martedì 22 novembre 2016



RICORDI. Mio padre(1): "scultar, capir e taser" 


Con sette figli,  mia mamma, e una zia che non si era mai sposata, la moglie del figlio maggiore, che a sua volta aveva quattro figli, la casa era piena di voci e rumore sempre. Per questo non mi ricordo che mio padre sia mai arrivato a tavola a mangiare con tutti noi. Il suo "turno", per scelta, era quando tutti avevano finito. Arrivava dai campi, col cappello di panno in testa, estate ed inverno,  che non si toglieva mai, e andava in cucina a recuperare l'avanzo  di minestra, e quando, raramente, c'era il pollo, di solito alla domenica, non aveva che da mangiare il collo e la testa. I figli e nipoti famelici, questo gli lasciavano. Non mi ricordo di averlo mai sentito parlare a tavola. Non cosi' mia madre che approfittava per tutte le lamentele, che di solito consistevano in"ti avevo detto di fare ... " oppure " non ti sei ricordato di...", oppure ancora "quando ti decidi a fare..." . Lui ascoltava con la testa bassa e il cappello sempre in testa, e non diceva niente. Ma capitava che alla domenica, pur in ritardo, fosse a tavola con tutti noi. E allora, mi ricordo che un giorno una discussione era stata particolarmente animata , anche perche', come sempre, avveniva con voci sovrapposte, dove nessuno ascoltava gli altri. A un certo punto lo sentimmo che diceva, come fra sé e sé, "scultar, capir e taser, l'e na gran fatiga". Ascoltare, capire e tacere e' una gran fatica. E il suo interloquire nella discussione si fermo' , senza altro aggiungere.