere sfracellato dall'Electronic Tower proprio lì, alla tavola da pranzo. Succeda pure! In questa fantasticatacollisione alla Cecil B' De Mille nulla sarebbe successo a Matilda. Soltanto lui avrebbe ricevuto la meritata punizione.

Anch'io andavo a cenare fuori. Non c'era niente da mangiare in quella fredda casa dello studente se non la cioccolata che tenevo insieme alle camicie. Ero invitato da Dita. Ancora non era in grado di farsi vedere al ristorante, e in quelle sere d'inverno ero io la sua unica compagnia. Lunedì prossimo avrebbe ripreso servizio. Mio padre mi aveva regalato una bottiglia di Gevrey-Chambertin presa dalla sua cantina. Quand'ero ragazzo c'era un mercante di vini che veniva sempre in Rue Bonaparte a prendere le ordinazioni di papà. Non credo che ne siano rimaste più nemmeno a Parigi di queste persone così bien élevées, deferenti, educate, dal lindo soprabito e le scarpe lucide, il cappello duro e i guanti di capretto in mano, bravissime nel fingere che mio padre fosse un gran conoscitore di vini. Era così piacevole l'odore che emanava la testa di quest'uomo quando si toglieva la bombetta!

Papà mi aveva dato questa meravigliosa bottiglia (Côte D'Or, Domaine Roi) dicendo: "Questo è vino vecchio, buono per un'occasione speciale. Riportalo con te in quella dannata città dove vuoi andare.

Va bene anche per tagli e ferite, ma a te consiglio l'uso interno".

Quando io mi trasferii nel Midwest, papà si abbonò al giornale locale così che era meglio informato di me. Ogni tanto mi scriveva citando qualcuno che era stato accoltellato per strada, o picchiato a morte nel suo letto da qualcuno che gli era entrato in casa, o ammazzato a rivoltellate sull'autobus. Era preoccupato per me sebbene io vivessi in un luogo sicuro, dato che l'università spendeva tre milioni di dollari l'anno per pagarsi le guardie private. Io ci scherzavo su.

"Se non altro non è Saigon e nemmeno Beirut" dicevo. "Un mucchio di gente ci abita ancora molto confortevolmente." Credo mi riferissi alla categoria Layamon. I palazzi residenziali come quello in cui stavano i Layamon, o il Roanoke, erano strettamente sorvegliati.

Grazie ai miei studi, io passavo più tempo nella San Pietroburgo del 1913 che non in questa metropoli della Fascia della Ruggine. Quelli come me tendono a ripiegare sui libri e sulle teorie. Se sei un astrofisico difficilmente ti verrà in mente di passare una mattinata alla Corte di Violenza. Se sei un economista, confidi che le forze del mercato prevalgano sui perturbamenti locali. Il disordine scomparirà quando i capitali verranno gestiti in modo ragionevole. In quanto a quelli come me, oscuramente motivati dalla convinzione che la nostra esistenza è inutile se non ne facciamo una svolta decisiva, noi siamo destinati alle lettere, alla poesia, alla filosofia, alla pittura - ai giochi d'infanzia dell'umanità, che si sono dovuti lasciare quando è cominciata l'età della scienza. Si ricorre alle lettere per scegliere la carta da parati adatta alla cripta, avvicinandosi la fine. E se non c'è la svolta decisiva, presto verrà il momento dell'ultimo appello. Pensieri cosiffatti sono pericolosamente distruttori quanto i problemi cui si riferiscono.

"I tamtam che battono dentro la nostra testa, che ci fanno impazzire, sono le Grandi Idee!"

Mi accinsi a preparare gli argomenti di conversazione di cui avrei parlato a tavola con Dita. Apprezzava questo genere di cose e contava su di me affinché gliele fornissi. Capire le cose non serve a niente se non hai qualcuno cui comunicare quello che hai capito, e siccome adesso parlare di queste cose con lo zio era fuori discussione, l'importanza che Dita aveva per la mia vita intellettuale (la mia vita segreta, se così preferite) aumentava considerevolmente.

Misi la bottiglia in un sacchetto di carta sperando di non doverla dare in testa a qualche malvivente. Non si sa mai cosa ti può capitare per strada, da queste parti, e poi dovevo anche attraversare un tratto di terreno abbandonato. Aprii la porta che dava sulle scale della casa dello studente, scale di pietra, e ne salì un odore di medioevo, e allora mi ricordai che non avevo ascoltato le telefonate registrate dalla segreteria telefonica.

La prima telefonata era di Fishl, il mio parente, il quale mi sembrò parecchio agitato. Capii soltanto dalla voce che non si era fatto la barba. Proprio non sapeva che pesci prendere. Con labbra secche e veloci disse: "Papà è in arrivo da Miami per non so quali affari. Non deve fare un viaggio così d'inverno. E' pericoloso per via del cuore".

Affari? Fishl non sapeva che suo padre avrebbe presenziato alla riunione della commissione per la libertà vigilata il giorno dopo.

"Benn lo sa che deve arrivare? In tal caso, non farlo parlare con papà prima che io abbia trovato l'approccio giusto." Troppo tardi, ormai. Il dottor Layamon aveva fatto avere a Benn dei lasciapassare per la stampa. Io avevo appuntamento con lui in centro.

La seconda telefonata era di Tanya Sterling. "La mostra dei casalinghi ormai chiude e poiché non ho ancora ricevuto la cortese risposta che mi attendevo, le faccio una proposta senza secondi fini.

Assuma un investigatore privato a Seattle. La prego di mettersi in contatto con me."

In quanto alla proposta senza secondi fini, non diceva per scherzo.

Voleva prendermi così come Matilda cercava di prendere lo zio e come Caroline Bunge aveva cercato di fare. Niente da fare, non mi sarei lasciato prendere. Non fa per me, grazie tante, signora. Mi ficcai la bottiglia sotto il cappotto, pregustando la cena con Dita. La mia stanza era così squallida. Avrebbe potuto benissimo essere una cella d'isolamento. Feci di corsa la scorciatoia che attraversava il terreno abbandonato. Malgrado la neve, mi si attaccarono addosso le lappole dell'autunno precedente. La mia tattica era di proteggere ilGevrey-Chambertin in caso di caduta sulla neve. Papà non avrebbe approvato il mio sprint - scuoteva il fondo - però io fui contento di arrivare sano e salvo davanti alla porta di Dita. Il Chambertin era il vino favorito del famoso Kojève. Papà lo faceva sempre mettere in tavola quando veniva a pranzo.

L'appartamento di Dita era diversissimo da quello di Rue Bonaparte, però io ne percepii con piacere il calore e il colore e gli odori di cucina. Non è che mi stessero sempre così a cuore le comodità domestiche, ma quella sera il tempo era pessimo, e i venti di febbraio spazzavano la città arrivando dal Montana. La casa di Dita non arrivava alle vette di pulizie dello zio. Be', lui adesso stava in un superattico con due domestici. Non mi diedero noia gli indumenti intimi appesi alla porta del bagno mentre mi lavavo le mani e mi pettinavo sopra il lavandino. Uscii e stappai il vino per farlo respirare, contento di essere lì. Il tappo era vecchio ma venne fuori tutto d'un pezzo, e il vino era buono come m'aveva garantito mio padre. "Ma cos'è questa mania dei tappi che hanno in Europa?" domandò Dita. "Mah, non lo so, è solo una specie di rito" dissi io.

Dita per la cucina non valeva molto di più che per le pulizie. Era una donna intellettuale, un'intellettuale di quelle che di rado mangiano bene. Le donne sole perdono ogni gusto per la cucina. Però il riso pilaf era buono. "Sei arrivato in ritardo" disse. "Ho dovuto togliere il riso dal forno perché cominciava ad attaccarsi. Ho cercato l'agnello, ma avevano solo il montone. Assaggialo e dimmi cos'ha che non va."

Andava benissimo. Era venuto esattamente come piace a me, un successo accidentale, quasi bruciato e dunque ben crostoso.

"E questo Chambertin è un regalo da parte di mio padre. Era il vino favorito del grande Kojève."

Dita ne fu molto compiaciuta. "Com'è bello averti per me queste sere."

Attraverso di me, in questa metropoli enorme ma barbara, Dita aveva un collegamento con l'Europa, con la cultura parigina e la cultura russa. Era molto carina quella sera, con un turbante in testa. (Ho il sospetto che non le piacesse troppo lavarsi i capelli. Diceva che era ancora convalescente, ma era una scusa. Lo shampoo le faceva bruciare la pelle della faccia ancora molto sensibile.) La figura ben sviluppata, aveva labbra di tipo moresco, un naso forse un po' più pieno di quanto i miei standard di naso ritenessero accettabile, e una faccia solida con una solidità che nulla aveva di mascolino. Se si escludono alcuni trascurabili difetti, era terribilmente bella. La pelle era quasi guarita: una pista da pattinaggio incisa dai segni dei pattini, questa la metafora che vi applicavo. I segni sarebbero scomparsi. Quando ebbe messo in tavola il riso e si fu seduta di fronte a me, mi guardò con una luce femminile negli occhi che mi comunicava quanto le faceva piacere avere come ospite il suo insegnante.

E l'insegnante stava pensando a suo zio, il quale invocava l'Electronic Tower affinché sfracellasse il superattico e mettesse fine alla sua vita.

Dita stava dicendo: "Questo buon vino è sprecato per me. Io e i miei siamo abituati a bere più forte, un bicchiere di whisky seguito da un bicchiere di birra. Io continuo con il Wild Turkey. Tu sei il buongustaio; il vino bevilo tu". Io non stetti a discutere; invece mi venne da pensare che bevendo il vino di Kojève mi sarebbe magari potuta venire la tentazione di fare come Kojève e di mettermi a blaterare sull'uomo post-storico.

"Dimmi" disse Dita. "E tuo zio come va? secondo me è un uomo fortunato. No, non perché ha sposato quell'imperatrice da salotto ma perché tu gli vuoi bene. Sei venuto qui dall'Europa pur di stargli vicino."

"Ne valeva la pena, per un uomo così. Sono convinto di aver fatto bene."

"Non sei andato a Seattle con quella ragazza, Treckie. Non l'hai supplicata perché non ci andasse. Sei rimasto con tuo zio."

"Cosa credi, che se l'avessi supplicata sarebbe cambiata qualche cosa? Le ho fatto scenate, l'ho pregata in ginocchio. Mi sarei buttato sotto la navetta dell'aeroporto, ma lei usa un linguaggio da scuola di psicanalisi, e in quel gergo non ci sono parole per dire certe cose."

"Io non ti ci vedo a buttarti sotto un autobus. Forse arrivi a immaginarti sotto le ruote; ma di più no. Anche facendo di tutto, non saresti mai riuscito a piacerle. Quella donna ha bisogno di essere abbrancata e strapazzata, e senza delicatezza. Non capirà mai cosa può spingere una persona come te, e non farà nemmeno mai lo sforzo di capirlo."

Era una materia quanto mai malinconica, ma nel complesso non mi fece troppo male. Raccolsi gli ultimi grani di riso con la forchetta.

Il vino sensazionale era già stato bevuto per due terzi. Non avevo nessun bisogno che me lo venissero a dire, lo sapevo già com'era Treckie, e anche se Dita poteva essere non del tutto disinteressata, la sua opinione non era né capziosa né indesiderata. Treckie, la pallida fanciulla aborigena, era una primitivista e aveva bisogno di sesso primitivo. Nel giro di una decina d'anni avrebbe anche potuto cambiare gusti. Avrei potuto, volendo, continuare a girarle intorno per venti o trent'anni aspettando che si ravvedesse.

Dita aveva un abito di velluto color marrone cacao abbottonato fino al collo con le maniche che le facevano rigonfio ai polsi; non era l'abito più adatto per cucinare. Con la posateria aveva modi veramente signorili, maneggiava la forchetta con delicatezza da classe operaia, eppure spalancava parecchio la bocca per fare il boccone. Era una donna elegante, forte, bella, che temeva di non avere abbastanza educazione o modi sufficientemente raffinati. Si notava questa sua preoccupazione anche nell'intonazione delle frasi che pronunciava e nel deciso innalzarsi all'irlandese verso la fine.

Ma tutto questo era dimenticato quando rideva. Quando rideva le si vedevano la gola e le otturazioni dei molari. Il colorito non era più così terribile, almeno a questo il dermatologo sadico aveva rimediato. I capelli neri, tutti coperti dal turbante tranne quelli davanti, avevano una tendenza a rizzarsi, quasi fossero penne. Ma Dita emanava lo stesso una femminile promessa di calore - un calore fatto di intelligenza e di sensibilità, di comprensione e di delicatezza nel trattare un uomo. Questo è ciò che io chiamo la base, il fondamento.

"Quindi tuo zio e sua moglie sono in partenza per il Brasile?"

"Sì, partono tra un paio di giorni. Tornerà in maggio o giugno.

Un'altra lunga assenza. Speravo che col matrimonio avrebbe viaggiato di meno."

"Allora cercherai di vederlo molto prima che parta?"

"Il più possibile. Abbiamo appuntamento domattina in centro. Ho un prozio che è in politica..."

"Certo, Vilitzer. Come se non lo sapessi."

"Lo zio Benn gli deve parlare prima di partire. Vilitzer fa parte della commissione per la libertà vigilata e domani la commissione si riunisce."

"Ah, sarà per il caso Cusper. ma certo." disse Dita. "Chiusa in casa come sono, mi leggo qualsiasi cosa. L'hanno detto anche alla televisione. Ci vai anche tu?"

"Abbiamo i lasciapassare per la stampa."

"Buon Dio, e come avete fatto? E' il più grosso spettacolo della città. E il regista è il governatore in persona."

"Il padre di Matilda ha parecchi agganci. Ce li ha fatti avere lui, i lasciapassare."

"Non ci potrebbero essere due persone meno adatte di voi due, per un avvenimento del genere. Non è assolutamente nello stile di tuo zio."

"E nemmeno mio?"

"Be', tu non sei un tifoso né dell'hockey né del rugby, non guardi le corse di Indianapolis e nemmeno il programma Tv di consigli sul sesso della dottoressa non so chi. Questa dottoressa, alle donne che hanno problemi sessuali dice di andare dall'ortolano e di comprarsi un cetriolo bello sodo. E neanche devi guardare Johnny Carson per sapere quello che fa il tuo prossimo."

"Io credo di essere più dentro queste cose dello zio."

"Voi non fate del tutto parte della società. Tu e tuo zio siete assorti l'uno nell'altro. Quando studio Scriabin e Kandinsky, mi sento anch'io un po' così. Lo sai che cos'è il caso Cusper? No, naturalmente. Ora te lo dico io. C'è un giovanotto di nome Sickle che sta scontando una condanna per stupro. La vittima è Danae Cusper. Lei l'ha denunciato e l'ha fatto finire in galera. Però adesso questa donna ha avuto una conversione religiosa, e ha cambiato idea. Ora dice che non è vero che questo Sickle l'ha violentata, e che s'era inventato tutto lei. E' stato il suo consigliere spirituale a dirle che doveva dire la verità. Questo ora richiede la sua coscienza."

"E da quanto tempo è in galera, lui?"

"Da sei o sette anni. E' scoppiato un casino tale che hanno dovuto metterlo fuori in libertà vigilata. Il governatore Stewart si è impegnato a seguire personalmente le sedute della commissione per la libertà vigilata. Sono venuti fuori i trascorsi criminali del giovane Sickle. Il giornale che li ha pubblicati deve aver pagato parecchio qualcuno della polizia per avere il fascicolo, e vedessi che roba.

"Guida senza patente", "Furto di scarsa entità", "Non luogo a procedere ma con ammenda." Poi il fattaccio: "Sequestro di persona aggravato e stupro. La vittima è stata costretta a seguire tre individui maschi che l'hanno violentata sui sedili posteriori"". Dita aveva raccolto il giornale da terra e stava leggendo. "Le mutande dei sospetti sono state analizzate per ricercarvi eventuali peli pubici.

Prelevati alcuni peli pubici della vittima e sottoposti ad analisi".

"Sarà un sexy show, allora" dissi io.

"Perché credi che la Tv non parli d'altro? Al processo, la testimonianza di Danae Cusper è stata molto convincente. Adesso dice che ha mentito perché allora andava con un altro tizio, era incinta e aveva paura dei genitori, che erano molto severi. Non poteva riposare tranquilla finché non avesse espiato il suo peccato davanti a Dio.

Chiede il perdono dell'innocente ingiustamente carcerato. Accusatrice e accusato s'incontrano davanti alle telecamere e si danno la mano.

Adesso Danae Cusper è un'altra persona, è una signora per bene con dei figli. Molti spettatori si sono commossi udendo le sue accorate preghiere. Ha l'aria della persona per bene, il suo avvocato ha venduto i diritti sulla vera storia della sua cliente a un produttore cinematografico per una cifra che non è stata comunicata."

"E' questo allora che andiamo a vedere."

"Già. E mi chiedo come la prenderà tuo zio."

"Lui? Ha visto spettacoli anche più spinti, ai suoi tempi. E quello che voleva era proprio tirarsi fuori da tutta questa sessualità torbida."

"Ecco perché ha sposato la signorina Layamon. Ho sentito dire che è amica di Marguerite Duras."

"Gliel'ha presentata mia madre."

"Ho letto quel suo romanzo, quello della ragazzina francese a Saigon che ha una relazione con un cinese. C'è molto sesso, e anche pruriginoso. Poi non c'è quell'altro, Hiroshima e sesso? E poi Resistenza francese e sesso. A un certo punto c'è una relazione con un collaborazionista. Era un dovere più o meno patriottico. Bello, eh? Come ha fatto tuo zio a pensare di trovare finalmente la tranquillità sposando l'amica americana di questa signora?"

"Credo che abbia chiuso con la lascivia letteraria esistenzialpolitica." dissi.

"Quando gli sposi novelli torneranno dal Brasile andranno a stare al Roanoke. Ci sono stata, in quel palazzo. Ho anche visitato la reggia di Francesco Giuseppe la volta che sono andata a Vienna, e credo che anche il Cremlino sia più o meno così."

"Oh, il Cremlino! Quando quella tal Fanny gli sparò, Lenin pianse per l'umiliazione perché aveva perso il controllo dello sfintere."

Dita fece una piccola, aggraziata pausa a bocca aperta prima di chiedere: "E che c'entra?".

Variamente stimolato dal Gevrey-Chambertin, il ristoro della cena, dal calore e colore dell'ambiente, io ero insolitamente - e cioè emotivamente - aperto alle associazioni d'idee. Era esteticamente inebriante accoglierle tutte quante. Inoltre, era rivelatore - ero io: io in quanto mi incitava ad essere, sperimentando fino in fondo gli eventi fantastici e bizzarri della realtà contemporanea e senza fare alcuno sforzo particolare per imporre le mie cognizioni a questi eventi. Non avevo particolare desiderio di esser sensato; volevo solo seguire l'inebriante fluire di questi eventi.

"Bene, e piacerà il Roanoke a tuo zio?" domandò Dita.

"Gli piacerà quanto piace a un uovo stare in frigorifero. Si conserva ma non ha mai un buon sapore."

"E cosa sta studiando in questo momento?"

"Qualcosa di morfologico sui licheni artici. Io non so nulla di botanica. So solo che i licheni sono insieme alghe e funghi. A cinquanta sotto zero gelano. Appena torna il sole si tirano su, un millennio dopo l'altro. Mi fanno pensare ai ghiacciai che stanno dentro le persone. Yermelov, il mio primo insegnante di russo e anche il mio guru, può essere stato un vecchio matto. Viene da lui questa immagine del ghiacciaio. In Occidente un mucchio di esuli russi ha dato i numeri. A Saint-Germain-des-Prés c'erano dei negozi che facevano affari d'oro con Madame Blavatsky, Ouspensky, Ermete Trismegisto e la Cabala. I russi sono bravissimi in queste cose.

Anche mio nonno Crader parlava della mistica ebraica, l'Albero della Conoscenza e l'Albero della Vita. (L'Albero della Vita ora è sepolto trecento metri sotto l'ElectronicTower.) Lo zio dice che non è vero, ma può benissimo essere stato influenzato da quell'Albero. Secondo me lui lavora come chi si dà alla contemplazione concentrandosi senza sforzo, con la stessa naturalezza con cui uno respira, senza oscillazioni del desiderio o della memoria: come un mare calmo, direbbe Yermelov, e profondo, molto profondo. Così lui fa con le piante. Però bisogna fare i conti anche con gli altri aspetti della sua vita, e farli bene, altrimenti si hanno delle delusioni."

"Insomma, ha tutti i requisiti per la scienza, ma non per le donne?" chiese Dita.

"Non è esattamente così. Attira anche le donne. Ha come una carica, e loro la sentono. Tra l'altro, mi sembra d'aver capito che in caso di necessità i licheni sono capaci di trarre le sostanze nutritive dall'atmosfera, come quegli esseri mitologici che si nutrivano d'aria. Certe volte agli ebrei viene la tentazione di vedersi proprio così, esseri che accettano compiti di pari difficoltà. Nel Vecchio Mondo non ce l'hanno fatta. A Venezia sono rimasti settanta o ottanta ebrei, e più nessuno o quasi a Salonicco e nelle altre comunità greche, dove sotto gli Ottomani si studiava la mistica. Ora non c'è più niente."

"Dunque tu credi che tuo zio sarebbe andato meglio senza la parte erotica."

"Spero che una buona volta mi dirà tutto quanto. Ha una cosa strana, lo zio, e cioè che è perfettamente capace di dirti quello che succede, se si prende il disturbo di farlo. E' tutto lì, nella sua testa. Io non ne sono capace."

"Stai cercando di farmi capire cos'è che ti attrae in lui."

"Sì, a questo ci arrivo. Lo zio è una persona vera. Non devia mai dalla sua natura originaria. Magari cerca di scostarsene, di schivarla per un po', però alla fine ci torna dritto filato. Si alza in piedi e confessa tutto quanto. Io lo ammiro per questo. Ne sono anche turbato, visto che certe volte sembra proprio una cosa cretina.

Se sei tutto d'un pezzo e rappresenti un ostacolo per qualcuno, ti buttano giù ed è finita!."

"A te non piace troppo la bella Matilda, non è vero?"

"Perché un uomo non dovrebbe desiderare una moglie bella? Se deve poi rinunciare a tutte le altre donne, tanto vale che se ne prenda una bella. Solo il tempo presente rappresenta un record assoluto, un vertice di genialità per la perfezione esterna. Guarda le mele Delicious, create dai pomologi dello Stato di Washington, o le automobili Bugatti create dai tecnici italiani. Mai si è vista una bellezza priva di cuore così meravigliosa. Ma con uomini e donne, nell'invenzione si riversa il calore umano. Quando c'è luce e calore negli occhi e sulle guance di una donna, non puoi dire con sicurezza se è genuino. Cosa desidera la tua bellezza, l'amore e un marito, o non piuttosto un uomo di facciata, una copertura adatta alle sue cure estetiche?"

"Non sarai convinto sul serio che sia soltanto una trappola?"

"No, naturalmente, ma sono troppe le variabili umane perché si possa tenerle sotto controllo tutte quante. Ad esempio, forse lo zio sapeva benissimo che sarebbe stato ingannato, e desiderava l'inganno quanto lei, perché l'inganno lo eccita. Oppure, si può guastare la bellezza esagerando difettucci irrilevanti. Allora si diventa assurdamente esigenti e si comincia a prendersela con la persona amata. Le nocche della donna o la forma delle orecchie diventano una fissazione. Oppure lei può avere una piccolissima imperfezione, come avviene con la bella donna del racconto di Hawthorne. Aylmer, lo scienziato pazzo, le toglie l'imperfezione e la uccide. Bene, tu sai cosa dicono i vecchi libri - che Dioniso e Ade sono la stessa cosa, il dio della vita e il dio della morte sono lo stesso dio, nel senso che la vita della specie richiede la morte dell'individuo."

"Oh, certo, l'ho imparato in quel corso su Soloviev."

Non solo ero stato il suo insegnante in quel corso, ma aveva seguito anche il seminario di russo 451 sul tema Il significato dell'amore. Non mi meraviglia che per punizione si fosse sottoposta a quel demonio di dermatologo e ai suoi dischi rotanti con la carta vetrata. Non era stata più la stessa dopo il mio seminario. Un altro peso che avevo sulla coscienza.

"Dita, tu non sai quante cose abbia imparato da questa storia di Layamon. Ad esempio il dottor Layamon, parlando dell'impotenza con lo zio (perché poi!), ha detto che un uomo non deve preoccuparsi di non poter soddisfare una donna fin quando gli resta un alluce, un pollice, un ginocchio, un moncherino, un naso. Le signore sono molto tolleranti oggigiorno, hanno capito che è lo spirito che conta, e se ti vogliono bene non gliene importa più di tanto. D'altra parte il figlio di Vilitzer, Fishl, mi ha detto che tutte le donne si costruiscono nella fantasia un uomo ideale. Nessuno ha tutte le qualità che esse sognano, ed ecco che la donna fa un montaggio di parti ed elementi presi un po' qui e un po' là, un uccello grosso, una forte personalità, i milioni di dollari, uno spirito audace e brillante quale quello di Malraux, il fascino mascolino di Clark Gable in Via col vento, i modi di un aristocratico francese, il cervello di un genio della fisica."

Dita rise forte e poi disse: "Smettila. La faccia mi fa ancora male e non posso aprire tanto la bocca".

"Fatevi da soli la vostra persona sintetica."

"E' tutt'altra cosa dalla persona vera che come dici tu è tuo zio."

"La maggior parte delle persone sono costruite, per lo più da loro stesse."

"Così si montano le varie parti a seconda dei gusti."

"Ma si smonta anche e si smembra, come fanno i feticisti. Costoro non vogliono una persona tutta intera, ma solo una ciocca di capelli, o una scarpa o anche un grembiule. Il resto non gli serve.

Riportatelo in cucina."

"Ma chi è che fa queste cose?" disse Dita. "Cosa c'entra?"

Io la fissai a lungo senza dir nulla, non avevo intenzione di tradire il segreto dello zio (quelle spalle!) solo per soddisfare la curiosità di Dita o per rendermi interessante a spese di lui. Lei mi fissò a sua volta senza batter ciglio e infine disse: "Ho l'impressione che i tuoi occhi siano più in alto nella faccia e anche più distanziati tra loro di quanto molti giudicherebbero normale".

"Tornando al discorso di prima, avviene sempre un certo sconvolgimento nei rapporti tra uomo e donna, una sorta di ebbrezza trasfigurante, enivrement, come direbbe il signor Kojève. Gli specchi di Circe e la loro rilucente magia. Quando arriva l'amore si dice addio alla realtà. Così direbbe Kojève avvicinandosi al fondo della bottiglia... Ma mi fa piacere che non sia qui a sentirmi; non sono un filosofo e non so se l'ho capito bene. Devo a lui il debole che ancora ho per la grande visione complessiva."

"Forza" m'incoraggiò Dita.

"Andando in Rue du Dragon per le mie lezioni di russo, ero ancora un ragazzino, mi sentivo una briciola cosmica che fluttuava per le strade di quella che un tempo era la capitale del mondo. I tedeschi li avevano buttati fuori quando ancora non ero nato. Si era combattuto per le strade, e certe cose portavano ancora i segni di quelli che non sapevano sparare bene con il fucile. Negli anni Cinquanta nella città c'era ancora un disordine di sapore cinese, però noi stavamo benone in Rue Bonaparte e la mamma teneva la tavola molto ben fornita. Mi lasciavano mangiare il dessert con loro e io ascoltavo Kojève che parlava della fine della storia dicendo che l'uomo era ora finalmente libero d'essere felice - forse. Avrebbe potuto giocare, quando ne aveva voglia, con l'Arte e l'Amore. Non avrebbe più dovuto negare il Dato. Sarebbe stato liberato dalla lotta storica per diventare il più privilegiato tra gli animali. Kojève parlava dell'abbondanza e della sicurezza dell'età post-storica dicendo che il progetto moderno - illuminismo, scienza, democrazia -

aveva trovato la sua espressione e il suo successo più alti negli Usa. L'America c'era riuscita senza ricorrere alla dittatura del proletariato. La Cina e la Russia erano solo esempi d'arretratezza.

Non si poteva pretendere da un ragazzino che capisse tutte queste cose, però ne ero colpito ed era assolutamente ovvio che bisognava andare negli Usa, il teatro dell'azione. La Russia era una versione sottosviluppata degli Usa, era il cugino di campagna del materialismo. Gli americani fanno parte di una società praticamente senza classi, e riescono ad avere tutto ciò che vogliono senza eccessiva fatica. La loro ricompensa è sotto forma di denaro, beni di consumo, sport, giocattoli e dolci al sesso."

"Ecco che ritorna fuori il sesso" disse Dita.

"Non proprio" dissi io. Era la prova del desiderio cui siamo sottoposti, quella prova che avevo cercato, senza tirare in ballo Kojève, di descrivere a mia madre. Solo che Kojève l'avrebbe vista non come una prova ma come un segno della nostra decadenza.

In quel momento sentii la necessità di alzarmi e di prendere il cappotto. L'indomani mi aspettava una giornata pesante, spiegai, avevo appuntamento con lo zio per fare colazione insieme e poi avevo bevuto parecchio. Dita non cercò di farmi rimanere; mi voleva troppo bene per fare delle difficoltà. Si permise una sola osservazione, questa: "Avresti perso il tuo tempo con una donna cui non piace stare a sentirti quando parli... una donna che non ha idea di quello che dici o di quello che hai in mente. Mi rendo conto che dovrò rivedere l'idea che mi sono fatta del tuo attaccamento a tuo zio. Non avevo capito molto".

"Stammi bene" dissi.

ö:::::o

Nella notte arrivò una telefonata straordinaria dello zio Benn.

erano le due e dieci.

"Che cosa è successo, per l'amor di Dio?"

Non avrà commesso un delitto, eh? Il mio primo pensiero.

"Ho bisogno di parlarti, Kenneth, devi aiutarmi a non perdere il controllo."

"Sei nel superattico?"

"Mi sono alzato e sono sceso giù in lavanderia. E' un telefono a gettone."

"Dammi il numero che ti richiamo io, altrimenti s'interrompe la comunicazione."

"Nove sei due otto quattro zero cinque."

Quando lo richiamai mi disse che aveva spento la luce nella lavanderia così che la guardia notturna non lo vedesse.

"Non potevi telefonare da su?"

"Non voglio correre il rischio che mi sentano."

"Ma che succede?"

"L'altra sera abbiamo parlato di Vilitzer. non posso dirti..."

"Quello che importa è ciò che dice Matilda."

"Dice che Vilitzer deve pagare. In pratica non gli portiamo via niente, perché non vivrà abbastanza per spendere tutti i milioni che ha fatto con gli intrallazzi. Si tratta semmai del patrimonio, e cioè dei miei cugini. Ma comunque quello che io non capisco è per cosa si possano spendere quei soldi... cosa c'è di tanto interessante nelle cose che si possono comprare? Quando vado a dormire in albergo mi domando: chissà le cose che avranno fatto, chissà chi, tra queste lenzuola e sotto queste brutte coperte. C'è sempre odore di coperta.

Capisco benissimo perché madame Chiang, Evita Peròn o Imelda Marcos vogliono avere la loro biancheria da letto personale - lenzuola di seta. Ma questa esigenza giustifica una dittatura?"

"Non è giusto che tua moglie faccia pressione su di te. Vilitzer ha fregato te, ma i soldi che restituirà - se li restituirà - non saranno sotto il tuo controllo."

"Ho capito benissimo che il Dottore ha già preso accordi con quel volpone di Amador Chetnik. l'aspetta la galera, e il giudice farebbe qualsiasi cosa per farsi diminuire la condanna e procurarsi un po' di soldi per quando tornerà fuori."

"Sì, questo lo sapevo già. Inutile ripetermelo. Ti sei messo a discutere con i Layamon?"

"Non voglio che Harold abbia dei guai per causa mia."

"L'ha detto anche Fishl. non sta bene. Ha il cuore in pessime condizioni."

"Harold non mi ha trattato bene nella faccenda dell'Electronic Tower."

"Questo non significa che tu debba fargli venire un attacco di cuore. Uno di noi due ha detto che tutti quei soldi ti danno la migliore occasione di abusare di te stesso. Eppure non so perché ho l'impressione che tu li voglia. Chissà perché tu vuoi quel denaro!"

"Questo non è assolutamente vero!" gridò.

"Non necessariamente i soldi per i soldi. Non lo so. Schopenhauer diceva che i soldi sono la felicità in astratto. O forse era Hegel."

"Per l'amor di Dio, Kenneth, non ora. A me è sempre bastato lo stipendio. Non ho mai toccato un cent dell'assicurazione di Lena. Una parte è investita nelle Homestake Mining, che sono le uniche azioni che possiedo. Il resto è sempre in banca."

"Ora, immagina di avere i soldi. La stretta dei Layamon si farà più forte. Matilda avrà più potere. Che presa si può avere su uno che non ha praticamente niente? Se non gli puoi portar via nulla, con che cosa lo puoi minacciare? Io credo, zio, che se vuoi i soldi li vuoi soprattutto perché stai cercando di essere forte e indipendente. Ma non è questo il tipo di forza che ci vuole per resistere ai Layamon.

Dunque è meglio farne a meno."

"Non riuscivo a dormire, sono troppo agitato stanotte. Sono sceso dal letto..."

"Magari certe volte ti dà fastidio stare a letto con lei?"

"Be', sì, lo ammetto... Fa troppo caldo, e sotto il piumino continuo a sudare. Forse che le donne hanno bisogno di più coperte degli uomini? Respiravo male, anche."

"Nel Berkshire hai avuto paura di tornare in mezzo ai boschi con lei, dopo aver visto quel film. Questo è il tipo di fastidio che intendevo."

"Ah, quello! Quello va e viene. Sto imparando a conviverci. Ci riuscirò, ne sono sicuro. Sono capacissimo di padroneggiare questi capricci della fantasia. Non ho nessuna intenzione di farmi dominare da una cosa così stupida."

"Allora sei in crisi d'ansia al pensiero di dover affrontare lo zio Har-old."

"Credimi, non ho paura dello zio Vilitzer. E ho intenzione di dirgli il fatto suo."

"Dirgli che cosa, che gli farai causa? Che Amador Chetnik confesserà di aver preso soldi da lui? Un bel ricatto?"

"Non ho intenzione di farmi prendere la mano. Ascolta, Kenneth, prima di andare a letto ho visto un film che mi ha turbato. Devo parlartene. Questi film sono porcherie, ma il cuore mi batte più in fretta lo stesso. Era un thriller tedesco. Il protagonista era un tedesco grasso e borghese dai folti baffi. Quest'uomo va a farsi fare le analisi perché c'è il sospetto che abbia una malattia mortale. Il tedesco è sano come un pesce. Però un mascalzone di francese va da lui con delle analisi false e gli dice: "Tu muori comunque e non hai niente da lasciare a tua moglie e ai tuoi figli. Uccidi l'uomo che ti dirò e avrai una bella sommetta. Ci penso io ai mezzi di trasporto, all'albergo, all'arma e al piano. Tu non devi far altro che beccarlo sul metrò". Così questo buon tedesco va a Parigi e ammazza uno che non conosce. Dopo di che lo mandano a uccidere un altro sull'espresso per Monaco. Questa parte non l'ho capita bene. Lui deve strangolare il suo uomo nel gabinetto con un pezzo di corda. Salta fuori un americano che si mette di mezzo. Così, senza ragione. Chi è questo americano? C'è una bella scena quando il buon tedesco è intrappolato nel gabinetto dal controllore che bussa chiedendo il biglietto. Il tedesco non trova più il suo biglietto. Però il morto ce l'ha, e lui lo prende e lo fa passare sotto la porta. Tutta questa faccenda è completamente priva di motivazioni, anche di tipo fantastico. E'

tutto privo di senso, solo che il cuore batte più in fretta e senti come un calore, un pizzicore, sotto le ascelle e anche tra le dita dei piedi. A che cosa serve questa roba? Non per la catarsi, questo è certo. E' solo per fare come un bagno interno di adrenalina. Le spiegazioni dei personaggi, quando cercano di spiegare qualcosa, non si sentono per via degli effetti sonori, i motori del treno, il traffico sull'Autobahn, jet che passano, respiri affannosi, sirene e spari, e anche i giocattoli del ragazzino fanno rumore mentre i grandi preparano i piani. I comportamenti sono tutti privi di logica e di coerenza. Si ha l'impressione che la gente che crepa o che salta per aria se lo sia meritato di morire. Tanto sono delinquenti, chi se ne frega. C'è un tizio tutto bendato come Claude Rains quando fa L'uomo invisibile che viene ammazzato in un'ambulanza con dentro una bomba. Si vede l'esplosione e poi l'ambulanza che brucia. Doveva essere cattivo anche lui, e quindi che te ne importa?"

"L'hai visto fino in fondo?"

"Sì, e alla fine salta fuori che il buon tedesco dopo tutto ce l'aveva davvero, la malattia mortale. Lo spettatore è colpito fisiologicamente, produce più adrenalina, ma ne viene coinvolto solo a livello fisiologico. Non c'è intelligenza - solo respirazione, battito cardiaco, pressione sanguigna; un senso di calore e di pizzicore se sei molto sensibile. Tutto qui."

"Vedo che ti ha scosso molto."

"Be', non ho bisogno di dirti che..."

"Sei andato a guardare l'azalea nell'ufficio di Jo Layamon."

"Certo, e di corsa. E' stato lo stesso con l'abete quando ci siamo sposati..."

"Forse l'ubriacatura della bellezza di Matilda stava cominciando a passarti già il giorno del matrimonio. Visto che avevi bisogno dell'appoggio del mondo vegetale... Nel Berkshire già cominciavi a sospettare che quella bellezza potesse essere un'illusione.

Razionalmente la giudicavi una donna meravigliosa, ma il tuo istinto è intervenuto ammonendoti di stare attento. Non ti ci mettere! Eri stato avvisato. E ora ecco che sei tutto sottosopra per uno stupido film, sono film brutti uno dietro l'altro. Naturalmente tu sai che le cose brutte possono anche rovinare un uomo, alla fine."

"Un momento, Kenneth... La guardia con la torcia elettrica sta venendo da questa parte... Ecco, ora se ne è andato, è di nuovo buio.

C'è la lampadina nella cabina, ma si accende solo quando la porta è chiusa. Sì, è vero, ero molto scosso quando sono andato a letto.

Mentre si svestiva, Matilda parlava di Vilitzer, e io mi dicevo che il lusso di quella camera da letto era del tutto estraneo al mio stile di vita. Avevo paura di sentirmi il polso."

"E che diceva di Vilitzer?" chiesi io.

"Che sbagliavo a preoccuparmi per lui perché quello era il modo in cui aveva sempre vissuto. Non lo chiamavano il Grande Caldo per niente. Aveva messo il fuoco sotto il sedere a parecchie persone. Una volta ha stretto la testa di uno dentro una morsa. Era giusto che morisse di spada, visto che di spada aveva ferito. Che è un realista e che i miei criteri non si possono applicare a quelli che fanno i milioni, perché sono proprio i criteri come i miei che gli danno l'occasione di cui hanno bisogno. I politici sono fatti così. Che Vilitzer è in politica da cinquant'anni e dunque bisogna che io lasci che siano i politici a trattare con lui. Inoltre bisogna che io tenga presente che sposandomi mi sono fatto una famiglia la quale proteggerà i miei interessi."

Io dissi: "Senti, io posso aiutarti soltanto se tu sei completamente sincero con me, zio. Quando vai a letto, o quando guardi lei che si sveste, ci fai ancora caso alle spalle? Cioè, sono sempre troppo larghe?".

"Non sempre. Sto imparando a conviverci. Certe volte ho effettivamente delle brutte reazioni."

"Quella donna non è fatta in modo giusto. Adesso che me lo hai fatto notare, continuo a vederla come la vedi tu."

"Oh, Kenneth, se solo assomigliasse a sua madre da questo punto di vista, e non al Dottore."

"Zio, in un certo qual modo tu sei un artista e gli artisti non vedono mai le cose come sono, loro sono fatti in modo diverso. Il modo in cui tu vedi le cose fa saltar fuori i poteri indipendenti dei fenomeni. Non puoi pretendere di controllare una cosa del genere, o di discriminare sulla base del buonsenso. Più alta è la visione, più debole è il controllo che se ne ha. Con il modo in cui vedevi Caroline, ad esempio, ti era impossibile difenderti da lei."

Lo zio gridò: "Perché i seni di Matilda sono così distanziati!".

"Sono così distanziati?" Mi aveva colto di sorpresa.

"E' larga non solo di spalle, ma anche di petto. C'è un mucchio di spazio tra un seno e l'altro."

"Ma che differenza fa che siano distanziati o meno, zio? Per certi uomini che ci sia parecchio spazio in mezzo è l'ideale. Non ti sembra?"

"Certo che la fa, la differenza. Non sto cercando una spiegazione razionale, ti dico solo come stanno le cose. La distanza che c'è tra un seno e l'altro mi fa effetto."

"Hai bisogno dunque di seni più ravvicinati. Scusami, zio, ma tu questo lo sapevi già da prima. Se il tuo cuore si è rannuvolato quando te ne sei accorto, allora eri ancora scapolo. Se era tanto antiestetico, tanto ripugnante... be', ripugnante è una parola forte."

"Sì, ma lei era anche molto bella."

"Hai sbagliato. Avresti dovuto aspettare un po' di più. Avevi fretta di rovinarti o cosa?"

"Rovinarmi? Cosa intendi dire? Io ho sposato una bella donna. Di gran classe, un sacco di cultura, affascinante in tutti i sensi, di meravigliosa compagnia, una moglie di cui vantarsi. E' ancora possibile annullare queste reazioni irrazionali. Non voglio cedere a questi impulsi. Ascoltami, Kenneth, non sono completamente ingenuo.

Al college ho letto un mucchio di libri scientifici sul sesso: Havelock Ellis, Freud, Krafft-Ebing. so benissimo che gli uomini che sposano donne molto belle hanno spesso un'inclinazione all'omosessualità. Contano su queste donne per attirare altri uomini.

Ma a me non va di vederle le spalle del dottor Layamon. Io non voglio attrarre l'attenzione degli altri uomini. L'identificazione con Tony Perkins mi ha disgustato. Mi ha fatto schifo. E' stato uno scherzo della mente, è ovvio, della mia mente. E' una di quelle ventate di desiderio-repulsione per cui non possiamo far nulla. Sì, la bellezza!

Cos'era questa cosa che io chiamo "bellezza"? Io desideravo il sesso e assieme la perfezione. Non c'è nulla di omosessuale in questo."

"Tu vedevi in lei qualcosa di sublime. Bene, però c'è anche un'altra faccia della medaglia: lei che cosa vedeva in te?"

"Io non ero all'altezza di questa perfezione. Da un punto di vista sessuale non mi pareva di esserne capace."

"Ti conveniva forse ammirarla, più che sposarla. Ma adesso la stai facendo a pezzi, la stai deformando. Ero a cena da Dita Schwartz stasera e parlavamo di feticismo. Un feticista s'innamora del piede di una donna. Tu sei un feticista in negativo e ti disamori delle spalle di Matilda. Ma è sempre frammentazione, disintegrazione."

"Adesso i tuoi discorsi mi sembrano più sensati del solito. Ho bisogno che tu mi dia delle idee, Kenneth. Continua. Io ho sempre avuto la capacità di innamorarmi. Sapevo di averla dentro di me."

"Amavi Matilda?"

"Ti dirò, poteva essere il grande amore."

"Vuoi dirmi dopo tutto questo che l'amavi veramente?"

"Non sotto tutti gli aspetti, no. Ma in un certo senso sì. Dammi una martellata in testa e io vedo dieci Matilde. Una di queste l'amo appassionatamente."

Io scostai il telefono e mi chiesi come una cosa del genere potesse uscire dalla cornetta. Dissi: "Questa è una delle conversazioni più strane che abbia mai fatto".

"E' poi così diverso dal modo in cui tu ami Treckie? Ami la Treckie che si mette con uomini che la picchiano, uno via l'altro?"

Mi cadde il cuore in fondo al petto e persi ogni voglia di continuare. Io non ero sposato con Treckie. Più esattamente, era lei che non era sposata con me, forse perché mi vedeva un po' come Benn vedeva Matilda. Ci sono degli ostacoli di fondo e degli impedimenti inconoscibili che ci possono bloccare.

Quando ti svegliano a metà della notte, sei dominato dal tuo io inferiore. L'io migliore è lento a riaffacciarsi. O forse è solo vanità - ti hanno interrotto il sonno e domattina avrai un brutto aspetto, le borse sotto gli occhi, la faccia sciupata, lo sguardo vitreo. L'io inferiore è sfrenatamente narcisista. Se devi dire cose cattive, le dirai proprio in queste circostanze. Nel caso presente le dissi in soliloquio, pensando che dopo tutto Benn mi era molto caro, che era in crisi e che sarei stato imperdonabile se gliel'avessi fatto pesare. Le parole dure, era meglio tenerle in cassaforte.

Pensando a Benn nel Roanoke come un uovo dentro il frigorifero, gli dissi mentalmente che con Matilda l'attendeva una vita a zero gradi.

Che cosa poteva aspettarsi? Dieci anni di immobilità e di gelo. E

perché mai uno dovrebbe condannarsi da sé al frigorifero e buttar via dieci anni di vita? In Russia è lo stato che ti manda in Siberia. Qui lo fai da te. Ora, questo sì che è un acte gratuit. benn era parecchio più avanti di André Gide. Gettar giù il primo venuto da un treno espresso non è niente rispetto a questo. E allora com'è che famosi esuli russi dicono che è il loro paese quello messo alla tortura? Cos'è, le due superpotenze che fanno la corsa alla sofferenza? O forse noi di questa parte, che vogliamo tutto, il tenore più alto non solo di vita, ma di dolore? Certi russi dicono:

"Siamo noi che soffriamo, siamo noi che abbiamo la cultura. Voialtri, molli decadenti snervati e corrotti, non c'entrate". Questo era quanto avevo cercato di dire a mia madre (un fallimento non dimenticato!) in Somalia, queste le prove che si devono subire dalla nostra parte. E' vero che non facciamo vedere grandi risultati, il meglio che possiamo fare è un modulo del dolore, ma ciò avviene perché non vogliamo affrontare la nostra prova speciale. Comunque, questa era l'ultima cosa che lo zio aveva bisogno di sentirsi dire.

Da quella lavanderia buia disse ancora: "Ti chiedo le tue idee, Kenneth. Gli scienziati sono deboli nelle materie umanistiche. Lena mi ha fatto leggere qualche libro, ma lei non aveva potuto studiare come hai fatto tu. Ho bisogno di assistenza psicologica. Dammi dei consigli".

"Io ti consiglierei di stare alla larga dalla psicologia, zio. Non ti serve. E' l'amore che fa la differenza, zio. Questi difetti saltano fuori perché l'amore ti punisce per averlo scelto contro la sua volontà; l'amore è uno di quei poteri dell'anima non soggetto a coscrizione. Crea la bellezza, crea la forza; certe volte per scopi speciali, quando è veramente ispirato, crea addirittura dei nuovi organi. Senza l'amore, la coscienza critica riduce il prossimo nelle sue parti costituenti, lo disintegra. Molti altri uomini, se non fossero contenti di stare a letto con la moglie, se fossero urtati dalle spalle o dai seni di lei, farebbero finta di niente, fingerebbero l'amore, scenderebbero a ipocriti compromessi."

"Io non so, Kenneth" disse scoraggiato lo zio. "Mi sta prendendo la mano. Chissà se qualcuno potesse consigliarmi un buon psicanalista di Rio."

"Un'analisi in portoghese, per giunta! Non farlo, Benn, alla larga.

Freud ci ha insegnato che l'amore è sopravalutazione. In altre parole, se tu vedessi la persona che ami come veramente è, non potresti amarla. Questa è l'ottica del medico, quella che arriva dritta dal padiglione di ginecologia. Questo ti stava illustrando il dottor Layamon mostrandoti quelle pudende spelate di vecchie. A casa, perché ha una bella figlia, predica l'amore, ma là dove pratica la sua professione e fa i suoi soldi, all'ospedale, dove si fa sul serio, là ti mostra la verità. Ora, può essere che un uomo menta a se stesso quand'è innamorato, ma, come diceva a volte Kojève - credo prendendolo da Nietzsche - essendo innamorato mente bene e l'amore lo trasfigura, lo fa ricco, più potente, più pieno, ne fa un artista.

Senza l'amore, solo una parte di quest'uomo resta viva, e questa parte non è sufficiente per reggere il peso di una vita vera, è per questo che l'équipe è diventata indispensabile."

"Non devo farmi curare a Rio? Posso benissimo aspettare quando torno."

"Ascolta, zio. Ti dirò delle cose che per lo più mi tengo per me.

Tu sei un uomo ricco d'immaginazione, qui è la tua forza. Ora non diventare il contrario. La gente per lo più parte dall'estremo opposto, cercando di curare le debolezze di carattere e soprattutto gli insuccessi sessuali. Costoro tornano indietro fino ai traumi della nascita e del controllo dello sfintere. Tutti nasciamo deboli e fragili e oppressi dalle forze edipiche, ma questi credono che se si applicano alle esperienze dell'infanzia e si concentrano tutti sui loro pannolini e sulla sofferenza di essere piccoli e impotenti, diventeranno tanti giganti del pensiero, l'uomo magnanimo di cui parla Aristotele. Ora, zio, perché mettersi a giocare a questo gioco che non ha mai vinto nessuno? Tu sei già molto, molto più avanti."

"Adesso ho la luce accesa qui nella cabina e sto prendendo appunti sulla bolletta del gas."

"Non dedicare tutta la vita a esplorare le tue debolezze."

"Sono anni che vai dicendo che i democratici hanno una scarsa opinione di sé fino a credere di essere insignificanti. Ma prova a capovolgerla un po' e allora salta fuori la megalomania, e anche di questa abbiamo visto parecchi esempi. Forse c'è una cosa che tu e Matilda avete in comune, e cioè che entrambi vedete la politica in fondo a tutto. Bene, la guardia notturna sta entrando qui nella lavanderia."

"Be', e allora? Tu abiti nel palazzo, no? Stai al superattico.

Digli che stai parlando d'affari col tuo agente di Borsa californiano."

"Grazie, Kenneth, per avermi ascoltato."

"Cerca di dormire un po'. Ci vediamo alle otto e mezzo."

Spensi la lampada sul comodino e rimasi lì a pensare. Ecco che adesso c'è un problema primario oltre quello secondario. Ce l'avevo con lo zio e un poco anche con me. Lui era per natura una persona equanime e ragionevole, e più si sforzava di comportarsi con buonsenso, più pareva picchiato. E io, poi: mi chiama per dirmi che sta affogando e io gli faccio la lezione - bel modo di aiutarlo. Mi trovo tra le mani questa complicata sfilza di avvenimenti e ci gioco con lui a ripiglino. "Ecco, ora prendila tu e poi la passi a me e solo Dio sa quanto possiamo farla complicata e fin dove possiamo arrivare." E visto che stiamo parlando delle persone democratiche, possiamo aggiungere che sono pedanti e anche sentenziose. Dieci minuti d'azione e poi per il resto dell'ora si fa il seminario. No, questi sforzi cognitivi non ci porteranno da nessuna parte. Quello che volevo dire allo zio era che doveva cercare di essere più come, be', come William Blake, la cui vita era retta da preoccupazioni metafisiche ed estetiche. Prima metti i punti di forza, e che le debolezze vengano dietro come possono. Blake era proprio l'uomo che ci voleva per lo zio. Avrebbe potuto cominciare con la poesia intitolata: Lo scrigno di cristallo:

"La Fanciulla mi prese nei deserti@ Dove io danzavo felice;@ Mi mise nel suo Scrigno@ E mi rinchiuse con una Chiave d'oro.@@ Questo Scrigno è fatto d'Oro@ E Perle e Cristallo splendenti...@"

Ma la mattina dopo invece di William Blake avemmo Charles Addams.

lo zio aveva strappato una pagina dal "Monster Rally" di Jo Layamon e me la porse con un sorriso - o con la cosa più simile a un sorriso che gli avevo visto in faccia da giorni e giorni.

"Che ne pensi?"

Era il cimitero da fumetto con lapidi e piante di tasso, e i due che si tenevano la mano sulla panchina:

"Sei infelice, cara?"

"Oh sì, sì! Completamente."

"Dammi un giudizio." mi sfidò lo zio.

"Parla da sé" dissi io.

"Molto meglio di Alfred Hitchcock. veramente del nostro tempo."

"Spero non l'avrai fatto vedere a Matilda. Non credo che sia del nostro tempo fino a questo punto. C'è anche in Shakespeare. Amleto dice a Ofelia di sposare un pazzo, se proprio vuole sposarsi, "poiché i savi sanno bene quali mostri tu ne fai."

"Naturale che non gliel'ho fatto vedere."

"Si rende conto di tutto quello che fai per riuscirle gradito? Di come ti distruggi, sacrificando perfino la tua scienza? Capisce che vuoi solo che lei contraccambi il tuo affetto?"

"Sì, è questo, ho un gran desiderio di affetto. Ma Matilda sembra sempre sul piede di partenza. Io entro e lei esce. E' un inseguimento che non finisce mai. Cosa intende Amleto dicendo "mostri"?"

"Credo voglia dire i mostri con le corna... i cornuti, insomma."

"Non è il caso mio."

"Tu sei il mostro che la deforma dentro di te. E' così che la vedi."

Era una delle nostre tipiche conversazioni, tenuta a un tipico tavolino di bar con caffè scadente e senza lo spazio sufficiente per quattro gomiti, per non parlare delle due tazzine, il portacenere, la bottiglietta di ketchup, un contenitore di plastica con bustine di zucchero e di dolcificante rosa.

"Senza di te, Kenneth, forse non me la sentirei di affrontare lo zio Harold. All'ultimo minuto Matilda voleva venire con me. Ha detto:

"Se dici a tuo nipote di stare a casa, ci vengo io in centro con te".

Io le ho detto di no."

Voleva farmi vedere come era stato risoluto con lei. Ma io vedevo solo quanto era sconvolto. Il diretto riferimento alle abitudini sessuali di Matilda non aveva precedenti. La somiglianza con Sviatoslav Richter era più forte che mai, ma si trattava di un Richter che era stato male durante la notte, per cui era verde e pallido. Dietro quei suoi occhi potenti l'interruttore sembrava spento, quasi che fosse all'erta per qualcosa cui valesse davvero la pena di guardare. Un uomo grosso che in silenzio comunicava ansia e mortificazione. Si fregò la faccia con tutte le dieci dita premendo sulle articolazioni della mascella per alleviare la tensione. Lo conoscevo così bene che sapevo interpretare ogni suo minimo gesto. Lo zio era uno di quelli che vogliono avere una presa ferma sulla vita.

La vita è una cosa così breve e così cieca che egli riteneva la si dovesse gestire con spirito. Giudicava la gente in base a quello che ne faceva della propria vita. Ma le attuali circostanze non potevano essere meno propizie, più lontane dall'alto livello della sua filosofia: dovevamo assistere alla sessione della commissione sulla libertà vigilata, dove avremmo ascoltato le varie testimonianze a proposito di uno stupro, e quindi lo zio avrebbe dovuto incastrare lo zio Vilitzer per il tempo necessario a comunicargli le sue richieste.

Le minacce più o meno velate non erano il pane dello zio. Inoltre, rischiava di tradire la sua cattiva amministrazione sessuale. Che rivelasse tacitamente certe cose che potevano danneggiarlo era una possibilità tutt'altro che remota. Se avesse inciampato nel discorso o si fosse messo a balbettare, l'astuto Vilitzer ne avrebbe concluso che aveva di fronte un marito sessualmente fallito, mandato a fare commissioni dalla moglie con la frusta in mano. Quando ci sono dei guai di ordine sessuale, gli uomini danno sempre la colpa al marito.

Tutto ciò era implicito.

E poi c'era da tener conto dell'edificio in cui si teneva la sessione, un grattacielo di nuova costruzione simile a una gargantuesca gravidanza di vetri, grande più di un normale isolato, opera di un architetto provocatorio e controverso che aveva cercato di superare gli eccessi di un edificio consimile di Chicago: "Dicendo la sua" come amava dire Caroline Bunge. Si finisce per credere all'eternità quando si vede un grattacielo così, se non altro per il conforto che ti dà il pensiero che una struttura del genere non può durare in eterno. E' inevitabile che prima o poi caschi. Ma quell'affare rilucente, curvilineo e rigonfio, aveva la struttura d'acciaio giapponese, il che significava che sarebbe stato in piedi per mezzo secolo almeno, a meno che la folla inferocita non lo buttasse giù o il volo transpolare di un missile russo (quindici minuti dal lancio al bersaglio) non lo disintegrasse. Visto da dentro faceva ancora più impressione. Si capiva perché i preventivi erano stati superati in modo scandaloso. Alcuni dei geni del giovane Brueghel o di Hieronymus Bosch erano evidentemente riapparsi nell'architetto. Feci del mio meglio per afferrare l'idea di fondo che aveva avuto quest'uomo. Miliardi di vespe nate dal cervello riuscendo a penetrare nel vetro blu avevano prodotto questa elefantiaca struttura; l'interno era un susseguirsi di vertiginose curve ellittiche che prendevano a modello la sfera celeste, dimostrando ciò che può ottenere un'audace fantasia approfittando dell'abilità dei tecnici o delle possibilità offerte da una tecnologia miracolosa.

Non sfidava il Cielo, come la Torre di Babele, ma precipitava dall'alto e si fondeva in basso. Alla burocrazia computerizzata i corridoi diritti non servivano più. L'eccentricità dell'ambiente non ne diminuiva l'efficienza né la capacità intimidatoria. Seguimmo le indicazioni fino alla grande sala in cui si teneva l'udienza. Le telecamere erano già puntate e in movimento, e la luce inondava il palcoscenico. I nostri permessi stampa ci avrebbero dato diritto ai posti di prima fila, ma lo zio preferì andare a mettersi alle spalle dello zio Vilitzer. Vilitzer sedeva al lungo tavolo assieme agli altri membri della commissione, presieduta dal Governatore in persona, che (cosa senza precedenti) aveva avocato a sé l'inchiesta.

Man mano che venivano chiamati, i testimoni andavano a prendere posto a un tavolo più piccolo collocato di fronte all'altro. I membri della commissione raramente, o mai, prendevano la parola.

"Eccolo là" disse Benn indicando Vilitzer con il mento. "Com'è cambiato. I guasti più grossi avvengono tra i sessanta e gli ottanta, e lui li ha ormai superati, gli ottanta."

Vilitzer si era fatto più piccolo rispetto a cinque anni prima, però aveva ancora il portamento imperiale che hanno i politici importanti delle nostre parti. Aveva anche i capelli pettinati in avanti, come si vede nella versione televisiva di Io, Claudio.

(Chiedo scusa per la digressione, ma quanto segue può essere di qualche interesse: pare che Giulia, figlia di Augusto, che nel film è una donna dissoluta e sfrenatamente licenziosa, abbia avuto con le sue orge un intento politico, visto che con i suoi compagni compie atti abominevoli davanti a una statua che raffigura il satiro Marsia, il quale satiro è il simbolo della repubblica. Io non so perché una divinità sessuale mezzo uomo e mezzo bestia debba essere il guardiano della libertà romana; posso dire solo che la dissolutezza di Giulia era una sfida politica nei confronti del padre, il fondatore dell'Impero.) Comunque sia, lo zio Vilitzer aveva adottato la pettinatura dell'attore della Bbc che faceva la parte di Claudio.

Quest'acconciatura pare parecchio diffusa tra i mafiosi di una certa età, che spesso si vedono con una frangetta appena arricciolata. La faccia è per altro di solito vigorosa, e molto abbronzata. E così era quella dello zio Vilitzer. I sigari li masticava senza fumarli. Ne biascicava una ventina al giorno.

Con quella folla non era probabile che Vilitzer vedesse lo zio e me. Bisognava che fosse una grande occasione, visto che c'era venuto il Governatore in persona. I governatori non possono più permettersi di starsene così per conto loro come una volta. Un tempo, diceva Benn, li si vedeva molto di rado. La televisione li ha costretti a uscire dai loro palazzi. Le udienze molto pubblicizzate come quella erano seguite per televisione da milioni di persone. Il Governatore era stato molto criticato perché era rimasto in vacanza durante le ultime settimane, quando si era avuto paura di un'epidemia di salmonellosi, e l'udienza, alla quale egli lavorava visibilmente per il bene pubblico, era stata fatta apposta perché lui la presiedesse.

(Aumentando così la sua popolarità.) Io non l'avevo mai visto di persona. Era un uomo grosso e sfatto. Ma in quella mollezza c'erano tensioni altamente organizzate, e ad occhio mi fece l'impressione di un uomo pericoloso, uno capace di tirarti colpi bassi. Aveva un faccione largo con tante di quelle pieghe e doppi menti che se fosse stato un violinista, a parer mio, non avrebbe saputo bene dove appoggiare il violino.

Noi eravamo andati a metterci proprio dietro i testimoni principali, che riconobbi dai giornali che Dita mi aveva mostrato.

Danae Cusper era una bella signora bionda e solida, madre di tre figli. Sickle, il presunto violentatore, sedeva poco lontano con il suo avvocato. Gli anni passati in prigione non gli avevano dato l'aria del criminale pericoloso. Le prigioni non producono più disperati né tipi louche con facce alla Bill Sykes. in pubblico, un giovanotto come Sickle riesce non si sa come ad aver l'aria del figlio modello. Sullo sfondo c'erano le reti televisive a diffusione nazionale. Quella mattina i cartoni animati erano saltati. Per milioni di bambini, o l'udienza o niente. E magari i bambini avrebbero retto meglio dello zio. Né essere innocente tornava più a suo merito, alla sua età. Non aveva alcun diritto all'immunità. Ma si ricordi che quando alla fine lo Scrigno di Cristallo va in pezzi, il giovane che vi era stato rinchiuso diviene "Un Bambino che piange nei Deserti".

Ma lasciamo perdere queste astruse considerazioni.

Vilitzer non voltò nemmeno la testa per guardare il suo nemico, il Governatore. Continuò a tenere lo sguardo sempre fisso davanti a sé.

In quanto al Governatore, questi condusse gli interrogatori con gusto ed esibì tutta la sua bravura, perfezionata nelle aule di tribunale.

Davanti a un gran giurì doveva essere un inquisitore formidabile, così grosso, lustro, spesso di collo, così lisciato e ben messo, morbido come seta davanti alle telecamere, ma duro come l'inferno dentro.

Il primo testimone che chiamò fu un militare, che a suo tempo era stato il ragazzo di Danae. Costei aveva dichiarato il giorno prima che aveva avuto paura di essere rimasta incinta, e che l'accusa di stupro era direttamente collegata alla relazione che aveva con lui.

Il Governatore chiese: ha avuto rapporti sessuali con la signora Danae Bold, all'epoca dei fatti signorina Cusper? Sì. In quali circostanze? Quando i genitori di lei dormivano, la persona in questione lo faceva entrare in casa. Com'era vestita? Era in vestaglia. E l'atto sessuale? Dalle due del mattino fino all'alba.

Con eiaculazione? chiese il Governatore. No. Lei voleva che lui venisse fuori.

Lo zio mi sussurrò: "Ma perché chiede queste cose?".

"Sarà necessario da un punto di vista legale".

Non ci credevo io per primo, alla mia risposta.

"Dunque" disse il Governatore. "Lei dichiara di aver avuto frequenti rapporti con la signorina Cusper, ma che tali rapporti venivano interrotti prima dell'orgasmo?"

"Sissignore."

La signorina Cusper (ora signora Bold, con il marito accanto a lei) ascoltava con la compostezza di una monaca. Oramai era lontana da ogni forma di carnalità.

"Quindi lei non ha mai eiaculato nella vagina?" disse il Governatore.

"A quanto mi risulta no, signore."

Venne poi a testimoniare un medico in qualità di esperto. Per mezzo suo il Governatore cercò di stabilire per quanto tempo gli spermatozoi possono vivere nella vagina. Seguirono altri tre esperti a testimoniare sulle mutandine della ragazza, quelle che aveva indosso la notte dell'aggressione. Il Governatore dava molta importanza a quelle mutandine, e ci ritornò sopra più volte.

"Ma non lo trovi strano?" disse lo zio. "Cosa continua a menarla con queste mutande?" Era sconvolto. Io, chissà perché, no. Era come essere a teatro o al cinema, con la differenza che l'udienza andava svolta secondo la procedura, e questo portava via tempo e rallentava l'azione. Ogni esperto aveva studiato la biancheria di Danae separatamente, esaminando i campioni di sangue e di siero. Uno disse che dopo sei anni era ancora possibile trovare traccia degli spermatozoi. La polizia aveva tenuto questi indumenti sotto chiave.

(Io m'immaginai un magazzino con centomila contenitori.) La coda degli spermatozoi si era disintegrata, ma le teste erano ancora riconoscibili al microscopio. "Il liquido seminale proveniva da un donatore di gruppo Gm" disse l'esperto.

"E qual è il gruppo dell'imputato?"

"Gm, signore."

"Bisogna proprio sorbircela tutta, questa roba?" disse lo zio, inquieto. Mi sentivo un Mefistofele che l'avesse tirato fuori dai suoi studi per affrontare la vita. Ma no, mi dissi poi. Mefistofele non ha di questi scrupoli e non si fa rimproveri. Io lì c'ero venuto per amor suo. Lo zio era venuto per farla fuori con Harold Vilitzer, il quale se ne stava seduto sul podio a masticare sigari cubani, fornitigli magari da qualche sua conoscenza di Las Vegas.

"Questa materia legale è scienza vera e propria" dissi io.

"Una scienza applicata" mi corresse lo zio. Teneva molto alla purezza della ricerca teorica.

Quelli però, nonostante tutto, erano colleghi alla lontana dello zio Benn. Naturalmente i periti stavano facendo un po' di scena, era per questo che erano lì quelli della Tv, ma sotto sotto le loro testimonianze suggerivano quella materia nuda e spoglia che la mentalità dello zio era se non altro in grado di tollerare. Pensai: non c'è bisogno di fargli dei disegni. Lui la vede com'è. Non è poi così ingenuo. E quindi: il tuo genio distratto è uno che si è tirato indietro. Sa esattamente quello che sanno tutti. Non desidera che le scariche provenienti dalla natura carnale interferiscano con la sua scienza.

Questa era in parte una riflessione poco amichevole. Anch'io avevo un'aria poco amichevole, credo: bruno, il volto affilato, i capelli lunghi, i bei lineamenti di mio padre che in me s'erano guastati.

Apparivo probabilmente quello che nella lingua della mia città natale si dice sourcilleux, e cioè un po' altezzoso e intollerante. Ma dovevo comunque farmi forza per amore dello zio. Andavo orgoglioso della mia grande affidabilità. Spettava a me far sì che Benn uscisse da questa sua crisi esistenziale.

Toccava ora a un altro perito, uno di fuori. Si era badato molto a garantire l'imparzialità delle testimonianze. Mentre giurava, il perito, che era un uomo basso e tozzo, sembrava proprio un appartenente alla categoria di reddito più bassa che si sia venuto a trovare in una gigantesca compagnia d'assicurazione. Sedutosi e appoggiati i gomiti sul tavolo così che i polsini sporgessero dalle maniche, prese a leggere la sua dichiarazione, roba tecnica.

M'immaginai la sua vita fatta di analisi di laboratorio: pelle, saliva, cervello spappolato, l'analisi del contenuto dello stomaco.

Dissi allo zio: "Preferisco il tuo tipo d'anatomia" ma lo zio non mi sentì nemmeno. Mi parve gli si fosse gonfiata la faccia, e avesse un improvviso afflusso istaminico, quasi che un insetto tropicale che sempre aveva cercato di fuggire nei suoi viaggi incessanti, l'avesse finalmente punto provocandogli un'allergia.

Quando il perito ebbe finito di leggere la sua deposizione, le luci si abbassarono e su uno schermo alle sue spalle apparve un oggetto ingrandito molte volte. Era una cosa scura e bruna, con macchie marrone e chiazze color cartapecora. Cos'era? A me pareva la Sacra Sindone. Invece era l'esatto contrario. Tutt'altro articolo di vestiario. Era la diapositiva del capo di biancheria portato dalla signorina Cusper la notte dell'aggressione. Piazzato accanto allo schermo con una bacchetta lunga tre metri in mano, il perito legale spiegò di cosa si trattava e quindi rimase lì pronto a rispondere alle eventuali domande dei membri della commissione. Ma aveva la parola sempre solo il Governatore. Era lui il mattatore. Vedendolo lavorare si capiva benissimo come aveva fatto a far saltar fuori le prove che avevano mandato in galera tanti noti uomini politici.

Sfruttava le sue generose proporzioni, così grande e grosso, con quel faccione, dava parecchio peso alle prove e faceva domande esatte e precise. Quando interrogava il teste dava l'impressione di avere una conoscenza totale e assoluta dei crimini e dei criminali. Eppure aveva anche qualcosa di molle nell'espressione, qualcosa di paradossale, il sospetto che forse la corruzione non stava tutta soltanto dalla parte dell'imputato. E non si può comparire davanti agli occhi di milioni di persone, come lui in quel momento, senza che vi sia in noi qualcosa di istrionesco.

Un indumento intimo, vuol dirci gentilmente di cosa si tratta?

Sono le mutandine della vittima del presunto stupro, signore.

Quelle che indossava quella notte?

Sissignore.

Ed ora i risultati delle analisi. La prego di dirci cosa sono quelle macchie.

Lo zio si mise gli occhiali. Perché? Gli occhiali gli servivano solo per leggere. Evidentemente aveva bisogno di ogni possibile ausilio per guardare quel brutto ingrandimento, e gli occhiali erano meglio di niente. Sbavature e circoli irregolari simili alle fotografie delle lune di Urano.

La bacchetta andava dalle macchie di sangue alle chiazze di liquido seminale. Il Governatore non la finiva mai con le domande. Di chi era il sangue? Di chi lo sperma? Più di un tipo di sperma? Teniamo presente che c'erano tre uomini a bordo della macchina.

Io dissi: "Il Governatore ci sta dando dentro davvero".

"Non sarà tanto bello per la ragazza" disse lo zio.

"Dobbiamo presumere che sapesse quello che l'aspettava riaprendo il caso."

"Ce la sta mettendo davvero tutta" disse Benn. "Ed è anche il Governatore di uno Stato importante."

Comunicazione oscena con il pubblico, pensai io.

"E' difficile presumere, date le circostanze, che il signor Sickle possa essere stato l'unico violentatore. C'erano altri due uomini"

disse il Governatore.

Danae Cusper Bold era imperturbabile. Ora faceva parte di una comunità religiosa. Era certa del perdono, non aveva nulla di cui preoccuparsi. Quelli erano delitti e sofferenze che appartenevano al passato. Era una signora dal gran petto. Lo zio non avrebbe certo potuto lamentarsi del fatto che i seni di lei erano troppo distanti.

Si vedeva distintamente che erano stretti l'uno contro l'altro.

Povero zio. Assistere all'udienza proprio in quel periodo di crisi era una cosa terribile. Non poteva avvicinare lo zio Vilitzer senza prima passare attraverso quelle torture sessuali.

"Che qualcuno tiri via Stewart da quelle mutandine, altrimenti andrà avanti per un'altra ora."

La mia risposta fu assolutamente inutile, come al solito. "I costumi sessuali sono molto mutati. Ognuno si lancia in un gioco di degradazione collettiva."

Lo zio borbottò: "Non m'ero reso conto che sarebbe stata una cosa così feroce, con tutta questa oscenità".

"Be', i notabili, quelli che stanno in cima alla piramide, danno il loro contributo alla ricreazione erotica della nazione."

"Lo posso anche capire, in parte" disse lo zio. "Ma così è troppo crudo."

Apparve sullo schermo un'altra diapositiva. Questa volta si trattava del ventre di Danae Cusper, un ventre nudo con sopra delle rozze lettere, Lov, come una scritta su un viadotto, solo che qui le lettere erano state graffiate con una scheggia di vetro. La fotografia era stata scattata da una donna poliziotto all'ospedale.

Il giorno prima Danae aveva dichiarato sotto giuramento che la scritta se l'era fatta da sé con una bottiglia di birra rotta, e il Governatore Stewart disse con retorico sarcasmo che c'era voluta parecchia forza d'animo e fredda determinazione perché una ragazzetta non ancora ventenne si mettesse davanti allo specchio, si graffiasse delle false prove sulla pancia con una bottiglia di Budweiser e poi andasse all'ospedale ad accusare uno di stupro. Come aveva fatto a tracciare le lettere all'incontrario? Due periti sostennero che la cosa era fattibilissima. Erano lettere facili da fare. Dibatterono la questione mentre i graffi rossi là dove il ventre si allargava alle anche pendevano tutti da una parte come in una cartolina di San Valentino fatta in una classe di menomati mentali. Si trattava di una manifestazione di quella schizopsicologia che secondo alcuni autorevoli pensatori contemporanei domina tutti quanti noi.

"Il Governatore sta rovinando tutto quanto il divertimento a quei ragazzi."

"E a chiunque altro" dissi io.

A destra e a sinistra del Governatore i membri della commissione, seduti in silenzio, si vedevano tolta ogni iniziativa. Solo il Governatore aveva tutto il potere. Quell'omone stava giocando con quei delinquentelli giovanili - giovanili mica tanto, ormai, ma anche adesso l'uomo e la donna sembravano due ragazzi. Danae, soprattutto, anche se era vestita e truccata da signora rispettabile. Vilitzer, che manteneva la sua autonomia anche in quella circostanza, non badava all'esibizione ufficiale (istrionica) del Governatore. Il grosso sigaro spento gli deformava i muscoli della bocca. Io lo tenevo d'occhio. Non volevo che Vilitzer ci scappasse.

Evidentemente il governatore Stewart aveva chiesto che rimettessero la didascalia delle mutandine, perché l'immagine del ventre graffiato scomparve. Probabilmente gli altri periti dovevano confermare la dichiarazione di quello che aveva parlato per primo. Credo che la pancia con la scritta Lov abbia fatto impressione allo zio più di quei poveri resti di stupro tutti macchiati. Disse: "Se la scritta gliel'ha fatta dopo il ragazzo con una scheggia di vetro, allora bisogna che gli altri l'abbiano tenuta ferma. Probabilmente l'hanno imbavagliata".

"Immagino di sì."

Lo zio aveva gli occhi rossi e infiammati. Se vieni in centro quando fa freddo e in un'ora di grande traffico, i fumi di scappamento sono più densi (d'estate se ne vanno più in fretta) e ti fanno bruciare gli occhi; ma naturalmente pensai che lo zio avesse gli occhi rossi per altri motivi. Indossava uno degli abiti di tweed che gli avevano fatto fare i Layamon, e lo riempiva completamente.

Visto che non era ingrassato, quelle cosce rigonfie e la schiena a cupola sotto la giacca dovevano avere un'altra spiegazione. Non erano più elitre da insetto, come dicevo io scherzosamente, ma la gobba di un cinghiale selvatico. Il gonfiore istaminico della faccia rientrava in questo fenomeno di distorsione. Non solo gli sfigurava le guance, ma arrivava fin dentro gli occhi. Conoscendolo come lo conoscevo, ci avrei giurato che dentro di sé si stava giudicando colpevole delle peggiori malvagità. E di quella scritta graffiata sulla carne, Lov, era soprattutto il cinismo che aveva su di lui gli effetti peggiori.

Ero convinto di sapere davvero a cosa stesse pensando, e cioè pressappoco come segue: in quell'udienza ci si faceva gioco del Delitto, della Punizione, della Giustizia, dell'Autorità. E inoltre della Penitenza. Nonché della Verità. Se Danae non aveva mentito al processo, allora mentiva ora che ritrattava. Così in un modo o nell'altro la Verità veniva tartassata a puntino. Naturalmente questa è una cosa che succede tutti i giorni, e bisognava proprio essere un botanico chiaroveggente per dover aspettare la mezz'età per capirlo.

Ma c'era da tener conto anche dell'aspetto religioso della questione

- vale a dire: "Siano pure i tuoi peccati rossi come il sangue, essi diverranno più bianchi della neve". Era molto difficile per un uomo come lo zio mandar giù una cosa del genere. Quella donna si stava ricostituendo una castità cristiana rifacendosi pubblicamente la verginità. E ciò che ora lo divorava era la sua stessa complicità.

Era anche lui coinvolto in quella storia per via delle sensazioni provate vedendo Psycho, dai crimini che la sua mente aveva commesso, dalla scoperta di non essere, molto probabilmente, il marito che Matilda sognava, né Matilda la moglie che lui sognava. L'eternità stessa l'aveva ammonito, per mezzo di Alfred Hitchcock, di non sposare quella donna. Ma ciò che non gli andava giù in quel momento, conclusi, era che probabilmente Danae stava soffocando nei suoi collant mentre quei giovani maniaci sessuali le graffiavano nella carne del ventre quell'assurda parola, Lov. ecco quindi che tornava fuori la schizopsicologia - dell'unica sorta osservabile, evidentemente - mentre lo zio Benn, fin qui suscettibile d'essere definito un buon uomo, se non un uomo buono, contribuiva alla degradazione dell'Amore. L'amore, l'essenza stessa dello Spirito Divino e fonte per l'umanità del calore del Cielo.

Io conoscevo il suo modo di ragionare, e anche il lessico che aveva appreso da Lena, la sua prima moglie. Per quanto Lena avesse la passione di Balzac, nei suoi interessi più veri era lontana dal mondo contemporaneo quanto suo marito. Quando entri nella vita contemporanea, ti può capitare di pagarla davvero salata. D'altra parte se ti rifiuti d'entrarci, non capirai mai un bel niente. Non dico che lo zio avesse deliberatamente cercato di starne fuori e al di sopra. No, in questa crisi era entrato di sua iniziativa, mi aveva tenuta segreta la sua decisione di sposarsi, optando invece per il superattico dei Layamon, per le sete e i satin, per i piumini del letto di Matilda, per i tappeti più spessi del muschio della foresta, per la gran forza con cui l'acqua usciva dai rubinetti, la vasca da bagno a vortici, il vasto panorama sugli slum (come Sodoma e Gomorra il giorno dopo). Lo zio aveva fatto l'amore con il suo lavoro.

Tuttavia non volevo vederlo con la testa china sul ceppo del carnefice.

Quella era un'udienza maledettamente istruttiva!

"Hai votato alle ultime elezioni?" chiesi a Benn.

"Ho paura di sì."

"Be', e perché poi un botanico non dovrebbe fare il suo dovere di buon cittadino?"

"Rispondo in anticipo alla prossima domanda. La risposta è sì: ho votato per il Governatore."

Certo, ti trovi davanti alla macchina nella cabina e non ti rendi conto quale fantasmagoria stai mettendo su quando (identificando la meccanicità con l'ordine) tiri la leva.

Ma non era quello il momento di far teorie - le teorie: una delle mie debolezze più grandi, più dolorosa per me di quanto non pensiate (un'abitudine ossessiva, e forse distruttiva). Dovetti costringermi a ripetermi il motivo per cui avevo lasciato Parigi per venire a stare negli Usa. Qui era l'azione, e mio zio era l'uomo presso il quale ero venuto per imparare ciò che è possibile fare in questo mondo post-storico. E questo mio modello era ora distrutto, ecco il motivo per cui dovevo costringermi. Però aveva sempre quella sua capacità di vedere veramente. Questa ancora non l'aveva perduta. Era un individuo davvero superiore, naturalmente con le sue debolezze umane e incapace di controllare i suoi appetiti sessuali, o, più esattamente, il suo desiderio d'amore, ma anche ora io potevo recuperare nella memoria quelle ore meravigliose in cui, sotto l'influsso di lui, non solo respiravano i miei polmoni ma anche la mia mente. Un poco della sua capacità di vedere era effettivamente passata a me. E io avevo visto.

E parecchie delle sue motivazioni mi erano visibili. Aveva letto il libro dell'ammiraglio Byrd decidendo che non poteva accettare il modo in cui questi nell'Antartico vedeva ai raggi X la condizione umana, lo scheletro dell'animo umano. Sarebbe stato un vero peccato non tentare nemmeno di sciogliere il ghiaccio che abbiamo nel petto, consegnando semplicemente il cuore al gelo ovunque prevalente. (Vi ricordo ancora una volta quanto disse Matthew Arnold, e cioè che era per tre quarti congelato.) Bene, per farla breve, lo zio aveva voluto opporsi all'umiliazione di non essere innamorato. Era un uomo che sperava, che sperava, ad esempio, di sposare la donna del suo cuore.

Tanto valeva scongelare due cuori, visto che c'era. A cosa serve un solo cuore scongelato?

Chiaramente, nel frattempo, il Governatore si faceva beffe delle dichiarazioni della giovane signora rinata a nuova vita. Avrebbe dovuto rinascere a nuova vita altre cinque o sei volte per battere quegli esperti di cose legali lontani ormai un secolo di progresso scientifico da Sherlock Holmes e dalle sue deduzioni elementari. Il Governatore doveva tener presente i sentimenti religiosi del pubblico, e tener conto anche che la ragazza doveva fare penitenza per aver detto falsa testimonianza. Il pubblico apprezzava molto le penitenze. Mica si poteva farne a meno come se niente fosse. E se il giovane Sickle aveva effettivamente commesso lo stupro, dentro di sé stava probabilmente gongolando per il capovolgimento della situazione: messo in libertà con, in più, una gratifica di segreto godimento. Che marpiona era diventata quella ragazzina. E il Governatore non aveva nessuna intenzione di rimandare Sickle in galera. Non adesso.

Sickle sarebbe stato messo in libertà. Lasciato libero di godersi la libertà della città, come chiunque altro, voi o me. Come lo zio, se è per questo, quando rivolgeva la sua attenzione a queste cose.

Raramente ne aveva il tempo.

Lo zio già da giovane aveva trovato la sua risposta all'America urbana, un modo netto di sottrarsi al pesante fardello che il mondo sociale impone all'anima, quand'era ancora in Jefferson Street. aveva trasferito gli interessi più veri della sua vita dentro le piante.

Nelle erbacce più comuni stavano nascosti i grandi segreti dell'aria, della terra, della luce e della riproduzione. Così passò dal marciapiede alla gramigna e ai gelsi, alla lappa che cresceva nei terreni abbandonati e nei cortili. Dopo di che, qualche anno dopo, cercò di ritornare dalle radici, dagli steli, dalle foglie, dagli affetti umani. Non era uno sciocco. E nemmeno uno in cerca d'evasione. Supponiamo che sia vero il detto di Dostoievsky, e cioè che nulla è più fantastico della realtà. Ne consegue che lo zio aveva risposto piuttosto bene ai test sulla realtà/fantasia.

Il Governatore si alzò in piedi per annunciare davanti alle telecamere che la commissione ora si sarebbe ritirata in camera di consiglio, così che io porsi allo zio il cappotto e gli dissi:

"Muoviamoci, prima che Vilitzer se la squagli".

Vilitzer non aveva la minima intenzione di squagliarsela. Anzi pareva che ci stesse aspettando. Si era alzato e rimaneva in piedi vicino al tavolo, tutto il peso appoggiato alle nocche delle dita, maciullando il suo sigaro spento. Vedendoci avvicinare aggrottò irosamente la fronte. Come Matilda aveva detto a Benn - e come questi mi aveva riferito a colazione - era lui quello che aveva subito un torto, e che Benn non se lo dimenticasse lasciando l'iniziativa a Harold. Io m'ero aspettato che lo zio avrebbe cercato di farsi forza assumendo l'atteggiamento da lei raccomandato. E invece no, non esattamente. Non si sentiva affatto aggressivo, immagino. Non aveva voglia di combattere. Cosa sorprendente, aveva il volto atteggiato a un'espressione di mitezza - non tanto conciliante quanto di gentile fermezza, quasi che avesse scelto di voler riuscire persuasivo facendo appello ai valori morali.

"Voi due volete parlare con me, eh?" Vilitzer si tirava l'orologio a forma di cipolla, un affare mostruoso stile Las Vegas col cinturino metallico. "Vi do un quarto d'ora. Quanto basta per mandarvi a quel paese."

Fece strada verso l'ascensore senza aggiungere altro. Sapete come sono morbidi e veloci questi ascensori moderni. Non si riesce a capire a che velocità vadano. "Fishl si è messo in contatto con lei?"

dissi mentre salivamo.

"Ho saputo quello che c'era da sapere." Vilitzer rispose guardando dritto davanti a sé. Non voleva nemmeno usarci la cortesia di guardarci in faccia. Credo fossi sconcertato più io dello zio Benn, per il momento. Al cinquantesimo piano circa ci fermammo con un ping elettronico. Ci trovavamo in un ambiente tutto pieno di trasparenze.

Il soffitto della saletta dove Vilitzer ci aveva portato era per metà fatto di vetro azzurrato; assomigliava non tanto a una serra quanto a una fronte umana. Sotto i nostri occhi s'innalzava l'Electronic Building, con le sue due antenne gemelle simili ai corni di un elmo vichingo, era alto quasi come il Sears Building di Chicago.

"Come stai?" disse lo zio Benn. "Mi hanno detto che hai subito un'operazione a cuore aperto."

"Sono ancora abbastanza forte" disse lo zio Harold.

Per forza. La rabbia dà forza, se non è mescolata con nient'altro, se è priva, cioè, di quelle ansie paralizzanti con cui è associata nei caratteri più deboli.

Harold disse: "Una bella visita da parte di mio nipote e del figlio di Hilda... perché tu sei il figlio di Hilda, vero?".

"Sono Kenneth Trachtenberg."

"Già" disse, "il figlio del grande amatore. Tuo padre è un gran bell'uomo. Tu potresti facilmente trovar lavoro come becchino."

Io non mi offesi. Ero abituato a riconoscere la superiorità di mio padre nel suo campo. Inoltre, lo zio Vilitzer mi lasciava perplesso.

S'era fatto parecchio più piccolo per via della vecchiaia. Però si stava battendo per tenere la sua posizione come il Grande Caldo di un tempo. Era un vero combattente. Aveva anche la faccia del vecchio pugile, le guance appiattite, il naso tutto rotto, e gli occhi infossati. Anche qui si appoggiava al tavolo con le nocche, stile barista. Non intendeva sedersi. Non solo la frangetta alla Io, Claudio era arricciata all'indietro, ma anche il labbro superiore, come sempre, e mostrava i denti anche quando parlava. L'abbronzatura del sole della Florida era fuorviante, perché in realtà non stava tanto bene di salute.

"E così vi hanno mandato a batter cassa?"

"Ci hanno mandato, chi?"

"Tuo suocero e il suo socio, Chetnik."

"Il giudice Chetnik è anche socio tuo" disse lo zio.

Lo zio era bravissimo a comportarsi in modo così ragionevole. Io non ci sarei riuscito.

"Amador è una nullità."

"Sono d'accordo. Però l'hai fatto diventare giudice, zio. E le sue sentenze ti erano sempre favorevoli."

"Certo, e che stesse attento. Tu e tua sorella avete fatto male a farmi causa. Lo sai quanto ci avete guadagnato voialtri da questo affare? I tuoi genitori comprarono il terreno con la casa per trecento dollari. E questo per merito mio, che conoscevo uno delle tasse. Cosa avrebbe fatto tuo padre da solo? Stava sempre col naso dentro un libro. Io vi ho tirato via da Jefferson Street, dove eravate circondati da schvartser. alla fin fine tu e tua sorella ne avete ricavato trecentomila dollari. Ti ho fatto fare un affare.

Dicono che non c'è buona azione che rimanga impunita, ed è vero."

"Io non la metterei in questo modo" disse Benn. "In primo luogo, mio padre l'ha pagato settecento dollari, e non trecento. Inoltre, sarebbe più giusto dire che tu avevi dei progetti per quel terreno fin dal principio. Facendo parte della commissione per il piano regolatore sapevi in anticipo in quali zone sarebbe cresciuto il centro dirigenziale. Ai Crader hai dato solo da tenere il terreno per tuo conto. Il che è stata anche una bella cosa. Non nego che tu sia stato gentile."

Senz'altro lo zio aveva assicurato a Matilda e al padre di lei che avrebbe tenuto testa a Vilitzer, con il sottinteso, ora lo capivo, che l'avrebbe fatto a modo suo. Francamente, mi sorprendeva.

Considerando lo stato in cui era a causa delle peculiarità somatiche e della struttura fisica tipica dei Layamon, della tripla rassomiglianza di Matilda, del dottor Layamon e Tony Perkins nelle vesti di nonnetta assassina, più la nuova lagnanza a proposito dei seni della moglie, così distanziati tra loro, e Dio solo sa quali altre stranezze che aveva fisse dentro la testa, mai mi sarei immaginato tanta tranquilla sicurezza di fronte alla rabbia di Vilitzer. Non si mostrava affatto ostile verso suo zio. E voglio anche far rilevare, prima di dimenticarmene, che gli occhi dello zio, di così strana foggia e colore, si erano fatti grandi quanto un paio di occhialoni da aviatore della Prima Guerra mondiale, e rispecchiavano una luce sconfinata.

Vilitzer stava dicendo: "Tu sei troppo signore per darti da fare.

Il lavoro sporco lo lasci fare ai tuoi parenti, e poi arrivi a chiedere la tua parte. Se ti piacciono i soldi, dovevi metterti a farli da te".

"Avresti potuto comportarti meglio con i figli di tua sorella"

disse lo zio.

"Lo vedi!" disse Vilitzer rivolto a me. "Non capisce nemmeno le cose fondamentali. Quando c'entrano i soldi, bisogna essere senza pietà. Io ti chiedo" continuò Vilitzer sempre rivolgendosi a me,

"cosa c'entra mia sorella in questa storia?"

Devo ammettere che provai una certa soddisfazione vedendo che mi si riteneva all'altezza di capire questo messaggio: la Morte è spietata, e dunque le regole fondamentali di condotta debbono comprendere una durezza eguale e opposta. Da ciò consegue che la solidarietà è una balla. Voi capite come ciò si rifletteva sul mio attaccamento verso lo zio, e sull'attaccamento dello zio verso di me. Contro di noi stava il ripudio di Fishl da parte di suo padre, inevitabile quando questa regola rigorosa si era dovuta applicare a seguito dell'aborto mediante agopuntura, delle sue speculazioni sul bestiame e della storia delle carte di credito. I sentimenti che Fishl nutriva nei confronti di suo padre erano un'altra prova della sua inadeguatezza, della sua ignoranza delle regole fondamentali dell'esistenza.

"Ed ecco che adesso vi mandano a minacciarmi" disse lo zio Harold.

"Non è quello che tu hai intenzione di fare che importa, perché tu non sapresti che mosse fare. E' quello che faranno i Layamon, usando te come uomo di paglia."

La luminosità del mattino diffusa in tutta la saletta dal soffitto a vetri forniva a questa conversazione l'equivalente moderno di una luce da chiesa. Il sole, senza gli adempimenti che per natura gli si frappongono al livello del suolo, trasmetteva direttamente un messaggio sulle nostre origini umane. I segnali inviati dalla stella della Terra ci circondavano di fili luminosi. Stava a noi decidere se accorgercene o no. Nessuno è obbligato a farlo, naturalmente.

Indicando l'Electronic Tower sopra di noi, Harold Vilitzer disse:

"Ho fatto una gran cosa, a far sorgere quel grattacielo in questa città. Ho compiuto qualcosa per l'America. E' uno dei più grandi grattacieli mai costruiti. Senza di esso questa città andrebbe allo sfascio come il resto della Fascia della Ruggine. Pensate alle migliaia di posti di lavoro che io ho creato. Inoltre, ho convinto quella multinazionale che questa città ha stabilità. Dovrebbero darmi una medaglia. Ma merda alle medaglie. Mi basterebbe che mi lasciassero in pace. Ma il Governatore non ne ha nessuna intenzione".

"Ma perché proprio il Governatore?" chiesi io.

"Perché ha fatto il Governatore con il gran giurì, mettendo alla porta noi politici. I suoi uomini, che adesso fanno parte degli studi legali più noti della città, hanno fatto il procuratore distrettuale uno dopo l'altro. Voi non sapete da quante parti quei figli di puttana mi stanno venendo addosso."

"E' quello che mi ha detto Fishl" dissi.

"Una volta tanto quello stronzo l'ha azzeccata" gridò suo padre."Okay, Benn, quant'è che vuoi?... Lo so già che si parla di milioni. Vuoi diventare milionario a spese mie."

"Io non ho mai detto questo."

"Me l'hanno mandato a dire" disse lo zio Harold. "Come se non fosse già abbastanza duro per un vecchio il gran giurì e tutto quanto, vogliono anche portarmi davanti a un giudice federale assieme ad Amador Chetnik. Mi faranno a pezzi come un'aringa."

Capivo tutto quanto. Stavano arrivando i nuovi ladri, e i vecchi erano in ritirata. In quarant'anni Vilitzer s'era messo da parte parecchi milioni di dollari. Aveva ricavato parecchio dalla decadenza della città, se l'era rigirata come voleva mentre la città era in ginocchio. Si era preparato una bella vecchiaia. Bay Harbor Island doveva essere la sua Capri (passo da Claudio a Tiberio). Ma ora l'ombra della prigione cadeva sull'ottuagenario. E chi gli toccava vedere tra le fila dei suoi nemici se non suo nipote Benn - quel cretino di botanico?

"A che ti servono due milioni di dollari?" chiese Vilitzer.

Io risposi alla domanda a modo mio, dicendo dentro di me con quella perfetta chiarezza per cui certe volte vado orgoglioso di me stesso: a Benn servono per pagare lo sbaglio che ha fatto legandosi con i Layamon. ciò che esigeva il Roanoke era un eminente scienziato che andasse ad aprire la porta, un genio che lavasse i piatti. Se mai fosse nato un figlio da quella unione, un'autorità nel campo della morfologia vegetale avrebbe cambiato i pannolini. Lo zio era ancora abbastanza vigoroso per avere figli. Per quanto Caroline Bunge potesse essere distratta, non lo era certo al punto di volersi sposare un impotente. Anche se gli era passata accanto senza riconoscerlo quando lui era andato, tutto fervido, all'aeroporto a prenderla, gridava "Tu, angelo, sì, tu!" quando facevano l'amore.

L'atto sessuale era probabilmente l'ultimo punto di contatto che lei aveva con la realtà. Perduto quello, per Caroline sarebbe stata la fine.

"Non credo che mi risponderai, zio Harold" disse Benn, "ma quanto ci hai guadagnato dalla vendita della proprietà?"

"Credi che voglia parlare di queste cose con uno come te?" disse Vilitzer.

"E perché no?"

"Perché tu non sai niente!" Pur arrabbiato com'era, parlava anche come un uomo orgoglioso di aver dedicato la vita all'alto servizio del denaro, e quindi mettersi a discutere di proprietà e di intricati calcoli con Benn significava sminuirsi. Sapeva leggere un bilancio, Benn? Si rendeva conto cosa c'era voluto per tirare dalla sua gli altri membri della commissione per il piano regolatore? Bisognava tener presente che lo zio Harold era andato volontario a combattere la Seconda Guerra mondiale per amor di patria. Sì, e il fatto che avesse fatto soldi con le conoscenze che aveva all'ufficio trasferimenti e la vendita dei residuati bellici non era una contraddizione, visto che l'Economia e l'America erano pressoché la stessa cosa. La domanda dello zio era peggio che sciocca, era da idioti. Come se Vilitzer fosse disposto a dire una cifra! E anche se l'avesse detta, si poteva star certi che sarebbe stata di dieci milioni di dollari inferiore a quella vera. Tanta inettitudine in Benn, prendendola isolatamente dal resto, poteva far pensare a un grado estremo di alienazione dal suo prossimo. E il resto, cioè le grandi capacità di Benn nelle scienze naturali, un uomo come Vilitzer non riusciva nemmeno a vederlo. In quanto a me, non sarei riuscito a comprendere tutto questo così rapidamente, con tanta naturalezza, se non avessi avuto anch'io il bernoccolo degli affari. Era un'esperienza stupefacente, quella della mia rapidità di comprensione. Ma da un altro punto di vista era anche sconcertante.

Era una sorta di tradimento della vita più nobile che sarebbe dovuta venirmi così naturale. Però, non c'era modo di capire l'America senza questo genere di talento: perché allora trastullarsi con la comprensione dell'America se manca l'attitudine? E io tengo molto a questa cosa di essere un uomo del mio tempo. Altrimenti avrei potuto con egual frutto mettermi a meditare sulla Grande Muraglia Cinese.

"Comunque" disse Vilitzer, "io non tratto. Con te, non di certo, e nemmeno con il dottor Layamon, così occupato a intrallazzare che non si riesce a capire dove trova il tempo di curare i suoi pazienti."

"Pensavo si potesse sistemare la faccenda tra di noi senza fare tragedie" disse lo zio Benn.

"Io non faccio nessun tipo di accordo con te" disse Vilitzer. "Non sarebbe definitivo. Non sei tu il padrone di te stesso. Loro ti usano per far pressione su di me. E per quel che mi riguarda non c'è nulla da sistemare."

"Be', se tu avessi dato a Hilda e a me la nostra parte di quanto hai ricavato dal terreno..."

Non facevamo che correre in tondo, pensai. Il vecchio sarebbe morto piuttosto che dar via un solo dollaro degli ottanta milioni che s'era messo da parte. Invece di una filosofia etica aveva un concetto dell'onore, che gli veniva in parte dalla Macchina - la politica dell'amministrazione locale - in parte dalla Mafia e in parte dai film di indiani e cowboy. "Sono ancora capace di battermi mica male"

disse. "Uomini migliori di Layamon e di Chetnik hanno cercato d'incastrarmi. Se mi spaventassi facilmente sarei morto parecchi anni fa. Quegli altri - e tu sai chi voglio dire, eh, il Governatore e i suoi uomini, su fino al ministro della Giustizia - hanno fatto mettere i microfoni a casa mia da un bel pezzo. E' un'indagine dietro l'altra, e hanno passato al microscopio le mie dichiarazioni dei redditi fin dall'anno uno. Sempre minacce nuove, nuovi tipi di pressione, perfino nuove malattie. E' tutto rapimenti, ostaggi, riscatti e terrorismo. Non c'è bisogno di andare a Beirut: lo puoi trovare anche qui, con i sindacalisti furbi che lo mettono in quel posto alle aziende e alle reti televisive organizzando boicottaggi e ogni sorta di merda, e così via su su fino alla Casa Bianca, che tratta con quegli arabi che sequestrano cittadini americani a destra e a sinistra. Voglio dirti in cosa ti sei messo, Benn: a far ricatti."

Io rimasi impressionato da quel vecchio. Non c'era solo rabbia, ma anche analisi e interpretazione.

"E voglio dirvi un'altra cosa" gridò Vilitzer. "Parecchie volte mi hanno spinto contro la croce, e ho il culo tutto pieno di schegge, però ancora non mi ci hanno mai inchiodato."

E cercò di colpire lo zio Benn. Gli tirò un pugno. Io mi misi di mezzo e trattenni il vecchio. Tenendolo lo sentii leggero come un contenitore per uova vuoto. Non c'era rimasto nemmeno un uovo dentro di lui. Non poteva sperare di campare ancora per molto, anche se il cuore postoperatorio picchiava e picchiava. Aveva un pacemaker dentro il petto. Tutto questo sentirono le mie braccia mentre lo tenevo, per poco ma quel tanto sufficiente perché mi vedesse Fishl che era entrato in quel momento. Ma prima che potesse dire "Che succede?", Vilitzer gli urlò: "E te chi diavolo ti ha chiamato?".

"Ma, papà, sono venuto per offrirti..."

"Basta così!" disse suo padre. "Ho la riunione col Governatore."

Quindi uscì di corsa - vacillando - e noi rimanemmo lì in silenzio.

Lo zio era così sconvolto che non riuscì a parlare; aveva la parte superiore del corpo paralizzata come uno che trattenga il respiro.

Fishl stava zitto perché le sue speranze di ordine sentimentale gli erano state strappate di sotto. Era accorso per salvare il suo vecchio e riconciliarsi con lui. E siccome io non ero uno dei protagonisti, non era il caso che parlassi io. Non so quale dei colpi sferrati dal vecchio Vilitzer avesse colpito di più lo zio. Forse era stato quel "A che ti servono due milioni di dollari?" Questo era stato probabilmente il peggiore. Tu vai dall'anziano fratello di tua madre e gli chiedi due milioni di dollari. Per far che? E non si tratta nemmeno di una richiesta tua. Tu la fai per conto di qualcun altro. Se sei un esatto chiaroveggente delle piante, a che ti serve tanta grana? Tanto più se studi i licheni, questi umili organismi che riescono a vivere di nuda roccia, di correnti d'aria, di qualche squarcio di sole. E questo era solo l'inizio della resa emotiva - il rendu émotif - della prova del desiderio, questa prova che il destino ha approntato per tutti noi.

Fishl, ancora imbevuto di ideali imprenditoriali, doveva riprendere il suo imprenditoriale controllo di sé e quindi fece più fatica dello zio a padroneggiare le sue emozioni. Si riorganizzò rapidamente e riprese a essere se stesso. Mi pare d'aver già detto che era dolce e calmo d'aspetto. La sua immagine preferita, quella che abitualmente proiettava, era fatta di serena compostezza. La fronte era distesa.

La corrugava non quando era perplesso lui, ma quando lo eri tu.

Quando chiesero a Herbert Spencer come mai dopo tanti anni di pensiero aveva sempre la fronte priva di rughe, lui rispose che mai gli era capitato di restar a lungo perplesso per qualche problema.

Fishl era anche lui un Uomo con le Risposte così. "Ti spiacerebbe spiegarmi" mi chiese, "perché hai messo le mani addosso al mio vecchio padre?"

"Non gli ho messo le mani addosso, lo tenevo fermo soltanto." E

poi, avendo appreso che nel mondo imprenditoriale è in vantaggio chi fa le domande, aggiunsi: "Come potrei mettergli le mani addosso? A un ottuagenario che ha subito un intervento a cuore aperto? Volevo impedirgli di prendere a pugni Benn".

"Vuoi dire che ha cercato di colpire Benn?"

"Voleva prenderlo a pugni."

"Non vi avevo pregato di non farlo? Di darmi il tempo di prepararlo?"

"Era impossibile rimandare ancora."

"Sarete stati meglio consigliati, allora" disse Fishl con il tono di voce che si usa nei dibattiti parlamentari. "A giudicare dai risultati. O magari avete pensato che avrei potuto danneggiare la vostra causa? Vi avevo chiesto di lasciarlo stare. E' un povero diavolo che non ne può più."

"Sì, certo" dissi io, "però ancora non sopporta di essere contrariato, ed era incazzato fin dall'inizio."

"Perché avete fatto lega con i suoi peggiori nemici."

"Comunque, voleva picchiare lo zio Benn."

Le mie braccia ancora conservavano il ricordo sensoriale della leggerezza di Vilitzer. non era neppure un involucro d'argilla; era fatto di vimini, di plastica porosa. Solo il pacemaker che aveva sotto la camicia pesava qualche cosa. E tuttavia non si separava da uno solo dei suoi dollari così come Michelangelo, pur malato e debole, si rifiutava di venir giù dall'impalcatura della Cappella Sistina.

"Va bene, allora vado ad aspettare in ufficio mentre il Governatore dice alla commissione che intenzioni ha - quello sì è uno che sa esattamente quello che vuole. Ora lasciate in pace mio padre, eh? E'

colpa vostra se è in quello stato. E' pericoloso. E poi ha addosso tanta di quella gente... Voglio dirti una cosa, cugino Benn, avrei avuto più stima di te se ti fossi messo contro di lui di tua iniziativa, e non dietro istruzione di terze persone."

Benn non disse nulla. Matilda, la spettacolare bellezza di ParrishPlace, non era una terza persona, e se non sei disposto a fare tutto il possibile per compiacere una donna le prime settimane di matrimonio, allora avresti fatto meglio a restare scapolo.

"Se il tuo vecchio non stesse ancora intrallazzando e intrigando"

dissi io, "quello che dici sarebbe più giustificato. Invece ci marcia ancora a tutto vapore, e che Benn cercasse di parlargli era perfettamente ragionevole."

"Se riesci a mettergli in pace la coscienza, congratulazioni."

Avevamo rovinato a Fishl la sua grande occasione e lui era amareggiato e triste. Gli era insopportabile che il vecchio morisse senza riconciliarsi con lui. Qui ero d'accordo, la sua era una fantasticheria filiale che condividevo appieno e che speravo si avverasse.

"Sono soltanto io, il figliol prodigo del cazzo, che capisce quel vecchio bastardo."

Fishl non disse altro. Doveva andare. Il Governatore non avrebbe perso troppo tempo con la commissione. Che intenzioni aveva adesso Fishl riguardo suo padre?

Quando se ne fu andato, lo zio chiuse gli occhi e lasciò sfuggire un lungo sospiro. Io dissi: "Comunque, hai fatto del tuo meglio".

"Mi chiedo se c'era qualcosa di giusto da fare."

"Se era possibile spuntarla, vuoi dire?"

"A nessuno piace fare la figura del cretino."

"Che posizione prenderai con quelli di Parrish Place?"

Lui alzò le spalle. "Non voglio prendere nessuna posizione. Non mi va di veder finire lo zio Harold sotto processo. E a te?"

"Noi c'entriamo solo fino a un certo punto. Sotto processo finirebbe comunque."

"Volevo dire, ti andrebbe di averne anche tu la responsabilità?

Cosa farò con Parrish Place? Non voglio altre discussioni con il Dottore. Discuteremo la faccenda Matilda e io. Tra marito e moglie."

"T'interessa una previsione su quello che dirà?"

No, non gli interessava. Aveva un'espressione insolitamente neutra.

"Partiamo per il Brasile dopodomani."

Pensava forse di andarsene lasciando il problema irrisolto? Cosa avrebbe fatto il dottor Layamon a nome suo mentre lui era via? Che decisioni avrebbe preso il giudice Chetnik? Tirando in ballo Vilitzer, Chetnik poteva farsi ridurre la condanna di dieci anni.

"Pensi che Matilda sia disposta ad accettare un'alternativa? A rinunciare ai suoi programmi con il Roanoke?"

"A quanto pare hai già deciso che Matilda è una che non molla."

La verità pura e semplice era che lui non faceva a Matilda nessuna colpa. I suoi motivi di scontentezza, nonostante i segreti che aveva confessato - dapprima le spalle di lei, quindi i seni (poi sarebbe potuta venire la curva interna delle cosce o, cosa più imbarazzante, una lagnanza di ordine direttamente sessuale) - non si traducevano in difetti di carattere. Matilda rimaneva bella. Qui egli non aveva incertezze. Né criticava la sua condotta. Non diceva: Ha fatto male a mettermi contro lo zio Harold. Quindi immaginavo che l'enormità delle sue fantasie (timoroso di dormire nello stesso letto di lei quella notte nel Berkshire perché avrebbe potuto strangolarla nel sonno) lo costringessero a dir di sì. Non vedeva le offese degli altri, non prendeva nemmeno in considerazione i torti che gli venivano fatti, per il motivo che era tutto preso a esaminare, sorvegliare, interrogare, schedare e prendere le impronte digitali a se stesso.

Non aveva mai una parola sgarbata nei confronti delle varie Della Bedell, delle Rajashwari indiane, delle Caroline Bunge. Era lui quello che aveva le intenzioni criminali. Ecco quindi che dava retta a Matilda perché le aveva fatto un torto con il pensiero. Che si prenda il Roanoke con i suoi venti enormi locali. Lui aveva probabilmente bisogno di ancora più spazio per la sua cattiva coscienza. Se gli veniva l'idea di ucciderla o qualche altra pazza fantasia, poteva scacciarla senza scomodarsi. "Rinchiudetemi. Non ci si può fidare a lasciarmi in libertà. Non voglio essere libero."

Adesso sono del parere che sono troppo duro con lui. Ma sto raccontando la cosa così come è successa.

Tornando a casa in quella serra che era l'autobus, riflettei su entrambe le situazioni difficili: tra Fishl e suo padre e tra Benn e Matilda. Non era molto probabile che Fishl riuscisse a fare la pace con Vilitzer, e non seppi mai se Harold avesse offerto al figlio l'opportunità di fare la sua dichiarazione d'affetto. Quello che so per certo è che Harold prese l'aereo e tornò a Bay Harbor Island (Miami Beach) non appena il Governatore ebbe finito, e che Fishl lo seguì. Sono meglio informato sulla conversazione che Benn ebbe con Matilda. Lo zio mi telefonò più tardi quel giorno stesso e me ne parlò. Fortunatamente il Dottore era andato al club. Quando faceva troppo freddo per giocare a golf, passava il pomeriggio del sabato a giocare a carte e a bere. Aveva bisogno di compagnia maschile, puntava forte e raccoglieva importanti informazioni politiche nella tetra sala da gioco.

"Io e Matilda abbiamo pranzato da soli" disse Benn. "Jo aveva da fare nel suo studio... dove c'è l'azalea. Così noi due abbiamo mangiato un sandwich nell'angolo della colazione."

Lo zio non mangiava mai molto a pranzo, e quel giorno aveva lo stomaco chiuso. L'udienza gli aveva fatto lo stesso effetto di quello spogliarello a Kyoto. Sesso "duro", per così dire, eccitamento astratto, prosaicità esasperante di quando le ragazze invitavano il pubblico ad osservare i loro segreti più intimi. Allora lo zio aveva cercato protezione nella monogamia e nella domesticità. Dunque ora la moglie gli diede un sandwich di petto di tacchino con il pane poco cotto. La maionese piccante che egli chiese a mo' di condimento non servì a rendere la carne meno asciutta. Talvolta lo zio aveva problemi di deglutizione, globus hystericus e difficoltà a inghiottire. Ma come, in una cucina così bella, con le pentole di rame che luccicavano appese alle pareti, il bancone così ben strofinato, pronto a passare un'ispezione di Annapolis? be', c'era anche l'Electronic Tower che si faceva avanti in mezzo alla nebbiolina e al solicello invernale, le due grandi antenne simili a un diapason. Lo zio poteva sempre vedere il luogo in cui aveva trascorso alcuni degli anni migliori della sua vita, dove aveva cominciato a maturare la sua vocazione di botanico, dove aveva sperimentato l'innamoramento per la figlia del sarto, lui non è che valutasse poi troppo quel periodo, da un punto di vista sentimentale.

Sono io che lo faccio per lui, spinto dalla gola secca di cui mi aveva detto e dalle sue difficoltà di deglutizione. Non si esigevano certe cose da lui nei giorni in cui le gazze indiane venivano a stormi a mangiare le more bianche nel cortile fangoso. Allora era uno studente senza averi. Ora "aveva" qualcosa, e c'erano aspettative ed esigenze da soddisfare. Aveva una moglie. Questa moglie aveva una famiglia. Tutti insieme costoro si accingevano ad "avere cura di lui". Bisognava che Matilda, per dirla tutta, agisse al posto suo quando egli non era capace di agire da sé. Dal punto di vista di lei, forse, Benn aveva bisogno di qualcuno che facesse ciò che era necessario fare, e lei lo faceva. Benn aveva sposato una donna di classe e non poteva pretendere di farle fare una vita comune. Benn non aveva mai detto chiaramente di non volere che Vilitzer gli desse due o tre milioni di dollari così che ne venisse "reintegrato", come dicevano nei quartieri alti. Io credo che Matilda fosse convinta di avere col marito un rapporto di affettuosa partecipazione, e che lui l'avesse sposata non solo per la sua bellezza ma anche per le sue capacità, una delle quali era il talento imprenditoriale. Matilda si limitava a fare quanto ci si attendeva da lei, il suo dovere così come lei lo concepiva. In seguito mi disse che aveva capito perfettamente quanto lo turbasse l'incontro con Vilitzer. L'aveva accolto a casa con un vestito rosso che gli piaceva particolarmente, un modello molto fine con colletto alla russa. Non rosso rosso, ma di un colore di caco maturo, arancione rossastro, con tasche in sbieco e un braccialetto di corallo e orecchini di cammeo in tinta. Aveva chiesto a sua madre di restare nel suo studio e di saltare il pranzo.

"Mi ero anche tirata su i capelli come piaceva a lui. Benn era del parere che a una donna si dovesse vedere il collo e non apprezzava i capelli sciolti sulle spalle, stile studentessa, o, come diceva lui, stile Alice nel Paese delle Meraviglie. Tuo zio aveva a volte esigenze molto particolari. Tutto doveva essere in quel certo modo e non in un altro. Anche in campo sessuale."

"Puoi fare un esempio?"

"No. Una cosa, però... non gli andava che l'alito sapesse di sigaretta o di whisky."

"Di difficile contentatura?"

"Non hai idea di quanto fosse esigente. E, nel caso che avessi dei dubbi, io lo facevo volentieri."

"Si parla liberamente di certe cose, al giorno d'oggi. Grazie a Dio, il riserbo d'un tempo non c'è più. Pensa alla tua amica Marguerite Duras. o, anche, al marchese De Sade" dissi io.

"Oh, nulla di particolarmente strano. Non certo tuo zio. Non farmi dire quello che non ho detto. Niente perversioni. Era solo, come dire, in un certo senso meticoloso. Gli piacevano le camicette coi pizzi."

Quello che desideravo scoprire era quanto tenesse veramente allo zio. Che importanza aveva per lei, quanto credesse in lui. Questo preferì non rivelarmelo. Mi fu consentito di supporre che Matilda venisse sollecitata a mettersi una camicetta coi pizzi quando facevano l'amore. E che egli mostrasse una decisa preferenza per il fondo del letto e per un certo angolo del materasso. Io avevo scarsissimo interesse per i particolari di questo tipo. Come ormai si sarà capito, ho un debole per i grandi problemi. Il significato dell'amore. Il sacrificio dell'egoismo per la salvezza dell'individualità. Come Soloviev e gli altri russi che mi sono cari.

L'egoista che si attribuisce un enorme valore e si ritiene importante in assoluto ha in un certo senso ragione, giacché ogni essere umano, in quanto centro di poteri vitali e in quanto possibilità di perfezione infinita, è potenzialmente in grado di avere un'importanza e un valore assoluti e non può darsi un valore eccessivo. Però è ingiusto rifiutare di dare la stessa importanza agli altri. Dunque cosa m'importa se lo zio trascinava la sua signora ai piedi del letto per goderla, giacché i rapporti sessuali rappresentano l'amore par excellence quando sono autenticamente fondati? Ma questo non importa.

In quel periodo, e cioè molto dopo gli avvenimenti qui narrati, Matilda cercava di tirarmi fuori delle informazioni e dunque parlava con una certa franchezza al fine di indurmi a fare altrettanto. In quanto frequentatrice della letteratura francese più raffinata e d'avanguardia, doveva avere una certa conoscenza, come minimo libresca, di scopate capricciose e raffinate. Va da sé che io non avevo avuto mai occasione di osservare lo zio sfrenarsi in una camera da letto (quello sì che sarebbe stato uno spettacolo!), però credo di poter tranquillamente affermare che le pratiche sessuali fuori dell'ordinario avrebbero potuto soltanto confonderlo. E neppure credo che Matilda si aspettasse qualcosa del genere dalla vita matrimoniale, per quanto il Dottore avesse fatto delle allusioni a Benn riguardo le invenzioni erotiche delle giovani generazioni, citando Manson e compagni: droghe, copula e assassinio, l'incubo di un padre di famiglia, e anche di un marito. Il Dottore si stava lavorando lo zio quando diceva che un padre avrebbe dato la testa contro il muro pensando alle cose che aveva fatto la figlia. Ma non si trattava che di satanismo borghese, nonché, da un punto di vista emozionale, di una forma di arrivismo sociale, poiché Layamon non era Augusto e sua figlia non era Giulia, e non possedeva un impero ma solo un portafoglio azionario, e per Matilda una vita al Roanoke con Benn non equivaleva all'esilio. Comunque, i trucchi psicologici del Dottore non ebbero effetto su Benn. Non gli fecero semplicemente né caldo né freddo. Lo zio si considerava il viandante stanco della poesia di Poe. Quella era la sua forza. Matilda voleva diventare una donna manager nel mondo della finanza ma anche essere confortevolmente maritata a un rispettabile professore, e fare la vita alla grande al Roanoke, dove (essendo una signora che parlava un perfetto francese) avrebbe potuto avere qualcosa di simile a un salotto anche in una città volgare com'è questa. Inoltre, Matilda amava moltissimo dormire sodo, attività per cui il Roanoke era l'ambiente ideale.

Questo stabilisce l'orbita, definisce un'altra volta i confini. Ho sempre paura che i confini mi scappino via. Benn mi telefonò parecchie volte per riferire sulla conversazione avuta con Matilda nell'angolo della colazione con il sandwich di tacchino. Per quanta birra bevesse, mi disse, continuava ad avere la bocca secca. Al telefono sembrava parecchio confuso, discorsi a ruota libera, parole in libertà, riferimenti incoerenti a Charles Addams. appena messo giù mi richiamava perché aveva dimenticato qualcosa. Inoltre, in questo stesso weekend - tali sono le nostre pause di riposo - saltò fuori di nuovo il mio problema con Treckie. L'investigatore che la signora Sterling aveva assunto a Seattle le aveva dato una notizia imprevista e molto inquietante. Treckie stava per sposare il tizio che vendeva gatti delle nevi. E non era tutto qui. Giacché le vendite di gatti delle nevi hanno un andamento spiccatamente stagionale, Treckie e il futuro marito avevano intenzione di mettersi a battere i mercatini delle pulci. Avrebbero fatto base a Puget Sound facendo il giro dei mercatini con il camion o la roulotte o il camper. la piccola Nancy sarebbe andata con loro, naturalmente, anche se avrei avuto la possibilità di tenerla con me d'estate, quando Treckie avrebbe avuto più da fare. Il tono della signora Sterling, che mi telefonava dall'aeroporto, si fece amaro: "E tu che volevi tergiversare!".

Questo era parlare da donna offesa! "Questa è una circostanza in cui ti serve aiuto." L'aiuto di una donna, era sottinteso. Già, ma e il costo? Ovunque ti giri ci sono costi, costi e altri costi. Ormai anche gli angeli che annotano i buoni e i cattivi dovranno diventare ragionieri o contabili per capire cos'è che annotano. Sposa la nonna di tua figlia e vedrai che non avrai più grane. "Cosa intendi fare a questo proposito... se intendi fare qualcosa?" disse Tanya Sterling con sarcasmo alquanto pesante.

Fare? Avrei dovuto prendere l'aereo per Seattle. Già volare per cinquemila miglia era fare qualcosa, e questo di prendere l'aereo sarebbe stato forse il principale dei miei sforzi. Cosa sarei stato capace di combinare una volta a terra, non lo poteva sapere nessuno.

Comunque, potevo prendere il primo volo ed essere di ritorno per mezzanotte. Lo zio e Matilda dovevano fare i bagagli. Prima di una lunga assenza, lo zio andava sempre dall'avvocato a controllare il testamento. C'erano sempre dei codicilli dell'ultimo minuto.

Sicuramente Benn sarebbe stato occupatissimo. Inoltre, forse la cosa non era così urgente come diceva Tanya Sterling. Le personalità autoritarie tendono a darti sempre una tabella di marcia, e più sei cretino più sono perentori i loro ordini. Di certo quello non era il giorno più adatto per partire. Anche qui c'era bisogno di me. Pensai anche che in Brasile potevano succedere delle cose terribili. Una crisi persistente, che si faceva anzi sempre più acuta, e Benn senza nessuno con cui parlare: cosa avrebbe fatto senza di me? Chiesi a Tanya Sterling di darmi il nome del suo detective di Seattle. Lei si mostrò riluttante. Credo sia una cosa contraria all'etica professionale, disse. "No, se lo paghi. Un contatto diretto è meglio.

Le informazioni adesso le ho di seconda mano" spiegai. Lei disse che la cosa non le andava, ma alla fine mi diede il numero. Adesso avrei visto quanto era sincera. Lei disse che mi riteneva una persona più fiduciosa.

Chiedo scusa per queste digressioni. Devo raccontare la storia così come è successa. Dopo tutto, ci ho avuto parte anch'io. Forse sono turbato, perché devo fare uno sforzo notevole per tornare a Matilda e a Benn nell'angolo della colazione. Dunque eccoli lì, con l'Electronic Tower in vista. Non dovete credere che fosse sempre una vista opprimente. I grattacieli, come tutti sanno, rappresentano anche un'aspirazione alla libertà, una tensione verso l'alto. Possono essere pieni di abominevoli imprese industriali, ma comunicano anche un'idea del trascendente. Forse ci fuorviano, o tradiscono le nostre speranze con un'analogia solo apparente.

Comunque, i due stanno parlando dello zio Vilitzer. matilda cerca di comportarsi bene mentre lo zio, scosso dalla vecchiaia dello zio Vilitzer (e dalla disintegrazione delle funzioni umane illustrata dal caso Cusper), cerca di dirle quanto ne è rimasto colpito. Be', Matilda doveva portare pazienza. E' difficile che queste cose c'importino, e forse anche più difficile è rispondere all'appello di chi vorrebbe che facessimo lo sforzo di farcele importare. Ci dicono che sono morte centinaia di persone, e poi che i morti sono migliaia.

Ora, come si fa a quantificare le nostre reazioni la prima e la seconda volta? Quanto restiamo più scossi dalle migliaia di morti?

Mille morti sono dieci volte peggio di cento oppure, una volta che molti sono caduti nell'abisso, addirittura non proviamo più nessuna emozione? Non si può far più nulla per costoro, i morti sono morti.

Dobbiamo badare soprattutto ai vivi. Non che ci si trovi poi tanto bene, con questi ultimi. Così, sentendo del povero Vilitzer, Matilda presentò a Benn una comprensione simbolica al momento giusto. Dopo di che, basta.

"Caro, be', è terribile, effettivamente, ma cos'altro potresti fare?"

"Dobbiamo proprio farceli dare, quei soldi?"

"Come, dobbiamo? Se la proprietà valeva quindici milioni di dollari e lui ve ne ha dati solo due o trecentomila. Non è giusto. E'

maledettamente ingiusto."

"Sì, ma lui ha sempre vissuto per i soldi. Ci si è dato con tutto se stesso. Io no."

"Chi di spada ferisce, come dici sempre tu" gli rammentò Matilda.

"Sì, ma perché dovrei perire sotto la sua spada? Non potremmo vivere altrettanto bene senza tutti questi soldi?"

"Sarebbe forse teoricamente possibile" rispose Matilda, apparentemente pensandoci su.

"Mica siamo costretti ad andare a stare proprio al Roanoke. E' un posto grazioso, sì. Però vale mezzo milione di dollari, forse settecentomila. Con tutti questi soldi potremmo vivere alla grande ovunque."

"Tu sei uno studioso, e non vedi la situazione così come la può vedere una come me. Sono io quella che verrà giudicata secondo la casa che abitiamo, il gusto dell'arredamento, lo stile dell'ospitalità. Tu saresti molto più felice se io sentissi che le mie esigenze sono soddisfatte."

"Potremmo farci dare un prestito dal Dottore, con il Roanoke come garanzia."

"Questa è un'altra cosa che preferirei evitare. Non voglio più dipendere da papà e mamma."

Parlava affettuosamente a Benn, seduta ben diritta e molto composta, fumando le sue sigarette ma attenta a tenere il portacenere sottovento, forse rendendosi conto che l'odore aveva su di lui un effetto lievemente deprimente.

"Una cosa, a proposito di discorsi di soldi" disse Benn. "Far soldi tiene la gente sveglia; non è mai tanto sveglia come quando si tratta di far soldi. Poi, quando i soldi ce li hanno, li spendono come in sogno."

"Ah!" disse Matilda. "Applicando questo concetto al bilancio dello Stato, allora sì che quando si spendono miliardi e miliardi di dollari la luce della ragione deve essere spenta per forza. La cosa ha un suo lato fantastico, non è vero?" Matilda levò soddisfatta gli occhi al soffitto, e soffiò il fumo verso l'alto.

"Cos'altro devo fare riguardo allo zio Vilitzer?"

"Hai fatto tutto ciò che era necessario. Non mi aspettavo che cedesse."

"E mentre saremo via in Brasile?"

"Il ministero della Giustizia porterà avanti il caso comunque. Noi non possiamo farci nulla. Vilitzer avrebbe potuto rafforzare la sua posizione assicurandosi la neutralità di Chetnik. Ha fatto male a metterselo contro; avrebbe dovuto tirarlo dalla sua parte."

"Ancora non capisco perché a sposarci sia venuto proprio quel bastardo infido."

"Oh, è stata un'idea di papà. Ha voluto che venisse per una questione di classe."

"Mi si fanno le cose dietro le spalle" disse Benn. "Ho una strana sensazione... E poi, non sono mai stato via tanto a lungo dal mio lavoro."

"In Brasile potrai tornare a dedicarti alla tua professione."

"E come, girando per tutto il paese a tenere conferenze? E poi, una volta tornati, ci sarà il Roanoke da sistemare, e poi il trasloco..."

"Be'" disse freddamente Matilda, "dovresti vivere la vita con maggiore immediatezza. Così vivono tutti, per lo più, nel presente, giorno per giorno. Con questo non voglio dire che devi fare come fanno gli altri. Il tuo fascino è anche in questo, che non fai come fanno gli altri. Ma la donna che hai sposato ha una propensione per la vita come viene viene, e se tu vuoi farle piacere... E se le vuoi bene, vorrai per forza farle piacere..."

Certo! pensò lo zio (si era ricordato di riferirmelo). Se vuoi sposare una bella donna, ti devi per forza aspettare delle difficoltà. La bellezza è solo per i coraggiosi. Le difficoltà possiamo chiamarle "farle piacere", o comunque fare quello che lei vuole che tu faccia. Ora riepiloghiamo brevemente. Tu hai dei desideri; è l'Eros maschile; imbocchi la via della sessualità e questa ti conduce alla lascivia, e la lascivia ti porta alla follia, un mondo di pazzia ti investe in piena faccia. E' un film ignobile che ti fa sentire in mezzo a questo, e la scoperta successiva è che tu sei grottesco quanto gli altri sono pazzi. Improvvisamente le spalle di lei torreggiano sopra di te come le Ande, e non puoi nemmeno prenderle entrambi i seni in una mano perché sono troppo distanziati. Se anche lei è altrettanto insoddisfatta di te, non lo saprai mai. Non puoi sapere se il tuo apparato genitale la soddisfa o se lei preferisce accontentarsi prudentemente e non tener conto di questi dettagli marginali per salvare il matrimonio. E infine, stai anche dando addosso a tuo zio, che ha ottant'anni ed è malato.

Lo zio mi disse: "Quando la moglie a sangue freddo ti fa queste proiezioni esistenziali a lunga portata, ti viene da fartela addosso, lo sai?"

"Certo che lo so. Le hai detto che non vuoi fare altre pressioni su Vilitzer?"

"Sì che gliel'ho detto. Però lei ha risposto: "Il motivo per cui ho voluto che tu andassi da lui è che Kolisko - sarebbe il procuratore federale - ha comunque già preparato l'imputazione"."

"Allora forse Amador Chetnik ha già testimoniato davanti al gran giurì. E se in questo caso lo zio Vilitzer ne fosse stato già informato?"

"Che Dio ti benedica, Kenneth. A me non sarebbe mai venuto in mente."

Perché mai dovesse benedirmi per una semplice riflessione, proprio non capivo. Forse significava un'altra cosa, e cioè che io ero al suo fianco e lui mi stava stringendo la mano per telefono. Così l'interpretai.

A questa telefonata seguirono parecchie altre, quel giorno, e tutte improntate a nervosismo. Telefonò anche il cugino Fishl, che intendeva seguire suo padre a Miami Beach. "Non sta bene" mi disse.

"L'hai visto?"

"Non mi ci hanno lasciato parlare, ma senz'altro c'è qualcosa che non va. Ma che diamine gli avete fatto, voi due?"

"Senti, Fishl, piantala di trattarci come biechi figuri. Quanto non sta bene?"

"Parecchio. Non sopporto il pensiero che possa morire. Mi sconvolge!"

La più grande virtù di Fishl era dopo tutto la pietà filiale. Anche i suoi sbagli derivavano dal desiderio di distinguersi dai fratelli dal cuore gelido e superficiale; erano un tentativo di proseguire la carriera di suo padre, un'offerta fatta con cuore sincero. Ma suo padre non desiderava un successore, e non aveva occhi né per i tentativi né per le offerte. Probabilmente nei figli preferiva la rispettabilità. Così avrebbero potuto riciclare il suo denaro sporco.

Fishl disse che mi avrebbe tenuto informato da Miami, ma che però avrei dovuto accollarmi io il costo delle telefonate, era scarso di fondi fino a questo punto. Io dissi: "Sì, certo, tienimi informato".

Mi venne in mente che Fishl non aveva nessuno al mondo cui rivolgersi. Nelle questioni in cui entravano i sentimenti, ero io il suo ultimo contatto.

Quella notte dormii male. Alle tre del mattino mi arresi all'insonnia e mi alzai. Tutte quelle grane messe assieme erano più di quanto potessi sopportare. Mi stavo scaldando del latte con dentro un po' di rum sul fornelletto elettrico quando suonò il telefono.

"Ti ho svegliato?" domandò lo zio.

"Non dormivo. Che c'è?"

"Brutte notizie."

"Dove sei?"

"Sempre giù in lavanderia. Verso mezzanotte ha telefonato Fishl. Ha detto che non sa quanto possa durare ancora lo zio Vilitzer. Era in lista d'attesa all'aeroporto. Non ha i soldi per pagarsi il biglietto fino in Florida. Era furibondo. Come se fosse colpa mia!"

"Solo il fatto che dica una cosa del genere è doloroso" commentai io. "Anche se non è vero, ci ferisce lo stesso."

"Sono completamente disorientato" disse lo zio. Era scosso più di quanto si potesse attribuire alla telefonata di Fishl. "Ho voluto un tipo di vita che non sono in grado di reggere. Prima mi sembrava sbagliato anche solo pensarlo. Mi dicevo che sarei rimasto a galla comunque. Quando mi hai detto che mi sono rovinato con questo matrimonio, mi sono indignato. Ho detto: "Come sarebbe a dire! E' una bella donna. Così dotata"."

"Però poi hai cambiato atteggiamento. Hai detto che se ti dessero una martellata in testa vedresti dieci Matilde, una sola delle quali è quella che amavi. La domanda che viene naturale è: "Quale?"."

"Era solo una metafora" disse lo zio. Aveva ragione quando diceva che non si può essere ritenuti responsabili di una figura retorica.

"Avevo ricevuto un avvertimento, con quel film, perché non la sposassi. Non ne ho tenuto conto, e ho peccato. Ma uno come me, uno abituato alla scienza, non può andare avanti per rivelazioni. Non si può essere razionali e contemporaneamente convivere con il peccato."

"Oh, zio, questo è stato il tuo errore. Ti è mancato il coraggio di scappare. Non sei, dopo tutto, un tipo molto razionale."

"Sì, lo ripeti spesso. Senti, è notte fonda, e questa cosa riguarda me e te soltanto. Per cui dimmi..."

"Il tuo modo di vedere le cose non è assolutamente razionale. Gli altri non vedono quello che vedi tu. Tu non hai bisogno di crearti delle difese contro quello che vedi nelle piante."

"Una specie di infantilismo" disse Benn. "Quando si è bambini si ha dentro un mondo come tutto di satin..."

"La maturità avanza minacciosa. Il satin comincia a mostrare la corda, si sciupa..."

"Bisogna esser falsi per poter tirare avanti. Questione di sopravvivenza" disse lo zio con un tono più di domanda che di affermazione. "Tu hai il dono di sapermi dire ciò di cui ho più bisogno, Kenneth."

Non riuscivo molto bene a immaginarmi cosa avesse in mente laggiù nella lavanderia, alle tre di notte, ora che spesso è legata alla notte scura dell'anima. Mi pareva fosse ormai andato al di là della condizione di agitazione cui ero abituato. Cercava di dirmi qualcosa di particolarmente importante. Voleva che gli ricordassi che lui era un visionario delle piante, predisposto a stati di trance d'ispirazione vegetale. E certe volte mi aveva chiesto, con un tono alquanto misterioso: e se avessi questo dono anche con le persone?

Forse l'aveva avuto, ma aveva anche deciso in segreto di amputarselo, perché non si può scegliere cosa si vede, quando si vedono non solo i fenomeni ma anche le forze che stanno dietro di essi. Non c'è bisogno di difendersi dai licheni, dopo tutto.

"Dunque dimmi, zio Benn. Cosa sta succedendo?"

"Sì, te lo dirò. Per questo ti ho telefonato. Sono sconvolto. Non ti avrei svegliato, altrimenti. La telefonata di Fishl mi ha sconvolto. Fortunatamente non ha svegliato tutti quanti, ma io non avevo più voglia di tornare a letto e mi sono messo a girare per il superattico. Quando le cose vanno molto male, spesso riesco a tirarmi su con l'azalea che c'è nello studio di Jo Layamon."

"Che è zona proibita."

"Ho aperto la porta e ho cercato a tentoni l'interruttore. Questa volta avevo davvero bisogno di un contatto con il mondo vegetale. Non intendo mettermi a parlare della natura del desiderio. Ha qualcosa a che fare con il fatto che sono vivo. Lasciamo perdere. Questa volta sono entrato e mi sono avvicinato all'azalea. Qualche volta mi ero un po' meravigliato perché non avevo mai visto un fiore caduto. Avevo attribuito la cosa al grande senso di pulizia di mia suocera, che tiene la casa in modo impeccabile. E poi ho capito. L'azalea è finta."

"Un momento, un momento. Vuoi dire che è artificiale?"

"Fatta di seta. Probabilmente a Taiwan o a Hong Kong. Un'imitazione maledettamente perfetta. Falsa, però. Un'azalea fasulla...

un'imitazione, un imbroglio, un'impostura, una simulazione, una finzione! E io che per settimane e settimane ho tratto conforto da questo prodotto artificiale. Ogni volta che avevo bisogno di un punto fermo, di un contatto, di uno slancio, mi rivolgevo a lei. Pensa, Kenneth! Dopo tutti questi anni di rapporti ininterrotti con le piante, esser giocato in questo modo." Me lo immaginavo benissimo mentre così si sfogava in mezzo alle lavatrici e alle essiccatrici.

"L'unica cosa su cui ho sempre potuto contare. Il mio lavoro, il mio istinto, il mio contatto... E' andato tutto a farsi benedire."

"E' un brutto segno" dissi. Cos'altro potevo dire?

"Un segno? Evidentemente non capisci la gravità della cosa. L'ho perso. Settimane e settimane di contatto immaginario!"

Il suo tesoro più caro perduto! Non è che non capissi cosa mi stava dicendo. Se mai lo capivo troppo bene.

"Sono stato punito, Kenneth. Per tutte le falsità che ho commesso, un oggetto falso mi ha punito."

"Calma zio."

"Avevo perso la testa."

"Hai ancora il satin che è dentro di te. Ne sono sicurissimo, Benn."

"Mi ero messo a cercare un satin tutto diverso."

Forse con questo si riferiva allo spettacolo che avevamo visto a Kyoto, di cui avevamo parlato usando questo termine.

"Ma no. Eri innamorato."

"L'amore non avrebbe portato a una situazione del genere" fu la sua risposta.

"Inutile continuare a girarci attorno" dissi. "Non puoi star lì nella lavanderia per tutta la notte."

"Meglio qui che di sopra. C'è una maledizione su quel dannato superattico."

"Prendi un po' di idrato di cloralio e mettiti fuori combattimento"

consigliai io.

"Per poi domani rimanere suonato tutto il giorno? Assolutamente no.

Devo avere la mente lucida da ora in poi. Altrimenti... E' tempo di prendere in mano la situazione."

Quando misi giù e mi rincantucciai nel mio letto solitario, non riuscivo a immaginare come potesse fare a prendere in mano la situazione. Prima di riappendere avevo cercato di consolarlo dicendogli, come al solito: "Chiamami a qualsiasi ora del giorno o della notte". Ma non avevo idea di come avrei potuto aiutarlo. Ciò che era successo a lui colpiva anche me. Percepivo le perturbazioni che si allargavano sempre di più mentre me ne stavo lì sdraiato, e mi rendevo conto che ormai non potevo più fare a meno del suo spirito, senza il cui sostegno perdevo ogni risorsa, la città stessa diventava un fardello. Anche gli Usa, questa enorme impresa post-storica che regge i nostri destini, perdeva di slancio, s'afflosciava, si faceva molle. A questo punto affiorò dentro di me l'orribile sospetto che il prezzo del dinamismo degli Usa fosse più alto di quanto non avessi calcolato. Ero stato avvertito di girare al largo. Entrambi i miei genitori mi avevano detto che stavo facendo uno sbaglio. Soprattutto mio padre diceva che ero troppo ambizioso e che volevo sottoporre la mia hybris non troppo ben nascosta alla prova estrema accettando la sfida addirittura dell'America. I particolari potevo darmeli da me, cosa che feci. In questo straordinario paese l'anima ha il suo daffare. Ti vengono emicranie spirituali. Per fartele passare prendi il Tylenol del sesso. E' una transazione a mercato nero. Il prezzo è infinitamente maggiore di quanto le facili supposizioni della società aperta ti abbiano fatto credere. Benn era un artista delle piante che non era qualificato per diventare un artista dell'amore. Eros aveva messo il veto su Matilda. Egli aveva ignorato il veto e l'aveva sposata. Si direbbe che vi sia una gran forza che spinge, e che questa forza di propulsione aumenti d'intensità sottraendo valore alla vita personale e rendendoci adatti al suo colossale obiettivo.

Richiede l'abolizione di certe cose come l'amore e l'arte... delle doti come quelle dello zio, che può qualche volta tollerare a patto che non l'intralcino.

Naturalmente tutti noi oggi abbiamo pensieri di questo genere, invece di dire le preghiere. E ci pare che siano gravi pensieri e andiamo orgogliosi della nostra capacità di pensare, di elaborare idee, e così continuiamo ad aggirarci in questo modo nella nostra coscienza. Però non ci portano da nessuna parte; le nostre speculazioni sono come una bicicletta che sta ferma. E anche questo cominciavo a capire. Questi pensieri che proliferano disordinatamente hanno più affinità con l'insonnia che con la crescita spirituale. Non sono altro che oscillazioni della sostanza di cui è fatta la mente, un panico che aumenta sempre di più.

Mi chiesi cosa avesse in mente lo zio dicendo che era "tempo di prendere in mano la situazione". Quando hai perso lo stato di grazia, che cosa vuoi prendere in mano? Mi angustiai pensando a questo fino all'alba, quando Benn telefonò un'altra volta. Disse: "Ho deciso di prendere l'aereo e andare in Florida".

"E il Brasile? Tu e Matilda non dovete partire per Rio dopodomani?"

E cosa intendevo poi con "dopodomani"? Non avevo chiuso occhio quella notte, e il calendario mi era tutto confuso.

"Siccome il nostro volo fa scalo a Miami, m'incontro con Matilda all'aeroporto. Harold è stato male."

"Come lo sai?"

"Ho telefonato per controllare se Fishl aveva detto la verità, e ho parlato con suo fratello Dennis a Miami Beach. Ha detto che lo zio Har-old è crollato."

"Ma è una cosa seria?"

"Ci puoi scommettere. Può essere la volta buona. Devo andarci."

Non riuscivo a capire cosa sperasse di combinare a Miami. Ma non era il caso di fare obiezioni alle sue iniziative. Ora più che mai bisognava incoraggiarlo ad agire in modo indipendente. Affinché recuperasse l'equilibrio a modo suo.

Così dissi: "Cosa ne dice Matilda?".

"Che va benissimo. Che faccio bene a parlare con lo zio Harold."

Per fargli firmare un codicillo o una modifica del testamento sul letto di morte? Una riconciliazione al capezzale del moribondo?

Chissà cosa aveva in mente, Matilda.

"Allora dobbiamo salutarci?"

"Magari puoi prendere un taxi e venire qui."

"Per poi accompagnarti all'aeroporto?"

"Certo. Sulla tangenziale non ci dev'essere molto traffico. I pendolari vengono in città, e noi ne usciamo."

Gli dissi che andava bene, e che mi desse mezz'ora. D'impulso misi spazzolino, rasoio e una camicia pulita nella ventiquattrore, e le carte di credito nel portafogli. Lo trovai ad aspettarmi davanti a Parrish Place. Il portiere l'aveva aiutato a portar fuori i bagagli, la roba leggera che gli sarebbe servita in Brasile, pensai. "Ho dovuto far le valigie in fretta e furia" disse.

"Matilda non è venuta giù a salutarti?"

"E perché? L'ho svegliata nel cuore della notte per parlarne.

L'aspetta una giornata faticosa. E comunque ci vediamo domani all'aeroporto di Miami."

Dunque lei dormiva, avvolta in strati di piumino e di seta e in tutto lo splendore della sua bellezza perfetta: le palpebre azzurre, le lunghe ciglia, il naso squisito - il volto classico che respirava di profilo sul cuscino. Bisogna che esista un altro metabolismo, un metabolismo fatto di piani, di trame, di intenti segreti, parallelo a quell'altro, quello fisiologico, solo che la scienza non sa come fare per identificarne i sottoprodotti analizzando il fiato dei dormienti.

Ancora non abbiamo visto niente!

Lo zio e io salimmo sul taxi, chiudemmo le portiere e ci avviammo verso la tangenziale. Lo osservai. Non si poteva pretendere che uno nella sua situazione avesse un bell'aspetto. Aveva perso qualcosa.

Naturalmente, doveva mancare da qualche tempo. E perché non me n'ero accorto, io che davo tanto peso a mio zio?

"E' in sé, Vilitzer?"

"Speriamo. Forse i figli non hanno detto la verità. Naturalmente gli conviene aver l'aria di stare molto male. Capita spesso che gli imputati di grosso calibro entrino in aula su una sedia a rotelle, con il dottore al fianco."

"E te lo lascieranno vedere?"

"Sono il suo unico nipote. Non possono impedirmelo. Staremo a vedere."

"E cosa vorresti dirgli?"

"Andrei a tormentare un moribondo? A metter la testa dentro la tenda a ossigeno per litigare?"

"E' successo. Per un milionesimo di quanto vale l'Electronic Tower."

"No, no, sarebbe grottesco. E' lui che deve vedere me... qualcuno della famiglia. Voglio solo farmi vedere."

"Tu ci credi ai ravvedimenti sul letto di morte? Io credo che sia un mito cristiano... non è mai troppo tardi per pentirsi. Certo, se il morente è circondato da amore, da tenerezza, gli si può aprire il cuore. Ma è più probabile che Harold ti mandi a farti fottere."

"Forse" disse lo zio. "Però c'è stato un tempo in cui tra noi due c'era affetto, quando andavamo in cortile e lui mi faceva vedere che le more di gelso si possono mangiare. Quando c'era ancora il vaudeville, e andavamo insieme a vedere Jimmy Savo."

"Bisogna che tu abbia un archeologo in testa, visti i ricordi che scavi fuori."

"Forse sì. Ma mi sentirei meglio se potessi dirgli che non gli serbo rancore. Le questioni di soldi hanno poco peso. Volevo molto bene a Har-old, quand'ero giovane."

Proprio così vedevi le cose, zio. Anche di questo era fatto il tuo satin interiore. O era la sensibilità di una mente capace di andare in trance. Le cose come tu le vedevi avevano più colori, più dimensioni di quanto gli altri fossero consapevoli.

Sotto questo aspetto, i sentimenti dello zio erano perfettamente spiegabili. Il mondo interiore di satin era in quei giorni ancora intatto. Cominciava soltanto a imparare che un essere umano (che cosa eccitante!) ha dentro di sé uno specchio in cui la natura può vedere se stessa, una specie di teatro del mondo esterno. Ma poi era sceso tra i Vilitzer, e su un terreno di tipo Vilitzer. E infine s'era insabbiato lì, impantanato in considerazioni che gli erano estranee.

"Ci sono parecchie cose di cui vorrei parlare con te", disse lo zio.

"L'esperienza dell'azalea è stata spaventosa, lo so."

"Lascia perdere l'azalea, non è di questo che ora voglio parlare.

Volevo chiederti di prendere tu il mio appartamento. Ho dato disposizione alla banca di continuare a pagare l'affitto. Il conto di Lena è sempre rimasto a suo nome. Verranno pagate anche le tasse comunali. A te non viene a costare niente, e per me è importante tenerlo."

"Non ho mai capito perché tu abbia sempre dato tanta importanza a quel posto."

"Anch'io non capisco perché passi il tuo stipendio a Treckie. Non ne ha diritto, e tu sei sempre al verde. Non ti sto chiedendo di capire, ma solo di farmi un favore."

"Be', in questo caso... Se la metti così."

"Il salotto di pelle va lavato con il sapone da sella Propert's."

"Lo usava Lena?"

"Due volte l'anno."

"Ma tu non starai via tanto."

"Se ti lascio delle istruzioni mi sento meno caotico."

"E le piante?"

"Ah, sì, le piante... Chiedi al mio assistente, al dipartimento di botanica."

"Non preoccuparti, ci penserò io."

Vi fu una breve pausa. Lo zio stava forse congiungendo saldamente i suoi guai, per far spazio alle misure che aveva deciso di prendere.

Quando rifletteva era come uno che sa appena leggere, e che deve muovere le labbra quando è chino sulla pagina. La verità è che non aveva assolutamente un brutto aspetto. C'era una cosa sola di preoccupante, e cioè che quelle sue orbite a forma di otto, fin qui così notevoli, ora sembravano il contrassegno di un profugo. Sperai che la cosa fosse solo temporanea. Ma per il resto, il volto accuratamente sbarbato era sodo come una bella mela - una di quelle pommes Canada che i migliori ristoranti parigini presentano sul menu tra i dessert. L'unico segno esplicito di tensione erano gli occhi rossi. Aveva la compostezza dell'uomo per cui il peggio deve ancora venire e che non ha altra scelta se non quella di stringere i denti.

A questo proposito, non potevo fare a meno di pensare alla zia Lena, giacché si era fatta menzione del suo conto in banca e del suo sapone da sella. Era stata Lena che mi aveva insegnato l'idea preziosa secondo cui i vari modi di vedere le cose sono determinati dal destino, e che ciò che emana dal veggente modifica quello che viene visto. Le piaceva portare l'esempio di Whistler, il pittore, che venne criticato da una donna la quale disse: "Io non ho mai visto degli alberi così". Lui rispose: "Nossignora, ma non le piacerebbe poterli vedere?". Questa potrebbe essere una variante del famoso

"Essi hanno occhi e non vedono" una variante di registro estetico.

Non c'è modo di accertarsene, ma non è gratuito supporre (visto che sono tante le possibilità che oggi si aprono all'umanità) che gli individui di rozza costituzione vedano solo ignobili macchie quando si guardano in giro, e che costoro inoltre proiettino le loro interne deformità sulla natura, mentre un cuore come quello dello zio ne faceva un chiaroveggente del mondo vegetale. Mai egli aveva osato far menzione di questa sua dote di fronte ai suoi colleghi, sarebbe stato un colpo troppo forte per la loro mente, non avrebbero retto. Però mi avevano detto che Werner Vishniak, il naturalista, d'estate si ritirava in una sua isola nel Danubio, e che l'avevano visto tutto nudo, spalmato di fango, con gli uccelli che gli si posavano sulla testa e sulle spalle, a tal punto, come è noto, gli scienziati personalmente vanno oltre ogni ortodossia. Io credo che l'intuizione dello zio sia stata questa, e cioè che le piante fungono da organi sensoriali, raccolgono dati cosmici per conto della terra stessa. Ciò faceva di lui un comunicando facente parte di un'universale chiesa verde. Ma per approfondire la cosa avrei bisogno di più osservazioni specifiche di quante lui me ne abbia fornite.

Ma poi aveva scambiato l'azalea finta della signora Layamon per una vera!

A questo proposito, nel frattempo, mi è venuto in mente che lo zio Benn si era scontrato con un tipo di genio tutto differente, e cioè il genio orientale per l'imitazione. Nell'Estremo Oriente, inoltre, il plagio evidentemente non è un reato. Così qualche donnetta di Formosa era riuscita, con seta e forbici, a ingannare lo zio. Questo non sarebbe successo se lui non fosse stato così turbato.

Ritorniamo ora al nostro taxi diretto verso l'aeroporto. Durante il tempo in cui lo zio non aprì bocca ebbi modo di riflettere sul principio della povera zia Lena, adattato da Swedenborg o da Blake.

Supponiamo che ciò che lo zio vedeva fosse la misura dell'uomo.

Cos'era lo zio adesso? Una persona come Benn non la si poteva dividere in compartimenti stagni: un visionario con i vegetali, un tonto con le donne. Se hai delle qualità particolari devi essere pronto a difenderle. Quanti sono a questo mondo (così sottosviluppato dal punto di vista umano) quelli che hanno capacità tanto notevoli (che tornano a merito dell'Homo sapiens)? Ma è questo ciò che accade al talento quando un decimo della personalità compie calcoli galattici, mentre il resto sta ancora contando sulle dita.

Dopo i suoi molti insuccessi nel campo del sesso, lo zio Benn era giunto alla conclusione che ciò di cui aveva bisogno era una vita tranquilla al fianco di una bella donna. Certo, okay. La bellezza non ha assolutamente nulla che non va. Non solo è cosa stimabile di per sé, ma lo zio era in grado di armonizzarla con la botanica. E si può biasimare un uomo perché preferisce la bellezza, una gioia per sempre, come dice Keats? Un uomo può nutrire romantiche fantasie sulla sua bella moglie, in assenza di lei o quando ne è deluso. Se la bella moglie gli dà il fatto suo, potrà sempre chiedersi come mai il bello si è disgiunto dal buono. Se non altro, ciò terrà la sua infelicità a un alto livello. Ma il fatto imprevedibile nel caso dello zio era questo, e cioè che lui avesse mentalmente aggredito Matilda con l'intento di deformare la bellezza di lei. Così facendo lo zio si era meravigliato di se stesso. Ma, o per difesa personale o per rappresaglia, Matilda vista da dietro gli era parsa certe volte il dottor Layamon e certe altre l'assassino di Hitchcock, una deformazione stranissima, un impulso infantile simile a quello dello scolaretto che sfigura le madonne del suo libro con barbe e peni. Non è questa la scelta migliore che può compiere il genio quando gli tocca difendersi. Ma non vi sto dicendo nulla di più di quanto non possiate dirvi da voi stessi.

Ora ecco l'aeroporto che si stava avvicinando. Il vetro è un materiale da costruzione meraviglioso. Ti fa credere di poter vedere tutto. E in più è forte quanto basta a resistere alla forza del vento, o ai gas di scarico dei jet.

Lo zio aveva ripreso a parlare del suo appartamento - quelle stanze con i mobili pesanti, le tende tirate, affollate di libri, con la luce ultravioletta per le sue care piante. "Non credevo ti piacesse casa mia."

"Forse no, ma ora sto cominciando a vederla da un'altra prospettiva" dissi. Ed era stranamente vero. Non era affatto la casa ideale come me l'immaginavo io. Naturalmente faceva parte del suo sistema difensivo - di ciò che egli aveva eretto contro i marciapiedi, gli scali merci, le tavole calde, i distributori di benzina, gli ospedali, le chiese, i cellulari, gli elicotteri, e anche gli invisibili significati umani che pullulano nell'oceano d'aria urbano, e che noi dobbiamo respirare, ci piaccia o no. Ma nemmeno tutte le poltrone di pelle, tutti i libri, le pentole di rame, i sistemi d'allarme di questo mondo, potevano proteggerlo dalle Della Bedell che venivano a tempestare alla sua porta. Io mi chiedevo, naturalmente, perché mai dovesse essere tanto interessato alla sua abitazione. Col senno di poi la cosa è evidente, ma quel giorno avevo il cuore gonfio per lui, ed ero preoccupato anche per me stesso. Scesi insieme allo zio davanti alle Delta Airlines. un forte calore irradiava dal cappotto aperto di lui e anche dalla sua faccia.

Lo zio era, da un punto di vista termico, molto strano, e preferiva indumenti leggeri proprio perché emanava un forte calore. Lo zio mi dava delle impressioni stranamente contrastanti. Era insieme perfettamente padrone di sé e spaventato di se stesso. Le orbite a forma di otto, così notevoli quando aveva tutti i suoi poteri, gli davano adesso l'aria disorientata cui ho già accennato. L'avrei sorretto, se avessi pensato che lui me l'avrebbe permesso.

"Dove posso trovarti stasera?"

"Vuoi telefonarmi?" Mi diede il numero di un grande albergo di Miami Beach. "Proprio sull'oceano" disse. "Il Dottore ha una cointeressenza. Il suo solito uno per cento."

Io dissi: "Dobbiamo assolutamente rimanere in contatto. Starai via per mesi e mesi. Ci sono un mucchio di questioni da affrontare".

Lo accompagnai fino al posto di controllo. Più russo che mai d'aspetto, visto da lontano, si passò sulla spalla la tracolla della sua borsa blu. La tracolla gli finì in mezzo alla schiena ricurva (più simile che mai a delle elitre) e allora lui si girò e mi salutò come se stesse partendo per la Siberia. Aveva un gran mucchio di bagagli. Il viaggiatore esperto non consegna mai la sua roba, se la porta a bordo tutta quanta. Si allontanò e visto da dietro, sembrava un essere che sebbene capace di volare, avesse deciso di camminare.

Aveva sempre, con quelle lunghe braccia, un'aria alla Sviatoslav Richter e in testa aveva un berretto all'irlandese, l'ultima cosa di cui si potrebbe aver bisogno a Miami o a Rio. Fu con dolore che lo guardai andarsene, buttando via così la sua forza, che era ancora considerevole, ma per quanto tempo ancora?

Quando fu fuori vista, andai al banco delle Northwest Airlines e comprai un'andata e ritorno per Seattle. Era domenica mattina, e l'aereo era vuoto per due terzi. In quella stagione qualsiasi aereo diretto in Florida sarebbe stato pieno zeppo. Rivolsi ancora una volta il pensiero allo zio, a 11'000 metri: un uomo capace di vivere completamente isolato dalla vita del suo tempo. Non era quella una capacità meravigliosa? Ma lui l'aveva persa correndo insoddisfatto dietro ai suoi contemporanei, fin quando non era caduto dentro il labirinto degli interessi. Non tanto gli interessi materiali o pubblici, quanto gli interessi sessuali, accettando l'egemonia del sesso, mettendolo al centro dell'esistenza, inchinandosi all'opinione comune. E questo senza averne la capacità. Neanch'io ce l'avevo.

Altrimenti perché mi sarei trovato sull'aereo per Seattle? Ma invece eccoci qui, a dieci chilometri sopra la superficie della terra, ciascuno sulla sua rotta diametralmente opposta attraverso questa lega permeabile di colori puri. Entrambi per via dei nostri peccati.

La domenica era il giorno più adatto a quanto mi proponevo. Treckie era a casa con la bambina, dove avrei probabilmente trovato anche il suo amichetto. Costui, il suo Ronald, m'immaginavo che fosse un tipo grande e grosso, come sono di solito i maestri di sci, che piacciono tanto alle loro allieve. Ma chissà come, là dove mi trovavo, in mezzo al cielo e cinque volte più in alto che sulla vetta di una montagna, mi sentivo abbastanza forte da sfidarlo. Non m'importava cosa avrebbe potuto farmi; avrebbe dovuto uccidermi, e non picchiarmi soltanto.

Non appena avesse aperto la porta gli sarei saltato addosso e gli avrei spaccato la faccia contro il muro, e poi prendendolo per i capelli l'avrei pestato e pestato fino a istupidirlo. Quando fosse caduto per terra gli avrei rotto le braccia saltandoci sopra e poi l'avrei preso a calci in testa... Credo che l'aereo determini in parte i rigurgiti emotivi di questo tipo. Il jet sembra fermo, il tuo bicchiere di whisky non trema minimamente, però sai che stai andando alla velocità di 1'200 chilometri l'ora. Sebbene fossi tutto preso da queste mie fantasie di violenza, non credo che il battito del cuore fosse più rapido del solito.

Il tempo a Seattle era l'ideale per il mio furore, per il mio desiderio di lotta, di massacrare quell'uomo, una giornata freddissima, a terra, quanto nel Midwest. per via della differenza del fuso orario a Seattle erano soltanto le undici, una mattina chiara, serena, gelida. I capelli lunghi, magro, curvo come è curvo chi è troppo alto, scesi dal taxi contando il prezzo della corsa con pedanteria che badava al centesimo, alla francese, gesticolando come faceva mio padre (sebbene papà mai per nulla al mondo sarebbe andato a fare a botte così come stavo facendo io, né un rivale o una donna che non lo ricambiasse l'avrebbe reso violento).

Suonai il campanello. Al citofono Treckie chiese: "Chi è?".

"Telegramma" dissi.

La serratura elettrica si aprì con uno scatto e io entrai. Sul pianerottolo la sentii che diceva: "Ma non si recapitano i telegrammi la domenica".

Io entrai senza badarle, e cercai l'uomo che ero venuto a picchiare. C'era solo mia figlia, la piccola Nancy, seduta al tavolo di cucina con una fetta di bacon in mano. Sicuramente non riconobbe suo padre. Da parte mia però vidi che era mia figlia - la faccia allungata e l'espressione da Gesù. Che all'età di tre anni non mi conoscesse mi fece diventare più pazzo di rabbia che mai.

"Cosa credi di fare, Kenneth, a entrare così in casa nostra?"

Aprii in fretta le varie porte che davano sulla cucina sperando di sorprendere quel Ronald nel sonno. Andai in camera da letto ma il letto era vuoto.

Treckie era pallida, ma si teneva molto eretta e disse sorridendo con aria come di trionfo: "E' andato a messa. Be', e se fosse stato in casa... vuoi fare a botte con lui? E' per questo che sei venuto?".

Afferrai le coperte del letto e strappai via ogni cosa, gettando lenzuola e cuscini in un angolo. Quindi trovai il bagno e cominciai a spaccare tutto, buttando giù le cose dalle mensole. Treckie era una che comprava ogni sorta di prodotti naturali, shampoo, creme, pillole e estratti di erbe medicinali. Quando veniva a letto sapeva sempre di valeriana. Io vuotai i tubetti di pastiglie dentro il cesso e tirai l'acqua. Strappai la tenda della doccia e l'asta che la reggeva.

Spalmai la sua crema Weleda per piedi sullo specchio, mi pulii le mani sul tappetino, rovesciai la scatola delle medicine, trovai la bottiglietta della valeriana e la ruppi dentro la vasca.

"E adesso?" disse Treckie sulla soglia.

Io non dissi niente.

"Vuoi buttare all'aria tutta quanta la casa?"

Era questo che volevo? Mi sentivo insolitamente bene, anche se non stavo bene affatto. Mi venne da pensare che avrebbe giovato allo zio fare a Parrish Place quello che io avevo appena fatto in quel piccolo gabinetto di Seattle.

"Questo dovrebbe averti un po' calmato i nervi."

"Tu non ti preoccupare dei miei nervi" dissi.

Ancora le gettavo sguardi truci e minacciosi, ma più che mai Treckie, la pallida ragazza aborigena, esercitava un gran fascino su di me. Anche adesso. Il fascino di lei penetrò dentro la mia rabbia.

Treckie aveva qualcosa di amerindo, di aborigeno, di precolombiano.

Malgrado me stesso, sentivo questi influssi. Aveva una faccia (mi resi conto all'improvviso) come hanno i ritratti di una famiglia che risale ai tempi coloniali - occhi castani, le fossette ai lati della bocca morbida; era bravissima a fingere l'innocenza, e l'avrebbe potuta ritrarre con i mutandoni ornati di pizzi, nelle vesti di una fanciullina ottocentesca che gioca al gioco dei cinque noccioli o salta con la corda.

Ma era una persona con un robusto controllo di sé. Ci voleva ben di più che un bagno messo in disordine per farle perdere la calma. Anzi, la prima cosa che disse - in forma di annuncio solenne - fu: "Non intendo prendermela. Mi rifiuto. Mi sono condizionata contro questo tipo di emozioni".

In quanto a me, il piacere dell'ira - l'ubriacatura, per meglio dire - cominciava a venir meno, e allora mi accorsi della mancanza di ventilazione che c'era in quello stambugio. Non c'era finestra, ma solo una piccola griglia sul muro. L'aria era pesante. Peggio che pesante. L'odore di un'intimità ben consolidata tra uomo e donna (con in più una bambina) sorgeva dal pavimento, mi arriva dagli asciugamani, dagli scarichi, dalla tazza del cesso, odori di ammoniaca umana, di solfuri, di acidi organici. Se volevi respirare dovevi per forza inalare questa mistura di secrezioni. Con ancora cappello e cappotto addosso sedetti sull'orlo della vasca con dentro le bottigliette rotte a pensare. Quelle puzze, mi dissi, che prendevano un estraneo (io!) alla gola, legavano più di una licenza di matrimonio.

Treckie disse, senza segno alcuno di malanimo: "Credo che tu abbia dimostrato quello che volevi".

Io rimasi ancora zitto.

"C'è altro che vuoi demolire?"

Mi alzai e le andai dietro fino in cucina, dove la bambina stava ancora mangiando il suo bacon. Sentii i globi oculari che pulsavano, un battito dentro la cornea, mentre sollevavo il mento di Nancy per darle un bacio. Il suo povero padre biologico doveva fare per lei quello che poteva, nei limiti della situazione umana, o comunque si voglia chiamarla.

Il mio obiettivo principale non era mai stato di divenire padre.

Era di godermi la ragazza che poi era diventata la madre, di farmi eccitare dalla donna, o donna-bambina, con cui fare l'amore in piedi era, per via della differenza d'altezza, difficile e stimolante.

Bisognava piegare parecchio le ginocchia, e i motivi per cui questo esercizio mi riuscisse tanto eccitante, perché mai questa specie di ragazzina supermatura mi attirasse tanto, non erano che materia di un bizzarro caso clinico. Non credo di aver mai cercato un chiarimento -

il fascino degli innamoramenti infantili, l'attrazione di una donna in miniatura. Dopo tutto, anche Treckie c'era stata a questo gioco, sedendo a tavola sulle guide telefoniche, e di quando in quando definendosi addirittura una nana. Non toccava a me di rimproverare Edgar Allan Poe perché aveva anche lui gusti del genere. L'avevo fatto per prendere in giro lo zio quando mi citava "Helen, la tua bellezza è per me". Immagino che Poe sperasse di promuoversi da quella povera ragazza, la Clemm, alle dee della classicità. Ma che senso ha analizzare queste eccentricità? Bisogna evitare che cose di questo genere diventino materia di studio. Ed è fuori luogo soprattutto davanti a un tavolo della colazione stile hippy, con i barattoli comprati all'erboristeria pieni di fibra vegetale, di fiori secchi di millefoglie, di carrube in polvere, di tisane e Dio sa che altro.

Credo che il mio obiettivo di fondo fosse di circuirla gradualmente. Giacché aveva avuto un figlio da me, evidentemente avevo presunto che il passo successivo dovesse essere di fare di lei una persona normale. Ciò partendo dall'assunto che sarebbe diventata normale imparando ad apprezzare le mie qualità e a tener cara l'intimità con me. Ma (e questo era veramente sorprendente!) Treckie non voleva saperne affatto di me. Ero io che non riuscivo a eccitare lei.

Qui ci sono delle voci che meritano di venir riportate sul modulo del dolore.

O, se preferite, si scopre che quest'uomo colto (studi in Francia, perfettamente americanizzato, studioso non superficiale di storia e cultura russa) è anche lui immerso fino alle ginocchia nell'immondizia della vita personale. La prova dell'Occidente! che m'ero preso (inutilmente) la briga di spiegare a mia madre in Somalia.

Ma ecco che questa donnina, la madre di mia figlia, ricominciava. A vederla era rispettabile quanto può esserlo una donna che non dà importanza a cosa si mette sotto i vestiti.

"Sei tornato normale?" disse. "Che caratterino hai, non lo sapevo."

"Sì, mi arrabbio."

"E volevi picchiare Ronald?"

Era vero. L'avrei picchiato anche adesso se fosse entrato in quel momento. Però dissi: "Sono venuto per vedere la bambina e per sentire che intenzioni hai".

"Dopo la messa Ronald non torna a casa. La domenica andiamo tutti a mangiare fuori."

"Anch'io devo partire. Domani ho lezione. Io e te dobbiamo metterci d'accordo per la bambina."

"Ah, Tanya ti ha fatto sapere. Ha assunto un investigatore privato."

"Allora tu pensi che io sia suo padre così, solo per caso? Come potrebbe esserlo chiunque altro?"

"Ti troveresti meglio se non avessi tutto questo senso di responsabilità. Non ti basta di appartenere alla specie umana? Tu credi di morire se non hai abbastanza doveri. Per questo hai la mente sovraccarica di generalizzazioni. Bel vantaggio che ne ricavi."

Non ero in forma, mi faceva male la testa, e non dissi niente.

Treckie disse: "Ora metto Nancy davanti alla Tv con il suo bacon e la sua copertina. Quando guarda i cartoni animati sta buona".

Io rimasi lì ad aspettare, il cappotto sbottonato, la faccia tirata. In quell'ambiente era ammissibile tenersi il cappello in testa. Sotto il cappotto sudavo ancora, sentivo le gocce di sudore sulle costole, ed ero mortificato al pensiero della scenata che avevo fatto in bagno (in comune con tutta quanta la specie umana). Il posto meno adatto per essere punti sul vivo dai torti subiti. Sentii il calore dell'ira salire e il calore della vergogna discendere dalla testa. Ma quando i due calori s'incontrarono cambiò qualche cosa.

Sopravvenne un intervallo di lucidità - una capacità di giudizio energica, netta e intollerante, alimentata dalla rabbia. Mentre la piccola Treckie metteva su l'acqua per la tisana, mi accorsi che con il busto arrivava soltanto all'altezza della caffettiera. Era bella, sì, ma aveva anche degli handicap, e non si poteva biasimarla se interpretava la vita di conseguenza. Ancora trovavo commovente l'infantile inutilità delle mani accostata alla pienezza matura delle sue forme. La cosa più strana era proprio questa ricchezza di doti fisiche, che compensava più che abbondantemente le disarmonie della sessualità e della statura. Uno scarafaggio sarebbe anche potuto venire in pellegrinaggio fin dalla Mecca attraverso tutta l'Asia e il Pacifico giusto per darle un morso. Il suo corpo si turbava ancora profondamente. Un ragazzino, facendo il duro, avrebbe anche detto che aveva "il culo basso", ma io non riuscivo a togliermi dalla testa che quel posteriore protuberante indicava la prossimità di un campo gravitazionale. Non vi è motivo per cui il pianeta stesso non debba manifestare il suo magnetismo intrattenendo relazioni con le persone che lo attraggono. (In queste percezioni o associazioni c'erano tracce dell'influenza dello zio.) In questo modo mi risultava più chiara l'attrazione esercitata da Treckie. La mia intimità con lei era stata solo passeggera. Non ero ciò che lei andava cercando, ma volevo convincerla che si sbagliava, facendo appello a tutte le mie forze, le mie capacità di persuasione e a quanto avevo di fascino personale. Nulla aveva funzionato. Era sposata con Ronald? La cosa era una formalità irrilevante. Quanto m'avevano detto gli scarichi del bagno, i vapori organici (dovevo evitare che quegli odori così intimi diventassero una fissazione) equivaleva a un annuncio di matrimonio. Io avevo fatto la mia protesta (che credo le abbia fatto piacere) e quindi secondo lei adesso avremmo potuto comportarci con calma e normalità. E' elementare. Io ve lo presento in forma molto condensata.

Venivano in mente quei piccoli parchi chiusi che ci sono in certe città d'Europa, dove può entrare solo chi ha la chiave. Solo gli abbonati hanno la chiave, e il mio abbonamento era scaduto.

Mentre immergevo nell'acqua calda il mio sacchettino d'erbe, Treckie andò a rispondere al telefono. Io andai in soggiorno e diedi alla mia bambina un bacio sulla testa, profumo di capelli e odore di bacon. Guardammo insieme uno schiacciasassi che spiaccicava un bulldog. Il bulldog tornò subito come prima e corse appresso al suo padrone, gigantesco nel cartone animato. Nessuno si era fatto male per davvero. Premetti il tasto del telecomando e trovai una partita di rugby nell'Est da cui venivo. Treckie tornò e rimise il cartone animato. Visto che avevamo, io e lei, affari ancora in sospeso, andammo in cucina, al tavolo dei negoziati. Si era messa il rossetto e si era tirata su i capelli.

"E così la mia cara mamma ti ha tenuto informato" disse. "Io ho voluto dire ogni cosa all'investigatore che lei aveva assunto. Che c'è da nascondere? Ronald e io stiamo bene insieme. Molti tipi come lui hanno lavorato per il controspionaggio militare, o così dicono.

Comunque, è un tipo molto simpatico, uno dei nostri."

Treckie mi confermò quanto aveva detto Tanya. Aveva intenzione di lasciare il lavoro all'ospedale. Poi si sarebbe messa a girare per i mercatini delle pulci con Ronald, sempre vendendo anche gatti delle nevi e facendo base nel Puget Sound. I gatti delle nevi si vendevano bene nell'interno. Verso il Pacifico c'era poca richiesta, vista la scarsità di neve.

E avrebbero fatto la vita degli zingari, degli ambulanti, dei vagabondi, in giro con la roulotte o il camper. Quelli del giro dei mercatini delle pulci si compravano la roba gli uni con gli altri.

Non c'era molto da guadagnare, ma d'altra parte non le serviva gran che, e poi le arrivavano tutti quei dividendi per posta. "Tu non sei fatto per questa vita alla californiana, lo so" disse. "Arricci il naso di fronte allo Zen applicato, alla psicoterapia di gruppo, alla scientologia. Hai scelto uno stile di vita più serio. Hai i gusti di tuo zio. Il tuo adorato zio, no? Era simpatico, ma non mi ci trovavo per niente, con lui. A proposito, come se la cava con il matrimonio?"

"Vorrei saperlo, come se la cava."

"Ha voluto sposarsi, e perché poi? Tu prendi un tono tutto particolare quando parli di lui" disse Treckie. "E' come se dicessi: come farà quest'uomo meraviglioso a trovarsi una moglie meravigliosa come lui?"

"Davvero do quest'impressione? Certo, sono convinto che sia un uomo eccezionale. E' difficile per un uomo così trovarsi una compagna per la vita. Molte donne sono attratte da lui, ma non di tanti tipi diversi."

"Come lo vedi il rapporto che ha con sua moglie?"

"Come il rapporto che c'è tra i binari e la locomotiva."

Sorridendo, quasi compatendomi per il mio modo buffo di parlare, enigmatico per lei quanto lo era per me il modo in cui lei m'appariva

- intendo il calore e insieme la mancanza d'una direzione precisa del suo sguardo, la forza delle sue ciocche di capelli, la combinazione tra ingenuità e obiettivi insondabili - Treckie disse: "E' famoso nel suo campo, ma non fa una grande impressione quando rilascia dichiarazioni. C'era una sua intervista sul giornale a proposito di Chernobyl, sui pericoli della radioattività".

"Sì, l'ho letta. Ha detto che l'aumento della radioattività è molto pericoloso."

"Ma non gli ha dato gran peso."

"Non è vero, Treckie. Ha detto solo che ne muoiono più di crepacuore che di radiazioni."

"E non è una cosa ben strana da dire?"

"Non tanto. Se si fosse più chiari a proposito, se la gente fosse più consapevole dei propri sentimenti, allora sì che vedresti una vera marcia su Washington. La capitale non riuscirebbe a contenere tanta sofferenza."

Treckie si mise a ridere. "Cos'hai in mente, una dimostrazione?

Come per il disarmo, o Greenpeace? Tipico di tutt'e due, tu e tuo zio. Mettete insieme le teste, voi due, e con cosa saltate fuori?"

"Credo che la politica non sia il forte dello zio."

E nemmeno il mio, mi venne da pensare. Io mi riferivo al mio Progetto Svolta Decisiva - quello, cioè, per cui l'esistenza conscia si giustifica soltanto se la si dedica alla ricerca di una rivelazione, di un grande ribaltamento, di un mutamento universale veramente ispirato, di una direzione nuova, di una svolta decisiva dell'uomo sempre più necessaria.

"Se è così bravo in botanica, allora dovrebbe fare quello che sa."

"Certe volte sembra che in botanica sia un adepto, come si diceva una volta."

"C'entra la religione?"

"Mi viene da pensare di sì, quando lo vedo così assorto nelle piante. Non saprei dirti cosa significano per lui gli steli o le venature delle foglie."

"Non stava facendo delle ricerche sui licheni artici?"

"Le sta facendo ancora adesso. Non so dirti molto a questo proposito, tranne che al fondo delle sue ricerche c'è una questione importante, vitale. I licheni artici sono praticamente sempre congelati. Per il novantacinque per cento della loro esistenza sono di ghiaccio. Ma al minimo calore rivivono e crescono perfino un po'.

Possono andare avanti così anche per migliaia di anni."

"Questo me l'avevi già detto. Dicevi che ancora non abbiamo neppure cominciato a capire quanto c'è da imparare dalle forme di vita inferiori. Io ero un po' seccata. Non sapevo bene se per te ero anch'io una forma di vita inferiore."

"Non hai motivo di dire questo. Come se non avessimo fatto una figlia insieme, o non ti avessi chiesto di sposarmi una decina di volte."

"Per fare di me una donna onesta, anche se avevo brutte abitudini o esigenze personali inaccettabili, che guardavi dall'alto in basso.

Però queste cose ti eccitavano. Non negarlo, la mia condotta sessuale ti eccitava parecchio. La brutalità di altri. Credimi, è così."

"Questa tua opinione mi sorprende" dissi. "Ti prometto che ci penserò su. Ma credo che in questo momento ci convenga discutere di cose di più immediato interesse."

Con la testa indicai il soggiorno e i vari effetti sonori dei cartoni animati: gli scoppi, i fischi, i ronzii, i colpi, gli squilli.

"Puoi vedere la bambina quanto vuoi, alle mie condizioni."

"Lo sapevo che l'avresti messa così."

"Lo stile di vita nostro non incontra la tua approvazione. Ma, più sono gli aspetti della vita che un bambino vede meglio è. Siamo una società pluralistica, dopo tutto. Acculturazione multipla, no?

Nell'età formativa non puoi pretendere di averla per te metà del tempo. Ma un certo peso lo devi avere, su questo sono d'accordo."

"In che senso, peso?"

"Tu hai un certo stile. Anche nel modo in cui muovi braccia e mani."

Gran Dio, pensai, non sono io che gesticolo, è papà, come uno Stokowski che diriga un'orchestra di cento donne.

"Tu nel complesso sei una brava persona... hai buone intenzioni, ma te le tieni tutte dentro. Dolce ma riservato... tutto chiuso. Devi avere un'aura di colore azzurro. Ma per il mio carattere ci vuole un partner con un'aura arancione, rossa e viola, uno estroverso, che ha bisogno di più movimento. Però m'incuriosivi lo stesso. Sapevo che gli ebrei sono molto rispettosi con le donne."

"Non ne sarei troppo sicuro, se fossi in te. Io ho l'impressione che non ci sia nessuno che abbia tutte le qualità che gli si richiedono."

"No... a meno che non si tratti di un caso di personalità multipla"

disse Treckie.

"E' per questo che le pratiche erotiche si sono diversificate. Il sesso è come l'agricoltura: una volta c'era la monocultura, solo cotone o solo grano. Adesso le persone coltivano ogni sorta di cose.

In quanto agli ebrei, per millenni hanno combinato l'arcaicità con la modernità. Nell'ebreo di oggi riesci quasi a vedere l'uomo dell'antichità. Ma l'America ha mandato in pezzi tutto quanto."

"Stai dando una dimostrazione perfetta di come sia difficile stare con te... lascio cadere un accenno e tu ne fai una montagna. Una donna ha l'impressione di essere ritardata."

Feci di sì con la testa. D'accordo. A nessuno importa nulla dei pensieri degli altri. Tu tendi a dare gran peso ai tuoi pensieri.

Devi, però, prendere atto che nessuno è disposto a sentirli. Le oscillazioni della coscienza non sono comunque pensiero, ma per lo più una questione personale di nervosismo. Con lo zio era diverso.

Lui l'aveva un argomento. Conosceva il regno vegetale. Indagava sulle cose che sono nascoste, totalmente assorto nel loro schema segreto.

Senza dubbio v'erano donne che l'avrebbero amato soltanto per questo.

Ma dov'erano? Non parlavo per me. Ho avuto ciò che mi merito, credo.

Ma Benn era una persona eccezionale. Non meritava di diventare il mezzo per assicurare una vita gradevole a qualcun altro.

"Ora" dissi, "che posto può avere Nancy in questa tua nuova vita che stai per cominciare?"

"Ai bambini piace il movimento, e in giro per i mercatini c'è molto da imparare. Richiamano un mucchio di gente strana. Vendere e comprare è una buona scuola. Inoltre, c'è in giro tanta di quella roba rubata che si deve stare due volte più attenti. Una cosa voglio dirti... tu non hai mai dovuto applicare la tua brillante intelligenza ai fatti reali? Se Nancy ha preso da te, potrà impiegarla meglio."

"Non vi metterete a fare i ricettatori, eh?"

"All'Fbi non interessano gli stivaloni di gomma, le racchette da neve, i trapani a mano, le frese, i coltelli da tavola e i vecchi dizionari di latino, tanto per citare un po' della roba che ci passa per le mani."

"Quello che più mi preoccupa" dissi, "è che Nancy starà quasi sempre in un camper con te e il suo padre adottivo. E se tuo marito ha un'intensa aura color viola, forse non sarà tanto salubre per lei.

Potrei tenere io la bambina per una parte del tempo."

"Per vivere alla casa dello studente con te e ascoltare discorsi cervellotici?"

"Non sto più alla casa dello studente" dissi. "Ho trovato un appartamento."

"Davvero? Questa sì che è una novità."

"Dovrò ridimensionare radicalmente il mio contributo finanziario."

Treckie ci stava pensando su seriamente. Si rendeva conto benissimo che le scene d'intimità in un camper, con Nancy a guardare dalla cuccetta superiore, ponevano certi problemi. Con tatto non feci riferimento alcuno alla marijuana o alle droghe pesanti.

"Se la devi tenere, ti servirà l'aiuto di una donna" disse Treckie.

"Naturalmente. Ho già qualcuno in mente. E questa soluzione ha per te un altro vantaggio, che ti lascia più libera di sperimentare il vostro rapporto in tutti i suoi aspetti."

Fu così che Treckie e io giungemmo a un accordo. Treckie disse:

"Firmiamo il contratto per la casa di Puget Sound tra due settimane.

Poi ci vorrà un mese per rimetterla a posto. Dopo di che, puoi prenderti Nancy in via sperimentale".

"Sono contento che tu la veda così."

"Tu hai una grande capacità d'affetto che continui a gettare nei posti sbagliati. Riversarlo su tua figlia non è la soluzione peggiore. Non c'è motivo per cui debba venir su svantaggiata dal punto di vista affettivo."

"Su questo sono perfettamente d'accordo."

"Peccato che ancora tu non abbia conosciuto Ronald."

Io sentii la battaglia non avvenuta in tutte le parti della faccia che sarebbero state prese a pugni - una sorta di pizzicore.

Evidentemente avevo proprio voluto battermi con lui, e quasi quasi mi spiaceva di non averlo trovato a casa. L'unica volta in cui non ebbi la minima traccia di paura.

"Hai fatto un bel disastro nel bagno" disse Treckie. "Non importa.

Immagino che tu abbia avuto uno sfogo di rabbia."

Aveva le guance come illuminate. Parlando alzò la faccia. Mi stava rendendo giustizia.

"Non ce l'hai con me?"

"Una cosa da nulla."

Sarebbe potuta andare peggio. Era finita con una rinuncia reciproca. Un equilibrio alla messicana, come diceva a volte lo zio.

Questo perché a Treckie in realtà non gliene importava un accidenti di me. Io, per lei, non esistevo nemmeno.

Del resto la situazione non aveva proprio nulla di speciale, giacché è una delle esperienze umane più comuni questa che non ci importi un accidenti di qualcuno e che di noi non importi un accidente a qualche altro. La si accetta nella pratica in tutta naturalezza; sebbene dentro di noi nessuno riesca davvero a convincersene. Nel caso nostro c'era un remoto legame di tipo emotivo fondato sul fatto che eravamo padre e madre di una bambina. Il significato di un figlio si situa da qualche parte tra la zoologia, la biochimica e l'Eterna Sacralità dell'Uomo. Ma al momento mi limitai per così dire a sfogliare questi concetti; non mi ci provai nemmeno ad approfondirli. Nel soggiorno mi fermai e baciai Nancy per la terza volta. Sotto il mio mento lei continuò a guardare i cartoni animati, senza nemmeno accorgersi di me. Povera bambina, che cosa l'aspettava, crescendo, lì? Forse Dita sarebbe stata capace di fare qualcosa per lei. Dita era così femminile e romantica da riuscire ad essere affettuosa anche con la figlia di Treckie.

L'aiutai a infilare la bambina nella tuta da neve e quindi andai al Meany Hotel, dove avevo passato una notte di ritorno dal Giappone.

ö:::::o

Né pugni né baci, per me.

Avevo chiamato lo zio al grande albergo di Miami Beach lasciando parecchi messaggi. Verso le nove di sera, ora del Pacifico, suonò il telefono. Lo zio balbettava, e capii subito che c'erano brutte notizie. Bene, allora uno di noi due doveva essere duro, o comunque fermo. In un momento come quello non ci potevamo mettere a balbettare tutt'e due. Io ero il più indurito perché avevo capito, quella mattina, che per Treckie non esistevo neppure. Così dissi: "Bene, zio, spara".

"E' successo il peggio," disse lui con voce acuta, lamentosa.

"Il vecchio è morto?"

"Sì," disse. Pianse un pochino e io aspettai. Non c'era altro da fare.

"Poveraccio," dissi. Quale poveraccio intendessi non era chiaro nemmeno a me. "Okay, Benn. questo è un momento difficile dal punto di vista emotivo. Ma a lui non importava nulla di te, e non capisco perché te la debba prendere tanto per quel vecchio marpione."

Alzò la voce, probabilmente per farsi sentire sopra le lacrime.

"L'ultima volta che l'abbiamo visto era messo male, ma era pur sempre un uomo, una persona. Ora è solo un po' di cenere dentro una cassetta nera."

"Quando è morto?"

"Ventiquattr'ore prima che arrivassi. E' partita l'aorta. Me l'ha detto Fishl."

"Fishl era già arrivato?" dissi. "Era in lista d'attesa all'aeroporto, ha avuto fortuna. Voleva a tutti i costi fare la pace con suo padre. Voleva l'impossibile, come tutti noi. E gli altri figli?"

"Sono rimasti malissimo. Quando sono sceso dal taxi non avevo nessun presentimento. Chissà se c'entra l'ambiente vegetale di qui."

Parlava ora con voce più ferma. "Questo succede a volte quando si passa da un clima invernale a un ambiente lussureggiante di tipo subtropicale. Non avevo mai visto la casa di Harold. E' una grande casa bianca di stile spagnolo, molto elaborata, che dà su una caletta con un cabinato agli ormeggi proprio di fronte. Palme e aranci. C'è una bella Quercus virginiana... uno degli esemplari più belli che abbia mai visto. La porta d'ingresso era aperta, come si fa di solito quando c'è stato un lutto, immagino, e c'era della gente che entrava.

Dava forse una festa? Nemmeno mi passava per la testa che fosse gente venuta a far le condoglianze. Ma era troppo presto per una festa. Non avevo ancora nessun sospetto. Comunque entrai anch'io. Certe facce mi erano familiari. Avevano un'aria di funzionari a riposo delle nostre parti: giudici, autorità locali. Li avevo visti sui giornali, una volta o l'altra; perché o s'erano candidati a qualche carica o erano finiti sotto processo. Non è che li conoscessi davvero, mi pareva soltanto di conoscerli, così come si conosce il Presidente senza averlo mai visto di persona. Erano per lo più persone di una certa età. Mi venne da pensare, a vederli con le mogli, agli uccelli che si preparano a migrare, quando si radunano sulla fine dell'estate. Li avrai visti anche tu, riunirsi a stormi."

"Sì, ma questi che dici tu, se ho capito bene, erano uccelli vecchi, e pronti a migrare dal corpo per qualche altra parte."

"Hai capito benissimo" disse lo zio. "I cieli vuoti sopra l'acqua sono in attesa. Ma non lo vedrai mai accadere con i tuoi occhi."

"Il transito" dissi dentro di me.

"Andai in cucina, dove c'erano bottiglie, ghiaccio e bicchieri. Non avevo voglia di roba forte così presto, ma volevo dell'acqua per prendere una pillola, e trovai una nera che poteva essere la governante dello zio - una donna grassa vestita di bianco, che si teneva per sé le sue idee. Le pillole per la tachicardia... è gluconato di chinidina... se non le spezzo in quattro mi si attaccano in gola, e in questo periodo ho problemi di deglutizione. I riflessi non sono come dovrebbero... Devo andare avanti; non posso fare a meno di raccontare per filo e per segno come sono andate le cose, Kenneth.

ormai avevo il sospetto che lo zio Harold fosse morto. Lo domandai alla governante e le dissi anche che ero il suo unico nipote, quello che stava su al Nord."

"Tutto ciò che Benn riuscì a ottenere da questa signora nera fu un'occhiata scrutatrice in perfetto silenzio. Non tutti hanno verso i parenti lo stesso atteggiamento dello zioHarold. alla gente non importava nulla di sentirlo parlare dei suoi parenti. Questa donna non ebbe una reazione particolarmente positiva. Il suo atteggiamento verso i rapporti parentali non era molto diverso da quello di Vilitzer. quando alla fine lo zio riuscì a farle spiccicar parola, venne a sapere che Vilitzer era morto pochi minuti dopo essere rientrato. "Ce l'ha fatta giusto a salire i gradini del portico e ad arrivare in cucina."

Dunque lo zio si trovava nella stanza stessa in cui era morto Vilitzer, e magari nel punto preciso. E dov'era adesso lo zio Harold?

L'avevano portato alle pompe funebri? Sì, e poi l'avevano riportato indietro. Era in soggiorno. Il corteo funebre sarebbe allora partito da casa? La donna gli disse che alle due ci sarebbero stati i funerali. Non gli disse dov'era il soggiorno, e la casa era tanto grande che ci sarebbe stato bisogno di qualche indicazione. Gli voltò le spalle e tornò a badare alle sue faccende. Meno aveva a che fare con estranei, più era contenta.

La casa sul mare era molto bella e lussuosamente arredata. Si vedeva subito che era la casa di un multimilionario. Lo zio (profondamente addolorato, parlando a ruota libera forse per alleviare il dolore) accennò al fatto che in quel clima i preziosi tappeti e i mobili antichi importati dall'Europa sarebbero marciti senza l'intervento del deumidificatore, si sentiva il lontano ronzio della macchina in funzione. C'erano in quella stanza degli oggetti per cui Matilda avrebbe dato entrambi gli occhi pur di averli al Roanoke. Le grandi librerie antiche e le poltrone eleganti avrebbero dato lustro alla sua casa nel palazzo finto veneziano. Matilda avrebbe detto - così osservò Benn - che eravamo stati noi a pagare quegli oggetti, con i dollari dell'Electronic Tower. era evidente l'intervento di un grande architetto, fatto venire forse da Palm Beach. ma dov'era esposto lo zioHarold? Benn (con il cuore in lutto) aveva vagato per tutto il piano terra senza vedere la bara. In un salone illuminato da un gran lucernario che dava gli stessi colori dell'iride già visti nel grattacielo in cui avevamo parlato con Vilitzer, lo zio Benn chiese a un cameriere in giacca bianca (che insieme alla cuoca costituiva la coppia in servizio alla villa), dove mai fosse esposto il signor Vilitzer. "Qui in questa stanza" rispose il cameriere. Benn s'immaginava di trovare una cassa posata su cavalletti, e il cameriere lo guardò come si guarda un deficiente, e senza aprir bocca gli indicò dove guardare. Accanto alla porta stile piantagione vi era un bel portaombrelli antico. Un mobile probabilmente austriaco, con i reggi-cappelli di bronzo. Tolti ombrelli e cappelli, su un piano di marmo rosso o di porfido c'era una cassettina.

"Una cassettina nera, Kenneth, non era più grande della custodia del mio binocolo."

"Le ceneri?"

"Lui era lì dentro" disse lo zio. "E io che volevo vederlo per l'ultima volta in questa vita."

Colto alla sprovvista da questa sorpresa, lo zio si sentì così male che dovette sedersi. Le ginocchia gli si piegarono di sotto. Il cameriere nero gli diede una sedia e anche un goccio di whisky quando seppe che Benn era il nipote che faceva lo scienziato, un parente prossimo. Era gente coriacea quella che stava in quella casa. Ogni giorno a soppesare lo zio Harold, a valutare quante probabilità aveva di tirare avanti. Probabilmente era da un pezzo che aspettavano che morisse.

Riferendomi a questa reazione di Benn, io dissi: "Si può amare una persona anche senza amare quello che ti ha fatto".

Lo zio mi ringraziò per questa mia interpretazione. Ma non era il momento adatto per indulgere alla mia abitudine di far commenti.

"Perché tanta fretta di cremarlo?" dissi.

"Harold aveva predisposto tutto da sé. Voleva essere subito cremato, mi ha detto Fishl. appena firmato il certificato di morte.

Prima di sera era finita ogni cosa, l'avevano riportato a casa e messo sul ripiano di marmo. Ho saputo che trovava intollerabile l'idea di farsi seppellire. Non sopportava di dover stare sottoterra.

L'idea lo faceva star male."

"Certi non vedono l'ora di liberarsi finalmente di se stessi. Altri invece non vorrebbero che nessuno se ne andasse."

"Hai messo il dito sulla piaga" disse lo zio. "E' così, non volevo mollare lo zio Harold. mi capita la stessa cosa con i ricordi. Quando la mia memoria ha fatto presa su un qualche fenomeno, lo tiene stretto. C'è una sorta di ostinazione in questo, cosa che va benissimo nel campo della morfologia vegetale ma che ti fa vedere i sorci verdi in quello degli affetti. La presa è particolarmente ostinata quando muore qualcuno. Bene, io me ne stavo seduto su una seggiola dallo schienale ovale davanti alla cassettina nera quando arrivò Fishl. fishl e io eravamo gli unici tra i dolenti a far mostra d'emozione. Aveva gli occhi rossi come non potresti immaginare. Mi guardava fisso come se fossi stato io a far morire suo padre prima del tempo. Comincio a credere che Fishl non sia una persona equilibrata, in nessun senso. Non si tratta solo delle sue iniziative commerciali. Certo, ci sono delle iniziative commerciali eccentriche che a volte sfiorano la psicopatologia. Ci si chiede se l'obiettivo vero di certe iniziative sia non tanto di far soldi quanto di rendere plausibili con la scusa dei soldi le idee folli che hai in testa."

"Lascia perdere, zio Benn. cos'ha detto Fishl?"

"Bene, in primo luogo che abbiamo fatto male a metterci direttamente con Harold. era lui, Fishl, quello che lo conosceva meglio e avremmo dovuto dargli più tempo. Ci sarebbe magari voluto un po' di più, ma avrebbe consentito ad Harold di rimanere più a lungo tra noi. Perché tutta questa maledetta fretta? Io mi ero fatto montare dai Layamon. a questo punto Fishl cominciò a pigliarsela per un bel pezzo con il Dottore. Secondo lui dottori e ospedali hanno una faccia particolare, diabolica, e al mondo non c'è niente di più sozzo e cinico di un grande ospedale o di quelli come il Dottore che ci mettono radici. Ha poi detto una cosa strana che mi ha colpito, malgrado fossi sconvolto. Ha detto che i posti in cui i sentimenti degli uomini vengono fuori attraverso la sofferenza, attirano personalità nichiliste che vi trovano l'occasione di dar libero sfogo alle loro motivazioni nichiliste. Ha detto anche che non lo sorprenderebbe se i pazienti mal curati fossero lasciati morire in modo da evitare denunce per incompetenza."

"E perché ti ha colpito?" dissi.

"Non sono nello stato giusto per discutere a fondo di queste cose.

Fishl ha detto che sono un maniaco sessuale."

"E' impossibile."

"E invece l'ha detto. Dove vuole arrivare, dicendo queste cose?

Chissà che problemi ha lui, sul sesso. Però sono rimasto colpito da una cosa: è molto bene informato sulle donne che ho conosciuto.

Quando vedi il tuo comportamento dall'esterno ti fa un'impressione orribile. Ma sei tu che sei orribile, o chi ti vede? I tuoi tormenti non vengono presi in considerazione. Davanti ai resti mortali di suo padre mi ha detto il fatto mio, e cioè che sono troppo vecchio per aver la fica in testa e che devo affaticarmi il doppio di uno che abbia la metà dei miei anni. Che una donna esperta come Matilda mi fa ballare come le pare e piace. Che sarò anche un luminare nel mio campo, ma che a letto sono un vecchio sporcaccione. E cos'ha lei che mi ha tanto affascinato? Secondo Fishl, Matilda è un'artista della truffa, intrighi e adescamenti al novantanove per cento. E che il più debole sono io e che ho tolto allo zio Harold un paio d'anni di serena vecchiaia. E che oltretutto ho anche messo le mani addosso a un vecchio."

"Accidenti se Fishl ha qualcosa che non va. Qui siamo in piena patologia. Dà i numeri. Non si può attribuire un comportamento del genere soltanto al fatto che è sconvolto per la morte del padre. Non credevo che Fishl fosse così fragile di carattere. Era Vilitzer che voleva picchiare te. Per l'amor di Dio non prendere queste cose sul serio."

"Naturalmente no. Però lì davanti all'urna delle ceneri, è stato un bel colpo. Mi ha perfino citato Amleto: "Non puoi chiamarlo amore, perché alla tua età@ Il vigore del sangue è domato..."."@

"Maledettamente scorretto da parte sua... anzi ignobile, zio Benn.

Non ha tenuto conto del tuo dolore. Fazioso, ecco. Mi rendo conto, dev'essere stato terribile. Solo voi due in quella casa piena di gente eravate addolorati per la morte di Harold, e vi stavate scannando."

"Io non avevo la forza di scannare nessuno."

"Ci credo. Ma il tuo punto debole è di voler prendere in considerazione tutte le accuse che ti si fanno. E' un lato infantile del tuo carattere. Con Fishl, che è mezzo matto, non devi tener conto delle cose che ti ha detto... e soprattutto a proposito del sesso."

"Un buon consiglio, ma non so quanto fondato. Parli del mio lato infantile come se fossi un ragazzo che deve ancora crescere. Ma nessuno ha scritto un Romeo e Giulietta per innamorati sessantenni.

Devo riconoscere che il mio comportamento ha tratti di volontarismo.

Sono sempre stato riluttante ad accettare le varie età dell'uomo, come accadeva nell'antichità e nel Medioevo. (Per quanto non mi fidi troppo nemmeno degli storici, che qualche volta cercano solo di intimorire i loro contemporanei.) Ma c'è qualcosa sotto questo mio ostinarmi nell'amore. Una dote che non tutti hanno. Perché in questo caso è meglio rinunciarci."

"E' per via del tuo livello d'energia, zio. A livelli più bassi non sei produttivo. Inoltre, i mistici dicono che l'anima non invecchia."

"Mi tornano alla mente esperienze passate, Kenneth. mi ricordo di Della Bedell alla mia porta che gridava: "Che ne devo fare della mia sessualità?". Aveva passato il tempo dell'amore da trent'anni. Il nostro unico atto sessuale assomigliava più a una commemorazione funebre."

Io dissi: "Tieni presente una cosa, zio... i pazzi hanno un'abilità particolare per colpirti a fondo. Ma di te, non sanno niente. Tu non sei quello per cui ti prendono. Non sei un bell'esempio di niente.

Approfittano di te in modo scandaloso. Ad esempio, i Layamon, non avendo la più pallida idea di quello che tu...".

"Il dottor Layamon è matto come l'attrezzatura che hanno a Cape Canaveral per rintracciare gli oggetti nello spazio. Del resto, pare proprio che, qualsiasi cosa io sia stato in passato, ora non lo sia più."

"Non è vero, Benn. hai avuto uno sbandamento... un glitch, come dicono gli astronomi."

"Ti ringrazio per queste parole. Tutti possono sbagliare una volta.

Nessuna dote comporta la perfezione. Ma quando vai contro i tuoi istinti più profondi, allora metti in movimento tutta una catena di cause ed effetti che si propaga in ogni direzione. Per settimane ho puntato su quella maledetta azalea ricavandone l'illusione di un effetto di ritorno. Ora tutto ha assunto una connotazione negativa, così che non sono più nemmeno convinto quando dico che non ho fatto niente per accorciare la vita di Vilitzer."

Capivo benissimo quanto andava dicendo. Al centro della sua rete di cause ed effetti stavano le spalle di Matilda. L'anima profetica aveva inviato a Benn un messaggio personalissimo. Alla larga da quelle spalle troppo larghe. Dopo di che, i seni cominciarono a sembrargli troppo distanziati, e i canini non promettevano niente di buono. L'anima profetica, offesa, lo portò a deformare la bellezza della moglie, fino a fargliene provare ripugnanza. La situazione divenne tale per cui appena sotto la pelle della donna stava nascosto un demiurgo - e mentre lei dormiva sotto il piumino rivestito di seta, distesa là come un mazzo di felci (si tenga inoltre presente il suo meraviglioso profilo), il naso dritto e delicato emanava esalazioni di doppiezza.

Dissi a Benn: "Non ti devi far riempire la testa di fandonie da quel Fishl. a Vilitzer tu non hai portato via niente. Era già bene avviato, e per la via più rapida. Non ci credere, alla serena vecchiaia; anche perché sono sicuro che Vilitzer trovava l'idea insopportabile. Quando lo tenevo fermo gli ho sentito le ossa: erano porose, leggere come plastica piena di bollicine, come polistirolo.

Serena vecchiaia un accidenti".

"Fishl ha detto che ho contribuito a far morire suo padre. Che mi sono schierato con i suoi nemici."

"I suoi nemici li ha lasciati a bocca asciutta. Li ha infinocchiati con stile. Ha giocato l'asso della morte, e si è preso il piatto. Ora non teme più il governatore Stewart, né Amador Chetnik, né il gran giurì."

"Anch'io ho detto a Fishl qualcosa del genere, ma lui ha risposto che questo non mi giustificava. La posta più alta è ingannare la morte. Tenerla a bada. E anche se non volevo male a Harold, gli ho portato sfortuna. O che comunque mi sono comportato come uno che arriva da un altro pianeta e mette il naso negli affari d'ogni giorno degli uomini."

Mi resi conto immediatamente che quest'ultima accusa colpiva nel segno, perché da quando lo zio era entrato a far parte della famiglia Layamon, con gli abiti di tweed di sartoria; con quell'osservatorio del mondo vegetale che era la sua testa acconciata dal parrucchiere; circondato da vetrine illuminate da faretti piene di porcellane Rosenthal e Royal Doulton, era stato da allora che aveva cominciato a sentirsi un elemento di disturbo, un qualcosa di falso, di spaiato, di fasullo, che si fa passare per il genero o il marito. Si era così convinto di dovere per questo motivo una riparazione ai Layamon, come se fosse stato lui a mettere loro in una posizione falsa.

"Zio" dissi. "Ora ascolta quello che ho da dirti. Che cosa vuol dire "affari d'ogni giorno"? Se il pianeta è pieno di merda, sono loro che l'hanno riempito. Quelli come loro sono solo gli strumenti.

Sono ciò che l'orientamento di fondo impiega per plasmare i suoi fini cattivi. Non hanno vera iniziativa; sono soltanto utensili. Mentre un uomo come te..."

Ma non voleva che parlassi di lui in termini elogiativi. No, grazie. Disse: "Bene, la funzione stava per cominciare e io e Fishl stavamo ancora litigando. Poi vennero a chiamarlo perché prendesse posto con i parenti stretti in prima fila. Io stavo in fondo e ascoltavo il rabbino celebrare il rito riformato. Traduceva tutte le preghiere in un inglese da Camera dei Lord. Sono venticinque anni che non metto piede in una sinagoga, riformata o no. Ma tuo nonno insegnava l'ebraico, Kenneth - non s'è mai abituato al tuo nome, credeva che fosse Kennereth pronunciato male - e quindi della traduzione potevo fare a meno. Non dimentico mai niente. Ma quando alla fine il rabbino prese a cantare El Malai Rachamin, non ho più potuto tenermi e mi sono messo a piangere, pensando se il Dio della misericordia avrebbe mai accolto le anime di quelli come Harold. O

anche la mia, se è per questo. Venne il cameriere nero e mi prese per il braccio. Mi ha scortato fuori della villa di Harold e mi ha mollato in Bay Harbor Island, e che per tornare all'albergo mi arrangiassi".

"Oh, Cristo, zio! Ci mancava solo un lutto come questo! Non avevi voglia di andare in Brasile, ma nei tuoi panni non vedrei l'ora di arrivare in un posto tranquillo dove riprenderti da tutti questi colpi."

"Ci ho pensato anch'io."

"Laggiù sarà tutto diverso."

"Ma certo" disse come pensando ad altro. "Tutto diverso, in un altro continente."

"E hai appuntamento con Matilda all'aeroporto domani mattina?"

"No, più tardi. Il suo volo arriva alla tre e l'aereo per il Brasile parte alle cinque. C'è tutto il tempo per andare al terminal dei voli internazionali."

"Speriamo che a Rio potrai rilassarti un po'."

Era questa una cosa terribile a dirsi, e falsa. Ecco lì un uomo che aveva perso il privilegio delle facoltà visionarie, caduto nella visione opposta e brutale dei più, e io che gli raccomandavo di divertirsi in una città dai piaceri latini. Lasciò correre invece di arrabbiarsi. Forse capiva che io ero lontanissimo, inerme, incapace di dare aiuto - potevo solo ripetere inutili luoghi comuni:

"rilassarsi" e, peggio ancora, "speriamo". Lui era al di là della speranza, sicuramente.

"Che strano prefisso è questo del numero che mi hai lasciato?"

disse.

"Sono a Seattle."

"AH, è lì che sei andato. Non volevi darmi delle preoccupazioni.

Anche tu hai i tuoi guai, con Treckie..."

"Ritorno domattina con il volo delle cinque. Prometti che mi telefonerai dal Brasile. Non so nemmeno come fare a mettermi in contatto con te, laggiù, e starai via dei mesi."

"Sì, certo. Ma farò di meglio, ti telefono prima di prendere l'aereo. Che programmi hai per domani?"

"Ho il seminario su Rozanov... il corso di mistica sessuale russa.

Finisco alle due. Aspetto la tua telefonata alla casa dello studente."

"Meglio che aspetti a casa mia. Magari ho dimenticato qualcosa che mi serve. Inoltre, è meglio che paghi io, visto che chiamerò da un telefono pubblico. E nel caso che Matilda si mettesse in contatto con te domani, non dirle niente. Assolutamente niente."

"Non capisco come potrebbe trovare il tempo di telefonarmi, né perché mai dovrebbe venirgliene voglia proprio mentre si sta preparando alla partenza. E comunque non parlerei mai di te con lei."

"In quanto a Vilitzer" disse lo zio, "preferisco essere io a comunicarle la notizia."

"Ma non verrà fuori sui giornali?"

"No, non ancora. La famiglia non ne ha ancora annunciato la morte per certi complicati motivi. Me l'ha detto Dennis Vilitzer."

"Ma i giornali fanno sempre un controllo delle denunce di morte che i medici sono tenuti a fare."

"Ah, sì, Dennis diceva che hanno provveduto anche a questo. Hanno rilasciato un comunicato in cui si parla di attacco cardiaco."

"Ma cos'avranno in mente? Vorranno prelevare tutti i soldi dai conti correnti, immagino."

"Così i giornali diranno soltanto che ha avuto un infarto."

"Basta e avanza, zio Benn."

La sveglia telefonica non fu necessaria, giacché dormii pochissimo.

Feci diverse docce bollenti che non servirono a rilasciare i muscoli del collo, mi irritarono solo la pelle della schiena contribuendo così a non farmi prendere sonno. Comunque bevvi del brandy da una fiaschetta d'argento che mio padre mi aveva dato come dono d'addio e restai cosciente, se non perfettamente sveglio. Non sempre si riesce a ritagliarsi un beauty rest in quest'epoca che una donna intelligente ha definito, su una rivista, "postumana". Quindi le crisi notturne vanno affrontate con la massima compostezza. Non ci si può stare a preoccupare della faccia stanca e delle borse sotto gli occhi. Bisogna pensare, quando tanti sostegni e puntelli ci abbandonano, ai vantaggi che ci possono derivare se siamo noi ad abbandonare loro, l'essere umano, preservandosi da un punto di vista umano, può così trovare una via che lo porti alla libertà. Il suo peso ridotto può sfidare l'attrazione magnetica dell'anarchia permettendogli di librarsi in modo indipendente. Forse riuscirei a educare mia figlia a questa indipendenza. Forse potrei trasmettere questa comprensione completa - una volta che sarò riuscito a completarla - anche allo zio Benn. dopo tutto, quando avevo lasciato Parigi per venire a stare vicino a mio zio, avevo già ridotto i miei rapporti significativi a due soli. L'ideale per il numero due è che diventi uno. Questo, si dice, è l'amore. Cercando di trasporre i suoi poteri magici dalla botanica all'amore, mio zio aveva sperimentato (ciecamente, senza illuminazione) questa fusione da due a uno. Questo devo ricordarmi di dirlo allo zio. "E' stato un esperimento, zio. Non è riuscito, ecco tutto." Accesi la luce sul comodino e presi appunti sul taccuino con la penna a sfera attaccata con la catenella. "Non si può fare con persone artificiali" scrissi utilizzando la cancelleria dell'Hotel Meany. "A contatto con persone artificiali non puoi preservare la tua magia, nel caso che tu l'abbia." Magia! Sì! Lo zio certamente l'aveva avuta. In caso contrario, di cosa soffriva proprio quel giorno? "Ha giocato e ha perduto. Che cosa può conservare adesso, o recuperare?"

Spensi la luce e tornai a bere dalla fiaschetta al buio. Mio padre non avrebbe apprezzato la robaccia che bevevo dal suo dono bellissimo. Però la robaccia mi aiutava lo stesso a mettere insieme tutto quanto. Ripresi il filo dei miei pensieri. Benn aveva avuto il dono della capacità visionaria. Aveva compiuto un audace - no, non audace, temerario - esperimento. Era piombato in un tipo di visione opposta, degradata. Prima avrebbe potuto andare lontano a botanizzare (il che era solo in parte un pretesto); nelle foreste dell'India, sulle montagne della Cina, alle sorgenti del Nilo. Ma ora i paesi lontani, le regioni inesplorate del pianeta, non sono altro che il Terzo Mondo, squallido, malgovernato da militari cleptocrati, con la fame, la sporcizia, l'Aids, i massacri. E, guarda un po', anche Vilitzer morendo era diventato con la cremazione quel pugno di sostanze chimiche del valore di novanta centesimi di dollaro che tanto spesso sentiamo menzionare. Ecco qui il punto di vista brutale e degradato: anche se muoio lasciando un patrimonio di milioni, i miei elementi costituenti non valgono nemmeno un dollaro.

Il segreto del nostro essere chiede ancora di venire svelato. Solo adesso capiamo che arrovellarsi per risolverlo e rigirarlo da tutte le parti non serve a nulla. Il primo passo è di fermare queste oscillazioni della coscienza che mi tengono sveglio. Solo, prima di ordinare alle oscillazioni di fermarsi, prima di pagare il conto e di andarsene, bisogna porsi in una posizione tale per cui i sussidi metafisici possano avvicinarci.

Con i venti dominanti che soffiavano di poppa, l'aereo fece il viaggio di ritorno in tempo di record. avevo un'ora prima della lezione e quindi mangiai un po' di Brie del Wisconsin e qualche salatino, dopo di che per due ore spiegai dalla cattedra cose che io stesso non capivo sulle teorie sessuali di quel furfante (ma in qualche modo simpatico) di Rozanov, un mistico cristiano che invidiava agli ebrei il culto della fertilità (così gli appariva) e credeva che il bagno rituale fosse una fonte di potenza sessuale. I ragazzi trascrissero con diligenza tutto quanto. Che cosa ne facciano

- se ne fanno poi qualcosa - rimane da vedere.

Dopo di che comprai qualcosa da mangiare in un negozio di alimentari e andai con i pacchetti a casa dello zio ad aspettare la sua telefonata. Cercai di pensare ad altro ricorrendo alle riviste e alle ristampe che c'erano sul tavolino, tutta roba di botanica che non voleva dire un gran che agli occhi di uno studioso di letteratura russa. Mi bastava che avesse attirato la sua attenzione. Era materiale per lo più sui licheni, e andare a cercarsi sul dizionario tutti i termini tecnici sarebbe stato una bella noia. Così mi misi allora a sfogliare i libri della zia Lena, che stavano ancora in una scaffalatura a sé, tutti quei libri di Balzac e di Swedenborg e di E'T'A' Hoffmann. c'era in uno dei libri di Hoffmann, un segnalibro, che nessuno aveva più toccato da quando lei l'aveva messo, e io aprii il volume a quella pagina e lessi: "Ludwig balzò in piedi e sospirando prese la mano dell'amico e se la strinse al seno: "Oh, Ferdinando, amico mio carissimo!" esclamò, "che ne sarà dell'arte in quest'età brutale e tempestosa? Non appassirà come le piante delicate che invano volgono il loro tenero capo verso le nere nubi dietro le quali è scomparso il sole?... I figli della Natura si voltolano nel brago del pigro ozio, e i doni più splendidi che essa offre loro li calpestano con stupida sfrenatezza..."" Bene, io considerai il brano alla stregua di una comunicazione inviatami dalla zia morta. Non l'ammetterei di fronte alla polizia, né in una deposizione resa sotto giuramento, però lo confesso liberamente a chiunque si sia preso la briga di leggere queste pagine. E affermo anche che l'ho sentita pronunciare proprio con la voce di Lena.

Chiacchierai un po' al telefono con Dita e le dissi che Treckie mi lasciava tenere Nancy per qualche mese all'anno. "Cominciando la vita coniugale, vuole che la bambina sia un po' fuori dei piedi" dissi.

"Mi sembra un'interpretazione molto ottimistica. Sarà bello, con una bambina piccola." Dita mi stava offrendo assistenza. Io non avevo nessuna intenzione di rifiutarla. Che cara ragazza! "Sei libera stasera? Potremmo andare al ristorante" dissi. "Io ho comprato carne in scatola e sottaceti. Non ti posso dare un appuntamento preciso perché sto aspettando un'importante telefonata dello zio. Dovrebbe telefonare da un momento all'altro. Meglio riattaccare. Sai, è in partenza per il Brasile."

Ma il telefono rimase muto ben oltre l'ora che pensavo. Alle sei cominciai a preoccuparmi, e alzai la suoneria così l'avrei sentita anche se fossi stato in bagno facendo scorrere l'acqua. A Miami erano le sette. Probabilmente il volo partiva in ritardo. Cercai d'immaginare che cosa Matilda e Benn potessero dirsi nella sala d'aspetto delle linee aeree brasiliane. Perché lo zio non voleva che lei sapesse che Vilitzer era morto? Che mossa aveva in mente? Forse che sapendo della morte di Harold, Matilda e il dottor Layamon avevano pronto un Piano B da mettere in atto? Impugnare il testamento? Su che basi? Perché ora Amador Chetnik sarebbe stato disposto a confessare che era stato subornato - o, se il termine era più corretto, che aveva commesso una scorrettezza? (Che parole grosse per un avvenimento così comune.) Mi chiesi che conforto lo zio potesse trovare in Matilda. Solo recuperare i poteri che aveva perduto poteva essergli d'aiuto. Il Brasile sarà pieno di azalee, pensai. Come farà ad affrontarle?

In quel momento suonò il telefono.

Dissi: "Zio, cos'è successo? Il volo parte in ritardo?".

"Oh, no" disse lui come da molto lontano (non in senso vocale, ma mentale).

"Mi dici per piacere che sta succedendo? Perché non vuoi che Matilda sappia che VIlitzer è morto?"

"Per convincerla che non potevo partire da Miami. E' semplicissimo"

disse lo zio Benn. "Harold era ancora vivo, debole ma in sé. Questo le ho detto. Gli trapianteranno un cuore nuovo, le ho detto. Abbiamo ancora una possibilità. E comunque non potevo andarmene mentre il fratello di mia madre era sul letto di morte."

"Non dirmi che l'ha bevuta. Io non ci sarei arrivato mai!"

"Certo che sì, e poi mi sono assicurato che i suoi bagagli fossero spediti a Rio. A lei ho detto che la mia roba era già partita."

"Perché, non è vero?"

"Hai visto tu stesso che l'avevo con me."

"Quindi l'hai fatta partire? Adesso è sull'aereo diretta in Brasile?"

"Credo che atterrerà a Rio domattina."

"E non ti ha chiesto lo scontrino dei tuoi bagagli, per poterli ritirare?"

"Ho infilato due cartoncini qualsiasi dentro una busta e poi ho messo la busta con i suoi scontrini e il suo biglietto."

"Be', proprio non riesco a crederci" dissi.

"Il fatto puro e semplice è... e questa è la ragione di fondo per cui ho fatto questo... che l'idea del Brasile mi è intollerabile. Far conferenze in giro per piccoli college di provincia. E Matilda che cercava sempre di farsi rilasciare un permesso speciale per diplomatici in modo da poter spedire i mobili per arredare il Roanoke senza pagare il trasporto."

"A sbatterti dappertutto in quell'enorme paese avresti consumato quelle poche forze che ti restano."

"Non potevo farcela, Kenneth. ne sarei morto. Tu le cose le capisci subito. Per me sei più un figlio che un nipote."

"Allora ritorni qui?"

"In questo momento mi trovo in un'altra parte dell'aeroporto e ho appena comprato un biglietto per un'altra destinazione."

"Un altro viaggetto ancora? Non torni a casa?"

"Matilda era riluttante a imbarcarsi senza di me. Voleva restare anche lei. Mi ha detto che era da stupidi stare attaccati a Vilitzer, che non c'era da ricavarne nulla, assolutamente. Si trattava solo del mio feticismo verso la famiglia. Però io le ho detto che se partivo l'avrei scontata per tutta la vita. Una macchia che non sarebbe mai più andata via. Che Dio mi perdoni, le ho detto perfino che secondo Fishl lo zio Harold era disposto a firmare un codicillo all'ultimo minuto."

"Non credevo che tu fossi tanto capace di mentire" dissi.

"Be', si sono dati così da fare per cambiarmi che sono cambiato per davvero. Alla fine anch'io ce l'ho fatta. Allora ci ho riflettuto e ho concepito questo piano. E poi non è assolutamente un gran che.

Questo loro modo di pensare vale zero via zero. Assolutamente rudimentale. L'ho fatto una volta, e non lo farò mai più. Ma lascia che ti dica cosa ho predisposto. Quando lei arriverà in Brasile, io sarò già parecchio vicino al Polo Nord. vedi, hanno messo insieme un'équipe internazionale di scienziati per fare certe ricerche. Io ho firmato tre giorni fa. Si tratta di mettere a confronto i licheni che vengono dai due poli per farne uno studio comparato, e risolvere certi interrogativi morfologici. Interrogativi di non particolare rilevanza. Questioni d'interesse specialistico. Faremo base nella Scandinavia settentrionale, nell'estremo nord della Finlandia, per la precisione. E anche più su."

"Con due o tre ore di luce al giorno? Non ti ci vedo proprio."

"Questo sta a me deciderlo" disse lo zio. "E nulla se non la notte e il ghiaccio mi possono ora essere d'aiuto. La notte affinché non possa vedermi. Il ghiaccio come correttivo. Il ghiaccio per il rigore. E anche perché non ci saranno piante da vedere, tranne i licheni. Perché se non c'è rapporto, se il rapporto è morto, starò meglio là dove non ci sono piante. E' una cosa che ho sentito con accuratezza. L'ho sentita, non pensata. E' una misura di sopravvivenza. Ricorro alle masse di ghiaccio planetarie e alle tenebre iperboree. Grazie a Dio la propulsione a reazione rende applicabile il rimedio, altrimenti dovrei andare ad annegarmi qui, davanti a Miami Beach."

"In questo caso, zio, anche se con una certa perplessità, ti do la mia benedizione."

"Bene, allora, io parto entro un'ora. Ti ho lasciato un biglietto con informazioni più complete. E' in una busta nel cassetto in alto a sinistra della mia scrivania. Non sono sicuro al cento per cento dell'esattezza del mio recapito finlandese. Che naturalmente..."

"Non farò avere a Matilda. Quanto tempo starai via?"

"Non posso fare previsioni. Sentendomi come mi sento adesso, non tornerò tanto presto. Forse Matilda chiederà l'annullamento, che non dovrebbe essere difficile ottenere, ma questa è una faccenda legale e io non sono bravo in questo genere di cose. E nemmeno voglio più averci a che fare."

"Vuoi che ti trovi un avvocato, se necessario?"

"Non può essere necessario."

"Allora non vuoi difenderti?"

"Kenneth! Cosa c'è da difendere! Chi lo diceva, tu o mia sorella, che io sono una fenice che va a mettersi con gli incendiari? Bene, vedremo quello che si può fare, se saprò risorgere da queste ceneri.

In questo momento sarebbe più facile rimettere insieme lo zio Vilitzer da quelle ceneri che hanno rimandato dall'inceneritore. Ora devo riattaccare. Se riesco a rimettermi abbastanza in sesto ti scriverò; ma avrò molto da fare nei primi mesi. L'Accademia Sovietica delle Scienze dovrebbe farci sapere se partecipano anche loro o no.

Non si riesce mai a farsi dare una risposta chiara da quella gente."

"C'è altro che mi dici in quel biglietto?" dissi io cercando di non farlo riattaccare.

"Solo un minimo d'informazioni, quelle essenziali. Non sono capace di ricamarci su. Bene, arrivederci, ragazzo. Sentirò solo la tua mancanza."

Il biglietto recava, ben scritto dalla sua mano scientifica, l'ignoto nome del gruppo di ricerca nonché l'indirizzo di Helsinki (casa e ufficio) di un professore finlandese, più il numero di casella postale di un posto incomprensibile nella terra delle renne, sperduto nella tundra. Probabilmente vicino alla Nuova Zemlia. Ma anche così non era abbastanza lontano.

Fine